DIOCESI DI TERNI – NARNI – AMELIA Sabato 8 febbraio 2014, ore 10.30, Parrocchia di S. Maria Regina S. MESSA in occasione della consegna del “PREMIO DI SOLIDARIETÀ” dell’Associazione Nazionale Carabinieri OMELIA di S.E. Mons. Ernesto Vecchi, Vescovo Amministratore Apostolico Siamo qui convocati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per celebrare la S. Messa in occasione della manifestazione dell’Associazione Nazionale Carabinieri “Premio di solidarietà”, con il quale vengono onorati i Carabinieri che hanno compiuto azioni meritevoli di lode. Ringrazio il presidente Renzo Chiodi che, con il Suo invito, ci dà l’opportunità di celebrare in questa Liturgia la Madre di Dio, sotto il titolo di “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri. Nella prima lettura, il re Salomone, figlio di Davide, all’inizio del suo servizio regale, fa un sogno, durante il quale Dio gli fa un’offerta allettante: chieda ciò che vuole. Ma Salomone chiede solo “un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al popolo di Dio e sappia distinguere il bene dal male” (1 Re 3, 9). Salomone, dunque, sceglie l’essenziale, perché sa che tutto il resto gli sarà dato in aggiunta. Questa richiesta piacque al Signore e gli concesse «un cuore saggio e intelligente», come nessuno mai aveva avuto prima. Inoltre, il Signore gli concede «anche ciò che non ha domandato, cioè ricchezza e gloria», come nessun altro ne aveva mai avuta. Tutto questo ci porta a considerare il vero e definitivo discendente di Davide: Gesù. Ev Messa Virgo Fidelis 2014[1] 1 10/02/2014 Benedetto XVI, nella sua Enciclica “Spe Salvi”, ha ricordato che, secondo gli antichi cristiani, Gesù Cristo si è fatto pastore e filosofo, il pedagogo itinerante che sapeva insegnare l’arte essenziale, cioè l’arte di essere un vero uomo: l’arte di vivere e di morire. Infatti, le antiche raffigurazioni (i sarcofoghi) rappresentavano Gesù con il Vangelo in una mano e con il bastone del viandante nell’altra: il Vangelo che porta la verità e il bastone che vince la morte. Gesù, dunque, è colui che indica la via e questa via è la verità che ci dà la vita (cf. “Spe salvi”, n. 6). Oggi abbiamo bisogno di recuperare la pedagogia di Cristo, per educare le nuove generazioni a scoprire le cose vere, belle e buone come tracce della presenza di Dio che conduce alla salvezza. Questa emergenza educativa richiede una risposta immediata, per rimediare ai guasti di scelte culturali fallimentari ancora in atto nel nostro paese che, troppo in fretta, ha ceduto alle pressioni libertarie e ha posto a fondamento della propria razionalità il “relativismo”, il quale nega l’esistenza della verità. Ma su questa strada non è possibile fondare né la “conoscenza”, né la “scienza” come forma di un sapere capace di rendere ragione delle proprie persuasioni, per aiutare gli altri a seguire la retta via. Le conseguenze pratiche di tale situazione sono sotto gli occhi di tutti: l’incapacità di gestire la propria libertà; la mancanza di un’etica della responsabilità; la perdita della concezione di diritto naturale e – lo vediamo ogni giorno con evidente disagio per tutti – l’incapacità di costruire un’autentica democrazia. Tutto questo porta ad una crescente “invivibilità della società”, con riverberi inquietanti, generazioni. Ev Messa Virgo Fidelis 2014[1] È soprattutto necessaria, nei pertanto, 2 confronti una delle rieducazione giovani all’uso 10/02/2014 dell’intelligenza, per ricostruire la “pienezza della razionalità” (Cf. A. Strumia, Le scienze e la pienezza della razionalità, Cantagalli, Siena 2003, pp. 8-11). Di fatto è necessario attivare un’autentica pedagogia formativa che si impegni su tre fronti: l’educazione al ragionamento, contro l’irrazionalità dilagante; la conoscenza della verità, per l’esercizio maturo della libertà; la gestione della propria capacità di amare, fino alla riscoperta del fascino delle scelte definitive, per una piena donazione di sé. Le decisioni definitive, anziché togliere la libertà - come qualcuno sostiene - la esaltano. Infatti, solo gli uomini e le donne ben formati, motivati, e spiritualmente robusti, sono in grado di maturare in pienezza e di costruire qualcosa di solido e duraturo nella vita. Ma per raggiungere questo traguardo abbiamo bisogno di seguire Gesù, come hanno fatto gli Apostoli. Il Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato, li presenta come un gruppo ben motivato, orientato alla missione di portare agli altri la Parola di Gesù, cioè la verità e l’amore. Con Gesù, poi si sentivano a loro agio e imparavano a guardare fuori di sé verso la grande folla, che suscitava compassione, perché «erano come pecore senza pastore» (Cf. Mc 6.30-34). Oggi per incontrare Gesù e stare con lui per imparare a vivere come Dio comanda, per il nostro bene e quello degli altri, abbiamo bisogno di riscoprire l’Eucaristia, il sacramento dell’amore, perché è il sacramento di Cristo. Per questo Lui ci ha detto: «fate questo in memoria di me» (Cf. 1Cor 11,24). Col Battesimo noi siamo diventati membra di Cristo, nella Chiesa che è il suo corpo. Essa come Cristo va in cerca dell’uomo, che ha bisogno di essere salvato dal male (il peccato), dalla morte e, perciò da una vita senza senso che uccide la speranza. Ev Messa Virgo Fidelis 2014[1] 3 10/02/2014 L’Eucaristia dunque, in quanto “Sacramento della carità”, rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell’uomo, chiamato per grazia a configurarsi all’immagine del Figlio di Dio (Cf. Rm 8,29 ss). Ogni realtà autenticamente umana – come ad esempio il “premio di solidarietà” – trova nell’Eucaristia la forma adeguata per il suo pieno sviluppo. Infatti, la conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo pone dentro di noi e nel mondo il principio di un cambiamento radicale come una sorta di «fissione nucleare», portata nel più intimo dell’essere (Cf. Sacramentium caritatis, n. 11). É un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione dell’uomo e del mondo intero, fino alla condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (Cf. 1Cor 15,28). Carabinieri carissimi – in servizio o in quiescenza – la Chiesa vi vuole bene, perché Vi conosce, Vi stima e da Voi si sente protetta, ma soprattutto perché avete un motto che è un vero programma di vita: “Nei secoli fedele”. Questa fedeltà è un frutto dello Spirito che San Paolo associa all’amore, alla gioia, alla pace, alla bontà e al dominio di sé (Cf. Gal 5,22), una caratteristica virtuosa questa, che non si trova facilmente in circolazione. La Vostra fedeltà allo Stato, alla Nazione, alle radici cristiane del nostro popolo, non appartiene ad una visione culturale anacronistica e miope, ma si fa garanzia perché il nostro Paese non diventi un luogo di “scontro di civiltà”, ma rimanga capace di esprimere quei valori umani e spirituali, che permettono all’uomo di rimanere uomo ragionevole e capace di amare e gestire, di conseguenza, la propria libertà, a servizio del bene comune. Ev Messa Virgo Fidelis 2014[1] 4 10/02/2014
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