TASHI DELEK Introduzione Chi non ha visto “Sette anni in Tibet” o “Kundun”? Chi non conosce il bel sorriso del Dalai Lama? Chi non segue con apprensione quanto accade nel “Tetto del mondo” da una sessantina d’anni, da quando, cioè, l’esercito popolare cinese di Mao Tse Dong ha occupato militarmente e culturalmente il Tibet? Chi non ha, almeno una volta, avuto tra le mani un libro che parla del Buddismo tibetano? E chi, infine, non ha mai sentito l’ipnotico suono di una campana tibetana o non si è mai perduto tra i mille colori di un mandala? Per la stragrande maggioranza di noi occidentali il Tibet è tutto questo, è un mondo affascinate di altissime montagne innevate e specchi d’acqua incontaminati che ospitavano e proteggevano un popolo mite e geloso delle proprie tradizioni guidato dagli uomini più saggi e sapienti della terra, i monaci che, grazie alla incessante pratica della meditazione ed ad una straordinaria preparazione culturale, riuscivano a trascendere i limiti imposti a tutti gli altri uomini ed a raggiungere la più distaccata e compassionevole beatitudine. Ma, in seguito all’invasione maoista, questo paradiso è stato distrutto ed il più gretto materialismo ideologico e mercantile cinese ha sostituito, attraverso un autentico genocidio antropologico e culturale, la spirituale concezione della vita e della tradizione lamaista tibetana. In questi ultimi trenta-quarant’anni la diaspora in Occidente dei monaci fuoriusciti dal Tibet, guidati dalla serena ed accattivante figura del Dalai Lama, ha consentito l’incontro ravvicinato con un corpo dottrinale ed una visione del trascendente che, fino al momento dell’invasione cinese, era realmente conosciuto da pochissimi eruditi ed addetti ai lavori, anche se la Società Teosofica, principalmente nella controversa ed affascinante figura di Helena Blavatsky, aveva iniziato a far circolare le idee filosofiche e religiose del Buddismo tibetano, in qualche maniera, inserite in un contesto più “digeribile” dalle menti razionali degli occidentali. Ogni libreria che si rispetti ospita un settore dedicato al lamaismo con le pubblicazioni specializzate affiancate ai best seller del Dalai Lama ed i manuali di meditazione integrati dagli immancabili supporti CD con le sonorità ed i mantra dei monaci. Numerosi centri gestiti direttamente da piccole e grandi comunità monastiche sono presenti in tutti i Paesi occidentali e forniscono la possibilità di seguire seminari e corsi di studio e approfondimento su quello che insegna il Buddismo tibetano. Oggi, insomma, apparentemente, un italiano (od un qualunque altro individuo occidentale) di media cultura che sia appassionato al tema può 2 TASHI DELEK formarsi un’immagine sufficientemente corretta della tradizione tibetana e delle sue principali idee filosofiche e religiose senza per forza trascorrere i famosi “sette anni in Tibet”, a maggior ragione dopo che il patrimonio più autentico della spiritualità lamaista è stato disintegrato dall’oppressione militare cinese. Siamo davvero sicuri che sia così? Per cercare di farsi un’idea un pò più aderente ad una verità che, in ogni caso, ci sfuggirà sempre, vi consigliamo di leggere quello che, con tanto amore e tanta convinzione, ha scritto e descritto Elena. Sono spunti per riflettere, note sparse, immagini, suoni, odori provenienti da un altro mondo, da un altro spazio ed un altro tempo. La cornice ed il pretesto narrativo è il Tibet con la sua storia e la sua tradizione. Ma i veri protagonisti sono le nostre emozioni ed i nostri condizionamenti mentali che, spesso, ci illudono e ci impediscono di vedere con chiarezza e lucidità quello che avviene davanti a noi ogni giorno. Il “maestro” che Elena ascolta e che illustra sprazzi della antica conoscenza tibetana è una voce “impersonale” che origina da una dimensione che noi, con le nostre attuali limitazioni, non riusciamo neanche ad immaginare, anche se la nostra coscienza ne è assolutamente partecipe in una trama in cui non esiste separazione tra io e non io, tra soggetto ed oggetto, tra pensatore, pensiero e pensato. Buona lettura 3 TASHI DELEK I Era la fine degli anni 70, avevo poco più di 20 anni. Una innata curiosità, mi spingeva a scoprire il mondo che mi circondava, complice una famiglia che non mi aveva mai realmente desiderata. Nata fuori da un matrimonio, dopo quasi due anni di separazione, rappresentavo, negli anni 50, il frutto del male di cui solo io sarei stata responsabile. Viaggiare mi distraeva, mi impediva di pensare a ciò che non avevo e a cercare quel qualcosa di fondo che mi legava alla vita e alla sua gioia di vivere, nonostante me, nonostante gli altri. Fu così che incontrai Tenzin, un giovane monaco che mi aveva presa in simpatia. Diventammo amici, mi fece conoscere la sua casa, i suoi famigliari, la sua vita. Avevo, dei Lama, un'immagine di persone erudite che si occupavano della salvezza delle anime, mentre dei laici, pensavo che fossero miti, sempre allegri e contenti della propria sorte, nonostante la Cina e la sua sistematica oppressione. Il Dalai Lama pensavo fosse un capo teocratico, ambasciatore di pace e di saggezza. Quanto mi sbagliavo!!! Tenzin mi parlò dei Lohan "coloro che cantano in modo dolce", esseri ormai leggendari su cui si fondano quasi tutti i mantra conosciuti. I mantra sono considerati da loro una scienza, un qualcosa di cui i Lohan sapevano far uso, loro il suono lo conoscevano e ne conoscevano le virtù. Tenzin mi disse che in occidente se ne fa un uso "rovesciato" e che questo uso è stato imposto ad hoc, per determinate ragioni che in seguito mi spiegò e che spiegherò a chi ha voglia di ascoltare. 4 TASHI DELEK Le ragioni di cui mi raccontò, mi fecero stare male, gli dissi che mi stava prendendo in giro, solo perché ero una ragazzina occidentale e sprovveduta, perché sapevo bene come ci consideravano. Gli dissi che era un razzista e me ne andai piangendo e dicendogli che era cattivo. Non mi fermò e quando mi girai per vedere cosa stava facendo lo trovai seduto nella stessa posizione, il suo sguardo mi seguiva e il sorriso gli illuminava il volto. Corsi via più furiosa che mai. Mi rintanai nella mia stanza, non cenai e mi venne la febbre. La notte fu piena di incubi ed ebbi voglia di tornare a casa. Non so quanto tempo passò, mi risvegliai che Tenzin era seduto affianco al mio letto e cantava dei Mantra. Quando vide che mi svegliai del tutto, mi prese la mano e mi sorrise, dicendomi: "Benvenuta Amica mia...” Lui sapeva che ora avrei potuto ascoltarlo. 5 TASHI DELEK II Quella mattina c'era il sole e la luce che filtrava dalla finestra mi sembrava più bianca che mai. Fissai senza vergogna gli occhi scuri di Tenzin che per la prima volta si abbassarono, gli strinsi forte la mano tirandola verso di me e sussurrai:" Voglio sapere tutto". A toglierlo dall'imbarazzo, furono i passi leggeri di Garima che entrò portando con se un micetto bianco, gli diede un bacio e mi disse che era diventato il mio. In un italiano stentato, misto ad un globish, mi spiegò che lui mi aveva scelta, avendo dormito con me per due notti senza mai muoversi dai miei piedi, per questo era diventato mio di diritto. Poi invitò Tenzin ad andarsene e lui fu ben felice di obbedirle, si alzò e sparì. Passarono altri giorni e di lui nemmeno l'ombra, intanto i bimbi della scuola mi sembrarono diversi, più silenziosi, più impegnati. I loro letti, in fondo all'aula, sempre rifatti ed in ordine; mi facevano notare che avevano lavato le orecchie e le mani ed uno di loro mi regalò un disegno che ancora oggi conservo dove, oltre il paese arroccato sulle montagne innevate, il personaggio principale era una piccola macchia nera che a ben guardarla aveva testa, braccia, tronco e gambe, era 6 TASHI DELEK uno Yeti. Finalmente Tenzin mi venne a trovare, arrivò mentre insieme al mio gruppo stavamo guardando le foto che Fosco aveva fatto, dovevamo scegliere quelle che ci sembravano le migliori, ma erano tutte belle e non ci decidevamo mai, così Tenzin, ne indicò alcune che Fosco aveva scartato, dicendogli che il significato di quei TangKa era importante e che poco importava se non ne conoscevamo il significato, il simbolo, ci disse, arriva direttamente al cuore di chi vede, senza tante spiegazioni. "Voi occidentali cercate sempre troppe spiegazioni e così perdete la bellezza". Ridendo dissi agli altri che Tenzin era proprio "razzista" e lo schernì dicendo che parlava e raccontava troppo poco, forse per paura che non capissimo. Sorrise e disse: "Si, è proprio così". Fu talmente risoluto nel suo dire, che scegliemmo tutte le foto che lui ci indicava e il nostro lavoro finì in un quarto d'ora. Andai fuori a fumarmi una sigaretta, Tenzin mi seguì e mi disse: "Appartengo alla stirpe degli Arhat di PuTo quelli della Buona Legge. Un Arhat è un "liberato". In cinese, Arhat si dice Lohan. Le nostre confraternite sono quasi tutte fuggite in India e il nostro esodo è iniziato nel I secolo a.C. ed ancora dura. Il buddhismo che vive qui, quello che voi chiamate "lamaista", ha soverchiato tutto, noi Lohan 7 TASHI DELEK abbiamo fatto voto di non resistere anche se sono nostri nemici e io vivo nascostamente fra loro. Noi abbiamo il segreto della liberazione dall'attaccamento al mondo dell'illusione, mentre il lamaismo ne fa un uso improprio, completamente opposto, rafforzando le illusioni. In occidente ci conoscete come anime pure che si occupano di metafisica, mentre invece i tibetani sono un popolo fiero, di guerrieri fieri che hanno sempre lottato fra clan opposti". Lo fermai, guardai il suo vestito rosso e gli dissi: " mi stai dicendo che sei una spia, un infiltrato?" Sorrise e mi disse solo che era un Lohan, un Arhat, un tibetano vero. 8 TASHI DELEK III Dolma comparve sull'uscio avvisandoci che il pranzo era pronto, entrammo nella casa e ci dirigemmo verso il tavolo dove già gli altri erano seduti facendo il solito bacano allegro. Questa volta Tenzin si sedette di fronte a me. Normalmente, quando cenava con noi, stava vicino a Massimo per parlare di montagna e di sciamani. Garima e Dolma ci portarono i piatti di "momo" fumanti, l'odore di formaggio di yak mi saliva nelle narici. Fosco parlava con Massimo, Vania rideva con la Giò; Giorgio diceva che la porzione era troppo scarsa e che avevano deciso di farlo morire di fame. Sotiris, il medico greco, faceva commenti poco edificanti su quello che tutto quel "lardo" intorno alla pancia di Giorgio avrebbe potuto comportare e Tenzin mangiava in silenzio e rapidamente ed io pensavo: "I mantra sono rovesciati, Tenzin non è un lama, i tibetani sono un popolo di fieri 9 TASHI DELEK guerrieri e tutto quello che ci è stato raccontato è una "mussa" gigantesca. Tenzin è un liberato e quindi?...". Garima mi passò affianco e mi diede uno spintone col gomito: "tu manci, avuta fevla!". Gli sguardi di Tenzin e Garima si incrociarono complici ed io dissi: "Pure tu, quindi, Garima?" Massimo intervenne dicendo di mettermi i momo in una "campana tibetana" che tanto erano ciotole per il cibo e così avrei mangiato meglio accompagnata dal suono "mistico" del nulla. Sentivo di odiare Massimo, lui amava la montagna ed era rude come lei. La mia idea di purezza religiosa del buddhismo tibetano, si stava frantumando e loro ci ridevano sopra. Sotiris chiese se avevamo degli antibiotici avanzati così avremmo potuto, in cambio di "magica" cura, aver accesso ai segreti più nascosti. Ridevano, ridevano tutti meno Fosco che picchiò i pugni sul tavolo urlando di piantarla. Spensi gli occhi che sprizzavano rabbia, piegai la testa e mangiai. Sapevo che avrei dovuto studiare di più, che avrei dovuto distinguere le leggende dalla storia. Avrei dovuto pulire la mia mente dall'idea di purezza che mi ero fatta ed anche dall'idea di oppressione del popolo "tibetano". C'era qualcosa che non andava in quel che sapevo. Allora ero giovane ed iniziavo appena ad incontrare le "coltri" di menzogna a cui normalmente veniamo obbligati a credere e anche molto spesso crediamo spontaneamente, poiché in cerca di un ideale ed ancora più spesso di un mondo ideale. La storia della Cina non mi era chiara ed anche quella del Tibet. Noi ci trovavamo, in quel luogo, in un momento di apertura della Cina. Era in atto uno scambio culturale fra diversi paesi e quindi era possibile soggiornare per motivi di studio, però iniziai a rendermi conto che non sapevo nulla della loro storia. All'epoca mi sentivo molto mistica e credevo che la durezza della vita estrema, come quella dei tibetani, avesse sviluppato molto di più le loro aspettative di trascendenza. Pensavo, erroneamente, che il cattolicesimo, non fosse mai giunto in quei luoghi o almeno che vi fosse giunto solo molto tardi. Giustificavo la struttura ecclesiale, simile alla nostra, per un dovere di organizzazione. Pensavo che fosse naturale la struttura piramidale e che quindi fosse 10 TASHI DELEK spontanea, ma mi sbagliavo. Iniziai a vedere i pochi monasteri rimasti e i tanti distrutti non più come luoghi mistici ma come luoghi necessari al potere e alla vita materiale, scoprìi che per il buddhismo, l'anima non esisteva che non poteva esistere, poiché tutto si dissolve al termine del percorso e ritorna "ab solutum" ossia “sciolto, svincolato”, libero da condizionamenti. Scoprìi Hegel, che non avevo mai amato particolarmente, a cui non non bastava il semplice “amore per il sapere”. Invitava a mettersi in gioco in prima persona, levandosi di dosso l'abitudine mentale, accettando il travaglio di un viaggio che ricorda molto da vicino quello dello sciamano degli Altai, che prima di raggiungere il “mondo superiore” e molto prima di potersi porre al servizio degli altri, accetta di misurarsi con il “mondo inferiore” dove ordinaria è la presenza di demoni, anime di defunti, creature spaventose/animali guida, in un processo che “nega e conserva” tutto quello che man mano si incontra per la via, in un superamento dialettico che può essere metafora della vita reale nel suo svolgersi. E' infatti il “tutto ciò che accade” che interessa prendere con sé (comprendere) facendone tesoro, perché sapere che tutto potrà servire... serve. In questo modo Hegel sembra procedere nella sua “scienza dell'esperienza della coscienza”, racchiusa come in un libro vivo nella Fenomenologia dello Spirito, opera inquieta: una scienza che non è “passiva registrazione di dati e impressioni, bensì vera e propria esperienza capace di modificare profondamente chi ne sia protagonista, una filosofia in cammino”. Stavo trasformando il mio pensiero e scoprivo che un grande filosofo doveva per forza aver attinto da qui il suo pensiero, non continuavo solo il mio viaggio fra i monti e le genti del mondo, ma mi accingevo a compiere il mio lungo viaggio interiore. 11 TASHI DELEK IV Il cielo stellato himalayano è un vero e proprio spettacolo. Sarà stata la quasi assenza di illuminazione artificiale o il fatto di trovarmi ad una altezza inusuale, ma quella parte di universo, sembrava appartenermi di più. Il mio microcosmo si fondeva col macrocosmo dell'infinito ed un grande senso di appartenenza, mi consolava. Tenzin si sedette sullo scalino vicino a me, si tolse il mantello e me lo strinse intorno alle spalle: "Sei fragile! La tua impazienza potrebbe anche essere una virtù se ben disposta, ma quella rabbia ti nuoce, per questo ti chiamiamo 奇怪 (bizzarra). "Improvvisamente e forse per la prima volta, mi accorsi che Tenzin parlava un italiano forbito, troppo curato. L'accento quasi inesistente. Mi accorsi anche che la sua esperienza conteneva troppi anni, di più di quanti non ne mostrasse. Chi era seduto al mio fianco? "Quanti anni hai Tenzin? Dove hai imparato la mia lingua così bene? Chi sei veramente?" Rabbrividii e mi strinsi nel suo mantello. Già, il suo mantello! Non stavo sognando, era vero, lui mi parlava in un italiano perfetto e mi diceva che mi chiamavano "bizzarra", un termine a cui ero abituata, ma che non dicevo a nessuno per vergogna, una parola vissuta con compiacente, rigettata, soddisfazione e lui mi stava dicendo che era il mio soprannome locale. Scoppiai a ridere dicendogli che doveva essere la reincarnazione di mio nonno e che ora non mi poteva più sfuggire, doveva rispondere a tutte le mie domande, senza lasciarne indietro nessuna. Iniziammo una lunga conversazione: in realtà era praticamente un 12 TASHI DELEK monologo. Scoprii che aveva studiato greco e latino e poi anche l'italiano sia scritto che parlato. Aveva potuto farlo, perché i nostri frati, in un tempo lontano, avevano lasciato molti scritti nelle loro biblioteche. Oltre quelli, anche dei dizionari e molte opere come i Vangeli, la Bibbia, persino una "Divina Commedia" illustrata e molto altro ancora. Mi raccontò che alcuni di quei frati, inviati ad evangelizzare, si convertirono, divenendo buddhisti, dandosi per morti ed iniziando una nuova vita come monaci. Mi raccontò la leggenda del "Monaco Monco" che non potendo scrivere, leggeva e parlava, ma parlando poco e leggendo troppo, impazzì. Mi disse che nessuno condannò la sua pazzia, ma che fu vista come una benedizione, poiché teneva il piede sulla "soglia". "Ed ora" mi disse, "Parliamo della fuga del Dalai Lama". Mi mostrò la copia di una lettera datata 13 gennaio 1947, a scriverla era un certo Gorge R. Merrel, incaricato d’affari USA a Nuova Dheli. La lettera riguardava la “inestimabile importanza strategica” del Tibet e recitava: “Il Tibet può pertanto essere considerato come un bastione contro l’espansione del comunismo in Asia o almeno come un’isola di conservatorismo in un mare di sconvolgimenti politici”. E aggiunse che “l’altopiano tibetano […] in epoca di guerra missilistica può rivelarsi il territorio più importante di tutta l’Asia ”. La lettera era inviata al Presidente americano Truman. Il separatismo tibetano, era quindi uno strumento di geopolitica Usa, utile per costringere il nuovo governo comunista di Mao a disperdere le forze, ponendo quindi le condizioni per un “cambiamento di regime a Pechino”. Il Tibet è sempre stato territorio cinese, i primi a mettere in discussione la sovranità cinese sul Tibet sono stati i fautori dell’imperialismo britannico. La Cina, faceva paura e doveva essere quindi smantellata, ancora di più con l’avanzare del Partito Comunista Cinese e quindi con l’avvicinarsi al potere di un chiaro Partito di massa antimperialista. Nel 1949 il Dipartimento di Stato Americano pubblicò un libro sulle relazioni USA-Cina con una mappa che mostrava tutta la Cina, Tibet incluso e questo testimonia in modo esplicito che ciò che è stato raccontato del Tibet e del suo "sterminatore" cinese, andrebbe rivisto e corretto, non prima di aver parlato di secoli di aggressioni, stermini, attentati, eccidi, guerre da parte degli occidentali al popolo cinese e di una Inghilterra vittoriana impegnata nel “grande gioco” dell’espansione in Asia. La fuga del Dalai Lama nel 1959 fu organizzata di tutto punto; come avrebbe potuto sfuggire all'occhio attento cinese una carovana di 100 carri che si aggiravano per le montagne? Come avrebbe potuto ospitarlo l'India, senza suscitare alcun dissenso, un capo religioso così tanto perseguitato ed emblema di libertà svincolata dal potere? Si 13 TASHI DELEK racconta, anzi vi è una relazione di un agente CIA che dichiara che il Dalai Lama "visse in una casa decorata con una corona di orecchie strappate dalle teste di comunisti morti”. Ma tutto questo non bastò e iniziò una vera e propria campagna mediatica in occidente, campagna che dura tutt'ora con la "santificazione" del Dalai Lama. Le contese sul Tibet sono di lunga data e partono da quando agli inizi del Novecento gli inglesi e la Russia si contendevano il Tibet, regione della Cina. Correva persino la voce che lo Zar in persona si fosse convertito al buddhismo. "La nostra Spiritualità, ha origini ben più profonde, delle menzogne raccontate in occidente per l'occidente, si radica nell'antico sciamanesimo, custode di arti magiche, di tradizioni, conservate, protette e segrete. I Lohan ne sono i custodi ed io ti offrirò la Verità, 14 TASHI DELEK basta che usi un poco di temperanza e di pazienza". Così dicendo, Tenzin, mi sollevò dal gradino su cui ero seduta, mi accompagnò alla porta e mi augurò una buona notte. Lo vidi allontanarsi nel buio, lo chiamai dicendogli che aveva dimenticato il mantello, non si voltò e continuò a camminare. Lo so che le cose dette fin qui, porterebbero ad un rifiuto di tutta la storia, è successo anche a me, ma, nella prossima puntata, vi inizierò a parlare dei Mantra, quelli veri, da dove nascono cosa fanno, come ci aiutano e tanto altro... Tredici 15 TASHI DELEK V “Ogni uomo e ogni donna è una stella. Ogni individuo è unico ed il suo sentiero è all'interno di un universo spazioso in cui potersi muovere liberamente senza collisione.” Quella frase l'avevo sentita da qualche parte, scavavo nei ricordi, ma sembrava volermi sfuggire il luogo e il quando, sapevo che era legata ad un concetto di libera "Volontà". Nonostante tutti i miei sforzi, la ricerca si rivelò inutile, anche se quel pensiero iniziò a lavorare in me e a trasformarsi in molteplici aspetti: ogni uomo e ogni donna, divennero una specie da cui si generava una tribù, un clan, una popolazione, una cultura, una religione e il tutto in un universo spazioso in cui avrebbero dovuto muoversi liberamente senza mai collidere. Lo svolgersi "naturale delle cose" suggeriva che così sarebbe dovuto essere, la mia realtà mi stava invece raccontando altro e avvertii tutto il fastidio di aver creduto di sapere. Giurai a me stessa che nessuno, mai più nessuno, avrebbe influito sulla mia Volontà che ritenevo indispensabile, necessaria, importante, l'unica cosa degna di essere 16 TASHI DELEK curata. Non mi sarei più fermata ai "sentito dire" a "così è, perché lo dicon tutti", dovevo andare, se mai ci fossi riuscita, oltre l'Oltre. Presuntuosa? Certamente! Ma se non lo avessi fatto avrei negato me stessa ed ero molto stanca di sentirmi "negata". Avevo bisogno di incominciare da cose solide, avevo capito sommariamente che la struttura monastica buddhista, lamaista, oppure no, aveva subito le influenze del cattolicesimo. Mi necessitava troppo tempo che non avevo, per arrivare alle origini, così, fatta una breve comparazione, mi resi conto che la "reincarnazione" non coincideva con le due dottrine. In una si parlava di resurrezione dello spirito, nell'altra nel ciclo di molte vite, prima di arrivare a "sciogliersi" nell'Assoluto. Con l'aiuto di un interprete, iniziai ad intervistare quante più persone potevo, scrivevo appunti e più scrivevo, più mi rendevo conto che la "superstizione" era padrona. Il magico faceva paura, una paura reverenziale che affondava le sue radici nella notte dei tempi, negli eoni, nella leggenda. Ne ero affascinata, la chiamai la "forza del potere". Conoscevo la reincarnazione come un passaggio dell'anima da un corpo all'altro, una conservazione dell'individualità che si perpetuava in eterno su questa terra, una sorta di attaccamento ad un proprio "IO" che non voleva morire. Avevo incontrato persone che affermavano di essere stati principi, regine, faraoni, grandi conosciuti e sconosciuti letterati, uomini politici di rilievo, filosofi e molti figli di "dio" in tutte le salse e condimenti, ma mai uno spazzino, un ladro di polli, un barbone. La cosa, in realtà, mi faceva sorridere, così, il più delle volte, commentavo con ironia, attirandomi le maledizioni dei grandi uomini e donne estinti e ridotti a rivivere in un corpo di essere normale (si fa per dire) che sarebbe vissuto senza nessuna "gloria" nella indifferenza generale. Fra le montagne, nelle case dei pastori, dei contadini, della gente normale, stavo imparando che non si trattava di "Anima", ma 17 TASHI DELEK addirittura alcuni credevano di essere stati animali e di aver "meritato" la vita umana. Si trattava di Karma, non di glorificazione della personalità. Ogni "atto", "azione", "compito", "obbligo"; ogni "atto religioso", "rito", produce un effetto, ogni causa produce un effetto ed ogni effetto produce una causa. Ogni azione produce un fine e questo agire, negli esseri senzienti, ha sempre un fine che produce un effetto con conseguenze morali che di fatto ci legano al ciclo continuo della vita. Questo obbligo di attenzione verso le azioni compiute è la legge morale più forte e primitiva che abbia mai incontrato, il superamento del "Samsara" la salvezza, per questo popolo magico, dipende dal conseguimento di una "condizione superiore" che è raggiungibile solo dallo "Spirito" che si manifesta tramite la "Volontà dell'Azione" Il "Non essere Causa" infine non produrrà effetto e tutto si scioglierà nell'Assoluto. Stavo entrando dritta, dritta, nella "Magia", in quelle formule antiche, indipendenti dall'azione umana, legate alla Natura e alla sua forza, eredità di non si sa chi, di contenuto sconosciuto, ma micidiale in un senso e nell'altro, dove il possibile diventa impossibile e viceversa. Il frutto di qualcosa di poco comprensibile, ma che" non ha importanza", l'importante è che funzioni e che chi la usa sia solo l'intermediario, così che eludendo la causa, ne eluda anche l'effetto. 18 TASHI DELEK VI Shigatsé è la seconda città più grande del Tibet centrale. In quel luogo vi si trova il monastero Tashilhunpo che è, ancora oggi, uno dei più importanti centri di formazione buddista. Venne fondato nel 1447 dal primo Dalai Lama, Gyalwa Gendun Drup, ed era la sede del Panchen Lama. Il Panchen Lama è un Maestro e il suo titolo significa "Grande Studioso" non per nulla è il Maestro del Dalai Lama ed insieme rappresentano le più alte incarnazioni dei Maestri più importanti. Tashilunpo è la sede dei più grandi eruditi e studiosi di tutto il Tibet, qui dal 1624 soggiornò Padre Antonio d'Andrade, Gesuita, esploratore, fondatore di missioni, raccoglitore di informazioni e relatore eccellente. Dotato di grande intelligenza si adattò bene ai luoghi, conobbe gli usi, anche i più segreti e diede un contributo fondamentale all'organizzazione monastica tibetana che stranamente somiglia a quella della Compagnia di Gesù. Shigatsè è la città esoterica per eccellenza, la città dei capi "occulti" del Tibet, conosciuta, in epoca più recente, dalla Teosofia che l'ha 19 TASHI DELEK identificata come la sede dei "Maestri" di saggezza della Grande Loggia Bianca. Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Teosofia, fu la prima a rivelare al mondo l'esistenza di una confraternita segreta nel Tibet, ma era all'oscuro dell'esistenza dei Gesuiti e di una loro presenza così antica, ossia praticamente contemporanea alla nascita del "lamaismo" moderno. La presenza dei missionari nelle lamaserie, accolti come studenti di "teologia" veniva dissimulata e nascosta, al punto tale che ancora oggi, se ne sa poco e nulla. Logge orientali, logge occidentali, giri vorticosi e coperture reciproche, atte solo a confondere e dissimulare i legami segreti di un unico potere che si manifesta con più sfaccettature, sicuramente le più adatte al bisogno di "credere" in qualcosa. In seguito, ancora frastornata, lessi di R.A. Stein "La civiltà tibetana", mentre qualcuno mi consigliava di non "rovistare" troppo che meglio sarebbe stato per me restare radicata a degli ideali utili alla mia tranquillità ma non sono mai stata tranquilla, forse a causa della mia indole sospettosa. Cosa erano andati a fare i Gesuiti in tempi così remoti e nascostamente? Quali formule e riti avevano studiato? Perché non rivelare al mondo le loro scoperte e rendere l'umanità partecipe? Certo difficile competere con delle così grandi menti. Quando loro, i Gesuiti, viaggiavano per indagare, la maggior parte dell'umanità era analfabeta, indegna di essere elevata e resa partecipe, ma oggi, quale 20 TASHI DELEK motivo vi era per tenere "occulta" la scoperta degli usi di un popolo antico legato molto di più allo sciamanesimo Bon che al buddhismo? Le verità spesso devono essere nascoste, soprattutto quando si potrebbe giungere a delle conclusioni che ribalterebbero i "poteri" millenari costituiti. Ero solo una ragazzetta confusa e alla ricerca di se stessa, forse anche spaventata, ma sicuramente non priva di volontà e di curiosità. Mi ronzavano in testa le frasi a metà dette da Tenzin, quei mantra alla rovescia, come formule magiche più che preghiere, quei luoghi sconosciuti e velati da un mistero quasi inaccessibile. Avevo bisogno di Verità a qualsiasi costo e l'avrei trovata nei riti e negli strumenti dei riti, quegli oggetti che di religioso avevano ben poco; nelle superstizioni della gente, nelle feste dei villaggi, nelle maschere, nei costumi e nei nomi, per arrivare al grande dominatore: il suono e il suo uso. Così, quasi in preda ad una crisi isterica mi ripetevo: "E in principio, fu il Verbo". Io, allevata dalle suore, con una idea di Dio creatore che tutto può, iniziavo a veder sgretolare la mia pseudofede di cui non ero mai stata convinta, ero a caccia di religioni e dei loro contenuti. Possibile 21 TASHI DELEK che tutte si somigliassero? Quale ne era l'origine? Forse il suono, forse tutto stava in quella frase: "...e in principio fu il verbo", la parola, il rumore, il suono dell'Universo ripetuto in mantra millenari da tutte le popolazioni del globo, nelle loro feste, nei loro riti, nelle loro filastrocche, quelle parole che sapevano dirigere le menti, educarle, dominarle e confonderle per essere usate, per essere gestite. La mia ricerca si stava allargando a macchia d'olio, addirittura guardavo con sospetto i figli dei fiori e il 68, a cui avevo partecipato appena undicenne, ma che non mi convinceva del tutto a causa delle sue troppe droghe, degli amici persi per overdose da eroina, dei compagni smarriti e di una società che stava troppo rapidamente cambiando. Cercavo un senso a questo repentino cambiamento, ma non lo trovavo, io che in casa avevo ancora un telefono a muro nero, un duplex, per risparmiare, dove le collant erano un lusso e i canali di informazione televisiva solo due a volte tre. Siamo rimasti in pochi a ricordarci delle vecchie auto "Prinz" che in Ungheria non potevano essere utilizzate perché piacevano tanto ai cinghiali che se le mangiavano con appetito e questo oggetto minuscolo su cui ora pigio i tasti spigliatamente, non era nemmeno immaginabile, ma "...in principio, fu il Verbo". 22 TASHI DELEK VII Thashilunpo era quindi la sede di formazione del Panchen Lama, figura importantissima, sopratutto per i cinesi e i buddhisti, meno conosciuta per gli occidentali e la new age. Nello stesso luogo erano approdati i Gesuiti e vi avevano a lungo soggiornato per approfondire, a quanto pare, il loro gusto della Magia e della Politica. Sempre nello stesso luogo i Teosofi avevano localizzato il centro di formazione degli iniziati della Loggia Orientale ed almeno chi si occupa di new age dovrebbe sapere quale spinta abbia loro conferito la Teosofia. Stavo leggendo e non mi accorsi che alle mie spalle, silenzioso, Tenzin, mi stava osservando da un poco. Sentii la sua voce che mi diceva: "La Politica è Magia, la magia è politica. Il problema è che non vi sono più grandi maghi e nemmeno grandi politici, quello che viene mostrato è il frutto della decadenza." Mi alzai e lo abbracciai. Lui mi allontanò con grande imbarazzo, facendomi capire che certe effusioni non erano gradite, anche se apprezzava molto la mia genuina spontaneità. Iniziammo, dopo i soliti convenevoli, a parlare. Mi restava quella sensazione di lui che aveva una età indefinita ed ora più che mai ero grata che mi avesse scelta come amica. 23 TASHI DELEK "In questo tuo percorso ti accorgerai che il buddhismo ufficiale ignora l'esistenza dei suoi capi occulti, esiste un nucleo e tanti cerchi che vi girano intorno, il cerchio più distante lo troverai nei libri venduti nelle librerie, nei discorsi ufficiali in materia di spiritualità. Un mare in cui naviga tutto e il contrario di tutto. Le origini sono nel nucleo che è protetto da un sistema chiuso come in una società segreta. Tanto per farti un esempio, i cerchi più esterni ignorano l'esistenza di quello più interno e a questo scopo sono state create migliaia di infrastrutture, di centri culturali, di monasteri, di luoghi di incontro, di scritti, persino di idee. Una potente facciata commerciale studiata nei particolari: sorrisi, belle parole, discorsi sullo spirito, sulla materia, su dio, sugli alieni e tutto quanto può, se raggiungibile, far credere che chi possiede un certo tipo di conoscenza sia un prescelto, un eletto, gonfiando quello stesso ego che dice di combattere. Molte menti si sono perse e persino dissolte, in questo gioco mostruoso di abbattimento dell'io, riducendosi in masse, compatte, inutili, omogenizzate, che temono l'uso del loro giudizio, del loro cervello, una massa poltigliosa di facile controllo e canalizzazione, in una politica che è magia, ma di quella più nera, portata avanti per nutrire un solo ego macroscopico che è il Potere sull'altro. Il nucleo ideologico, quello chiuso ai cerchi esterni, è stato mitizzato in principio grazie agli studi teosofici che lo presentarono come una confraternita di esseri immortali che dirigono l'umanità verso l'evoluzione. L'unica cosa vera è che chi compone quel nucleo ha poteri eccezionali, tali da dare loro la possibilità di scegliere un corpo in cui tornare, ma non per questo sono esseri "illuminati" ne, tanto meno, "liberati". Si tratta invece di "entità ritardatarie", assolutamente legate al piano terrestre legate a doppia mandata ai piani politici di gestione dell'umanità. Usurpano nomi e prestigio e tutto questo al servizio dell'illusione di questo grande mondo materiale. Chi pratica il buddhismo non è consapevole di tutto questo, lo pratica senza conoscerlo. Qui per abitudine; da dove vieni tu, dal tuo mondo, per gusto dell'esotico. Sarebbe un poco come se mi mettessi a praticare il cristianesimo, spiegato da cristiani che non conoscono per nulla la propria religione. Tu sei cristiana, non è vero? Sei stata battezzata, hai seguito uso e tradizioni, ma quanto conosci a fondo la storia della tua religione? Quanto hai studiato per capire ciò che facevi, ciò a cui eri legata? E se anche tu lo avessi fatto, intendo di studiare a fondo i contenuti religiosi, non ti saresti, infine, scontrata col dogma e quindi avresti dovuto 24 TASHI DELEK credere solo ed esclusivamente per fede? Ecco, i buddhisti non sono da meno, sono esattamente come te; alcuni convinti diffondono ciò che gli è stato fatto credere e a cui vogliono credere, ma le religioni sono superstizioni, magia, atti di magia e coloro che ne conoscono l'uso sono veramente pochi e tutti custoditi, protetti, nel Nucleo attorno a cui girano tanti cerchi. La Grande Loggia Bianca si avvale del vostro sentimentalismo per farvi sognare una serie di illusioni romantiche che vengono riversate dal Tetto del Mondo nell'atmosfera, avvalendosi dei Mantra, quelli veri. Tu credi che una confraternita segreta si possa realmente rivelare al mondo, restando segreta? E' una contraddizione, non ti pare? Al massimo lo potrebbe fare se solo stesse mutando di livello. Tutti coloro che affermano di essere stati in contatto con i Grandi Maestri, mentono. Non esiste nessun allievo di nessun grande Maestro, ma solo allievi di ciò che si vuole mostrare e che è utile, che torna utile al gioco della dominazione politica. Esiste invece una grande fratellanza che veglia sull'umanità, non svelandosi e la sua natura non è condizionata da alcuna religione, da alcun credo a cui siamo legati fin dalla nostra infanzia." Non avevo, non trovavo le parole, accasciata sulla sedia, gli occhi che guardavano il pavimento, un senso profondo di inutilità, il pianto che mi saliva in gola. Quando parlai fu quasi un urlo: "Ma tu, cosa vuoi da me? Cosa posso fare io?" Tenzin uscì dalla stanza col solito sorriso, salutandomi e dicendomi: "Te lo dirò, domina la tua impazienza". 25 TASHI DELEK VIII Mantra in tibetano si scrive sngags. Il significato etimologico di mantra è man (manas) mente e tra (traya) proteggere, quindi "proteggere la mente". Dunque il Mantra è una formula sacra che protegge la mente del praticante. Dovrei già fermarmi su questa contraddizione occidentale e dei praticanti occidentali che affermano costantemente e a piè sospinto che la "mente" è una nemica micidiale, da sfidare e da abbattere, mentre fin dall'antichità i "mantra" servivano a proteggere la mente del praticante. Esistono numerosissimi mantra, anche mantra lunghi, alcuni si trovano nei sutra del Canone Pali, così come le probabili dichiarazioni del Buddha che sono state trasformate in Mantra aggiungendovi OM all'inizio e SVAHA alla fine. Il Mantrayana segreto è ritenuto un mezzo abile e privilegiato di realizzazione spirituale. Rimanendo al Tantra antico, quello dell'origine, ed escludendo i numerosissimi mantra creati ultimamente, il mantra è un suono puro della Realtà Assoluta, vibrazione primordiale che dà vita alla luce e poi ai raggi luminosi da cui procedono tutti i fenomeni. E', di fatto, un suono creatore che appartiene alla dimensione creatrice dell'Universo. 26 TASHI DELEK Rappresenterebbe quindi la creazione ed importantissimo è l'uso che se ne fa. I più antichi appartengono e vengono pronunciati in quella che si ritiene una "lingua perfetta", le cui sillabe riproducono suoni che sono in relazione con la forma dei canali sottili (nadi) presenti in tutti gli esseri viventi. Alcuni "Mantra" sono in lingue sconosciute o "non umane" solitamente attribuite alla lingua delle Dakini, le danzatrici delle nuvole, in una lingua detta della “Oddiyana". I "Mantra" fondamentali vengono creati soltanto nella dimensione del sambhogakaya e solo i bodhisattva dell'ottava e i vidyadhara della decima terra (dimensioni?) oltre ai Buddha ormai totalmente avulsi dalla realtà, sono in grado di creare simili mantra "creatori". Quegli esseri sono riconosciuti come gli unici che siano in grado di forgiare i "Mantra della Creazione" poiché sono gli unici a possedere le quattro conoscenze fondamentali ed indispensabili ovvero: la conoscenza esatta di tutti i fenomeni del samsara e del nirvana, la conoscenza della causalità all'origine del samsara e del nirvana, la conoscenza dell'azione benefica dei suoni e della comunicazione tramite il linguaggio, la conoscenza del Karma e delle connessioni precise fra causa ed effetto. I Mantra puri emettono vibrazioni sonore e raggi luminosi, insomma creano. E' ovvio che questi esseri possano "creare" qualsiasi cosa dalla grezza pietra al sentimento più intimo e che per fare questo usino le vibrazioni sonore, così come al Dio degli ebrei e dei cattolici viene fatto pronunciare: "E in principio fu il Verbo." Ora, ammesso e non concesso che tutto quanto scritto sia vero e che venga pronunciato in lingua non umana e sconosciuta, cosa possiamo sapere noi, miseri ultimi, del contenuto e delle sequenze? Questa produzione è realmente solo buona o è in grado di forgiare pensieri di ogni tipo dal più costruttivo al più distruttivo? Con quanta ingenuità ci avviciniamo a cose sconosciute che non potremmo mai comprendere e 27 TASHI DELEK ne facciamo uso, un uso improprio, dettato ovviamente dalla presunzione di poter fare, di poter dare, di essere diversi e migliori? Ma se da quel "tetto del Mondo" in Oddiyana alcuni boddhisattva, imprimessero una formula che proteggendo la mente la controlla e la dirige, noi non lo sapremmo mai, impegnati come siamo a credere nella nostra "libertà" di azione e nella nostra "illuminazione" un poco come i bambini quando giocano con i soldatini e le bambine con le bambole. 28 TASHI DELEK Integrazione a "Tashi Delek Parte 8” Riporto un pezzo tratto dal testo "GUARIRE" di Tenzin Wangyal Rinpoche. Si tratta di un testo esoterico che spiega in parte ciò su cui si fonda lo "sciamanesimo Bon" presente in Tibet prima del Buddhismo. Premessa nella premessa: ho cercato in lungo e in largo la definizione di "spazio" ma sopratutto la sua spiegazione. Bene, devo dire che tutte e tre le definizioni non riescono a spiegarlo se non riportando il concetto stesso all'idea di "spazio" definito con altri termini. Ad oggi per me rimane un grosso e inspiegato mistero, se non addirittura "Il mistero". Buona lettura "Le Nove vie del Bon" "Per ciascuno di noi tutto inizia con lo spazio, la Grande Madre, da cui tutte le cose traggono origine, dove tutte le cose esistono e in cui tutte le cose si dissolvono. In questo spazio c'è movimento, che cosa lo provochi, nessuno lo sa. Gli insegnamenti dicono soltanto: “Si sono 29 TASHI DELEK alzati i venti del karma". È il movimento del livello più sottile del lung o prana l’energia che pervade lo spazio infinito senza caratteristiche né divisioni. Inseparabilmente unito con il flusso del prana è il flusso della consapevolezza primordiale, pura e senza identità. In questa pura consapevolezza si manifestano le cinque luci. Le cinque luci sono aspetti della luminosità primordiale. Sono le cinque pure luci, il livello più sottile degli elementi. Parliamo della luce e del colore delle cinque pure luci, ma è un discorso simbolico. Le cinque pure luci sono più sottili della luce visibile, più sottili di qualsiasi cosa percepita dall'occhio, più sottili di qualsiasi energia misurata o percepita con mezzo. Sono le energie da cui hanno origine tutte le altre energie compresa la luce visibile. La luce bianca o priva di colore è lo spazio, la luce verde è l'aria, la luce rossa è il fuoco, la luce blu è l'acqua e la luce gialla è la terra. Questi sono i cinque aspetti della pura luminosità, le energie simili a un arcobaleno dell’unica sfera dell'esistenza (tigle nyag chìk). Se le cinque luci vengono vissute in maniera dualistica, come oggetti di un soggetto che li percepisce, sembrano acquistare più sostanza. Non diventano più grossolane, ma attraverso le distorsioni della visione dualistica, l'individuo le percepisce come tali. Man mano che gli elementi sembrano acquistare una maggiore sostanzialità, vengono ulteriormente discriminati e attraverso le interazioni manifestano tutti i fenomeni, compresi il soggetto e gli oggetti che costituiscono tutta l’esperienza dualistica. Alla fine, le cinque luci diventano gli elementi grezzi, naturali, fisici e le cinque categorie che comprendono le qualità appartenenti alla realtà esterna. Diventano le diverse dimensioni dell'esistenza che sono i diversi regni dove vivono gli esseri con e senza forma. Internamente sembrano ispessirsi e formare gli organi, le cinque ramificazioni del corpo, le cinque dita di ogni mano, le cinque dita di ogni piede e i cinque campi degli organi sensoriali. Le cinque luci diventano le cinque emozioni negative se rimaniamo illusi, oppure le cinque saggezze e le cinque famiglie di buddha se ne riconosciamo la purezza. Questo non è il racconto di una creazione avvenuta in un lontano passato ma la nostra condizione attuale. Se riconosciamo che le cinque luci pure hanno la natura non duale e sono manifestazione incessante della pura base (kunzhi) inizia il nirvana. Se le cinque luci vengono percepite in maniera dualistica e considerate esterne come oggetti dì un soggetto, inizia il samsara, La consapevolezza non diventa illusoria né diventa illuminata, rimane non duale e pura, ma le qualità che in essa si manifestano possono essere 30 TASHI DELEK positive o negative. Se la consapevolezza si integra e si identifica con le qualità pure, dalla base nasce un buddha; se si identifica con le qualità impure, nasce un essere proprio ora, in questo preciso momento, il processo è in corso. A seconda che integriamo la nostra esperienza immediata con la consapevolezza non duale, o che ci aggrappiamo alla falsa separazione del nostro sé come soggetto che fa esperienza di oggetti e di entità esterni, ci troveremo nello stato naturale non duale o nella mente illusa. Lo Stato della mente illusa viene chiamata Samara. Nel Samsara esistono infiniti universi, un migliaio di piccoli universi costituiscono un piccolo chiliocosmo. Un migliaio di chiliocosmi costituiscono un chiliocosmo intermedio. Un migliaio di quest’ultimi costituiscono un trichiliocosmo o grande Universo. Ogni Trichiliocosmo è il campo di conversione di un Buddha specifico. Secondo La cosmologia Buddista e Bon , l’universo in cui noi abitiamo è costituito da un insieme di montagne, oceani e continenti al cui centro si trova il monte Meru abitato dagli esseri senzienti dei sei Loka o le sei classi di esseri. Spesso chiamati i sei regni perché hanno comunque una sorta di localizzazione fisica. Abbiamo gli esseri nati negli inferi. Si distinguono circa diciotto tipi d’inferni. Le cause essenziali per rinascere in questo regno sono la collera, l’odio, l’assassinio e la violenza. Abbiamo il regno dei Preta o spiriti famelici. Si nasce in questo regno a causa dell’avarazia e dell’avidità. In questo regno si conduce un’esistenza caratterizzata da privazioni diverse. Il regno Animale Caratterizzata dalla ottusità. Gli esseri di questo reame conducono un’ esistenza inquieta tra la necessità di mangiare e riprodursi e la paura di essere divorati. Regno Umano Dominato dal desiderio è la condizione più auspicabile all’interno del Samsara per suscitare il desiderio della liberazione senza che essa obnubili la mente al punto di impedire qualsiasi riflessione o decisione. Regno degli Asura Sebbene la loro vita sia gradevole sono rosi dalla gelosia sono sempre 31 TASHI DELEK in lotta con gli Dei per ottenere tutto ciò di cui godono questi ultimi. Tutte queste categorie elencate appartengono alla sfera o regno del desiderio. Gli Dei Sono gli esseri distinguono: che godono dell’esistenza più piacevole e si • negli Dei del regno del desiderio che devono tale rinascita a un Karma favorevole ma macchiato dall’attaccamento alla beatitudine e ai piaceri dei sensi • gli Dei della forma che devono un tale tipo di rinascita grazie al potere accumulato tramite un certo successo nelle pratiche meditative • gli Dei senza forma che devono la loro rinascita grazie al completo successo delle pratiche meditative. Questi dei sono immateriali ma solo pure coscienze. Il fatto molto importante è che le pratiche meditative di per sè portano a stati superiori dell’essere ma non alla completa illuminazione. Oltre alla classificazione dei sei esseri I Tibetani ne hanno un’altra e parlano di "otto classi di esseri: srin pò, ma mo, 'dre, rak sha, btsan, rgyalpo, bud e klu. Gli esseri appartenenti a ciascuna classe hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda l'aspetto, il temperamento e i rapporti che intrattengono con gli uomini. Per esempio, i klu sono spiriti sotterranei associati all'elemento acqua. Possono essere molto intelligenti e interagiscono spesso con il mondo umano. La tradizione bòn vuole che i klu siano spesso responsabili di malattie e altri ostacoli nella vita. Si crede inoltre che lo dzogchen e altri insegnamenti siano stati diffusi in tutto il mondo dagli dei klu e che possono essere ricevuti tramite loro. Gli spiriti associati alle rocce si chiamano Btsan. In genere vengono rappresentati come esseri rossi che cavalcano cavalli rossi, a volte con 32 TASHI DELEK bandiere rosse. Spesso, nei luoghi rocciosi ci sono cavità, tunnel, passaggi che collegano una zona a un'altra. I Tibetani credono che si tratti delle vie di comunicazione dei Btsan e che quindi non vadano bloccate da edifici o da strade. Questo perché gli spiriti possono vendicarsi su coloro che bloccano i loro percorsi e provocare dolori nella zona del cuore e a volte addirittura la morte per attacco cardiaco. I Gyalpo sono una classe di spiriti che una volta furono esseri umani potenti, morti e rinati come spiriti di questa specie. Gyalpo significa 're', a volte assumono forme umane o animali a noi familiari e a volte, invece, forme che ci sono del tutto sconosciute. Si trovano soprattutto nei castelli dove furono assassinati sovrani e personaggi di stirpe reale. La tradizione tibetana è molto attenta come, vedremo di seguito, agli spiriti. Ci sono spiriti negli alberi e nei campi, come pure nelle zone dove converge una forte energia, ad esempio al centro di luoghi vasti e pianeggianti. Ci sono spiriti ai crocevia delle strade. Ci sono spiriti dello spazio, che qui non sono inclusi in una delle otto classi chiamati Namthel. Non di rado, gli spiriti diventano i protettori di villaggi e di individui, in un rapporto che dura per molte vite. Spesso appaiono in sogno e recano messaggi a coloro che proteggono. Anche il Nirvana viene suddiviso in dieci terre che portano alla completa liberazione. Per raggiungere il Nirvana e percorrere tutte le dieci terre si pratica con gli elementi. L'uso degli elementi nella pratica spirituale varia a seconda che l'approccio sia quello dello Sciamanesimo, del Tantra o dello Dzogchen: vale a dire, a seconda che il livello sia esterno, interno o segreto. Il livello esterno. A livello esterno gli elementi non sono soltanto quelli grossolani della nostra esperienza sensoriale (la terra su cui viviamo l'acqua che beviamo il fuoco che ci scalda, l'aria che respiriamo, lo spazio nel quale ci muoviamo) ma sono anche gli spiriti delle otto classi collegati con gli elementi. Il livello interno Gli elementi interni sono le energie elementari, più che le loro forme. Nel corpo sono le energie fisiche che pompano il sangue, che digeriscono il cibo, che attivano i neuroni, e anche le energie più sottili su cui si basano e da cui dipendono la nostra salute e le nostre capacità. Esistono anche energie molto più sottili che non possono essere individuate con i metodi di misurazione fisica, ma che sono accessibili all'esperienza diretta attraverso le discipline yoga e 33 TASHI DELEK contemplative. Questo livello più sottile di energia elementare non solo è presente nel corpo ma rappresenta anche la dimensione dell'energia che i praticanti esperti avvertono nell'ambiente. Sono inoltre le energie che creano fenomeni di gruppo come il comportamento delle masse, il patriottismo, e così via. II tantra lavora con queste energie orientandole nel corpo per fini specifici, usando mezzi diretti come lo yoga che implicano la postura fisica, il respiro, la visualizzazione e il mantra. Il tantra riconosce le energie come forze divine. Il livello segreto La dimensione segreta degli elementi si trova oltre il dualismo e dunque è difficile descriverla a parole, che necessariamente frammentano l'esperienza in oggetti distinti. Questa dimensione estremamente sottile degli elementi è la luminosità dell'essere, le cinque pure luci, aspetti della luminosità che, inseparabilmente unita alla vacuità, è la base di tutto. Le pratiche e gli insegnamenti relativi a questo livello degli elementi appartengono allo Dzogchen, la Grande Perfezione. 34 TASHI DELEK IX I mesi scorrevano ricchi di impegni e di scoperte. Nessun periodo della mia esistenza è stato così completo. I miei ricordi si fanno spesso malinconici quando rivedo i volti nel ricordo della mente. Quattro fra i miei compagni di viaggio ci hanno già lasciati, ma vivono più che mai nelle loro opere, nelle loro fotografie, nei loro libri. Io mi sentivo una nullità, una studentessa che si era ritrovata, quasi per fortuna, in un gruppo altamente specializzato, a cui era stata offerta una possibilità unica che non sono mai riuscita a capire completamente. Fosco arrivò sorridente, sembrava più felice del solito, raramente rideva. Il passo lungo e rumoroso sulle assi di legno del pavimento: "Ho ottenuto i permessi, si va e si torna. Preparate le attrezzature e mi raccomando, non dimenticatevi nulla". Così dicendo mi fissò ed io, la disordinata, la perennemente distratta, abbassai gli occhi, consapevole delle mie colpe. Ad agosto le temperature medie, a circa 3600 metri di altitudine, sono di circa 15°, alle volte raggiungono i 25 ma di notte si va anche sotto lo zero, quindi gli indumenti devono essere sia leggeri che pesanti. Noi, si sarebbe partiti per il lago di Gosaikunda a nord del Nepal collocato ad una altitudine di di circa 4.400 metri, dove ogni anno gli sciamani Jhakri di estrazione Tamang, antica etnia tibetana, si riuniscono per tre giorni e tre notti cantando e ballando al ritmo dei tamburi. Gli uomini cavallo, i Tamang, si rifugiarono nel nord del Nepal dopo l'invasione del Tibet da parte dei Gurka nel 1400. Costoro, conservano 35 TASHI DELEK gli antichi rituali sciamanici tibetani ed il lago Gosaikunda, ogni anno è il luogo di ritrovo degli Jhakri, luogo magico, mistico, affascinante dove i colori, i suoni e gli odori ti proiettano in un'altra "dimensione" dove, forse, con un poco di fortuna avrei potuto assistere ad una "trance di gruppo". Raccolsi velocemente le mie cose, ovviamente, almeno per me, mi dimenticai gli stivali di gomma ed il k-way, così di nascosto ed in tutta fretta, non appena arrivammo a Kathmandu, mi defilai per andarli a comprare. Quell'acquisto si rivelò dei più sbagliati ed imbarazzanti. Ad Agosto è tempo di monsoni e dai monsoni non ci si ripara con un k-way di poco prezzo che perde colore lasciando passare acqua vento e freddo. Gli stivali di gomma è meglio non averli, ti si incastrano nel fango, ti fanno scivolare e rallentano la camminata sicura di chi è ben attrezzato per il trekking. Sudavo e annaspavo, avevo freddo e avrei pianto. Quattro ore di cammino a piedi non sarei riuscita a farle. Fosco mi ignorava e ogni tanto fermava la marcia facendo finta di raccontarci qualcosa o per far scattare qualche fotografia. Giorgio col suo bel faccione rubizzo mi sorrideva sornione e io mi vergognavo. Poi magicamente, trasse fuori dallo zaino un paio di scarpe adatte e mi impose di mettermele, mentre Giovanna ridendo mi disse: "Sei diventata tutta blu, rischieranno di scambiarti per Shiva. Ho giusto qui una mantellina di gomma che mi avanza." Mi strizzò l'occhio e sospirò, porgendomi anche un asciugamano. Così fra vergogna, pianto in gola e gratitudine arrivai al lago ultima, guardata a vista ma ultima. Il paesaggio era ed è qualcosa di inesplicabile, l'odore, i suoni, la folla infinita e colorata mi stordivano, mi sedetti su una roccia e restai muta ad osservare. Un'antica leggenda narra che il lago di Gosaikunda sia nato dal tentativo di produrre il nettare per l'immortalità. Gli dei e i demoni non potevano produrre il nettare da soli, ognuno per conto suo, così gli dei avevano bisogno dei demoni e viceversa. Pare quindi che il nettare venisse prodotto in collaborazione per poi essere diviso fra di loro. La produzione dl nettare non era comunque semplice, per ottenerlo dovevano far girare il grande oceano fino a produrre un vortice tutto attorno al monte Sumeru utilizzando un grandissimo serpente ,il Sesh, come corda. Per fare questo gli dei sarebbero stati alla testa e i demoni alla coda del serpente, ma il problema reale era come portare Sumeru, il monte Sumeru, nel mezzo dell'oceano. nessuno avrebbe potuto farlo se non il Dio Uccello Garuda e così fu, ma ci fu ancora un inconveniente, l'enorme monte Sumeru, non fu collocato proprio al centro dell'oceano ed iniziò a sprofondare. Tutti pregarono Vishnu che si manifestò come una enorme tartaruga marina caricandosi il monte 36 TASHI DELEK Sumeru sulla schiena e rendendolo stabile portandolo al centro dell'oceano. Iniziò, quindi, il vortice che diede vita ad una bellissima fanciulla. I demoni e gli dei continuarono a produrre il vortice, ma improvvisamente sgorgò un veleno maleodorante che avrebbe potuto distruggere tutte le creature viventi e le cose dell'Universo. Le genti e gli animali iniziarono a morire e se non si fosse posto un rimedio, sarebbe stato tutto distrutto. Allora i sopravvissuti si recarono da Brahama per essere liberati dalla calamità, ma nemmeno Brahama potè fare nulla. Rimaneva Shiva che risiedeva sul monte Kailash, tutti lo pregarono e lui che aveva a cuore l'intera vita, andò nel vortice e bevve il potente veleno. Shiva non lo ingoiò, ma lo trattenne in gola, il collo ed il viso di Shiva divennero blu, ma il vortice continuò questa volta senza più uccidere nessuno con le sue esalazioni. Shiva, nel fare ritorno alla sua residenza sul monte Kailash, iniziò a stare male, si sentiva ubriaco tanto da non riuscire a camminare, per rinfrescarsi, conficcò il suo tridente nel terreno e ne scaturì dell'acqua che formò un laghetto. Shiva si sdraiò sulla riva, si rinfrescò e si riposò, gli ci vollero alcuni giorni per riprendersi. Lo raggiunse il serpente Shesh, lo strinse al collo fino a farlo lacrimare cenere, la "ganja" che Schiva fumò. Il fumo ebbe un effetto benefico e così potè tornare a Kailash. Fu così che quel lago divenne famoso. La notte che Shiva fu sulla riva di Goisaikunda, c'era la luna piena di agosto. Gli sciamani vi giungono da ogni parte per venerare Shiva e praticare i loro riti, che divengono più potenti durante la notte di luna piena. 37 TASHI DELEK X Osservavo il lago ed improvvisamente mi sembrò di assistere ad un gioco di prestigio. Da ogni parte giungevano con i loro tamburi e le loro campanelle che facevano suonare incessantemente. Più osservavo e più mi sembrava che tutto intorno cambiasse continuamente. Un turbine di danze, odori, colori, suoni e genti. Cercavo di guardare ogni persona che col suo strumento partecipava a quel gioco che stava trasformando la mia visione, come se mi trovassi al centro del cuore della vita stessa. Il battito dei tamburi mi stava creando uno stato di alterazione di coscienza ed io lo sapevo e lo sentivo, abituata come ero a riconoscerne i sintomi da ormai troppo tempo. Ognuno di loro perdeva lentamente la sua individualità per fondersi con l'altro divenendo un mondo a parte che non si riusciva più ad identificare. Lo sciamano, in ogni parte del mondo, è l' intermediario fra il mondo visibile e quello invisibile, grazie alle sue capacità di visione e di "oracolare", ancora oggi, nel contesto dei villaggi, è ritenuto il mago e il curatore. La trance è indotta tramite l'assunzione di bevande o il fumo di erbe, ma è la danza incessante ritmata dal tamburo che ad un certo punto fa trascendere dallo spazio e tempo, lo fa accedere a dimensioni invisibili dove si identifica con gli "spiriti" che 38 TASHI DELEK si manifesteranno tramite lo sciamano per poter curare e predire ogni cosa sia nel bene che nel male. Lo sciamano non ha paura della morte in quanto durante il suo viaggio, la raggiunge costantemente per poi ritornare, come in un ciclo continuo, così come continuo è per loro il manifestarsi della vita. L'uso di oggetti ricavati da ossa sia animale che umane per i loro strumenti e decori personali, sta a significare l'impermanenza della vita, trasferendone, per contro, il suo alto senso di continuità, poiché quella ciclica che stiamo vivendo è solo l'apparenza di quella vera e inmanifesta. Lo sciamano conosce le dimensioni "occulte" e le può controllare al solo fine di armonizzare l'equilibrio dell'individuo e della comunità stessa, scaccia gli spiriti maligni, le impurità e aiuta il morente a raggiungere l'aldilà. La figura dell'Oracolo è una figura privilegiata poiché è in grado di comunicare col mondo altro mutando la sua coscienza per poi ritornare in uno stato di normalità senza rimanerne corrotto. Non esiste un canone per il rituale che non è mai uguale, ma si rinnova e si adatta a seconda della trance e della visione in essa contenuta. La folla che stavo guardando era la folla di Sciamani radunati nel giorno di "Jonai Purnima" e suonavano e danzavano e bevevano e fumavano le loro erbe. L'odore mi inebriava e il suono diventava sempre più potente. Quel battito divenne un cuore, un cuore immenso e caldo. I contorni dei volti presero a sfumare, non avevo più freddo e non mi sentivo nemmeno stanca. Avevo nelle orecchie quel suono che si arricchiva di una eco che ad un certo punto divenne infinita. Mi sembrò di cadere in un vortice, allungai le braccia e urlai. Mi sembrava che nessuno volesse aiutarmi, vedevo tutto intorno a me dei volti sorridenti che continuavano a guardarmi. Quel suono... Quel suono mi stava portando via e tendevo le mani sperando che mi trattenessero. Mi ritrovai in una stanza bianca ovale con quattro banconi posti in vicinanza di quelli che apparentemente sembravano ingressi, ma da cui non entrava nessuno. Dietro ogni bancone una presenza di bianco vestita e tutto intorno una vetrata che correva lungo il perimetro della stanza. Guardai fuori, era buio, un buio ancora più buio in contrapposizione al candore della stanza e vidi il vento. Si il vento aveva una forma, danzava oltre la vetrata formando dei cirri. Mi mossi dal centro della stanza, ma subito venni bloccata da una voce: " Non ti avvicinare alle uscite o verrai risucchiata fuori". Guardai verso i banconi cercando di capire chi mi avesse parlato, ma gli addetti sembravano tutti intenti a fare qualcosa. Non c'era nessun altro. "Dovrai prima scegliere quale porta vuoi usare per tornare, le porte sono quattro: est, ovest, nord e sud. Guardale bene e scegli". Confusa dal fatto che fossero perfettamente tutte uguali, cercai i 39 TASHI DELEK particolari che potevano distinguere l'uscita migliore per me, ma non ne vidi. Sembrava che il tempo non passasse mai, ma vidi che le mie mani stavano invecchiando rapidamente ed ebbi paura. La fretta di trovare l'uscita divenne impellente così mi affidai al caso. Stavo per avvicinarmi a quella scelta, quando una delle figure dietro al bancone sollevò gli occhi da ciò che stava facendo, guardandomi. Lo presi come un segnale, da quella porta sarei uscita. Mi avvicinai, si spalancò e il vento mi travolse portandomi via. Mi ritrovai stesa nel fango, il suono ora sembrava lontano e gli sciamani coi loro tamburi e campanelle mi guardavano sorridenti facendomi, alcuni, un cenno col capo. Poi si allontanarono non smettendo mai di suonare. Sedetti stringendomi nelle ginocchia e scoppiai a ridere pensando che ero andata li per vedere una trance, non per subirla, ma ero felice in quanto per la prima ed unica volta ebbi memoria di ciò che mi accadeva durante i miei viaggi "Immaginari". 40 TASHI DELEK XI La folla continuava ad aumentare, gruppi di uomini, donne ed anche bambini, arrivavano da ogni parte dell'Himalaya. Inebriante quella mistura di suoni e colori, i piedi nudi nel fango e il corpo ricoperto da campanelle che tintinnavano ad ogni passo. Vidi giungere un gruppo di sciamani che non suonavano il tamburo, ma si esibivano in un equilibrismo particolare: tenevano un uovo al centro del tamburo, camminando, anzi, saltando fra i massi. L'uovo non doveva cadere, altrimenti avrebbero dovuto risucchiarlo dal terreno, ma questo non avvenne per nessuno di loro. Sotiris, il nostro medico, mi si sedette affianco, offrendomi un bicchiere di birra fatta col riso e dal sapore disgustoso che bevvi trangugiandolo come una medicina. Ora, mi avrebbe fatto le sue solite micidiali domande a cui non avrei saputo come rispondere, ma non tirò fuori penna e taccuino, limitandosi a mettermi un braccio intorno alle spalle e chiedendomi, guardando il lago: "Come ti senti?". Stupita risposi che stavo bene, mai stata meglio, quando la mia attenzione fu attratta da un piccolo bambino, forse aveva poco più di sei anni, tamburo alla mano, avvolto dalle campanelle, veste bianca, giacchetta e berretto di lana, naturalmente i piedini erano nudi. Lo sguardo triste, serio, troppo composto per la sua età. 41 TASHI DELEK Gli sciamani vengono "chiamati" fin dall'infanzia. I prescelti portano con loro dei segni particolari che li identificano fra coloro che hanno il "dono" di possedere dei poteri di intermediazione fra gli umani e il mondo dello Spirito. Spesso vivono in solitudine, emarginati dai loro stessi compagni di gioco e di studio, i capelli lunghi, incolti, mai tagliati. I piccoli sciamani vengono spesso presi da crisi terribili, occhi che emettono guizzi indefiniti e la loro presenza crea soggezione incutendo quasi timore. Lo sciamano bambino non ride, non si diverte e si chiude in silenzi improvvisi ed incontrollabili, non gradisce il contatto fisico, sicché, alle volte, non resta possibile fargli una carezza. Le madri, i famigliari, l'ambiente, sono abituati a questi comportamenti e non ci fanno caso, l'accettano per come è. Non esiste una età precisa per la "chiamata", avviene all'improvviso e se ne parla come se fosse una possessione. Vengono raccontate diverse modalità in cui i bambini ricevono i "poteri paranormali". Di quel bimbo triste, che stavo guardando, riuscii a raccogliere la storia. Scappò tutto nudo e solo a quattro anni nella foresta. Rimase per tre giorni e tre notti nel fitto degli alberi, mangiando quello che lo "spirito" di un suo antenato ed altre creature strane, poco più alte di lui, gli dicevano di mangiare. Da loro ebbe i poteri paranormali che non rifiutò, pena la morte. I suoi ricordi si confondevano con voli fatti in paesi lontani, tenuto per le mani da quegli stani piccoli esseri, ricordava di aver sorvolato le rocce e di aver visto luoghi che non riusciva a spiegare. Venne poi ricondotto, sempre in volo, a casa sua e cominciò così a curare i malati e a predire il futuro. Cercai di farmi spiegare quanta della sua volontà c'era in tutto questo e lui, il piccolo sciamano mi rispose candidamente che mai avrebbe voluto tutto questo di cui nemmeno si rendeva conto. Il mio istinto mi diceva di abbracciarlo, ma non lo feci per paura di scatenargli una crisi, ci limitammo a guardarci per lungo tempo facendo il gioco di chi abbassava per primo gli occhi, gli strappai un sorriso, mi inchinai con le mani giunte sopra il capo e me ne andai, lasciandolo al suo tamburo e alle sue campanelle. La giornata giunse al termine, era ora di dormire. Ci stava aspettando una baracca di lamiere poco più grande di due armadi, da cui certamente non ne saremmo usciti il giorno dopo puliti e riposati. Con orrore guardavo quel pagliericcio poggiato a tre centimetri da terra, raccolsi i capelli e li chiusi il più possibile strettamente in un foulard, mi rannicchiai e mi avvolsi con le mie stesse braccia lasciandomi vincere dalla stanchezza. 42 TASHI DELEK XII All’alba del quarto giorno eravamo pronti per far ritorno a Kathmandu, lì avremmo sostato per altri due giorni prima di ripartire per il nostro villaggio himalayano a 3600 metri di altitudine. Tutti ne approfittammo per acquistare cose di cui avevamo bisogno. Comprai degli scampoli di tessuto da regalare a Garima e Dolma e poi mi misi a fare la razzia da me preferita: i dolciumi. Caramelle avvolte in carte colorate, cioccolata, biscotti (ne trovai persino di una nota fabbrica italiana), gomme da masticare, il tripudio della gola, alla fine il mio zaino traboccava.Avevo sentito parlare della Freak Street, ritrovo degli hippy anni 60/70, decisi così di andare a vedere se, in quel posto, avessi trovato qualche italiano a cui chiedere come andavano le cose in patria, ma non ne trovai. Mi avvicinò invece un nepalese dall’aria assente, jeans, maglietta stampata, qualche borchia, catena pendente, spettinato e sicuramente maleodorante che dopo avermi detto di chiamarsi Elvis mi chiese una sigaretta, anzi no, non bastava, voleva l’intero pacchetto. “Patetico e divertente” pensai, “i nostri vengono qui attratti dal gusto dell’esotico, dell’orientale, ed invece qui sono attratti dall’occidentale”. Trassi fuori dal pacchetto tre sigarette e gliele passai quasi con stizza, facendogli segno di allontanarsi ed anche immediatamente. Girovagai ancora per un poco, ma il traffico sostenuto delle auto e delle moto mi innervosiva, quell’assurdo suonare di clacson continuo, le scimmie che rubavano le offerte lasciate ai bordi dei templi, quelle mucche che vagavano libere 43 TASHI DELEK sdraiandosi in mezzo alla strada, i “santoni” col volto dipinto di bianco, avvolti in un telo giallo che si facevano fotografare dai turisti a pagamento, aumentarono a dismisura la mia stizza facendomi desiderare il ritorno a quello che per me era diventata la mia casa: quel piccolo, sperduto, villaggio arroccato sui monti, sprofondato nel silenzio allietato solo dal vociare dei miei bimbi. Quando giungemmo al piccolo ponte sul torrente a bordo del nostro sgangheratissimo furgone, già ci stavano aspettando, sapevano che portavamo con noi dei doni e delle notizie nuove da far passare di bocca in bocca. I miei bimbi, si misero a correre dietro al furgone, ridevano, e urlavano, picchiando le mani sulla lamiera. Giorgio bloccò il furgone e mi disse di scendere, raccolsi lo zaino, quello pieno di dolciumi, e mi lasciai travolgere dall’abbraccio dei bambini. Una festa, una gioia incontenibile fino alle lacrime, presi per mano la più piccola che sgambettava appena e ci avviammo verso la casa in una nuvola di chiacchierio allegro. Garima stava immobile, con le mani sui fianchi, sull’uscio: “Io signola happy pel tuo return, ma tu non passa con tuo flok de small yak”. Fu il silenzio, mi scappava da ridere, ma tirai fuori la lingua accompagnata dal classico suono della pernacchia. Non fu un gesto molto istruttivo, i bimbi lo ripeterono in coro ridendo in quel modo argentino e Garima 44 TASHI DELEK sconvolta, si girò sui tacchi sbattendo la porta e urlando “Italian”. Non mi restava che aprire lo zaino seduta sulle scale, poi lo passai alla più grande del gruppo che iniziò la distribuzione dei dolciumi. Le manine piene, qualche bocca sporca di cioccolata, gli occhi brillanti e sorridenti erano il miglior grazie che mi fossi mai sentita dire. Mondey Vajra chiamato per comodità “Mon” si avvicinò e mi passò una caramella delle sue. Di corporatura robusta, aveva sempre magliette troppo corte, da cui spuntava il pancino, lo afferrai per le braccia e me lo stesi sulle ginocchia dicendogli in italiano: “Puzzi come una capretta, ma questo non te lo toglie nessuno”. Gli alzai la maglietta e affogai nella sua pancia soffiando con forza. Dio se rideva! Ridevano tutti, saltando e ripetendo: “capletta, capletta!” La porta si spalancò, Garima usci con una scopa in mano e borbottando qualcosa infine li disperse. Sbuffò e mi tese la mano, tirandomi su dai gradini ed invitandomi a fare un bel bagno caldo, ero a casa! Sul tavolo della mia camera c’era un poco di tutto, spesso alcune cose rimanevano impacchettate per più tempo. Non era pigrizia, era solo che mi piaceva aspettare il momento giusto, una sorta di rituale che mi consentiva di gustare maggiormente il dono fuori dall’emozione del momento. Avevo un rotolo, ovviamente una tangka, tenuto insieme da un filo di lana, lo presi in mano e decisi di vedere a quali simboli facesse riferimento. Lo srotolai lentamente, Yama teneva la “ruota della vita”. Ne avevo visti tanti e riconoscevo la solita simbologia, ma non avevo mai fatto caso al significato della ruota, della sua circolarità ripetitiva, infinita: vita, morte; morte, vita, all’infinito. Mi apparve per la prima volta una idea chiara: la vita non è evoluzione “ascensionale”, ma un qualcosa che ripete se stessa ciclicamente. Rappresentarla in un disegno, per quanto complesso sia, non rende l’idea tridimensionale e quindi quella ruota era una sfera, non un cerchio. L’idea Teosofica di ascensione, portava, quindi in sé, un errore enorme: Madame Blavatsky, forse aveva frainteso, forse aveva mischiato ad una dottrina 45 TASHI DELEK più antica qualcosa di troppo moderno e, in qualche modo, influenzato dalla teoria dell’evoluzione darwiniana? Non ci si evolve in linea verticale, ma, in questa manifestazione fatta di spazio e tempo, la traiettoria non può che essere all’interno della “sfera“ e, quindi, circolare. Accidenti che cantonata sarebbe! Tutto da rivedere, tutto da ritrattare!” “Si, è così, Madame Blavastsky, ha preso una bella cantonata, ha creduto di aver avuto accesso ai Lhoan, ma in realtà è stata ingannata, come ingannevoli sono i mantra che circolano in occidente” Sobbalzai, voltandomi di colpo: “Tenzin, sei qua? Da quanto tempo? Non me ne sono accorta! Come stai?” “Sono qui dal tempo necessario e ti stavo osservando” Avevo l’impulso di stringerlo, di abbracciarlo, ma mi trattenni sapendo che non avrebbe gradito; mi inchinai e gli chiesi di parlarmi della teosofia, di che cosa era per lui e quali errori fossero in essa contenuti. Si sedette, socchiuse gli occhi e iniziò a respirare lento… 46 TASHI DELEK XIII Gli occhi socchiusi, il respiro lento, le mani abbandonate sul grembo, immobile, sembrava non dovesse mai iniziare a parlare. Mi venne spontaneo concentrarmi sul suo respiro e altrettanto spontaneamente, allineai il mio al suo fino a non udire altro suono che il nostro respirare insieme. "Cosa sai tu della Blavatsky?" Rimasi spiazzata, speravo in un racconto dei suoi, non mi ero preparata ad una interrogazione! Certo, qualcosa sapevo, ma poiché non rientrava nei piani di studio, non avevo approfondito la conoscenza di colei che mi sembrava sicuramente una donna emancipata per i suoi tempi, ma oscura. Avevo l'impressione che quello che ci veniva riferito fosse solo un parziale del suo vissuto. Snocciolai come una scolaretta quello che sapevo: "Russa, fondatrice della Società Teosofica, viaggiatrice, strana, interessata a formare un nucleo della Fratellanza Universale dell'umanità senza distinzione di sesso, razza, credo, casta e colore, sicuramente da considerarsi tra gli ispiratori del Movimento New Age. Scrittrice, occultista. Ha fatto conoscere il Buddhismo, rinnovandolo, così come 47 TASHI DELEK l'Induismo, al mondo occidentale tramite le sue opere che ho letto parzialmente..." Tenzin rise fragorosamente: "Hai finito di fornire nozioni? Vorrei sapere cosa ne pensi tu! " Ma che diamine di domanda stava facendo? Io non pensavo nulla di lei, sapevo quello che mi avevano detto, quello che avevo letto, anche con un certo immotivato fastidio che forse risiedeva in una particolare forma "arcaica" di scrittura. L'avevo incontrata sui testi, non di persona, come potevo dare un giudizio? In un primo tempo la consideravo quasi un'eroina, una ribelle, una che aveva avuto la fortuna di viaggiare e anche tanto, praticamente non facendo nulla per mantenersi e spendendo e spandendo, proprio come avrei voluto fare io nella mia vita. Si certo, avevo appena scoperto che, rifacendosi alle dottrine orientali, non avrebbe mai dovuto parlare di evoluzione in senso ascensionale, poiché non era corretto: l'uomo non si eleva ma ritorna, ritorna fino a quando non si dissolve nell'Assoluto, poiché ha perso la sua individualità, il suo desiderio di esistere, di riproporsi in una vita che per le due dottrine è solo dolore. In due dottrine dove l'Anima non esiste, in quanto ogni individualità si dissolve, l'esatto contrario delle religioni che hanno a base l'anima, come il cristianesimo. Ma ero altrettanto sicura che la Blavatsky, ne avesse riadattato il concetto per proporlo con una veste nuova, appunto quella teosofica che non mi piaceva e che era un'altra Chiesa e ciò per me era assolutamente indiscutibile. "Ferma le tue parole, ferma il tuo pensiero, riposati e analizziamo, vuoi?" Me lo disse alzando la mano destra, l'indice e il medio uniti come nella "mudra" della comunicazione e mi arrestai ascoltando il mio respiro che si era fatto affannoso. Mi sarei alzata e me ne sarei andata. Iniziavo a guardarmi intorno cercando qualcosa che non c'era. "Lo sai, fai sempre così quando vuoi fuggire, è un tuo limite. Il disagio va controllato, è un ostacolo, un impedimento, lo comprendi vero? Madame è sicuramente un personaggio interessante che merita attenzione. Venne anche qui da noi soggiornando nel monastero di Tashilunpo per diverso tempo, studiando e avendo accesso alla biblioteca. Affascinata dall'occultismo cercava formule e riti con impegno commovente e arguto. Nel monastero parlare del suo "Maestro" era cosa normale, nessuno avrebbe messo in dubbio la sua stabilità mentale. Ha conosciuto Lhasa, capitale del Tibet, lo Shigatse, principale centro religioso tibetano... e le montagne del Karakorum in Kunlun Shan. Ma mai e poi mai ebbe accesso ai Lhoan, non avrebbe potuto, ne sarebbe morta. Si accontentò dei "sentito dire" e ne fece 48 TASHI DELEK una sua "dottrina", appunto quella della Fratellanza Universale dell'Umanità. Stupidità delle più assurde, deviazione dell'umanità, che fra qualche anno, non appena finirà di maturare in rivoli sempre più ridotti e confusi, avrà certamente compiuto un'opera, ma quella della dissoluzione della ragione. Un rimescolamento dove non esisteranno più religioni, etica, morale e tradizioni, un popolo di buoi convinti di avere ogni possibilità, di raggiungere ogni cosa, in merito soltanto ad una "meditazione" ed anche alla convinzione di essere divinità in terra, ma che di divinità nulla hanno in quanto sono ancora qui, preda del desiderio e della voglia di esistere, l'esatto contrario della dissoluzione. Pensaci sorella! Tutto questo movimento che nasce tutto assieme contemporaneamente nel mondo, questa fase che farà dell' occultismo occidentale una sorta di "parco giochi" per borghesi annoiati, che senso ha se non distruggere una cultura. E lei, la madre della teosofia, pur essendo di nobili origini e quindi sufficientemente agiata, ma non tanto da potersi permettere una vita da nullafacente, da chi era finanziata? I movimenti, nascono così spontaneamente? Ne sei sicura? Io vedo il frantumarsi delle tradizioni, lo sgretolarsi della cultura, l'appiattimento della ragione. Io vedo un branco informe di creature che cercheranno se stesse, affidandosi al primo venuto che ha carisma. Vedo un mondo in cui il passato non conterà più, dove la rabbia e l'insoddisfazione aumenteranno e dove il "male" si insinuerà anche nelle piccole cose banali. Ma voi, noi, quelli che resteranno di noi, saremo troppo impegnati a trovare un sostituto delle nostre origini, un Dio che sarà alieno, evoluto ed anche tecnologico. Unire la "spiritualità alla scienza e alla filosofia è la cosa più sbagliata che si possa fare. Lo Spirito NON è manifesto in questa realtà ma la compenetra come una Shakti, è dentro, non fuori ed è intangibile, non mediato dai sensi. Tu potrai cogliere con la vista un paesaggio gradevole, udire dei suoni armonici e piacevoli, provare sensazioni col tuo tatto, gusti con la tua lingua, odori col tuo naso, ma non medierai mai il "Pensiero", non lo toccherai, non lo sentirai, non lo gusterai e si sa è più facile inventare su cose inconoscibili che su ciò che puoi direttamente sperimentare. Il gioco è questo, sorella, figlia, amica mia, il gioco dei distruttori è questo." Senza parole, rimasi senza parole... "Complotto Tenzin? E da quando Tenzin? Complotto? Potere? Massificazione? Lei ha fatto questo? Ha contribuito a questo?" "Non solo lei, è un piano antico, molto antico e si colloca ancor prima della "Coscienza". 49 TASHI DELEK XIV "La coscienza, un piano molto antico che si colloca prima della coscienza". Non era una frase buttata così tanto per chiudere il discorso, quella frase avrebbe lavorato su di me, costituendo il nucleo di tutte le mie ricerche successive. Cosa era la "coscienza"? Un piano? Quindi qualcosa di contenuto in uno spazio che si collocava "prima", quindi in un tempo definito da chi e da che cosa? "Riconosco quello sguardo" disse Tenzin "Sono troppe e tutte assieme le domande che ti stai ponendo, parlare di tempo e di spazio, non è proprio la cosa più semplice che si possa fare. Probabilmente non troverai tutte le risposte, ma sono domande utili se non necessarie a chi ricerca se stesso ed anche il senso della sua vita. E' questo che stai cercando?" No, non lo sapevo cosa stavo cercando, la vita per me era un mistero. Nel collegio in cui ero cresciuta, avevo avuto una solida educazione 50 TASHI DELEK cattolica fatta di Sante Messe, la mattina alle sei, di "inferni" e di "paradisi" a seconda se eri stata buona o cattiva, di coscienza gestita da suggeritori o con le ali o con gli zoccoli, corna e coda. Tutti figli di Dio, tutti fratelli e sorelle, ma il senso della vita non lo avevo trovato. Di fronte al malessere giornaliero mio e degli altri, dubitavo della "bontà" del Dio Creatore, ma non osavo mettere in dubbio la sua capacità creativa o quello che mi aveva "donato" tramite la vita che doveva assolutamente essere creduta un "mistero", pena il passare una intera giornata chiusa in stireria,senza pranzo e senza cena. Tuttavia, pur detestando le spose di Gesù, mi affascinava il loro comportamento. Quell'accettare tutto in nome di quello che già molto giovane definivo il perenne assente, mai manifesto. Ancora di più, mi impressionavano i comportamenti dettati da una fede cieca che, più che solida, era necessaria. Di punizione in punizione imparai infine a tacere, ma il tarlo del "bisogno di Dio" scavò nella mia mente facendomi apprezzare prima la filosofia e poi la storia, con particolare riguardo alle religioni. Il mio è stato un percorso più intimo che esteriore, non riuscivo a trovare alcuna convinzione a cui aggrapparmi ed infine pacificarmi. Il tempo e lo spazio, la coscienza, li avevo incontrati durante gli studi ma come formulette assunte per scontate, comode, non semplici, ma ci avevano pensato gli altri a spiegare e a me sinceramente, andava bene anche così, almeno fino a quel discorso fatto da Tenzin. Srotolai nuovamente la "tangka". Yama teneva fra i denti la vita e tutto il ciclo delle manifestazioni. Un cerchio al centro contenete un gallo, un cinghiale ed un serpente a rappresentare i tre mali che affliggono l'umanità: la rabbia, l'ignoranza e l'accidia, poi un altro cerchio che è una sorta di "terra di mezzo", ed ancora un altro più grande col ciclo della vita umana: l'accoppiamento, la fecondazione, la nascita, la crescita, la morte, diviso in tante fette che rappresentano le possibilità e un altro cerchio e un altro ancora. Fuori, ai lati di Yama due "esseri gloriosi" ancora manifesti e oltre il rettangolo della tela il nulla. "La tela è lo spazio, lo spazio è la tela, la manifestazione della vita è una tela, non c'è vita senza tela, lo spazio è una tela". "Stai ripetendo un mantra, lo sai?" disse Tenzin "Dovrò mostrarti qualcosa, domani sei libera? Passo a prenderti alle 15 in punto, portati una giacca pesante." Camminavamo da un'ora quando giungemmo su una collinetta affacciata su una piccola radura. Tenzin picchiò il bastone che teneva in mano sul terreno facendo un cerchio ed indicandomi, infine, di sedermi in un punto esatto. "Stai qui e non ti muovere, qualsiasi cosa 51 TASHI DELEK tu veda" e se ne andò lasciandomi sola. Non tardarono molto ad arrivare sul posto una ventina di monaci, ma erano strani, si sedettero formando un cerchio, i rosari nelle mani, la testa bassa. Dopo un poco di tempo giunse un donna che portava con se un ragazzo, forse il figlio o il fratello. Camminavano a stento, la donna reggeva il giovane che accompagnò fino nel centro del cerchio fatto dai monaci, facendolo sedere e allontanandosi immediatamente. Come un solo corpo, i monaci fecero cadere per terra i loro mantelli rossi, scoprendo la veste bianca. Una vibrazione bassa, profonda, colpì il mio udito. Mi sembrò di udire delle parole, ma erano troppo basse perché le comprendessi. La vibrazione divenne via via più forte, ritmata fino a produrre un insieme di suoni che non avevano nulla della voce umana ma che davano l'idea di un vortice sonoro, ipnotico, armonico, un gioco di voci eccezionale di cui non si comprendeva più l'inizio e la fine. Il giovane iniziò a contorcersi, scosso da fremiti e sussulti, fino a quando si fermò seduto in posizione perfettamente eretta come se avesse acquistato le forze perdute. Il suono divenne ancora più intenso, martellante. Non avevo l'orologio, ma a spanne era passata una mezz'ora e, seppur distante, quel suono mi stava coinvolgendo. L'immagine che vedevo divenne sfuocata come se una nebbiolina avvolgesse tutto il paesaggio e le persone, ma ,qualcosa di particolare stava avvenendo perché mi accorsi che sopra la testa del ragazzo si era formata una sfera nera che pulsava, pulsava sempre di più ed infine ruotava in sintonia con la vibrazione sonora creata dai monaci. Respirai profondamente ripetendomi che dovevo restare sveglia, dovevo riuscire a vedere tutto fino in fondo, dovevo capire. Mi diedi un pizzicotto in una gamba facendomi male, felice di avvertire il dolore che mi confortava assicurandomi sul mio stato di veglia. Fu un attimo, ma il cranio di quel ragazzo si aprì come un'anguria, ne uscì del fumo che la sfera nera assorbì esplodendo nell'aria e non facendo sentire altro che un'unica vibrazione, un unico suono fatto di voci e materia. Poi i ritmo rallentò, la vibrazione divenne debole, la nebbiolina svanì e calò il silenzio, un silenzio surreale, senza tempo, fuori dallo spazio. Il giovane si alzò in piedi inchinandosi verso ognuno dei venti monaci. Non era più lo stesso che avevo visto accompagnato e sorretto da una donna, lui era guarito ed era pronto a continuare la sua esistenza forse con più convinzione e più forza di prima, ma sicuramente ancora più miracolosa. 52 TASHI DELEK XV La mia permanenza stava volgendo a termine; questo, purtroppo, mi avrebbe impedito di svolgere le mie ricerche in modo approfondito e ne ero immensamente dispiaciuta. Ero giunta in quei luoghi con una idea romantica di buddhismo tibetano, credendo che fosse una dottrina unica sopravvissuta alla devastazione cinese. Ora mi ritrovavo con una serie di informazioni tutte da verificare e approfondire. La storia contemporanea racconta dell'invasione cinese e della fuga del Dalai Lama in India dove, dal 1959, è in esilio con oltre 100.000 tibetani. La rivoluzione culturale cinese, fatta anche di persecuzioni fisiche e di distruzione della vita sociale ed economica tibetana, ha segnato oltre 1.000.000 di morti su una popolazione, all'epoca, di circa 6.000.000. Cifre fredde che raccontano, però, una storia diversa: non 53 TASHI DELEK tutti hanno seguito il Dalai Lama, non tutti si sono rifugiati in India o in Nepal. Molti sono rimasti e a partire dal 1979, pur in condizioni precarie e con un numero ridotto di monaci, hanno continuato una pratica tradizionale e complessa di educazione monastica che non raggiunge l'occidente, anzi, molto spesso, i "turisti" assistono solo ad un qualcosa che li attragga e li seduca, ma che è praticamente uno "spettacolino" messo su per rispondere a delle curiosità. Lo stesso, purtroppo accade in occidente dove la "religione buddhista" viene presentata in forma "modernista", ma soprattutto accettabile per chi non è a conoscenza delle millenarie tradizioni tibetane. Ciò che fino ad allora avevo appreso era il nulla di fronte ad una storia complessa e negata, meno del nulla se pensavo alla dottrina del Tulku o del Lama incarnato, incarnazione assolutamente diversa per le persone definite normali per le quali è una avventura sgradevole da cui bisogna sfuggire. I Lama, per contro, si incarnano volontariamente anche se non ne avrebbero più bisogno. Dal XIV secolo, non prima, in Tibet si è diffusa questa pratica che è fondamentalmente quasi del tutto riservata ai maschi, con l'eccezione di poche femmine. Tremila sono i Tulku, fra cui anche il Dalai Lama e il Panchen Lama che dal 1642 rappresentano la massima autorità politica e religiosa del Tibet. Tremila Tulku, quindi. Due, Il Dalai Lama e il Panchen Lama, su tremila, praticamente due fra i tanti e tutti discendenti da una tradizione antichissima, fatta di millenni di storia ai più sconosciuta. Un vuoto che suppongo sia voluto ed anche se segnalato, difficile da indagare, in fondo ci basta il gusto dell'esotico, del mistero, di ciò che può fare la "differenza" fra noi e l'altro e su questo qualcuno ha giocato e soprattutto ha corrotto. Gli orientalisti tendono, dall'epoca vittoriana, a considerare il bud-dhismo tibetano inquinato dalla superstizione pre-esistente al buddhismo. La Società Teosofica, ha contribuito a rovesciare il buddhismo tibetano, facendolo diventare la scuola theravada come l'unica attendibile, rendendola il vertice dello intero buddhismo e sconsigliando uno studio più approfondito in occidente. Per la Società Teosofica e per la Bla54 TASHI DELEK vatsky, il Tibet divenne la sede dei "Maestri Ascesi". Ascensione purtroppo mitica, non compresa e per nulla adatta alla ciclicità del ripetersi della vita, così come mitici restano i Maestri della fondatrice della Teosofia e di altre organizzazioni esoteriche che hanno negli anni contribuito a confondere più che a diffondere una "religiosità" diversa dalla nostra, forse interessante e affascinante, ma che poggia su basi sbagliate e confuse. Non mi dilungo, le mie vogliono solo essere delle tracce, degli stimoli ad aprire la mente, ma voglio sottolineare che la religiosità tibetana preesiste al Buddhismo e che il fulcro è incentrato sulla nozione di "forza vitale" che viene associata molto spesso al "respiro". Respiro che può lasciare il corpo, distaccarsene completamente, rendendo la questione assai pericolosa. La "forza vitale non risiede solo nel corpo umano, ma anche in quello animale o in luoghi, ma sopratutto in "realtà esterne" che noi non siamo MAI stati abituati a considerare come reali. Come mai siamo stati abituati a pensare che le caste sacerdotali tibetane addette a questi riti sono tantissime, riti sopratutto legati alla morte fisica e che ancora sopravvivono in Tibet in quanto nulla hanno a che fare col Dalai Lama che rappresenta solo un potere politico/religioso conferito ad una delle tante sette dagli invasori mongoli. La tradizione buddhista, nel paese Himalayano, è sostanzialmente lineare e ininterrotta fino all'invasione cinese. La storia si mescola spesso al mito per cui secondo la leggenda le due mogli, una cinese e l'altra nepalese, del re Songtsen Gampo (614-650) importano il buddhismo in Tibet, mentre, storicamente, fu re Tri Songdetsen (754797) che invitando in Tibet il monaco indiano Santaraksita, darà inizio al buddhismo. La storia è complessa e difficile da trattare, ma sicuramente vi furono vari tentativi di soppressione della "nuova dottrina". Documentato è quello ad opera di re Langdarma ( 836-842) a cui è seguito un grosso periodo di crisi da cui successivamente nasceranno tanti "sistemi" di religione buddhista di cui il Dalai Lama, non è il capo, rappresentandone solo uno. La mia attenzione quindi, si sarebbe spostata su quello che ritenevo il sistema in assoluto più antico, non inquinato dalla politica e dalle manipolazioni occidentali, un sistema difficile fatto di rituali sconosciuti e poco comprensibili, impegnativi e alle volte persino deprimenti. Ma ciò che avevo visto, la certezza che il buddhismo sopravviveva in Tibet nonostante i cinesi e quello che avevano distrutto, mi spingeva ad occuparmi delle origini della tradizione, quella Bon e a tralasciare i tremila lignaggi, tutti interessantissimi, tutti contenenti una verità ed una storia, ma che non rappresentavano, per me, il fulcro della mia 55 TASHI DELEK ricerca. Il respiro, il suono, il mantra, i Lhoan; le origini diventavano per me un qualcosa che dovevo assolutamente indagare e di cui intravedevo piccole tracce sicuramente troppo importanti per non essere considerate. ll mantra è conosciuto come una formula sacra. L'etimologia spiega che “man” significa "mente" e “tra” "proteggere", quindi il mantra è una formula sacra utile a proteggere la mente, in particolar modo la mente del praticante. I mantra sono moltissimi, ma secondo i tantra antichi, all'origine era il "suono puro della realtà assoluta", vibrazione primordiale che dà vita alla luce e successivamente ai raggi luminosi da cui prendono vita tutti i fenomeni dell'universo. I mantra tramandati sono principalmente in sanscrito poiché è ritenuta la "lingua perfetta." Non è sul mantra completo che bisogna concentrare l'attenzione, ma sulle sue sillabe; sillabe che riproducono suoni in stretta relazione alle nadi, canali sottili presenti nel "corpo di diamante" dell'uomo. Come ho scritto i mantra sono moltissimi e quelli più conosciuti sono in lingua sanscrita, ma ne esistono molti altri in "Oddiyana", lingua sconosciuta, non umana attribuita alle "Dakini" le danzatrici delle nuvole che ovviamente sono divinità non umane ma con sembianze umane. I mantra dell'origine, gli antichi, sono stati creati nella dimensione del "sambhogakaya" dimensione altra che appartiene alle così dette "terre" che sono classificate dall'ottava alla decima, accessibile solo ai bodhisatva, i vidyadhara e ovviamente ai buddha completamente "illuminati". In breve i veri mantra sono suoni puri in lingua sconosciuta creati da esseri non umani che risiedono in altre dimensioni considerate dall'ottava alla decima, chi li produce, chi li crea deve essere in possesso delle "quattro conoscenze" indispensabili che sono: a. la conoscenza esatta di tutti i fenomeni del sansara e del nirvana; b. la conoscenza della "causalità" dell'origine del sansara e del nirvana (attenzione, non ho scritto casualità, ovvero fatto legato al caso, ma casualità, ovvero della causa); c. la conoscenza dell'azione "benefica" dei suoni; d. la conoscenza della comunicazione tramite il linguaggio con tutte le connessioni "esatte" di "causa ed effetto". Ricapitolando: il mantra dell'origine è un suono puro, non appartenente al genere umano, ma ad esseri che risiedono fra l'ottava e la decima dimensione. Esseri perfetti che sono totalmente consapevoli di ogni causa ed effetto che il suono pronunciato può avere su ogni fenomeno 56 TASHI DELEK manifesto. L'uso del "mantra" è antichissimo, precedente al buddhismo e quelli che sono conosciuti in lingua sanscrita, sono già rielaborazione di altri ancora più antichi in lingua Oddiyana che la tradizione precisa essere lingua non umana e appartenente alle Dakini che risiedono sulle nuvole, ovvero in cielo, e sono divinità o meglio intermediatrici fra i disincarnati che hanno raggiunto la perfezione e il genere umano. Potrei già fermarmi qui per scatenare una miriade di ipotesi che potrebbero sconfinare anche nella fantascienza, ma se avete ancora un poco di pazienza, vorrei descrivervi le "sillabe seme" che sono il nucleo ed il fondamento dei mantra, di tutti i mantra. Le sillabe seme in tibetano si chiamano "yi-ge sa-bon" ovvero significa che "danno vita" e che devono essere utilizzate per generare gli elementi di una visualizzazione, dal momento che ogni fenomeno "puro" o "impuro" prende origine da quella sillaba seme. Puro o Impuro, buono o cattivo, bello o brutto ed il suono non è nostro ma è creato, è stato creato in una terra a noi sconosciuta ed inaccessibile, in una lingua non umana e quindi incomprensibile e si fonda sulle "sillabe" non sulla frase. Secondo i tantra antichi, esistono sei destini e l'essenza di ognuno di essi è conservato nella sillaba seme a cui, oltre al suono viene dato anche un colore: • Bianco per i deva (A) • Verde per gli asura (SU) • Blu per gli umani ( NR) • Marrone per gli animali (TRI) • Cenere o giallastro per i preta (PRE) • Nero per gli inferni (DU) Questi i sei destini ed il loro colore, con il suono annesso, che vanno puliti purificati adottando delle sillabe che sono in grado di "invertirne la direzione" : A/ a/HA/SA (con l'accento sulla S) /SA/MA. Vi sono altre sillabe essenziali E = spazio, Yam = aria, Bam = acqua, Ram = fuoco, Lam = terra ed altre ancora, ma nessuno se non i Lhoan i liberati, è in grado di gestirne la potenza della creazione e della distruzione. I Lhoan sono irraggiungibili, salvo che non siano loro stessi a manifestarsi, sono conosciuti come i "cantori" ovvero coloro che cantano, a nessuno è permesso di avvicinarli. La loro esistenza è separata e protetta; rispettati, temuti, con una conoscenza che mai e poi mai trasmetterebbero a chi non appartiene al loro gruppo specialissimo e, se mi è consentito affermarlo, giustamente. 57 TASHI DELEK Come ho scritto l'uso delle sillabe seme può essere costruttivo e distruttivo, può creare ed annullare, può far bene e male, ma chi le usa consapevolmente deve avere piena consapevolezza delle quattro conoscenze sopra citate che non appartengono al genere umano, ma a chi vive in dimensioni differenti, che si è distaccato dal desiderio della vita e del suo "vivere" che ha compiuto e terminato il ciclo delle esistenze, un ciclo sferico, non ascensionale. Nessun Lhoan desidera la vita e la sua precaria manifestazione fatta di rabbia, di desiderio, di ignoranza, di sopraffazione, nessun Lhoan vuole essere "umano" e a loro è stato consegnato il segreto della forza generatrice e della forza distruttrice del suono, laddove la vita e la morte non hanno più alcun senso d'essere poiché elementi di una manifestazione ritenuta inferiore ma degna d'essere come ogni esperienza, poiché in ciò che è l'universo è contenuta ogni cosa senza differenza alcuna, differenza che è solo il frutto di una mente umana che ancora desidera essere distaccata dal tutto, dove l'Io o l'altro hanno un senso, ma non è assolutamente detto che quel senso rappresenti la Vita nella sua completezza. Cosa è il male e cosa è il bene se non il frutto di scelte in funzione di un chi o di un cosa che spesso prende il nome di "potere"? Ma per esercitare il potere sarebbe necessaria una consapevolezza che non ci appartiene e il riconoscimento dell'umiltà di questa vita che è solo un frammento di uno spazio infinito, intangibile che presumiamo di conoscere, rivestendoci dell'unica cosa che ci impedisce realmente di Essere, la presunzione di sapere e di essere il "Tutto". 58 TASHI DELEK XVII La stanza era illuminata più dal fuoco del camino che dalle lampade. La ricerca del tepore e della quiete ci riuniva, tutte le sere, intorno a quel fuoco, ognuno impegnato in ciò che preferiva a far trascorrere il tempo prima della notte. Fosco sfogliava e riordinava le fotografie che aveva fatto in quei cinque mesi, la pipa spenta al lato della bocca, il maglione girocollo e l'immancabile berretto di lana. Si accorse che lo stavo guardando, prese la pipa con la mano destra e mi fece cenno di avvicinarmi: "Ti ho scattato qualche foto, le vuoi?". Mi venne quasi da piangere, quella frase detta così mi ricordava che presto sarei tornata a casa e non volevo. Mi prese le mani e mi tirò giù a sedere sul tappeto. "Sei stata brava, le tue relazioni sono molto interessanti e ne terrò conto. Chi lo avrebbe mai detto che uno scricciolo del genere si sarebbe rivelata anche utile?!". Mi passò alcune foto, fra cui anche una raffigurante una 59 TASHI DELEK costruzione. Pensando che avesse sbagliato la scartai e la resi, ma Fosco mi guardò divertito e mi disse: "E' tua anche quella, è la moschea di Hebalin nella zona vecchia di Lhasa ed è stata costruita dai commercianti islamici tibetani intorno agli anni 20. Magari ti viene voglia di fare una ricerca." Avevo sentito parlare dei musulmani tibetani, non erano molti, ma la loro presenza in Tibet era registrata nel “Kitab Mu’jamu-l-Buldan” (L’Enciclopedia dei Paesi) da Yaqut ibn Abd Allah al-Hamawi vissuto intorno al 1200. Negli antichi testi tibetani si scrive di musulmani provenienti, intorno al XII secolo dal Kashmir e dal Ladak, chiamandoli “Khache Yul”. Sapevo delle moschee costruite e poi distrutte dai cinesi dal 1959 e sapevo che avevano dovuto subire numerose e cruente persecuzioni con conseguente dispersione e fuga verso l'India solo quando, dopo un anno di tentennamenti, il governo di New Delhi concesse a tutti i tibetani musulmani il diritto di cittadinanza. Alcuni, dopo essersi riorganizzati, preferirono tornare alla loro terra d'origine il Kashmir, ma risulta la loro presenza anche in Arabia Saudita, in Turchia e in Nepal. I musulmani tibetani hanno dato molti contributi al Tibet, ma il principale è quello musicale, infatti la musica popolare tibetana si chiama "Nangma" e deriva dal termine urdu "Naghma" che tradotto significa "canzone". Ovviamente il contributo dei musulmani al Tibet non si riduce solo alla canzone, al suono. Abili commercianti, incredibili studiosi e rappresentanti di una forma di dottrina sincretica in cui prevale il misticismo Sufi. Fosco probabilmente sapeva bene che quella foto avrebbe scatenato la mia curiosità, in un attimo mi tornò alla mente una frase che avevo sentito: "Un Maestro Sufi, non ti dirà mai che è un Maestro, ma starà in silenzio". Mi era chiaro un parallelismo che fino a quel momento non avevo considerato: i Lhoan non si dichiaravano, come non si dichiaravano i Sufi. I Lhoan usavano il canto, i mantra, i musulmani avevano introdotto la musica popolare tibetana, la "Nangma". Avevo visto coi miei occhi la guarigione di un giovane che oggi si definirebbe "malato terminale", il tutto a distanza, senza strumenti, se non quello dell'uso della voce. Sobbalzai a questi pensieri e Fosco tranquillamente mi disse: "Hai tutta la vita davanti, sei giovane, non ti fermare mai, cerca lo puoi fare." Il nostro capo spedizione mi creava un certo imbarazzo, non parlavo spesso con lui, solo la sua figura incuteva rispetto e a me sembrava che vedesse anche le cose che non osavo nemmeno dire a me stessa, ma complice l'atmosfera, osai: "Fosco, tu credi che il suono possa 60 TASHI DELEK realmente creare? Tu pensi che in questa terra isolata siano nascosti segreti a noi inaccessibili. Perché molti vengono qui da sempre alla ricerca di qualcosa? Tu cosa stai cercando?". Rise come non avevo mai sentito, mi frullò la testa con la mano e mi accarezzò i capelli come solo un padre avrebbe fatto: "Vuoi la risposta su cosa sto cercando? Ebbene non lo so! Tu lo sai? Ed anche se lo sapessi che importanza avrebbe, cercheresti comunque. Come noi ci si nasce, non si diventa. Ascoltami perché te ne parlerò una sola volta, poi sarai tu a continuare la tua ricerca, proprio perché è la tua. Toccami, mi senti; guardami, mi vedi; annusami, senti il mio odore; ascoltami, senti le mie parole e se ti chiedessi di darmi una leccata sulla mano sentiresti anche il mio sapore. Ma ora pensami, con cosa lo stai facendo? Usi forse uno dei cinque sensi? No cara, non puoi, nessun senso ti aiuta a cercare il mio ricordo, nessuna mediazione, nessun contatto e questo è "magia" o almeno così crediamo. Non abbiamo nessuno strumento per misurare il pensiero, non lo abbiamo ancora trovato, ma se tutto ciò che viviamo è una "manifestazione" materiale, allora anche il pensiero lo è. La differenza sta nel fatto che non lo possiamo controllare con la nostra tecnologia, sappiamo che esiste, ma non sappiamo chi lo produce e non dirmi, per favore che è il cervello, commetteresti un abuso da ignorante presuntuosa. Il cervello umano è qualcosa di assolutamente sconosciuto è il mistero del mistero, chi vuole sminuirlo ne parla come di un macchinario quasi perfetto, certo ogni tanto si guasta e fa danni, ma non è un macchinario è qualcosa di più, è un miracolo. Tu credi che in un mondo materiale, tu credi che la materia possa produrre qualcosa che non sia anch'esso materiale? Se tu mi rispondessi di si, potrei dirti che mi hai risposto fondandoti su un errore, non tutto ciò che non si vede o non si sente non esiste, è solo che non riusciamo ancora a classificarlo, a studiarlo, a conoscerlo e a schedarlo, ma esiste, esiste, fidati ed è ancora materia, sottilissima, inesplorata materia. Chi usa il suono, chi lo sa fare, usa delle vibrazioni, sottili o pesanti che siano, usa uno strumento che non conosciamo ma che presumiamo di conoscere. Ecco perché la parola è "sacra" o dovrebbe essere trattata come sacra, ancora di più la musica e la sua armonia. Col suono si crea o si distrugge, ma tu questo già lo sai, quello che non sai è come farne uso. Quando penserai ai Lhoan, ai cantori, ai liberati, che sono la stessa identica cosa, dovrai domandarti da dove deriva la loro consapevolezza, la loro conoscenza. Dovrai domandarti chi, prima di loro, aveva le chiavi di un qualcosa che è stato smarrito e dovrai domandarti se è un bene cercarle per poi donarle a chi non saprebbe ancora farne uso". 61 TASHI DELEK Smarrita, ammutolita, incuriosita, carica come non mai, seppi solo dire grazie. Il rude, silenzioso Fosco, aveva parlato. Colsi solo un "Così sia, Amen" uscire dalla bocca di Giorgio. Mi voltai, sorridevano tutti, divertiti forse dal mio apparire confusa e assente. Augurai a tutti la buonanotte e mi ritirai pensando che avrei dovuto cercare Tenzin, era già troppo che non lo vedevo e avevo tante domande per lui sull'Islam, sui Cattolici, sui Gesuiti, sui mantra, sulle preghiere, sul suono ed ora anche sul pensiero. 62 TASHI DELEK Inciso - L'idea di Anima Ho bisogno di fare una doverosa premessa. E' circa una settimana che tento di continuare il mio racconto che è steso senza alcuna pretesa di insegnamento o di indirizzamento. Nella mia vita ho avuto modo di fare determinate esperienze e di poter comprendere alcune cose, naturalmente non tutte, come è ovvio. Quando iniziai a raccontare la mia esperienza giovanile in Tibet, non sapevo dove sarei arrivata, per me era un racconto, un gioco a cui ero certa partecipassero in pochi. I messaggi privati che ricevo, sono tanti e così pure l'apprezzamento che mi state dimostrando e di cui vi ringrazio. Ora ho una difficoltà determinata dal fatto che dovrei scrivere della NON presenza dell'Anima nel buddhismo. Esiste, qui in occidente una confusione di base a cui ha contribuito il fatto che nella lingua indiana "attan/atman", viene utilizzato come pronome riflessivo. Ad esempio in Dhp 157( Attavagga: Il Sé) tradotto dal pali si legge :"Chi si considera gradevole, si protegge con zelo". Il primo "si", in pali, è scritto con "attan" (accusativo), ma l'autore non si riferisce all'anima, ma al pronome riflessivo. Questa parte tecnica mal si adatta ad un 63 TASHI DELEK romanzetto senza pretese e quindi accenno solamente. Durante i miei studi, rimasi letteralmente sconvolta nel comprendere che il Buddha critica aspramente la dottrina dell'anima, negandola e che i motivi sono essenzialmente tre : • Un anima eterna contraddice la "transitorietà" della natura • La fede nell'anima è la causa del dolore • Se esistesse un'anima immortale, non sarebbe possibile la soppressione della dolorosa "individualità" ed infine l'estinzione nel Nirvana. Questa che segue è la conversazione del Buddha nel monastero di Jetavana: "Monaci, potreste impossessarvi di qualcosa che fosse costante, duraturo, eterno, esente dalla possibilità di diventare qualcos'altro e capace di restare sempre uguale? Conoscete un simile oggetto?" "No, signore". "Bene, monaci, nemmeno io conosco un simile oggetto. Potreste, monaci, appropriarvi di una dottrina dell'anima da cui non scaturiscano pena, dolore, tristezza e disperazione?" "No, signore" "Bene, monaci, nemmeno io conosco una simile dottrina dell'anima... Se vi fosse un'anima (attan), monaci, non vi sarebbe anche qualcosa che appartiene ad essa?" "Si, signore" "O se vi fosse qualcosa che appartenesse all'anima, non vi sarebbe anche un' anima? " "Si, signore" "Poiché non vi sono un'anima, né qualcosa che appartenga all'anima, la teoria secondo cui dopo la morte sarò costante, duraturo eterno, esente dalla possibilità di diventare qualcos'altro ed eternamente lo stesso è tutta una teoria e una dottrina dei folli" "Davvero, signore, come potrebbe NON essere tutta una dottrina dei folli? ( M 22 §22-25) 64 TASHI DELEK Premesso che non credo nell'esistenza storica del Buddha, ciò che ho riportato è il succo della dottrina della NON Anima, nel buddhismo. Credere nell'Anima per i buddhisti è indice di caos, contraddizione e follia, la stessa che vedo prosperare nei gruppetti di meditazione occidentale, nelle scuole che insegnano la ricerca di un Sé superiore ed indissolubile, l'esatto opposto del pensiero buddhista, quel pensiero che se ben compreso ci avvisa che credere in un ente superiore di se stessi che si conserva dopo la morte è foriero di dolore, disperazione e follia. Dette queste belle parole, cercherò di ridimensionare il discorso al "romanzo" iniziale che, ripeto, vuole e deve essere solo una traccia per chi è intenzionato a fare una ricerca seria che sia però, solo sua. 65 TASHI DELEK XVIII Durante la festa del "Lhabab Duchen" si festeggia la discesa del Buddha dal cielo alla terra. E' uso fra i tibetani occuparsi in attività virtuose e nella preghiera poiché le azioni, positive o negative, si crede vengano moltiplicate dieci milioni di volte. A novembre le temperature sono invernali anche se l'aria è limpida e il clima è asciutto. Quella mattina non avevo praticamente nulla da fare, così decisi di andare a fare una passeggiata. Spontaneamente mi recai nel posto in cui osservai la guarigione del giovane tibetano, sperando di incontrare Tenzin che da un po di tempo non vedevo. Mi incamminai ben coperta con lo zaino che conteneva le provviste necessarie per quella giornata. Strada facendo, allontanandomi sempre di più dal villaggio, mi prese l'inquietudine. Forse stavo sbagliando ad andare così sola per i sentieri ma non volendo cedere alla paura, continuai il cammino forzandomi e cercando uno stato di quiete. La mia mente cercava "spazi" tranquilli e rassicuranti, così facendo iniziai ad immaginare cose belle continuando a camminare. Dopo circa un'ora giunsi alla sommità della collinetta dove mi ero seduta ad osservare la guarigione del giovane; posai lo zaino per terra e guardai la radura. Distante vi era un laghetto, forse più una pozza d'acqua, dove mi sembrò di scorgere una figura. Afferrai il binocolo e guardai: era Tenzin assorto in meditazione. Scesi correndo per il sentiero ma, arrivata sul posto, non vidi nessuno. Interdetta, mi 66 TASHI DELEK fermai a respirare tenendo le mani sulle ginocchia e scuotendo la testa, mi ero sbagliata, in quel posto non c'era nessuno solo la terra e l'acqua. Lanciai lo zaino distante da me e delusa mi sedetti su un masso quando mi venne in mente che forse, così facendo, avevo distrutto la macchina fotografica. Scattai in piedi ghignando e dicendomi: "La pagherai 10 milioni di volte". "Forse non ti basteranno dieci milioni di vite per correggere la tua stizza, ma tu sei una creatura fatta così. Mi cercavi?!" Sussultai e quasi urlai il suo nome felice di sentirlo e di vederlo: "Tenzin sei qui, menomale, speravo proprio di vederti, è tanto che non vieni da noi, come mai?" "Mi piace questo "come", meglio un come di un perché. Non ci sono sempre delle risposte precise, esistono delle possibilità che alle volte non coincidono con altre. Come stai sorella?" "Ora che ti vedo meglio, grazie. Vorrei parlare con te, avrei bisogno di alcune spiegazioni." "Lo immagino! Mi hanno riferito delle tue ricerche. Hai scoperto che non siamo stati poi tanto isolati come si racconta. Hai scoperto che il nostro credo è un crocevia di religioni e di magia, che la nostra storia è più complessa e andrebbe riscritta. Hai scoperto che vi sono interessi diversi da quelli dichiarati e hai scoperto che il buddhismo è tutta 67 TASHI DELEK un'altra cosa rispetto alle favolette che vi hanno raccontato. Bene, sono fiero di te! Ricorda però che sei solo all'inizio e che il tuo è un percorso solitario destinato ad un silenzio assordante. Le risposte ti giungeranno nel tempo e col tempo, lentamente, poiché la vera conoscenza è fatta di mille sfaccettature. Alcune le troverai nei libri, altre dentro di te, altre ancora ti colpiranno come intuizioni e ti sembrerà di averle sempre avute, di averle sempre comprese anche se non erano chiare ancora alla tua coscienza." "Tenzin, mi puoi parlare dei Lhoan, dei mantra, del "pensiero umano". Chi siete, cosa sono, cos'è?" E poi del suono, ti prego, dimmi il segreto del suono!" "Non risponderò in ordine alle tue domande, ma lo farò volentieri e solo per quello che reputo possa essere utile. Credo che comprenderai il limite che pongo, del resto se non è utile, non potrà altro che confonderti." Un silenzio beato, un cielo limpido, l'odore della terra e dell'acqua. Il suo vestito candido, il suo sorriso e quel tono di voce che invitava all'ascolto, non avevo bisogno d'altro, avrei voluto che il tempo diventasse eterno. "Gli scritti teosofici, raccontano che nei nostri monasteri esistono esseri immortali che possono dirigere tutta l'evoluzione umana. La Blavatsky ne parla come di Maestri Ascesi, raccontando di esserne venuta in contatto. Naturalmente non è vero, o meglio, è vero che esistono persone con grandi poteri che si pensa siano in grado di reincarnarsi scegliendo un corpo e un ruolo da svolgere nella vita. Costoro non sono esseri evoluti, come si vuole far credere, ma esseri ancora "attaccati" alla vita, al desiderio della vita. Le loro altissime qualità, vengono quindi riconosciute e messe al servizio di particolari interessi, sia sociali che politici, che servono di buon grado e questo si chiama esercizio del potere su altre creature. La Grande Loggia Bianca, di cui si favoleggia, non esiste in quanto non può esistere una confraternita segreta di cui si può parlare. Se è segreta è segreta, non ti pare? Così come non possono esistere discepoli di Maestri segreti che si dichiarano allievi, al massimo costoro sono stati ingannati dalla loro voglia di prevalere, dal loro io o ego, se preferisci. Si avvalgono dei sentimenti creando illusioni romantiche in cui molti, anziché trovarsi, si perdono. Se esistesse una "fratellanza segreta" che protegge l'umanità, non sarebbe come la puoi immaginare. Il primo vincolo che romperebbe, sarebbe il vincolo religioso che è solo condizionante, quindi nessuna Loggia né bianca né nera. Qualcuno racconta anche di meditazioni e di visualizzazioni che avrebbero lo scopo di liberare lo Spirito, il Sé superiore, in realtà tramite la meditazione si libera 68 TASHI DELEK dell'energia, il più delle volte sconosciuta e non riconoscibile nella qualità, così come il fuoco può scaldare o bruciare. Recitare un mantra, senza conoscere lo scopo preciso, può, tramite la ripetizione di una invocazione, creare un suono costruttivo o distruttivo, fino a creare delle illusioni che possono controllare e modificare le azioni di una persona. Se più persone si uniscono ripetendo un suono emettono delle "onde" che si inseriscono su altre frequenze, andando a modificare persino le aspirazioni e gli ideali. Sei stupita vero? Allora ti dirò che il mio è anche un discorso scientifico che ha un fondamento scientifico, di cui si sta occupando attivamente la fisica. Magari oggi non ti sarà del tutto chiaro ma in futuro, forse, ne sentirai parlare. Tu vieni da una terra che ha avuto grandi esponenti della Fisica. Fermi e i suoi allievi, hanno scoperto l'energia nucleare, ma ve ne è uno in particolar modo che ha lasciato un grande contributo che ancora è di difficile lettura. Cercherò di spiegarlo il più semplicemente possibile. Alcune particelle della materia hanno caratteristica di onde e quindi non sono oggetti puntiformi e non possiedono una ben definita coppia di posizione e quantità di moto. Un'onda sonora varia nel tempo, quindi per conoscerla dovremmo sapere le frequenze esatte che compongono il segnale in un dato momento. Frequenza e Tempo quindi, ma la cosa non è possibile in quanto per determinare la frequenza del suono è necessario campionarla in uno spazio di tempo, perdendo quindi il tempo reale in cui il suono si diffonde. Un suono, se osservato, non può avere sia un tempo preciso, come in un breve impulso, sia una frequenza precisa, come in un tono puro continuo. Se osservi il tempo della frequenza perdi il moto e se osservi il moto perdi la frequenza. Insomma vibrazione e oscillazione non sono la stessa cosa ed è qui che è nascosto il segreto del suono ed anche dei sensi, insomma è tutto indeterminato, così come indeterminati e imperfetti sono i sensi. Per farti un altro esempio, se tu vedessi camminare una persona da un punto A ad un punto B e volessi fermarne il moto, dovresti fermarne anche l'oscillazione, altrimenti la tua visione non sarà chiara ed infatti chiara non è. Una persona, mentre cammina, oscilla anche, ma tu vedi solo che cammina e pensi che sia una sola cosa. Credere di gestire un suono, cogliendone un solo aspetto è terribilmente sbagliato e porta a gestioni sconosciute. Un suono è in grado di agitarti o di calmarti, pensa solo alle tue preferenze musicali che, essendo tue, sono particolari, che quando le ami ti fanno venire i brividi e ti commuovono e quando non ti piacciono le escludi. Ma il suono che senti, che tutti noi sentiamo, rientra in una determinata fascia di ascolto. Gli animali ne percepiscono altre per noi inudibili, ma che esistono, che ci raggiungono anche se non le sentiamo e ci condizionano nello stesso identico modo di quelle che riusciamo a sentire: o ci piacciono o ci 69 TASHI DELEK disturbano. Chi conosce il segreto del suono conosce anche il segreto della musica e sa quale sia la sua efficacia costruttiva o distruttiva. Chi conosce questo può creare e distruggere ed è in assoluto l'arma più pericolosa. Recitare dei mantra senza conoscerne il significato è presunzione pura, è voglia di prevalere sull'altro, è giocare con un fuoco sconosciuto e pericolosissimo. Dovrai impegnarti anche nel campo della fisica se vuoi capire di più. Esiste la "cimatica" che è la "scienza delle onde", il mondo è suono ed in sanscrito si dice "Nada Brahama", gli antichi lo sapevano: tutta la creazione è una sinfonia di suoni, di vibrazioni ed il suono, quando è armonico, vive; è vivente e crea la vita. Se il suono è disarmonico, la distrugge. Verrà un tempo che l'umanità creerà dagli ultrasuoni, produrrà reazioni nucleari ultrasoniche in grado di creare neutroni ed energia pulita, in grado di creare la vita, senza devastanti reazioni nucleari radioattive e ogni cosa potrà essere osservata senza paura e con rispetto. Sarà allora giunto il tempo della collaborazione, il tempo della gioia e della chiara visione. I segreti saranno rivelati e tutti scopriranno di far parte di un Tutto che si auto organizza così come nella Materia anche nello Spirito." 70 TASHI DELEK XIX Un aquila volteggiava nel cielo sopra di noi. Tenzin mi prese per mano e mi portò vicino all'incavo di una roccia dove saremmo stati nascosti alla sua vista. "La vacuità non svuota le cose del loro contenuto, non è il nulla, ma è la vera natura delle cose e il modo di apparire in maniera interdipendente. E' il modo reale di essere in sé e per sé, dove l'assenza di sostanzialità di un fenomeno, lo rende essenza. Si tratta insomma di una assenza di identità propria, è l'assenza dei raggruppamenti dei fenomeni e del raggruppamento di soggetto che percepisce e di oggetto percepito. La vacuità dei fenomeni è l'assenza di dualità soggetto-oggetto che si dispiegano illusoriamente all'interno della Coscienza che è unica e reale, in cui ogni "io" di tutti i fenomeni e di ogni auto consapevolezza si annulla. Una "vacuità" mal compresa può diventare pericolosa, può condurre al nichilismo, può diventare una formula "magica mal eseguita". Dovrai imparare a comprendere che ogni fenomeno manifesto, ogni creatura, svuotata di dualità "io e altro" sono altri te stessi che assumono solo forme diverse e degne di rispetto. Esiste una regola d'oro che recita "Non fare all'altro ciò che non vorresti sia fatto a te", presente non solo nelle religioni, ma nell'etica della reciprocità, è un valore fondamentale che crea equilibrio in un sistema interattivo. Più semplicemente potrai pensare 71 TASHI DELEK che l'altro, vivente e non, ha avuto in sorte una manifestazione differente dalla tua, ma che svuotata del suo apparire soggetto o oggetto sono, come te, un'unica realtà. Ad un certo punto della sua vita, l'essere umano, prende consapevolezza della propria esistenza in quanto individuo. Questo lo fa sentire separato ed elabora un suo pensiero individuale che se ben orientato può giungere alla comprensione che anche gli altri individui sono ugualmente auto consapevoli. Diversa è l'autocoscienza che vede lo sviluppo di una identità, ovvero la comprensione del nucleo della propria identità sviscerandone le caratteristiche e le proprie qualità in funzione delle quali si distingue dagli altri, oppure, si riconosce come cosa unica insieme all'altro. Insisto nel dire che individuo significa "indiviso", quindi unico; a questo il buddhismo si riferisce quando spiega la vacuità, non il nulla quindi, ma la vera natura delle cose ed il loro apparire fino a comprendere l'assenza di soggetto-oggetto e quindi di unica anima individuale ed indistruttibile ed indivisibile. Vorrei ora parlarti di sciamanesimo e della necessità di recuperare le tracce di una spiritualità millenaria che ha preceduto il buddhismo 72 TASHI DELEK tibetano. Una spiritualità composta di pratiche religiose antichissime pregna di tecniche mistiche che hanno coinvolto le pratiche sociali del nostro popolo nomade, come dei nomadi dell' Asia centrale in epoche passate e antiche. Un fenomeno "magico-religioso" che ha una lunghissima storia che affonda le sue radici in una tecnica arcaica dell'estasi in cui si entrava in contatto con le "anime" degli antenati e gli spiriti degli antichi e che si ritrova nel matriarcato che va dal 3000 a.C. fino all'apparire di altre influenze religiose e complesse del II secolo combinando il culto di diversi esseri e fenomeni naturali come le piante, le pietre, il vento, il fuoco, l'uomo, altri esseri e altre forze, in un periodo che va dai 5 ai 3 mila anni prima della nostra epoca. Volutamente faccio riferimento ad una datazione accettata dai vostri studiosi, anche se, in realtà, le cose sono diverse. Vorrei raccontarti un mito mongolo sulla creazione dell'universo: “Ocirvani (= Vajrapani) e Tsagan-Sukurty scendono dal Cielo sulla terra primordiale; Ocirvani prega il suo compagno di immergersi e di recargli del fango e, dopo aver spalmato questo fango su un tartaruga, si addormentano entrambi. Sopraggiunge poi il Diavolo, Sulmus, che tenta di farli affogare senonché man mano che li faceva rotolare, la Terra s'ingrandiva. Secondo un'altra variante, Ocurman, che vive in Cielo, ha deciso di creare le Terra e cerca un compagno; trovatolo in Tsagan-Sukurty lo manda in cerca di argilla a nome suo, ma questi s'inorgoglisce e grida: “Senza di me non avresti ottenuto argilla" e allora la materia gli scivola via tra le dita. Immersosi poi una seconda volta, prende la mota, stavolta in nome di Ocurman. Dopo la creazione ecco arrivare Sulmus, che chiede una porzione di terra, esattamente quanta riesce a raggiungere con la punta del suo bastone: quindi Sulmus percuote il suolo col bastone, ed ecco comparire dei serpenti." Argilla, soffio vitale ovvero anima e avversario. Immagino che ti ricordi qualcosa, o sbaglio? Vedi, credo, che col concetto di "vacuità" si superi un qualcosa di primitivo, di maggiormente separante, in cui l'individuo non è più diviso, ma unico, sciolto in un tutto, insomma "assoluto". Ma ora ho detto anche troppo e fra breve sarà buio ti riaccompagno un pezzo, così non sarai sola. 73 TASHI DELEK XX Fai solo ciò che ti fa sentire bene. Segui la tua naturale curiosità ed avvaliti dell'intuizione. Lei, l'intuizione, non ti ingannerà mai perché cresce sempre con te. Tenzin Seguivo, lungo il sentiero, Tenzin, in silenzio, avvolta nei miei pensieri. Le informazioni che avevo ricevuto, quel giorno, erano tante e cercavo di mettere ordine. Non sapevo da dove avrei potuto iniziare; tutto, delle informazioni ricevute, mi colpiva e mi appassionava. Camminando strappai una foglia, la annusai e poi con gesto inconscio inizia ad accartocciarla per buttarla via. La mia mano si fermò improvvisamente e il mio pensiero andò a quella forma di vita vegetale. Ne osservai la perfezione delle venature, il colore, la lucentezza, tutto mi riportava a quella "energia" che aveva dato vita alla foglia come ad ogni altra creatura. Le pietre, sotto le mie scarpe, scricchiolavano e mi parve di sentirne la voce. Mi dissi che ero scossa a causa della mole del discorso fattomi da Tenzin, ma non riuscì ad evitare le parole che mi uscirono dalla bocca: "Io sono te, tu sei me". Tenzin si fermò e col sorriso più grande che gli avessi mai visto continuò: "E noi siamo Dio". 74 TASHI DELEK Una emozione profondissima, una gioia immensa, la consapevolezza del miracolo della vita ed infine il riconoscimento sacro dell'altro, chiunque esso fosse, mi spinsero ad abbracciare Tenzin come in un impeto incontrollato. Le mie braccia si avvolgevano intorno al suo corpo, ma non lo sentivo, mi pareva di abbracciare me stessa, niente era più solido, niente aveva forma, nemmeno io. L'impressione fu che i sensi mi avessero abbandonato, ma lo schiocco di un rametto spezzato sotto i miei piedi, mi riportò alla realtà. Tenzin prese la foglia dalle mie mani e raccolse una pietra: "Vedi le nostre forme sono diversissime, le nostre cellule sono simili, ma biochimicamente siamo identici. E' la forma che cambia e che occupa uno spazio, se tu fossi in grado di dilatare la percezione delle cose o degli esseri viventi, ti apparirebbero come un universo in cui tutto si replica identico a se stesso. Il nucleo della materia è identico sia per la pietra che per la foglia come per te. Nell'infinitesimamente piccolo, come nel macroscopicamente grande, la base è la stessa, la puoi scomporre o comporre come ti pare, il nome sarà sempre lo stesso: energia. In antichità era un qualcosa di magico, oggi è qualcosa di divino, il succo non cambia. Lo sciamanesimo è una forma di religione in cui si includono culti di diversi fenomeni naturali come animali, piante, pietre, vento esseri e forze. Naturalmente lo sciamanesimo nasce in un periodo in cui l'uomo e l'ambiente naturale erano in stretto contatto fra di loro. Lo sciamano aveva una capacità di previsione relazionata alla penetrazione da parte di una mente più avanzata nei segreti dello spazio e del tempo. A lui era data la capacità di guarigione tramite invo-cazioni destinate ad interagire con le forze naturali di cui possedeva il segreto. Gli sciamani penetrano i misteri di spazio e tempo e i loro riti erano necessari ad aiutare gli altri nel superamento del dolore e della sof-ferenza. Loro sono in grado di raggiungere i più elevati livelli di coscienza. Gli sciamani, in antichità, erano i capi religiosi, coordinatori dell'ordine pubblico e di unificazione del sociale con lo spirituale. A loro era consegnata la protezione degli altri esseri e la possibilità di penetrare i segreti del "cielo" con cui erano i mezzi di contatto per il servizio all'altro, un altro che tu ora, hai compreso, non è per nulla diverso da un "se stesso". Ma da dove giungono i loro riti? La divinizzazione del fuoco che sai bene essere energia? Chi organizza la vita e la natura? Non vedi che è tutto perfetto? Chi ordina quel piccolo segnale elettrico che accompagna la manifestazione? Non delle coscienze, ma la Coscienza che agisce come un disegno intelligente e autoorganizzante. Ogni cosa si "auto-organizza" e tende all'auto organizzazione. Puoi credere che esista il caos o sarebbe meglio che tu 75 TASHI DELEK pensassi ad esso come ad un qualcosa di non ancora auto organizzato che si sta organizzando?. Ora ti lascio, non voglio farmi vedere al villaggio. Se vorrai pensare a quanto ci siamo detti, fallo, ma fallo con l'occhio della mosca, ovvero a 360°, riconoscendo al parziale il suo lato opposto e viceversa. Un inchino a te sorella carissima." Confusa, ero assolutamente confusa, il primo istinto di fronte a quella mole di informazioni era di abbandonare tutto. Un senso di impotenza, di incapacità di comprensione, di mancata elaborazione dei dati, mi prese e mi gettò nella prostrazione. Giovanna, mi venne incontro preoccupata: "Dove sei stata? Ti abbiamo cercato tutto il giorno, ci farai morire con tutte le tue fughe!" La superai senza rispondere, mi tolsi le scarpe sulla soglia della casa e mi diressi in camera mia muta, senza salutare, fra gli sguardi preoccupati ed affettuosi degli altri, ma avevo solo bisogno di dormire, di isolarmi. Ogni cosa, ogni persona, avrebbe avuto un peso diverso, avrebbe meritato una maggiore attenzione. Stava crollando tutto quello che avevo costruito in venti anni di vita, ma ero giovane e avrei avuto il tempo di crescere ancora. 76 TASHI DELEK XXI In Tibet esiste una religione più antica del buddhismo che ancora, seppur in modo minore, sopravvive. I culti più antichi, rintracciabili, raccontano di quella che è chiamata "la religione dell'uomo" che si fa risalire a circa 18.000 anni fa. La leggenda raccontata dai Bon-po, precursori del buddhismo tibetano; narra che il fondatore del Bon fu Shenrab-ni-bo (sacerdote-uomo eccellente), ma è già una leggenda, così come raccontata, del tardo Bon che si può collocare intorno al XII secolo. Le scarse tracce ci conducono tuttavia a determinare diversi tipi di Bon precedenti al XII secolo e costituiti da un insieme non organizzato di indovini, esorcisti, maghi e ritualisti. Ancora oggi sono visibili delle costruzioni, tipo impalcature, che servono a catturare i demoni per renderli inoffensivi e, contemporaneamente, permetterebbero allo sciamano insieme al suo tamburo, di salire al cielo dove poter raccogliere i consigli per proteggere i capi clan, curare le malattie, guidare i morti nell'aldilà e compiere esorcismi. Come ho scritto il Bon è una delle religioni che ancora sopravvivono in Tibet ed è stata riconosciuta dal Dalai Lama come la quinta religione. La mitologia racconta che i Bom-po provengono da una regione chiamata Lungring Olmo che sarebbe la "terra del non ancora nato" (OL= non nato MO= senza spazio). In questo luogo vivevano in antichità tre fratelli che sotto la guida del sapiente Bumtri Logi avevano studiato le dottrine Bon. 77 TASHI DELEK Il luogo in cui vivevano era un paradiso, chiamato "Sipa" da cui potevano osservare il "mondo vivente". Impietositi dalla miseria, il dolore e la sofferenza del "mondo vivente", i tre fratelli chiesero a Bumtri come poter alleviare simili miserie. Bumtri fece loro la proposta di diventare, in epoche successive, i "capi" dell'umanità. Il più vecchio dei tre fratelli si occupò quindi dell'era passata, il secondo dell'era in corso ed il terzo si occuperà dell'era a venire. Shenrab, il secondo fratello, scese quindi 18.000 anni fa sotto forma di uccello dal piumaggio variopinto, nascendo nel palazzo del Barpo Sogye a sud del Monte Yungdrung Gutseg , in forma di principe. La storia che si racconta in seguito è quasi del tutto simile alla storia del principe Siddharta, ovvero il Buddha. Molto interessante è la leggenda che descrive il monte Yungdrung Gutseg che si erge al centro della mitica regione del Lungring Olmo, ovvero del mai nato e fuori dallo spazio (non tempo, non spazio). Il monte sarebbe una piramide a nove svastiche alla cui base scorrerebbero, nelle quattro direzioni, quattro fiumi. La montagna è circondata da templi, città e parchi e a sud si troverebbe la città in cui è nato Shenrab. A ovest e a nord sono collocati i palazzi dove vivono le mogli e i figli e sono considerati luoghi di preghiera. Esistono poi una regione interna, una intermedia ed una esterna, il tutto circondato da un oceano e da altissime montagne innevate. Il tutto ovviamente ricorda la mitica regione di Zhambala che spesso viene a sua volta identificata col monte Kailash. Di cosa sia collocato ad est, non si fa cenno, ma colpisce il ripetersi del numero tre: tre fratelli, tre luoghi e il ripetersi dei suoi multipli; dodici città. Personalmente credo che il quarto essere potrebbe venire rappresentato da Bumtri il saggio e, il quarto luogo, dal non luogo. Di Shenrab si racconta che decise successivamente di rinascere in un paese occidentale, probabilmente l'Iran. Un raggio di luce bianca in forma di freccia penetrò il cranio del suo padre umano, mentre un raggio di luce rossa entrò nella testa di sua madre. In queste due immagini: il raggio a forma di freccia bianco e la testa della madre colpita da un raggio rosso e divenuta tutta rossa, si può cogliere una analogia impressionante con lo spermatozoo e la cellula uovo, ma non esistono 78 TASHI DELEK certezze a questo proposito. L'apparire di Shenrab, nel mondo dei viventi, fu un'esplosione di colori come un arcobaleno rappresentato graficamente da un uccello dai cinque colori: bianco, rosso, giallo, verde e blu. Shenrab, una volta raggiunta la terra, fronteggiò il principe dei demoni; perseguitò e dominò, grazie ai suoi poteri magici, tutti i demoni che riuscì a trovare e questi, in segno di sottomissione, gli consegnarono gli oggetti e le formule che contenevano l’essenza dei loro poteri. Quindi, i demoni si convertirono in guardiani della dottrina e delle tecniche del Bon, il che equivale a dire che Shenrab rivelò ai bon-po le preghiere che avrebbero dovuto dirigere agli dèi e i mezzi magici per esorcizzare i demoni. Dopo aver instaurato il Bon in Tibet e Cina, Shenrab si ritirò dal mondo, si diede alle pratiche ascetiche e, come il Buddha, raggiunse il nirvana. Inutile sottolineare la quantità di analogie fra la tarda dottrina Bon e il buddhismo tibetano. Inutile dire che il buddhismo tibetano è il sincretismo di diverse religioni che si sono incontrate, fuse e perfezionate in centro Asia nei secoli, in particolar modo il Tibet è stato crocevia di induismo, buddhismo, islamismo, cattolicesimo che si sono fusi e mischiati ad una pratica più antica, quella dello sciamanesimo conosciuta come "Religione dell'uomo". Un uomo ancora in profondo contatto con la natura e le sue forze, un uomo stupito e catturato dalla "magia" degli elementi e della forza, un uomo che sapeva dare un valore all'energia Prima, presente in ogni luogo ed in ogni tempo in cui la vita si manifesta per percorrere uno stato di "non quiete" quindi di moto che conduce ad aspirare alla pace e al perfezionamento non dell'esistente, ma dell'esistito. 79 TASHI DELEK XXII "Il fuoco è sempre vivo, in continuo movimento; è in ogni momento diverso dal momento precedente, ma allo stesso tempo sempre uguale a sé stesso" "Nello stesso fiume scendiamo e non scendiamo" "Siamo e non siamo" L'unità dei contrari del pensiero di Eraclito aveva fatto riflettere menti più grandi della mia. Guardando il fuoco che ardeva nel camino, vidi che le fiamme erano diverse ma sempre uguali a se stesse, così come l'acqua di un fiume è sempre acqua, ma se ci immergiamo in esso, non sarà mai la stessa acqua a bagnarci. Anche l'umanità è costituita da uomini, come le fiamme sono parte del fuoco e un insieme di gocce d'acqua possono formare un fiume che scorre ma di acqua diversa. Nel mondo del divenire tutto scorre e muta anche se è solo l'apparenza. L'origine, invece, che genera l'apparire, sembrerebbe sempre la stessa: le fiamme rappresentano il fuoco, le gocce d'acqua, l'acqua e l'uomo, l'umanità. Il termine "arché" che non avevo ben compreso, iniziava a diventarmi famigliare come forza prima da cui tutto si genera e a cui tutto ritorna, inizio e fine, costruzione e distruzione, origine e principio così come fine e dissoluzione. Cosa era che stabiliva, che aveva stabilito che il principio fosse quello e la fine fosse quell'altra? Chi aveva impresso l'ordine, il ritmo del procedere delle cose e della vita? Perché da un certo punto in poi, riconosciamo la nostra appartenenza ad un genere, nel nostro caso quello umano? Una mano invisibile sembrava guidare le cose portandole 80 TASHI DELEK ad auto organizzarsi stabilendone l'appartenenza. Mi sembrò di individuare quella mano invisibile nella coscienza, ma non era ancora sufficiente, poiché ogni cosa, come il fuoco e l'acqua erano organizzate, ma probabilmente non sapevano di esserlo, mentre l'uomo, la mente dell'uomo, raggiunge sempre un auto consapevolezza che è il riconoscimento della propria esistenza. Siamo individui, siamo persone diverse e distinte, abbiamo un nostro pensiero, ma il comprendere ciò che noi siamo intimamente implica uno sviluppo di una identità che non è solo consapevolezza in quanto nella ricerca del "noi stessi" è necessario che la coscienza riconosca se stessa, dando vita ad un nucleo, su cui costruiremo la nostra personalità. Nel buddhismo la coscienza è colei che ci fornisce la possibilità di conoscere distintamente l'identità oggettiva di tutti i fenomeni; è, insomma, la conoscenza degli aspetti. Attraverso la coscienza abbiamo la facoltà di conoscere le forme, i suoni, gli odori, i fenomeni tangibili e tutti i fenomeni sensoriali inclusi quelli mentali che appartengono a degli "aggregati". Anche la coscienza è un aggregato ed è divisa in diversi altri aggregati o coscienze che in tutto sono sei: cinque sensoriali e una mentale ciascuna provvista di una sua base interna che si esplica nei sensi dandoci la possibilità di cogliere un oggetto esterno o interno che sia. La coscienza principale (citta in sanscrito, sems in tibetano) è la mente che è sempre accompagnata dai "fattori" mentali. La coscienza, per il buddhismo, raccoglie i caratteri generali degli oggetti, mentre i fattori mentali colgono i caratteri specifici dell'oggetto. E' come se la coscienza principale disegnasse uno schizzo e i fattori della coscienza, lo riempissero colorandolo. La coscienza mentale, fisicamente non esiste, ma per il buddhismo è solo un attimo, un momento di precedente coscienza, un punto collocato su di una enorme sfera fatta di miliardi e miliardi di punti che contiene il tutto manifesto e a cui ci colleghiamo nascendo, a cui, potremmo giungere solo tramite la consapevolezza del nostro intimo nucleo di identità e di appartenenza. Non condivido totalmente il pensiero buddhista. Non spiega cosa sia quell'attimo di coscienza precedente che ne forma un'altra. Sicuramente è 81 TASHI DELEK utile per comprendere che la coscienza è un "attimo" e quindi trova la sua collocazione in spazio e tempo, così come l'arché, ma lo spazio e il tempo regolano un divenire che non può provenire solo dal suo contrario e viceversa. Essere o non essere fanno parte di un'unica sostanza che si esplica, ma , solo nella materia. La materia non è Tutto, ma solo un qualcosa: il mondo dei viventi ed anche dei morti perché sia l'uno che l'altro sono manifestazioni colte dai sensi e dalla mente, così come dalla coscienza e dall'auto consapevolezza. Così come il pensiero altro non è che un prodotto della mente che è un prodotto della materia in un processo continuo di formazione di idee, di concetti di immaginazione, di desideri, di giudizi, di ogni raffigurazione che appartiene al mondo manifesto sia che il processo sia conscio o inconscio. Ma qui, in questo mondo fatto di confronti continui noi lo manifestiamo e, a noi, è data la possibilità di comprendere non solo ciò che ci circonda, ma quello che ci fa sentire distinti, diversi seppur uguali e che infine potrebbe portare a concludere che "Tu sei me, io sono te, noi siamo Dio." 82 TASHI DELEK XXIII Una mattina in cui il freddo era più che pungente, partimmo per andare ad incontrare lo "sciamano veggente". Era stato difficile ottenere l'indicazione del luogo in cui l'uomo viveva in solitudine, accudito sol-tanto da un servitore. Non eravamo nemmeno certi che ci accogliesse ma Fosco era intenzionatissimo ad incontrarlo ed in cuor suo sperava di poter anche assistere ad una sua trance. Mi ripromisi di sospendere ogni forma di critica, ma mi accorsi che avevo una paura ingiustificata. Lo sciamano veggente era un uomo in grado di leggere il futuro, che non sapeva leggere la scrittura, ma sapeva leggere gli astri. Viveva in una piccola casa in cui vi era anche il suo tempio, isolata totalmente dal resto del villaggio. L'isolamento in cui viveva era essenziale; i lama o i sacerdoti dovevano stargli distanti così come tutte le persone. Ammetteva solo la presenza di un servitore che lo avrebbe accudito per tutta la vita condividendo con lui ogni cosa. Giunti sul luogo ci venne incontro il servitore, un uomo piccolo, buffo e sporco che ci intimò di non avvicinarci e di tornare indietro. Fosco si fermò chiedendo a tutti noi, meno che all'interprete, di allontanarci di qualche metro. Iniziò quindi una trattativa serrata ed insistente che non ebbe buon esito ma Fosco era l'uomo più caparbio del mondo, si girò verso di noi e ci ordinò di poggiare le attrezzature e di sederci per terra: saremmo stati li fino a quando non ci avesse accolti. Sbuffai scoc83 TASHI DELEK ciatissima e urlai verso l'indirizzo del servitore: "Brutto nano malefico". Lui si girò e mi mostro la lingua, dopo di che si rifugiò nella catapecchia tempio. Le ore passavano ed intanto osservavo il luogo. Quella specie di casa era circondata da un misero pezzo di terra che definirlo giardino è un po troppo in quanto era una sorta di pollaio con tantissimi galli, di galline nemmeno l'ombra. Poi vi erano altri animali. Fosco mi disse sogghignando: "Tutti maschi, le femmine non sono ammesse!". Giovanna, Vania ed io ci guardammo perplesse e quasi contemporaneamente, ci venne spontaneo dire: "Allora, che ci facciamo qui?". Giorgio rispose con una vena ironica di maschilismo: "Osservate, ma da distante!". Faceva freddo e la mia pazienza si era esaurita già da un bel pezzo quando il servitore ci raggiunse e ci disse che potevano entrare, ma solo gli uomini; si girò verso di me e mi mostrò nuovamente la lingua, il mio braccio si sollevò, ma Giorgio mi si parò davanti beccandosi il pugno che mi era partito involontariamente. Vania e Giovanna mi presero sottobraccio e mi dissero che saremmo andate a cercare un luogo per fare pipì. Fosco ci raccontò che il sacro veggente era un uomo all'apparenza normale, con una spiritualità elevatissima, ma molto chiuso in se stesso. Di lui si diceva che fosse posseduto dai demoni, ma nel vederlo non si sarebbe proprio detto. Gran parte della giornata la trascorreva svolgendo pratiche segrete a cui nessuno poteva assistere, poi, svolte le pratiche, veniva preso da forze non umane. Il nostro gruppo "maschile" ebbe la possibilità di assistere al rito finale che consisteva in una una serie di rituali, danze e offerte. Alla fine lo sciamano veggente si metteva in testa un elmo completamente in oro del peso di circa 30 chili e dopo essersi inchinato di fronte a delle immagini sacre, uscì dalla sua abitazione-tempio, correndo verso il villaggio. Fu li che, noi donne, lo vedemmo. Sembrava non essere in sé, correva e gridava e tutti gli altri dietro ad inseguirlo. Arrivò in mezzo alla piazza del villaggio, a gente lasciava il vuoto intorno a lui poiché credeva che in quel momento si manifestasse un vero spirito maligno, ma era una trance. All'improvviso si calmò e si sedette e subito dopo iniziò a danzare freneticamente, cominciò a tremare e a cambiare colore in viso diventando prima giallastro e poi grigio ed infine rosso come il sangue. A questo punto, i presenti nella piazza, si inchinarono tutti. Nello stesso momento gli venne una crisi epilettica. I monaci ci tenevano tutti a distanza aspettando che si risvegliasse, cosa che avvenne dopo qualche minuto. Quando tutto ritornò tranquillo Fosco si avvicinò a lui e parlarono come se nulla fosse, ma il viso di Fosco mutò d'espressione, da sorridente 84 TASHI DELEK divenne triste, rimanendo pensieroso per tutto il viaggio di ritorno. Non ci disse cosa si erano detti, ma ci informò che gli aveva parlato di una sua intima problematica, di fatti di cui solo lui era a conoscenza e che lo avevano sempre tormentato. Gli lesse praticamente la vita passata e futura. Gli parlò anche di distruzione e di qualcosa di terribile che sarebbe accaduto dopo gli anni 80, ma non ci volle dire nulla di più. Chiaramente mi vennero mille domande di cui la principale era come un uomo che viveva isolato dal mondo, in totale solitudine, analfabeta e senza alcuna conoscenza di fatti politici e sociali distanti migliaia di chilometri da lui, potesse fare previsioni di cose e fatti che nemmeno conosceva. Un intrigo interessante, difficile da spiegare anche da chi si occupava di antropologia dei popoli tibetani e che ancora oggi non ha trovato risposta, pur sapendo che i fatti predetti si sono regolarmente svolti. Forse le superstizioni meriterebbero uno studio a parte, forse abbiamo perso per davvero un legame segreto con le cose, con quello spirito che è in tutte le cose e che permette di cogliere l'essenza, qualunque ne sia la forma manifesta. 85 TASHI DELEK XXIV Fosco avrebbe voluto restare per poter ancora interrogare lo Sciamano Veggente, ma gli fu fatto chiaramente capire che il tempo a nostra disposizione era terminato. Riaccompagnammo per un tratto di strada lo Sciamano ed il suo servitore e poi ci salutammo. Giorgio mi si avvicinò dicendomi di non reagire di fronte al "saluto linguaccia" ed anzi che avrei dovuto esserne onorata. Infatti mi disse che si trattava di una usanza ormai del tutto scomparsa dal costume tibetano, ma in quel luogo distante da tutto, alla fine degli anni 70, mostrare la lingua era una forma di riconoscimento verso una persona che si riteneva di rango socialmente superiore. Scoppiai a ridere e gli accarezzai il volto nel punto che avevo colpito col mio pugno, sussurrandogli che mi dispiaceva tanto, ma che ero troppo ignorante e che avevo frainteso il gesto del "brutto nano malefico". Giorgio si prese tutta la coccola e con fare fintamente altezzoso mi disse: " Mia signora, sei perdonata, ma per punizione dovrai darmi quel pane e formaggio che ti è avanzato". Borbottai che la sua fame era sterminata ed incontenibile ma gli passai volentieri il cartoccio che, nel giro di un minuto, mi venne restituito vuoto. 86 TASHI DELEK Durante il viaggio di ritorno i miei pensieri si accavallavano. Mi venne istintivo il bisogno di fare un riassunto di ciò che avevo appreso in quei mesi in Tibet. I massimi leader del Tibet erano stati il Dalai Lama e il Panchen Lama che era (è / dovrebbe) essere il Maestro del Dalai Lama. In realtà emergeva una rivalità, seppur nascosta, determinata dal differente orientamento politico delle due figure e che la si poteva considerare come la causa prima delle intromissioni straniere in Tibet. Intromissioni che hanno determinato in passato, la fuga del Dalai Lama in India e l'attuale situazione. Infatti il XIII Dalai Lama, ormai defunto, era filo inglese, mentre il Panchen Lama, della stessa epoca, filo cinese ed anche filo tedesco. Per meglio comprendere la situazione sociale politica del Tibet fino agli anni 40 bisogna partire da una situazione geografica che vede la collocazione del Tibet nel più grande altopiano di tutta la Terra. La Russia e L'Inghilterra, che già sono insediate a nord, ad est e a sud (India), iniziano a temere, negli anni 30, che vi possa essere una possibile unione fra la cultura millenaria del centro Tibet, con la civilizzazione e l'industrializzazione di altri paesi. Nel nord del Tibet vi fu l'imperialismo sovietico che ha tentato di sostituire l'antica cultura asiatica con il loro modello di vita. All'est del Tibet l'imperialismo britannico irruppe senza tante storie così come nel sud; sempre i britannici introdussero un nuovo governo insieme a nuovi, ed allora sconosciuti, sistemi economici. Solo la parte centrale del Tibet rimase intatta grazie alla configurazione naturale che la rendeva una terra impraticabile e proibita. Sopravviveva, quindi, uno stato di tipo medievale e una cultura particolare che gli abitanti del centro Tibet cercarono di tutelare e conservare contro tutti gli influssi di tipo esterno. Prima degli anni 40 pochissimi esploratori poterono raggiungere il centro del Tibet; le leggi della gente, il loro modo di vivere e persino la fauna e la flora rimasero inesplorate fino al 1937. Ai piedi dell 'Himalaya tutto diventa selvaggio e più ti spingi in alto sulle montagne, più tutto finisce. La vegetazione diventa rada e la vita lascia il posto agli dei e ai demoni. La divinità dominante che siede sul trono del Tibet è Mahakala, divinità guerriera che ha dato origine ad un popolo di guerrieri, i tibetani per l'appunto. Mahakala è il dio più temuto, è il dio della montagna che viene festeggiato con danze regali una volta all'anno. Una antichissima leggenda racconta che quando il grande dio della montagna sposò sua figlia con un vassallo, le diede come regalo di nozze un animale sacro. Una maledizione degli dei graverà su chiunque tenti di svelare il segreto di questo essere animale sconosciuto. Nel VII secolo d.C. Il Buddhismo indiano invase il Tibet mischiandosi con la fede tibetana e i demoni. Il Lamaismo fondò quindi la capitale della nuova religione a Lhasa onorando il Dalai Lama e il Panchen Lama come 87 TASHI DELEK dei in terra. Su una rocca si trova, ancora visibile la casa dei primi tibetani che secondo la leggenda nacquero da un incrocio fra una scimmia e una megera. Si racconta anche che solo i sacerdoti "dei" possono avvicinare nei luoghi sacri gli dei e i demoni. La casa dei primi tibetani è ritenuta un luogo sacro e non è quindi frequentabile dai profani, in quanto i demoni sono assoggettabili solo dalla volontà e dalle conoscenze di un "mago" sacro. Un culto impressionante è il culto dei morti che va oltre ogni immaginazione occidentale per quanto è lugubre. I cadaveri vengono posti su un campo sacro in cui vengono accesi dei fuochi sacri da cui salgono i fumi dell'offerta agli dei. I resti terreni del corpo del defunto vengono distrutti in modo minuzioso perché distruggendo tutto ciò che è stato della materia, lo spirito si libera per poi ricollocarsi nuovamente in un altro corpo. All'opera di distruzione contribuiscono gli avvoltoi "sacri" che si cibano delle carni appositamente smembrate e delle ossa frantumate. A tutto questo rito presiede un sacerdote, un lama, che con le sue forze magiche accompagna lo spirito del morto verso la rinascita, aiutandolo a superare le molteplici visioni demoniache che il disincarnato incontrerà nel suo percorso nell'aldilà, facendogli superare la paura. Le immagini spaventose nei templi, le maschere orrifiche indossate dagli sciamani, contribuiscono, in vita, ad abituare l'uomo alle visioni che incontrerà dopo morto. Sono migliaia le forze maligne che, per questa cultura, minacciano e accompagnano e opprimono la vita terrestre dell'uomo in tutte le sue fasi e quindi anche nel passaggio da una vita all'altra, fino a che non avverrà la liberazione nel Nirvana. Solo i lama, possono aiutare le persone a compiere questi viaggi e solo grazie a questo dominano sulle persone che temendo i demoni conferiscono di fatto potere a chi li aiuterà nella liberazione. Così, per apprendere le tecniche ed avere sostentamento, quasi un terzo della popolazione viene allevata nei monasteri, anche se solo pochi si assumeranno il dovere di restare lama per tutta la vita. La vita nel monastero non è semplice, inizia la mattina presto con il richiamo del "battere della trave" che invita tutti allo svolgimento dei compiti quotidiani. La campana della cappella lamaica batte ritmicamente per richiamare gli dei per la cerimonia del giorno ed inizia il mormorio monotono dei monaci che pregano in continuazione. La cerimonia viene interrotta solo dalle due pause per il the. I giovani monaci entrano in monastero intorno agli 8-10 anni e dopo qualche anno imparano a trarre medicine dalle erbe. Alcuni in seguito vengono addetti alla riproduzione delle opere sacre buddhiste costituite da 108 volumi. Appare quindi evidente che la cultura tibetana e la sua trasmissione è legata soprattutto ai monasteri. 88 TASHI DELEK Oltre Lhasa, vi è un posto altrettanto se non di pari interesse: Shigatse. A Shigatse si tiene una festa particolare che resta come testimonianza dell'antico spirito guerriero. A Shigatse fu anche costituito il primo esercito tibetano che veniva però addestrato in India. Con questo riassunto ho voluto far presente che, molto spesso si attribuisce alla Cina la distruzione di una cultura, ma che in realtà il Tibet è stato conteso anche da Russia e Inghilterra. Ho voluto sottolineare che la religione tibetana è un misto di antiche religioni magiche e di buddhismo proveniente dall'India che a sua volta origina dall'induismo. Ho voluto segnalare la posizione strategica del Tibet che è collocato nel più grande altopiano al mondo e ho voluto indicare che è necessario, per comprendere questa dottrina, andare oltre le forme romantiche della New Age che ben poco hanno compreso se non il gusto esotico di un mistero creato dagli uomini per gli uomini. 89 TASHI DELEK XXV Venne il tempo di ritornare. Mi aspettava una casa e una famiglia troppo gelida e distante da me, dal mio modo di essere o forse, non mi aspettava affatto. Sapevo che avrei continuato con i miei studi e le ricerche, in un gruppo molto particolare, a cui appartenevo da sempre. Non avevo più visto Tenzin e così, dopo aver regalato tutto quello che avevo usato come abbigliamento a Garima perché lo distribuisse, le chiesi dove avessi potuto trovare Tenzin. Lei mi guardò con dolcezza e mi indicò la casa vecchia vicino al monastero, mi disse che il vecchio lama abitava in quel luogo da sempre e li lo avrei trovato. Pensai fra me e me che chiamare Tenzin "vecchio lama" era un poco eccessivo, ma non ci feci più di tanto caso. Avevo ancora un giorno a disposizione, così decisi di andare a trovarlo da sola; chiesi il permesso a Fosco di allontanarmi per il pomeriggio e lui, fatte le solite raccomandazioni, mi lasciò libera di andare. Arrivai alla vecchia casa e mi fermai ad ascoltare, sulla soglia, il monotono ripetersi delle preghiere. La porta in legno era quasi cadente ed essendo solo accostata la spinsi lentamente. Il luogo era buio, dalla 90 TASHI DELEK porta entrava un raggio di luce del sole che colpiva un pavimento fatto di terra battuta. La poca mobilia era grezza e scarna: un tavolaccio di legno, un pagliericcio, una sedia e pochissime altre cose ad arredare un luogo che ricordava una povertà che non poteva appartenere a Tenzin. In un angolo, il più buio forse, seduto su un tappeto, con le gambe incrociate e un aksamala fra le mani, un uomo molto anziano pregava e non smise nemmeno un attimo quando mi vide, continuando come se non esistessi. Mi sedetti per terra anche io, aspettando che terminasse e mi rivolgesse la parola, cosa che fece al termine delle sue orazioni. Non comprendevo bene la lingua del luogo ed iniziai a pensare che forse avevo sbagliato casa, ma azzardai lo stesso chiedendo dove fosse il lama Tenzin. Il vecchio sorrise mostrandomi una dentatura imperfetta e nera dicendomi di essere lui Tenzin. Rimasi interdetta imputando ad una cattiva conoscenza della lingua, l'incapacità di capire ciò che mi stava dicendo. Pensai che Tenzin fosse uscito e così, andai all'esterno dell'abitazione per aspettarlo e per permettere al monaco anziano di continuare le sue orazioni. Ma le ore passavano e di lui nemmeno l'ombra, così mesta e anche un poco innervosita, tornai dal gruppo che già mi stava aspettando per la cena. Tutti, quella sera, eravamo più silenziosi del solito; un misto di tristezza e di voglia di ritornare alle proprie abitudini facevano si che i discorsi si mischiassero. Le donne parlavano di estetista e parrucchiere, gli uomini, più sfacciatamente, facevano capire che gli mancava la donna italica con le sue corte gonne e il suo odore. Qualcuno iniziò a dire: "Vi ricordate di quella volta che..." e a far battute, battute che, presto, si trasformarono in barzellette. Poi venne la promessa del non perdersi mai più di contatto, che ci saremmo sentiti tutti i giorni anche se abitavamo in città diverse, che ci saremmo ritrovati periodicamente e che ognuno di noi avrebbe pensato all'altro in caso di successiva spedizione alla scoperta di usi e costumi di altri popoli. Prima di ritirarci per la notte, mi venne da domandare se Tenzin fosse un vecchio o un giovane; Sotiris, il medico mi guardò preoccupato e mi chiese che razza di domanda fosse quella. Ancora sull'onda delle barzellette mi avvicinò e mettendomi la mano sulla fronte e poi prendendomi il polso, con modo di fare ridanciano, disse: "Ce la siamo giocata, deve avere la febbre altissima". Scrollai il braccio dalla presa e nervosa dissi che era una domanda seria: "Tenzin è vecchio o è giovane?" In coro mi risposero che era vecchio, un vecchio lama che nemmeno parlava il dialetto del luogo, che ogni tanto ci veniva a trovare, ma che aveva comportamenti strani. Viveva in una casupola fuori dal monastero poiché non seguiva nemmeno i ritmi e i rituali dei suoi colleghi monaci. Non era possibile, non era possibile, con chi avevo parlato io? Chi era 91 TASHI DELEK quel giovane che mi spiegava cose meravigliose in perfetto italiano? Chi era colui che mi aveva detto di essere un Lhoan? "Elena, ci siamo persi qualcosa?" Chiese Fosco. Perplessa, confusa, amareggiata, avvolta in pensieri vorticosi, trovai in un secondo la risposta, la solita risposta: avevo confuso due realtà, ma questa volta era stato diverso, non me ne ero accorta. Salutai tutti e andai a dormire, augurando la buona notte e senza rispondere a Fosco. Il sonno fu tormentato e mi svegliai molte volte, riuscendo a dormire solo due o tre ore. All'alba ci svegliammo e dopo aver fatto colazione, raccogliemmo le nostre cose, pronti a partire. Un ultimo sguardo alla stanza che mi aveva ospitato in quei sei mesi. La scrivania vuota, il letto disfatto e ripiegato. Sul comodino un involucro bianco e setoso, probabilmente avevo dimenticato qualcosa. Mi avvicinai per controllare. Era una kata piegata su se stessa, una kata bianca al cui interno vi erano due pietre una grigia e l'altra nera su cui era incisa una shakti e poi una busta con su scritto "Tenzin". La aprii e una bella scrittura tonda mi portava i saluti di Tenzin. C'era scritto: "Portali con te, portali sempre con te, sarà come essere sempre, per sempre, insieme. Non dimenticare mai che noi siamo la stessa cosa, ciò che cambia è il modo in cui ci manifestiamo e prendiamo vita. Io parlerò tramite te e tu lo farai tramite me. Non importa il nome che mi darai; posso essere Tenzin, Arturo, Elena o la bizzarra, l'importante è la scoperta della vita e delle sue molteplici sfaccettature quasi impercettibili. Molti non capiranno ciò che vorrai dire, cerca di avere pazienza, modera la tua aggressività. So che non ti sarà facile, non lo è nemmeno per me, ma tu fanne un proposito ogni volta, l'intento e la volontà sono sopra ad ogni altra cosa. Non c'è amore senza intenzione, non c'è volontà senza amore." Piangevo a dirotto, ripiegai la lettera e avvolsi le due pietre nella kata mettendo il tutto nel mio seno, al caldo, vicino al cuore. Andai via senza guardare più nulla, la mia vita che fosse li o altrove era la mia vita e ne avrei avuto per sempre rispetto. 92 TASHI DELEK Conclusioni e spiegazione Fino dall'età di 4 anni, in seguito ad una vicenda non chiara a cui fece seguito un lungo ricovero in ospedale, ho fatto parte di gruppi di ricerca sugli "stati alterati di coscienza", prima ovviamente come soggetto di studio e poi come ricercatrice. Oggi non rappresenta più la mia attività principale. Sconvolta da un mondo che non ricerca in questo campo con la serietà dovuta, ho lentamente abbandonato il campo della ricerca pubblica, continuando a ricercare in privato e a titolo personale. Questa attività mi ha messo in contatto con molte persone e molte realtà delle più disparate che è inutile spiegare. Molte, tuttavia, si sono rivelate interessanti e degne di nota, ma la maggior parte sono offensive per l'intelligenza umana in cui io credo. La mia posizione al riguardo dell'ambiente parapsicologico e "ufologico" non rientra in una posizione comune, perché la ritengo una posizione conflittuale. Non sono assolutamente avvezza a prendere tutto per oro colato, anzi la mia critica alle volte è delle più feroci, ma non posso negare che esistano cose che vanno oltre quel reale che noi consideriamo. Tutto è mistero, la scienza stessa è mistero, se esistessero già tutte le risposte, non esisterebbero le domande e non esisterebbe nemmeno chi se le pone in ambito scientifico. Ritengo gli scienziati, quelli veri, indagatori del mistero, se così non fosse sarebbero, come il più delle volte succede, dei sacerdoti della religione scienza. Vi ringrazio per avermi seguita e giuro: non sono né pericolosa, né pazza, anche se mi piacerebbe tantissimo :) Elena 93
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