dai gruppi di Palazzo Cam- bagni”. Articoli che non sa- lio De Masi (Idv), Sandro © RIPRODUZIONE RISERVATA VIBO Sotto inchiesta gli operatori del reparto di Ginecologia dell’ospedale Morte di un neonato, tre indagati Il papà Marco Arena: «Ho perso mio figlio per la negligenza dei medici» di NICOLA COSTANZO VIBO VALENTIA - Per la morte del neonato dopo un parto cesareo, avvenuto lunedì mattina all’ospedale “Jazzolino”, il pm Vittorio Gallucci ha iscritto sul registro degli indagati i medici del reparto di Ginecologia ed ostetricia, Francesco Patano, Rocco Fiaschè e Daniela Fusca. L’autopsia sulla salma del bimbo inizierà domani con l’incarico affidato dal pm al medico legale Katiuscia Bisogni. Le indagini sono condotte dalla Squadra Mobile di Valentia, diretta da Orazio Marini, dopo la denuncia dei genitori del bambino, entrambi residenti a Tropea, che si sono affidate all’avvocato Francesco Arena. In queste ore, al vaglio degli investigatori vi sono la cartella clinica del bimbo, che si sarebbe chiamato Santiago, e altri documenti sanitari sottoposti a sequestro. La magistratura, quindi, dovrà fare chiarezza sui motivi del rinvio del parto e soprattutto stabilire se tale rinvio abbia o meno influito sul drammatico epilogo di una gestazione fin a quel momento andata avanti senza alcun problema. Ecco perchè il papà di Santiago, Marco Arena, non riesce a rassegnarsi. Non vuole dare un senso a una morte che, per quanto lo riguarda, poteva essere evitata. Pretende giustizia per la perdita subita. Non si dà pace da quando la vita del suo bimbo si è spenta in un giorno di festa (in città si celebrava la Festa della Repubblica). Un giorno che que- Il presidio ospedaliero di Vibo Valentia sto giovane padre di 29 anni non dimenticherà mai perché la tragedia che ha colpito lui e la sua campagna Antonella rimarrà sempre marchiata nei loro cuori. A rendere il dolore ancora più lancinante il sospetto che il decesso del neonato non sia riconducibile al caso bensì alla ne- gligenza umana. Il papà di Santiago, comunque, sui rinvi a giudizio decisi dal pm Gallucci non si pronuncia. «In questo momento - ha confidato al telefono - mi preme solo stare vicino alla mia compagna e aiutarla a sopportare il dolore. Per il resto mi aspetto giustizia. Chi ha fatto morire il mio bambino non dovrà più esercitare affinché quanto capitato a me non si ripeta mai più. Ho perso il mio piccino perché chi dovrebbe esercitare la professione medica con attenzione e passione, e non solo per lo stipendio, ha agito con superficialità». Poi il racconto del dramma: «Ho portato la mia compagna all’ospedale alla scadenza del nono mese. Mi hanno rassicurato che era tutto a posto e che il cesareo poteva aspettare. Invece poi la situazione è precipitata e le parole rassicuranti sull’evoluzione positiva della gravidanza pronunciate dallo specialista sono state smentite da quanto successo. Chi ha sbagliato deve pagarne le conseguenze». Capo di Gabinetto della Prefettura di Reggio Calabria, Caterina Morello. Ma l’incontro è terminato con un nulla di fatto. Tuttavia, dopo qualche ora, il presidio imbastito davanti ai cancelli dell’impianto è stato sciolto, grazie all’opera di mediazione posta in essere dagli agenti commissariato di Polizia, diretto dal vicequestore aggiunto Angelo Morabito. Gli ex dipendenti della società mista da cinque mesi non percepiscono l’indennità di mobilità. Inoltre chiedono di essere riassunti dai Comuni del comprensorio, secondo la normativa vigente che prevede la salvaguardia di chi ha perso il proprio posto di lavoro. L’ultima protesta degli ex operai di Piana Ambiente risale a circa un mese fa, quando, gli stessi organizzarono un sitin davanti alla prefettura di Reggio Calabria. In particolare, il loro malcontento, si è scatenato dopo la mancata assunzione da parte del Comune di Taurianova, que- terna di commissari dopo lo scioglimento per mafia. Secondo la versione fornita dai rappresentanti sindacali della Cgil e della Cisl, l’Ente in questione, avrebbe assunto solamente 4 dipendenti appartenenti all’ex bacino di Piana Ambiente, mentre, sulla base di una clausola dall’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, ne avrebbe dovuti assumere almeno 8. Le Confederazioni hanno annunciato di voler presentare ricorso al Tar. Intanto le maestranze rimangono sul piede di guerra. Non è escluso, infatti, che nelle prossime settimane possano tornare a protestare, se non ci saranno sviluppi positivi per il loro futuro. Da quando Piana Ambiente, la società composta da un partenariato pubblico/privato, ha cessato la propria attività, nel 2012, solo una parte del personale, che contava, in tutto, circa 100 unità, ha trovato una nuova occupazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA L’INCHIESTA Due del Crotonese tra i 15 accusati di far parte di un’organizzazione italo-spagnola La camorra si riforniva di droga a Cirò Marina di ANTONIO ANASTASI Fedele Amodeo Alfonso Bonaccio CIRO' MARINA - La camorra si riforniva di droga a Cirò Marina. Tra i 15 arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, per traffico di stupefacenti, ci sono anche due indagati originari del Crotonese. Si tratta di Alfonso Bonaccio, nato a Crotone 36 anni fa, che nella presunta organizzazione criminale italospagnola (uno degli arrestati è dell’isola delle Canarie) avrebbe avuto il ruolo di procacciatore di droga su tutto il territorio nazionale, e di Fedele Amodeo, di 45 anni, che avrebbe collaborato con Bonaccio nel Crotonese. Uno scenario non inedito se si consideri che quasi due tonnellate di marijuana sono state sequestrate proprio nelle settimane scorse dalla Sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza che tallonavano in mare narcotrafficanti probabilmente provenienti dall'Albania e diretti verso la spiaggia di Punta Alice, appunto a Cirò Marina. Il centro jonico sembra essere un importan- te luogo di smistamento della droga. In particolare, dall'indagine coordinata dalla Dda di Napoli è emersa una rete di traffici controllata dalla famiglia camorristica Cascone, legata al clan Falanga, operante a Torre del Greco, un’organizzazione criminale che sarebbe stata in grado di procurarsi marijuana di ottima qualità all’ingrosso. Un canale di approvvigionamento sarebbe stato quello cirotano. Ma la droga era acquistata anche a Ardea, vicino Roma. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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