Lettera di Antonio Segni ad Alcide De Gasperi, 24 agosto 1948

1. Lettera di Antonio Segni ad Alcide De Gasperi,
24 agosto 19481
Il Ministro per l’Agricoltura e le Foreste
Roma, 24/8/1948
Carissimo Presidente,
la tua dell’11 corrente mi è pervenuta nel romitorio di S. Marco
dopo un viaggio in Carnia e nel Friuli, faticoso ma non privo di insegnamenti.
Vi è ancora terra da portare a nuova produttività in Italia, ed è il
solo modo che abbiamo di dar lavoro stabile alla massa crescente della popolazione rurale. Tu sei certo meglio informato: ma per quanto
mi risulta da relazioni di funzionari e di amici l’emigrazione, anche se
avessimo le colonie, temo che non sarà, per molto ancora, una valvola
sufficiente (le nostre colonie non lo sono mai state).
Questo per spiegare la mia ansia per la bonifica agraria e scusare
la passione forse eccessiva nel difendere la causa.
Sono lieto di trovare nella tua una nuova conferma dell’urgenza e
gravità del problema della riforma agraria.
Pur avendo parecchie riserve, che ti chiarirò a voce, per quest’anno seguo quanto tu scrivi e sono rientrato a Roma per studiare la forma per inserire la riforma agraria nei fondi Erp: non ho ancora trovato
Tremelloni e Saraceno, incaricati della formulazione, ma spero che
rientrino in settimana e che si possa con loro dare forma definitiva al1 Il documento è in AMRDG, 1948, documenti 29-81, XXVII. Si ringrazia
Maria Romana De Gasperi per la gentile concessione alla pubblicazione.
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l’abbozzo da me predisposto. Ma devo sempre confermare che non è
presentabile che in via provvisoria, per un primo inizio in quest’anno,
un programma in cui si voglia fare bonifica, trasformazione fondiaria
e riforma agraria con i fondi provenienti dall’Erp, che sono sempre
molto al di sotto della necessità.
Resta poi sempre da affermare (e in ciò aveva convenuto con me
il Cir-Erp) che questo non può essere che un espediente provvisorio,
perché mi pare anche pericoloso che degli stranieri possano interferire
sui criteri della riforma agraria, tanto più che io so che essi non comprendono un tale problema.
Per il progetto di riforma fondiaria, entro la settimana ne avrò
predisposto lo schema e lo comunicherò a Ronchi. Debbo però dirti
che la parte essenziale del progetto, redatta già in articoli, è nelle
mani di Ronchi dagli inizi del mese, con preghiera delle sue osservazioni, che non mi sono ancora pervenute, benché egli mi abbia scritto
per cose molto secondarie. Lo solleciterò, rimettendogli l’intero schema del progetto, non appena sarà rientrato a Roma.
Come ho promesso, nella prima settimana di settembre il Consiglio dei Ministri potrebbe cominciare a discuterne, e vedrei anche la
parte finanziaria.
Però è evidente che la discussione non sarà né facile né semplice,
ma è questione sulla quale non ci sono consentiti mezzi termini, almeno a mio parere.
Ed è perciò che le soluzioni provvisorie affacciate nell’ultimo
Consiglio, mi sembrano le più pericolose in quanto possono dar l’impressione che si vogliano dei palliativi, anziché una sia pur moderata
riforma.
Ora ritengo di aver abbastanza studiato il problema, e non da solo
ma consultandomi con tecnici ed economisti di diverse tendenze per
affermare:
1) che un arresto delle opere di bonifica integrale da parte dei privati
è da escludersi adottando talune norme che ho predisposto nel progetto;
2) che una crisi nella produzione è pure da escludersi attuando
con gradualità la riforma; sono anzi sicuro che alla fine della riforma
si avrà un incremento produttivo;
3) che una riforma, che metta disposizione circa 1.500.000 ettari
circa (cioè intorno a un decimo della superficie lavorabile italiana)
non può essere considerata un terremoto, ma solo il minimo consentitoci per modificare nel limite delle possibilità una struttura sociale delle popolazioni agricole, che è pericolosa;
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4) che gli schemi di colonizzazione fascisti, cari quasi a tutti i
tecnici italiani, non sono aderenti alla realtà perché non tengono conto
che siamo troppi e la terra è poca: errori che si ripetono sulla colonizzazione delle Tre Venezie, Agro Pontino, Capitanata ed altrove;
5) infine ti voglio informare che S.E. Piazza, Presidente della
Commissione episcopale [illeggibile] dell’Azione Cattolica mi ha incoraggiato molto decisamente a battere la via della riforma agraria.
In quanto agli enti di colonizzazione già esistenti, è meglio essere
precisi su quanto hanno fatto e possono fare.
L’Opera combattenti non funziona e da molto tempo ti ho chiesto,
ripetutamente, la tua adesione alla sostituzione di Mira.
Capisco che non è una situazione facile: penso che almeno si debba arrivare a sdoppiare l’Opera separando gli uffici che hanno compiti
assistenziali dei Combattenti da l’ente di bonifica e di colonizzazione;
io avevo una volta ottenuta l’adesione di Ronchi a fare il Commissario o presidente dell’Opera; non so se ancora lo gradirebbe. Ma la situazione attuale non si può protrarre.
L’Ente per la rinascita delle Venezie è attualmente in mani incapaci; e ha fallito completamente nella sua opera di colonizzazione: occorrerà provvedere anche per questo, ma non è mia competenza.
Per la divisione di competenze fra Regione e Stato sulla riforma
agraria, mentre ho affidato lo studio delle questioni istituzionali a Domenidò e Germani, ho stasera, in proposito, un colloquio con La Loggia, nel quale chiariremo i rapporti con la Sicilia.
Vi è da evitare, a mio avviso, che si arrivi ad una riforma a tipo
vestito di Arlecchino, in cui Toscana ed Emilia rappresentino i quadri
rossi e, che so io, Puglia e Sicilia i quadri neri; anche il mio potrebbe
tingersi in rosso!
Spero che in Valsugana tu possa trovare un po’ di ristoro e riposo, il mio rifugio cadorino non mi ha protetto troppo!
Con molto affetto abbimi tuo
Antonio Segni
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