30 Anno X n.16 - 20 ottobre 2014 www.corcom.it PUNTI di VISTA Inhouse regioni e ict è ora di cambiare di paolo colli franzone Direttore Osservatorio Netics te poco sexy. Il problema è che è il modello, a non reggere più. Non regge perché molte delle Regioni che possiedono una in-house si ricordano di possederle soltanto quando arriva il momento di approvarne il bilancio: i budget sono in caduta libera da almeno 5 anni, salvo pochissime e lodevolissime eccezioni. E guai a parlare di tagli al personale, mica vorremo creare nuovi cortei di manifestanti sotto il Palazzo. Quindi: di che stiamo parlando? Che le componenti di produzione ed erogazione di servizi delle in-house possano e debbano essere messe sul mercato è sacrosanto: si vada verso un percorso di “sdoppiamento” e di messa sul mercato Magna charta di Internet Ce n'è proprio necessità? Di NICOLA D'ANGELO Bisogna lasciare in mano pubblica program management e governance e al mercato le componenti supply side possedute dalle Regioni), siamo di fronte a soggetti che svolgono due funzioni precise: il demand e il supply management. Quindi, prima di essere messe sul mercato, si dovrà pensare di scorporare le funzioni (indispensabili) di demand management. Perché tutte le Regioni che possiedono una Ict in-house non hanno al loro interno chi si occupa di questa funzione. Altro errore è pensare che tutte le Ict in-house siano uguali: non è così. Abbiamo in-house che fungono quasi esclusivamente da “Agenzia”, occupandosi di governance dell’innovazione e di program management e generando opportunità di business per fornitori che vengono messi in condizione di acquisire competenze spendibili altrove; abbiamo poi in-house che “apparentemente” alimentano un indotto ma in realtà comprano al massimo ribasso giornate/uomo che poi rivendono a prezzi sensibilmente maggiori; abbiamo, infine, qualche “piccola Iri regionale” ancora irresistibilmente attratta dal produrre in casa software limitando al minimo sindacale i rapporti col mercato. Abbiamo aziende sane, che pagano puntualmente i fornitori, e aziende in difficoltà anche a causa del ritardato pagamento da parte degli enti affidanti. Abbiamo in-house che possono disporre di qualche elemento di attrattività nei confronti di potenziali acquirenti privati e altre decisamen- I L Q u i n to A n g o l o (attraverso gare a evidenza pubblica) delle componenti supply side, mantenendo di mano pubblica la componente di governance e program management. Magari riconfigurandola come Agenzia, magari accorpandola in un’entità unica a livello nazionale (dentro l’AgID?), in modo da evitare duplicazioni e sprechi di risorse. Ma non facciamo finta di dimenticarci il vero problema: ridurre gli stanziamenti per l’Ict è un clamoroso errore che la PA e la Sanità italiana non possono permettersi. Il termine “patto” sarà anche abusato, ma rende bene l’idea: la PA aumenti i suoi budget e metta in vendita le in-house chiedendo ai compratori di scommettere gran parte dei loro futuri ricavi sull’effettivo raggiungimento di risultati in termini di aumentata efficienza complessiva delle amministrazioni. IL G IO R N A L E D E L L ’ E CO N O M I A D I G I TA L E E D E L L ’ I N N OVA ZI O N E Seguici su Facebook - Twitter www.corcom.it I l tema delle società Ict in-house è tornato improvvisamente alla ribalta, dopo qualche anno di oblio dopo l’entrata in vigore della Legge Bersani (2006) ed in particolare di quel “famigerato” art. 13 che ne limitava sensibilmente il perimetro di operatività. Ed è tornato alla ribalta per due ragioni precise: un mercato Ict dedicato al public sector sempre più in affanno dopo l’ennesimo anno di calma piatta - non si investe praticamente più, e la spesa corrente è sottoposta ai tagli più o meno lineari delle varie spending review - e una nuova ondata di impopolarità generalizzata nei confronti delle società partecipate dagli enti della PA. Assolutamente lodabile la giusta intenzione del governo di sottoporre regioni ed enti locali a una severa dieta dimagrante attraverso un importante piano di privatizzazioni. Immaginare però che una società Ict in-house possa essere venduta esattamente come se fosse un’azienda di trasporto pubblico locale è un clamoroso errore. Se parliamo delle in-house maggiori (quella dozzina di società E ra l'anno 2008 e argomenti come quello della salvaguardia della net neutrality sembravano svolazzi di un sognatore. Anzi, mi capitò, proprio quell'anno, di sentirmi rispondere da uno dei più noti esperti italiani che preoccuparmi di "quelle cose" era un esercizio da "figlio dei fiori". Io comunque non mi persi d'animo e senza ricorrere alle droghe psichedeliche avviai una riflessione, nella mia qualità di commissario Agcom, con l'aiuto di alcuni giovani funzionari dell'Autorità. Da questa riflessione nacque il primo documento istituzionale sui temi della rete (un'indagine conoscitiva e poi una consultazione, in particolare sulla neutralità e i diritti di accesso). Ho fatto questa premessa per sgombrare il campo da fraintendimenti su come la penso e su quello che dirò a proposito del documento appena pubblicato dalla commissione incaricata dalla Presidente della Camera. In particolare, sulla Dichiarazione per i diritti fondamentali di internet, redatta da un gruppo di lavoro presieduto da Stefano Rodotà. Il testo si compone di 14 articoli relativi ad una serie di principi che vanno dal diritto all'accesso, alla net neutrality, al diritto all'oblio, alla riservatezza. Un lavoro importante, fatto da persone competenti, e che sicuramente servirà ad approfondire le discussioni sulla necessità o meno di giungere ad un Internet bill of rigths (espressione forse un po' troppo solenne ma cara agli esperti della materia). È del tutto evidente, infatti, che il tema della libertà della rete costituisca ormai un aspetto fondamentale per la nostra vita e per le nostre democrazie e che regimi più o meno autoritari tentino sempre più spesso di restrin- gerla. C’è dunque una necessità di definire regole di garanzia? La sostanziale autoregolazione della rete di per sé non è sufficiente? Possono essere date diverse risposte. Personalmente credo che meno le istituzioni pubbliche si occupano di internet e meglio è. Regole imposte dall’alto (cioè da organismi nazionali e sovranazionali) finiranno, anche con i migliori intenti, per dare giustificazione a chi pensa che regolare la rete si può. La fortuna, in senso romano, di internet è stata quella di promuovere tante qualità e opportunità in un ambiente libero dai condizionamenti degli Stati o dei grandi interessi. E se c’è un attentato che oggi insidia questa libertà non è tanto lo smaccato tentativo di qualche caudillo di passaggio, ma l’intromissione montante delle istituzioni pubbliche. Non è un caso che dalla patria della democrazia liberale sia venuta la maggiore minaccia alla rete (NSA), minaccia che è sempre bene ricordare si è fondata su una serie di regole giuridiche adottate negli Stati Uniti nell’interesse della sicurezza pubblica. Sarò un giurista all’antica ma penso che la nostra Costituzione e gli stessi trattati ricordati nella Dichiarazione per i diritti fondamentali di Internet (convenzione dei diritti dell’uomo e carta europea dei diritti fondamentali) siano sufficienti, se attuati, a darci quelle garanzie. Il Marco Civil o statuizioni di principio analoghi sono certamente dichiarazioni significative per la loro funzione di “risveglio della coscienza”. Tuttavia, sul punto della libertà, io resto fiducioso nei potenti mezzi della tecnologia (difficilmente contenibile) e soprattutto in ragione del diffuso rifiuto di autorità che pervade la rete. www.corrierecomunicazioni.it QUINDICINALE Già Corriere delle Comunicazioni La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 DIRETTORE RESPONSABILE Gildo Campesato [email protected] +39.066841221 CAPOREDATTORE Mila Fiordalisi [email protected] +39.0668412223 CAPOSERVIZIO Roberta Chiti [email protected] +39.0668412222 Federica Meta [email protected] +39.0668412225 Antonello Salerno [email protected] +39.0668412224 Luciana Maci [email protected] +39.0668412229 Lorenzo Forlani [email protected] ART DIRECTOR Luca Migliorati [email protected] +39.0668412221 COLLABORATORI Dario Banfi, Matteo Buffolo, Antonio Dini, Luigi Ferro, Roberto Giovannini Giovanni Iozzia, Patrizia Licata Alessandro Longo, Francesco Molica Piero Todorovich, Maurizio Riccardi (fotografo) CONTRIBUTORS Nicola D’Angelo, Pierciro Galeone Andrea Granelli, Piero Laporta, Enrico Menduni, Cristoforo Morandini, Edoardo Narduzzi Augusto Preta, Claudio Rorato, Guido Scorza SEGRETERIA DI REDAZIONE [email protected] [email protected] +39.066841221 ABBONAMENTI +39.066841221 [email protected] PUBBLICITÀ [email protected] EDITORE: CORPO 10 SOC. 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