a e r a t s te Korg R3 Sintetizzatore/Vocoder ■ Giulio Curiel STRUMENTI MUSICALI novembre 50 Il Korg R3 è un compatto ed economico sintetizzatore/vocoder direttamente derivato dal progetto Radias. I nostri lettori più attenti ricorderanno il mio approfondito test di questa macchina, che ebbi allora a definire “il sintetizzatore forse più importante, innovativo e impegnativo del 2006” e che alla fine valutai molto positivamente. Per questo Korg R3 la promessa è quella di una macchina che suona quasi come un Radias e che, al prezzo di un cabinet meno sciccoso e di molte manopole di controllo “estinte” sulla via della semplificazione, costa meno della metà! S copo di questo test sarà allora soprattutto quello di evidenziare le peculiarità di R3 rispetto al fratello maggiore, di individuarne le differenze e alla fine di trarne un bilancio non tanto in senso relativo a Radias, quanto piuttosto come strumento in sé. LO STRUMENTO Sin dalla prima presa di contatto appare evidente come Korg R3 sia uno strumento orientato alla performance: compatto e leggero, è concepito soprattutto per stare sul palco, in studio a registrare o in sala prove, ma NON nelle tranquille stanze del programmatore. Tutto in questa macchina sembra dire “suonami!”, a cominciare dalla non malvagia tastiera a 37 tasti con possibilità di trasposizione di +/- tre ottave. Se la sua action la rende molto suonabile, non 51 altrettanto generose parole si possono spendere per le due wheel di pitch bend e modulazione, che sono veramente troppo piccole e di ridotta escursione. Sul pannello spicca un grosso selettore rotativo a 16 posizioni che durante la normale operatività serve a selezionare tra 16 banchi di suoni: ciascun banco contiene otto locazioni che si raggiungono con altrettanti tasti di gomma retroilluminata posti a centro pannello, per un totale di 128 memorie, tutte riscrivibili dall’utente. Altri otto tasti identici formano una fila superiore con la quale si accede alle diverse modalità operative della macchina. Il lato destro di pannello è riempito da cinque manopole sovrastate da altrettanti display alfanumerici con illuminazione rossa: la prima manopola è il Page Select, serve per navigare tra le diverse pagine di editing timbrico e conta di un display di 16 caratteri, mentre le altre quattro manopole servono per l’accesso vero e proprio ai parametri timbrici, hanno display da otto caratteri e una corona di LED verdi che ne indica il valore. Un ulteriore LED rosso, denominato Original Value, si accende quando, in seguito alla variazione di un parametro, si ritorna sul valore corrispondente a quanto memorizzato nel preset: vedetelo come una sorta di Undo assistito. In Performance Mode (il normale modo di esecuzione) è il programmatore a decidere cosa verrà assegnato alle quattro manopole, sì da rendere immediatamente accessibili i parametri di maggior importanza per quel preset, mentre in Edit Mode la loro funzione dipende dalla pagina in cui ci si trova e viene riportata con una soft-label sul display. Appena la manopola viene ruotata il nome del parametro lascia il posto al valore immesso dall’utente. È un sistema di interfaccia che mi piace parecchio, perché consente di gestire con pochi comandi fisici un ampio parco di parametri e nel contempo di non doversi scervellare ogni volta a capire dove ci si trovi. Certo, le manopole dedicate del Radias sono meglio, ma se risparmio dev’essere, che sia fatto con intelligenza e sensibilità, come in questo caso. Il lato sinistro di pannello ospita i comandi del volume di uscita, dei livelli degli Input 1 e 2 (utili per il vocoding e l’elaborazione di segnali esterni tramite filtri ed effetti di bordo), i controlli dell’arpeggiatore e la presa XLR per il microfono gooseneck fornito a corredo: tramite esso R3 si configura come un compatto e completo vocoder da portare sul palco già pronto all’uso senza rompersi la testa su cosa collegare come portante, cosa come modulante, eccetera. Il pannello posteriore è ben fornito: switch di alimentazione, presa per alimentatore esterno, trimmer per il contrasto dei display, porta USB per lo scambio delle programmazioni timbriche, tripletta MIDI, due jack per footswitch e pedale di espressione a funzioni assegnabili, ingressi audio 1 e 2 (con sensibilità regolabile Micro/Linea, ma senza possibilità di Phantom Power), uscita stereo, presa cuffia. L’ARCHITETTURA Korg R3 discende strettamente da Radias: la tecnica di sintesi è la stessa MMT (Multiple Modeling Technology) basata su un cuore sostanzialmente sottrattivo, che tuttavia può contare anche sulla possibilità di mettere in parallelo più parziali (definiti Timbre da Korg), di usare numerose forme d’onda complesse Distribuzione e prezzo a e r a t s te Eko Music Group tel. 0733.226271 [email protected] www.ekomusicgroup.com 952,00 euro (prezzo ivato al pubblico) e di realizzare modulazioni quali l’FM e quella ad anello. Le limitazioni di R3 rispetto a Radias sono tuttavia diverse: ciascun Program può usare al massimo due Timbre e non quattro, le forme d’onda complesse sono generate digitalmente per sintesi additiva (DWGS) e non corrispondono a campionamenti reali come in Radias, mancano del tutto i suoni Drum, la polifonia complessiva passa da 24 a otto voci e i Modulation Sequencer (usati per modulare vari parametri timbrici) passano da tre a uno per Timbre. Tutto ciò rende R3 uno strumento adatto soprattutto a lavorare come generatore di lead, bassi e pad, mentre alcuni dei suoni compositi e molto mossi tipici di Radias sono qui fuori portata, così come tutta la sua gamma di prestazioni politimbriche. Ma guardiamo alla catena di sintesi più da vicino: ciascun Timbre dispone di due oscillatori, un Waveshaper, due filtri multimodo, tre inviluppi di tipo ADSR, due LFO, sei percorsi di modulazione con sorgente e destinazione assegnabili, due effetti Insert, un equalizzatore a due bande, un arpeggiatore di tipo tradizionale. Un ulteriore effetto Master chiude la catena di sintesi ed è comune ai due Timbre affiancati. Il primo oscillatore può usare waveform tradizionali (dente di sega, quadra, triangolare, sinusoidale), waveform a formanti vocali, DWGS, rumore e il segnale proveniente dall’ingresso audio. È possibile modulare la waveform, attivare la Cross Modulation rispetto al secondo oscillatore, effettuare la VPM (Variable Phase Modulation, una semplice FM a due operatori), attivare l’opzione Unison (cinque oscillatori virtuali, tra loro scordabili a piacere). Il secondo oscillatore offre solo dente di sega, quadra, triangolare, sinusoidale, ma in compenso può impiegare le modulazioni Ring, Sync e Ring+Sync. In uscita al blocco oscillatori è collocato il Waveshaper, un circuito in grado di distorcere il suono in molte maniere, dalle più aspre e digitali fino a quelle eufoniche tipiche della saturazione analogica: i suoi 12 algoritmi sono ● Editor – I parametri del novembre 52 XXXX ● Timbre – i parametri. denominati Drive, Decimator, HardClip, OctSaw, MultiTri, MultiSin, SubOSCSaw, SubOSCSqu, SubOSCTri, SubOSCSin, Pickup, LevelBoost. Il blocco filtri mette a disposizione due circuiti risonanti che possono essere posti in serie, in parallelo o ciascuno assegnato a un oscillatore. Il primo filtro può passare con continuità attraverso gli stati di passa-basso 24 dB/Oct, passa-basso 12 dB/Oct, BPF, HPF, Thru. Il secondo filtro dispone di modalità LPF, BPF, HPF (tutte a 12 dB/Oct) e Comb (filtraggio a pettine, con possibilità di regolare il punto di feedback). I tre ADSR, di cui due assegnati stabilmente a filtro e amplificatore, mantengono l’utilissima possibilità introdotta in Radias di assegnare cinque differenti profili ai segmenti di attacco e rilascio: così si svolgono molte funzioni degli inviluppi multistadio, ma con un minore livello di complessità. I due LFO sono dotati ciascuno di sei forme d’onda e sono agganciabili al clock interno o a quello MIDI. Il sistema di modulazione gestisce sei Virtual Patch che, con la semplice identificazione di destinazione, sorgente e profondità di modulazione (positiva o negativa), consente gradi di efficacia molto alti in questo vitale comparto. L’arpeggiatore può pilotare anche un solo Timbre, in modo da contribuire significativamente al “movimento” di un Program: il circuito ricorda la semplicità dei suoi antenati degli anni ’80 poiché sono qui al bando le decine di pattern offerti dalla concorrenza per concentrarsi invece sui fondamentali Up/Down/Alt 1/Alt 2/Random/Trigger. Un’interessante possibilità di editing è comunque data dal fatto che l’arpeggiatore opera su otto step (erano 32 in Radias), ciascuno dei quali può essere acceso o spento in modo da costruire articolati pattern ritmici. Si chiude con i circa 30 effetti, disponibili sia in Insert che a livello Master, e soprattutto con il Modulation Sequencer a 16 step che può essere sia programmato manualmente, come nei vecchi step sequencer analogici, che tramite esecuzione in tempo reale tramite la rotazione della manopola relativa al parametro desiderato. La transizione tra i 16 passi programmati può saltare da un valore all’altro (modalità Step) oppure variare con continuità tra i valori programmati (modalità Smooth): la scelta dipende tipicamente dal parametro di destinazione e dall’effetto che si vuole ottenere. In alternativa alla modalità Synth, un programma di R3 può essere configurato in modalità Vocoder: in questa condizione si dispone di 16 bande, ciascuna regolabile in livello e panpot. Il segnale Carrier può provenire dall’Audio Input 1 o da Timbre 2, mentre il Modulator può derivare dall’altro ingresso audio o da una delle 16 memorie Formant Motion: queste sono dei veri e propri campionamenti (tipicamente di frasi vocali) che possono essere salvati in R3 per una durata massima di 7,5 secondi in modo da non aver bisogno del microfono o poter contare su segnali non disponibili sul palco (chessò, un rapper tibetano o cose del genere…). Il profilo delle formanti può essere trasposto di +/- due ottave, modulato da una sorgente (scelta a piacere tra gli inviluppi, gli LFO, Pitch e Modulation Wheel, velocità e nota di tastiera, o tre MIDI CC selezionabili). I filtri del vocoder inoltre possiedono un controllo di risonanza che rende più o meno “tagliente” e dettagliato il suono del modulo: complessivamente qui l’impianto è rimasto 53 a e r a t s te immutato rispetto a Radias e, considerati gli ottimi risultati raggiunti da quella macchina, ciò è sicuramente un bene. Poche parole per raccontare dell’editor fornito a corredo (Mac e Windows): è veramente semplice da usare e autoesplicativo, con una chiara struttura grafica, finestre contestuali e menu a tendina che rendono immediata la comprensione dell’architettura di R3 e delle potenzialità che essa offre. Decisamente è un buon modo per conoscere la macchina e fare le programmazioni di base, lasciando poi però all’editing “sul campo” le rifiniture finali: altrimenti, quelle belle manopole e quegli invitanti display sul corpo macchina che ci stanno a fare? IN PROVA Vi confesserò una cosa: ultimamente sono sempre meno interessato a quale tecnologia di sintesi viene impiegata in un sintetizzatore, e a quali sono i parametri a disposizione. Molti synth di oggi, infatti, che siano in sottrattiva analogica pura, in virtual analog, che usino wavetable o FM, tendono a suonare tutti uguali: la colpa è delle case che, per non perdere quote di mercato, cercano di far fare a ogni macchina tutti i suoni più in voga del momento, indipendentemente dalla tecnica che è alla base della catena di sintesi. In questa maniera si rinuncia però a mettere in evidenza il carattere distintivo che, sotto sotto, ciascun synth ha: in fondo, se noi oggi ricordiamo il DX7 è per i suoi suoni inarmonici generati dalla modulazione di frequenza tra due oscillatori in rapporto frequenziale non intero e per i suoni di piano elettrico realizzati in un misto di FM e additiva; se amiamo il PPG è per lo sferragliare caratteristico delle sue wavetable scandagliate furiosamente; se idolatriamo il Moog è per la rocciosità dei suoi bassi e la penetrante dolcezza dei suoi lead. ● Editor - I parametri dell'arpeggiatore E allora, a noi due, R3! Chi sei veramente? Nelle tue memorie trovo suoni di synth-bass tipicamente analogici e vintage, ed altrettanto caratteristici degli anni passati sono i tuoi lead. I pad sono così così, con qualche sweep e swoosh di netto sapore vintage e qualche tappeto con arpeggiatore zampettante in background direttamente preso dall’esperienza Radias, mentre l’asso nella manica sono tutti i suoni di bells e chimes: metallici, aperti e sonori come solo da una macchina che ha qualche waveform realizzata in additiva ti puoi aspettare. Ok, sto riuscendo a mettere a fuoco la personalità della macchina: pensate a un virtual analog ben riuscito, e con un buon grado di apertura al futuro. La base è quella di un “synth-synth”, uno strumento che desidera fornire i colori base della musica elettronica analogica, del techno-pop anni Ottanta, della Acid anni Novanta. I bassi sono quindi incisivi, pesanti ed efficaci, ugualmente validi sia nelle versioni più pulite che in quelle più gonfie e ricche di modulazioni: paradossalmente sono le prime e non le seconde le sonorità più difficili da ottenere, perché a scordare oscillatori e mettere note in stack sono capaci tutti, mentre suonare netto, potente e preciso con un solo oscillatore e modulazioni minime è alla portata solo delle macchine con una circuiteria audio “sana”. Per i lead il discorso è analogo: anche qui predomina la tradizione, anche se man mano che ci si spinge in alto, e quindi nella zona di massima sensibilità dell’orecchio umano, ci si accorge che dolcezza e pulizia non possono rivaleggiare con quelle delle macchine realmente analogiche. I già citati pad sono un po’ il ponte tra vecchio e nuovo, tra sonorità vintage e gusti più moderni. Il carattere decisamente contemporaneo di Radias non è comunque completamente replicato in R3: la mancanza di due parziali su quattro, delle waveform campionate e di alcune possibilità di modulazione rendono il modello in prova su queste pagine assai più tradizionale nell’impostazione sonora di base e anche meno propenso a seguire il programmatore in territori impervi e inesplorati. Una rinuncia, una delusione? Niente affatto! È invece importante capire che R3, pur affine a Radias nell’architettura, differisce sensibilmente da esso per i risultati che può e vuole ottenere, e si colloca saldamente proprio in quel ruolo di “performance synthesizer” cui accennavamo all’inizio: uno strumento con cui fare i suoni fondamentali di un brano, cui ricorrere per parti solistiche o comunque di primo piano, e non invece per tappeti nascosti o suoni di atmosfera. R3 è una macchina solida, dal suono assai più grande del suo aspetto fisico, anche se meno patinato di quello di Radias. Uno strumento per generi musicali diretti, che richiedono timbriche d’impatto e di carattere. Il vocoder pronto all’uso è sicuramente una marcia in più della macchina, anche se non concordo con quei critici che dicono che R3 varrebbe la pena di essere acquistato solo per questa sezione: le sue prestazioni sono buone ma non eclatanti e le caratteristiche di immediatezza d’uso e timbrica classica non sono sufficienti a commuovere chi, come me, continua a preferire nettamente gli ormai introvabili vocoder realmente analogici. Come vocoder da palco, però, debbo ammettere che R3 ha ben poche alternative nel mercato del nuovo, e credo anzi sia la scelta numero uno che si possa fare oggi. Per quanto attiene alla programmazione, essa è sufficientemente spedita grazie all’implementazione intelligente delle quattro manopole multifunzione e soprattutto dei display loro collegati. L’unico vero rallentamento operativo, in fase di programmazione, è dato dalla necessità di fare lo scroll di un numero molto elevato di pagine, ma questo è il diretto portato di una catena di sintesi articolata e ricca di parametri. Per chi ama la programmazione a colpi di mouse, l’editor fornito a corredo funziona bene, è stabile e si articola in un numero di finestre ragionevole e ben navigabile. In conclusione, R3 rappresenta un ottimo primo synth per giovani e squattrinati (ma non necessariamente inesperti…) adepti di tutte le mille declinazioni dell’elettronica di oggi, mentre può costituire un’arma assai utile anche per il professionista in cerca di una macchina diretta, efficace e incisiva. Il suono non ha la stessa raffinatezza che pone Radias nell’olimpo dei sintetizzatori digitali odierni, ma rimane comunque bello, importante e soprattutto sano. k ● Editor – La pagina di controllo del Programa novembre 54
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