2014_12_03-rassegna

Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 03/12/2014
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Intesa avvia il riassetto sabaudo
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Stress test, italiane danneggiate - Da una ricerca pubblicata su lavoce.info emerge che sei istituti promossi,
cioè Bnp Paribas, Bpce, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Ing e Société Générale, sarebbero stati sonoramente
bocciati
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Per le banche più rettifiche sul credito con i nuovi principi contabili
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Uccmb-Fortess, la cessione slitterà all'anno prossimo
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Mutui, domanda ancora in crescita
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Findomestic vede rosa per i consumi
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
In nove mesi fallite 11mila aziende
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Multe Consob, un punto per Arpe al Consiglio di Stato
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Il pil del Lussemburgo? Non si baserà più sul segreto
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
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affidabile, che – come dice spesso il premier Matteo Renzi – «non va a Bruxelles con il cappello in mano». In
otto anni (2007-2013), sottolinea l'hashtag di Padoan, i Paesi dell'Eurozona che hanno concesso gli aiuti di
Stato più consistenti alle banche nazionali sono stati la Germania (247,4 miliardi), la Gran Bretagna (136,5) e
la Spagna (56 ), mentre l'Italia non è andata oltre i 4,1 miliardi, che per il 75% è stato già restituito allo Stato,
che ci ha pure guadagnato un interesse del 9%. A conti fatti, l'aiuto pubblico italiano alle banche è stato meno
dell'1% del totale dell'Eurozona, dove sono stati elargiti aiuti alle banche per 517 miliardi. Dati Eurostat che, a
giudizio di Padoan, dovrebbero giustificare l'orgoglio nazionale, invece dei pregiudizi stranieri. Tutto vero.
Ma questi stessi dati erano stati sottolineati con maggiore tempestività dai dirigenti della Banca d'Italia, con
dichiarazioni rilasciate addirittura poche ore dopo la diffusione degli stress test. Resta dunque un mistero la
causa vera di questo orgoglio a scoppio ritardato. Tanto più che nell'ultimo mese sono state numerose le
analisi critiche sui metodi usati dalla Bce per condurre gli stress test. La stessa Banca d'Italia ha spiegato che,
per certi aspetti, sono state favorite le banche del Nordeuropa rispetto alle nostre. C'è poi da notare una
strana anomalia: tra le banche che hanno superato senza problemi gli stress test c'è la Deutsche Bank , la cui
esposizione ai derivati è stimata in 75 mila miliardi di dollari, cioè cinque volte il pil europeo. Un rapporto tra
derivati e risorse proprie più da tavolo da poker che da istituto di credito solido. Il che ha vieppiù alimentato
le voci e le ipotesi che si sia trattato di stress test taroccati. A confermarlo giunge ora uno studio di Giuseppe
Montesi, economista dell'Università di Siena, pubblicato sul sito bocconiano lavoce.info. Dotato di una
padronanza non comune delle tecniche di analisi bancaria, Montesi ha confrontato i metodi degli stress test
della Bce con quelli usati dalla Fed per le banche degli Stati Uniti. Risultato: se le banche europee fossero
state sottoposte agli stessi test della Fed, sei grandi istituti (promossi dalla Bce) sarebbero stati bocciati
piuttosto severamente. Con un ricco corredo di tabelle e di confronti, Montesi ne fa i nomi: guarda caso, c'è la
Deutsche Bank , in compagnia di Crédit Agricole, Bnp Paribas , Groupe Bpce, Ing Bank e Société Générale .
Visto che un hashtag, di solito, serve a raccontare una storia sul web (nel nostro caso una storia di orgoglio
nazionale), la ricerca dell'economista Montesi potrebbe essere associata all'hashtag del ministro Padoan, con
un link sul sito del ministero dell'Economia. Possibilmente in lingua inglese, visto che le lingue ufficiali della
Ue sono in teoria 24, ma quelle praticate e tradotte nelle comunicazioni ufficiali, sia a Francoforte (Bce) che a
Bruxelles (Commissione Ue), sono solo tre: inglese, francese e tedesco, un trilinguismo che da tempo esclude
l'italiano. Se no, ministro Padoan, chi mai capirebbe in Europa il suo grido di orgoglio? (riproduzione
riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Per le banche più rettifiche sul credito con i nuovi principi contabili
di Francesco Ninfole
I nuovi principi contabili potrebbero causare un rilevante aumento delle rettifiche sui prestiti per le banche.
Gli istituti dovranno registrare le perdite sul credito in anticipo: non solo quando si sono già verificate, ma
anche quando sono previste per il futuro. Il tema è finito sotto la lente dell'Abi nell'ultimo seminario di
Ravenna: «L'introduzione di un nuovo modello contabile, basato su un approccio “expected losses” anziché
“incurred losses”, potrà influire anche significativamente sull'ammontare delle nuove rettifiche sui crediti e,
per tale via, incidere sulle politiche di concessione dei crediti ai soggetti più deboli, tipicamente le pmi», ha
scritto l'associazione in un documento. La novità contabile è legata all'introduzione a luglio da parte dello
Iasb del principio Ifrs 9, che sostituirà dal 2018 lo Ias 39. Quest'ultimo chiedeva di individuare una perdita in
bilancio solo in caso di evidenza o di evento scatenante («trigger event»). Il criterio ha consentito alle banche
globali di posporre le svalutazioni, secondo l'analisi dello Iasb, l'organismo che definisce gli standard
contabili internazionali. Il nuovo modello invece non guarda solo a quanto già accaduto ma anche a quanto
potrebbe accadere in futuro. Lo Iasb ha spiegato che per riconoscere una perdita sul credito non sarà più
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necessario un evento scatenante. I bilanci dovranno considerare anche gli eventi attesi nei successivi 12 mesi,
ma non ancora verificati. L'Abi ha sottolineato che le nuove regole saranno ancora più severe in caso di
«incremento significativo nel rischio creditizio», che si manifesta se c'è un ritardo nel pagamento di 30
giorni: in questa circostanza, le rettifiche di valore dovranno essere commisurate alle perdite attese che
potrebbero manifestarsi in caso di default nel corso dell'intera durata dello strumento finanziario («lifetime
expected credit losses»). Le rettifiche dei crediti saranno quindi basate anche su eventi futuri, «a prescindere
che questi ultimi siano probabili o meno», ha scritto l'Abi. Il nuovo Ifrs 9, che riguarderà tutti gli strumenti
finanziari sottoposti a impairment, dovrà ora essere introdotto nella legislazione Ue. Il rischio per le banche è
dover aumentare le rettifiche soprattutto nel momento dell'entrata in vigore delle norme nel 2018. Perciò gli
istituti dovranno muoversi da subito. Non a caso sulla materia Banca d'Italia ha già messo in guardia le
banche. Via Nazionale già nell'ottobre 2013 aveva inviato una segnalazione per richiamare l'attenzione «sulla
necessità di avviare sin da subito un'analisi degli interventi sulle procedure e sui sistemi informativi e
gestionali necessari per l'applicazione del nuovo modello». Nell'occasione Bankitalia aveva rilevato che «la
capacità delle banche di ricostruire l'evoluzione della qualità creditizia potrà influire, anche
significativamente, sull'ammontare delle nuove rettifiche di valore richieste, specie alla data di prima
applicazione dello standard». Proprio per poter stimare le perdite attese, Banca d'Italia sta creando un
archivio storico sui crediti deteriorati. La Bce ha sostenuto il nuovo modello contabile, giudicato meno
prociclico del precedente. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Uccmb-Fortess, la cessione slitterà all'anno prossimo
di Claudia Cervini
La cessione di Uccmb, la società controllata da Unicredit e attiva nella gestione dei non performing loan, non
avverrà entro l'anno. La trattativa con la cordata composta da Fortress e Prelios non si è però arenata (come
suggerito nei giorni scorsi da indiscrezioni stampa che parlavano del ritorno in corsa del fondo Lone Star) e il
duo rimane l'interlocutore in partita. «Stiamo continuando a discutere facendo progressi ogni giorno, e
quindi sono fiducioso», ha dichiarato l'ad di Unicredit Federico Ghizzoni a margine del Growth Summit
Italia 2014. Il numero uno di Piazza Gae Aulenti ha aggiunto che sul tavolo c'è la definizione di alcuni dettagli
secondari. Uno dei nodi ancora in essere risiederebbe nelle commissioni per la gestione di ogni pratica, che
dovrebbero essere retrocesse. L'operazione, tra piattaforma di gestione e pacchetto di crediti deteriorati, si
aggirerebbe intorno ai 550 milioni (alla vigilia della trattativa si parlava invece di 700 milioni, ma il
perimetro di vendita è stato lievemente modificato). Intanto ieri i sindacati hanno incontrato una delegazione
aziendale per discutere del riassorbimento nella capogruppo di un ramo d'azienda composto da 30
dipendenti, al lavoro sul portafoglio Aspra, portato in dote a Unicredit da Capitalia. La pratica non si è
conclusa poiché le sigle hanno chiesto all'azienda maggiore chiarezza. A dispetto di un'iniziale chiusura, la
banca si è detta disponibile ad avviare una trattativa con i sindacati, ma non è stata fissata ancora una data
per l'apertura del tavolo. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Mutui, domanda ancora in crescita
di Teresa Campo
Domanda di mutui al top anche a novembre. Lo segnala il Barometro Crif, che rileva appunto come nel mese
appena concluso la richiesta di mutui da parte delle famiglie italiane è aumentata del 21,1% rispetto allo
stesso mese del 2013, sostenuta soprattutto dalle richieste di sostituzione. Il dato è in linea con quello
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Multe Consob, un punto per Arpe al Consiglio di Stato
di Andrea Di Biase
Matteo Arpe mette a segno un punto a proprio favore nel procedimento che lo vede opposto alla Consob e
ottenere l'annullamento delle sanzioni comminate a lui, all'ad di Banca Profilo , Fabio Candeli, e a due trader
della banca per manipolazione del titolo dell'istituto milanese. Ieri il Consiglio di Stato ha infatti sospeso
temporaneamente la sentenza del Tar del Lazio che nei giorni scorsi aveva dato ragione all'autorità
presieduta da Giuseppe Vegas non ritenendo fondata la tesi dei legali di Arpe, secondo i quali il procedimento
sanzionatorio della Consob non rispetterebbe i requisiti del giusto processo previsti dalla Corte europea dei
Diritti dell'Uomo. Nel decreto emesso ieri il Consiglio di Stato ha ravvisato «sufficienti elementi di fumus»
sul «procedimento sanzionatorio qui in rilievo» e ha convocato la camera di Consiglio per il 13 gennaio. La
decisione arriva a pochi giorni dalla sentenza del tribunale amministrativo del Lazio che aveva respinto il
ricorso di Banca Profilo e della controllante Arepo per l'annullamento del procedimento Consob nell'ambito
dell'acquisto di titoli Banca Profilo tra l'estate del 2011 e il maggio del 2013. L'estate scorsa Banca Profilo
aveva chiesto alla Consob di fermare il procedimento perché violava le norme sul giusto processo,
paventando «gravissimi danni» dalle eventuali sanzioni dell'Authority. La richiesta di Arpe faceva leva sulla
sentenza della Corte Europea che, nel giudizio su Ifil Exor , aveva messo in luce delle carenze nel
procedimento della Consob (come l'assenza di contraddittorio e di un'udienza pubblica) a fronte della
possibilità di emettere sanzioni paragonabili a quelle penali. Il Tar, a sua volta, aveva ravvisato che anche se
la Consob è «priva delle caratteristiche di imparzialità e di indipendenza tipiche degli organi giurisdizionali»,
la possibilità di impugnare le sue decisioni di fronte a organi giurisdizionali viene dunque giudicata in grado
di sanare le lacune del procedimento. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Il pil del Lussemburgo? Non si baserà più sul segreto
di Giuliano Castagneto
No, proprio non ci sta Pierre Gramegna, da dicembre 2013 ministro delle Finanze del Lussemburgo, a vedere
il suo Paese trattato come un paradiso fiscale di stampo caraibico. «Lussemburgo è vittima di una campagna
mediatica, ma la nostra economia è ben diversa da come la si dipinge». Gramegna si riferisce allo scoop
dell'Associazione Internazionale dei Giornalisti Indipendenti, che nelle scorse settimane ha divulgato alcune
informazioni riservate della PriceWaterhouseCoopers a proposito dei tax ruling, atti che hanno permesso a
multinazionali della più varia provenienza di risparmiare centinaia di milioni di euro in tasse. Un caso subito
ribattezzato LuxLeaks. Parlando ieri con i giornalisti a Milano in occasione del seminario organizzato dalla
finanziaria pubblica Luxembourg for Finance, Gramegna ha colto l'occasione per levarsi alcuni sassolini dalla
scarpa. Riguardo appunto ai tax ruling, cioè quelle decisioni unilaterali prese dall'amministrazione fiscale di
uno Stato sulla possibilità o meno per un'azienda internazionale di adottare certi comportamenti, soprattutto
in materia di royalty, interessi e dividendi, Gramegna puntualizza: «Sì, abbiamo preso molte di queste
decisioni, ma non siamo certamente stati i soli. Diversi altri Paesi europei hanno esercitato ed esercitano
questa pratica. Inoltre, non sono assolutamente atti segreti; non vengono divulgati ai media, ma le
amministrazioni fiscali degli altri Stati possono chiederne visione. Ci siamo sempre mossi nel rispetto delle
normative fiscali internazionali e da luglio abbiamo recepito la direttiva europea Madre Figlia, che disciplina
i rapporti tra casa madre e controllate in materia di dividendi». Si tratta della direttiva 86/2014 sul
pagamento di interessi e dividendi da una controllata alla casa madre residente in un altro Stato membro.
«Con questa direttiva», sottolinea Gramegna, «certi tipi di tax ruling non saranno più possibili». Certo, il
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Premafin, Unipol all'esclusione da responsabile civile
di Serena Berici
UnipolSai si è costituita responsabile civile nel processo sul presunto aggiotaggio sui titoli Premafin, la
società attraverso la quale la famiglia Ligresti controllava Fondiaria-Sai , operato da società estere
ricollegabili a Salvatore Ligresti. Il processo al tribunale di Milano è stato aggiornato al 10 febbraio. Il legale
di UnipolSai , Ermenegildo Costabile, ha annunciato che la compagnia si è costituita responsabile civile, dopo
la citazione degli ex azionisti di Premafin, e ha preannunciato che depositerà un'istanza di esclusione da
responsabile civile. Ciò vuol dire che, qualora si arrivasse a una condanna degli imputati, la società potrà
essere chiamata a risarcire l'eventuale danno riconosciuto alle parte civili, circa una trentina di ex azionisti
Premafin. Nel processo è entrata UnipolSai , in quanto Premafin non esiste più da quando è stata compiuta la
fusione a quattro che ha dato vita alla nuova compagnia assicurativa. Al banco degli imputati ci sono
Salvatore Ligresti, Giancarlo De Filippo e Niccolò Lucchini, accusati di manipolazione del mercato per
operazioni effettuate da due trust esteri sui titoli Premafin. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Anche le polizze Vita fanno boom - A ottobre la nuova produzione in Italia ha raggiunto quota
8,3 miliardi (+51%) e nei dieci mesi del 2014 i nuovi premi sono aumentati del 49% a 76,9
miliardi. L'exploit dei prodotti di ramo I
di Paola Valentini
Fondi e polizze vanno a braccetto. Anche per i prodotti Vita la raccolta 2014 in Italia registra un boom. In
base a una prima stima dell'Ania, la nuova produzione registrata in Italia a ottobre dalle compagnie italiane e
da quelle extra-Ue è stata pari a 8,3 miliardi, il 51,7% in più rispetto allo stesso mese del 2013. Da inizio anno
i nuovi premi emessi hanno raggiunto i 76,9 miliardi (+49% rispetto allo stesso periodo del 2013), un dato
quasi identico a quello messo a segno dai fondi aperti nei 10 mesi (76 miliardi).
Si tratta di un record di raccolta per l'industria ottenuto grazie al boom delle polizze Vita di ramo I legate alle
gestioni separate, che a ottobre hanno registrato premi per 5,7 miliardi (+31% rispetto allo stesso mese del
2013). Da inizio anno i premi di quest polizze sono stati pari a 57,8 miliardi, il 75% dell'intera nuova
produzione emessa, con un balzo in avanti del 47% a confronto con i dati già brillanti dei dieci mesi del 2013.
Un livello di premi mai toccato nella storia delle gestioni separate raggiunto anche se il rendimento minimo
garantito delle polizze vita di ramo I si sta sempre più riducendo. Dal primo dicembre, infatti, per effetto
della normativa dell'Ivass, l'asticella del tasso che le polizze possono garantire, finora pari al 2,25%, è stata
ulteriormente abbassata all'1,75% per i nuovi clienti, con un drastico calo rispetto a due anni fa quando lo
stesso tasso era al 3,5%. Come punto di forza i contratti di ramo I godono dell'esenzione dell'imposta di bollo,
anche se la legge di Stabilità punta a ridurre l'esenzione fiscale dei capital gain versati agli eredi in caso di
successione. In compenso, le gestioni separate delle polizze rivalutabili riescono ancora a garantire extrarendimenti interessanti rispetto al minimo garantito una stabilità di risultati pari al 3,5-4% all'anno, in media
il 3,9% nell'ultimo quinquennio, con un rendimento finale per il cliente al netto di costi e imposte che può
superare il 2%. Guadagni che peraltro si consolidano anno dopo anno. Ma proprio la riduzione dei
rendimenti dei titoli di Stato renderà sempre più complicato arrivare a questi risultati in futuro. E questo
soprattutto accade per le nuove polizze, che acquistano titoli oggi con tassi ai minimi. Sul fronte invece del
cosiddetto ramo III, ovvero le polizze linked, è inferiore ma è comunque in continua forte crescita la nuova
produzione delle unit linked con premi nel mese pari a 2,2 miliardi (+132%) e da inizio anni pari a 16,4
miliardi (+49%). Mentre è praticamente a zero il segmento delle polizze index linked che non si sono più
risollevate dopo il default di Lehman e delle banche islandesi i cui bond erano finiti come sottostanti di alcuni
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
I banchieri non sono più disonesti di altre categorie. Ma col denaro la tentazione è forte
di Roberto Ruozi
Dopo lo scoppio della crisi del 2007 si è tanto parlato della cultura dominante nelle banche, ritenuta in buona
parte responsabile della crisi medesima e pertanto si sono spesi fiumi di parole per auspicare un suo
cambiamento. In realtà poco si è fatto a tale proposito, e infatti le crisi sono continuate e sono state
accompagnate anche da una serie di episodi criminosi, che hanno portato all'incarcerazione e al suicidio di
numerosi banchieri, a condanne con sanzioni di varia natura di molte banche, specie di grandi dimensioni
operanti a livello internazionale, per reati di tipo fiscale e valutario, frodi, manipolazioni di bilanci,
riciclaggio, violazioni degli embarghi, distorsioni nel calcolo di indici monetari molto importanti e via
dicendo. Ne è uscito – anzi è continuato a esistere – un mondo disonesto, corrotto e corruttore che non era
mai stato immaginato neppure dai più feroci critici dell'attività bancaria. Cito in proposito il grande Honoré
de Balzac, il quale nello splendido volume dedicato alla vita del profumiere César Birotteau dipinse in modo
caustico i banchieri della sua epoca, accusandoli di grettezza, avidità e insensibilità, mai di disonestà.
Intendiamoci, i fatti prima esposti sono veri, ma non generalizzabili, nel senso che i banchieri disonesti ci
sono, essendo tuttavia solo una minoranza che si confronta con una stragrande maggioranza di onesti.
Questi ultimi, tuttavia, non fanno notizia e quindi di essi si parla poco, anche perché l'onestà, in tutte le
professioni e quindi anche e soprattutto in quella bancaria alla quale in tutto il mondo viene affidata una
responsabilità di pubblico interesse, dovrebbe essere la regola. I disonesti, invece, attirano l'attenzione del
pubblico. Non stupisce quindi che due noti ricercatori dell'Università di Zurigo abbiano condotto uno studio,
i cui risultati sono stati diffusi un mese fa, proprio sulla cultura dei banchieri e sulla loro propensione alla
disonestà. Basata su interviste effettuate a oltre 200 banchieri, la ricerca dimostra che in linea di principio la
propensione alla disonestà nel mondo bancario non è molto diversa da quella di coloro che operano in altri
settori economici, ma mette anche in evidenza che la cultura d'impresa dominante nelle banche favorisce lo
sviluppo della disonestà. In un certo senso la stessa natura della professione bancaria, basata sul commercio
del denaro, può indurre alla disonestà più di altre professioni, imperniate sulla produzione e sul commercio
di beni e servizi meno appetibili del denaro.
Certo, un'inchiesta limitata come quella prima citata non basta a validare una legge di carattere generale e,
del resto, come già detto, l'esperienza dimostra che la disonestà dei banchieri è diffusa, ma che la stragrande
maggioranza di questi si comporta onestamente. Il fenomeno, tuttavia, è degno di massima considerazione e
può avere un influsso deleterio sull'immagine delle banche, non contribuendo certo ad aumentare la fiducia
della gente nei loro confronti. È quindi indispensabile cercare di ricondurlo entro limiti più accettabili di
quelli visti negli ultimi anni. Sono di questo avviso anche i ricercatori zurighesi, i quali auspicano una
profonda modificazione della cultura bancaria, mettendosi nel gruppo degli opinionisti che hanno condiviso
questa affermazione dopo il 2007.
Il problema non è facilmente risolvibile. Esso implica mutamenti nei comportamenti dei banchieri, ciò che
non può avvenire in seguito a semplici provvedimenti normativi, di qualsiasi natura essi siano. Gli stessi tetti
imposti ai bonus non è affatto detto che saranno determinanti da questo punto di vista. Vi è addirittura chi
pensa che essi potranno essere controproducenti specie presso i più sensibili all'attrattiva del denaro, i quali
potrebbero essere indotti a comportamenti disonesti per raggiungere obiettivi non più possibili ai sensi delle
nuove norme. Alla luce di tali considerazioni gli autori della ricerca menzionata propongono due interventi
strettamente collegati fra loro: a) l'introduzione nella professione bancaria di una specie di giuramento di
Ippocrate, sulle linee di quello al quale sono tenuti i medici; b) un'intensa formazione sull'etica negli affari,
che assicuri continuamente il collegamento fra comportamenti dei banchieri e obiettivi aziendali e individuali
compatibili con il rispetto delle norme alle quali la loro attività è sottoposta.
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Su questo secondo punto non si può non essere d'accordo. Del resto è da anni che se ne discute e qualche
cosa si è anche fatto. Sul primo sono assai più scettico, ma è certo che male non farebbe. Sarebbe meglio una
generalizzata presa di coscienza da parte di tutti i banchieri, ciò che del resto sarebbe nel loro stesso
interesse, ma anche a questo proposito sono piuttosto scettico. I disonesti rappresentano infatti, nelle banche
e altrove, una razza ineliminabile. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 3 dicembre 2014
Sono 700 mila i co.co.co. dimenticati dalla Cgil
di Marino Longoni
La riforma più importante contenuta nel Jobs act di Renzi licenziato il 25 novembre dalla camera e ora in
attesa della lettura definitiva del Senato non è l'abolizione (parziale, indeterminata, sfuggente) dell'art. 18,
ma la cancellazione di tutte le forme di collaborazioni e la loro trasformazione in contratti di lavoro a tempo
indeterminato e a tutele crescenti. Interessati sono almeno 700 mila lavoratori, oggi veri e propri paria sul
piano delle tutele sindacali: non hanno alcuna garanzia di stabilità del posto di lavoro né ammortizzatori
sociali, e godono di ridotte tutele pensionistiche (pagate a caro prezzo). Il dibattito pubblico e le polemiche
politiche si sono incentrati invece solo sull'articolo 18, identificato dal sindacato come il vessillo della tutela
dei lavoratori. Il simbolo di una resa incondizionata o una resistenza a oltranza della dignità dei dipendenti.
In realtà è questo atteggiamento, la difesa senza se e senza ma di alcune garanzie non più sostenibili, che ha
portato alla creazione di un mondo sempre più vasto, oltre 3 milioni tra co.co.co. e partite Iva, di fatto una
casta inferiore a quella dei lavori dipendenti.
Un problema che nasce con il governo Amato, ministro del Lavoro Cesare Salvi, e in 15 anni si è trasformato
in una vera metastasi. Da anni le imprese non assumono più dipendenti. Se hanno bisogno di forza lavoro
cercano in ogni modo di sfruttare la flessibilità offerta da co.co.co., co.co.pro., in versione normale e mini,
con partite Iva. Con l'ulteriore distorsione che invece di pagare di più questi lavoratori, perché più adattabili
alle esigenze aziendali rispetto ai dipendenti, li pagano meno. Ora il governo Renzi cerca di mettere una
pezza e nel Jobs act, quasi di sfuggita, annuncia la riforma tanto attesa, che prevede l'applicazione universale
dell'Aspi, l'assicurazione per l'impiego che andrà a sostituire tutte le varie forme di cassa integrazione,
prevedendone l'estensione anche ai co.co.co. «fino al suo superamento definitivo». Poco più avanti si prevede
l'introduzione a titolo sperimentale del compenso orario minimo applicabile anche «fino al loro
superamento» ai rapporti di co.co.co. Strano modo di fare le riforme. Non sarebbe stata più semplice e chiara
una norma che dettasse tempi e condizioni per l'abolizione delle collaborazioni, se era questo che si voleva?
In ogni caso il dado è tratto. E non c'è dubbio che l'obiettivo finale sia proprio questo, anche perché tutti gli
esperti di lavoro, della maggioranza come dell'opposizione, si sono schierati a favore di un superamento delle
collaborazioni che cancellasse per sempre tutti gli abusi resi possibili dall'attuale sistema.
Anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, si è detto molto soddisfatto dell'approvazione del Jobs
act. Si tratta quindi solo di capire tempi e modi per raggiungere un traguardo ormai chiaro: la trasformazione
dei contratti di collaborazione in rapporti a tempo indeterminato a tutele crescenti (altra novità chiave che
però è solo accennata en passant nel Jobs act). Difficile che la vaghezza della formula utilizzata nell'attuale
disegno di legge consenta di incardinare un decreto legislativo. Potrebbe essere necessario un disegno di
legge o un decreto. Visti i tempi imprecisati e l'indeterminatezza dei contenuti, per ora è meglio che i 700
mila co.co.co. si affidino all'intercessione del ministro Poletti. (riproduzione riservata)
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IL SOLE 24 ORE giovedì 3 dicembre 2014
Agrusti-Generali ai tempi supplementari
La sentenza sul caso Raffaele Agrusti era attesa a giorni ma, alla fine, il giudice ha rimandato tutto al
prossimo marzo. O meglio, ha imposto alla parte attrice, Generali, di fornire tutta la documentazione già
richiesta. «Da uno studio attento del fascicolo - è scritto nel dispositivo - e dei rispettivi atti di costituzione e
repliche autorizzate, con riferimento al proprio ordine di esibizione risultano delle incompletezze
documentali realizzate dalla parte attrice anche per un errore materiale posto in essere dal giudice nella
formulazione delle richieste». Di conseguenza, alla compagnia del Leone ora viene chiesto di depositare il
verbale di consiglio di amministrazione del 19 febbraio 2014 «privo di omissis»; il verbale della riunione del
Comitato controllo e rischi in cui è stato discusso ed esaminato il report della vicenda Solight; il verbale del
cda in cui venne definito l'accordo transattivo tra le parti e la documentazione relativa all'attribuzione dei
bonus STI 2013 e LTI 2011-2013. Il dossier dovrà essere presentato entro il 30 gennaio e la causa verrà
discussa il prossimo 5 marzo. (L.G.)
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IL SOLE 24 ORE giovedì 3 dicembre 2014
Palazzo Broggi e i tempi di UniCredit
Bisognerà aspettare i primi mesi del 2015 per conoscere l'esito finale della gara per la cessione di Palazzo
Broggi, ex sede UniCredit a Piazza Cordusio a Milano. La short list è stata definita nelle scorse settimane ed è
composta da tre offerte: Blackstone, Hines insieme al fondo di Abu Dhabi Adia (indicata tra le favorite) e
Prelios con London & Regional Properties. Ma appare difficile, secondo i ben informati, che le offerte
vincolanti arrivino prima di fine gennaio. Complici le festività natalizie, è infatti molto probabile che
l'operazione possa slittare di qualche mese. Qualcuno ipotizza febbraio o marzo del 2015. Certo, il risultato
finale non cambia. Eppure i tempi dell'operazione per qualcuno rappresentano una variabile chiave. Il
riferimento è all'ex inquilino di Palazzo Broggi. UniCredit in base al contratto d'affitto deve pagare fino al
2026 qualcosa come 19 milioni di euro l'anno. Tradotto: più di 200 milioni. L'immobile oggi è ancora
utilizzato da UniCredit ma è naturale che prima sarà individuato il futuro acquirente di palazzo Broggi e
prima quel contratto sarà rinegoziato. La progressiva e definitiva uscita di UniCredit da piazza Cordusio è
parte del piano che ha portato 4mila persone nelle nuove torri di Porta Nuova, con un risparmio annuo per la
banca di oltre 25 milioni l'anno (Mar. Man.)
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IL SOLE 24 ORE giovedì 3 dicembre 2014
Aviva-Friends Life, fusione nelle polizze
Leonardo Maisano
LONDRA. Dal nostro corrispondente - La febbre per fusioni e acquisizioni che sale nel mondo delle
telecomunicazioni britanniche, s'estende a quello delle assicurazioni. Un caso non basta per annunciare
un'epidemia, ma la decisione di Aviva di rilevare Friends Life e unire le attività vita con un un'operazione «all
shares» da 5,6 miliardi di sterline, per un istante almeno disoglie l'attenzione da Bt, Vodafone, Sky e
concorrenti vari.
Il deal creerà un gruppo leader con 16 milioni di clienti per prodotti vita e consentirà risparmi per 225
milioni di sterline. Non tutti - hanno fatto sapere le due società - da imputare al taglio dei posti di lavoro che
il merger inevitabilmente produrrà. Non tutti, ma molti se è vero che si calcola che 2mila posizioni
potrebbero saltare fra i 12mila impiegati di Aviva e i 3500 di Friends Life. Le posizioni di top management
sono già definite. Se gli investitori daranno il via libera, ceo della nuova realtà che manterrà il solo nome
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 03/12/2014
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
le due società. Lo stesso messaggio è stato ribadito nel corso di un incontro che si è svolto sempre ieri con le
rappresentanze sindacali di Uccmb.
Certo la gestione dei crediti resta una delle priorità per UniCredit (sempre molto attenta a valutare possibili
cessioni di portafogli di npl). Un fronte da cui gli analisti di Jp Morgan si attendono riscontri positivi: per
questo la banca d'affari ha confermato il giudizio overweight sul titolo e il prezzo obiettivo a 7,90 euro.
Ieri il consigliere delegato di UniCredit ha parlato anche dell'Italia e delle prossime mosse della Bce: nel
primo caso, il calo del Pil italiano nel terzo trimestre «era atteso» e quindi «almeno non è una sorpresa». Per
il 2015, invece, le previsioni del gruppo sono di una «piccola ripresa, intorno allo 0,5%». «Qualche
presupposto di ripresa secondo me c'è – ha proseguito Ghizzoni – i tassi sono bassi, l'euro è più debole, il
prezzo dell'energia sta scendendo e ci sono riforme in arrivo come quella sul lavoro e la legge di stabilità».
Per quanto riguarda invece Francoforte, il manager non si aspetta che la Bce possa decidere nuove misure
straordinarie nella riunione di domani: «Non credo ci saranno decisioni importanti prima di fine anno».
Ma.Fe. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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BLUERATING.com giovedì 3 dicembre 2014
Anasf, promozione finanziaria in rosa? E’ in aumento, ma la strada è ancora lunga
di redazione
(tutti i suoi articoli)
Ultimo aggiornamento : 02-12-2014 17:00
Secondo una recente ricerca condotta dall'associazione guidata dalla d.g. Martano, le professioniste donne
sono oggi il 17% del totale degli iscritti all’Albo. Ma gli ostacoli per una carriera “in rosa” nel settore sono
ancora tanti.
17% DI PROMOTRICI FINANZIARIE - Nel mondo tradizionalmente maschile della promozione finanziaria
iniziano a farsi spazio le professioniste donne, che sono oggi il 17% del totale. Ma gli ostacoli per una carriera
“in rosa” all’interno di questo settore sono ancora tanti. E’ quanto emerge da una recente indagine condotta
da Anasf in collaborazione con Learning Edge. “Capire le criticità che le promotrici finanziarie affrontano
tutti i giorni nello svolgimento del proprio lavoro, in relazione al rapporto con colleghi, capi e clienti, può
aiutare a cogliere spunti utili che portino a far crescere quel 17% di donne sul totale degli iscritti all’Albo dei
promotori finanziari”, ha commentato Germana Martano, direttore generale di Anasf.
PERCEZIONI DIFFERENTI - Secondo l’ultima relazione annuale Apf, la percentuale di donne nella
professione è aumenta del 3,3% nel 2013 rispetto all’anno precedente, con un 37% di nuovi mandati nel 2013
a fronte di un 24% nel 2012. Nonostante questo, si rilevano alcuni fattori di criticità. Alla domanda se le
promotrici finanziarie siano trattate o meno al pari degli uomini infatti, solo il 18% delle donne ha risposto in
modo affermativo, contro una larga maggioranza di “sì” per gli uomini.
IL COMMENTO DI GERMANA MARTANO - “E’ innegabile che esistano degli ostacoli diversamente
percepiti da uomini e donne”, ha commentato Martano. “L’84% dei pf uomini appartenenti al campione
punta il dito sulla complessità della conciliazione del lavoro con l’impegno che richiede una famiglia, mentre
per le donne la percentuale su questo aspetto scende al 60%, riconoscendo anche in altri fattori le
problematiche principali a un equo avanzamento delle donne nella propria carriera: la connotazione al
maschile dell’ambiente di lavoro è tra questi, come anche il fatto che capi uomini tendano a preferire come
collaboratori di fiducia, più o meno consciamente, altri uomini”.
I PROSSIMI PASSI - Cosa fare dunque in futuro per risolvere questi gap? “Aumentare la consapevolezza
attorno a questo tema è un primo passo verso la soluzione. Imparare a superare queste barriere è il passo
successivo: saper negoziare per noi stesse, mantenere alta l’autostima e imparare le regole del gioco”, ha
concluso Martano.
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BLUERATING.com giovedì 3 dicembre 2014
Promotori, Banca Fideuram vince l’Oscar di Bilancio
di redazione
(tutti i suoi articoli)
Ultimo aggiornamento : 02-12-2014 09:25
La banca guidata da Matteo Colafrancesco è stata premiata dalla Ferpi nella categoria “Grandi imprese
bancarie, finanziarie quotate e non quotate”.
IL PREMIO - Banca Fideuram ha vinto l’Oscar di Bilancio 2014 nella categoria “Grandi imprese bancarie,
finanziarie quotate e non quotate”. La decisione di assegnare il premio alla banca guidata da Matteo
Colafrancesco, ha spiegato la Federazione relazioni pubbliche italiana (Ferpi) che promuove l’iniziativa, è
stata presa sulla base “dell’ottimo giudizio sul bilancio e sull’informativa a corredo dello stesso”. Inoltre,
Ferpi ha ritenuto “apprezzabile la redazione del bilancio integrato, la qualità dell’informativa e, in
particolare, la sezione del bilancio dedicata alla segmentazione del contenzioso e delle passività potenziali”.
Da segnalare infine la completezza delle “informazioni in materia di responsabilità sociale e la sezione
dedicata sul sito alla corporate governance”.
IL COMMENTO DI COLAFRANCESCO - “Solidità, innovazione, efficienza e sostenibilità sono i pilastri su
cui è stata costruita la storia di successo di Banca Fideuram”, ha commentato l’amministratore delegato e
direttore generale di Banca Fideuram Matteo Colafrancesco. “Il risultato è una crescita costante e sostenibile
nel tempo. Il risparmio gestito, confluendo in modo attivo sul mercato, alimenta l’economia sana e crea un
circolo virtuoso di risultati e profitti. Il bilancio integrato ci permette di mettere in evidenza queste
caratteristiche e, mentre rimane ancora per molti un mero rendiconto contabile e finanziario, è diventato per
noi un vero e proprio strumento di comunicazione per illustrare al mercato ed anche ai nostri clienti i nostri
valori e risultati”. A Banca Fideuram era già stato conferito l’Oscar di Bilancio nel 2010.
Lao Tzu
“La via del saggio è agire, ma non competere.”
.c.
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