N° 23 Settembre-Ottobre 2014 - Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO - Edizioni Catering srl – Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) - contiene I.P. - costo copia euro 3,50 www.ristorazionecatering.it & Ristorazione Catering Davide Rampello IL FINE DEVE ESSERE LA QUALITà DI VITA DELL’UOMO MAESTRI A proposito di... ETICHETTA Iginio Massari il re dei pasticceri Il cibo non è una scarpa Andrea Pirlo calciatore e vignaiolo MENÙ Componi il tuo menù sommario Pag. 7 • Protagonisti IL FINE DEVE ESSERE LA QUALITà DI VITA DELL’UOMO Conversazione con Davide Rampello, ideatore del Padiglione Zero di Expo 2015 di Luigi Franchi Pag. 15 • Cibo giusto LE SPEZIE, QUEL TOCCO IN PIù CHE FA LA DIFFERENZA di Mariangela Molinari Pag. 20 • SALA E CUCINA ROBA FINE IN CUCINA di Marina Caccialanza Per risparmiare tempo. Per poter tradurre il tuo menù in inglese, spagnolo, francese, tedesco e russo. Per essere ispirati dalle sempre più numerose ricette disponibili. Registrati e personalizza il tuo menù in pochi passi su www.unileverfoodsolutions.it LE PERFORMANCE DI CECCHI di Roger Sesto HOTEL A BOLZANO di Guido Parri Pag. 28 • A PROPOSITO DI... IL CIBO NON è UNA SCARPA di Luigi Franchi • • • Pag. 68 • Case history MEDITERRANEAN WINES di Luca Bonacini Pag. 26 • Peccati di gola IL BOSCO IN TAVOLA di Marina Caccialanza Perchè utilizzare Componi il tuo menù? Pag. 66 • Buon bere IL VINO AL RISTORANTE di Alessandra Locatelli chef’s irish beef club di Roberto Martinelli Pag. 22 • Maestri IGINIO MASSARI IL RE DEI PASTICCERI di Luca Bonacini Uno strumento gratuito per comporre e tradurre facilmente il tuo menù Pag. 63 • etichetta ANDREA PIRLO, CALCIATORE E VIGNAIOLO di Mario Zuffada Pag. 31 • Opinioni a confronto Luigi Veronelli, scrittore e giornalista Luisa Del Sorbo, communication manager By Tourist Gianluigi Negri, giornalista e direttore artistico Pag. 32 • Rist’ho OFFRIRE L’ARTE di Lucilla Meneghelli Pag. 36 • Meglio Prenotare Ristorante Pizzeria Fiore Ristorante La Greppia Trattoria del Giardinetto Enoteca Bar a Vino La Bettola del Massaro Pag. 48 • Distribuzione FAIC: RISPONDERE AI BISOGNI DEI CLIENTI di Luigi Franchi Pag. 73 • COSA SUCCEDE EUROVO BERNARDINI GASTONE COOPERLAT ALIVAL ONESTI GROUP FRATELLI RIVA ROLLI ALIMENTARI EUROFOOD RUBRICHE il tuo Pag. 5 • Editoriale di Roberto Martinelli Pag. 13 • opinione di Mauro Entradi Pag. 18 • Professione cuoco di Roberto Carcangiu Pag. 39 • NOI DI SALA di Giuseppe Palmieri Pag. 41 • Matita Rossa di Giuseppe Schipano Pag. 43 • Analisi di Mauro Lamparelli Pag. 51 • Private Label ‘IL PANIERE DELLO CHEF’ COME RISPOSTA ALLA CRISI di Guido Parri Pag. 45 • MANGIARE SICURO di Valentina Gradone Pag. 54 • Logistica IL BUSINESS COMINCIA DALLE SCAFFALature di Mariangela Molinari Pag. 61 • Perbacco di Giuseppe Vaccarini Pag. 59 • Consulenza di Alberto Fugagnoli Pag. 80 • Libri per voi di Luca Galavotti ristorazione&catering 3 settembre/ottobre duemila14 www.le5stagioni.it EDITORIALE di Roberto Martinelli direttore responsabile Piove sul “Bel Paese” ma UN ombrello non basta L il meglio o niente... AgugiAro&FignA Molini è l’unico molino italiano A produrre il lievito MAdre disidrAtAto per pizzA. il lievito madre in polvere naturkraft, frutto del Centro di ricerca&sviluppo dell’azienda: •mantienetuttalacaricaenzimaticaoriginaledel lievitomadrefresco,indispensabilepergarantireladigeribilità •aggiuntoallatradizionalericettad’impastonemigliora croccantezza, fragranza e sapore. SEGUI “LE 5 STAGIONI” SU FACEBOOK Le 5 Stagioni- Via monte nero, 111 35010 curtarolo (PD) Tel.+39049.9624611Fax+39049.9624627mail:[email protected] ’estate appena trascorsa è stata per certi versi terribile, le ultime esondazioni nel Gargano hanno provocato danni ingenti. Non conosciamo ancora quali perdite hanno subito dopo i temporali del luglio scorso i settori della frutta e della vite nel Nord Italia, probabilmente i danni saranno comunicati nei prossimi mesi. Altro settore duramente colpito è quello turistico alberghiero, dove il fattore climatico ha inciso notevolmente, anche se per noi è troppo semplicistico addossare tutte le colpe al meteo. Tanto è vero che secondo gli ultimi dati diffusi da Confindustria Alberghi l’andamento stagionale, se pur non positivo, non è stato nemmeno così disastroso come invece si riteneva a fine agosto. Registrare che l’economia alberghiera, assieme all’aggregato ristorativo connesso, siano dipendenti dal clima e delle stesse previsioni meteorologiche, tanto da minacciare chi le fa da chiederne i danni per i mancati guadagni se non azzeccano le previsioni, ci sa tanto di schizofrenico e anche un po’assurdo. Sarebbe come prendersela con l’orologio se si arriva in ritardo, o se vogliamo fare esempi più concreti, non ce la possiamo prendere col meteo se due alberghi su cinque di Rimini sono in vendita o se il saldo dei pubblici esercizi che hanno chiuso in tutta Italia supera per il secondo anno consecutivo quelli aperti. La crisi ha origini ben più lontane e profonde e il clima rischia di diventare soltanto una parte del problema e di certo non la principale. C’è invece qualcosa di strutturale nel settore ricettivo che indebolisce l’industria alberghiera di cui il clima c’entra assai poco. Certo il brutto tempo non ha aiutato, ma se il prossimo anno avessimo una stagione analoga daremmo ancora colpa al clima? La Francia rimane ancora il primo paese preferito dal turismo internazionale e non ci sembra che a Parigi splenda sempre il sole o che le coste francesi siano tutte più belle delle nostre. No, purtroppo c’è dell’altro che esitiamo a voler affrontare. Siamo cresciuti con l’immagine del “Bel Paese” fin quando la competizione con gli altri stati non era tanto agguerrita su qualità, costi e servizi infrastrutturali. Non ci basta più avere sole e belle spiagge (però non sempre pulite), ma serve avere aeroporti per arrivarci da lontano, strade comode e percorribili e località dotate di nuove strutture per ospitare un turista che si sta sempre più omologando, ma verso l’alto. Gli stessi turisti italiani, che quest’anno non sono affatto diminuiti rispetto al 2013, contrariamente a quanto si era detto e scritto, alla faccia della crisi hanno speso di più rispetto all’anno prima (17 miliardi contro i 16,2 del 2103). Purtroppo hanno preferito andare all’estero piuttosto che rimanere in Italia, scegliendo paesi molto vicini al nostro e con caratteristiche assai simili. Se sulla competitività siamo perdenti dovremo essere capaci di concentrare le risorse sulla promozione in altri elementi dove la concorrenza straniera non può competere nel dare maggiore ascolto alle richieste di un turista globale. ristorazione&catering 5 settembre/ottobre duemila14 Il fine deve essere la qualità di vita dell’uomo protagonisti Conversazione con Davide Rampello, ideatore del Padiglione Zero di Expo 2015 di Luigi Franchi so. s e d a , mpo e t a i m Rispar fs.com www.u D avide Rampello è, prima di ogni altra qualifica della sua sterminata carriera, un innovatore. Lo è stato agli inizi delle cosiddette televisioni libere, negli anni ’70; ha lasciato un segno importante come presidente della Triennale di Milano e come curatore del Padiglione Italia all’Expo di Shanghai nel2010. Lo è come ideatore del Padiglione Zero di Expo Milano 2015 e come libero pensatore nei temi attinenti al cibo che affrontiamo in questa intervista, realizzata presso il ristorante Larte di Milano, di cui è presidente (e di cui parliamo in altra parte della rivista). ristorazione&catering 7 settembre/ottobre duemila14 Partiamo dal Padiglione Zero; come è nata l’idea e cosa sarà? “È il padiglione di apertura, posto all’ingresso di Expo, dove transiterà il 70% dei visitatori, con una superficie di circa un ettaro. Uno spazio che mette in scena il tema dell’Expo: Nutrire il pianeta, energia per la vita. Affrontarlo significa affermare che il cibo è la prima cosa di cui si occupa l’homo sapiens e questo determina un’avventura formidabile in cui l’uomo crea tutto quello che noi oggi conosciamo. Attraverso questo nasce il linguaggio, a differenza degli animali; entrambi vanno a caccia ma, mentre l’animale mangia la preda e poi dorme, l’uomo la mette al sicuro e poi disegna, descrive ciò che ha fatto. Avverte la necessità di dare un nome alle cose. Nascono così i sensi, la sacralità dei gesti, il prendersi cura di capire le cose, attraverso questa avventura in cui l’uomo, per centinaia di migliaia di anni, esercita fondamentalmente due arti: la caccia e la pesca, oltre a quella minoritaria della raccolta, e inizia a creare strumenti. Dopo il lunghissimo periodo migratorio l’uomo decide di fermarsi e aggiungere altre due discipline, frutto del concetto di addomesticazione, portare ad domus, nasce il concetto di luogo tramite l’addomesticazione e l’allevamento. La conoscenza approfondita del luogo l’uomo seleziona sementi e animali, costruendo cultura e civiltà. Nullus enim locus sine genius est, diceva Servio: non esiste il concetto di luogo se non esiste il genio, ovvero la conoscenza del luogo. Questa è la partenza di tutto perciò possiamo dire che la necessità di procurarsi cibo è la molla su cui l’uomo costruisce la sua storia; da qui nasce l’economia, il risparmio che lo porta a preservare le eccedenze, nasce il commercio e, per traslato, l’alimentazione non rimane solo fisica ma diventa spirituale e intellettuale. Il padiglione Zero racconta tutto questo”. Un viaggio straordinario, che raccontiamo in maniera dettagliata sul nostro sito, e che arriva ai giorni nostri, attraverso il coinvolgimento di molte figure professionali… “Quando mi è stato affidato l’incarico ho scritto il progetto che si articola in dodici grandi tappe. Successivamente ho chiesto un disegnatore perché sentivo la necessità di fermare ciò che avevo ideato, una visione che andava concretizzata, disegnata e progettata. Perciò, dialogando con Michele Tranquillini, disegnatore del Corriere, nasceva un ulteriore riflessione. Con le tavole sono andato da Michele De Lucchi, architetto, e Giancarlo Basili, scenografo, a cui ho chiesto di iniziare a pensare ad un grande archivio della memoria, idealmente un archivio che contiene tutte le storie del mondo, dando a loro un imprinting preciso al fine di rendere ancor più efficiente l’enorme lavoro che ci aspettava. Non ho usato nessuna interattività ma ho giocato invece sull’emozione nel senso profondo della parola: emovere, mettere in movimento i sensi delle persone, in modo che siano più ricettivi e possano memorizzare di più, facendo diventare il tutto memorabile, impresso nella memoria. Tutto questo implicherà il lavoro di scultori, scenografi, ebanisti, fabbri, per cui sarà un percorso dentro la meravigliosa abilità dei nostri artigiani”. Come viene intrepretata la contemporaneità del cibo? “Partendo dalla grande frattura: l’industrialismo. Che viene raccontato realizzando un plastico di 400 metri quadrati dove ci saranno rappresentate, tra le diverse realtà: il villaggio industriale di Crespi d’Adda, le miniere tedesche, i macelli di Chicago, i campi inglesi, le pampas argentine, fino agli anni ’40. Tutto funzionante. L’oggi del cibo è invece sintetizzato in una grande borsa alta 13 metri per 20, su cui scorreranno la quantità ristorazione&catering 8 settembre/ottobre duemila14 di cibo che si produce, i prezzi ecc… Alle spalle una superficie in cui verrà proiettato un film, a cui sta lavorando lo storico del cinema Giampiero Brunetta, che ripropone tutte le scene dei film in cui è presente il cibo, dai fratelli Lumiere ad oggi. Un lavoro colossale che testimonia i mille modi in cui è stato raccontato il cibo. Di fronte una sala in cui ho fatto intagliare una fessura dove si vedranno le catastrofi del mondo –guerre, mutamenti climatici – e, nella superficie, una scenografica montagna di rifiuti a rappresentare lo spreco, la peggiore rappresentazione della vita contemporanea. Per non dimenticare. Alla fine volevo lasciare un segno positivo. In una stanza, in maniera circolare, saranno proiettati dodici ambienti dove il lavoro dell’uomo ha saputo creare un paesaggio armonico. Questo è realizzato insieme ad una straordinaria realtà produttiva italiana, la Ferrero. L’ultima stanza raccoglie cinque filmati di pochi minuti che raccontano la storia di cinque buone pratiche, fatte da altrettante persone che idealmente sono i nuovi eroi”. Expo 2015, come è percepita, quanto lo è in maniera corretta? “L’Expo comincia ad essere percepita: due anni fa nessuno sapeva, un anno fa tutti erano scettici, oggi è una certezza. Mediamente si sa che si parlerà di cibo, adesso il tutto va declinato. Bisogna pensare che il 60% delle attività lavorative italiane ruotano attorno al cibo. Un esempio? Tutto il mondo dell’agricoltura, dell’allevamento, tutti i succedanei: pasticceria, pasta, industria alimentare, ristorazione e il turismo. Ma anche la pelletteria. L’Italia ha il vanto di avere la più grande varietà di vacche da latte del mondo, con quattro grandi proprietà: forza lavoro, produzione di latte per il formaggio, carne eccellente e pellame. Se abbiamo la grande industria delle scarpe è grazie anche a questo. Il format Paesi e paesaggi è una delle pagine più dinamiche della tv gastronomica. Come ti è venuta l’idea e quale riscontro oggettivo ha sul produttore? “Quando va in onda, su Striscia la notizia, si alza l’indice di ascolto. È stata un’idea di Antonio Ricci, a cui bisogna riconoscere la capacità di denuncia fatta sì con leggerezza, ma con altrettanta perseveranza. Questa è la parte construens dell’Italia, ossia le qualità di questo Paese, pensata con l’autore Luca Masia: l’idea è fare l’Italia a piedi per vivere e godere davvero le cose. Cammino con una sedia che, dove decido, apro e dico “qui mi sento come a casa” e parto con il racconto: il paese è il luogo e il paesaggio è l’uomo. Vogliamo essere molto precisi nel racconto e ora ne faremo un libro che diventa una guida diversa, edita da Skira, con una cosa in più: una serie di suggerimenti rivolti ai gioristorazione&catering 9 settembre/ottobre duemila14 vani che devono sapere che in quei luoghi si possono fare nuovi lavori, trovare nuove opportunità”. Ogni giorno siamo sollecitati da concetti come qualità, salubrità, biologico, km zero. Nonostante questo, i tagli più evidenti dei consumatori sono nel paniere alimentare e, nelle metropoli, dilaga l’appuntamento hour come sostitutivo alla cena. Come invertire la tendenza? “Tutte quelle parole che tu hai detto sono spesso buttate lì, non sono raccontate e la gente non ci riflette sopra. Ma se cominciamo a dire che la qualità è il racconto delle differenze, già implica un pensiero diverso. Dare una spiegazione, nel senso etimologico (spiegare vuol dire togliere le pieghe, le ombre), è fondamentale. Dobbiamo cominciare una vera strategia di formazione educativa. Sono molto contento che nelle scuole venga introdotta l’arte e la musica. Ma lo sarei ancora di più se venissero inserite discipline che attengono alla cultura materiale, per riempire di senso e significato le cose. Non sopporto più quando sento certi soloni blaterare riguardo la tutela del paesaggio, senza capire che quella tutela deriva da chi: coltiva la vite, alleva le pecore… Bisogna tutelare prima di tutto il lavoro di questi straordinari artigiani, che diventano artisti quando raggiungono l’eccellenza. Que- sto produce economia e noi dobbiamo spiegare questa filiera, senza fermarci solo ad una considerazione estetica. Spesso non c’è il senso del vissuto in chi parla con un’astrazione totale, nessuno di questi probabilmente non ha mai toccato una vacca e, ancora, non esiste il paesaggio per il paesaggio, il tutto deve essere corroborato dalla conoscenza e dal valore che esso produce. È l’uomo che determina il rapporto con la natura”. Quale può essere il ruolo della ristorazione, partendo dal potere che può avere nell’influenzare lo sviluppo socioeconomico, nel favorire una nuova educazione al cibo? “Quando il mondo della ristorazione prenderà completa coscienza di sé avrà lo stesso ruolo formativo che ha la scuola. Un ristorante che esercita perfettamente la sua funzione è una vera e propria agenzia culturale perché il ristoratore conosce il suo luogo: il genius loci. E se conosce dà valore: a quel modo di cucinare, a quelle verdure, a quel modo di pescare. E in tal modo aiuta il pescatore, l’ortolano, il coltivatore a vivere e a continuare la sua arte e mestiere. Per questo, quando presentano il piatto, ti devono raccontare storie, di vita vera, di conoscenza delle arti e dei mestieri”. Memoria e narrazione, quanto contano nella rappresenta- ristorazione&catering 10 settembre/ottobre duemila14 zione del cibo? “La memoria, lo diceva Sant’Agostino, è la reinterpretazione del passato. Condizione fondamentale per creare scienza e arte. Come del resto la tradizione è reinterpretazione: il passaggio da una forma ad un’altra cambia la tradizione, rendendola viva. La replica esatta sarebbe mortifera in tutto, anche nel cibo”. Perché piace il cibo italiano, in aree del mondo sempre più grandi? “Perché è la sua straordinaria qualità, intesa come narrazione di differenze. Basti pensare alle migliaia di chilometri delle coste italiane e alla straordinaria varietà di pesci, che vuol dire diversità di pastura, temperatura e salinità. Questo significa che a Trieste si cucinerà in un modo diverso da Monfalcone, Venezia, Chioggia e giù ancora: Marche, Puglia, Campania, Toscana, Liguria, le isole. Chi può vantare una cosa del genere? Prova a declinarla nell’ambito, ad esempio, dell’olio: tutta l’Italia è oleicola, con oltre 200 tipi diversi di olive. Oppure il vino, che vanta alcuni capolavori e grazie, diciamolo, soprattutto a Gino Veronelli e a molti bravissimi produttori, è andato verso la grande qualità. Attraverso questo l’italiano ha scoperto la cultura del vino e della vite che signifi- ca la cultura delle diverse specie autoctone, che vantano una storia secolare. Questa straordinaria varietà si è solo iniziato a interpretarla, ma molta strada deve essere fatta nella ricerca dell’anima dei prodotti. È questa la nuova frontiera”. Si mangerà locale, lo dicono ormai in tanti. Come si devono attrezzare i produttori italiani, sempre troppo piccoli e sempre più orientati all’export? “Quello che conta è dar valore, far conoscere e raccontare la filiera storica e l’esercizio del mestiere. Scusami, quante bottiglie si producono di Chateau d’Iquem? Poche, pochissime. Noi abbiamo un patrimonio enorme a cui dare valore e solo allora scopriremo che il piccolo diventa prezioso. Ecco l’importanza delle agenzie culturali dei ristoratori, ma anche dei vignaiuoli, di chi produce il Culatello, ecc... Tutto questo deve diventare un unico sistema, insieme alla scuola. Mi fa impressione chi dice che la cucina è anche “cultura”. E assolutamente normale che il cibo sia cultura. La capacità di realizzare un ottimo formaggio è la stessa di un artigiano di realizzare un eccellente decoro. Un piatto di Marchesi, (o) di Ducasse o di Bottura è pari ad un’opera d’arte. Non c’è differenza, semplicemente bisogna praticare il senso vero delle cose e non l’esercizio dell’intellettualismo. Non c’è dubbio di questo se si ha una vera considerazione democratica, altrimenti diventa un esercizio di arroganza culturale che genera incultura. E sono purtroppo in tanti a praticarla”. E l’industria alimentare, in questo scenario evolutivo, che ruolo deve avere? “Importantissimo! L’industria alimentare, in particolare quella italiana, è un pilastro fondamentale. Se penso a certi marchi sono veramente ammirato. Come d’altro canto abbiamo moltissime cose da perfezionare. Non va trascurato niente, va valorizzato tutto. Basti pensare alla straordinario fenomeno delle birre artigianali. Bisogna lavorare insieme e altrettanto deve fare il pubblico: insieme devono agire il ministero della cultura che deve lavorare in strettissimo rapporto con quello dell’agricoltura”. L’Italia, si sa, è un concentrato di paradossi; siamo il paese della dieta mediterranea e siamo il secondo paese per obesità infantile. Come vedi il futuro del cibo? “Il futuro del cibo è legato ad una presa di coscienza, alla valorizzazione delle arti e mestieri, al ruolo delle agenzie culturali di cui abbiamo parlato. È legato alla preservazione delle attività. E questo lavoro va fatto luogo per luogo. Non si può far morire una razza in nome di un’economia astratta. Va conosciuto passo passo il nostro cibo, bisogna camminare dentro al paesaggio e la tecnologia deve essere strumento per aiutare questo processo. Il fine deve essere la qualità di vita dell’uomo”. * scopri di più..... Leggi gli approfondimenti sul Padiglione Zero di Expo 2015 sul nostro sito www.ristorazionecatering.it ristorazione&catering 11 settembre/ottobre duemila14 OPINIONE di Mauro Entradi consulente di mercato food service La nuova normalità I PErChè SIAmO l’unico molino che macina 10000 q.li al giorno in 5 sezioni differenti con una macinazione lenta e lunga, mantenendo così intatta l’integrità degli amidi senza stressare il chicco. Abbiamo anche specializzato le sezioni per i grani più duri e le sezioni per i grani più teneri che maciniamo singolarmente per rispettare l’unicità di ogni prodotto. PErChè SIAmO l’unico molino che dispone di 3 tecnici - dimostratori che fanno parte del nostro team. Sono risorse interne della famiglia “le 5 Stagioni” che, affiancati a collaboratori esterni, hanno contribuito negli anni ad arricchire il nostro patrimonio di conoscenze così da poterlo trasmettere al cliente. PErChè SIAmO stati il primo molino italiano ad aver ideato una linea di farine dedicata al mondo della pizza, l’unico che produce nei propri stabilimenti un lievito madre essiccato in polvere specifico per pizza. PErChè SIAmO l’unico molino che da sempre investe in Ricerca e Sviluppo creando nuovi prodotti che hanno segnato il mondo della pizza. PEr IL rESTO SIAmO COmE GLI ALTrI ... POrTE APErTE PEr FArVI TOCCArE CON mANO LA NOSTrA rEALTA'. SEGUI “LE 5 STAGIONI” SU FACEBOOK Le 5 Stagioni- Via Monte Nero, 111 35010 Curtarolo (PD) Tel. +39 049.9624611 Fax +39 049.9624627 mail:[email protected] www.le5stagioni.it n un precedente mio intervento, pubblicato sulla rivista on-line, feci alcune considerazioni riguardanti l’atteggiamento negli acquisti degli operatori del settore della ristorazione; avevo sostenuto che gli operatori intermedi della filiera, i grossisti del food service, dovevano individuare le precise necessità di servizio e organizzarsi per poter fornire risposte adeguate. Avevo infine lanciato un monito: “Attenzione quindi, operatori della ristorazione e del canale food service: altrove questi equilibri sono già stati ottenuti! Non ci si dovrà stupire se in futuro potrebbero entrare su questo mercato operatori di altri paesi!” Puntualmente, dopo pochi giorni, si è diffusa la notizia dell’acquisizione, da parte di una multinazionale sudafricana, della maggioranza del secondo gruppo privato nazionale operante nel food service! Quando si fa riferimento ai mutamenti di mercato avvenuti negli altri paesi, gli operatori finiscono sempre per trincerarsi dietro gli stessi stereotipi: ma in Italia è tutto diverso, l’Italia è lunga e stretta, negli altri paesi non si mangia come in Italia… autoconvincendosi che si parli di cose che non li riguarderanno mai! Mentre i cambiamenti di mercato e delle abitudini di consumo sono conseguenze incontrollabili di mutamenti economico sociali più ampi. Se non si vogliono accettare passivamente le conseguenze è necessario quindi non sottovalutare quanto avviene altrove e agire di conseguenza e in anticipo. In una situazione di mercato a consumi piatti, con una domanda in lento e costante calo, bisogna che ci si abitui a ripensarsi e ad accettare come “la nuova normalità” la situazione che sì è creata. Non possiamo stare a guardare e dirci continuamente: “quando la crisi passerà…”. Occorre che gli operatori si adoperino per differenziare la propria offerta con unicità, in modo da essere ricercati perché quanto si offre non sia ciò che normalmente offrono tutti i concorrenti! Solo così sarà possibile riprendere a fare utili e a finalizzare correttamente la propria opera imprenditoriale. Detto questo, siamo al termine di una estate da record! Purtroppo per tutti gli operatori e principalmente quelli stagionali che contavano sul turismo vacanziero, è stata una estate in gran parte del territorio nazionale da ricordare per l’eccezionale negatività delle condizioni meteorologiche. Sì è salvato il Sud della penisola! Pur in una situazione di crisi, pur in presenza di pessime contingenze meteorologiche, non tutti però risentono negativamente di questi eventi. Si può, infatti, osservare che ci sono operatori di tutta la filiera, ristoratori, grossisti del food service e produttori, che nonostante tutto stanno crescendo e guadagnando… non può essere che succeda per caso! È proprio l’attenzione complessiva che riservano al mercato, ai suoi mutamenti e alle scelte conseguentemente effettuate, che porta questi operatori ad avere successo. Alcune volte mi soffermo ad analizzarli e anche in questi, nonostante i risultati positivi, emergono inadeguatezze. Perciò, oltre all’attenzione ai bisogni che si stanno creando in questa situazione di “nuova normalità”, ad essere proiettati verso l’efficienza nella gestione, dovranno far sì che i propri clienti ricevano da loro sempre qualcosa di più e di differente, nei confronti di quanto gli stessi si attendono. E questo è un esercizio che non dovrà mai aver termine! ristorazione&catering 13 settembre/ottobre duemila14 le novità 2014 primi d ’amare LE SPEZIE Quel tocco in più che fa la differenza CIBO GIUSTO di Mariangela Molinari SPAGHETTI AI FRUTTI DI MARE Ciuffi e anelli di calamaro, gamberi e vongole in un ricco sugo rosso che profuma di mare. 350g 5 MIN. SPAGHETTI ALLE VONGOLE Tante e gustose le vongole sgusciate in un sugo bianco profumato al prezzemolo. 350g 5 MIN. SIAL - Parigi www.smeraldiniemenazzi.it 19 - 23 Ottobre 2014 HALL 6 - STAND 092 fiordiprimi: mette l ’estate nel tuo menù. Con due piatti gustosissimi, Fiordiprimi arricchisce il tuo menù. 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Sta di fatto che l’utilizzo delle spezie, anche di quelle fino a ieri meno note e più esotiche, è in crescita, seppur timida, anche nel nostro Paese. “Il mercato complessivo – spiega Paolo Barbagli, direttore commerciale Italia di Drogheria & Alimentari, la maggiore importatrice italiana di spezie (3.200 tonnellate annue, di cui 1.400 solo di pepe) – resta comunque esiguo, per un valore complessivo di 120 milioni di euro: ancora distante, dunque, dalle cifre raggiunte da quello tedesco o francese, che valgono quattro volte tanto. A essere interessanti, però, sono sia la lieve crescita sia la diffusione di molte referenze fino a ieri sconosciute o quasi, che oggi abbiamo implementato: zenzero, curcuma, cardamomo, coriandolo e cumino”. ristorazione&catering 15 settembre/ottobre duemila14 SURGITAL S.p.A. via Bastia 16/1 - 48017 Lavezzola (Ra) - Emilia Romagna - Italy - tel. +39 0545 80328 - fax +39 0545 80121 - www.surgital.com * scopri di più..... Le ricette con le spezie sul nostro sito www.ristorazionecatering.it ristorazione&catering 16 settembre/ottobre duemila14 HOTEL OLTRE 20.000 Visitatori SPECIALIZZATI NEL 2013 20 - 23 ottobre 2014 | Bolzano OLTRE Fiera internazionale per hotellerie e ristorazione 500 Espositori NEL 2013 lun-gio: 9.30-18.00 22 OTTOBRE Vinea Tirolensis ORGANIZZATO DAI VIGNAIOLI DELL’ALTO ADIGE CONVEGNO INTERNAZIONALE Social Media Forum CONVEGNO INTERNAZIONALE RIcostruire?! ALBERGATORI E ARCHITETTI ALLA RICERCA DI NUOVE STRADE INSIEME A AUTOCHTONA 2014 Regola numero uno: conoscere bene la spezia che si sta usando Curcuma & C. stanno prendendo piede anche nella gastronomia di casa nostra, arricchendola di nuove possibilità. Roberto e Andrea Rossi, per esempio, della Locanda del Feudo di Castelvetro (MO), ne fanno un uso equilibrato e sapiente in diverse preparazioni. “L’importante – sottolinea Roberto – è conoscere bene il gusto che la spezia può apportare, in modo da aggiungerla nella quantità capace di conferire solo quella nota in più, che non copre ma, anzi, esalta gli altri ingredienti. Prendiamo, per esempio, un semplice tagliolino cacio e pepe: utilizzare un pepe di Sichuan dona al piatto una nota più delicata, rendendo il gusto complessivo più armonico, mentre la scelta di un pepe nero, più aggressivo, finirebbe col coprire il gusto sia della pasta che del formaggio. Con i diversi tipi di pepe si può poi giocare anche all’interno di una stessa preparazione, come nel caso di un nostro tortino con formaggio di capra e pepe bianco, accompagnato con salsiccia di Mora Romagnola, aromatizzata al pepe nero”. Le spezie entrano a buon diritto (e con riscontri più che soddisfacenti) anche nella panificazione. Il cestino dei pani della Locanda del Feudo, infatti, propone diverse preparazioni in base alla stagione. Una, però, non manca mai: il panino alla curcuma, espressamente pensato per e particolarmente gradito alla clientela femminile per il suo gusto e la sua leggerezza, il bel giallo intenso dell’impasto e l’azione digestiva. I piatti in cui lo chef sperimenta l’uso di spezie sono presenti in ogni sezione del menu. Compresi i dolci, tra cui spicca un millefoglie di cioccolato bianco con un mix di liquirizia, cannella e anice stellato, che regala al piatto un gusto regolare, dal primo boccone all’ultimo, senza che mai una spezia sovrasti l’altra. La cucina di Roberto conta, inoltre, su una particolare selezione di sali, ognuno con caratteristiche che lo rendono adatto a certi piatti e non ad altri. E poi ci sono le erbe aromatiche, acquistate fresche (fiori commestibili compresi) da un’azienda agricola del bolognese. “Insieme – spiega Roberto – stiamo mettendo a punto e sperimentando anche delle essenze in olio (salvia, rosmarino, lavanda, maggiorana, ecc.) da spruzzare sul piatto ultimato: rispetto alle spezie hanno un gusto più fugace”. 38ª Edizione FORUM DEI VINI AUTOCTONI lars.it Il fascino di aromi che vengono da lontano Che le spezie possano trasmettere, oltre ad aroma e gusto, il fascino di mondi lontani lo sa bene Elena Shang, che, nata in Cina e trapiantata in Italia a 16 anni, dopo una lunga esperienza quale responsabile marketing di una multinazionale del settore alberghiero, nel 2008 ha aperto Blue Ginger, uno dei primi ristoranti fusion di Milano. “Oggi il cliente è sempre alla ricerca di qualcosa di diverso. – afferma – Se n’è accorta anche l’industria che, come dimostra, per esempio, il settore delle bevande, ha provato a innestare gusti tra loro distanti, creando prodotti originali e inconsueti. Questa, dunque, è la tendenza anche nel mondo delle spezie, dove, per esempio, ginger e rafano si stanno ritagliando uno spazio crescente”. E proprio lo zenzero, ma anche il sesamo, il tamarindo, il peperoncino e il coriandolo, utilizzati sempre rigorosamente freschi, sono tra le spezie principe di Blue Ginger, che fa largo uso anche di erbe aromatiche, sempre in versione fresca, come l’erba cipollina, il basilico thailandese e il lemongrass. “Nella zuppa Tum Yan, per esempio – spiega Elena Shang –, una delle più speziate, oltre al pepe utilizziamo tamarindo, coriandolo, peperoncino e lemongrass. Nei gamberi al curry, invece (che è già di per sé una miscela di spezie), aggiungiamo il coriandolo”. Il menu del locale, un compendio di diverse cucine asiatiche, è improntato al massimo rispetto delle ricette originali, soprattutto per quanto riguarda scelta e quantità delle spezie. “La cucina cinese, per esempio – osserva Shang –, le impiega in misura moderata, mentre quella thailandese, di cui in genere proponiamo non più di trequattro piatti, le prevede in quantità maggiori. Sushi a parte, comunque, quella di Blue Ginger è soprattutto una cucina cinese contemporanea, rivista creativamente e rinnovata grazie all’introduzione di ingredienti sia locali che esotici. Facciamo, per esempio, un largo impiego di frutta, come mango, pitaya, rambutan: i loro profumi e i loro gusti freschi si sposano bene con quelli più decisi delle spezie, dando vita a connubi che i clienti apprezzano molto”. 2014 All’interno di un assortimento di grande completezza e profondità, pronto a raggiungere target differenziati, come mostrano le sue tre diverse divisioni retail, cash & carry e industria alimentare, le linee pensate da Drogheria & Alimentari per la ristorazione e il catering sono proposte in vari formati. Si va, infatti, dalle confezioni in pacco da chilo e mezzo chilo, per le referenze più performanti (come pepe, origano, peperoncino, semi di finocchio, aglio, chiodi di garofano, noce moscata), al barattolo in pet da 350 cc, particolarmente comodo per la visibilità che dà al contenuto, anche per spezie di uso più limitato. “C’è poi una piccola linea di sali speciali – aggiunge Barbagli –, molto apprezzati dai professionisti: sale in fiocchi di Cipro, di Maldon, sale rosa dell’Himalaya, grigio della Bretagna, ecc.; e di recente abbiamo lanciato una gamma di semi: di girasole, zucca e lino, in aggiunta a quelli di sesamo e papavero, utilizzati soprattutto dai ristoranti che propongono un proprio cestino di pani”. Se nella nostra gastronomia, dunque, le erbe aromatiche hanno tradizionalmente avuto la meglio sulle spezie, oggi le cose (e i gusti) stanno cambiando. Così come cambia, di pari passo, la classifica delle spezie più utilizzate. “Pepe nero, origano e peperoncino sono le referenze più altorotanti – elenca Barbagli –, seguite da aglio, rosmarino e curry, fino a poco tempo fa quasi sconosciuto e oggi immancabile nelle cucine”. www.hotel.fierabolzano.it STANCO DEI SOLITI CUBETTI? DA OGGI LA TUA FANTASIA NON HA PIÙ LIMITI professione cuoco di Roberto Carcangiu presidente Associazione Professionale Cuochi Italiani Cosa determina il valore di un cuoco S iamo in un momento storico di estremismi che tutto tranne il valore della cucina italiana che in realtà della medietà (e non mediocrità), da sempre, fa il suo valore, anche se in maniera inconsapevole. Passiamo dalle aziende dove il cuoco deve essere un individuo non pensante, basta che segua le linee guida (il solo dirlo mi indispone), a cuochi che, da star nella comunicazione, in cucina ci stanno poco, o meglio il loro lavoro è essere comunicati. Il ragionamento che voglio fare è legato al significato/valore delle parole e ai comportamenti che dovrebbero avere le parti in causa, ovvero titolari e chef medesimi. Premesso che niente o quasi è completamente giusto o sbagliato se non l’uso che si fa delle cose, possiamo dire soprattutto per lo chef, se televisivo o formatore, che ha una responsabilità sociale importante e questo non solo nei confronti del mercato ma anche delle persone più giovani che, per emulazione, altro non fanno che inseguire dei modelli che poi nel tempo si rivelano finti. La domanda principale che ci dobbiamo fare è: quanto di quello che facciamo serve a noi e quanto alla categoria professionale a cui apparteniamo? Proprio in questi giorni in un convegno della nostra associazione ricordavo che il meglio per tutti è anche meglio per me, mentre non è detto che il meglio per me sia il meglio per tutti. La domanda non è chef stellato o chef televisivo, ma piuttosto lo chef operativo: cosa fa, chi è professionalmente e umanamente parlando? Dobbiamo tornare ad una modalità dove la parte più importante del valore lavoro è dato da ciò che facciamo nel concreto e non da quello che diciamo per essere interessanti agli uditori del momento. Sono le nostre caratteristiche nell’insieme che ci rendono interessanti e non i valori in assoluto. Si può scrivere un decalogo su come un altro collega dovrebbe “essere” o comportarsi? Credo assolutamente di si. Mentre per ciò che riguarda il solo individuo la libera scelta è soprattutto una questione personale, per ciò che riguarda una professione il dovere è anche verso gli altri, siano essi colleghi piuttosto che clienti. Queste dunque, a mio parere, sono le caratteristiche positive che uno chef deve avere: - minimo 12-15 anni di esperienza di cui almeno 2 come secondo chef - conoscenza ed esperienza di gestione economico finanziaria della cucina - buona base teorica e pratica di tecniche di cottura e cucina classica - capacità di operare al meglio in funzione dei budget previsionali - capacità di interagire e creare squadra nel gruppo non per mera imposizione - volontà e propensione al lavoro di squadra ed alla condivisione dei risultati con gli altri capiservizio - ordinato e metodico anche nella gestione della parte cartacea della cucina - capacità di pianificazione e progettazione del lavoro anche a “tavolino” - almeno due corsi all’anno di aggiornamento - capacità di analisi oggettiva e relativa pianificazione di layout strumentali con relativi break event su metodi consolidati - studio della cultura gastronomica profonda del territorio gastronomico ove si trova ad operare - capacità di sedare nervosismi in servizio - cura della propria persona, sia sotto l’aspetto della salute sia sotto quello dell’immagine esteriore Modalità di preparazione: LE 4 REGOLE DA SEGUIRE PER UN RISULTATO ECCEZIONALE! Grandi Panieri presenta la linea di verdure surgelate “Foglia a Foglia”. Agrifood Abruzzo-Covalpa è stata la prima azienda italiana a produrre con questo innovativo metodo, che permette di mantenere intatte le foglie delle verdure e preservare le qualità del prodotto fresco. Foglia a Foglia garantisce alta qualità delle materie prime e provenienza era chiusa e controllata. 100% italiana, certificata da una filiera La gamma comprende un assortimento t completo: l t SPINACI BIETE ERBETTE BIETE A COSTE CICORIA CIME DI RAPA/FRIARIELLI 1 FAI RINVENIRE VERZA I risultati migliori per conservare tutta la qualità di Foglia a Foglia si ottengono con la cottura a vapore (6 minuti). Quando prepari piccole quantità puoi utilizzare il microonde (bastano solo 2 minuti a 750W) oppure la padella, utilizzando 1 cm di acqua da eliminare a fine cottura (4 minuti per lato). 2 CONDISCI Perfora leggeremente la porzione in modo che il condimento penetri all’interno;; spennella con un’emulsione di olio, limone e sale o con un condimento a piacere. e. 3 GUARNISCI risci. Crea un contorno fantasioso guarnendo la porzione con gli ingredienti che preferisci. 4 SERVI Ecco un suggerimento di come puoi servire un contorno di sicuro successo: Spinaci Foglia a Foglia e pomodori glassati al forno (15 minuti a 120°C) con crema di formaggio aromatizzata al timo e salsa al formaggio sul piatto. ristorazione&catering 18 settembre/ottobre duemila14 AGRIFOOD ABRUZZO S.r.l. Sede: Via San Bernardino, 196 - 25018 Montichiari (BS) - Tel. 030 99 815 30 Fax 030 99 815 20 – email: [email protected] - www.agrifood.it - Stabilimento: Borgo Strada 14 - 67043 Celano (AQ) ROBA FINE SALA E CUCINA IN CUCINA di Marina Caccialanza Scegliere la farina adatta è il primo passo verso un buon risultato P ellegrino Artusi, nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, scriveva: “Basta la passione, molta attenzione e l’avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, ché questa vi farà figurare”. Forse uno dei segreti della buona tavola sta proprio lì, nella scelta delle materie prime e non a caso uno dei maestri della cucina moderna, Aimo Moroni, ripete ai suoi allievi come in un mantra “imparate a fare la spesa”. La farina è una delle materie prime fondamentali e scegliere la farina adatta può essere la strada giusta per la riuscita di una ricetta. Lo sanno bene gli esperti di tecniche molitorie che con estrema professionalità contribuiscono allo sviluppo di prodotti sempre più selezionati, perfezionati e innovativi. A questa continua opera di ricerca per ristorazione&catering 20 settembre/ottobre duemila14 trovare la formulazione più adatta alle esigenze di pasticceri, pizzaioli, cuochi e panettieri, una risposta valida viene da Le 5 Stagioni, linea del Gruppo Agugiaro & Figna: “Le farine sono sempre di più, per rispondere a una richiesta di mercato esperta e informata. Ogni professionista ricerca la farina che rispecchi al meglio il proprio modo di lavorare, che supporti la propria creatività con un’elevata qualità, ma che la stimoli anche con prodotti nuovi, innovativi. La tendenza è dunque ricercare miscele specializzate ma con, al tempo stesso, un ritorno agli antichi sapori, alla genuinità. Per questo le nuove miscele e farine tendono nettamente verso la macinatura a pietra, le farine integrali e i prodotti bio. E se è vero che i consumi stanno subendo le conseguenze della congiuntura economica e che non si può parlare di crescita dei consumi, il brand Le 5 Stagioni sta registrando un aumento delle vendite, non legato all’andamento del mercato ma all’acquisizione di maggiori quote di mercato; dato che denota una maggiore attenzione al prodotto di qualità e al desiderio di legarsi ad aziende affidabili”. Dalla culla della tradizione partenopea… Professionisti esperti e consumatori smaliziati e alla ricerca di esperienze gustative nuove e appaganti, dunque, ma anche voglia di genuinità. Come non pensare subito al piatto principe della gastronomia italiana, la pizza: farina, acqua, lievito e le mani del pizzaiolo a darle vita. Massimo di Porzio significa Pizzeria Umberto, Napoli, culla della pizza napoletana. “Seguiamo le regole della pizza napoletana tradizionale, così come ci sono state tramandate e come ci impone il disciplinare IGP. Per ottenere una buona pizza serve farina raffinata, cioè priva dello strato esterno del chicco. Oggi i nutrizionisti consigliano farine poco raffinate, con valori nutrizionali più alti ma non sono adatte alla pizza tradizionale. La farina ideale deve avere un basso contenuto di proteine, un livello di W compreso tra 240 e 280, per adattarsi al nostro metodo di impasto. Questo tipo di farina ci permette di ottenere una pasta sufficientemente elastica ma soprattutto plastica dopo la maturazione, ossia che mantiene la sua struttura e non si ritira al momento della stesura; sono queste caratteristiche che contribuiscono alla leggerezza e digeribilità della pizza napoletana. Oggi per ovvi motivi proponiamo anche pizze senza glutine: si impiega il semilavorato ma noi lo mescoliamo a diversi tipi di farine senza glutine, come il fioretto di mais o la farina di riso, per ottenere una miscela personalizzata adatta al nostro metodo di lavoro”. …al rassicurante piacere della pasta fresca Non è un dettaglio il metodo di lavoro, perché l’esperienza del professionista è comunque fondamentale, come ci conferma Daniela Traversi, chef della Trattoria Ravaldi di Castelfranco Emilia dove il piatto forte è, secondo la migliore tradizione emiliana, la pasta fresca. “Siamo un locale familiare e proponiamo cucina casalinga e tradizionale. La pasta fresca è nel nostro DNA: personalmente ho imparato a prepararla da mia suocera e ancora oggi seguo i suoi consigli esperti. Capita di sperimentare nuove ricette ma la pasta è uno dei fondamenti sui quali non si transige e deve essere rigorosamente preparata fresca, cotta al momento e servita come Dio comanda. È la mano di chi fa la sfoglia, la sua passione ed esperienza che fanno la differenza così come il condimento giusto. Un tempo acquistavamo la farina direttamente da un mugnaio della zona, oggi ci serviamo presso i distributori che offrono un prodotto di buona qualità; non occorre un tipo particolare di farina se non una tipologia 00 oppure la 0 se si vuole ottenere una maggiore ruvidezza. Tutto il resto è passione”. Per finire in dolcezza E di passione si tratta quando da un sacco di farina si parte per creare le meraviglie della pasticceria artigianale. “Scegliere la farina adatta è il primo passo verso un buon risultato – spiega Carlo Pozza, Pasticceria da Venicio, Arzignano (VI) - e le farine tecnologicamente avanzate oggi sul mercato sono un valido aiuto. L’innovazione ha fatto passi da gigante e le nuove formulazioni agevolano il processo e il risultato finale. Le selezioni effettuate sulle tipologie di grano ci permettono di contare su una materia prima il più possibile stabile tutto l’anno e su farine specifiche per ogni tipo di lavorazione: farine di forza per i grandi lievitati, con più glutine e proteine per sopportare meglio il lungo impastamento senza strappare e perdere elasticità; farine più deboli con W 120/180 per le paste frolle. Una materia prima adeguata, inoltre, permette di affrontare meglio le variabili connesse alle condizioni climatiche”. ristorazione&catering 21 settembre/ottobre duemila14 MAESTRI IL RE DEI PASTICCERI Iginio Massari Al contrario di altri mondi la pasticceria e la cucina sono agli albori di Luca Bonacini I più importanti riconoscimenti internazionali lo pongono da anni al vertice della categoria, la sua indiscussa abilità nel raggiungere i più ambiziosi obiettivi ne fanno l’uomo che ha vinto tutto, dando lustro all’Italia nel mondo. È Iginio Massari, il re della pasticceria. A Brescia presso la pasticceria Veneto da lui aperta nel 1971, migliore d’Italia per tre anni di seguito sulla Guida Gambero Rosso, si cela solo parte di un’ intensa attività professionale che lo porta sempre in prima linea nella sperimentazione, perseguendo le origini delle ricette classiche, ampliando continuamente la propria estesa cultura sulla storia della pasticceria, confrontandosi e viaggiando dovunque venga richiesto il suo sapere, che si tratti del campionato del mondo, al quale accompagnare un allievo allenato da lui, o sia invitato a partecipare alla giuria di un prestigioso concorso internazionale. Una carriera costellata di successi, quella del campione del Mondo Iginio Massari, iniziata in un semplice panificio a sedici anni, che lo porta in Svizzera nei Cantoni francesi dove avviene la prima esperienza di pasticceria e cioccolateria, che lo introduce all’incontro con il maestro Claude Gerber, un privilegio che gli consente di apprendere i fondamentali. Al ritorno in Italia è conteso da alcuni marchi nazionali molto noti, per la sua ristorazione&catering 22 settembre/ottobre duemila14 conoscenza delle tecniche più raffinate, per i complessi processi di lavorazione dei lievitati e per una dedizione non comune verso la sua professione, una competenza riconosciuta a tal punto, che quando incorse in un incidente, che gli impediva di guidare per un lungo periodo, il suo datore di lavoro dell’epoca, ritenne cosi importante la sua collaborazione, da farlo venire a prendere da un’auto ogni giorno. Un talento raro, coniugato a una cultura vasta e a un carattere risoluto, gli consentono di vincere dal 1964, oltre 300 concorsi, premi e riconoscimenti nazionali e internazionali. Nel 1985 è ideatore a Brescia del primo campionato italiano di pasticceria; nell’87 diviene, il primo e unico italiano membro della prestigiosa associazione internazionale “Relais Dessert”, che raggruppa i migliori pasticceri del mondo con l’obiettivo “Qualità” (91 aderenti di 16 nazioni); nel 1993 fonda a Brescia, l’ Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani; nel 1997 è allenatore della squadra italiana vincitrice a Lione della “Coppa Del Mondo di Pasticceria”; nel 1999 è “Pasticcere Italiano dell’Anno“; nel 2003 vince la Medaglia d’oro, con la miglior torta italiana al cioccolato da forno; nel 2004 è allenatore della squadra italiana vincitrice del campionato del mondo; nel 2009 a Nashville USA, è allenatore della squadra italiana “World Pastry Masters” medaglia di bronzo; nel 2011 a Phoenix USA Arizona, è allenatore World Pastry Masters” medaglia d’argento; nel 2013 a Rimini, è allenatore per il Campionato del mondo nella lavorazione artistica dello zucchero “medaglia d’oro”, e nel 2013 a Parigi, è allenatore individuale italiano per il Campionato mondiale del cioccolato “World Chocolate Masters” medaglia d’oro. Nello stesso anno riceve il titolo di Commendatore della Repubblica italiana. Una carriera sempre in ascesa, con i più importanti riconoscimenti, ma come sono stati gli inizi? “Mia madre aveva un ristorante e una gelateria, mio papà era funzionario delle Ferrovie, due poli opposti; probabilmente sono stati i profumi della cucina di casa, a farmi innamorare di questo lavoro. Ho iniziato da un fornaio, dove andavo nel dopo scuola, i miei mi volevano medico, ma io mi avvicinai sempre di più alla cucina, andai anche a bottega dai nonni che avevano una macelleria, per conoscere i tagli delle carni e le frollature, poi scelsi di fare il pasticcere. Entrai nel mondo del dolce, andando in Svizzera, girai vari paesi all’estero, per conoscere i grandi professionisti della pasticceria, tornato in Italia diventai responsabile di una pasticceria con 60 dipendenti, e poi in una piccola pasticceria dove riuscii a decuplicare il fatturato, poi da Barzetti, e da Bauli come direttore di produzione, esperienze che hanno consolidato la mia reputazione, e che mi hanno portato ad aprire insieme a mia moglie la pasticceria Veneto, a Brescia, la mia città, dove sono ancora oggi”. Cosa ne pensa delle guide? “Sono utili e aiutano il comparto a crescere, ma occorre professionalità. Ho collaborato alla guida del Gambero Rosso delle pasticcerie, ho dato il mio contributo realizzando un pratico glossario a tergo del volume, che possa servire per fare chiarezza sui vocaboli e i termini usati in pasticceria, ma ho anche consigliato l’organizzazione di un corso per gli ispettori. Un percorso formativo, per disporre di basi comuni e valutare con competen- za le pasticcerie e poi assegnare un voto, occorre conoscere i cinque sapori, come degustare, quali sono gli elementi importanti cui fare attenzione, a cosa serve l’acido, il basico, il dolce, il salato, quale è la forza del salato a livello osmotico, ad esempio come assaggiare un cannellino, prima la sfoglia e poi la crema. Anche in questo ambito la formazione è importantissima”. Cosa vuol dire partecipare, e vincere un campionato mondiale? “Un’emozione grande. Mi è sempre piaciuto primeggiare, anche nello sport, e quando alleno i ragazzi per il mondiale, li alleno in tutto e per tutto, qualcuno è più bravo di altri e riesce a imporsi. Qualche volta la giuria non è all’altezza, non sempre il loro valore tecnico è elevato, e qualche volta li ho messi in difficoltà, occorre essere coerenti e avere una linea professionale trasparente, una volta mi tolsi dalla giuria, perché un mio dipendente era in concorso, e rischiavo un conflitto di interessi. L’allievo vinse lo stesso”. Anche nel mondo della pasticceria si investe sulla formazione, e ogni anno vengono organizzati concorsi, ma la figura del pasticcere è adeguatamente valorizzata? “Prima di formare gli allievi, occorre formare i docenti, c’è un gran bisogno di professionisti autorevoli che trasmettano le proprie competenze alle nuove generazioni. C’è molta confusione, a partire dai concorsi e dalle giurie, servirebbe un dizionario comune sui vocaboli, si sentono termini che non corrispondono al reale significato del tal preparato o della tal ricetta. Prenda la crema ristorazione&catering 23 settembre/ottobre duemila14 chantilly ad esempio, che per gli italiani è panna montata con un po’ di crema, mentre invece è panna montata, zuccherata con un po’ di vaniglia, e il nome deriva dal castello dove è stata inventata. In molte città italiane del nord chiamano gattò, la crema al burro, quando invece è una preparazione salata a base di patate. Occorre un vocabolario condiviso. In Italia non esiste la figura del maestro pasticcere come ad esempio in Francia, ma con l’Accademia ci stiamo muovendo, è una figura professionale cui deve essere riconosciuta una maggior dignità, ancora non adeguatamente definita”. Ogni anno seleziona centinaia di allievi, quali consigli da scoprire, occorre aprire gli occhi, e diffidare di chi fa solo complimenti, si è più simpatici, ma non c’è evoluzione”. Quali sono stati i maestri del ‘900 ? “Brillat Savarin e Artusi, hanno fatto scuola, stavano bene di portafoglio, quindi avevano tempo e disponibilità per dedicarsi a questo argomento con passione e tecnica, e ci hanno lasciato un grande patrimonio di saperi, a loro va la mia riconoscenza. Motta, e anche Alemagna al di la dell’immagine che arriva oggi, hanno fatto la storia dell’artigiano e dell’industriale, una competizione che è stata il sale di una categoria. Salza di Pisa, era un formi- PIZZA SENZA GLUTINE… ECCO LE SOLUZIONI! Molino Spadoni ha creato una nuova linea di mix e impasti surgelati pronti da stendere o già stesi, destinati all’utilizzo professionale per ottenere pizze gustose e croccanti, anche senza glutine! La linea “Senza Glutine” è stata realizzata dagli specialisti della nuova Divisione Alimenti Dietetici di Molino Spadoni e tutte le fasi di produzione avvengono all’interno dei nostri stabilimenti, autorizzati dal Ministero della Salute, che sono dedicati alle produzioni gluten free per evitare ogni possibile rischio di contaminazione. L’esperienza di Molino Spadoni nel settore dei prodotti per pizzeria ha fatto sì che oggi sia possibile disporre di prodotti sicuri e garantiti ma anche facili da lavorare e con eccezionale resa sul prodotto finito! darebbe a un giovane che partecipa a un concorso, e sta intraprendendo questa professione ? “È importante che la giuria sia sincera nei confronti dell’allievo, ha una funzione ben precisa, deve aiutarlo a capire se è il mestiere della sua vita, deve correggerlo, e farlo maturare a costo di fargli male. E l’allievo non deve accontentarsi mai di ciò che ha imparato, deve perseguire un’innovazione positiva, i prodotti che realizza devono essere buoni, devono piacere, dopo il primo boccone deve venire voglia di mangiarne un altro, e un altro ancora. Il mondo del dolce è immenso, al contrario di altri mondi la ristorazione&catering pasticceria e la cucina sono agli albori, c’è tanto ancora 24 dabile artigiano”. Incontri da non dimenticare della sua carriera, e qualche grande cliente? “Non c’è più ma lo ricordo con piacere, l’ex presidente della Repubblica Cossiga, che tutte le settimane faceva colazione con la nostra ciambella, un altro cliente con cui c’era un rapporto particolare, un’ affabulatore straordinario, ma alla mano, Luigi Lucchini, presidente di Confindustria, poi l’avvocato Frigo, membro della consulta, amante dei nostri panettoni. Dal mondo della gastronomia vengono Carlo Cracco, Alain Ducasse, Gualtiero Marchesettembre/ottobre duemila14 si, Davide Oldani…” senza glutine lo specialista delle farine dal 1921 Molino Spadoni SpA - via Ravegnana, 746 - Coccolia (RA) - Telefono +39 0544 569056 - Fax +39 0544 569008 - www.molinospadoni.it - [email protected] ricette sono tante e lasciano spazio alla fantasia. Per l’edizione di quest’anno di Cocofungo, per esempio, abbiamo puntato su piatti salutistici e vegetariani e abbiamo abbinato il fungo a pastinache, tuberi e patate”. peccati di gola Il bosco in tavola di Marina Caccialanza C ercare e raccogliere i funghi è un’arte e l’unico modo per distinguere i funghi mangerecci da quelli non commestibili è conoscere le varie specie, i luoghi dove crescono e rispettarne le peculiarità. Anche il loro utilizzo in cucina richiede quel bagaglio di conoscenze indispensabile a metterne in risalto le virtù ed evitare gli sprechi esaltandone l’aroma e il sapore. “Il fungo è una materia prima preziosa e molto delicata. – spiega Marco Bortolini, chef del Ristorante da Gigetto a Miane (TV), che affianca in cucina il padre Luigi - È un prodotto influenzato innanzitutto dalla stagionalità e dalle condizioni climatiche, per questo bisogna conoscerlo bene per poterne fare uso nel momento e nel modo giusto. Il porcino è reperibile da metà giugno fino ad autunno inoltrato ma altri tipi di funghi godono di un periodo più breve, come le prugnole o i pioppini in primavera, come i finferli o gli ovoli. È indispensabile puntare sulla qualità e sulla sicurezza e per questo noi ci affidiamo solo a fornitori di fiducia: raccoglitori storici, poi le cooperative e le associazioni che nei vari punti di raccolta, nel rispetto della legislazione locale, distribuiscono i funghi in totale garanzia. Altro fattore importante è il prezzo, mai stabile ma soggetto alle oscillazioni dovute alla disponibilità: può variare da 7 a 30 euro il chilo. Per evitare sorprese alla clientela decidiamo per i piatti un prezzo medio, accettandone i rischi. Il nostro metodo è acquistare i funghi e utilizzarli freschi in stagione stoccando il surplus per un impiego futuro: il porcino ben sodo viene trifolato, quando è morbido viene tagliato sottile e cucinato per la preparazione di salse. Usiamo raramente il porcino secco e solo per i ragù perché è troppo costoso, a meno che non lo abbiamo essiccato noi. Le ristorazione&catering 26 settembre/ottobre duemila14 Tutto l’anno con gusto Il mercato offre numerose alternative al fungo fresco, come ci spiega Maurizio Prandella, titolare di Cidia, che distribuisce marchi eccellenti in diverse tipologie, come porcini e come misto bosco, surgelati o trifolati e disponibili in scatola o in busta. “Sono prodotti molto richiesti dalla ristorazione, anche di alto livello, che ne riconosce il valore in cucina grazie alla semplicità e rapidità di utilizzo e all’assenza di spreco che determina un rapporto qualità/prezzo eccellente. Ovviamente nella stagione della raccolta l’alta ristorazione preferisce il prodotto fresco, ma negli altri periodi il surgelato è una valida alternativa tanto che molti lo scelgono tutto l’anno. I funghi surgelati hanno il vantaggio di essere qualitativamente affidabili e danno un’ottima resa in cottura. Il porcino è sempre la varietà più richiesta, almeno il 90%, specialmente nell’area lombarda, ma anche il misto bosco formato da varietà minori come i finferli ha un buon riscontro, per esempio in Trentino o in Veneto. Del resto, il prodotto conservato non è soggetto alle condizioni ambientali – il raccolto primaverile è generalmente meno saporito di quello autunnale – e da parte nostra garantiamo l’origine europea attentamente selezionata”. La provenienza dei funghi immessi sul mercato è certamente uno dei problemi principali, spiega Graziano Tocci di Rolli: “È molto difficile reperire prodotti italiani da filiera certificata adatti alla trasformazione e conservazione; troppo spesso i funghi sul mercato risultano di dubbia provenienza, da paesi dell’est che non ne garantiscono la qualità e la sicurezza. Il prodotto italiano fresco quando è reperibile ha un prezzo elevato che incide notevolmente e la maggior parte degli operatori della ristorazione spinge sul prezzo al punto tale che diventa molto difficile equilibrare il rapporto tra la produzione e la vendita. Altri fattori intervengono, come la stagionalità, le condizioni ambientali e meteorologiche, la mancanza * scopri di più..... Le ricette con i funghi sul nostro sito www.ristorazionecatering.it di manodopera qualificata; fattori che impediscono una programmazione adeguata. Per questo motivo Rolli ha preferito dedicarsi a prodotti derivati da coltivazione, i cosiddetti champignons, adatti a un consumo più disinvolto”. Non mancano esempi particolarmente interessanti di alternative al fungo fresco raccolto in stagione. Bruschi propone una linea di funghi liofilizzati, prodotti di alta qualità puliti, selezionati e trattati secondo un procedimento raffinato: porcini, ovoli e finferli. I funghi vengono surgelati per poi subire un procedimento di liofilizzazione che attraversa diverse fasi: dal raffreddamento a – 70°C a un ulteriore passaggio termico con aria calda e la sublimazione per estrarre l’acqua. “Il processo è completamente naturale – spiega Roberto Diano – ed è studiato per esaltare e mantenere in pieno le caratteristiche del prodotto. I vantaggi sono importanti; può essere utilizzato senza aggiunta di acqua in quanto a contatto con un elemento umido si rigenera naturalmente e riacquista le stesse caratteristiche del prodotto fresco, del quale mantiene intatti qualità e gusto. Possiamo proporre sia i tre tipi di funghi lavorati singolarmente sia un misto generico più povero ma versatile per le diverse lavorazioni di cucina. Inoltre, sarà presto disponibile una linea completa, chiamata Aiutini, che consiste in un mix liofilizzato di funghi con verdure ed erbe, molto utile in cucina. Servire tutto l’anno un ottimo piatto di funghi, ottenuto da un prodotto di elevata qualità, dalle proprietà organolettiche eccellenti, è un’opportunità che molti chef stanno imparando ad apprezzare”. ristorazione&catering 27 settembre/ottobre duemila14 A proposito di... Il cibo non è una scarpa Le storie e i percorsi del cibo vanno raccontati e vissuti di Luigi Franchi U no spirito nuovo si aggira per l’Italia gastronomica: è lo spirito della solidarietà tra i ristoratori, gli chef, i vignaiuoli e i produttori. Recentemente abbiamo partecipato a due eventi – Chef…al Massimo e 100 Chef per una sera – dove questo aspetto si è evidenziato in tutta la sua pienezza. Grandi feste di civiltà ci piace definire queste manifestazioni dove i ristoratori, categoria storicamente individualista, si è unita per mettere il proprio sapere a disposizione di un pubblico felice di esserci. Una grande festa civile Chef…al Massimo è una manifestazione che si svolge ogni prima domenica di settembre a Monzuno, sui colli bolognesi, per ricordare Massimo Zivieri, un fautore dell’alimentazione buona, pulita e giusta che ha troppo presto lasciato questa terra. La sua famiglia, per ricordarlo, ha ideato questa festa che cresce anno dopo anno, in cui i cuochi italiani (quest’anno erano in 25) preparano ricette con le carni messe a disposizione proprio dalla Macelleria Zivieri: 500 porzioni a testa, suddivise in 5 menu consumati dalle 2.500 persone che si sono preno- ristorazione&catering 28 settembre/ottobre duemila14 tate, con anticipo, attraverso il sito dell’evento. “Chef…al Massimo è comunque, pur sembrando strano, una festa. Nata in maniera spontanea, e non ha potuto realizzare. – racconta Aldo Zivieri, il fratello che, insieme ai familiari, gestisce la macelleria - Noi abbiamo deciso di celebrarlo così, continuando nel suo progetto. Il successo ci ha spinto a trovare nuove soluzioni, per organizzare sempre meglio l’appuntamento. E sentire intorno questa enorme e sincera quantità di affetto è il motivo per andare avanti nei progetti e nella qualità”. Camminando tra le migliaia di persone si ha la sensazione che tutti, ma proprio tutti conoscessero Massimo Zivieri, anche chi, come il sottoscritto non ne ha avuto la possibilità. La convivialità, il toccarsi, il guardarsi negli occhi, l’alzare un calice o il commentare uno dei 25 piatti realizzati secondo il criterio della semplicità fa apparire in tutta la sua irrealtà il mondo dei social. Anche questo è un utile esercizio di civiltà che il cibo sa esercitare, come spiega Igles Corelli, presidente di CheftoChef e di UIR, presente dalla prima edizione: “Lo sforzo è sempre più grande ma Chef…al Massimo è sempre più organizzata, la gente non è pretenziosa ma educata, le modali- tà con cui partecipa dimostrano che il messaggio è ben definito e recepito: qui si fa cultura dello stare insieme, grazie alla qualità. E la qualità del cibo è determinata, prima di ogni altra cosa, dall’assaggio. Ecco, potrei dire che questa è una grande festa dell’assaggio di una materia prima, le carni degli Zivieri, ineccepibile sotto ogni punto di vista”. I 50 anni del Buon Ricordo Luciano Spigaroli, patron del Cavallino Bianco, socio storico del Buon Ricordo, li ha chiamati uno ad uno per fare in modo che la partecipazione a 100 Chef per una sera, la cena evento per festeggiare i 50 anni dell’Unione del Buon Ricordo, svoltasi a Parma il 9 settembre, e i 111 soci ristoratori hanno risposto di si. Tutti insieme hanno dato vita ad una tavolata da Guinness che si è snodata da Piazza Garibaldi lungo Via Repubblica, per ospitare il migliaio di persone arrivate da tutta Italia. “Abbiamo festeggiato il nostro compleanno facendo quello che sappiamo fare e ricordando anche, praticamente, che la qualità dei prodotti e dei modi di cucinarli e porgerli è uno dei punti di forza del nostro Paese. Noi ristorazione&catering 29 settembre/ottobre duemila14 ci proviamo da cinquant’anni, precursori di quello che oggi si chiama turismo enogastronomico, uno dei principali motivi di scelta di un viaggio in Italia” afferma Ovidio Mugnai, presidente dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo. Salatini I Salatini per la Gastronomia 6 iosi z fi s i t gus C e r tif i ed Apple Pr oduct ion 6 forme e farciture diverse S tu o n i z e a r o t s i r a l r e diati p Art. 14077 Salatini di pasta sfoglia 4x1000g Würstel I Spinaci I Speck I Peperoni I Olive I Rosmarino Pan Surgelati Srl I-39055 Laives www.pan.it [email protected] 0471 592900 Fare cultura del cibo L’evento è stato memorabile, per molteplici aspetti tra cui ha primeggiato il fare cultura, come sostiene Giovanna Guidetti, patron dell’Osteria della Fefa di Finale Emilia: “Orgogliosa di esserci stata, orgogliosa di far parte del Buon Ricordo, un’associazione dove si respira voglia di collaborazione. Ma soprattutto felice di poter ascoltare storie di altri chef, di altri territori, di altri prodotti. Sono occasioni importanti per crescere”. “Ho cambiato vita e aperto il mio ristorante esattamente per questo. – racconta Giovanna Guidetti – Per convivere con il mio territorio e capire come gli eventi storici hanno cambiato la cucina. Qui siamo in una terra di confine dove le influenze culturali degli Estensi, dei Pico e dei Gonzaga si sono integrate, comprendendo anche quelle della grande comunità ebraica arrivata qui nel finire del Cinquecento. Tutto ciò ha avuto influenza sul cibo fino ai nostri giorni. Per fare un esempio: in una terra come l’Emilia dove il maiale è predominante, qui il piatto principe è l’oca e l’anatra; nel ragù noi mettiamo i chiodi di garofano. E io cerco di far capire queste differenze”. E siamo convinti che ci riesca benissimo, vista la fedeltà dei clienti (merce rara di questi tempi), insieme al figlio Edoardo, bravissimo in sala. Quella sala tanto bistrattata ma che sta diventando sempre più importante per raccontare le storie e i percorsi del cibo. Perché il cibo, si sa, non è una scarpa: non è esteriorità né apparenza. Il cibo è sostanza e cultura. E come tale va vissuto! opinioni a confronto Luigi Veronelli scrittore e giornalista Q ualità è voce dotta dal latino qualitats-atis, coniata da Cicerone da qualis… e diffusa dalla scolastica già alla fine del secolo XII. Qualità è ciò che concorre in qualche modo a caratterizzare una cosa (una sostanza, un corpo, un luogo ecc…) con connotazione positiva, per me. Ma vado oltre, così da approfondire il concetto di qualità come: complesso delle caratteristiche che definiscono la natura di una determinata cosa (un elemento naturale, un oggetto, una merce) e ne indicano il genere di appartenenza; carattere specifico; modo di essere tipico, particolare, costitutivo; natura, essenza; e può essere contrapposto a quantità, soprattutto in opposizione al concetto di quantità. Il maestro Martino, nel suo libro De Arte Coquinaria, quattrocentesco, ce ne dà un esempio: “Fa allessare il ghiozzo, perché la sua natura e qualitate è meglio allesso che altramente”. Quasi quasi spingerei le parole molto più in là, sino ad affermare: la qualità della vita è il rifiuto della morte. Ecco allora che gli elementi sono sì avere la bella casa, la collezione di disegni leonardeschi, i migliori cibi, i migliori vini, eccetera eccetera, ma prima ancora – elemento fondamentale, imperativo, irrinunciabile – il sapere ascoltarli e riconoscerli, certi che la “musica” è scritta nei cieli così come in ogni luogo della terra. Dal libro Luigi Veronelli di Gian Arturo Rota e Nichi Stefi Luisa Del Sorbo Communication Manager Società By Tourist I l cibo e i sapori dei prodotti sono in primo luogo espressione di un territorio, perchè lo definiscono in termini geografici, climatici e dal punto di vista economico. Caratteristiche da tutelare in fase di produzione attraverso i controlli di filiera, ma soprattutto in fase di ricettazione, dunque quando si passa ai fornelli per la preparazione da parte del cuoco. In tal senso il cuoco va inteso come un vero e proprio ambasciatore dei sapori di un territorio, perché ogni prodotto si accompagna ad una tradizione culinaria, molto spesso antica, che ne ha scoperto le caratteristiche ed esaltato appunto i sapori in fase di cottura. Sono in breve i contenuti del I Mediterranean Cooking Congress, organizzato dalla società By Tourist, in programma dal 13 al 15 ottobre a bordo delle navi Tirrenia, nel porto di Napoli. Sarà un’occasione di confronto tra chef italiani e stranieri, produttori ed importatori italiani e stranieri, per definire un percorso di interscambi commerciali tra le Nazioni del Mediterraneo, che rafforzi le strategie di marketing del settore gastronomico a livello internazionale, ma allo stesso tempo tutelando l’identità di questi territori, attraverso il bagaglio culturale degli chef più rinomati e navigati, produttori e importatori/distributori per accompagnare la commercializzazione con un sapere culinario reale espressione dell’identità territoriale delle Nazioni rappresentate. Per registrarsi: www.cookingcongress.com ristorazione&catering 31 settembre/ottobre duemila14 Gianluigi Negri giornalista e direttore artistico Quando si parla di cultura del cibo, ci si pone anche il problema di come divulgarla. Non tutto quello che finisce in tavola è cultura. E non sempre, a tavola, si riesce a parlare di cultura, dosando le parole nella maniera giusta per appagare il gusto. Nel 2006 è nata Mangia come scrivi, la rassegna letteraria e artistica (più volte imitata) che, in otto anni, ha “invitato a cena” 250 scrittori e 100 artisti italiani. Lo scopo, fin da subito, era offrire piccoli assaggi di libri (e di arte), senza annoiare e con qualche concessione allo spettacolo, perché l’intrattenimento (quando spontaneo) non può mai essere sinonimo di svilimento. Ecco: a Mangia come scrivi ci si diverte con la cultura. Lo sanno gli scrittori, lo sa il pubblico che partecipa alle cene e che assiste con attenzione (incredibile ma vero) a reading e a piccole presentazioni di libri tra una portata e l’altra, tra un bicchiere e l’altro. A Mangia come scrivi si va alla ricerca e alla scoperta di nuovi sapori. Da questa “ricetta” è nato il Festival Mangiacinema, a Salsomaggiore, la cui prima edizione, in programma ai primi di ottobre, è stata dedicata a Ugo Tognazzi. Questa festa del cibo d’autore e del cinema goloso si svolgerà ogni anno. Scrivere e filmare sono due azioni che ricordano il cucinare: bisogna conoscere molto bene la materia (prima) e saper dosare con maestria ed eleganza gli ingredienti. Non tutti lo sapevano: la scrittura e il cinema si possono mangiare. In alcuni casi sono anche buoni. rist’ho Offrire l’arte di Lucilla Meneghelli architetto e designer Hotel e ristoranti diventano luoghi di cultura e di arte C he l’arte possa rappresentare un importante motore di sviluppo della nostra economia è noto, viviamo in un Paese impregnato di arte, da quella antica, che fa del nostro territorio una eccellenza in tutto il mondo, a quella contemporanea, altrettanto seguita e apprezzata. Un locale, ristorante o albergo che sia, può svolgere un ruolo importante, nella diffusione e valorizzazione dell’arte, attività che può, a sua volta restituire gradimento, immagine e fidelizzazione del cliente. È indubbio che l’arte fa crescere e nobilita l’essere umano, e che più è diffusa e a disposizione dei clienti, maggiore è la qualità della vita che si percepisce all’interno degli spazi che la ospita. Esporre tele, sculture, installazioni, in un locale dimostra una attenzione al bello, una cura del locale che va oltre i canoni standard del buon gusto e che eleva il livello di percezione di gradevolezza di uno spazio. Quando si entra in un locale sconosciuto, la prima cosa che si fa è guardarsi intorno e valutarlo a seconda dei propri standard. Se il primo di questi è quello legato alla pulizia, subito dopo si cercano punti di riferimento più emozionali, legati all’accoglienza, al “sentirsi bene” in quel posto. L’esposizione di opere d’arte, carica di particolarità un ambiente, lo connota, affidandogli un carattere distintivo che lo rende unico. Se sul versante della ristorazione si sono diffuse ristorazione&catering 32 settembre/ottobre duemila14 numerose iniziative volte a creare una sinergia tra arte e cucina, al di là della semplice esposizione delle opere d’arte, anche nelle cantine vinicole d’eccellenza si sta assistendo a eventi interessanti che vedono l’espressione artistica come strumento di diffusione di una “nuova cultura”, quella del buon vivere. “Desideriamo creare – osserva il presidente e direttore creativo Davide Rampello – un ambiente affascinante in cui tutto ciò che viene presentato e acquistato diviene esso stesso “opera d’arte” da guardare, vivere, condividere e ricordare: dal caffè al cioccolato, dal quadro al piatto dello chef, dalle bottiglie al modello di scarpe e all’arredo”. Larte a Milano Ispirato dalla Fondazione Altagamma, che associa le imprese italiane di reputazione internazionale e di fascia alta del mercato, Larte è nata per l’iniziativa imprenditorale di un gruppo di soci e partner d’eccellenza in svariati settori: Alessi, Artemide, Baratti & Milano, Bellavista, Ca’ Del Bosco, Caffarel, Cantine Ferrari, Capri Palace Hotel, illycaffè, MK Consulting, Federico Regalia, Sanpellegrino, Santo Versace. Rappresentando così un caso inedito di aziende italiane che si alleano e fanno sistema per competere a livello internazionale. Il progetto infatti parte da Milano, nell’edificio che fu la casa dello scrittore e poeta Carlo Emilio Gadda, ma si propone di svilupparsi anche fuori dall’Italia con partner internazionali, portando nel mondo un modello di ristorazione italiana autentica e di ospitalità in cui l’Italia è maestra. Larte è, al medesimo tempo, caffè, cioccolateria, hosteria, ristorante e galleria. I musei-hotels Anche se la connotazione artistica offerta da un locale rappresenta un’esigua minoranza nel panorama delle strutture italiane, esistono delle piccole reti di hotel legate al turismo artistico (ad esempio Vacanzarte), che promuovono, oltre ai soggiorni negli hotel aderenti, anche vari percorsi d’arte. Ma al di là di queste piccole reti, il resto degli hotel che ospitano l’arte rappresentano casi isolati, per lo più nati dalla passione personale dei proprietari, ma che, nei casi più importanti, sono diventati dei veri e propri Musei-Hotels. Uno dei primi esempi è l’Art hotel Atelier sul Mare a Fiumara, nei pressi di Cefalù. Nella struttura sono presenti 40 camere di cui 20 progettate da artisti conosciuti in tutto il mondo come Mario Ceroli, Paolo Icaro, Michele Canzoneri, che hanno creato delle opere d’arte uniche nel loro genere. Il concetto dell’Atelier sul Mare è quello di vivere l’opera, e non solo osservarla, per entrare nell’arte e diventar- ristorazione&catering 33 settembre/ottobre duemila14 ne parte integrante. “Qui alberga l’utopia, quella dell’arte”, è il motto dell’hotel, creato da Antonio Presti, già ideatore della Fiumara d’Arte, il parco di sculture all’aperto più grande d’Europa, e che desidera far vivere ai visitatori un’emozione indimenticabile, perché “l’arte deve essere vissuta come un sogno”. Entrare e soggiornare in questi spazi emozionali significa vivere una nuova dimensione dello spirito, apprezzando il piacere della vita, che solo la creatività dell’arte può dare. Antonio Presti, con la sua visione illuminata, ha così stravolto la funzione di camera d’albergo per consegnarla alla sua utopia: “È solo entrando e abitando la camera che l’opera sarà pienamente realizzata; la presenza, l’uso della stanza, saranno parte integrante e fondamentale di essa”. Per riuscire a creare un luogo così evocativo, occorre essere totalmente devoti alla bellezza, bellezza intesa come dono, come condivisione, come etica. E a dimostrazione che il dono della bellezza esclude il concetto di proprietà, Antonio Presti ha preferito far costruire tutte le opere della Fiumara d’Arte, parco di sculture monumentali, su terreni demaniali per donarle ai comuni dell’area e di conseguenza a tutti noi. Inoltre Antonio Presti ha molto a cuore il ruolo educativo della sua struttura, che lui stesso considera “un luogo della contemporaneità che educa il pubblico a vivere un’esperienza emozionale, nelle nostre camere non guardi l’arte, ma la vivi” ed è per questo che sta cercando di realizzare il suo sogno in cui il personale che lavora da lui possa essere formato per educare il pubblico, e non solo per servire, ad apprezzare il valore dell’arte. Un latro esempio interessante di sinergia tra arte e hotel è l’Alexander Museum Palace, definito dalla proprietà Hotel-istallazione, a pochi passi dal mare di Pesaro. La creazione di questa struttura ha coinvolto architetti e artisti emergenti e di fama internazionale, nomi come Gio Pomodoro, Mimmo Paladino, Enzo Cucchi e molti altri. Nei 9 piani dell’albergo si possono trovare opere d’arte di ogni genere e in ogni angolo, iniziando dall’ingresso dove ad accogliere gli ospiti c’è una stele alta 15 metri. Le camere sono 63 e sono state realizzate da 75 artisti che hanno utilizzato diversi tipi di materiali e tecniche come il ferro, la resina o il plexiglass. Dunque un’esperienza dei sensi. Infatti ogni stanza, ogni angolo, ogni parete è un pezzo unico e irripetibile. Le porte delle camere sono opere d’arte, tutte diverse l’una dall’altra, ogni porta diviene quindi un quadro e ogni corridoio una vera e propria galleria. Entrando nelle camere si vive l’esperienza di entrare nell’opera d’arte rappresentata al suo ingresso. Una particolarità di questo albergo è che gli artisti hanno lavorato su commissione, nulla è stato acquistato di già pronto. Con questa forte connotazione artistica l’hotel è un punto di riferimento sul territorio per eventi culturali, divenuto anche caffè letterario, meta privilegiata di critici e scrittori di passaggio a Pesaro, nonché location d’eccezione di mostre, dibattiti, conferenze, aste ed eventi culturali. L’idea di creare un hotel-museo è venuta al proprietario, Alessandro-Ferruccio Marcucci Pinoli, e rappresenta il frutto di un lungo percorso personale, fatto di un grande amore per l’arte, soprattutto contemporanea. Egli stesso considera la sua struttura come un’installazione, un qualcosa di non finito, una performance di 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno. Anche a Bolzano troviamo un hotel che ha fatto dell’arte un suo punto di attrazione, è l’Hotel Greif, in cui tutte le 33 camere sono state commissionate ad artisti contemporanei, con il compito di progettare e realizzare delle opere d’arte. Questi capolavori, sono perfettamente integrati nell’ambiente e creati ad hoc come espressioni artistiche uniche. Inoltre, in questo caso, oltre alle rappresentazioni contemporanee si possono ammirare anche lavori del XVIII e del XIX. L’idea di affidare a degli artisti il compito di progettare e ricontestualizzare l’intera camera utilizzando anche le proprie opere d’arte, nella massima libertà e verve creativa, è stata dello stesso proprietario dell’Hotel Greif, Franz Staffler, insieme ad alcuni collaboratori. “Piacere per gli occhi” è il leit motiv che accomuna tutte le camere: la bellezza, la sensualità, l‘amore, l‘erotismo in senso lato, sono i temi che hanno affrontato gli artisti nel realizzare i loro lavori. In quasi tutte le camere, le opere degli artisti contemporanei fanno da contrappunto a dei lavori su carta di affermati maestri del passato. Nella realizzazione delle opere sono state impiegate le tecniche più diverse: dalla pittura ad olio ai disegni, dalla scultura alla fotografia ed all‘installazione. Tutto, compresa la tappezzeria, è stato creato e concepito dagli artisti che hanno curato anche l’intervento edilizio-architettonico. Soggiornare in una di queste strutture è una vera esperienza emozionale. PA S T I F I C I O B O LO G N A La pasta al vertice della Qualità Pasta all’Uovo d’altissima Qualità Possiamo definirci a buon titolo gli specialisti della pasta all’uovo della tradizione Emiliana. Il pastificio Granarolo, nato nel paese omonimo antico granaio di Bologna, in questo prodotto unisce la modernissima tecnologia alla sapiente tradizione delle nostre terre. C M Y CM MY Le famose Tagliatelle di Bologna La pasta per eccellenza simbolo della ricca gastronomia Bolognese, di sfoglia lavorata con trafile di bronzo impastata con sole uova e senza aggiunta di acqua come vuole la tradizione. CY CMY K Le Specialità Regionali Orecchiette Baresi, gnocchetti sardi, gramigna di Bologna, fusilli calabresi e tanti altri formati tipici della ricchissima tradizione della pasta di semola di grano duro italiana. Selezione Granarolo Gourmet Pasta di semola per la ristorazione Selezione Gourmet, la pasta di Semola di Grano Duro ad ALTISSIMA QUALITÀ con caratteristiche specifiche adatte alla ristorazione, idonea per la doppia cottura. La Qualità non teme confronti PASTIFICIO GRANAROLO S.r.l. .r.l. ristorazione&catering 34 settembre/ottobre duemila14 Certificazione BRC-IFS Via Artigianato, 12 - 40057 Granarolo Emilia (Bologna) ITALIA Tel. (0039) 051 761 888 - Fax (0039) 051 760 660 www.pastificiogranarolo.it / e-mail: [email protected] meglio prenotare Testi di: Massimo Di Cintio, Luigi Franchi, Alessandra Locatelli, Roberto Martinelli motivazioni a chi lavora con te, perché il personale conta quanto la qualità del cibo e va formato valorizzandone le potenzialità, la passione e la serietà.” Nel locale lavorano quattordici persone e si sta costruendo la cucina a vista sulla sala, per trasmettere ancor di più il senso delle parole di Marco Fiore: non solo, a breve anche un blog di cucina e un ciclo di incontri sulla corretta alimentazione. “Dal preistorico al ristorico, si può sempre fare di più.” Ristorante la Greppia Verona Vicolo Samaritana, 3 - Tel. 045 8004577 www.ristorantegreppia.it Ristorante Pizzeria Fiore Albisola (SV) Corso Ferrari 7 - Tel. 019 485948 www.fiorealbisola.it Chi entra pensando di trovarsi in una “semplice” pizzeria, sarà presto costretto a ricredersi. Marco Fiore apre questo locale, situato sulla strada che costeggia la spiaggia, nel 1994 e nel giro di pochi anni ne fa un luogo di ricerca maniacale, in cui il prodotto è in primissimo piano, sia quando è fatto in casa sia quando è acquistato. “Ho unito due passioni, l’imprenditoria e la cucina, cercando di differenziarmi in quella che viene chiamata fascia media, inserendo elementi nuovi e guardando a tante nicchie di mercato, tenendo presente il prezzo ma anche un dato ben preciso, ovvero che la cucina è in continuo movimento verso l’alto” spiega Fiore, mostrandoci con i fatti cosa sta facendo qui ad Albisola. La birra, tanto per cominciare: ha un microbirrificio artigianale a due passi che produce nove etichette utilizzando solo orzo e luppolo superiori. La mozzarella, fatta nel piccolo caseificio qui accanto con il migliore latte piemontese. La pasta fresca e i dolci, giornalmente sfornati dalla pasticceria interna. Il pesce proviene dalla pescheria di cui è socio, tranne il calamaro, francese, e le ostriche di Mont Saint Michel. I migliori pomodori sono assicurati perché da due anni la Viender stocca una raccolta di dodici bancali apposta per il Ristorante Fiore. La carne è una selezione di chianina e di fassone certificate, la salsiccia proviene dalla Bottega di Adò di Colonnata, il Parmigiano Reggiano è biologico, la verdura è di quattro produttori locali, e potremmo continuare. “Ho bisogno di credere nei prodotti e di non accontentarmi. Solo così posso trasmettere ai clienti il valore di quello che stiamo facendo. La forza sta nell’avere e nel dare “La signora Ada ha cucinato la torta di mele per trentasette anni, seguendo una ricetta personale e segretissima, sempre nello stesso modo. Ora sono trentasette anni che la cucino io, quando tutti se ne sono andati, ripetendo ogni volta quella ricetta che lei mi confidò un giorno lontano, facendomi giurare di non dirla a nessuno”. La storia della torta di mele è solo uno dei bei ricordi che Giovanna Malini traduce sulla tavola ogni giorno in uno dei ristoranti più classici di Verona, in un vicolo romantico a due passi da Piazza delle Erbe. Era il 1975 quando Guizzardi hanno aggiunto una nuova sala e rinnovato la cucina e la zona bar, mentre è rimasto tale e quale il tranquillo cortile interno, da dove partivano cavalli e carrozze per andare alla stazione ferroviaria a prendere i clienti. “A parte questi piccoli cambiamenti, tutto è rimasto intatto. Siamo quello che siamo da trentasette anni.” E i clienti apprezzano, arrivando qui da tutto il mondo. In cucina, affiancano Giovanna il genero Mirko e il cuoco Andrea, mentre con Dialma in sala ci sono i due figli Luca e Sara. Trattoria del Giardinetto Modena Piazzale Boschetti, 1 - Tel. 059 234448 Il Giardinetto ha saputo mantenere i sapori originali della cucina modenese, per questo ha il merito di essere il locale tra i preferiti in città dagli intenditori della tradizione. Primi piatti fatti in casa dalle sfogline, il battuto dei tortellini come si usa dire nei dintorni della Ghirlandina, deve essere di carne e mortadella di qualità altrimenti è un’altra cosa; il brodo, fatto con solo manzo, gallina e quelle due verdure per insaporire il bollito va fatto a ® il neo sposo, Dialma Guizzardi, professione elettricista, cercava una licenza disponibile per aprire un negozio: ma il destino si mise di mezzo e il mediatore fece invece incontrare ai Guizzardi i proprietari della Greppia, che ne volevano vendere la licenza perché era morto il loro figlio; “Decisero di darla a Dialma perché assomigliava a quel figlio” racconta Giovanna, che con il marito non sapeva nulla del mestiere di ristoratori. “Il personale ci insegnava il mestiere e la vecchia cuoca, la signora Ada, nei ritagli di tempo mi faceva imparare un piatto al giorno”. Lezione imparata alla perfezione: i bolliti, le cervella impanate, gli sfilacci di cavallo, la pasta e fagioli, i tortelli di zucca, sono i piatti che qui alle Greppia si cucinano da settant’anni, e che da settant’tanni i clienti vogliono mangiare, “anche se oggi la carne alla griglia sta scalzando di poco il bollito, forse perché più leggera e consona alle abitudini di questi tempi”. Al locale originale i coniugi ristorazione&catering 36 settembre/ottobre duemila14 Q&S fuoco lento. Questo è il biglietto da visita raccontato da Buffagni che di nome fa Pellegrino: tutta storia, grinta e passione. “Sono quarant’anni che faccio il ristoratore, e la mia vita non l’ho mai passata lontano dal mio locale. Una cosa ho capito dopo tanti anni: al cliente bisogna sapere offrire quelle cose di cui non ha più memoria, o che non sa più farsi in casa”. Ubicata in pieno centro storico di Modena, questa trattoria rimane fra le prescelte dai cittadini e dai tanti turisti che animano il centro. Quest’anno i locali si presentano totalmente rinnovati e vedranno un ampliamento che porterà la capienza a circa 80 posti dai 60 di prima. Gli spazi fra i tavoli saranno apprezzati dai clienti che prima effettivamente erano un po’ stretti. “Il rinnovo del Giardinetto - ci dice Buffagni - porterà anche qualche cambiamento negli orari di apertura e qualche desiderato aggiornamen- to in cucina”. Il personale è attento e il servizio è veloce, la cucina da quando si è arricchita di crescentine e gnocco fritto è abbordabile e alla portata di tutti, con piatti poveri per tradizione ma non certamente meno buoni o di scarsa qualità. Anzi, al contrario, al Giardinetto non si prescinde dalla qualità, lo sostiene Pellegrino Buffagni e lo scriveva il primo vero gastronomo che abbia avuto l’Italia e che anche lui di nome faceva Pellegrino, ma di cognome Artusi. Piatti a km 0 più per rigore che per moda e materie prime di stagione. Enoteca Bar a Vino Fermo al forno alle erbe o al tegame in spezzatino, il coniglio in porchetta. Dolce conclusione con le crostate di confettura di mela rosa, con il fondente al cioccolato o la zuppa inglese. La bettola del massaro Eboli (SA) SS 18, Km 77.900, Parco il Pino, Corno d’Oro Tel. 0828 614378 Non fermarsi mai. Cercare sempre di migliorare. È questa la filosofia di vita del giovane chef Vincenzo Menichino che nel 1999 ha avviato un ambizioso progetto gastronomico nel salernitano. Di recente è stata inaugurata la nuova sede della sua creatura dove, in inverno, i clienti possono gustare le prelibate pietanze preparate da Vincenzo in un ambiente in cui spicca l’arredamento in chiave moderna, mentre durante l’estate sarà possibile usufruire della frescura del pergolato di uva fragolina con al centro un suggestivo ulivo secolare. “I nostri clienti vengono accolti all’ingresso del locale da una vetrina che contiene il pesce freschissimo, - sottolinea Vincenzo – ogni giorno gli avventori possono scegliere tra gamberoni rossi, scampi, aragoste, ostriche, ma anche orate, spigole, Piazza del Popolo - Tel. 0734 228067 Peppe Rossi è un oste “navigato”. Figlio di ristoratori è diventato sommelier e come tale è stato co-protagonista di alcune storie di osterie marchigiane e non. Prima all’Osteria dell’Arancio di Grottammare, poi da Damiani e Rossi a Porto S. Giorgio, intramezzate da cinque anni trascorsi a Parigi dove ha gestito un’enoteca per la promozione dei vini italiani. Poi ha affrontato l’ostacolo più “difficile”… quella di aprire un locale a Fermo, sfidando lui, sangiorgese di nascita, la storica rivalità con i fermani, rivalità raddoppiata perché accompagnato in questa ultima avventura dalla moglie Roberta, ascolana. Beffa delle beffe, il tutto in una location centralissima qual è la splendida piazza del Popolo, per giunta nei locali di una chiesa sconsacrata. Scherzi a parte, l’Enoteca dal 1998 a oggi è cresciuta nella considerazione di molti appassionati che hanno intuito e conosciuto la passione e la competenza di Peppe e di Roberta, partiti inizialmente con proposte esclusivamente enologiche (in carta oltre 200 etichette, quasi tutte servite anche al bicchiere) accompagnate da taglieri di salumi e formaggi selezionati tra le migliori produzioni locali. Il tutto in un ambiente informale e accogliente, comunque perfetto per un aperitivo, per un pasto o per un dopo cena. Accanto ai taglieri, ci sono preparazioni a base di verdure e ortaggi, tra le quali valgono un assaggio l’insalata di coniglio (o di cappone, in inverno), la polenta con le rape, le zuppe di legumi, prevalentemente ceci e cicerchie di Serra de’ Conti. Quindi le linguine con broccoli e salsiccia, gli immancabili vincisgrassi fino ai maccheroncini di Campofilone con funghi porcini. Come secondo c’è l’agnello NOI DI sala pezzogne e tanto altro ancora”. Qualità ma anche estetica: Vincenzo presta particolare cura alla scelta delle materie prime ma, allo stesso tempo, si diverte a presentare i piatti in maniera mai scontata dal punto di vista cromatico. “Per noi cucinare è un’arte, una passione che tramandiamo da generazioni attraverso la continua ricerca di nuove preparazioni e sperimentazioni” questa la loro chiara dichiarazione d’intenti. Nel rispetto della tradizione culinaria campana non poteva certo mancare la pizza. “Nella nuova location abbiamo avviato anche il segmento dedicato alla pizza, preparata nel forno a legna e utilizzando esclusivamente mozzarella di Bufala Campana Dop prodotta dal Caseifico Tre Stelle” ci spiega Vincenzo. Per divenire un luogo di incontro tra generazioni, il locale è dotato anche di un’attrezzata ludoteca in grado di offrire servizi di elevato standard ai più piccoli. “Il nostro intende essere un centro di cultura ludica che studia, valorizza e propone i giochi e i giocattoli di una volta, di oggi e di domani, - conclude Vincenzo - divenendo davvero un punto di riferimento ricreativo, educativo, sociale e culturale”. ristorazione&catering 38 settembre/ottobre duemila14 di Giuseppe Palmieri Associazione Noi di Sala Emergenza Sala Camerieri non si nasce, Camerieri si diventa. Dobbiamo continuare a investire tempo e risorse per restituire dignità e appeal alla Sala e alla Cantina. In un momento di profonda crisi in troppi commettono l’errore di disinvestire in questa direzione, con la speranza di risparmiare e salvarsi: a mio parere è in questo caso che l’azienda precipita e un ristorante è condannato a fallire. Al contrario è necessario dare enfasi ed importanza, spazio e attenzione alla Sala che può di fatto far ripartire un locale in difficoltà. Una Sala positiva e propositiva, rispettosa e professionale, leggera e dedicata ai propri ospiti, quasi sempre decreta il successo di una Cucina e del suo Chef. Infatti, è un errore continuare a promuovere congressi, fiere, raduni, simposii che raccolgono, in Italia e in giro per il mondo, i migliori cuochi che dibattono e cucinano. È sbagliato ignorare l’altra parte del ristorante che con gli Uomini di Sala tutti i giorni ha il dovere e la responsabilità di comunicare al meglio i grandi sforzi dei colleghi di Cucina. Le scuole di formazione pubbliche e private continuano ad affollare per l’80% le classi di Cucina e vedono diminuire costantemente gli iscritti ai corsi di Sala e Cantina. Abbiamo tutti la responsabilità e il dovere di impegnarci, perchè un domani Cuochi e Camerieri siano sullo stesso livello. La Sala “esiste”, perchè c’è una Cucina da amare e celebrare a cui dedicare passione e grande impegno. Una Cucina che non brilla durante un servizio può essere riabilitata e incentivata da una Sala e Cantina straordinarie. Una Cucina piena di talento, al contrario sarà pesantemente penalizzata da una Sala e Cantina mediocri. È facile intuire il pericolo e il rischio che corre il Ristorante e il Cuoco di oggi e di domani, se non investe seriamente sulla Sala. Per noi Camerieri vale sempre e solo la regola numero uno: basso profilo e altissime prestazioni. ristorazione&catering 39 settembre/ottobre duemila14 www.mottolini.it MATITA ROSSA di Giuseppe Schipano direttore scuola alberghiera e di ristorazione di Serramazzoni Originale. Gustosa. Generosa. Ai blocchi di partenza… promossi o bocciati? O Partendo dal muscolo della coscia bovina e grazie ad una lavorazione artigianale secondo la tradizione valtellinese, si ricava un prodotto caratterizzato da un gusto intenso ma armonico e da una consistenza soda ed elastica che ne esalta la tipicità. La bresaola Gran Gusto è particolarmente indicata per il settore Ho.Re.Ca. gni anno c’è un periodo in cui la scuola, dopo le vacanze estive, riprende la sua attività prima dell’avvio dell’anno scolastico. I corridoi risuonano nuovamente di passi e voci, e i primi a rientrare sono gli allievi che devono sostenere gli esami di riparazione. Si tratta di allievi il cui giudizio è sospeso e che dovranno raggiungere tutti gli obiettivi previsti dal corso, dopo di che … promossi o bocciati, la scuola inizierà per tutti. “Tutti” significa davvero tutti, allievi ma soprattutto docenti, formatori e personale della scuola, in primis io stesso. Possiamo ritenerci, al termine di un anno, promossi a pieni voti? Strano ma vero, il primo requisito richiesto per diventare docente è il titolo di studio. Un certificazione riconosciuta del proprio percorso formativo, attestata tramite uno o più esami condotti da commissioni esperte e tendenzialmente super partes. Chi possiede un titolo ed ha superato un concorso è “abilitato” e autorizzato ad insegnare, tuttavia in questa sorta di “livellamento” istituzionale chi ci da la garanzia che i nostri allievi saranno seguiti in modo adeguato nel loro percorso formativo? In verità nessuno. Il primo anno di insegnamento spesso è un banco di prova, dove fallire è terribilmente rischioso e le responsabilità sono enormi, perché riguardano le future generazioni di professionisti del settore. Si può essere bocciati senza avere una seconda possibilità, ma per i docenti “rimandati” l’obbligo di riparare diviene morale. L’aggiornamento continuo rappresenta uno dei vincoli più importanti di un insegnante, quello che più ne caratterizza la professionalità. Un formatore che non si “forma” è una contraddizione in termini, un formatore che si “forma” un’unica volta, all’inizio del proprio percorso professionale, lo è altrettanto se non di più. Pensare la propria formazione come un dato concluso e chiuso una volta per tutte è assurdo. É indispensabile, invece, continuare a coltivare i propri “saperi”, verificandoli e ampliandoli per tutto l’arco della vita. Il percorso di studi intrapreso per diventare insegnante è necessario ma non sufficiente, e non deve essere scambiato con la formazione continua, cosiddetta lifelong learning. L’autoaggiornamento in itinere è un’esigenza di primaria importanza all’interno di una realtà complessa come la nostra, trasformata, in appena trent’anni, da cambiamenti di portata epocale. Il distacco generazionale, prima tollerabile, ora è divenuto incolmabile se parametrato al rapporto tra insegnanti di “vecchia” generazione e adolescenti in obbligo scolastico. All’interno della formazione professionale la situazione è ancora più rischiosa, poichè trasmettere il proprio “sapere” non basta, ma si deve essere in grado di veicolare le proprie competenze e abilità pratiche. La base da cui partire, per l’insegnamento professionale, è l’esperienza biografica; gli allievi si accostano al docente quale modello di vita e “oggetto di studio” da tenere sotto continua osservazione. Ogni passo falso si moltiplica quindi a livello esponenziale, così come ogni insuccesso formativo. È possibile essere rimandati, ripeto spesso, ma questo è un campanello d’allarme che ci vieta di fallire. Dobbiamo impegnarci sempre di più, in una società che considera come vera ricchezza dell’individuo le conoscenze e le competenze, a fornire gli strumenti che permettono di affrontare l’incertezza di una realtà che cambia continuamente e che, molto probabilmente, chiederà ai nostri allievi di oggi di modificarsi più volte nel corso della loro vita professionale e lavorativa. ristorazione&catering 41 settembre/ottobre duemila14 analisi di Mauro Lamparelli direttore di TradeLab www.tradelab.it Non limitiamoci ad aspettare i tempi migliori… HAG TI REGALA 40 CAFFÈ. Da oggi con la nuova confezione Hag avrai 200 bustine al costo di 160, 40 caffè gratis per il tuo bar. Perché un grande bar si riconosce dal caffè che sceglie e se vuoi offrire ai tuoi clienti un piacere inconfondibile scegli Hag. Caffè Hag. Il piacere di un gran caffè ogni volta che vuoi. Da oltre 100 anni il gran caffè decaffeinato. www.hag.it I l mercato, è vero, non cresce, questa estate il tempo non ha aiutato turismo e consumi, i media ci martellano sulla situazione difficile in cui versiamo, i prezzi al consumo si riducono e arriva la deflazione ma il punto vero è che ogni azienda , produttore, distributore o gestore di punto di consumo che sia, deve andare avanti, deve continuare a sviluppare la propria attività. Non si può solo aspettare che arrivino tempi migliori perché non sappiamo con esattezza quando arriveranno e soprattutto se arriveranno. La mia personale convinzione è che nulla sarà più come prima perché i problemi di questi due anni hanno accelerato un cambiamento strutturale nei comportamenti di acquisto del consumatore e tali cambiamenti impatteranno in maniera significativa sugli attori a monte della filiera. Se il mercato non cresce le scelte da fare per migliorare le proprie performance o almeno per mantenerle sono sostanzialmente legate a due aspetti: essere più efficienti (fare meglio quello che già si fa) e/o aumentare la propria quota di mercato (essere più attrattivi dei concorrenti per il proprio target di clientela) nel mercato di riferimento sia esso un quartiere, una provincia o l’intero territorio nazionale. Essere più efficienti significa analizzare i propri processi (acquisti, vendite, logistica,…) e verificare se è possibile introdurre cambiamenti che impattino in maniera significativa su costi e ricavi. La precondizione per aumentare la propria quota sul mercato di competenza consiste nell’ alimentare un processo organizzato di conoscenza, essere in grado di rispondere a domande semplici ma importantissime come: • Quanto vale il mercato delle mie categorie di prodotto nel territorio/nei territori di riferimento? • Quanti sono i clienti che potrebbero acquistarle? Quanti e quali sono i clienti potenzialmente più interessanti? E questi clienti quanto acquistano da me e dai competitor? • Per migliorare le mie performance sui clienti più attrattivi devo intervenire sull’assortimento? Devo migliorare il mio livello di servizio? Devo introdurre nuovi servizi che generino valore distintivo? • La mia forza vendita (o la mia “front line” nel caso di punti di consumo) è adeguatamente formata per trasferire l’offerta e cogliere i bisogni degli interlocutori? Visita i clienti “giusti”? È in grado di avere una visione complessiva del cliente? • Chi sono e come operano i competitor con cui devo confrontarmi? Non stiamo parlando di domande nuove naturalmente , qualsiasi imprenditore o direttore commerciale se le pone più o meno frequentemente. Il nuovo deve essere la modalità di risposta a queste domande basata non solo su know how di singole persone o intuizioni anche geniali ma magari non condivise e potenzialmente poco replicabili nei casi di turn over di manager o venditori. La conoscenza è un patrimonio aziendale che deve essere razionalizzato, condiviso e aggiornato altrimenti è come se non esistesse. Esistono strumenti di analisi molto semplici che possono supportare i processi di miglioramento competitivo delle aziende sul territorio anche in un mercato articolato e complesso come quello dei consumi fuori casa. Basta conoscerli e utilizzarli al meglio in funzione del ruolo che la propria impresa all’interno della filiera e del tipo di interlocutori che ha a monte e a valle. In questa fase economica aumentare la propria quota di mercato è strategico per crescere o, in alcuni casi, addirittura per sopravvivere. La conoscenza adeguata dei perimetri di business in cui ci si può muovere è condizione indispensabile per raggiungere tale obiettivo. ristorazione&catering 43 settembre/ottobre duemila14 MANGIARE SICURO di Valentina Gradone nustrizionista di Unilever Food Solutions A tavola informati Q uante volte vi è capitato di sentire la frase “io sono allergico, io sono intollerante, o io credo di essere allergico/intollerante?” Sicuramente la maggior parte di voi ha udito queste frasi innumerevoli volte, provenienti da amici, parenti, commensali. Ormai sembra difficile trovare una persona che non abbia eliminato almeno un cibo dalla propria alimentazione, perché potrebbe causargli problemi. Senza entrare troppo nei dettagli, è però importante definire un po’ meglio che cosa siano le allergie e le intolleranze alimentari. Con allergia, un disturbo molto più grave della semplice intolleranza, si intende una reazione del sistema immunitario (i cui sintomi, anche violenti, compaiono generalmente in tempi brevi) nei confronti di un alimento o di un suo componente. L’intolleranza, invece, è una reazione negativa (i cui sintomi possono comparire anche a distanza dall’assunzione del cibo responsabile) che dipende da una difficoltà dell’organismo a digerire o metabolizzare un alimento o un suo componente. A causa del forte incremento delle allergie e delle intolleranze alimentari, è necessario che anche coloro che operano nel settore della ristorazione soddisfino le esigenze dei consumatori, garantendo tutte le informazioni che vengono richieste per poter effettuare una scelta accurata al momento del consumo di un pasto (indipendentemente dal fatto che, a quella persona, sia stata fatta o no una diagnosi clinica accurata per comprovare la reale presenza di questi disturbi). Non si tratta semplicemente di buona prassi da parte dell’operatore nei confronti della propria clientela, ma, a partire dal 13 dicembre 2014, di un obbligo legislativo: in quella data entrerà in vigore il nuovo Regolamento Europeo relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, FIC (Food Information for Consumers) che, tra i numerosi cambiamenti, comprenderà anche l’obbligo di dover dichiarare la presenza degli allergeni presenti nei cibi confezionati, sfusi o consumati fuori casa. Per ottemperare a tale obbligo sarà necessario, per esempio, nel caso di prodotti confezionati, evidenziare (in grassetto o stampatello maiuscolo) nella lista degli ingredienti in etichetta, l’eventuale presenza di 14 allergeni: latte, uova, cereali contenenti glutine, sedano, pesce, crostacei, arachidi, sesamo, frutta secca a guscio, soia, lupini, molluschi, senape, anidride solforosa e solfiti. Nel caso di alimenti venduti sfusi, o di piatti serviti all’interno di mense, ristoranti o alberghi, non è stata ancora definita la modalità per evidenziare gli allergeni presenti: fatto sta che tutti gli operatori e gli chef dovranno provvedere a fornire le corrette informazioni sui piatti serviti. Sarà pertanto necessario che conoscano in quali cibi si trovano questi 14 allergeni, quali accortezze impiegare durante la preparazione dei pasti, come gestire eventuali situazioni di rischio e infine come formare correttamente il proprio personale. L’introduzione di questo Regolamento porterà grandi vantaggi alle persone affette da allergie e intolleranze alimentari durante il consumo dei pasti fuori casa: consentirà loro di individuare quali cibi contengono determinati allergeni, e di vivere, quindi, con maggiore serenità il momento del pasto. ristorazione&catering 45 settembre/ottobre duemila14 ALIMENTARI NORD OVEST CENTER CATERING PREGIS SPA distribuzione FAIC: Faic Via Portuense, 1555 Ponte Galeria - 00050 Roma Tel. 06 658661 www.faic.it RISPONDERE AI BISOGNI DEI CLIENTI di Luigi Franchi R oma è una città dalle infinite sfaccettature grazie alle quali rimane da millenni il luogo caput mundi in grado di attrarre milioni di persone da ogni parte del mondo. Lavorare nel turismo in questa città significa acquisire un bagaglio di esperienza e conoscenza straordinario, una visione d’insieme del concetto di ospitalità e la consapevolezza che il turismo può davvero essere, se ben valorizzato, il punto di forza dell’Italia. Bisogna partire da qui per capire fino in fondo la scelta della famiglia Villani di evolversi professionalmente, passando da un’esperienza nel settore alberghiero a quella di distributori nel canale ho.re.ca., come ci confida Federico Villani ricordando gli inizi della Faic, l’azienda che ha fondato nel 1990, insieme a suo padre Piero. “In quegli anni decidemmo di rilevare l’attività di un grossista che operava su Roma. L’azienda si chiamava Soral e svolgeva il normale lavoro di distribuzione multicanale. La decisione fu presa dalla mia famiglia, insieme ad altri soci che rimasero con noi fino al 1993. Il motivo che ci spinse a intraprendere quest’attività era il desiderio di diversificare e usare l’esperienza acquisita nel settore alberghiero per servi- re il settore stesso”. Le prime forniture avvennero per gli alberghi romani della catena Sheraton e la richiesta avanzata dai responsabili acquisto del food&beverage fu quella di applicare “il sistema americano di consegna, come lo chiamavano loro. – ricorda Federico Villani – Consegne nell’arco delle 24 ore del necessario per fronteggiare i bisogni della clientela, riducendo al minimo il magazzino”. Oggi, principalmente a causa della crisi, ormai tutti i distributori praticano questo tipo di consegna ma vent’anni fa non era la regola. Fu da quell’esperienza che i Villani ricavarono un insegnamento e un motto che distingue la loro azienda: rispondere di si ai clienti. Tradotto in termini operativi significa consegnare sempre e comunque: anche un semplice cartone di farina, se il ristorante ha bisogno di quello. “Le fasi significative della nostra storia sono state sostanzialmente tre: l’ampliamento di gamma, alla fine degli anni ’90 con l’introduzione dell’ortofrutta e, nel 2005, di carne e pesce fresco; la trasformazione graduale della clientela che ci ha portati verso la ristorazione commerciale come canale esclusivo del nostro servizio; lo spostamento nella nuova sede avvenuto nel 2000” racconta Federico Villani. ristorazione&catering 48 settembre/ottobre duemila14 Il nuovo magazzino, di 5.800 mq, con una grande cella per i surgelati e un assortimento di 12.000 referenze, ha permesso alla Faic di allargare il suo parco clienti – in totale sono 1.300 – ma soprattutto di rivedere le modalità organizzative del servizio. “Siamo passati dalla consegna in 24 ore a quella in 3 ore – spiega Federico Villani - eliminando completamente gli agenti, riconvertendo la loro professionalità in altri ruoli di servizio all’interno dell’azienda. Gli ordini ci arrivano direttamente dal cliente, solitamente al termine della sua giornata lavorativa tramite fax, mail o telefono”. Considerando che la fine della giornata lavorativa di un cuoco spesso è in tarda serata, alla Faic non chiudono mai. Durante la notte ci sono due dipendenti che accolgono gli ordini e altri due che li processano in modo tale che all’alba sono già in consegna. Ogni giorno vengono fatte mediamente 800 consegne attraverso un parco mezzi di 42 furgoncini di medie dimensioni, 35 quintali di portata, che si muovono per Roma dall’alba alla sera. Praticamente il cliente viene servito quasi ogni giorno. Anche in questo caso la Faic può vantare un primato, anche se non certificato: possedere il maggior numero di chiavi di pubblici esercizi di Roma. Gli autisti infatti cercano di consegnare in funzione dei bisogni del cliente, senza fargli perdere tempo, e per ottenere quel risultato si deve inevitabilmente cre- are un reciproco rapporto di fiducia. “Siamo aperti sette giorni su sette, e questa è una scelta molto precisa se si vuole stare al servizio di una città che, a sua volta, non chiude mai – precisa Villani – Del resto ogni nostra scelta è sempre stata fatta in base a precise richieste della clien- tela. Spesso invito i clienti ad usarci anche solo per le emergenze. Se, ad esempio, gli serve un mazzo di ruchetta e il suo fornitore di verdura è chiuso, noi lo consegniamo”. Questo è un innegabile e potentissimo elemento di fidelizzazione e, ristorazione&catering 49 settembre/ottobre duemila14 da episodi del genere, si capisce bene perché non ci sia una tradizionale rete di vendita. “Puntiamo molto sulla consulenza che spesso si traduce anche nel semplice consiglio sulla qualità di un prodotto o su un’offerta che facciamo in quel momento. In azienda possiamo contare su un personale molto motivato che cerca di aiutare il cliente nella soluzione dei problemi, prestando molta attenzione al contatto telefonico”. Tra le migliaia di referenze che Faic mette in campo c’è anche un ampio reparto di non food che va dalla detergenza alle attrezzature professionali per la ristorazione. Inoltre Federico Villani dedica una particolare attenzione al prodotto a marchio di Cateringross, di cui è consigliere d’amministrazione, perché “ci permette di poter contare su una serie di referenze distintive su cui possiamo intervenire per migliorarne ulteriormente la qualità intrinseca, già di ottimo livello”. Alla domanda su come vede il futuro di questa professione Federico Villani risponde senza tentennamenti: “Nel servizio. Ma attenzione, servizio vuol dire anche assortimento completo. La ristorazione è profondamente cambiata, a cominciare dall’organizzazione del lavoro, e chiede sempre più spesso di avere un fornitore unico per tutto e questo può avvenire solo disponendo di referenze e velocità di consegna”. Elementi che alla Faic non mancano. ‘Il Paniere dello chef’ private label come risposta alla crisi Cateringross lancia una nuova linea di prodotti di Guido Parri L ’estate non ha certo aiutato i consumi, ma le difficoltà più grandi non stanno solo nella pessima stagione metereologica che ha funestato buona parte dell’Italia e arrecato danni notevoli all’agricoltura. Il problema vero è quello di una crisi perdurante, che in Italia fa perdere circa 1.000 posti di lavoro al giorno, e di uno scenario internazionale dove la parola guerra è sempre più diffusa. Basti pensare al danno che sta causando alle aziende il blocco delle importazioni agroalimentari della Russia che, nell’arco di un solo mese, ha bruciato 200 milioni di euro. Questa premessa per dire la rapidità con cui stanno cambiando i consumi in Italia, sia fuori casa sia nella spesa quotidiana. “Uno scenario che, pur essendo a macchia di leopardo (al sud, ad esempio, la stagione estiva turistica è andata comunque bene), ci impone di prestare la massima attenzione al fabbisogno degli operatori e alla fluttuazione della domanda che si sta orientando verso una ricerca di prodotti di qualità ma ad un costo inferiore” riflette Umberto De Marinis, presidente di Cateringross, il gruppo distributivo leader nel canale ho.re.ca. ristorazione&catering 51 settembre/ottobre duemila14 Coppa Stagionata Mortadella puro suino Cotto Toast Prosciutto Cotto Gran Pizza Ventricina Piccante Prosciutto Cotto Gran cotto Blu La nuova Linea convenienza Per rispondere al mercato occorre gestire, con il giusto equilibrio, una gamma assortimentale che sia la più ampia possibile. Il titolare di un esercizio pubblico deve avere la possibilità di scegliere, in funzione della clientela e del momento socio-economico, i prodotti funzionali all’offerta del suo locale. “Per questo abbiamo deciso di completare la gamma dei nostri prodotti a marchio, introducendo una nuova linea: il Paniere dello chef. – spiega Davide Reciputi, buyer di Cateringross – Si tratta di una nuova private label che si affianca ai nostri marchi storici come Salumi Reali, Big Chef, Delizie di Latte ecc… La differenza è che in questa linea entrano i prodotti da primo prezzo, integrando in tal modo l’assortimento finora costituito da medium e top level” I primi prodotti a far parte de ‘Il Paniere dello Chef’ sono i salumi, selezionati dai partner specializzati nelle grandi forniture di catering come Trinità, Comal, Bombieri, con le prime undici referenze: Coppa stagionata, Salame tipo Milano, Salame tipo Ungherese, Mortadella puro suino, Cotto toast, Spianata calabra, Bresaola, Salame tipo Napoli, Prosciutto cotto gran pizza, Ventricina piccante, Prosciutto cotto gran cotto blu. “Si tratta di una selezione dei salumi che vanno per la maggiore nei locali pubblici, in particolare bar, pizzerie e mense. Una scelta orientata ad un completamento di gamma, ma soprattutto a fornire un’ampia fetta di mercato rimasta scoperta” spiega Davide Reciputi, impegnato nella selezione delle referenze e dei fornitori secondo criteri che, unitamente al prezzo, tengono conto della qualità. È bene infatti sapere che in Cateringross, per la selezione dei prodotti a marchio privato, opera una commissione costituita da alcuni grossisti soci che vantano un’esperienza molto forte nel settore, che consente loro di delineare stan- dard di acquisto che tengono conto, sempre e comunque, di parametri qualitativi. Come del resto ci si aspetta dalle aziende leader del food italiano. Il posizionamento sul mercato Il lancio della linea ‘Il Paniere dello Chef’ è previsto in queste settimane, con la convinzione che possa essere una risposta al contenimento di quel prezzo che sempre più spesso determina le scelte dei consumatori. Al fine di contenere al massimo i costi si è deciso di intervenire sul packaging, identificando le referenze solo con la semplice etichetta. “Contiene tutti i valori e le indicazioni previste dalla legge e, del resto, nel canale ho.re.ca. si punta a scegliere il contenuto di prodotto piuttosto che il packaging o il marchio. – precisa il buyer di Cateringross – Questo ci permette un risparmio ulteriore che si tramuta in marginalità per l’operatore. Ci siamo chiesti anche se una nuova linea avrebbe inficiato gli altri prodotti a marchio, come in questo caso Salumi Reali. Ma abbiamo capito, tramite una rapida indagine, che i segmenti sono e rimangono diversi e che il primo prezzo può essere davvero una risposta alla crisi attuale dei consumi”. A confermare l’orientamento c’è un dato recentissimo di Altroconsumo che ha ultimato la sua inchiesta annuale sulla grande distribuzione organizzata, prendendo in esame 68 città, 909 punti vendita, 108 referenze e scandagliando 1.031.562 prezzi: la famiglia italiana, acquistando prodotti primo prezzo risparmia il 33% in un anno. Percentuale che sale al 55%, pari a 3.500 euro circa, acquistando al discount. ristorazione&catering 52 settembre/ottobre duemila14 C M Y CM MY CY CMY K logistica Il business comincia dalle scaffalature Un’appropriata organizzazione degli spazi nei magazzini migliora la gestione di Mariangela Molinari O ttimizzare gli spazi e aumentare la produttività, contribuendo, in tal modo, all’efficienza della propria azienda, anche in un’ottica di risparmio. Secondo Danilo Piacenza, Head of Key Account Management Italia di Jungheinrich, leader mondiale in soluzioni di intralogistica, sono queste le linee guida seguite oggi dalla distribuzione, grossisti food & beverage in testa, nella scelta dei sistemi di stoccaggio e movimentazione delle merci. “Questi orientamenti, infatti, – sottolinea Piacenza – contribuiscono a creare il valore aggiunto di ogni singola società di distribuzione in un momento di crisi economica prolungata come questo che ci troviamo a vivere”. Non per niente, sia i mezzi di movimentazione lanciati di recente da Jungheinrich, sia i nuovi modelli di scaffalature e le stesse soluzioni informatiche per la gestione di magazzino, integrate con innovative applicazioni tecnologiche, si inseriscono in questo trend. “I modelli al momento più richiesti e maggiormente utilizzati dai grossisti alimentari – spiega il manager – sono i carrelli elevatori retrattili di tipo ETV e i commissionatori orizzontali EKS 110, oltre a tutta la gamma di scaffalature capaci di soddisfare qualsiasi esigenza di stoccaggio”. I vantaggi offerti dai nuovi sistemi rispetto ai precedenti sono diversi e apprezzabili. I carrelli di tipo ETV 110 ed ETV 112, per esempio, consumano fino al 10% di energia in meno e, grazie alla loro larghezza esterna ridotta e a razze particolarmente strette e compatte, possono essere utilizzati anche nelle corsie con larghezze a partire da 2.455 millimetri: un plus che li rende ideali per lo stoccaggio a blocco e nelle scaffalature drive-in, permettendo di stringere le corsie e aumentare così i posti pallet, grazie a un’elevata portata residua alla massima altezza. Inoltre, una telecamera sulle forche (opzionale) e un monitor permettono all’operatore di seguire con precisione lo stoccaggio e il prelievo dei carichi fino a un’altezza di sollevamento di sette metri, mentre la nuova funzione ‘Snap’ integrata permette la riduzione della velocità di sollevamento sulla leva di comando e il riconoscimento automatico del movimento al successivo ripiano della scaffalatura, rendendo così superflua la selezione manuale dell’altezza. “I commissionatori orizzontali EKS 110, invece – prosegue Piacenza –, permettono di gestire la fase di picking con la massima produttività, grazie alla ristorazione&catering 54 settembre/ottobre duemila14 velocità, sicurezza e autonomia di lavoro dati dalla combinazione delle caratteristiche del carrello, della batteria e del raddrizzatore”. Con l’intento di agevolare i flussi di merce, Jungheinrich ha inoltre presentato di recente il Wharehouse Management System. “Si tratta di un software dipartimentale sviluppato per i grossisti alimentari, – illustra Piacenza – realizzato in partnership con una società specializzata, che consente di gestire al meglio le diverse tipologie di magazzino: aree a catasta o con scaffalature porta-pallet, magazzini a gravità passante o push back, strutture a ripiani modulari o sistemi completamente automatici con convogliatori o trasloelevatori”. Dal momento, poi, che ogni realtà distributiva ha proprie specifiche esigenze, la società dispone di un reparto interno di consulenza e progettazione, in grado di suggerire le soluzioni personalizzate e le tipologie di scaffalature più idonee. Grossista e cash & carry insieme, grazie a scaffalature industriali Di quanto l’organizzazione del magazzino (e del punto vendita) sia funzionale all’ottimizzazione degli spazi e all’incremento della produttività sono ben consapevoli in Barbieri&Fardella, l’ingrosso alimentare e cash&carry di Voghera, per il quale la radicale ristrutturazione condotta lo scorso anno ha significato anche un ripensamento del format di vendita. La nuova struttura, infatti, distribuita su 5mila metri quadri coperti (2.500 di magazzino refrigerato e altrettanti di punto vendita), all’interno di un’area di 11mila metri quadri complessivi, integra la tradizionale attività di ingrosso e delivery con un cash & carry aperto anche al privato. È stato dunque tenendo a mente questo doppio target di riferimento (operatori professionali e famiglie, con l’intento di portare anche a queste ultime la cultura del catering), che sono state pensate le stesse scaffalature. “Abbiamo scelto scaffali di tipo industriale, disposti su cinque piani, per un’altezza complessiva di una decina di metri. – spiega Gianluca Di Vona, socio e direttore commerciale della struttura – I primi ripiani, adattati al libero servizio, in modo che le confezioni singole possano essere prelevate proprio come in un normale supermercato, sono alti 30 cm; a quelli superiori, invece ristorazione&catering 55 settembre/ottobre duemila14 SEMPLIFICA IL TUO LAVAGGIO STOVIGLIE Detergente Brillantante Detergente e Brillantante. Finalmente insieme. Ci sono cose nate per stare insieme. Grazie a Diversey, il detergente e il brillantante per lavastoviglie sono finalmente insieme, in Suma Combi™. Puoi ottenere i risultati di pulizia che ti hanno sempre garantito i prodotti separati, da oggi con la praticità e l’efficienza di un unico prodotto. • Risparmio • Semplicità • Sostenibilità • Praticità • Prestazioni Per ulteriori informazioni visita il sito www.diversey.com/sumacombi 24561 it 08/14 (alti 1,5-2 m), viene posizionata la prima scorta, nei cartoni, a disposizione dei magazzinieri per preparare il delivery; seguono altri due-tre piani, dove sono stoccati bancali interi o mezzi bancali di merce dalla rotazione più ridotta”. L’organizzazione tiene conto sia del tipo di merceologia che dell’avvicendamento delle circa 8mila referenze trattate. “I pomodori pelati, l’olio in confezioni da 5 litri, la farina in sacchi da 25 kg e tutti i prodotti catering sono posizionati a bancale; – sottolinea Di Vona – altri, invece, di consumo più limitato, come può essere una glassa di aceto balsamico, a singola unità”. In pratica, dunque, grazie a questa disposizione sugli scaffali, per ogni prodotto (in particolare quelli in confezioni singole), la scorta è presente nel punto vendita, sulle scaffalature superiori. Nel caso del fresco, invece, le confezioni sono esposte in banchi simili a quelli dei tradizionali supermercati, ma con ripiani più spaziosi, mentre tutte le scorte sono stoccate nelle celle frigorifere del magazzino. Il ristoratore stesso, quindi, può servirsi autonomamente dei prodotti che gli servono in quantità contenuta, e rivolgersi, invece, ai repartisti per volumi più consistenti. “A questa struttura logistica, già di per sé peculiare, abbiamo voluto dare uno spiccato taglio di servizio, – aggiunge Di Vona – prevedendo per ogni reparto una o due persone a disposizione sia del privato che degli operatori professionali. Il che ha comportato una particolare attenzione anche alla sicurezza tra le corsie, progettate larghe 3,50 metri, in modo che i carrelli retrattili vi si possano muovere agevolmente, e dotate di un corridoio largo 70 cm, tracciato proprio di fianco agli scaffali, dove il cliente si può tranquillamente muovere senza essere intralciato dagli operatori o intralciarli a sua volta”. In occasione della ristrutturazione, poi, la Barbieri&Fardella si è aperta anche al beverage. In questo caso, acqua e soft drink sono a bancale, così come i vini e le birre di largo consumo; tutto il resto, invece, è esposto a scaffale in bottiglie singole. “Nonostante la radicale riorganizzazione e l’inserimento del cash & carry nella struttura – precisa Di Vona – abbiamo mantenuto anche il servizio di delivery: le due facce dell’attività a oggi si spartiscono equamente il fatturato, più che raddoppiato rispetto allo scorso anno”. Un bel risultato, soprattutto di questi tempi, raggiunto evidentemente anche grazie alla revisione del lay out e delle scaffalature, con il loro sistema di stoccaggio parziale anche nel punto vendita. Ma anche grazie a un magazzino gestito attraverso una precisa mappatura, che per ogni merceologia prevede reparti e celle dedicate, ognuna con propri scaffali e un laboratorio di confezionamento con autorizzazione CEE, ad hoc per ogni referenza. “Coniugare logica e comodità è la nostra linea guida. – conclude Di Vona – Sicuramente la possibilità di compartimentare con precisione prodotti e scorte è di grande aiuto nella gestione quotidiana dell’attività”. ristorazione&catering 57 settembre/ottobre duemila14 consulenza di Alberto Fugagnoli avvocato dello studio legale Avv. Gaetano Forte Il diritto di ritenzione sulle cose trasportate I l codice civile disciplina uno strumento di autotutela privata del credito del trasportatore prevedendo che “i crediti dipendenti dal contratto di trasporto e quelli per le spese d’imposta anticipate dal vettore hanno privilegio sulle cose trasportate finchè queste rimangono presso di lui.” (art. 2761). Detto privilegio può essere esercitato dal vettore/creditore mediante la ritenzione presso i propri locali dei beni del mittente/debitore a lui affidati, l’intimazione al pagamento del debito e, in difetto di pagamento o di opposizione nei successivi cinque giorni, la loro vendita forzata per il ricavo dell’importo necessario al soddisfacimento integrale del credito per il quale agisce. Preme rilevare che il più recente orientamento giurisprudenziale ha stabilito che il diritto di ritenzione possa essere esercitato anche per soddisfare crediti derivanti da un trasporto che non ha nulla a che vedere con i beni trattenuti, rilevando solamente che tali beni siano comunque inerenti a trasporti che costituiscono l’esecuzione di un rapporto con il debitore, atto a regolare un numero indefinito di spedizioni (accordo quadro; condizioni generali di trasporto). Con ciò risulta significativamente allargata la tutela giudiziaria affidata allo strumento in esame. Per espressa previsione normativa (art. 2761, co. 2 c.c.), il privilegio in questione ha efficacia anche in pregiudizio dei terzi (diversi dal debitore) che hanno diritti sulla cosa e quindi anche sui proprietari dei beni aggrediti, i quali, fermo restando la possibilità di proporre opposizione alla vendita nelle forme previste dal codice di rito, non possono reclamarne la restituzione. Ciò che rileva infatti è che i beni trattenuti siano stati utilizzati per l’esecuzione di servizi di trasporto resi in favore del debitore, a nulla rilevando che questo non ne sia proprietario. Il diritto di ritenzione potrà quindi legittimamente esercitarsi, ad esempio, anche sulle merci affidate ad un subvettore (creditore) da parte di un vettore (debitore), per il trasporto e la consegna a destinazione di merci commisionatogli dal mittente (proprietario). Per quanto riguarda le forme della vendita, in caso di mancata opposizione nel termine sopra indicato, o di suo rigetto, il creditore potrà far vendere i beni al pubblico incanto, o, qualora abbiano un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona all’uopo autorizzata. In ogni caso, il creditore dovrà osservare la comune diligenza nell’interesse del debitore, al quale dovrà anche il rendiconto e, ovviamente, la rimessa dell’eventuale residuo del prezzo ricavato. C’è da dire infine che spesse volte la procedura esecutiva termina con l’assegnazione in proprietà dei beni oggetto dell’azione di ritenzione in capo allo stesso trasportatore/ creditore procedente, dietro restituzione dell’importo da lui offerto nell’asta giudiziaria. ristorazione&catering 59 settembre/ottobre duemila14 PERBACCO di Giuseppe Vaccarini presidente Associazione della Sommellerie Professionale Italiana RILANCIARE le vendite dI vino, VI DICO COME C osa fare per rilanciare i consumi al ristorante e in generale nel fuori casa nella fase di crisi che stiamo attraversando? La risposta è ardua, considerato che la crisi ha dimensioni notevoli - secondo dati Istat l’Italia è ormai in recessione, con un secondo semestre consecutivo di flessione congiunturale, il peggior dato da 14 anni - ma alcuni semplici accorgimenti potrebbero essere utili per dare un minimo di respiro al settore. Intanto occorre partire dal fatto che è evidente una riduzione consistente del consumo dei vini esteri, compreso anche l’amatissimo Champagne che viene consumato per il 10% dei consumi totali. I vini stranieri costano tendenzialmente di più e questo è un deterrente e inoltre penso che si sia diffusa anche l’idea di sostenere un’economia in crisi concentrandosi sui consumi di prodotti nostrani. Aumenta al contrario il consumo dei vini frizzanti, perché costano tendenzialmente di meno e c’è poi il dato positivo del consumo dei vini spumanti che piacciono anche perché sono molto di moda e sono anche vini facili da bere. Ma cosa fare in un panorama di questo tipo? Non vorremo limitarci ad offrire e a bere solo vini di un certo tipo, lasciando che tutti gli altri sprofondino in una crisi più nera? Intanto penso che sia ormai arrivato il momento di ridurre drasticamente il prezzo dei vini al ristorante, prezzi che negli anni passati hanno goduto di ricarichi notevoli, che ora però diventano un boomerang per il settore, quindi eventualmente occorre orientarsi a vini con un ottimo rapporto qualità/prezzo, vini che possono essere offerti con un loro adeguato ricarico, ma senza sfigurare, che quindi non spaventino o sopratutto non deludano il consumatore. E su questo punto occorre essere conseguenti, considerato che il prezzo medio di una bottiglia di vino in un ristorante di categoria medio - alta è di 15, se non di 20 euro, quando in enoteca e, dico, in una rivendita di vini, non direttamente dal produttore il consumatore trova vini ottimi anche a 6 euro e parlo non di enoteche di paese, ma di fior fior di enoteche nel pieno centro di Milano per esempio. Si può inoltre cominciare a fare girare i vini anche proponendone un’ampia degustazione al calice, allargando quindi l’offerta che per lo più è assai ridotta. Se si pensa che un calice viene venduto intorno ai 5-6 euro ecco che il ritorno è assicurato e la soddisfazione del cliente pure, visto che non dovrà per forza orientarsi al consumo di una costosa intera bottiglia. Con le opportune cautele in fatto di tappatura si potranno anche proporre al calice anche i grandi vini, normalmente assai poco venduti al ristorante e che invece in questo modo potranno essere conosciuti da un più ampio pubblico, che poi chissà mai che non desideri cercare quella bottiglia anche fuori dal ristorante? Eventualmente ancora si potrà creare una piccola carta delle birre, orientandosi a prodotti buoni dai prezzi abbordabili, in quanto ormai anche la birra di qualità viaggia su prezzi che fanno sfigurare una buona bottiglia di vino, quindi anche su questo attenzione e cautela. Il consumo di birra è aumentato, è una bevanda che riceve un sempre maggiore apprezzamento di pubblico e quindi perché non proporne una buona selezione anche al ristorante? Per ultimo ma non ultimo: solo nei ristoranti dove opera un sommelier che tiene il polso della situazione non si registra un significativo calo delle vendite, forse occorrerebbe che i ristoratori cominciassero a ragionare su questo punto. ristorazione&catering 61 settembre/ottobre duemila14 ETICHETTA ANDREA PIRLO Calciatore e vignaiolo di Mario Zuffada esperto sensoriale A due passi dalla città di Brescia nel comune di Flero, e più precisamente nella sua minuscola frazione chiamata Coler, si può scorgere una bellissima casa colonica in ristrutturazione e di fronte ad essa un grandissimo prato verde, circondato da alberi ed essenze autoctone, sede della Società Agricola Pratum Coller. Il significato del nome latino è quindi “il prato di Coler”, ed è proprio attraverso questo simbolo che l’azienda vuole trasmettere il suo messaggio di rispetto dell’ambiente e dei suoi equilibri. L’antica cascina del ‘600 è in ristrutturazione e diventerà un polo multiculturale, in cui verranno sovente organizzati degli spettacoli teatrali, delle mostre d’arte. Diventerà anche un agriturismo, con spazio degustazione. L’area circostante rappresenta una delle più piccole realtà vitivinicole italiane, con un totale circa di 100 Ha. vitati. Le denominazioni d’origine di questo territorio sono la DOC Capriano del Colle e la IGP Montenetto. Qui Andrea Pirlo ha acquistato la tenuta nel 2007 cominciando a produrre vino con un unico obiettivo: fare vini di personalità, riconoscibili rispettando l’ambiente e il territorio; per fare ciò non si poteva che condurre i 7Ha. di vigneto con i principi della viticoltura biologica. L’azienda oggi produce circa 20.000 bottiglie l’anno, spalmate su quattro tipologie di vino, tutti con una forte personalità e improntati verso la longevità. Quando tutti i vigneti saranno a regime si presume di arrivare a produrre 30/35.000 bottiglie, sotto l’attenta visione del giovane enologo Lorenzo Piva, che mi ha accompagnato in questo bellissimo percorso. www.pratumcoller.it ristorazione&catering 63 settembre/ottobre duemila14 EOS E os è un vino rosato prodotto con le uve Sangiovese 60%, Marzemino 30% e Merlot 10%. La cosa che colpisce di questo vino al primo impatto è sicuramente il colore, un rosa con sfumature arancioni molto carico e luminoso, evidenziato anche dal vetro della bottiglia che, essendo trasparente, non impedisce in alcun modo al consumatore di apprezzare il bel colore del vino. Al naso i sentori di fragola e di ciliegia sono molto netti, piacevoli e persistenti, in bocca ritornano i piccoli frutti, il tutto sorretto da una giusta acidità che da sensazioni di freschezza e leggerezza con una buona resistenza sul finale, richiamando al palato la voglia di berne un altro bicchiere. Lo consiglierei anche come aperitivo, oppure semplicemente mangiando una pizza, trova però la sua massima espressione se bevuto accompagnato a crudità di pesce. Anche per questo vino Luigi tiene a ribadire che è stato il primo vino prodotto dalla cantina, aveva il colore dell’alba e dava inizio alla nuova avventura. Hanno preso il nome (EòS) dal greco, anche per ripristinare un contatto che richiamasse le origini della famiglia Pirlo. NITOR IGP Montenetto REDEO IGP Montenetto ARDUO IGP Montenetto 2011 2010 2009 P robabilmente questo è il prodotto più particolare e unico dell’azienda, in quanto il Trebbiano di Lugana è un vitigno abbastanza tardivo dal punto di vista aromatico e al tempo stesso molto ricco di sostanze polifenoliche che lo rendono un’uva perfetta per la produzione di vini bianchi da invecchiamento. Nitor è un vino bianco prodotto al 100% con la Turbiana ( da cloni di verdicchio), vendemmiata però alla metà di ottobre. Stiamo bevendo la bottiglia numero 678. Ha un colore giallo molto carico che già fa pensare ad un vino strutturato e di carattere, infatti mentre si versa nel bicchiere appare di una buona densità, al naso si ferma su sentori di agrumi esotici, servito naturalmente intorno ai 10°C, pertanto è un vino da non bere troppo freddo. Lasciato nel bicchiere dopo qualche istante trova il suo equilibrio, aprendosi e sprigionando note calde di zafferano e camomilla. In bocca l’acidità e la sua spiccata mineralità lo rendono estremamente lungo e persistente, vino bianco di grande struttura che va ad amalgamarsi perfettamente sotto il suo più che naturale profilo alcolico. La famiglia Pirlo ha voluto per questo vino un nome che richiamasse il nitore, la delicatezza, il profumo di un legame rotondo con la terra, capace di dare latte e miele, per giungere al risultato più ambito: lo splendore, la chiarezza e la pulizia. ristorazione&catering 64 settembre/ottobre duemila14 R edeo è il rosso della casa di questa azienda, prodotto con il taglio dei vini di Sangiovese 60%, Marzemino 20% e Merlot 20%. Come per gli altri vini anche per il Redeo la retro etichetta mostra la numerazione delle bottiglie e questa è la 345 di 2.565. Il colore è un rosso rubino intenso nel bicchiere si intuisce subito anche per questo vino la sua consistenza e densità. Al naso i sentori balsamici e fruttati di mora sono molto netti, è un vino molto pulito dal punto di vista aromatico, in bocca è pieno, grasso, con una astringenza vellutata, minerale al punto giusto chiude la degustazione donando al palato la perfetta acidità che stimola la beva. Mi dice Lorenzo che è il vino preferito dal papà di Andrea, il signor Luigi Pirlo, il quale in più occasioni gli ha spiegato il significato di Redeo, cioè: ritornare la sera, ritrovare i propri affetti, recuperare la giusta velocità, apprezzare la serenità e soprattutto ascoltare anche sé stessi. Il significato di questo nome e il senso del vino è ritornare appunto in sé stessi, ritornare alla luce, ad uno sguardo corretto, tranquillo e conscio dei ritmi che ogni giorno il tempo dà, ma consapevoli che questi non ti devono cambiare nelle radici e negli ideali. È il vino di punta dell’azienda, che non tutti gli anni viene prodotto in quanto non sempre le uve riescono a raggiungere questo livello di maturazione. Insieme all’enologo Lorenzo Piva ci apprestiamo a degustare l’Arduo 2009. Questa riserva di rosso è composta per il 50% da Sangiovese, 30% Merlot e 20% Marzemino. Dalla retro etichetta vedo che stiamo bevendo la bottiglia numero 567 di 1.865. Il colore è rosso molto scuro, inchiostroso, denso, si intuisce mentre lo verso nel bicchiere che è decisamente importante. Al naso esplodono i sentori balsamici del legno che sorreggono ma non sovrastano il frutto accompagnato da sfumature di cuoio e cacao, in bocca ciò che stupisce è la pienezza e l’opulenza, è un sorso molto soddisfacente con un’astringenza morbida ma che si fa sentire (sintomo di un vino vivo) con un finale minerale di lunga persistenza. Arduo = motto di Famiglia: “No-nisi per ardua”. Questa è la costruzione di una sfida che parte dai nostri antenati (dice Andrea Pirlo) e passa per una coppa del mondo di calcio ed ora continua nel lavoro della vigna, della campagna e nel mestiere della vita quotidiana alla ricerca sempre del meglio di noi stessi. Arduo significa difficile, complesso, ed è proprio il concetto che il degustatore ha in mente quando si accinge ad assaggiare questo rosso Riserva di grande personalità. ristorazione&catering 65 settembre/ottobre duemila14 BUON BERE Il vino al ristoRante di Alessandra Locatelli Non solo crisi, ma rivitalizzazione su nuovi orientamenti di consumo L a parola gusto rappresenta il senso che consente di riconoscere i sapori, codifica una soddisfazione soggettiva e riassume la facoltà di formulare giudizi estetici che orientano scelte personali. Nel mondo del vino, forse più ancora che in quello del cibo, il gusto è una variabile che di costante ha solo il movimento dei contenuti: se i gusti dei clienti cambiano, i consumi, le modalità di offerta, le relazioni tra gli attori commerciali cambiano, e la parola cultura si serve a tavola con maggior frequenza e ragion d’essere. Cambiare in meglio Abbiamo chiesto al presidente dell’ASPI, Giuseppe Vaccari- ristorazione&catering 66 settembre/ottobre duemila14 ni, di provare a tracciare il perimetro entro cui si muovono tali cambiamenti: “I consumatori oggi sono informati e consapevoli nella ricerca di un prodotto, vogliono spendere meno e meglio, e sanno come fare. Sanno capire se il consiglio del sommelier è valido, preferiscono il calice – sia per le leggi sul tasso alcolico che per una maggior selezione - e si avvicinano sempre di più al prodotto biodinamico e a cantine meno note e dai prezzi ragionevoli. In parallelo, le aziende effettuano più promozioni e i ristoratori se prima proponevano carte dei vini da 500-1000 etichette, oggi le hanno ridimensionate a 200 per evitare stock e capitale fermo”. Adua Villa, sommelier Master Class e docente AIS, ci ha ricordato che “l’Italia è il Paese con la più grande produzione di vino in termini di qualità correlata al giusto prezzo, ma il cliente che non conosce sceglie per assonanza. Il curioso invece vuole capire e per farlo chiede a Google: grazie al 2.0 il mondo del vino si è avvicinato a nuovi fruitori con linguaggi più semplici, pop, a cui il ristoratore ha il dovere di prestare attenzione”. Intrattenimenti sul vino nel locale, incontri con i produttori, ma anche carte dei vini di immediata comprensione: “Pochi giorni fa mi è stata data una carta dei vini con icone che identificavano il vino biologico o biodinamico, l’occhio al prezzo, il piatto con cui degustarlo; immagini semplici che aiutano a far convivere l’etichetta top con la referenza meno nota e invogliano a crearsi una mappa del gusto personale e non omologata”. Tra cultura e sorpresa Alessandro Pipero, patron del ristorante romano Pipero al Rex, una stella Michelin, sintetizza così il passaggio eno-storiografico che si è verificato in questi anni: “La cultura per il vino è nata in Francia. L’operaio della Fiat sulla carta guardava il lato de- stro, l’operaio della Renault il lato sinistro, uno il prezzo e l’altro la qualità, uno veniva una volta all’anno e l’altro una volta al mese. Oggi la cultura è aumentata insieme al miglioramento stesso dei vini, per cui le variabili di scelta non sono più tra i 3-4 grandi vini noti e il portafoglio. Se il cliente straniero vuole ancora il nome blasonato, l’italiano per il 90% vuole la sorpresa, l’emozione, perché reputa il vino come prodotto culturale e non come liquido che allieta la tavola”. Se il cliente è cambiato è anche merito di una brigata di sala più erudita, con sommelier empatici oltre che preparati, attenti ascoltatori oltre che narratori, e di un approccio meno referenziale dove più che di abbinamento cibo-vino si preferisce parlare di accompagnamento perché “un sistema codificato non si deve sostituire al gusto e alla sensibilità personale”. Cambiano i consumi, non i costi Ad affermarlo è Franco Cimini, titolare dell’Antica Osteria del Mirasole di San Giovanni in Persiceto (Bo): “È sempre più normale da noi che una coppia non ordini la bottiglia ma assaggi tre calici, due con le portate principali e uno sul dolce, spendendo praticamente come se avesse acquistato una bottiglia. Allora il motivo è un altro: farsi coinvolgere in un percorso nuovo, dove il grado alcolico si abbassa, la bollicina apre spesso le danze, la naturalità è ricercata”. Uno stile di vita sano, attento a ciò che si mette nel piatto, allo sport, al benessere, non può non guardare anche alla salubrità nel bicchiere: “Merito del gastrofighettismo, passatemi il termine, che ha fatto diventare una moda ciò che noi promuoviamo da 25 anni (leggasi biodinamica, ndr).” “Un mercato diverso richiede soluzioni nuove. – ci ha spiegato Alberto Arlotti, product manager di Blubai, azienda leader nella distribuzione F&B – Una scelta vincente è ampliare l’offerta delle referenze locali, ricercando buoni prodotti a prezzi inferiori a 5 euro. Funzionano le private label e le promozioni. Cosa cambierà domani? Il vino-poesia: se si va a cena in due o in quattro si tende di più a scegliere un vino che diventi argomento di conversazione, mentre in gruppo si parla d’altro, per cui occorre un vino più beverino e immediato”. A ognuno il suo dunque, ma sempre con gusto. ristorazione&catering 67 settembre/ottobre duemila14 Le performance di case history CECCHI F ondata nel 1893, oggi alla quarta generazione, Cecchi è una realtà storica del Chianti Classico. È Luigi Cecchi ‘da Poggibonsi’, bisnonno degli attuali titolari Cesare e Andrea, che grazie alle sue doti di mediatore ed assaggiatore di vini dà il via alla dinastia. La cantina nasce come Casa Vinicola; mutati i tempi, anche Cecchi dà nuovo impulso alla sua attività, decidendo il proprio coinvolgimento diretto nella viticoltura. È un altro Luigi, nipote del fondatore e padre di Cesare e Andrea, che nel 1953 – afferrate le redini dell’azienda – diventa il protagonista della svolta. Nel 1962, il primo passo: l’acquisizione di Villa Cerna a Castellina in Chianti, nel cuore dell’area classica, ac- di Roger Sesto Consolidati gli aspetti produttivi ora si punta a comunicazione e horeca canto alla quale presto si trasferirà la nuova sede della Casa Vinicola. Considerata un piccolo gioiello, sia per la sua storia sia per lo stupendo pedoclima dei suoi vigneti, l’Azienda Agraria Villa Cerna ha oggi un’estensione territoriale di circa 200 ettari, una novantina dei quali vitati. Dalle sue vigne hanno origine alcuni tra i vini più rappresentativi del gruppo, come il Chianti Classico Villa Cerna e il Chianti Classico Riserva. Il processo di espansione territoriale riprende a fine anni ‘80 con l’acquisizione di Castello Montaùto, posto sulle colline prospicienti San Gimignano. ristorazione&catering 68 settembre/ottobre duemila14 Cecchi Località Casina dei Ponti, 56, 53011 Castellina in Chianti (SI) Tel. 0577 54311 www.cecchi.net A meta degli anni ‘90, quando ancora la Maremma non era la nuova frontiera della viticoltura toscana, per poter produrre nuovi vini dal competitivo rapporto qualità/ prezzo si decide di approdare nella zona del Morellino di Scansano, acquisendo l’Azienda Agraria Valle delle Rose di Poggio la Mozza. Ultimo passo di questo processo evolutivo, l’acquisizione (1998-2000) di Tenuta Alzatura a Montefalco: unica realtà Cecchi non toscana. Perché un legame così forte con il territorio? Ce lo spiega Andrea Cecchi, l’agronomo della famiglia: “Già con la tenuta umbra siamo diventati ‘italiani’: non siamo interessanti a ulteriori espansioni. Siamo toscani e vogliamo rafforzarci rimanendo legati alle nostre origini. Ogni nostra acquisizione non ha mai avuto fini speculativi. Cultura, senso di impresa, visione strategica ci hanno indotto a compiere le nostre scelte. Originari di Poggibonsi – continua Andrea - l’aver acquisito una tenuta a San Gimignano e una nel Chianti Classico è stata una logica conseguenza all’idea di intraprendere la strada della viticoltura. E la scelta di Castellina, operata da nostro padre Luigi, non è stata casuale: ideale da un punto di vista logistico, ottimale secondo un’ottica enologica, da qui vengono i Chianti Classico più piacevoli, equilibrati e fruttati. Anche lo ‘sbarco’ in Maremma è stato strategico, in un periodo in cui nessuno voleva saperne di Morellino”. Quali le strategie in atto, in casa Cecchi? “Assodato il concetto di qualità, superate le problematiche legate alla produzione con gli ultimi investimenti maremmani e umbri, scelto di centralizzare presso la rin- novata sede di Castellina la fase di imbottigliamento, anche per poter disporre di un unico laboratorio di analisi, negli ultimi anni ci stiamo dedicando a rafforzare l’esistente attraverso la logistica, distribuzione, marketing e comunicazione”. Così Cesare Cecchi, responsabile commerciale del gruppo. “Già da qualche tempo si è deciso di spingere la produzione destinata all’horeca (soprattutto Italia) e di puntare di più sulla trasmissione dei punti di forza Cecchi: un’azienda moderna legata alla tradizione, che produce vini di territorio dall’interessante rapporto qualità-prezzo. Attenta all’enoturismo e all’interazione fra arte e territorio”. Quali sono i mercati interni sui quali vi state maggiormente affermando? “Seguiamo in modo capillare tutto il territorio italiano, con volumi prevalenti in Toscana, Lazio, Lombardia e Veneto. In particolare stiamo puntando allo sviluppo del canale horeca Italia, principalmente a livello di ristorazione medio-alta, wine bar, enoteche, duty-free, catene distributive di qualità come Eataly ed Eat’s. Per noi il canale tradizionale, soprattutto a livello domestico, resta un indicatore fondamentale del successo di un’azienda. Ed è sulla base delle nostre scelte strategiche di fondo - storicità dell’azienda, classicità dei vini, identità delle singole etichette, sinergie distributive con partner qualificati, innovazione continua – che puntiamo a rafforzarci commercialmente”. È confermato che il vostro baricentro produttivo è e resterà l’aerale toscano-umbro? “Crediamo – annuisce Cesare – si debba continuare ad essere protagonisti nelle denominazioni in cui noi abbiamo le nostre aziende di proprietà. Le nostre strategie di sviluppo trovano fondamento sulla volontà di valorizzare e dare sempre maggiore identità al nostro assortimento: tra le etichette più conosciute ricordiamo la nostra bandiera Coevo, il nostro Vermentino Litorale, il Chianti Classico Riserva Riserva di Famiglia e il Morellino di Scansano La Mora. Inoltre per noi sono fondamentali i progetti di sinergia distributiva, che ci hanno visto stringere relazioni commerciali significative con Castiglion del Bosco a Montalcino e Collard Picard nello Champagne; progetti che non si esauriscono con queste due partnership, ma che vedranno interessanti sviluppi futuri”. I 298 ettari vitati di proprietà hanno generato nel 2013 un fatturato complessivo di 35,2 milioni di Euro - 7,8 milioni le bottiglie vendute -, pari a +5,40% rispetto ai 33,4 milioni del 2012. Con un incremento del mercato italiano del 6,60% e dell’estero del 4,20%. Il 50,50% del fatturato 2013 è stato conseguito grazie al mercato domestico. A volume, il gruppo Cecchi ha visto nel biennio 20122013 una crescita del 12%, e quel +24% al giugno 2014 conferma un trend di crescita che dà valore ai programmi di sviluppo pianificati, che dunque lasciano ben sperare in un consolidamento di tale positivo andamento. ristorazione&catering 69 settembre/ottobre duemila14 case history Chef’s Irish Beef Club Bord Bia predilige il rapporto con i cuochi italiani di Roberto Martinelli D opo l’annuncio nella primavera scorsa da parte di Bord Bia (l’ente nazionale irlandese per la promozione dei prodotti agroalimentari all’estero) della nascita del gruppo italiano di “Chef’s Irish Beef Club”, con i primi membri fondatori del calibro di Sara Conforti dell’Osteria del Vicario, Andrea Fusco del Giuda Ballerino, Francesco Cassarino del Caravanserraglio e di Giuliana Germiniasi del Capriccio, nel luglio scorso sono entrati due nuove qualificate figure della nostra cucina come: Daniele Repetti del Nido del Picchio (Pc) stella Michelin e Filippo Saporito de La leggenda dei Frati (Si), già stimato chef tra i Jeunes Restaurateur d’Europe. L’ingresso al club è stato presentato durante un viaggio in Irlanda in cui gli chef hanno potuto approfondire e prendere direttamente visione degli aspetti produttivi della carne bovina irlandese, dagli allevamenti nelle verdi campagne irlandesi fino alla preparazione delle carni prima della spedizione ai supermercati o ai ristoranti italiani. Una visita organizzata presso uno degli stabilimenti di ABP, la più importante società irlandese di macellazione di bovini con circa il 20% della produzione nazionale e una incidenza di export che supera il 75%, di cui l’Italia è il secondo paese per importanza. I due chef, freschi di nomina nel CIBC, erano accompagnati dal collega Francesco Cassarino, oltre che dal responsabile di Bord Bia per l’Italia, Lean McHane. Il posizionamento della carne irlandese Oggi la vendita di carne irlandese si posiziona nel segmento più elevato del consumo. Per le sue elevate caratteristiche qualitative, il prodotto importato dall’Irlanda è in grado di soddisfare le esigenze dell’alta ristorazione e i piatti la cui carne deve essere tenera ma allo stesso ristorazione&catering 70 settembre/ottobre duemila14 Bord Bia - Irish Food Board Via E. De Amicis, 53 20123 Milano Tel. + 39 02 7200 2065 www.bordbia.ie tempo magra e saporita. Con l’introduzione dell’etichettatura individuale dei vitelli, già negli Anni ’50 l’Irlanda era ai vertici per innovazione, controllo e garanzia nella filiera gettando le basi a quello che poi è diventato il sistema di tracciabilità dell’industria di macellazione dei bovini su scala mondiale. L’allevamento dei bovini in Irlanda raggiunge i sei milioni di capi (quasi un capo e mezzo per abitante) e rappresenta per l’agricoltura del paese la prima voce di reddito dando lavoro a circa 80.000 aziende agricole e occupando 100.000 persone nella filiera della macellazione. Lo sfruttamento dei campi a pascolo di alta qualità per quasi nove mesi all’anno garantiscono alle pregiate razze autoctone quali la Hereford, la Shorthorn e la Angus, un primato assoluto su tutti i mercati internazionali. Il brand di origine irlandese è ormai un marchio riconosciuto non solo in Europa ma anche in quei paesi dove i bovini non mancano. Ogni vitello in Irlanda viene trattato come fosse un individuo munito di un codice identificativo, etichetta e registro. Del bovino si sa tutto: dalla nascita fino alla macellazione. Sono tracciati i vari passaggi da un allevamento all’altro, storia sanitaria, sistema di alimentazione, periodi di pascolo all’aperto e in stalla. All’origine del successo del sistema irlandese, sembra essere l’esistenza della sua mandria di circa un milione di vacche da riproduzione. In quasi tre quarti degli allevamenti nazionali le vacche partoriscono in primavera e i vitelli generalmente sono allattati nei pascoli dalle madri per un periodo che va da sei a dieci mesi. Di certo l’altro grande vantaggio che ha l’Irlanda oltre ad avere l’80% del territorio destinato a pascolo, è il clima mite e piovoso che consente la crescita dell’erba con pe- riodi tra i più lunghi in Europa. Gli animali pertanto si nutrono praticamente ininterrottamente di erba fresca per gran parte dell’anno, e al momento della macellazione oltre i quattro quinti della loro alimentazione è stata di erba e trifoglio fresco. Questo sembra essere il motivo non tanto segreto della qualità e della buona “marmorizzazione” (la distribuzione equilibrata tra grasso e magro) della carne irlandese. Altissima qualità per chef e consumatori Consumatori e chef alla ricerca di esperienze gastronomiche sempre più elevate hanno indotto l’industria dell’allevamento e della macellazione a soddisfare queste nuove e crescenti esigenze proponendo prodotti di altissima qualità, ottenuti grazie alla genetica degli animali, dal sistema di allevamento ma anche dai criteri di lavorazione delle carni. Visitando questo stabilimento nel sud dell’Irlanda di ABP ci si rende conto del grado di studio e preparazione che oggi ha raggiunto l’industria di macellazione. Dalla fase più delicata della macellazione dell’animale in cui i percorsi sono studiati per non stressare l’animale, alla lenta frollatura a determinate temperature delle carcasse indispensabile per avere la carne tenera e omogenea. Sarà anche vero che la frollatura cambia l’aspetto visivo della carne perché la rende opaca e scura, motivo per cui la maggioranza delle massaie italiane per ignoranza la rifiuta, preferendo acquistare con gli occhi carni rosse e brillanti dai frigoriferi dei supermercati, senza sapere che accontentando solo gli occhi cucineranno carni che saranno sempre dure e “snervate”. Per questo Bord Bia ha voluto costituire il club degli chef estimatori di carne irlandese per proporsi con i più qualificati esperti e testimonial di carne. ristorazione&catering 71 settembre/ottobre duemila14 CASE HISTORY CASE HISTORY Mediterranean Wines Hotel A Bolzano di Luca Bonacini di Guido Parri I Il consumo consapevole tra Italia, Bulgaria e Grecia talia, Bulgaria e Grecia, insieme per il consumo consapevole, in un progetto condiviso, con l’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna. Tre paesi europei che hanno in comune l’antichissima tradizione del vino, una coltivazione che in Italia risale ai Romani, i quali producevano nella sola capitale 80 qualità di vino, ma che in Bulgaria, e in particolare nella regione della Tracia, veniva prodotto già 3000 anni fa, e di cui parla Omero nell’Iliade e nell’Odissea, mentre è alla Grecia che va il merito di aver diffuso la cultura del vino, già in voga in età Micenea, come conferma il ritrovamento di alcuni boccali di terracotta. Una campagna, finanziata dall’Unione Europea, Grecia, Italia e la Repubblica di Bulgaria, che ha l’obiettivo di far conoscere meglio i vini a Denominazione di Origine Protetta e Indicazione Geografica Protetta prodotti in regioni vinicole specifiche, Macedonia, Peloponneso, Creta, Emilia Romagna e la pianura di Tracia, proponendo un’esperienza che parte dove la cultura del vino nacque e si diffuse in tutto il mondo. “Wines from the south of Europe – Mediterranean Wines”, un progetto che prende vita grazie all’Eno- teca Regionale dell’Emilia Romagna in collaborazione con la Camera di Commercio del vino della Trakia (Bulgaria) e il Consorzio dei produttori della Grecia. Un’azione informativa dipanata in un arco di tre anni, che si rivolge a giornalisti opinion leader, professionisti del settore vinicolo, sommelier, chef, ma anche ai consumatori, promuovendo i prodotti tipici dei tre Paesi, e uno stile di consumo più attento e consapevole. Il progetto iniziato nel febbraio del 2013, si è sviluppato attraverso i più importanti eventi fieristici come Vinitaly, Prowein, London Wine Fair, Anuga, oltre a degustazioni, seminari e approfondimenti presso la sede di Enoteca Regionale a Dozza, e in Germania a Francoforte e Colonia; mentre workshop con giornalisti e operatori sono stati organizzati a Verona, Colonia e Londra. Un’azione forte per promuovere lo stile di consumo dei paesi mediterranei insieme ai loro prodotti, realizzata con la collaborazione di quotidiani, riviste, magazine e con un’energica campagna sui social media. Per saperne di più: www.southeurope-mediterraneanwines.eu ristorazione&catering 72 settembre/ottobre duemila14 D La fiera internazionale dedicata al settore dell’ospitalità e della ristorazione al 20 al 23 ottobre torna a Fiera Bolzano Hotel, fiera internazionale dedicata al settore dell’ospitalità e della ristorazione giunta quest’anno alla 38a edizione. La quattro giorni - che nel 2013 ha registrato il record di oltre 20mila presenze, con più di 600 espositori – è organizzata come di consueto con il patrocinio di Federalberghi e la collaborazione dell’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti dell’Alto Adige (HGV). Suddivisa in sei aree tematiche (cucina e tavola, interni e decorazioni, costruire e rinnovare, wellness, management e comunicazione, gastronomia), Hotel sarà affiancata da un ricco calendario di appuntamenti, workshop, eventi informativi e formativi con relatori di alto profilo internazionale. Iniziative di spessore che mettono sotto la lente di ingrandimento i principali trend del settore alberghiero e gastronomico, offrendo ai visitatori una panoramica completa e professionale del comparto ho.re.ca. Tra gli eventi più significativi della prossima edizione, il “Social Media Forum 2014: Gli albergatori e i nuovi media”, in programma lunedì 20 ottobre a partire dalle 9.15; in materia di ristrutturazione e valorizzazione del territorio, esperti di architettura si confronteranno il pomeriggio dello stesso giorno nel corso dell’incontro “RIcostruire?! - Albergatori e architetti alla ricerca di nuove strade”. Martedì 21 alle 10.00 sarà la volta del convegno “La sostenibilità ambientale e le scelte manageriali negli alberghi” e mercoledì 22 del tradizionale “Convegno sulla gastronomia dell’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti (HGV)”. Durante tutti e quattro i giorni, in collaborazione con Pizza e Pasta Italiana e la Scuola Italiana Pizzaioli, si svolgeranno poi iniziative e incontri formativi dedicati interamente al mondo della pizza e lunedì 20 ottobre Hotel diventerà una delle tappe di “Giropizza d’Europa”, in cui 30 pizzaioli si sfideranno a colpi d’impasto nella preparazione della migliore pizza della casa. I primi 10 classificati avranno la possibilità di accedere alla finalissima, in programma a marzo 2015 in Germania. Come di consueto, Hotel ospiterà anche eventi collaterali dedicati al vino: ad “Autochtona”, 11° Forum nazionale dei vini autoctoni (20 e 21 ottobre), “Vinea Tirolensis”, Degustazione dei Vignaioli dell’Alto Adige FWS (22 ottobre) e “Tasting Lagrein” 4° degustazione comparativa di Lagrein e Lagrein Riserva (23 ottobre). Per saperne di più: www.hotel.fierabolzano.it ristorazione&catering 73 settembre/ottobre duemila14 COSA SUCCEDE COSA SUCCEDE EUROVO, LONG EGG BERNARDINI Eurovo, azienda leader in Europa nella produzione e commercializzazione di uova e ovoprodotti, grazie a un accordo con l’azienda danese DANAEG, distribuisce in esclusiva, sul territorio italiano, LONG EGG, l’uovo sodo in tubo. LONG EGG è pensato per ridurre i tempi del servizio nella ristorazione, mantenendo comunque altissima la qualità degli ingredienti utilizzati nelle ricette: è ideale per preparazioni gastronomiche che richiedano l’utilizzo di uovo sodo a fette (insalate, tramezzini, panini). LONG EGG si presenta in forma cilindrica, surgelato e pronto per l’uso; è disponibile nel formato da 300 g, intero ma anche preaffettato in 40 fette, per un utilizzo ancora più pratico e veloce. LONG EGG è distribuito da Eurovo al canale Horeca in scatole da 10 pezzi confezionati singolarmente, ha una shelf-life di un anno e va conservato a -18/-20°C. Eurovo si rivolge con particolare attenzione al mondo dell’hotellerie e della ristorazione, proponendo un prodotto semplice e pratico affinché gli addetti del settore fuori casa possano garantire ai propri clienti un servizio qualitativamente elevato e allo stesso tempo veloce. L’azienda si impegna costantemente nella ricerca e sviluppo di prodotti innovativi, che conservino il sapore e le proprietà delle uova fresche e che permettano ai professionisti di ottenere risultati di alta qualità con notevole risparmio di tempo. 170 anni di esperienza La nuova linea di pesce, qualità dai mari più alti I l nome Bernardini si lega alla più alta norcineria, tramite la cura nella lavorazione di carni pregiate e selvaggina da oltre 170 anni, proiettando il patrimonio di esperienze nelle esigenze di qualità, di sicurezza, di cortesia e servizio richieste oggi dal mercato alimentare. Utilizzando questo immenso patrimonio fatto di conoscenza, capacità nel saper trattare una ampissima varietà di carni, con una eccezionale flessibilità, Mauro e Marco Bernardini hanno raccolto una sfida che molti ritenevano impossibile, quella di realizzare una linea di prodotti di pesce, trasferendo tutte le conoscenze, le maestranze, utilizzando i più rigidi criteri di lavorazione e un pizzico della loro creatività per offrire al consumatore i prodotti migliori. Dietro tutto questo c’è un’azienda strutturata modernamente che opera in laboratori all’avanguardia sia sotto il profilo tecnologico sia della sua organizzazione. Tutti gli impianti per la lavorazione e l’affumicatura del pesce sono stati concepiti e realizzati allo scopo di riuscire a trattare il prodotto secondo la filosofia aziendale di alta qualità. Il prodotto lavorato dalla Bernardini proviene da tonno, spada e marlin pescati nei mari più alti che ne garantiscono la migliore qualità, opportunamente congelato a bordo dei pescherecci, una volta a terra viene privato della pelle, disossato selezionato e reso a filoni. All’interno del laboratorio Bernardini i filoni vengono salati manualmente pezzo per pezzo . I pezzi così ottenuti vengono lavorati scrupolosamente fino a renderli adeguati ad accogliere la delicata fase di affumicatura che viene realizzata in locali appositamente creati per consentire un lento e graduale trattamento durante il quale, mantenendo controllato il clima si introduce la giusta quantità di fumo ricavata dalla combustione di una particolare selezione di legno nobile. Il prodotto così ottenuto risulta equilibrato di asciugatura, ristorazione&catering 74 settembre/ottobre duemila14 AD Padovani L. Per saperne di più: www.eurovo.com ben affettabile, dolce e delicatamente affumicato. Adatti principalmente per la ristorazione gli affumicati di pesce della Bernardini danno il meglio di sé conditi semplicemente con olio extra vergine di oliva, nei crostini tostati al burro oppure per una degustazione più’ sfiziosa in carpacci abbinati a insalatine fresche o sformatini di verdure. Per saperne di più: www.bernardinigastone.it ristorazione&catering 75 settembre/ottobre duemila14 COSA SUCCEDE COSA SUCCEDE Hoplà non dolce È un vero jolly, utile sia in cucina che in pasticceria e gelateria, garantendo sempre un ottimo risultato. Ha tutte le caratteristiche e gli usi di Hoplà Già Zuccherata nell’ambito della pasticceria e gelateria, con in più la possibilità di poter bilanciare e graduare lo zucchero secondo le proprie esigenze. Ottima da sola o miscelata con le panne Tre Valli. Può essere usata anche in cucina per primi piatti, secondi, contorni e salse poiché tiene bene la cottura. Modalità d’uso: Hoplà può essere utilizzata in cucina come condimento leggero e in sostituzione della panna animale; in pasticceria e gelateria per farciture e decorazioni in sostituzione della panna per dolci. Per una migliore resa è consigliabile montare il prodotto ad una temperatura compresa tra i 5° e gli 8° C. Modalità di conservazione: il prodotto si conserva a temperatura ambiente. Al fine di preservare le caratteristiche qualitative ottimali si consiglia di tenere il prodotto in luogo fresco (temperatura inferiore ai 22°C). Una volta aperto il contenitore conservare in frigorifero e consumare entro 3-4 giorni. Disponibile nei formati: 200 ml, 500 ml slim e 1000 ml. Per saperne di più: www.trevalli.cooperlat.it Un brand per ogni tua esigenza. Mozzarella di Bufala Campana DOP, non ha eguali Il Gruppo Alival, grazie alla sua continua innovazione, all’eccellenza dei servizi, alla sua politica dei marchi e all’ottimo rapporto qualità/prezzo, è leader nella produzione e nella distribuzione di “grandi formaggi tipici” della tradizione italiana. Infatti propone i migliori formaggi della tradizione italiana fondando il proprio successo sulla qualità dei prodotti, garantiti attraverso rigorosi controlli su tutta la filiera eseguiti dal sistema di Assicurazione e Controllo Qualità del Gruppo. Tra i prodotti di maggior successo del gruppo la Mozzarella di Bufala Campana DOP a marchio Mandara. La I.L.C. MANDARA SPA ha assunto oggi una dimensione che la pone al primo posto in assoluto nella produzione di Mozzarella di Bufala Campana, formaggio a Denominazione di Origine Protetta. L’azienda ha sede nel comune di Mondragone, in provincia di Caserta, da sempre luogo ideale per l’allevamento delle bufale. La I.L.C. MANDARA SPA produce mozzarella di bufala da oltre tre generazioni selezionando e consolidando un patrimonio, una cultura professionale ed una dimensione tale da far sì che le sia riconosciuto il ruolo di leader del mercato. Per saperne di più: www.alival.it Three Sixty Black 42, il diamante nero Un diamante nero. Così si può definire Vodka Three Sixty Black 42, nuova referenza della gamma Three Sixty - la Premium Vodka filtrata nel diamante. Estremamente limpida, dal gusto morbido e sofisticato, Three Sixty gioca tutta la sua identità proprio sul diamante, simbolo assoluto di purezza e di lusso. Una bottiglia in vetro nero lucido, con sfaccettature che richiamano i tagli del diamante e a completare il design esclusivo l’etichetta in velluto con una lamina d’argento mettono in evidenza il carattere e la qualità di questo straordinario prodotto. Il contenuto è una vodka incredibilmente pura a 42° di volume alcolico, realizzata al 100% dalla quadrupla distillazione di grano. Three Sixty è la prima vodka filtrata nel diamante, realizzata partendo da una base alcolica di grano, distillata quattro volte e poi filtrata nella polvere di diamante grazie ad una tecnica di filtraggio unica, sviluppata in partnership dal produttore Schwarze und Schlichte con l’azienda Begerow Filtration Company. Infatti, il filtraggio di Three Sixty avviene fino a 1.0 Micron, un livello anche 30 volte maggiore rispetto alla norma: abitualmente, utilizzando filtri standard, il filtraggio avviene tra 30.0 e 15.0 Micron. La polvere di diamante, grazie alla sua finezza, rimuove anche le più piccole micro particelle dal distillato. A un anno dal lancio sul mercato italiano di Three Sixty, OnestiGroup S.p.A. porta in Italia Three Sixty Black 42, ampliamento di gamma della quarta vodka più venduta in Germania. Con questa nuova referenza si conferma il posizionamento di vodka Three Sixty, particolarmente adatta a locali serali trendy e alla moda, desiderosi di distinguersi e di offrire ai propri clienti prodotti premium dalla forte connotazione fashion. CATERING - RISTORAZIONE - HOME HOTELLERIE - BAR ristorazione&catering 76 settembre/ottobre duemila14 Per saperne di più: www.onestigroup.com ristorazione&catering 77 settembre/ottobre duemila14 COSA SUCCEDE I Loacker Point Una nuova storia, dalla tradizione A tutti è noto che il core business del Salumificio Fratelli Riva Spa è il prosciutto cotto, il principe dei salumi per eccellenza, saporito, nutriente, morbido e dolce: alta qualità ottenuta con processi produttivi innovativi, ma sempre rivolti ad ottenere un prodotto tradizionale. Top di gamma è il prosciutto cotto Maialino d’oro, prosciutto cotto di alta qualità, pensato e fatto con passione, senza glutine, senza glutammato aggiunto, senza polifosfati, senza derivati del latte. “La nostra azienda ha sempre prodotto il tipico salame brianzolo, dolce e buono, proponendolo solo a pochi ristretti clienti dei canali ingrosso e dettaglio. – racconta Chiara Riva, responsabile marketing - Confortati dal successo ottenuto, e supportati dall’idea di sviluppare una linea di alta qualità che coprisse l’intera gamma dei salumi, stiamo perciò ampliando la linea Maialino d’oro con salami di primissima scelta ottenuti con carni selezionate e da pochi altri ingredienti, secondo la nostra tradizionale ricetta, lavorato con cura e stagionato al punto giusto”. La linea copre diverse fasce qualitative e gustose con i diversi salami prodotti: salametto da 300gr, bocconcini mini, cresponi per il taglio al banco e la classica filzetta. Tutti da provare! Per saperne di più: www.fratelliriva.it Era il 1925 quando Alfons Loacker creò la sua piccola azienda dolciaria artigianale nel cuore di Bolzano, capoluogo dell’Alto Adige. Il profondo impegno del fondatore e la sua instancabile ricerca della qualità hanno fatto sì che la piccola bottega si sviluppasse velocemente, dando vita a nuovi negozi. Nel corso degli anni, pur rimanendo familiare, l‘impresa ha visto uno sviluppo mondiale di successo. Attualmente milioni di consumatori in oltre 100 Paesi apprezzano e sono fedeli al gusto e qualità delle specialità Loacker, quali wafer, pasticceria e cioccolata. Oggi Loacker sceglie di recuperare le sue radici, ripristinando l‘idea originale della combinazione fra punto di vendita (Loacker BrandStore) e degustazione (Loacker Moccaria) dei suoi prodotti dolciari, con il suo Loacker Point. Il primo Loacker Point è stato aperto nel 2007 sul Brennero, ad oggi le Moccaria sono 5 con la nuova apertura di Trento In Piazza Fiera in pieno centro. Piazza Fiera è sede di eventi come il mercato di Natale, il mercato settimanale di Trento e numerose manifestazioni culturali. Il Loacker BrandStore è il cuore del Loacker Point, dove è possibile trovare la più ampia scelta dei prodotti Loacker. È l’unico luogo dove è possibile trovare tutta la gamma Loacker, inclusi i prodotti destinati al mercato estero, e le confezioni speciali. Per saperne di più: www.loacker.it Kv Nordic, salmone certificato Brand di proprietà di Eurofood s.p.a, società leader nell’importazione e distribuzione in Italia di importanti specialità alimentari internazionali, Kv Nordic seleziona le migliori qualità e provenienze del salmone per garantire un salmone affumicato di alta qualità, dal gusto unico, dalle mille sfumature ed estremamente delicato. Il salmone KV Nordic viene lavorato con grande passione seguendo lunghe e rigorose procedure garantite da una Certificata Tracciabilità di Filiera (Certiquality). Kv Nordic infatti, controlla e certifica tutte le fasi di lavorazione del salmone affumicato, partendo dall’allevamento (acque e alimentazione), dalla pesca della materia prima, alla pulitura, attraverso la salatura, per terminare nella delicata fase di affumicatura che rappresenta il vero know how del brand. Kv Nordic, per questo Natale, ha pensato di fare un regalo ai consumatori, portando sulla tavola il nuovissimo salmone Coho, conosciuto come Silver Salmon o Salmone Argentato. Noto per il basso contenuto di grassi e per la compattezza delle carni, viene pescato nelle acque dell’Oceano Pacifico dove l’habitat rimane inalterato. Il soprannome Silver gli viene dal colore argenteo che assume nel periodo di vita che trascorre nell’Oceano per poi diventare tendente al rosso quando entra nelle acque dolci dei fiumi. Il salmone Kv Nordic Silver, già preaffettato, è venduto nel doppio formato da 80 g e da 150 g. La fetta lunga che lo caratterizza permette di utilizzarlo in molteplici modi: a carpaccio con aneto e limone, lavorato creando tanti differenti e gustosi involtini o come involucro esterno di timballi e terrine. Per saperne di più: www.eurofood.it ristorazione&catering 79 settembre/ottobre duemila14 abbiamo scritto di: libri per voi di Luca Galavotti Che dire di Ernest Knam! Bravo, simpatico, esigente e rigoroso, con spiccato senso di umanità che fanno di lui un eccellente professionista. Con questo nuovo lavoro editoriale suddiviso in tre parti ci regala nuove emozioni da realizzare, non solo per i professionisti ma anche per i semplici appassionati.Viva le torte: le 28 torte preferite del maestro spaziano dal dolce al salato, dal rustico all’elegante, dal semplice all’esotico. Tatin dolci e salate: con una chiara sequenza fotografica illustra la tecnica di base infallibile e mostra l’attrezzatura che permette di caramellare e sformare senza intoppi. Le 28 ‘variazioni’ sul tema offerte da Knam spaziano da ingredienti classici ai procedimenti e componenti inusuali. Soufflé mignon: Knam offre soufflé monodose, di sicura riuscita nel forno domestico e facili da moltiplicare secondo il numero degli invitati. Caldi e freddi, dolci e salati, con sette proposte per ogni stagione dell’anno, i suoi soufflé diventano piatti passepartout, da proporre in ogni parte del menu. L’autore, dopo un percorso professionale che lo ha portato dalla Germania alla Scozia, da Londra a Ginevra, approda in Italia dove lavora come chef patissier nel ri- storante milanese di Gualtiero Marchesi. Nel 1992 apre la sua pasticceria: l’Antica Arte del Dolce a Milano. Dal 2012 collabora con Discovery Italia come volto di Real Time con “Il Re del Cioccolato” e con “Bake Off Italia”. Pluripremiato e autore di diversi libri, propone le sue eclettiche creazioni con il tocco dell’artista. Wow! Bibliotheca Culinaria Pag. 192 2014 - euro 33,92 www.bibliothecaculinaria.it Artigiani dei Sapori Agugiaro & Figna www.le5stagioni.it Alival www.alival.it Alberto Arlotti, Blubai www.blubai.it Riccardo Astolfi www.guidotommasi.it Paolo Barbagli, Drogheria & Alimentari www.drogheria.com Bernardini Gastone www.bernardinigastone.it Marco Bortolini, Ristorante Da Gigetto www.ristorantedagigetto.it Pellegrino Buffagni, Trattoria del Giardinetto Andrea e Cesare Cecchi, Cecchi www.cecchi.net Franco Cimini, Antica Osteria del Mirasole www.anticaosteriadelmirasole.it Cooperlat www.trevalli.cooperlat.it Igles Corelli, Chef to Chef www.cheftochef.eu Umberto De Marinis, Cateringross www.cateringross.net Roberto Diano, Bruschi www.bruschiborgotaro.com Massimo Di Porzio, Pizzeria Umberto www.umberto.it Gianluca Di Vona, Barbieri&Fardella www.barbieriefardella.it Eurofood www.eurofood.it Eurovo www.eurovo.com Marco Fiore, Ristorante Pizzeria Fiore www.fiorealbisola.it Fratelli Riva www.fratelliriva.it Giovanna Guidetti, Osteria La Fefa www.osterialafefa.it Hotel, Fiera Bolzano www.hotel.fierabolzano.it Ernst Knam www.bibliothecaculinaria.it Larte, Fondazione Altagamma www.lartemilano.com Giovanna Malini, Ristorante Greppia www.ristorantegreppia.it Alessandro-Ferruccio Marcucci Pinoli www.alexandermuseum.it Iginio Massari, Pasticceria Veneto www.iginiomassari.it Mediterranean Wines www.southeurope-mediterraneanwines.eu Vincenzo Menichino, La Bettola del Massaro Ovidio Mugnai, Unione Ristorante del Buon Ricordo www.buonricordo.com Lean McHane, Bord Bia www.bordbia.ie Onesti Group www.onestigroup.com Carlo Pozza, Pasticceria da Venicio www.davenicio.it Danilo Piacenza, Jungheinrich www.jungheinrich.it Alessandro Pipero, Pipero al Rex www.alessandropipero.com Andrea Pirlo www.pratumcoller.it Maurizio Pradella, Cidia www.cidia.it Antonio Presti, Art hotel Atelier sul Mare www.ateliersulmare.it Davide Rampello, Expo 2015 www.expo2015.org Davide Reciputi, Cateringross www.cateringross.net Andrea e Roberto Rossi, Locanda del Feudo www.locandadelfeudo.it Peppe Rossi, Enoteca Bar a Vino Elena Shang, Blu Ginger www.blueginger.it Luciano Spigaroli, Cavallino Bianco www.ristorantealcavallinobianco.it Franz Staffler, Hotel Greif www.greif.it Graziano Tocci, Rolli www.rolli.it Daniela Traversi, Trattoria Ravaldi www.it-it.facebook.com/TrattoriaRavaldi Giuseppe Vaccarini, Aspi www.aspi.it Adua Villa, Ais www.it-it.facebook.com/aduavillaofficial Federico Villani, Faic www.faic.it Aldo Zivieri, Chef…al Massimo www.chefalmassimo.it La proposta di uno specialista ad una rete di distributori qualificati sull’intero territorio nazionale. ALTRE SPECIALITÀ SALUMIFICIOVECCHI s.r.l. ristorazione&catering 80 settembre/ottobre duemila14 via Gualinga, 20/A/B - 41051 Castelnuovo Rangone, Modena, Italy - Tel. (0039) 059 535.319. www.salumificiovecchi.it Il cibo non è una scarpa in copertina foto di Ivano Zinelli N° 23 SETTEMBRE - OTTOBRE 2014 Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO autorizz. del Tribunale di Bologna n. 6126 del 25/07/1992 EDITORE Edizioni Catering srl Presidente: Sergio Esposito Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051/751087 – Fax 051/751011 [email protected] – www.ristorazionecatering.it DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Martinelli [email protected] CAPOREDATTORE Luigi Franchi [email protected] REDAZIONE E COLLABORATORI Luca Bonacini, Marina Caccialanza, Roberto Carcangiu, Massimo Di Cintio, Mauro Entradi, Alberto Fugagnoli, Luca Galavotti, Valentina Gradone, Cristina La Corte, Mauro Lamparelli, Alessandra Locatelli, Lucilla Meneghelli, Mariangela Molinari, Aldo Palaoro, Giuseppe Palmieri, Guido Parri, Giuseppe Schipano, Roger Sesto, Giuseppe Vaccarini, Mario Zuffada FOTOGRAFIE Archivio Edizioni Catering, Marisa Chiodo, Archivio Cocofungo, Archivio Jungheinrich, Sara Vani, Ivano Zinelli PUBBLICITà Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051/751087 – Fax 051/751011 [email protected] www.ristorazionecatering.it PROGETTO GRAFICO I PRECOTTI LA COPPA DI TESTA GLI ARROSTI ITALIANI I FRESCHI I SECONDI DI CARNE Piatti pronti in formato Horeca, sia monoporzione che multiporzione A proposito di... Alessandra Mancin - www.mancin.it STAMPA COPTIP industrie grafiche - Via Gran Bretagna 50 41122 Modena - Tel 059 312500 - Fax 059 312252 TIRATURA E DISTRIBUZIONE - 23.000 copie Iscriviti gratuitamente alla newsletter del giornale online www.ristorazionecatering.it ristorazione&catering 81 settembre/ottobre duemila14 Ristoranti, trattorie e pizzerie 12.300 – Bar, pub e birrerie 4.400 Hotel 3.700 – Grossisti e distributori f&b 2.650 Consorzi e associazioni di categoria 600 Costo copia: 3,50 euro – abbonamento annuo 21,00 euro Per abbonarsi : Tel. 051 753620 [email protected] VI OFFRIAMO SOLO IL MEGLIO. PER TRADIZIONE. I Grani. La nuova linea di prodotti da forno garantita De Cecco. Ricerca di mercato GPMI© su una pre-selezione di prodotti innovativi presenti sul mercato italiano, condotta da IRI su 12.000 consumatori con più di 15 anni, svoltasi a dicembre 2013. www.prodottodellanno.it cat. Sostitutivi pane. Dalla passione per la qualità e dall’amore per le ricette della tradizione nascono “I Grani De Cecco”. Gustosi snack e pani fragranti, fonti di fibre, da assaporare a tavola e nel tempo libero, che soddisfano anche i palati più esigenti. Perché con De Cecco è facile volersi bene, in ogni momento della giornata. www.igranidececco.it Da trent’anni lavoriamo per far crescere la ristorazione italiana, per offrire prodotti di qualità e per fornire servizi sempre puntuali. per aver creduto in noi. La prima rete distributiva italiana nel foodservice Via M. Margotti, 8 - 40033 Casalecchio di Reno - Bologna -Tel 051/6167417/482 - www.cateringross.com
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