Inside-out. Esercizi di stile Jinyoung Chun, Esther Giani chi Il

Inside-out. Esercizi di stile
Jinyoung Chun, Esther Giani
30.6>18.7.2014
aula 1.7-1.9 Magazzini
chi
Il workshop sarà coordinato da un pool di docenti: Jinyoung Chun e Tay Bumn Oak della scuola di
Architettura della Myongji university (Seoul, Corea), Esther Giani, Paolo Foraboschi del Dipartimento di Architettura, Costruzione e Conservazione1. Special guest: Giancarlo Carnevale.
Nel programma è stata coinvolta anche la Stazione Sperimentale del Vetro e la ditta Sangalli di
San Giorgio di Nogaro (UD) e la Fin Titan Spa attuale concessionaria dell’area ove sorgono gli edifici industriali dismessi, proposti come caso studio. I materiali di base sono stati messi a punto da
Irene Peron con Davide Scomparin, Walter De Marchi e Davide Battilana che collaboreranno con
la docenza per le tre settimane.
Oltre a studenti Iuav vi saranno studenti della Myongji university di Seoul.
Quando
I workshop estivi WAVe per tradizione si svolgono in estate e durano 3 settimane. Un lavorare a
tempo pieno, cadenzato da ritmi intensivi, dove la rappresentazione dell’idea progettuale risulta
accelerata ed enfatizzata. Un workshop non è un laboratorio in miniatura: il tempo è compresso e
limitato e bisogna fare da subito delle scelte, circoscrivere il campo d’azione, rinunciare a quelle
analisi propedeutiche a cui si è abituati e su cui si indugia lungamente. Intendiamo il workshop
quale luogo e momento di sperimentazione progettuale. Gli studenti saranno forniti di un rilievo di
base (disegni e fotografie), di una cartografia e riceveranno alcune ipotesi funzionali (contenere,
custodire, esporre), una indicazione di un materiale con cui cimentarsi (il vetro) e una modalità di
approccio basata su di un aspetto della Composizione: l’esplorazione delle pratiche combinatorie2
(Small Medium Large)3. Concentreremo gli sforzi conoscitivi sul potenziale formale di un morfema
1
Questo workshop si colloca all’interno del progetto scientifico-culturale del Dacc.
2
Sulla combinatorietà ricordiamo gli esperimenti di poesia stocastica, o gli esiti, ben più interessanti, dell’OuLipo, il gruppo costituito da Calvino (Le città invisibili, Il castello dei destini incrociati, ecc), Perec (La vita modo d’uso ecc) e Quenau
(Esercizi di stile, tradotto da U. Eco), maestri di composizioni combinatorie. Oppure ricordiamo l’arte programmata, quella cinetica, le opere di Tinguely, e tutti i casi in cui si dava risalto al procedimento (affidando al caso il movente).
Ricordiamo anche il cadavre exquis: gioco collettivo surrealista, realizzato per la prima volta nel 1925 sempre a Parigi.
Consiste nel far comporre una frase da più persone (senza che nessuna possa conoscere l’intervento dell’altra) nella
sequenza sostantivo-aggettivo-verbo-sostantivo-aggettivo. Il nome del gioco deriva dalla prima frase che fu ottenuta: le
cadavre exquis boira le vin nouveau («il cadavere squisito berrà il vino nuovo»). analogamente lo stesso sistema fu adattato al disegno, piegando o coprendo il foglio nelle parti già compilate. Il gioco si inserisce nell’ambito dell’automatismo
surrealista e della casuale associazione degli elementi, nella quale tuttavia sembra manifestarsi una sotterranea comunicazione fra i partecipanti. Per le «composizioni in personaggio» sono variamente documentate collaborazioni di A. Breton, V. Brauner, J. Hérold, Man Ray, P. Picasso.
E ancora: le note esperienze didattiche del Bauhaus, e prima ancora, gli insegnamenti delle Accademie ottocentesche
non solo europee, che riprendevano esperienze artistiche letterarie, musicali, pittoriche ecc. sviluppandone variazioni. Le
stesse pitture architetturali di Le Corbusier, ossessivamente volte alla combinazione di poche figure, definiscono
l’orizzonte culturale di questa nostra proposta di metodo che mira a esplorare le molteplicità delle risposte progettuali
compatibili attraverso sistemi combinatori e permutazioni compositive.
3
Small medium e Large è solo un modo di pensare per successivi livelli scalari; è un espediente per fissare delle gerarchie e valutare le variazioni possibili all’interno di una matrice combinatoria.
S M L XL è il noto volume scritto da R. Koolhaas in collaborazione con il grafico B. Mau (010 publishers, 1995). Il libro è
una miscellanea di testi e progetti prodotti da OMA, fissati in uno straordinario spazio d’immaginazione tipografica che li
organizza in ordine di scala d’influenza seguendo la divisione Small, Medium, Large, Extra-Large. Gli autori affiancano
alla specificità della successione scalare e cronologica di saggi e progetti la genericità di un dizionario di citazioni disseminato lungo tutto il volume: una sorta di corto circuito tra la struttura concettuale del libro e l'approccio "situazionista" di
progetti basati su frizioni, contatti e stratificazioni aleatorie. Il volume è una combinazione di tesi, manifesti, diari, favole,
viaggi e saggi che riflettono sulla città contemporanea. Usando i suoi progetti a pretesto, Koolhaas riflette sulle condizioni (splendori e miserie) dell’architettura sottolineando l’impatto corrosivo della politica, del contesto, dell’economia, della
globalizzazione, di tutto sull'architettura. Rem Koolhaas è il curatore della Biennale di Architettura di Venezia 2014 proponendo di nuovo, con Fundamentals, una riflessione sull’architettura, «sulla storia, sugli inevitabili elementi di tutta l'architettura utilizzati da ogni architetto, in ogni tempo e in ogni luogo (la porta, il pavimento, il soffitto ecc.) e sull'evoluzione
delle architetture nazionali negli ultimi 100 anni» (R. Koolhaas).
1 iniziale, dato inizialmente dalla docenza.
Dove
Il rilievo che sarà fornito va inteso come verosimile del contesto e dei manufatti.
L’area sulla quale si svolgerà l’esercizio progettuale, è in uso alla Fin Titan dal 1990, società greca
d’importazione cemento che usa P. Marghera come luogo di stoccaggio e distribuzione usando
dell’area “solo” le banchine che la delimitano, un grande silos orizzontale posto vicino all’accesso
di via delle Industrie dove si trovano anche gli uffici (per la cronaca: l’area fu insediata dapprima
dalla Stereol nel 1928 per la lavorazione dell’olio di balena la quale fece costruire i primi due volumi in punta e i primi 5 silos, poi dalla Gaslini alla fine degli anni ‘30 per la lavorazione del grasso
che aggiunge gli altri silos e quindi dalla Saponeria San Marco nel 1946; il silos orizzontale, invece, fu edificato dalla Fabbrica Concimi spa attiva dal 1970 fino al 1990 e attuale proprietaria
dell’area). Siamo dunque a Porto Marghera (I zona industriale, coordinate gps: 5.458595,
12.260752) e i volumi, dismessi, con cui lavoreremo sono i silos cilindrici in ferro e le fabbriche che
descrivono la punta.
Cosa … si richiede
Rilettura degli elementi morfologici e individuazione delle potenzialità presenti.
Lettura delle pre-esistenze quali presenze, soggetti con cui dialogare, da valorizzare o trascurare
secondo proprie sensibilità e riferimenti culturali, impostando una iniziale strategia progettuale.
Il programma prende le mosse da una prima scelta: l’uso di un unico materiale quale generatore
delle proposte: il vetro, in particolare il vetro stratificato (laminated glass) vale a dire il vetro come
struttura (verticale e orizzontale) e superficie. Il vetro suggerisce il pretesto funzionale: essere testimone e pubblicità di se stesso e delle sue potenzialità.
Serra, teca, vetrina; contenere, custodire, esporre.
La funzione può essere assimilata a quella del manifesto4.
Inside-out si riferisce non solo alla caratteristica più immediata del vetro, la trasparenza, ma anche
all’ironia che si vuole mettere in scena: l’autoreferenzialità di un materiale, la spettacolarizzazione
di un residuo5.
Al genius loci ci affidiamo per i pretesti delle ipotesi progettuali: dei silos cilindrici arrugginiti, di
diametro variabile e raggruppati nei pressi della banchina nord; tre edifici, reliquati di fabbriche per
una lavorazione antica (olio di balena) le cui forme da una parte ritracciano la morfologia dell’area
(per cui quello più a sud presentava una insolita soluzione con angolo acuto poi decapitato ma la
cui impronta è ancora evidente) e dall’altro la tecnica costruttiva degli anni Trenta (telaio in cls armato con sezioni importanti, tamponature in laterizi, grandi aperture – solo sui prospetti – per
l’illuminazione e areazione affidata a infissi ferro-finestra). Le coperture (sia piane sia a falde sorrette da travi reticolari), come gran parte delle strutture, sono compromesse a causa
dell’abbandono6. Ma anche una via ferrata a servizio dei volumi che ancora riga l’area e le cui
tracce, ben visibili, s’interrompono su confini ridisegnati per delimitare quanto è dismesso da ciò
4
Manifesto: come sostantivo indica una supporto che si affigge in pubblico per portare a conoscenza di tutti quanto vi è
scritto o raffigurato, offerto apertamente alla vista o all’intelletto altrui; come aggettivo indica evidenza, chiarezza, palese;
come avverbio (lett.) si usa per ribadire una maniera chiara, che rivela le proprie responsabilità.
5
L’arte contemporanea ha acuito una sensibilità ormai diffusasi: i processi di decontestualizzazione, di manipolazione di
forme nate per uno scopo e riadattate per altri usi, appaiono come uno dei più diffusi fenomeni di estetizzazione di elementi presenti nella esperienza quotidiana. L’Arte anticipa spesso l’Architettura (arte povera, neo e iper realismo ecc), le
mostre della biennale veneziana, arte e architettura, si inseguono anticipando temi e questioni, indagando e svelando
potenzialità latenti, suggerendo filoni di ricerca. Da molti anni i linguaggi artistici contemporanei indagano, con esiti coinvolgenti, sulla ibridazione dei generi, sulla estetizzazione dei margini, e dello scarto, sul recupero dei frammenti,
sull’esplorazione dei limiti, sulla visione laterale. Gli artisti hanno imparato a sporgersi sulle contraddizioni, non temono la
contaminazione con i rifiuti della cultura ufficiale e sanno manipolare gli scarti. Beutification, rigeneration e gentrification
sono anche parole d’ordine una architettura chiamata a intervenire su lacerti urbani, periferie degradate, aree dimesse e
dismesse.
6
Abbandono dovuto non solo al cambio di proprietà/lavorazione ma soprattutto all’evolversi delle tecniche per cui si assiste a una intensificazione della lavorazione che si esplica in luoghi sempre più “industrialmente” efficienti le cui forme
prima si adattano alla macchina poi sono essi stessi delle macchine.
2 che ancora è utilizzato vale a dire la preziosa banchina frequentata dalle navi greche che portano il
cemento.
Come
Il primo giorno saranno fornite, oltre ai materiali, delle comunicazioni mirate a conoscere l’area, il
materiale e la tecnologia proposti.
Lo scopo del workshop è collezionare 2 set di scenari che esplorino le potenzialità degli elementi
tipo-morfologici per la definizione di un diverso paesaggio (ex)industriale: Small Medium e Large
non si riferiscono alla scala di rappresentazione (s. di dettaglio, s. urbana ecc), bensì alla quantità
di paesaggio che si può raccontare (contenere, custodire, esporre), costringendovi ad affrontare e
indagare le (quasi) infinite possibilità combinatorie che anche con questa imposizione iniziale possono aversi.
Gli studenti saranno divisi in 2 macro-gruppi all’interno dei quali si svilupperanno i tre scenari SML
sempre in gruppo (massimo di 5 studenti).
Un gruppo opererà sui vuoti interstiziali, cioè tra gli edifici; il secondo gruppo elaborerà proposte di
rimodellazione dei pieni, proponendo addizioni, intersezioni, sostituzioni ecc.
Funzioni: serra e/o teca.
La prima settimana oltre alle comunicazioni specifiche vi sarà un sopralluogo all’area via terra
(martedì 1 luglio ore 10 in situ) e via acqua (on demand).
L’intuizione dovrà farsi diagramma e schema definendo le scelte. Venerdì presentazione.
La seconda settimana (lunedì 7 con partenza alle ore 9 da Mestre) comincerà con la visita presso
gli stabilimenti della Sangalli group a San Giorgio di Nogaro (UD) per vedere le lavorazioni del vetro (dalla nascita delle lastre alla laminazione alla colorazione) sede di P. Marghera della Stazione
Sperimentale del Vetro.
La seconda e terza settimana si lavorerà agli elaborati il cui formato e tipo concorderemo in aula
(dei set design convincenti, abachi di dettagli e profili, un plastico per macro-gruppo, video).
Venerdì presentazioni.
I venerdì mattina saranno dedicati alle presentazioni e i pomeriggi a discussioni cheese&wine con
ospiti.
Gli studenti progettisti dovranno lavorare e sviluppare una propria riflessione sul principio della cultura materiale7, della combinatorietà, della estetizzazione8.
Avvertenze: il progetto architettonico, per proprio statuto, non dispone di una base scientifica solida, al contrario si avvale di molteplici approcci e contributi desunti da altre discipline: collocare opportunamente tali apporti, rispetto al processo progettuale, appare essenziale per orientare il percorso formativo dello studente. Le proposte saranno plausibili, sostenibili, praticabili.
7
Il tema della Cultura Materiale è stato ampliamente indagato da G. Carnevale in molti scritti a cui si rimanda (nel «Dizionario critico delle voci più utili all’architetto» a cura di L. Semerani; in Litanie e griffonages, Officina, Roma 1999, p. 14
e segg e p. 28 e segg; e al volume A regola d’arte (Roma 2006).
Ciò nonostante ricordiamo alcuni riferimenti al tema: «La memoria collettiva e la sua forma scientifica, la storia, si applicano a due tipi di materiali: i documenti e i monumenti. Infatti, ciò che sopravvive non è il complesso di quello che è esistito nel passato, ma una scelta attuata sia dalle forze che operano nell’evolversi temporale del mondo e dell’umanità,
sia da coloro che sono delegati allo studio del passato e dei tempi passati, gli storici. Tali materiali della memoria possono presentarsi sotto due forme principali: i monumenti, eredità del passato, e i documenti, scelta dello storico.» (J. Le
Goff, «Documento/Monumento», in Enciclopedia Einaudi, Torino 1978, vol. V, pp. 38-43).
E ancora: «La nozione di cultura materiale è comparsa nelle scienze umane, e in particolare nella storia, in seguito al
costituirsi dell'antropologia e dell'archeologia, e all'influenza esercitata dal materialismo storico. (…) Lo studio della cultura materiale (…) si dedica ai fatti ripetuti, non all'evento; non si occupa delle sovrastrutture, ma delle infrastrutture. (…)
La cultura materiale tende infine a gettare un ponte verso l'immaginazione dell'uomo e la sua creatività e a considerare
proprie tre componenti fondamentali: lo spazio, il tempo e la socialità degli oggetti. Per quanto rimanga ancora da definire con più esattezza, e per quanto vi sia ancora qualche ambiguità, lo studio della cultura materiale appartiene alla ricerca storica, e con essa collabora con metodo proprio a ripercorrere le spirali che ogni rovina del passato porta con sé. (R.
Bucaille, J.M. Pesez, «Cultura materiale», in Enciclopedia Einaudi, op cit, Vol. V. IV, p. 271-305).
8
Estetizzazione: un valore aggiunto che non costituisce certo un obiettivo, ma che può rivelarsi un fattore decisivo anche
nella apparente strumentalità dell’esercizio.
3 Istruzioni d’uso
Il pomeriggio del primo giorno si formeranno 2 gruppi.
Il gruppo «vuoti» e il gruppo «pieni»…entrambi a rendere J
Edifici: 5 (1: manica lunga, 2: torre, 3: ed. a punta, 4: silos, 5: ed. ganascia)
Funzioni: serra (accoglie attività), teca (accoglie oggetti)
Elaborati finali: n.2 tavole 50x50 (set design, abaco) x progetto, n.1 plastico 1:200 per gruppo
G. VUOTI
Il gruppo Vuoti si articolerà in sotto-gruppi, ciascuno dei quali svilupperà una ipotesi progettuale
basata sulla definizione degli spazi interstiziali, dei vuoti TRA gli edifici (in-between).
Il vuoto dovrà trovare una propria forma attraverso il progetto di involucri che possano includere lo
spazio tra almeno due edifici. I sottogruppi dovranno scegliere lo spazio interstiziale (“braccio”) tra
uno dei nove presenti nell’area: tra gli edifici 1-2, 1-3, 1-4, 1-5, 2-4, 3-4, 3-5, 4-4, 5-4.
Al termine della seconda settimana verranno costituite 2 strutture operative: la prima formata da un
rappresentante di ciascuno dei sotto-gruppi (che hanno elaborato un proprio progetto) e la seconda che includerà tutti gli altri.
La prima struttura dovrà elaborare un modello che in scala 1:200 rappresenti l’insieme delle ipotesi
progettuali messe a punto durante le prime due settimane.
La seconda struttura provvederà a curare la rappresentazione grafica dei singoli progetti facendo
particolare attenzione a due tipi di elaborati: restituzioni prospettiche ricavate da modellazioni digitali (set design), rappresentazioni sinottiche delle soluzioni di dettaglio individuate e delle sezioni/profili delle sagome che descriveranno i nuovi spazi (abachi).
G. PIENI
Il gruppo Pieni si articolerà in sotto-gruppi, ognuno dei quali svilupperà ipotesi progettuali relative a
ciascuno dei 5 manufatti presenti in area, considerandoli come pre-esistenze definite dai propri perimetri e dalla propria struttura.
Gli scenari progettuali potranno articolarsi a varia scala (SML): dalla previsione di involucri che inglobino l’intero edificio considerato, alla proposta di sostituzione di parti, di addizioni, di inclusioni
eccetera.
La terza settimana ciascun sotto-gruppo si dedicherà alla realizzazione del proprio plastico, sempre in scala 1:200, e alla elaborazione dei grafici: restituzioni prospettiche ricavate da modellazioni
digitali (set design), rappresentazioni sinottiche delle soluzioni di dettaglio individuate e delle opportunità combinatorie che le varie ipotesi progettuali possano prospettare (abachi).
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