Articolo Dott. Cifaldi

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Con un'attenta lotta alla corruzione le risorse
necessarie sarebbero garantite
12 SET
Gentile direttore,
qualcuno ricorderà il film 'Il silenzio degli innocenti' ed il disperato belato degli agnellini. Quel film dei primi anni’90
vinse diversi premi Oscar. A tornare indietro con la memoria, erano anni dove la mia generazione di giovani medici,
pur vivendo allora come oggi il precariato, sapeva che comunque sarebbe riuscita a fare collimare le aspettative
derivanti dagli studi accademici con la progressiva crescita professionale. Strano a dirsi oggi, il precariato di allora
poteva persino avere un senso: per la generalmente breve durata e per le opportunità che consentiva di cogliere
con una mobilità quasi sempre volontaria che sapeva di passione, di futuro in costruzione.
Oggi la realtà è purtroppo tristemente diversa. I continui tagli nella sanità del Lazio gettano ombre sul presente e sul
futuro professionale dei colleghi precari, benché se ne parli sempre meno, e contribuiscono a determinare anche
negli altri operatori un senso di sfiducia generalizzata. A questa situazione si aggiunge il periodico (e sospetto)
diffondersi di tam tam mediatico sui casi, presunti o reali, di malasanità o su episodi, certamente censurabili, nei
quali il ruolo gestionale del dirigente medico potrebbe aver comportato la conduzione non trasparente di gare ed
acquisti. Ma su questo, per fortuna, vigila la magistratura.
Sfugge tuttavia ai più che la quasi totalità dei medici non ha nulla a che fare con il ruolo di “dirigente”. Svolge il
proprio lavoro, che è fatto essenzialmente di diagnosi e cura. Una crescente impressione di essere oggetto d’ostilità
colpisce il Medico, la sua vocazione, il suo operato, la sua funzione, il suo ruolo, generando scoraggiamento e
senso di rinuncia. Nessuno di noi vuole rinunciare ad un ruolo che è frutto di studio e di sacrifici e che necessita di
aggiornamento qualificato e costante. Si dirà: il solito medico che non vuole rinunciare ai privilegi propri della
categoria.
Tuttavia come non notare i continui annunci larvatamente minatori, i tagli lineari, la sindrome da “inaugurite” di
strutture con nuove modalità assistenziali: in sintesi lo stravolgimento di un modello di sanità che ha garantito la
tutela della salute dei cittadini? Si dice che oggi non ci si possa più permettere uno stato sociale, quale quello fino
ad oggi esistente. Ne siamo convinti? Potrebbe forse bastare una attenta lotta alla corruzione per reperire quei soldi
che possano fare ripartire gli investimenti in strutture, tecnologie e risorse umane.
Sì, risorse umane. Perché la medicina è fatta da esseri umani e il concetto di umanizzazione nei percorsi di
accoglienza e di cura non può essere rispolverato e tirato a lucido solo nei nostri convegni. Il malcontento degli
operatori è strisciante ma dilagante, le divisioni tra gli stessi, la difficoltà di dialogo con i malati ed i cittadini possono
produrre una miscela esplosiva in grado di far saltare il sistema.
Ma se salta il sistema e non saltano i corrotti, a fare la parte degli agnelli sacrificali saranno quanti continueranno a
trovare i Pronto Soccorso strapieni, i posti letto negli ospedali ancor più diminuiti e pressoché inaccessibili, la
mancata contestuale attivazione di una concreta offerta sanitaria sul territorio, l’incancrenirsi del contenzioso
medico legale. La proiezione del film è finita, la lettera al direttore pure. Resta l’amaro in bocca ed una nuova
giornata per ritrovare una rinnovata passione per un lavoro che ci piace e che vorremmo fare con la serenità che
oggi manca.
Luciano Cifaldi (Segretario Generale Cisl Medici Lazio)