CAP. 2. I DOCUMENTI DEL MAGISTERO SCHEMA DEL CAPITOLO 1. Documenti dei Pontefici 1.1. GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica “Salvifici doloris” (1984) 1.2. GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio “Dolentium Hominum” (1985) 1.3.GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica post-sinodale “Christifideles laici” (1988) 1.4.GIOVANNI PAOLO II, Lettera al cardinale Fiorenzo Angelini per l’istituzione della Giornata Mondiale del Malato (1992) 1.5.BENEDETTO XVI, Motu proprio “Sul servizio della carità” (2012) 2. Documenti del Magistero della Chiesa Universale 2.1.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI, I laici nel mondo della sofferenza e della salute (1987) 2.2.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI, Carta degli operatori sanitari (1994) 2.3.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota circa il Ministro del Sacramento dell'Unzione degli Infermi (2005) 3. Documenti della Chiesa Italiana 3.1.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’, La Pastorale della Salute nella Chiesa Italiana (1989) 3.2.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’, Le Istituzioni cattoliche in Italia – Identità e ruolo (2000) 3.3.COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIO DELLA CARITA’ E DELLA SALUTE Predicate il Vangelo e curate i malati. La Comunità cristiana e la pastorale della salute (2006) 4. Altri documenti 4.1.COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Direttorio liturgico pastorale per l’uso Romano dei Sacramenti e dei Sacramentali (1967) 4.2.PAOLO VI, Costituzione apostolica: Sacra unctionem infirmorum. (1972) 4.3.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Rito dell’unzione e cura pastorale degli infermi (1972) 4.4.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi (1974) 4.5.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e testimonianza della carità (1990) 4.6.Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) 4.7.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE Istruzioni circa la preghiera per ottenere da Dio la guarigione (2000) Essendo molti i documenti che riguardano la pastorale della salute sia per le fonti, sia per i contenuti, sia per i destinatari, abbiamo scelto i maggiori, raggruppandoli per sezioni. 27 1.Documenti dei Pontefici 1.1.GIOVANNI PAOLO II, LETTERA APOSTOLICA “SALVIFICI DOLORIS” (1984) PREMESSA L' 11 febbraio 1984 sa n Giovanni Paolo II indirizzò alla Chiesa Cattolica una Lettera Apostolica “Salvifici doloris” per presentare e commentare una delle più laceranti esperienze umane: la sofferenza. I 31 paragrafi della Lettera, suddivisi in 8 capitoli, furono il primo documento di un pontefice che affrontò, in modo organico, l’argomento. Presentandolo la Lettera Apostolica il Papa riassunse anche significato: “Ho ritenuto opportuno e significativo nell'Anno Santo della Redenzione esortare tutti i cristiani a meditare, con più profondità e maggiore convinzione, sul valore insostituibile della sofferenza per la salvezza del mondo. Tale lettera vuole essere di aiuto a guardare a Cristo crocefisso e accettare il ‘Vangelo della sofferenza’ con amore e coraggio nel disegno misterioso, ma sempre amoroso, della divina provvidenza. Infatti, ciò che per la ragione rimane inscindibile enigma, per la fede alla luce del Cristo morto e risorto diventa messaggio di elevazione e di salvezza”1. Da questo documento, intessuto da continui rimandi alla Bibbia, emergono tre impegni: - il tema della sofferenza umana deve occupare un adeguato spazio nella catechesi e nell'educazione alla fede delle comunità; infatti l'azione pastorale della Chiesa in questo “settore” non può ridursi a momenti specifici ma deve abbracciare tutta l'esistenza; - secondo l’insegnamento del Signore Gesù, i sofferenti devono essere i privilegiati dell’attenzione e dalla solidarietà della Chiesa; - la cura dei malati è missione di tutta la comunità cristiana. Dunque, la speciale sollecitudine di san Giovanni Paolo II espressa in questa Lettera deve stimolare e rinnovare l'atteggiamento di chi opera nel settore della salute. Il testo è composto da otto capitoli. Dopo un' “introduzione generale” che evidenzia come la Chiesa è tenuta a ricercare I' incontro con l'uomo in modo particolare “sulla via della sua sofferenza” poiché questa è inseparabile dall’esistenza terrena di ogni persona (cfr.: nn. 1-4)2, è presentata la sgradevole esperienza del dolore e della sofferenza che non può essere ridotta unicamente alla malattia (cfr.: nn. 5-8). Di seguito si tratta dei rapporti tra la sofferenza e le altre dimensioni della natura umana: - rapporto tra sofferenza e malattia; infatti la sofferenza è più ampia e più complessa della malattia; - rapporto tra sofferenza e male; infatti la sofferenza fa sgorgare nel cuore delI'uomo I'interrogativo: "cosa ho fatto di male?"; - rapporto tra sofferenza e solidarietà3. Nella “terza parte” si ricercano delle risposte ai “perché” sul senso della sofferenza, sul valore della sofferenza, sull’interpretazione della sofferenza dell’ innocente… 1 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale dell’8 febbraio 1984, Osservatore Romano, 9 febbraio 1984, pg. 1. “Il tema della sofferenza…è un tema universale che accompagna l'uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso” (n. 2). 3 Queste tematiche riguardano la prima e la seconda parte della Lettera. 2 28 Con questi paragrafi, il Papa, intende correggere un'idea ancora diffusa: la diretta connessione tra peccato individuale e sofferenza come espressione punitiva per delle colpe (cfr.: nn.9-13). La “quarta parte” s’intitola “Gesù Cristo: la sofferenza vinta dall'amore” (cfr.: nn.1418). Qui si rileva che il Signore Gesù nel suo itinerario terreno ha vinto per sempre il peccato e la morte; la parola ultima e definitiva non è più loro ma di Cristo. Tutto avvenne mediante “un itinerario di amore”: Dio dona il suo Figlio al mondo e il Figlio accetta la sofferenza e la morte. Il contenuto della “quinta parte” è riassunto nel titolo: “Noi partecipiamo delle stesse sofferenze di Cristo” (cfr.: nn. 19-24). Il Papa, prendendo come riferimento alcuni brani delle lettere di san Paolo, illustra sinteticamente la teologia della croce e della gloria per evidenziare come avviene anche oggi, la partecipazione mistica alla corporeità storica del Cristo sofferente. La sesta parte, “Il Vangelo della sofferenza” (cfr.: nn. 25-21), pone l’accento sul valore della testimonianza anche attraverso questo aspetto con I' accettazione della sofferenza personale e delle sofferenze apostoliche che il seguire il Signore Gesù comporta. E sull'esempio di Cristo, ogni uomo è invitato a essere il “buon Samaritano” del Vangelo (cfr.: nn. 28-30), personaggio principale della “settima parte”. E il buon Samaritano mostra che il Vangelo è I'antitesi della passività di fronte alla sofferenza (cfr.: n.30). L’ impegno a lottare per lenire il dolore dell'uomo deve impegnare tutti, particolarmente chi opera nella sanità: questo è l'insegnamento dell' “ottava parte”. La Lettera Apostolica è riassumibile in sei argomenti: - cos'è la sofferenza; - perché esiste la sofferenza; - Cristo, mediante un gesto d'amore, ha dato il senso alla sofferenza; - il cristiano è invitato a partecipare alle sofferenze di Cristo; - vivendo il vangelo della sofferenza; - assumendo le caratteristiche del buon Samaritano. PERCORSI INTRODUZIONE Nei versetti 1-4 si afferma che la Chiesa deve ricercare I'incontro con l'uomo particolarmente nell’aspetto della sua sofferenza. L’enciclica “Redemptor hominis” afferma che in Cristo “ogni uomo diventa la via della Chiesa” (cfr.: n. 7); e la sofferenza è una “ via privilegiata”. Non possiamo scordare che uno dei maggiori campi d'azione del cristianesimo, fin dall'origine, fu quello assistenziale concretizzatosi nell'attenzione verso i fragili e i sofferenti. L’esempio l’offrì Gesù stesso. “Tutte le volte che incontri Gesù nei vangeli, lo trovi o che sta guarendo qualcuno o che ha appena finito di guarire qualcuno o che sta andando a guarire qualcuno”4. Infatti le guarigioni, o meglio l'assistenza al sofferente, costituirono 4 F. MAC NUT, Il carisma delle guarigioni, Paoline, Roma 1978, pg. 14. 29 una parte importante del ministero del Maestro. Quando Matteo riassunse l'attività del Signore Gesù in Galilea scrisse: “Percorreva tutta la Galilea insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno e sanando ogni malattia e ogni infermità del popolo. La sua fama si era sparsa per tutta la Siria; e gli presentavano tutti i malati, afflitti da varie malattie e sofferenze, indemoniati e lunatici e paralitici, e li guarì” (Mt. 4,23-24 e paralleli Mc. 1,28.32.34; Lc. 4,37-40). Gesù, conferì il mandato di "andare e guarire", ai Dodici e agli altri discepoli che nel corso della storia, s’identificheranno con tutti i credenti, insostituibili artefici della missione di salvezza, come ben descritto da Marco: ”E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni [...] imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc.11,2). Anche tutta l'azione della Chiesa Apostolica fu accompagnata dal segno delle guarigioni (cfr.: At. 3, 1-10; 5,12-28); san Paolo ricordò tra i carismi presenti nella comunità di Corinto i “doni di guarigione” (cfr.: 1 Cor. 12,9 e 12,28); la lettera di san Giacomo parlò del “ministero di guarigione” mediante l'azione del presbitero e la preghiera della comunità (cfr.: Gc. 5, 13-14). Dobbiamo riconoscere che nelle varie epoche della storia, quando quella dello Stato in campo assistenziale e sociale era quasi nulla, la Chiesa ha assicurato costantemente la sua presenza attraverso l'opera di istituzioni dedicate alla cura dei sofferenti e degli emarginati presenti nelle aree più povere della sanità e della società. “Il ‘vangelo della carità’ - ricorda il documento Evangelizzazione e testimonianza della carítà - ha saputo scrivere, in ogni epoca, pagine luminose di santità e di civiltà in mezzo alla nostra gente: è ininterrotta la catena dei santi e delle sante che con la forza del loro amore operoso hanno dato testimonianza al vangelo e reso più umano il volto del nostro Paese. È un'eredità che serve custodire, approfondire e rinnovare”(n. 11). IL MONDO DELL'UMANA SOFFERENZA La vita dell'uomo è continuamente minacciata dalla sofferenza, dai pericoli e dalla morte; basti pensare alle malattie, alle calamità naturali, alla convivenza civile minacciata, alla violazione dei diritti dell'uomo, agli errori umani... e al rischio di autodistruzione per eventuali guerre nucleari. Dunque, nessuna esistenza umana e nessuna epoca storica, sfugge al dolore. Ognuno vorrebbe eliminare la sofferenza e sviluppare una vita senza questo intoppo! La sofferenza è assurda; di fronte a questa illogicità e alla quotidiana pervasa da fatica, dolore, anni che scorrono velocemente, ogni uomo si chiede “il perché”. Molti, come C. Bernard, affermano: “Non mi lamento di soffrire, ma di soffrire per nulla”5, oppure come J. Cotureau dichiarano: “Non credo in Dio. Se Dio esistesse sarebbe il male in persona. Preferisco negarlo piuttosto che addossagli la responsabilità del male”6. Il Papa, ben conscio dell’enigmaticità e dell’ intangibilità della sofferenza, dedica alla tematica la seconda parte della Lettera Apostolica evidenziando due importanti sofferenze profondamente radicate nell’umanità: la sofferenza fisica (il dolore del corpo) e la sofferenza morale (il dolore dell’anima) (cfr.: n.5). Nell'Antico Testamento questa fu identificata come: 5 6 L. JERPHAGNON, Le mal et l’esistence, Cerf, Paris 1955, pg. 139. J. COTUREAU, Thomas l’imposteur, NRF, Paris 1923. 30 -il pericolo di morte propria o dei propri figli, specialmente i primogeniti e gli unici; -la mancanza di prole perché tutto si sarebbe concluso con la morte; -la nostalgia per la patria quando il popolo d'Israele era esule a Babilonia; -la persecuzione e l’ostilità dell'ambiente; -la derisione e I'abbandono degli amici e dei vicini; -la incomprensione del motivo per cui i cattivi prosperino e i giusti soffrano. In queste pagine della Lettera apostolica, anche se mai citati esplicitamente, ritornano i termini di salute e di malattia secondo l'accezione oggi diffusa7. La salute come pure la malattia non sono eventi unicamente personali ma an che sociali investendo le scelte e I'agire della società, come pure la sfida della comunione e della solidarietà (cfr.: n. 8). ALLA RICERCA DELLA RISPOSTA ALL’ INTERROGATIVO SUL SENSO DELLA SOFFERENZA Gli interrogativi spontanei e naturali di fronte alla sofferenza, al dolore e al male riguardano la causa, la ragione, lo scopo e il senso: “Perché? Come mai? A che scopo? Che senso ha tutto questo? Da dove deriva? Che male ho fatto?”. Domande alle quali è difficilissimo rispondere chiamando in causa Dio stesso. Un esempio, tra i più espressivi, è Giobbe, l’uomo giusto che è tormentato da innumerevoli disgrazie. Il libro di Giobbe si apre raccontando la prosperità di questo giusto (cfr.: Gb. 1, 1-5) che, improvvisamente, s’interrompe ed è provato da terribili e molteplici dolori (perde i beni, i figli e le figlie e lui stesso è colpito da una gravi malattie). Immediatamente, in Giobbe, sgorga l’interrogativo: “Che male ho fatto perché Dio mi punisca cosi?” (cfr.: Gb. 3). Tre vecchi conoscenti, che lo visitano nel periodo delle disgrazie, tentano di convincerlo che è colpito da grandi disavventure conseguenze dei gravi reati che ha commesso. La sofferenza, secondo loro, è la pena per le colpe di cui si è macchiato. E’ voluta da Dio, assolutamente giusto, per proteggere “un ordine di giustizia” nel cosmo. Giobbe, da una parte, contesta queste affermazioni ritenendosi vittima senza colpa di un’ingiusta punizione; dall'altra parte, da credente, continua a sperare nell’amore di Dio (cfr.: Gb. 42 2-4). Il dramma più gravoso è “il silenzio di Dio”; attende la sua risposta e non si dà pace finché non la ottiene. E questa fiducia, alla fine, gli dà ragione. Dio rimprovera i tre conoscenti e riconosce che Giobbe non è colpevole. E il testo termina affermando: “(di nuovo) possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie [...]. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni” (Gb. 42,12-16). La sua “sofferenza d’innocente” deve essere accettata come un mistero, non essendo l’uomo in grado di penetrare con la sua intelligenza questo meandro. Il libro di Giobbe, ricorda il biblista G. Helewa, mostra che “un individuo può soffrire, e soffrire molto, senza che per questo debba essere ritenuto in qualche modo colpevole e da Dio punito”8. Anzi, “l'autore ha voluto farci assistere ad una metamorfosi: da grande 7 Cfr. la definizione OMS: “Stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo assenza di malattia e di infermità”; CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITÀ, La pastorale della salute nella Chiesa italiana, Roma 1989, n. 6; PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Carta degli Operatori Sanitari, Città del Vaticano 1994, n. 9 8 G. HELEWA, Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), in AA. VV., Dizionario di teologia pastorale sanitaria, Camilliane, Torino 1997, pg. 1169. 31 sofferente alla ricerca di Dio quale era, Giobbe si è convertito in un grande credente che ha trovato il suo Dio”9. Un aspetto importante, che risuona più volte nell’Antico Testamento, è il mostrare la sofferenza rilevante anche per la conversione. Dio è il colpevole o il lontano dalla sofferenza? La dottrina della Chiesa non approva un'interpretazione che escluda totalmente Dio da questo aspetto, anche se si è concordi nel riconoscere che il Creatore non è la causa ultima della sofferenza umana causata da svariate situazioni, come pure non condivide quella visione doloristica che nel passato ha mitizzato e assolutizzato il dolore. La tendenza attuale è di celebrare il valore della salute e della vita, per cui nasce l'obbligo morale della loro tutela, pure se, come ricorda il Papa in questa Lettera, anche il dolore e la sofferenza sono impregnati di valori. Ma per percepire l’autentica risposta al "perché" della sofferenza, afferma il Papa, è fondamentale volgere lo sguardo alla Rivelazione dell'amore divino che si è manifestato totalmente nell'Incarnazione. GESÙ CRISTO: LA SOFFERENZA VINTA DALL'AMORE Il passaggio più importante della Lettera è il richiamo alla nascita di Cristo, descritta dal Papa con il testo dell'evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv. 3, 16). Dio dona al mondo il Figlio che non abolisce la sofferenza ma le offre una luce nuova. E il Figlio unigenito ha ben inteso questo; infatti, all'inizio della sua missione, leggendo un brano del profeta Isaia concluse affermando che in quel giorno la profezia si adempiva: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con I'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc. 4,18-19). Ricordano i teologi M. Flick e Z. Alszeghy: “Cristo è il Liberatore, Cristo è il Guaritore; Cristo è colui che viene a liberare la creazione dalla servitù del peccato che I'ha coinvolta e viene a ricostruire il ‘disegno prioritario’ della creazione; Cristo è colui che assumendo la natura umana dà un significato al dolore”10. Il Messia, già secondo I'Antico Testamento, era colui che avrebbe liberato l’uomo dalla schiavitù, dalle condizioni di sofferenza e di malattia, ridonando gli equilibri della salute fisica e morale e del rapporto con Dio e con gli altri. Possiamo quindi affermare che il centro del pensiero del Papa è il seguente: nel mondo sono presenti la sofferenza e il male perché si è interrotto I'equilibrio tra I'uomo e se stesso, tra I'uomo e l'altro uomo, tra l'uomo e il cosmo, tra l'uomo e Dio. Tutto ciò è riconducibile come punto di partenza al peccato originale. Spiega Helewa: “Dal racconto della creazione, traspare l’ intenzione di scagionare il Creatore e di non fare risalire, alla creazione come tale, le disarmonie che rendono penosa I'esistenza umana. L’uomo soffre perché, allontanandosi da Dio, si è procurato questa disgrazia: è espulso dal giardino, (cfr.: Gn. 3, 23) ossia non è più nella condizione di avvalersi di un rapporto integro con iI suo Creatore [...].Cedere alla lusinga del tentatore (cfr.: Gn. 3,1-7) è più che un errore mentale: è una ribellione a Dio, la hybris di una creatura che si rifiuta di gestire come tale i propri giorni. Genesi, dunque, dei mali che proliferano nella storia e pesano sull'essere 9 Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), op. cit., pg. 1700. M. FLICK- Z. ALSZEGHY, Il mistero della croce, Morcelliana, Brescia 1978, pg. 155. 10 32 umano è la tremenda realtà del peccato"11. Cristo, vivendo il dolore e la morte, situazioni comuni a tutti gli uomini, divenne realmente "uno di noi"; con la sua divinità egli spezzò la tragica frontiera del dolore, fecondò il soffrire, aprì il morire dell'uomo all'alba della risurrezione. Da questa morte straordinaria, sorse la nuova umanità dei figli di Dio (cfr.: Rm. 6,6), la nuova Gerusalemme come terra nuova sulla quale si affaccia un nuovo cielo (cfr. Ap. 21,1-2) e nacque, come da un parto sofferto, la nuova creazione (cfr.: Rm. 8, 19-22). Questo è l’ annuncio del cristianesimo, l'unica religione che presenta Dio coinvolto in prima persona nel destino di salvezza dell'uomo. La redenzione è un atto di amore perché Dio non ha salvato l’uomo da lontano o dal di fuori, ma dal di dentro e da vicino, condividendone il suo destino. Gesù, afferma il Papa, con la croce ha tagliato il male alla radice (cfr.: n. 13). Ricorda il cardinale G.F. Ravasi, che l’esperienza del male rimane “si” angosciante come un carcere, ma l’ingresso del Figlio di Dio in quel carcere segna una svolta: esso non è sbarrato per sempre, in un’immanenza che si consuma in se stessa, ma viene aperto per un “oltre”12. PARTECIPI DELLE SOFFERENZE DI CRISTO In questo capitolo il Papa sostiene che la sofferenza dell’uomo, partecipando a quella redentiva di Cristo, è rilevante per tutti, per la società e per il mondo. Una sofferenza offerta è un capitale che una persona consegna a Dio per le necessità degli uomini e per la loro salvezza. Una sofferenza offerta, anche se il corpo è profondamente malato, totalmente inabile, quasi incapace di vivere e di agire, costituisce un’espressiva lezione per i sani e si trasforma in fonte redentrice di vita. La fonte di riferimento di questa partecipazione è la teologia di san Paolo più volte citata che ha come centro l'incorporazione a Cristo e le sue conseguenze. Essendo il battezzato parte di un unico corpo con Cristo, le sue e le nostre sofferenze ora sono le stesse; di conseguenza, anche le sofferenze dell'uomo hanno valore di espiazione. Questo significa che la Redenzione compiuta da Cristo è incompleta? “No”, risponde il Papa; “questo significa solo che la redenzione, operata in forza dell'amore soddisfattorio, rimane costantemente aperta a ogni amore che si esprime nell'umana sofferenza. In questa dimensione - nella dimensione dell'amore - la redenzione già compiuta fino in fondo, si compie, in un certo senso, costantemente” (n.24). Per comprendere il concetto dobbiamo compiere tre passaggi. -Dalla sofferenza di Cristo alla sofferenza del cristiano. Alcuni brani di san Paolo pongono in un rapporto diretto la sofferenza del Cristo e quella del cristiano: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col.1,24); “Infatti come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione; come siete partecipi delle sofferenze così lo siete anche delle consolazioni” (1 Cor. 1,5-7)13. -L’incorporazione a Cristo e le sue conseguenze. E’ questo un tema cardine della teologia paolina che ha come punti di riferimento la seconda lettera ai Corinzi (cfr.:12,12-13,27) che riguarda il discorso sul corpo e sulle sue membra e la lettera ai Romani (cfr.: 6,3-5) che concerne il significato del battesimo. 11 Cfr.: Sofferenza – Approccio biblico (A.T.), op. cit., pp. 1664-1665. G.F. RAVASI, Sulle tracce di un incontro. Soglie del mistero per credenti in cammino, San Paolo, Milano 201, pg. 81. 13 Altri brani: 2 Cor. 4,8-10; Rm. 12,1. 12 33 Il battesimo, nei primi secoli, era amministrato per immersione; l’uomo “riemergeva” dall’acqua rinato a vita nuova, cioè era divenuto tutt’uno con “il corpo di Cristo” e, di conseguenza, era destinato alla risurrezione e alla vita eterna. -La valorizzazione delle sofferenze “in” Cristo. Ben si comprende, che essendo ormai l’uomo “un unico corpo con Cristo”, le sofferenze del Signore Gesù e quelle del battezzato sono le stesse. Il sacrificio di Cristo è già completo ma la sua sofferenza espiatrice può assumere questa caratteristica anche mediante la collaborazione dell’uomo se questa è vissuta in unione con Lui. IL VANGELO DELLA SOFFERENZA In questo capitolo, il sesto, il Papa ripropone nuovamente e più intensamente alcune idee espresse in precedenza. Gesù ha profondamente partecipato al dolore dell'uomo soffrendo fisicamente, psicologicamente e spiritualmente: ha chiesto conforto umano (cfr.: Mt. 26,38-40); nel Getsemani ha avuto paura e ha pianto; in preda all'angoscia ha sudato sangue (cfr.: Mt. 26, 44). Inoltre, non ha nascosto ai suoi discepoli la necessità della sofferenza (cfr.: Lc. 9,23; Mt. 7,13-14; Gv. 15, 18-21). Accanto a Cristo è sempre presente la Madonna nella quale “numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che furono prova della sua fede incrollabile” (n. 25). E sul Calvario, con a fianco il discepolo prediletto, raggiunse il vertice del dolore. Oggi la Madonna è vicino, dolcemente e maternamente, a ogni sofferenza umana per consolare e infondere speranza. Gesù, dunque, ha vissuto e annunciato il Vangelo della sofferenza, continuato e vivificato nella storia mediante la vita eroica di molti uomini che hanno accettato la sofferenza per Cristo e per il Regno. Il “Vangelo della sofferenza” ha illuminato i periodi di malattia di alcuni santi trasformandoli in occasione di conversione e di crescita spirituale. Si pensi a san Francesco d'Assisi e sant'Ignazio di Loyola che in queste situazioni hanno trovato “una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione” (n. 26). Il “Vangelo della sofferenza” sollecita a superare il senso d’inutilità che accompagna varie sofferenze umane: “il sofferente non solo è utile agli altri ma adempie un servizio insostituibile [...], le sofferenze umane, unite con la sofferenza redentrice di Cristo, costituiscono un particolare sostegno per le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria di queste forze salvifiche” (n.21). Infatti “quanto più l'uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d'oggi, tanto più grande è l'eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo” (n.27). IL BUON SAMARITANO Il buon Samaritano è additato come esempio per coloro che assistono il sofferente. Nel racconto evangelico si afferma semplicemente che la vittima dell’aggressione è “un volto umano”, come quelli che incontriamo quotidianamente. Come ha agito il Samaritano? San Luca utilizza tre verbi: lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino (cfr.: Lc 10, 33). Gesù, con questa parabola, riporta la carità alla concretezza, mostrandoci chi chiede l’intervento, che cosa chiede e come rispondere. Scrive il Papa: “La parabola del buon Samaritano appartiene al Vangelo della sofferenza. Essa indica, infatti, quale debba essere il rapporto di ciascuno di noi verso il 34 prossimo sofferente. Non ci è lecito passare oltre con indifferenza, ma dobbiamo fermarci accanto a lui. Buon Samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque esso sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma disponibilità [...]. Buon Samaritano è in definitiva colui che porta aiuto nella sofferenza, di qualunque natura essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non risparmia neanche i mezzi materiali. Si può dire che dà se stesso, il suo proprio ‘io’, aprendo questo ‘io’ all’altro. Tocchiamo qui uno dei punti-chiave di tutta l'antropologia cristiana. L'uomo non può ‘ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé’ (cfr.: Gaudium et spes, 29). Buon Samaritano è I'uomo capace appunto di tale dono di sé” (n. 28). Parafrasando la parabola del buon samaritano la Lettera Apostolica, illustra anche concretamente le molteplici forme di attività da svolgersi a favore dei bisognosi d'aiuto. Tre elementi da non dimenticare. -ll nostro rapporto con chi soffre. -Il servizio rivolto al sofferente è una vocazione. -Le espressioni costruttive del servizio. ll nostro rapporto con chi soffre. La parabola indica chi è il nostro prossimo: il fratello che richiede il nostro aiuto. La parabola indica quale rapporto deve instaurarsi con lui; un rapporto ispirato a commozione: "Se Cristo, conoscitore dell'interno dell'uomo, sottolinea questa commozione, la commozione del samaritano, vuol dire che essa è importante per tutto il nostro atteggiamento di fronte alla sofferenza altrui. Bisogna, dunque, coltivare in sé questa sensibilità del cuore che testimonia la compassione verso il sofferente" (n. 28). L'inevitabile senso del dovere è insufficiente, deve intersecarsi con il bisogno d’amore che supera la legge. Il servizio rivolto al sofferente è una vocazione. Chiunque si chini, in qualsiasi modo, sui sofferenti - dagli uomini della scienza agli operatori sanitari - più che una professione svolge una "vocazione" ed una "missione". “Quest'attività assume, nel corso dei secoli, forme istituzionali organizzate e costituisce un campo di lavoro nelle rispettive professioni. Quanto è da buon Samaritano la professione del medico o dell'infermiere, o altre simili! In ragione del contenuto evangelico, racchiuso in essa, siamo inclini a pensare, qui, piuttosto a una vocazione che non semplicemente ad una professione (n.29). Le espressioni costruttive del servizio. “E le istituzioni che, nell'arco delle generazioni, hanno compiuto un servizio da samaritani, ai nostri tempi si sono ancora maggiormente sviluppate e specializzate. Ciò prova, indubbiamente, che I'uomo di oggi si ferma con sempre maggiore attenzione e perspicacia accanto alle sofferenze del prossimo, cerca di comprenderle e di prevenirle sempre più esattamente. Egli possiede anche una sempre maggiore capacità e specializzazione in questo settore” (n.29). Ma attenzione, afferma il Papa: “Le istituzioni sono molto importanti e indispensabili; tuttavia, nessuna istituzione può da sola sostituire il cuore umano, la compassione umana; l’amore umano, l’iniziativa umana quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza dell’altro” (n. 29). E san Giovanni Paolo II conclude: “Guardando a tutto questo possiamo dire che la parabola del Samaritano del Vangelo è diventata una delle componenti essenziali della cultura morale e della civiltà universale umana. E pensando a tutti quegli uomini che, con 35 la loro scienza e la loro capacità, rendono molteplici servizi al prossimo sofferente, non possiamo esimerci dal rivolgere al loro indirizzo parole di riconoscimento e di gratitudine” (n.29). La parabola del buon Samaritano, non può lasciare tranquillo nessuno; infatti c'è sempre qualcosa che tutti possono e devono fare affinchè diminuisca la sofferenza nel mondo e quella esistente riacquisti "dignità" e "significatività" non solo soprannaturale ma anche umano (cfr.: n. 30). CONCLUSIONE Le parole conclusive del Papa al commento della parabola sono una valida sintesi della Lettera Apostolica, scritta da san Giovanni Paolo II anche sotto lo stimolo di una sofferta esperienza personale: “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a fare del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza” (n. 31). 1.2.GIOVANNI PAOLO II, MOTU PROPRIO “DOLENTIUM HOMINUM” (1985) Con questo documento (11 febbraio 1985), san Giovanni Paolo II costituì la “Pontificia Commissione per la Pastorale degli Operatori Sanitari”1414. Il Pontefice, dopo aver enunciato le motivazioni della sua decisione, specifica le finalità del nuovo Organismo: - diffondere, spiegare e difendere gli insegnamenti della Chiesa in materia di sanità e favorirne la penetrazione nella pratica sanitaria; - seguire con attenzione la politica sanitaria a livello internazionale e studiare orientamenti programmatici e iniziative concrete al fine di coglierne la rilevanza e le implicanze per la pastorale della Chiesa (cfr.: DoH. n. 6). “Si tratta di un documento di spiccata importanza pratica, perché crea nella Chiesa l’Organismo che può convogliare, animare ed articolare quanto nel vasto ambito della sanità viene fatto nel nome del Vangelo”15. 1.3.GIOVANNI PAOLO II, ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE “CHRISTIFIDELES LAICI” (1988) La “Christifideles laici” è l’Esortazione Apostolica che seguì il Sinodo dei Vescovi “Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel mondo” e dedicò i numeri 53 e 54 alle persone sofferenti individuate come “operai nella vigna del Signore”. Quindi, anche loro, devono lavorare in questo immenso settore! Il sofferente, per san Giovanni Paolo II è un “soggetto attivo e responsabile nell’opera di evangelizzazione e di salvezza” (54). “A tutti e a ciascuno è rivolto l’appello del Signore: anche i malati sono mandati come operai nella sua vigna. Il peso che affatica le membra del corpo e scuote la serenità dell’anima, li chiama a vivere la loro vocazione umana e cristiana e a partecipare alla crescita del regno di Dio in modalità nuove, anche più preziose” (53). Da questi due numeri deduciamo che i malati, gli anziani, i portatori di handicap e i fragili 14 Divenuta con la riforma della Curia Romana attuata dalla Costituzione “Pastor bonus” 28 giugno 1988 (cfr. GIOVANNI PAOLO II, Pastor bonus, AAS 82-1988), “Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari”. 15 A.L. GALLO, voce: Chiesa-Magistero e mondo sanitario, in AA. VV., Dizionario di Teologia Pastorale Sanitaria, Camilliane, Torino 1977, pg. 211. 36 hanno una vocazione da realizzare nella Chiesa e contribuiscono alla crescita del Regno; perciò sono responsabili di evangelizzazione e di salvezza. Ma quale contributo possono offrire? Aiutano i sani a donare un senso al loro soffrire, a ridimensionare i propri problemi, a vivere la speranza, ad accettare il senso del limite e della fragilità presenti nell’esistenza di ogni persona. Sono degli “operai” con il loro esempio. Scriveva D. Bonhoffer: “Gesù ha procurato più grazia agli uomini con le mani inchiodate sulla croce, rispetto a quando le stendeva libere sul mare in tempesta”16. Questi due numeri della “Christifideles laici” capovolgono il senso comune secondo il quale gli infermi possono essere esclusivamente destinatari di attenzioni e di cure, non soggetti attivi nel costruire la comunità cristiana. Ogni azione pastorale, quindi, va programmata non solo “per” i malati ma soprattutto “con” i malati. Convinzione, più volte ripresa dal Papa, anche frutto di esperienze personali. “Voi che siete provati dalla sofferenza, siete pietre vive, sostegno della Chiesa. Per questo vi ripeto oggi l’esortazione che feci nella mia lettera pastorale Salvifici doloris: ‘Chiediamo a voi tutti che soffrite di sostenerci; proprio a voi che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l’umanità’ ” (3 aprile 1987). 1.4.GIOVANNI PAOLO II, LETTERA AL CARDINALE FIORENZO ANGELINI PER L’ISTITUZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (1992) L'11 febbraio 1993, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, san Giovanni Paolo II stabilì che la Chiesa Universale celebrasse la "Prima Giornata Mondiale del Malato". Nella lettera di Istituzione inviata al cardinale Fiorenzo Angelini17, indicò, oltre che le modalità per celebrarla, alcune finalità: - sensibilizzare il Popolo di Dio e di conseguenza, le molteplici Istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; - richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari; - far meglio comprendere il significato dell'assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre. 1.5.BENEDETTO XVI, MOTU PROPRIO “SUL SERVIZIO DELLA CARITÀ”(2012) L’11 novembre 2012 papa Benedetto XVI pubblicò una Lettera A postolica in forma di Motu Proprio “Sul servizio della carità”, colmando una carenza del Codice di Diritto Canonico già evidenziata dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica “Deus Caritas est” (cfr.: n. 32). Con questo Motu Proprio venne offerto un quadro normativo “che serva meglio ad ordinare, nei loro tratti generali, le diverse forme ecclesiali organizzate del servizio della Carità, che è strettamente collegata alla natura diaconale della Chiesa e del ministero episcopale” (Proemio), soprattutto di fronte a nuove situazioni, in particolare al rischio della “secolarizzazione della carità” che potrebbe ridurre la solidarietà a semplice filantropia o umanitarismo. Pericolo ricordato anche da papa Francesco nell’omelia della Messa concelebrata con i cardinali al termine del Conclave (14 marzo 2013): “Noi 16 17 D. BONHOFFER, L’ora della tentazione, Queriniana, Brescia 1972, pg. 71 GIOVANNI PAOLO II, Documenti Istitutivo Giornata Mondiale del Malato, Osservatore Romano, 8 novembre 1992, pg. 1. 37 possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore”. Dunque, papa Benedetto XVI, ha fissato delle norme giuridiche da seguirsi nelle molteplici attività caritative e di raccolta fondi per attività caritatevoli, sottolineando che ogni iniziativa deve essere autorizzata e coordinata dal Vescovo diocesano. La normativa riguarda anche le persone che lavorano in questi organismi, la loro scelta e la loro formazione. Il tema della carità fu centrale nell’insegnamento di Benedetto XVI che nella sua prima enciclica scrisse che “il centro della fede cristiana è Deus caritas est”. Per questo, prosegue il Papa, “all’inizio del mio pontificato, desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri” (n. 3). E il Papa prosegue: “L'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro” (n. 25). Dunque, il servizio della carità, è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile sia delle piccole comunità locali che della Chiesa universale; per questo necessita un’ “organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato” (n. 20). Le opere di carità oggi, richiedono più che in passato anche “trasparenza”; per questo “occorre garantire che la loro gestione sia realizzata in accordo con le esigenze dell’insegnamento della Chiesa e con le intenzioni dei fedeli, e che rispettino anche le legittime norme date dall’autorità civile” (n. 21). Anche l’appellativo “cattolico” può essere utilizzato “solo con il consenso scritto dell’autorità competente”, ovvero “del vescovo diocesano”, al quale spetta il compito di “vigilare” affinché “siano sempre osservate le norme del diritto universale e particolare della Chiesa”, e “coordinare nella propria circoscrizione le diverse opere di servizio di carità”, curando che quanti vi operano “diano esempio di vita cristiana e testimonino una formazione del cuore che documenti una fede all’opera nella carità” (n.11). Una speciale attenzione il Papa la riserva alla “persona”. “L’attività caritativa della Chiesa”, mette in guardia il Pontefice, “deve evitare il rischio di dissolversi nella comune organizzazione assistenziale, divenendone una semplice variante”. “Pertanto, nell’attività caritativa, le tante organizzazioni cattoliche non devono limitarsi a una mera raccolta o distribuzione di fondi, ma devono sempre avere una speciale attenzione per la persona che è nel bisogno e svolgere, altresì, una preziosa funzione pedagogica nella comunità cristiana, favorendo l’educazione alla condivisione, al rispetto e all’amore secondo la logica del Vangelo di Cristo” (Proemio). Un compito al quale già rispondono differenti “iniziative organizzate”, in primo luogo la Caritas, “che si è giustamente guadagnata l’apprezzamento e la fiducia dei fedeli e di tante altre persone in tutto il mondo per la generosa e coerente testimonianza di fede, come pure per la concretezza nel venire incontro alle richieste dei bisognosi” (n. 9). “Pertanto, nell’attività caritativa, le tante organizzazioni cattoliche non devono limitarsi ad una mera raccolta o distribuzione di fondi, ma devono sempre avere una speciale attenzione per la persona che è nel bisogno e svolgere, altresì, una preziosa funzione pedagogica nella comunità cristiana, favorendo l’educazione alla condivisione, al rispetto e all’amore secondo la logica del Vangelo di Cristo” (Deus Caritas est n. 34). È importante quindi che vescovi, preti, religiosi e laici, si soffermino a riflettere sul servizio della carità non dimenticando l’aspetto organizzativo. 38 2.Documenti del Magistero della Chiesa Universale 2.1.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI, “I LAICI NEL MONDO DELLA SOFFERENZA E DELLA SALUTE” (1987) Il documento esamina I'origine e il significato dell'impegno del fedele-cristiano-laico in sanità. "Il carattere sempre più interdisciplinare della scienza e dell'assistenza sanitaria vede un crescente concorso dei laici e per numero e per responsabilità"18; di conseguenza, "la Chiesa per farsi promotrice esemplare, punto di riferimento per la società, sia per la bimillenaria esperienza della quale è depositaria, sia per la luce che essa riceve dalla fede in Cristo, medico delle anime e dei corpi"19, necessita della loro opera e della loro collaborazione. Il documento è diviso in due parti, oltre un proemio nel quale si sottolineano alcuni concetti base: salute e salvezza (cfr.: nn. 1-5), ministero o diaconia dell'assistenza sanitaria (cfr.: nn. 6-7),vocazione e missione dei laici (cfr.: nn. 8-12). Prima parte: "I laici e la sollecitudine per gli infermi” (nn. 13-33). Dopo aver riproposto la missione comune di ogni cristiano come singolo (cfr.: n. 14), come associato (cfr.: nn. 15-16), e come membro della Chiesa nei confronti dei sofferenti, così ben evidenziata nella parabola del buon Samaritano, ricorda che la testimonianza deve essere accompagnata dalla competenza (cfr.: nn. 20-22): "L’onestà e la competenza sono indubbiamente una condizione indispensabile e difficilmente possono essere sostituite da un altro tipo di zelo apostolico" (n. 20). Una competenza che si rende concreta nella ricerca scientifica (cfr.: nn. 23-24), nell'educazione sanitaria (cfr.: nn. 25-28) e nell'assistenza sanitaria (cfr.: nn. 29-33). Seconda parte: "Professione e missione dei laici" (nn.34-56). Si ripropone la nobiltà di questa Professione. "L'operatore sanitario è un dono di Dio. Egli glorifica Dio nel corpo umano che cura e serve. Poiché Cristo si è identificato con il malato come unico destinatario di amore, il servizio reso al sofferente prolunga, non solo sull'altare, ma anche in ogni luogo di sofferenza - che non impropriamente può essere chiamato 'tempio dell'umanità' - quella liturgia in cui Cristo continua ad offrire al Padre il Suo sacrificio assieme a coloro che soffrono uniti a Lui e continua a donare la Sua vita, assieme a tutti i buoni Samaritani di oggi, perché I'uomo abbia a vivere in pienezza" (n. 36). Questa nobile professione, impegna a difendere e promuovere la vita (cfr.: nn. 40-56) soprattutto di fronte a quelle situazioni mediche e d’assistenza che rischiano di tradirla. 2.2.PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI, “CARTA DEGLI OPERATORI SANITARI “(1994) Il documento è “una sintesi organica ed esauriente della posizione della Chiesa su tutto quanto attiene all’affermazione, in campo sanitario, del valore primario e assoluto della vita: di tutta la vita e della vita di ciascun essere umano” (Carta pg. 6). Indica cioè le modalità per servire la vita nella sua sacralità, inviolabilità e qualità mediante I'assistenza sanitaria, rilevando che I'operatore sanitario è “ministro della vita” e, di conseguenza, con la sua attività s’impegna a una chiara testimonianza cristiana. 18 19 F. ANGELINI, Prefazione al documenti: I laici nel mondo della sofferenza e della salute, pg. 4. Prefazione al documento, op. cit., pg. 4. 39 La “Carta degli Operatori Sanitari” è suddivisa in tre parti, oltre un’introduzione. Introduzione (nn.1-10). L’introduzione è delicata prevalentemente alla professione sanitaria che nell'ottica cristiana è riconosciuta come “una nobile vocazione” coniugando professione, vocazione e missione. La nobiltà di questa professione-vocazione-missione trova il fondamento nel fatto che I'operatore sanitario, accogliendo amorevolmente la vita, soprattutto se debole e malata (cfr.: Carta 4) diventa collaboratore di Dio nel ridare la salute al corpo ferito. È importante, inoltre, la fedeltà alle norme morali ed etiche espresse dal Magistero, oltre che una seria preparazione professionale (cfr.: Carta 6-7). Il fedele-cristiano-laico operante in sanità inoltre, pone la carità alla base della sua professione, poiché si può offrire la propria collaborazione ministeriale all'amore di Dio solo continuando la carità terapeutica che Cristo ha esercitato (cfr.: Carta 4). Unicamente la carità permette di scoprire che chi sta di fronte è un uomo (cfr.: Carta 3). La logica conseguenza della visione integrale del malato nel documento è riassunta con il termine "atteggiamento di simpatia" (cfr.: Carta 2) che si esprime in comportamenti ben concreti, identificati nella disponibilità, attenzione, comprensione, condivisione, benevolenza, pazienza, dialogo. Infatti, "non basta la 'perizia scientifica e professionale' ma occorre 'la personale partecipazione’ alle situazioni concrete del singolo paziente" (Carta 2). Prima parte: “Il generare” (nn.11-34). Gli operatori sanitari devono aiutare i genitori a procreare con responsabilità. Ne consegue l’impegno nella difesa della vita dal suo concepimento e il servizio alla vita ponendo particolare attenzione alla valutazione etica di tre situazioni: la manipolazione genetica, la regolazione della fertilità e la procreazione artificiale. La Carta ribadisce apertura alla ricerca scientifica sottolineando che il giudizio morale dei comportamenti deve essere valutato con criteri oggettivi. Seconda parte: ”Il vivere” (nn. 35-113). L'operatore sanitario accompagna il vivere delle persone lungo tutta l'esistenza terrena. Nessuno, come questa figura, è così vicino alla persona dal concepimento al termine naturale della vita; nella salute e nella malattia. Prevenzione, cura, terapia e riabilitazione sono gli impegni dell'operatore sanitario nel campo della salute. La Carta esamina anche alcune problematiche etiche. Il consenso informato del paziente, la ricerca e la sperimentazione clinica, la donazione e i trapianti di organi, le dipendenze da farmaci, alcool, stupefacenti e la psicologia e la psicoterapia. Terza parte: “Il morire” (nn.114-150). Quando le condizioni di salute si deteriorano in modo irreversibile e letare, ossia l’uomo entra nello stadio terminale del suo esistere terreno, gli operatori sanitari sono chiamati a dare una speciale assistenza al morente. "Il morire – dunque - va curato come ultima fase della vita e interpella la responsabilità dell'operatore sanitario come e non meno di ogni altro momento del vivere umano, ma con una dedizione del tutto particolare, in conformità con l'estrema importanza di questo momento terminale dell'esistere umano” (Carta 116). Anche in questa parte sono evidenziate alcune questioni etiche per morire con dignità: la proporzionalità delle cure, l’uso degli analgesici nei malati terminali, la verità al malato… 40 2.3.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, NOTA CIRCA “IL MINISTRO DEL SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI (2005) Nella Nota a firma del prefetto della Congregazione per dl Dottrina della Fede, il cardinale J. Ratzinger e del Segretario della Congregazione il vescovo A. Amato, si sottolinea che unicamente i sacerdoti (Vescovi e presbiteri) sono i Ministri del Sacramento dell'Unzione degli Infermi. Quindi, né diaconi né laici possono amministrare il sacramento; qualsiasi azione in questo senso costituisce simulazione del sacramento (cfr.: Nota introduttiva). 3.Documenti della Chiesa Italiana 3.1.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’, “LA PASTORALE DELLA SALUTE NELLA CHIESA ITALIANA” (1989) E’ il primo documento della Chiesa Italiana che tratta in modo organico la tematica della Pastorale della Salute. Il documento è composto da tre parti divisi in 82 paragrafi. Prima parte: "Fondamento e motivazione della pastorale sanitaria" (nn. 5-21). La prima parte evidenzia che nel contesto societario i concetti di persona, di salute e di malattia sono percepiti in un’ottica di globalità superando le singole dimensioni a cui ci si riferiva nel passato. Una chiarificazione è presente, ad esempio, nella descrizione della salute che “non si rapporta unicamente a fattori fisici ed organici, ma coinvolge le dimensioni psichiche e spirituali della persona, estendendosi all’ambiente fisico, affettivo, sociale e morale in cui la persona vive ed opera” (n. 6). Lo stesso vale anche per il concetto di malattia che “non è più configurabile come semplice patologia, rilevabile attraverso analisi di laboratorio, la malattia è intesa anche come malessere esistenziale, conseguenza di determinate scelte di vita, di spostamenti di valori e di errate gestioni dell’ambiente materiale umano” (n. 7).. Di conseguenza, anche l’opera pastorale della Chiesa nel mondo della salute, deve assumere metodologie innovative. E’ definita che cosa è la Pastorale della Salute: “Essa può essere descritta come la presenza e l’azione della Chiesa per recare la luce e la grazia del Signore a coloro che soffrono e a quanti ne prendono cura. Non viene rivolta solo ai malati, ma anche ai sani, ispirando una cultura più sensibile alla sofferenza, all’emarginazione e ai valori della vita e della salute” (n. 19). Sono descritti gli “obiettivi generali”: evangelizzazione del malato, dei suoi famigliari e degli operatori sanitari; umanizzazione dell’assistenza sanitaria; sostegno alle famiglie; formazione degli operatori; sensibilizzazione del territorio (cfr.: n. 20). S’identificano cinque “ campi d'azione”: evangelizzazione e catechesi, celebrazione dei sacramenti, umanizzazione della medicina e dell'assistenza ai malati, rilevanza dei problemi morali, estensione della pastorale dall’ospedale al territorio (cfr.: n. 22). Seconda parte: “I soggetti della pastorale sanitaria” (nn. 23-64). In questa parte la Nota tratta l' identità e i compiti di chi assiste I'ammalato e dell'ammalato stesso, ed identifica “otto soggetti”: comunità ecclesiale (cfr. nn. 23-25), i malati (cfr. nn. 26- 32), i famigliari (cfr.: nn. 33-37), l’assistente religioso (cfr.: n. 38-42), i religiosi (cfr.: nn. 41 43-48), le associazioni professionali sanitarie cattoliche (cfr. nn. 49-53), le istituzioni sanitarie cattoliche (cfr. nn. 54-58), il volontariato (cfr. nn. 59-64). Quattro osservazioni. -Il primo soggetto della pastorale della salute è la comunità cristiana nella sua totalità (cfr.: n.23), quindi non solo un’élite di persone ma tutta la Chiesa locale. -Il malato (cfr.: nn. 26-32). In questi paragrafi non si rilevano unicamente i bisogni e le attese dei sofferenti ma che questi, riprendendo un’espressione della Christefidelis laici (n.53), sono soggetti e protagonisti dell’opera di evangelizzazione e di salvezza. -Anche i famigliari vanno accompagnati e sostenuti nel trasformare l’evento malattia in un avvenimento produttore di senso e di speranza, sconfiggendo la solitudine relazionale. -Particolare attenzione è riservata all'operatore sanitario cattolico del quale si afferma: "Se ogni operatore sanitario deve considerare I'esercizio della professione come un servizio prestato alla persona che soffre, a maggior ragione, sono chiamati a fare proprie queste convinzioni coloro che sono mossi nel loro operare dall'esempio di Cristo" (n. 52). Terza parte: “Le strutture della pastorale della sanità” (nn. 65-81). Anche la pastorale sanitaria richiede programmazione, organizzazione e strutture di collegamento identificate nella Consulta Nazionale, in quelle Regionali e diocesane, nelle Cappellanie ospedaliere e nel Consiglio pastorale ospedaliero. 3.2.CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PASTORALE DELLA SANITA’, “LE ISTITUZIONI CATTOLICHE IN ITALIA – IDENTITÀ E RUOLO” (2000) “Le istituzioni sanitarie cattoliche costituiscono una specifica modalità con cui la comunità ecclesiale mette in pratica il mandato di ‘curare gli infermi’. Esse, pertanto, sono da considerarsi non solo utili ma necessarie alla missione della Chiesa, dando consistenza e continuità all’azione caritativa e di promozione umana della comunità cristiana”20. Il documento è diviso in quattro parti. Prima parte: “Dalla memoria alla profezia” (nn. 9-13). Contiene un exursum storico sull’opera svolta da queste istituzioni e le sfide che le attendono nel futuro. Seconda parte: “Riconoscersi per farsi riconoscere” (nn. 14-28). Si propongono le caratteristiche fondamentali di un ospedale cattolico. Terza parte: “I nodi dialettici” (nn. 29-34) e quarta parte: “Le risorse come risorsa” (nn. 35-41). Nella terza e quarta parte si affrontano i problemi amministrativi e il rapporto con gli Enti pubblici. 3.3.COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL SERVIZIO DELLA CARITA’ E DELLA SALUTE, “PREDICATE IL VANGELO E CURATE I MALATI. LA COMUNITÀ CRISTIANA E LA PASTORALE DELLA SALUTE” (2006) Il Documento, redatto a distanza di quasi vent’anni dalla Nota precedente (La pastorale della salute nella Chiesa Italiana) è composto da tre parti. Per meglio comprendere il testo riportiamo il paragrafo numero 4 che indica gli obiettivi. “-Favorire il discernimento delie sfide poste dal mondo della salute alla presenza e 20 La Pastorale della Salute nella Chiesa Italiana, op.cit, n. 54. 42 all'azione della Chiesa, prospettando linee di collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà; - offrire stimoli per un'educazione ai valori della salute e al senso della sofferenza, interpretate alla luce del mistero di Gesù Cristo; - sostenere I'integrazione della pastorale sanitaria nella pastorale d'insieme delle comunità cristiane; - promuovere una maggiore integrazione tra I'assistenza spirituale assicurata nelle strutture sanitarie e la cura pastorale ordinaria nelle parrocchie, sviluppando forme di collaborazione tra le cappellanie ospedaliere e le comunità ecclesiali territoriali; -fornire indicazioni per il coinvolgimento di tutte le componenti del popolo di Dio nella pastorale della salute, potenziando gli organismi di comunione e corresponsabilità; - promuovere una maggiore organicità e progettualità della pastorale sanitaria, anche mediante specifici itinerari formativi. Esaminiamo le tre parti. Prima parte: “Il mondo della salute oggi” (nn. 5-18). Nella prima parte è presentata la situazione attuale del “pianeta sanità” essendo impossibile operare fruttuosamente anche a livello pastorale senza conoscere il contesto in cui si opera. E’ quello sanitario un ambiente nel quale riscontriamo aspetti positivi (promozione societaria della salute, progressi nel campo medico-scientifico, accresciuto interesse per l’individualità e la globalità del malato…)21 e aspetti negativi (degrado d’umanità nella cura, atteggiamento prometeico nei confronti del vivere e del morire, passaggio dalla medicina dei bisogni a quella dei desideri, indiscriminata adozione del modello aziendalistico, forte aumento della burocrazia…)22. Nell’odierno pluralismo culturale particolare attenzione va riservata ai problemi della bioetica, dove si costata “spesso la mancanza di un’informazione corretta, e da ciò conseguono giudizi e opinioni avventati e scarsamente fondanti. Si nota, inoltre, un’insufficiente conoscenza delle posizioni sostenute della Chiesa, che sono spesso riportate in modo improprio o sono giudicate inadeguate al tempo presente”(n.16). Fondamentale, inoltre è l’invito a passare dal “curare” a “prendersi cura”, cioè a considerare la persona nella totalità del suo essere. Seconda parte: “Rendere ragione della speranza nel mondo della salute” (nn. 1947). E’ la sezione “teologica” ed evidenzia che il messaggio cristiano è fondato sulla gioiosa speranza offerta dalla Risurrezione di Cristo. Una speranza che va annunciata e concretizza seguendo l’esempio del Signore Gesù, il medico, che non solo guarisce ma soprattutto conforta e solleva il malato, l’afflitto dall’angoscia esistenziale e chi si pone alla ricerca del significato di un’esistenza tormentata dal dolore e dalla sofferenza. 21 “La Chiesa italiana riconosce e apprezza i preziosi contributi offerti dalla ricerca scientifica per la migliore cura e per l’assistenza sanitaria delle persone e incoraggia in tal senso ogni progresso rispettoso della persona umana. Parimenti, riconosce e apprezza l’impegno profuso dai responsabili della vita politica e amministrativa nel promuovere e salvaguardare il diritto, costituzionalmente sanzionato, alla tutela della salute dei cittadini, e nell’assicurare al mondo sanitario il più alto livello scientifico e tecnico e le più ampie garanzie sociali” (n. 6). 22 “Accanto a innegabili e provvidenziali benefici, il progresso della scienza e della tecnica non manca d’ingenerare, come ha fatto notare Giovanni Paolo II, ‘una sorta di atteggiamento prometeico dell’uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della morte’. Tale atteggiamento porta larghi settori della scienza e della medicina a ignorare i limiti inerenti alla condizione umana, contribuendo a coltivare l’immagine di un uomo padrone assoluto dell’esistenza, arbitro insindacabile di sé, delle sue scelte e delle sue decisioni” (n. 9). 43 Nel prendersi cura dei bisognosi d’aiuto è importante coltivare con più forza sia la speranza terrena che quella escatologica, sforzandosi di superare alcuni discorsi doloristici per aprirsi a un’autentica partecipazione al mistero pasquale di Cristo. Questa visione trasforma la condizione di sofferenza in momento di grazia per sé e per gli altri. Si indicano alcune linee operative per l’azione pastorale. -L’ospitalità, che evocando significati antichi, rispecchia l’etimologia per cui al luogo della cura fu assegnato il nome di “ospedale”, cioè l’ambiente che accoglie, ospita e cura. Non a caso in Francia, l’ospedale era anche denominato “l’Hotel du bon Dieu”, ossia “l’Albergo del buon Dio”, dove vigeva il motto: “Se sei malato vieni e ti guarirò, se non potrò guarirti ti curerò, se non potrò curarti ti consolerò”(cfr.: n. 23). -L’umanizzazione chiede invece attenzione al malato nella sua globalità di persona, meritevole di rispetto e di venerazione dal concepimento alla morte naturale, oltre che la sollecitudine alle dinamiche che rendono ogni ambiente a “misura d’uomo”. Terza parte: La pastorale della salute nella comunità” (nn. 48-67). Sono presentati gli orientamenti pastorali e i mezzi per realizzare un’azione adeguata ai tempi, evidenziando l’importanza di passare “dall’agire improvvisato alla progettualità” e valorizzando i diversi ambiti: consulte, consigli pastorali, associazioni, cappellanie. Altrettanto importante è far maturare la convinzione della “responsabilità comune” che in forza del battesimo grava non solo su alcuni membri della comunità, ma su tutti i cristiani, compreso il malato. Il cambiamento di prospettiva è facilitato anche dalla nuova sensibilità sociale e civile che ha trovato un’espressione significativa nelle diverse “carte dei diritti dei malati”. Il Documento dedica l’ultimo paragrafo, il numero. 67, ad alcune attenzioni particolari. -I fedeli-cristiani-laici in forza del Battesimo, come partecipazione all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, anche nella pastorale sanitaria, ricoprono un ruolo importante da svolgere in comunione con tutte le altre vocazioni e ministeri. - Un ruolo che va preparato e supportato dalla formazione sia iniziale che permanente. - In questo paragrafo e in altri precedenti (cfr.: nn. 38-46) si rileva l’attualità delle Strutture Sanitarie Cattoliche che mentre nel passato svolsero ruoli di supplenza e d’integrazione, oggi si propongono come “faro profetico”, fornendo un contributo essenziale alla soluzione del problema più drammatico della sanità: il distacco creatosi tra cultura scientifica e umanistica. -La Giornata Mondiale del Malato va maggiormente valorizzata come occasione educativa e formativa della comunità. E’ opportuno andare oltre la dimensione cultuale già diffusa, per proporre eventi anche culturali. 4.ALTRI DOCUMENTI 4.1.MISSIONE EPISCOPALE PER PASTORALE PER L’USO ROMANO (1967) Il Direttorio riserva il capitolo comunione, Unzione degli infermi e il raccomandazione dell’anima. LA LITURGIA, “DIRETTORIO LITURGICO DEI SACRAMENTI E DEI SACRAMENTALI” sesto alla “Liturgia dei malati”: confessione, settimo alla “Liturgia dei moribondi”: viatico e 44 4.2.PAOLO VI, COSTITUZIONE APOSTOLICA: “SACRA UNCTIONEM INFIRMORUM” (1972) La Costituzione Apostolica che attuava le indicazioni della “Sacrosanctum Concilium” portò una notevole trasformazione nei confronti del sacramento degli infermi. Papa Paolo VI auspicava che il sacramento che nel passato era stato erroneamente denominato “Estrema Unzione” riacquistasse il suo significato originale, quello di Unzione degli Infermi, estendendo l’amministrazione non solo a chi è giunto al termine della vita ma anche a coloro che soffrono gravi patologie o l’età della vecchiaia. Perciò diede la seguente disposizione: “Il sacramento dell’Unzione degli Infermi si conferisce a quelli che sono malati con serio pericolo, ungendoli sulla fronte e sulle mani con olio d’oliva, o, secondo l’opportunità con olio vegetale, debitamente benedetto e pronunciando, per una volta soltanto, queste parole: ‘Per questa santa unzione e per la sua misericordia pietosa il Signore ti aiuti con la grazia dello Spirito Santo e liberato dai peccati ti salvi e ti guarisca’ ”. 4.3.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “RITO DELL’UNZIONE E CURA PASTORALE DEGLI INFERMI” (1972) Il rituale è composto da un “Introduzione generale” nella quale si evidenzia il significato della malattia nella storia della salvezza e l’importanza del sacramento dei malati. Nelle sette parti si forniscono alcune indicazioni per lo svolgimento delle singole celebrazioni specificando varie situazioni: dalle celebrazioni in una grande assemblea al conferimento del sacramento ad un infermo in pericolo di morte. Il rituale si conclude con un appendice riguardante il rito ordinario della comunione degli infermi, il rito breve e il viatico. 4.4.CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “EVANGELIZZAZIONE E SACRAMENTI DELLA PENITENZA E DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI” (1974) Negli anni ‘70 del ventesimo secolo la Chiesa Italiana propose come tema di riflessione: “Evangelizzazione e sacramenti”, e in questo contesto non poteva mancare l’approfondimento anche dei sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli Infermi. Il documento dedica la prima parte al Sacramento della Penitenza e la seconda parte all’Unzione degli Infermi esaminandola da un punto di vista dottrinale ed offrendo degli orientamenti pastorali, in particolare sottolineando l’importanza di una rinnovata catechesi sul significato dell’Unzione. “Solo una costante evangelizzazione sul destino ultimo dell’uomo, quanto mai urgente nella situazione culturale e religiosa moderna, può rendere comprensibile il sacramento dell’unzione degli infermi nel suo valore di segno e negli effetti che esso produce” (n. 128). 4.5.CONFERENZA EPISCOPALE TESTIMONIANZA DELLA CARITÀ” (1990) ITALIANA, “EVANGELIZZAZIONE E “Evangelizzazione e testimonianza della carità” riguardava l’impegno pastorale della Chiesa Italiana per gli anni ’90 del ventesimo secolo. Nel documento, i vescovi italiani, ricordano che la carità è la via privilegiata della nuova evangelizzazione perchè apre all'incontro con Dio principio e ragione ultima di ogni amore e di conseguenza conduce ad amare l'uomo. 45 Pur non essendoci riferimenti particolari alla pastorale della salute, il documento propone nove affermazioni che sono strettamente collegate con questo settore: - si parla di servizio verso chi soffre (cfr.: n. 28); - si accenna all'importanza di accogliere il malato (cfr.: n. 39); - si rileva che il Vangelo della carità incoraggia le opere di misericordia corporali e spirituali (cfr.: n. 39); - si evidenzia I'inadeguatezza dei servizi socio-sanitari (cfr.: n. 46); - si auspica che i giovani siano guidati a scegliere per il loro futuro professioni riguardanti servizi socio-sanitari (cfr.: n. 46); - si accenna alle vittime dell'Aids, ai morenti abbandonati, ai pazienti psichiatrici, agli anziani non autosufficienti (cfr.: n. 47); -si sottolinea, riferendosi alla Salvifici Doloris, il valore attivo e creativo di ogni tipo di sofferenza (cfr.: n. 47); -si esprime un apprezzamento agli istituti religiosi “che sono sorti con il carisma del servizio della carità per i poveri espresso nella cura dei malati e degli anziani”' (n. 48); - si insiste affinchè nelle istituzioni sanitarie venga assicurata l'assistenza religiosa, si formi il personale, si promuova il volontariato e si creino spazi per l’intervento delle famiglie (cfr.: n. 48). 4.6.CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (1997) Nel Catechismo della Chiesa Cattolica sono presenti vari riferimenti alle tematiche della pastorale della salute, poco organizzati secondo la logica che solitamente seguiamo nell’affrontare questo argomento. Esaminiamo di seguito, a modo di sintesi, alcune indicazioni. L’origine della vita umana. “Dio creò l'uomo a sua immagine” (n. 355). Natura e caratteristiche dell’uomo. “Essendo ad immagine di Dio, I'individuo umano ha dignità di persona, non è soltanto qualcosa, ma qualcuno” (n. 357). “La persona umana è un insieme corporeo e spirituale” (366) dotato di varie dimensioni: biologica (cfr.: n. 364), spirituale (cfr.: n. 363), teologica (cfr.: n. 363), etica (cfr.: n. 1206), psicologica (cfr.: n.368), sociale (cfr.: n. 361), ecologica (cfr.: n. 373). La libertà. La libertà è “segno altissimo dell’immagine divina (1731). “La libertà è il potere di agire e non agire” (n. 1731), “di scegliere tra il bene e il male” (n. 1731), è ciò che “rende l’uomo responsabile dei suoi atti volontari” (n. 1734). La libertà è responsabilità verso se stessi: “capacità di conoscersi e di possedersi” (n. 357), verso gli altri (n. 358) e verso il cosmo (n. 359). Riferendosi a Cristo si afferma: “la grazia di Cristo non si pone affatto in concorrenza con la nostra libertà, quando questa è in sintonia con il senso della verità e del bene che Dio ha messo nel cuore dell’uomo” (n. 1742). “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (n. 1748). La finalità della vita umana. “L'uomo è il vertice dell'opera della creazione” (n. 343). “Dio ha creato tutto per I'uomo, ma l'uomo è stato creato per servire e amare Dio e per offrirgli tutta la creazione” (358). “L'uomo e la donna sono chiamati a dominare la terra come amministratori di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo” (n. 373). “L'uomo è chiamato, per grazia, ad una alleanza con il suo Creatore” (n. 357) che gli doni la felicità. “La vera felicità si trova in Dio solo…; non nella ricchezza, nella gloria umana, per quanto utile 46 possa essere” (n. 1723). Di conseguenza, non è lecito all'uomo disprezzare la vita corporale, “egli è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo creato da Dio e destinato alla Risurrezione nell'ultimo giorno” (n. 364). Per questo sono condannate le azioni contro la vita: aborto (cfr. nn. 2270.1.2.3.4), accanimento terapeutico (cfr. n. 2279), eutanasia (cfr. nn. 2276.7). La cura della salute. “La salute fisica è un bene prezioso…, dobbiamo averne una cura ragionevole” (n. 2288) anche se va “respinto un culto idolatrico del corpo” (n. 2288). L’itinerario relazionale della vita umana. Dio ha voluto che le creature “vicendevolmente si completano” (n. 340). “Grazie alla comune origine il genere umano forma una unità” (n. 360) quindi i rapporti sono regolati dalla “legge di solidarietà umana e di carità” (n. 361). 4.7.CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, “ISTRUZIONI CIRCA LA PREGHIERA PER OTTENERE DA DIO LA GUARIGIONE” (2000) Il documento, diviso in due parti (aspetti dottrinali e aspetti disciplinari), è una guida che mostra l’ importanza della pratica liturgica della preghiera di guarigione: “Non soltanto è lodevole la preghiera dei singoli fedeli che chiedono la guarigione propria o altrui, ma la Chiesa nella liturgia chiede al Signore la salute degli infermi”. Disciplina, però, le varie liturgie che vanno predisposte con cura e celebrate con accuratezza. 47
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