…RITORNO AD ALTROVE… …Ritorno alle proprie radici… “ Ogni volta che vedo una persona senza radici mi appare come uno spirito affamato” sostiene il filosofo zen vietnamita Thich Nhat Hanh , e , come ha ricordato la geofilosofa Luisa Bonesio, “ valorizzare le proprie radici, riscoprire le proprie tradizioni vuol dire innanzitutto ancorarsi maggiormente a ciò che Oswald spengler chiamava il “paesaggio materno” della scultura, e quindi salvaguardarne l’ irripetibile fisionomia, anche a livello geosimbolico, La salvaguardia dei propri tratti singolari, se è concepita nei termini di differenzialità e di dialogo con l’ altro, conduce ad un effettivo pluralismo, molto più dell’ utopia universalistica e generalizzante su cui si è identificata la modernità. Quando un popolo genera architettura , fa proprie quelle linee particolari che sono tipiche della sua cultura come la lingua, il costume o il folklore. Fino a quando non furono abbattute le frontiere culturali nel secolo scorso, in tutto il mondo si incontavano forme ed elementi architettonici locali e le costruzioni di ciascuna regione erano il frutto meraviglioso di una felice combinazione tra la fantasia del popolo e le esigenze del paesaggio, come ha voluto sottolineare lo scrittore egiziano Hassan Fathy nel suo libro “ Costruire con la gente. Storia di un villaggio d’ Egitto: Gouma”. La saggezza ha bisogno di radici, perché senza radici le idee e i pensieri non sono né vivi né reali. E il paesaggio è un’ ecumene, una composizione che comprende il territorio, la natura, gli uomini e le culture. Invece l’ Occidente, portavoce della continua espansione della modernità, non solo continua a distruggere etnie, culture e civiltà del terzo e del Quarto Mondo, ma ha finito per cancellare anche la sua stessa ricchezza, l’ ambiente, In particolare la globalizzazione è assurta a sistema, è divenuta espressione di un ingranaggio trasformatosi in un modello di civiltà che sta distruggendo i deboli fa scomparire specie animali e vegetali, modifica gli agglomerati urbani stravolgendoli in tecnopoli, crea organismi internazionali dove ad imporsi sono soltanto gli interessi geopolitica delle nazioni occidentali rispetto ai bisogni reali dei paesi poveri, E non solo: la globalizzazione seleziona e educa è lites di tecnocrati pronti a sradicare la civiltà e la cultura dei popoli per imporre un nuovo life.style, un modello culturale consumista che porta ad un progresso autofago e soprattutto autodistruttivo. Ho scelto di diventare architetto perché l’ architettura non rappresenta soltanto una forma di espressione della perfezione artistica, ma è una via che consente di traghettare l’ umanità verso il benessere, verso un’ altra civiltà , verso una società a dimensione davvero umana e in grado di ristabilire una volta per tutte il primato del rapporto dell’ uomo con la natura. La certezza che l’ umanità, giorno dopo giorno e sempre più rapidamente, stia perdendo la coscienza di avere una dimensione cosmica che la unisce alla natura, al Tutto che la circonda,non fa altro che rivelarci come la comunità mondiale, in realtà, non custodisca un progetto per sopravvivere. La società è purtroppo una costruzione artificiale, mentre noi uomini, nonostante migliaia di anni di storia alle spalle, non abbiamo ancora acquisito la coscienza di dipendere in tutto e per tutto dalla natura. L’ architettura del benessere nasce da una sorta di filosofia del progettare e del costruire, Il suo principio fondamentale consiste nell’ utilizzare i sistemi vitali. e quindi naturali, in modo tale da non alternarne le energie, mettendo così in relazione forma,funzione e struttura degli edifici. Pensate: se si costruisce in un luogo nel quale una volta vi erano piantati 30 alberi, e tutto intorno vi erano almeno 1000 mq. di prato, si creano 1000 mq di deserto. Recuperare la biomassa significa inserire all’ interno del progetto gli elementi che portano al recupero dell’ acqua, dell’ ossigeno, in altre parole significa ripristinare quell’ equilibrio originario che è lo spirito del luogo. Oggi l’ architettura risponde a leggi e regolamenti che considerano il territorio come se fosse materia inerte. Si dimentica che la natura è invece un organismo vivente, in perenne cambiamento, e che qualsiasi intervento la modifica, stravolgendone gli equilibri. L’ architettura del benessere tiene conto, come avveniva nell’ antichità, della profonda relazione esistente tra l’ edificio e il paesaggio: lo accoglie in sé, ne segue la vocazione, ristabilisce la simbiosi originaria. Riuscire a rinnovare il rapporto già esistente, ma attualmente occultato, fra l’ uomo, la natura e la totalità del cosmo è dunque il mio obbiettivo di architetto ma soprattutto di “ architetto di anime” ed è la stessa ragione che per millenni ha guidato il percorso di quanti attraverso l’ architettura hanno inseguito il sogno di veder cambiare la coscienza e la vita dell’ umanità intera. Perciò l’ architettura del benessere non si limita ad essere un’ architettura ecologica, organica e naturale,ma, andando oltre il progettare e l’ edificare case ed uffici, lavora sull’ individuo, ricordandogli sempre quanto egli faccia parte di una certa categoria , la specie animale, e che per vivere ha strettamente bisogno di essere integrato ed in perfetta armonia con la catena naturale e di dialogare con essa. “ Quindi ritornare altrove” all’ origine al comune Tao. Architetto Tiziano Lera
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