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Anno XVI - 12/03/2015
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Sommario
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IL GAZZETTINO giovedì 12 marzo 2015
Popolare del Veneto: Vicenza e Montebelluna accelerano Presto la nomina degli advisor, entro giugno la
trasformazione in spa
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CORRIERE DEL VENETO (Ed. Venezia) 11 03 2015
Credito ed esuberi, sindacati cauti sulla fusione Veneto Banca- Montebelluna manda avanti il piano
industriale, dopo il dialogo riaperto
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Serra in Consob si spiega sulle pop - La convocazione arriva in seguito alle parole di Vegas sui possibili
movimenti anomali dei titoli delle principali banche popolari coinvolte nella manovra e prossime alla
trasformazione in spa
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Ad aprile riforma al test assemblee
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
E Assopopolari è pronta a bussare alla Consulta
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Fondazioni, ok all'autoriforma - Gli enti si sono impegnati a modificare i propri statuti per introdurre le
regole finalizzate a ridurre la concentrazione del patrimonio sulla banca e a migliorare la governance. Stop a
debiti e derivati
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Così ho vinto la mia sfida a Siena - Ha gestito i momenti più caldi della crisi e ha tagliato il cordone
ombelicale con la banca: la situazione era quasi compromessa ma era doveroso tirare fuori dalle secche uno
dei pochi motori del territorio
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Riservato alle strutture
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Anno XVI - 12/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
contenti che le autorità controllino tutto in maniera veloce e corretta», ha dichiarato ieri sera Serra all'agenzia
Ansa. «È andata perfettamente», ha concluso. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Ad aprile riforma al test assemblee
di Luca Gualtieri
Per migliaia di soci in tutta Italia sarà il mese caldo delle popolari. Tra sabato 11 e sabato 18 aprile si terranno
infatti le assemblee di bilancio delle principali banche cooperative, quelle coinvolte nel processo di
trasformazione in spa voluto dal governo Renzi. A Milano i soci della Bpm si riuniranno per dare il via libera
al bilancio 2014 e approvare la distribuzione del dividendo per la prima volta dal 2011.
Prima del blitz del governo era in programma anche un cospicuo pacchetto di riforme statutarie suggerito dalla
Banca d'Italia, ma il decreto Renzi-Padoan ha imposto una prudente battuta d'arresto. Anche perché la
popolare potrebbe procedere speditamente in direzione della spa, muovendosi subito dopo l'estate come la
maggior parte degli istituti quotati. I soci del Banco Popolare, invece, si daranno appuntamento a Novara dove,
in sede straordinaria, daranno luce verde a un primo pacchetto di modifiche statutarie. Come previsto dal
decreto sulle popolari, il numero di deleghe di voto salirà infatti da due a dieci (soglia minima prevista), mentre
la trasformazione in spa è rinviata alla seconda metà dell'anno. Alle assemblee del Banco e di Bpm si guarderà
anche per possibili annunci fuori programma sulle strategie dei due istituti. Da tempo, infatti, si rincorrono
rumor su una possibile integrazione sull'asse Milano-Verona che aprirebbe di fatto le danze del risiko bancario.
Ricca di sorprese potrebbe essere anche l'assemblea del Credito Valtellinese, che si terrà sempre sabato 11 a
Sondrio. All'ordine del giorno l'approvazione di un'importante modifica dello statuto: in caso di fusione per
incorporazione in un'altra società che non appartiene al gruppo, sarà necessario in seconda convocazione il
voto favorevole di un decimo dei soci con diritto di voto. Già nell'estate scorsa il dg Miro Fiordi, pur senza fare
nomi, aveva avanzato l'ipotesi di una fusione per la popolare valtellinese. Secondo i più, l'opzione numero uno
era un matrimonio con la Popolare di Sondrio, che però avrebbe preferito conservare l'indipendenza sotto
l'egida del presidente onorario Piero Melazzini. A questo punto il Creval avrebbe cominciato a guardarsi
intorno per aggregarsi a uno dei nascenti poli popolari. Nel frattempo la Popolare di Sondrio ha deciso di
attendere il sabato successivo, 18 aprile, per il tradizionale appuntamento con i soci.
La stessa data è stata scelta dalla Banca popolare dell'Emilia Romagna. L'istituto modenese presieduto dal
numero uno di Assopopolari, Ettore Caselli, sottoporrà ai soci una riforma statutaria che prevede lo
snellimento del board e il conferimento di maggiori poteri all'ad, Alessandro Vandelli. La kermesse di
assemblee sarà chiusa sabato 25 da Ubi, il principale istituto cooperativo italiano. Per i soci del gruppo
lombardo sarà un'assise meno calda delle ultime due, cioè quella del 2013 per il rinnovo dei vertici e quella del
2014 dedicata alle modifiche statutarie. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
E Assopopolari è pronta a bussare alla Consulta
di Luca Gualtieri e Luisa Leone
Le popolari si preparano alla battaglia legale sul decreto Renzi-Padoan che impone la trasformazione in spa
alle dieci principali banche cooperative italiane. Se la categoria si aspetta ormai pochi sconti dal governo, si
fanno sempre più probabili iniziative legali per difendere l'attuale modello di governance. Ieri in audizione al
Senato il vicepresidente di Assopopolari, Luigi Sartoni, ha ribadito che, anche dopo le modifiche approvate alla
Camera, il decreto resta a rischio di «ricorso davanti alla Corte Costituzionale». Nel testo del provvedimento
infatti «permangono criticità ed evidenti elementi di incostituzionalità, sia sotto il profilo formale sia di
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superiore a un terzo del totale dell'attivo (che dovrà essere valutato al fair value). Nella maggior parte dei casi
tale asset è rappresentato dalla partecipazione nella banca conferitaria. Molte fondazioni dovranno dunque
allentare la presa sugli istituti di credito. L'accordo prevede che chi dovrà vendere azioni di una banca quotata
avrà tre anni di tempo. Alle fondazioni il cui patrimonio è invece concentrato in misura superiore al 33% in
una banca non quotata è stato concesso un termine superiore e pari a 5 anni.
Vietato ricorrere al debito.
Anche per evitare che si ripetino situazioni simili a quelle che hanno portato al dissesto delle fondazioni Mps
e Carige , il protocollo prevede che gli enti non potranno più fare ricorso all'indebitamento per finanziare i
propri investimenti. È ammesso invece il ricorso al debito solo in presenza di temporanee e limitate esigenze
di liquidità. Quelle fondazioni che a oggi hanno un'esposizione debitoria dovranno predisporre un programma
di rientro su un arco temporale massimo di 5 anni.
Divieto a investire in derivati.
I contratti e gli strumenti finanziari derivati potranno essere utilizzati dalle fondazioni ma solo con finalità di
copertura oppure in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali.
Massimo due mandati per presidenti e consiglieri. La durata degli organi di gestione e di indirizzo delle
fondazioni sarà fissata in massimo di quattro anni. Tale disposizione non si applicherà però ai mandati in corso
attualmente, ma inizierà alla scadenza degli attuali organi di gestione e di indirizzo. Le cariche di presidente e
consigliere non potranno essere ricoperte per più di due mandati consecutivamente. Tuttavia il soggetto che
ha svolto due mandati consecutivi potrà essere nuovamente nominato dopo che siano trascorsi almeno tre
anni.
Limiti agli emolumenti. Il protocollo stabilisce anche la tutela della rappresentanza di genere all'interno degli
organi di governo e di indirizzo delle fondazioni, mentre per quanto riguarda gli emolumenti di presidenti e
consiglieri viene affermato il principio secondo cui questi dovranno essere commisurati all'entità del
patrimonio. In ogni caso, per le fondazioni con patrimonio superiore a un miliardo di euro, il compenso
annuale complessivamente corrisposto al presidente, a qualunque titolo, non potrà essere superiore ai 250
mila euro.
Stop alle porte girevoli tra fondazione, banca e politica.
Il protocollo prevede infine una discontinuità temporale, pari ad almeno un anno, tra gli incarichi politici e
amministrativi e la nomina in uno degli organi della fondazione. Lo stesso termine di un anno è previsto anche
per coloro che hanno ricoperto incarichi di amministrazione e controllo nella banca conferitaria. Inoltre la
fondazione, nell'esercitare i propri diritti di azionista della banca, non potrà designare o votare candidati che,
nei dodici mesi precedenti, hanno ricoperto incarichi presso la fondazione. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Così ho vinto la mia sfida a Siena - Ha gestito i momenti più caldi della crisi e ha tagliato il
cordone ombelicale con la banca: la situazione era quasi compromessa ma era doveroso
tirare fuori dalle secche uno dei pochi motori del territorio
di Claudio Gallone
«Dall'esperienza al Monte Paschi ho imparato molto, ma credo anche di aver dato un contributo da
imprenditore vero. Quello di cui l'ente aveva bisogno in quel momento era proprio un approccio
imprenditoriale». Così Antonella Mansi, vicepresidente di Confindustria con delega all'organizzazione,
racconta in un'intervista a Capital-La Sfida su Class Cnbc la sua avventura come presidente della Fondazione
Mps nei momenti più caldi della crisi della banca e di conseguenza anche dell'Ente, sepolto sotto una montagna
di debiti e chiamato a tagliare il cordone ombelicale che lo legava all'istituto per sopravvivere.
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Una testimonianza particolarmente interessante nel giorno della grande svolta per le Fondazioni di origine
bancaria (vedere altro articolo a pagina 4). «Ho affrontato questa sfida perché volevo salvare uno dei pochi
motori di sviluppo veri che il territorio in quel momento poteva vantare, purtroppo era un ente con una
situazione debitoria veramente molto complessa. L'ho fatto con spirito di servizio per il mio territorio, ma
consapevole che la situazione era quasi compromessa. Devo dire che non ho pensato molto al tema
reputazionale e, col senno di poi, credo di avere rischiato molto.
Domanda. Si immaginava un quadro così drammatico?
Risposta. No, nessuno di noi lo immaginava. Anche perché la Fondazione aveva alcuni vincoli di riservatezza
che non consentivano di leggere da fuori la realtà con cui avremmo dovuto fare in conti. Ma questo scenario
fosco non ci ha fatto desistere.
D. Da ex azionista di una banca, che cosa auspica per un settore che ancora si sta leccando le ferite ed è restio
a concedere credito?
R. La banche devono ritrovare la consapevolezza del valore delle loro azioni sull'economia reale. Di quanto
siano uno dei motori chiave dell'economia specie oggi, dopo otto anni di crisi che ha spazzato le imprese più
deboli ma mantenuto un tessuto manifatturiero sano capace di creare ricchezza. Le banche hanno colto questo
cambiamento, tentano di cambiare rotta, ma le fondamenta sono ancora apparentemente fragili e quindi sono
molto prudenti.
D. Quali sono le sfide che dovete affrontare in Confindustria? E con quali risorse?
R. La sfida più importante da cogliere è quella del cambiamento. Noi oggi governiamo un'associazione che ha
cento anni di vita e che non deve dimostrarli. Ha la possibilità di cambiare pelle alla stessa velocità con cui la
cambiano le nostre imprese. Mi rendo conto che è una sfida importante e complicata perché siamo tanti con
tantissime differenze in termini di volontà e di interessi. Dobbiamo essere bravi a trovare, attraverso il dialogo,
una sintesi di azioni capaci di mettere d'accordo le diverse anime. La globalizzazione ha cambiato tanto la
nostra base associativa ma ci sono tanti campioni che dobbiamo avere la capacità di valorizzare e
accompagnare nello sviluppo internazionale.
D. L'ingresso di Etihad in Alitalia segna un cambio di passo e può portare a notevoli sinergie industriale. Lei
siede nel cda di Alitalia. Qual è la grande sfida nel processo di internazionalizzazione che la compagnia deve
cogliere?
R. Alitalia è ancora un brand straordinario, ha un'identità molto forte ed è un biglietto da visita che porta in
giro per il mondo il nostro made in. La nostra sfida è dare lustro ancora una volta a questo brand a fronte di
un programma industriale estremamente sfidante che in tre anni deve riportare la compagnia a creare profitti
e ad essere un'eccellenza in questo settore.
D. Qual è la sfida della vostra generazione per rompere con il passato?
R. Abbiamo responsabilità molto importanti perché c'è un Paese da ricostruire. La mia generazione oggi forma
la classe dirigente e deve essere responsabile in un'ottica di visione unitaria, mettendoci la faccia. (riproduzione
riservata)
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MF-MILANO FINANZA giovedì 12 marzo 2015
Un terzo dell'attivo è un limite di partecipazione giusto
di Giuliano Segre*
Nel loro venticinquesimo anno di vita le Fondazioni di origine bancaria, quando avvertono le prime rughe,
quando ormai gli errori di gioventù li hanno commessi e li stanno scontando, quando peraltro hanno ormai
acquistato una matura consapevolezza sul da farsi e quindi possono pretendere che venga riconosciuto il loro
ruolo sussidiario nella società italiana, fanno una loro nuova remise en forme. Il Protocollo di intesa fra il
ministro vigilante e l'Associazione delle fondazioni è un atto che ha valenza politica e capacità organizzativa.
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IL SOLE 24 ORE giovedì 12 marzo 2015
Viola: non esiste l’ipotesi della nazionalizzazione
«Francamente non so di che cosa si stia parlando. L’ipotesi di nazionalizzazione mi sembra un esercizio di
immaginazione, non supportato da fondamenti tecnici». Cosi l'a.d. di Mps Fabrizio Viola, ha commentato ieri
le periodiche voci di mercato su un possibile intervento dello Stato nel capitale del Monte. «Come abbiamo
ampiamente illustrato - ha proseguito Viola -, la prevista operazione di aumento di capitale è finalizzata anche
a rimborsare i Monti Bond, integralmente e in anticipo rispetto alla scadenze. Per questo motivo parlare di
nazionalizzazione mi sembra fuori luogo». Come già ricordato poche settimane fa dal presidente di Mps
Alessandro Profumo in un’intervista a Il Sole 24 Ore («non c’è nessun salvataggio in corso, nè ce n’è bisogno,
c’è solo da onorare un contratto che prevedeva il pagamento allo Stato di una cedola in azioni»), anche Viola
ha ribadito che «la partecipazione che acquisirà il ministero del Tesoro, ai sensi del prospetto di emissione è
relativa solo al valore della quota interessi maturata sui Monti Bond e quindi, prevedibilmente, non sarà
considerata strategica». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE giovedì 12 marzo 2015
La Fed «boccia» Santander e Deutsche Bank
NEW YORK. Gli stress test «qualitativi» della Federal Reserve hanno dato il loro verdetto. Ed è severo,
soprattutto per due banche europee: sono state bocciate le divisioni statunitensi di Deutsche Bank e di Banco
Santander (quest’ultima per il secondo anno consecutivo), trovate con «ampie e sostanziali debolezze» nei
piani di capitale. Le controllate dei due istituti, accusate di carenze nel prevedere perdite e valutare rischi, non
potranno aumentare i dividendi versati alla casa madre e dovranno rivedere i loro progetti. Tra i colossi
statunitensi Bank of America ha ottenuto un’approvazione «condizionata» alla ripresentazione del piano di
remunerazione degli azionisti entro il terzo trimestre. E JP Morgan, Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno
strappato la promozione per il rotto della cuffia: hanno ridimensionato in extremis i loro piani. Le altre 25
grandi banche esaminate – cinque estere - hanno invece ricevuto senza drammi via libera a progetti di
dividendi o buyback.? © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Valsania
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IL SOLE 24 ORE giovedì 12 marzo 2015
Bankitalia: avanti con l’Unione bancaria
Roma.«L’Unione bancaria europea non deve essere vista dai mercati come una creatura, fragile , zoppa solo
perchè non tutte le gambe sono state già attivate. L’obiettivo dell’Unione bancaria non è mancato, anzi va
avanti: quello che si è ottenuto sinora certamente non è l’ottimo, per lo meno in rapporto alle posizioni
sostenute dall’Italia, ma è molto». Tocca al direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, mettere in
evidenza i numerosi aspetti positivi del percorso sinora compiuto in Europa, senza tacere sulle difficoltà del
percorso. L’occasione è un convegno Abi. Rossi afferma che «il meccanismo di supervisione unica da cui si è
iniziato - è un valore in sè e Bankitalia lo ha sostenuto sin dall’inizio e siamo convinti che dobbiamo costruire
davvero una casa comune». Secondo il numero due di via Nazionale «il meccanismo di vigilanza va sfruttato;
dobbiamo andare avanti nell’omogeneizzazione delle pratiche di supervisione verso quelle migliori, dobbiamo
far sì che operi davvero come un sistema europeo, abbiamo ottenuto dei risultati e li possiamo consolidare».
Rossi si è soffermato anche sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, spiegando che il negoziato
europeo ha prodotto un risultato di compromesso, rispetto alla posizione italiana iniziale. Per il Fondo si è
deciso infatti di mutualizzare solo le risorse dei privati e solo gradualmente, arrivando alla costituzione di un
single resolution fund che attualmente è stimato in circa 55 miliardi. Tuttavia, il dirigente di Bankitalia ha
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Anno XVI - 12/03/2015
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LA VOCE.INFO 10 3 2015
La privacy dei lavoratori nell’era social
Francesco Bacchini 10.03.15
Il Jobs act prevede la revisione della disciplina dei controlli a distanza sui lavoratori. La riforma è necessaria
perché dall’approvazione dello statuto dei lavoratori la tecnologia è profondamente cambiata. Ma il compito
non è semplice: manca una disciplina specifica e unitaria della materia.
LA RIFORMA DEI CONTROLLI NEL JOBS ACT
Nella delega attribuita al governo per il riordino dei contratti di lavoro (il Jobs act, legge 183/2014), all’articolo
1, comma 7, c’è «la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro»
da attuarsi, alla luce dell’evoluzione tecnologica, rendendo compatibili «le esigenze produttive e organizzative
dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza dei lavoratori».
Oggi qualsiasi azienda, di qualsiasi dimensione, e perfino le persone fisiche possono usufruire di programmi
informatici a basso costo (quando non addirittura gratuiti come Google Analytics) che consentono di
monitorare il traffico da e verso i propri server, i propri siti e le proprie pagine internet (comprese quelle sui
social network e sulle app di messaggistica anche su dispositivi mobili, smartphone e tablet) con un livello di
dettaglio che arriva all’identificazione fisica delle controparti in rete e alla loro profilazione: non solo chi sono
– cioè la loro identità – ma anche la definizione precisa e automatica della loro attività, eventualmente delle
classi di fatturato e perfino come interagiscono con i siti e le pagine visitate. Tutto ciò però rende molto
problematico e in qualche caso anche illogico il rispetto della legge in tema di controllo sui lavoratori.
L’ASIMMETRIA TRA TECNOLOGIA E LEGGE
Di che cosa stiamo parlando? Oggi un’azienda può facilmente monitorare tutto il traffico in entrata e in uscita
da e per i suoi server e i suoi siti. Se però il monitoraggio “toccasse” le attività dei dipendenti, ciò risulterebbe
automaticamente illegittimo ai sensi degli articoli 4 (che statuisce il divieto di controlli a distanza) e 8 (che
statuisce il divieto di indagine sulle opinioni personali) dello statuto dei lavoratori, integrati dalle regole del
codice della privacy (decreto legislativo n. 196/2003) nella parte dove disciplina gli obblighi di trattamento dei
dati personali necessari alla gestione del rapporto di lavoro.
La legislazione vigente esplicita il divieto di utilizzare «impianti audiovisivi e altre apparecchiature per finalità
di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori» a cui sono assimilati anche i programmi che rendono
possibile il monitoraggio della posta elettronica e degli accessi internet aziendali, utilizzati tanto a scopo
professionale che personale, perché consentono al datore di lavoro di esercitare «una sorveglianza remota e
continuativa nei confronti dei dipendenti, verificando diligenza e correttezza nell’adempimento delle
mansioni».
Il divieto riguarda anche il caso dei cosiddetti controlli difensivi, ossia quelli diretti ad accertare comportamenti
illeciti dei lavoratori, con il limite, tuttavia, che abbiano per oggetto «l’esatto adempimento delle obbligazioni
discendenti dal rapporto di lavoro, e non la tutela di beni estranei al rapporto stesso»: così ci dice la
giurisprudenza in almeno un paio di sentenze recenti (Cassazione sezione civile 1 ottobre 2012, n. 16622 e 23
febbraio 2012, n. 2722). Dunque, il sospetto sabotatore sembrerebbe essere “profilabile” (il condizionale è
d’obbligo), il sospetto fannullone no: come si vede i confini delle possibili applicazioni sono molto labili e
complessi. Verrebbe quasi da dire che in realtà la liceità di certi comportamenti da parte dell’azienda è
identificabile quasi esclusivamente ex post: se il lavoratore “profilato” si rivela un sabotatore sì, se si rivela solo
un fannullone, no.
È evidente che lo scopo che si prefigge la delega contenuta nel Jobs act non può prescindere da una riforma
dello statuto dei lavoratori e del codice della privacy che proibiscono «i controlli datoriali in forma occulta, non
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Anno XVI - 12/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
essendo individuabili dal lavoratore che risulterà così destinatario di una verifica a distanza avente unicamente
ad oggetto l’attività lavorativa».
MANCANO LE LINEE GUIDA
Ora, il Jobs act dovrebbe attuare «la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli
strumenti di lavoro» alla luce dell’evoluzione tecnologica, rendendo compatibili «le esigenze produttive e
organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza dei lavoratori».
Dunque sembra che, almeno da parte del legislatore, la percezione dell’asimmetria cominci a farsi strada.
È una strada, però, che si preannuncia particolarmente accidentata perché al di là della funzione interpretativa
svolta dalla giurisprudenza, manca del tutto una disciplina specifica e unitaria della materia. Anche a livello
europeo, malgrado la discussione (a tratti molto vivace, in particolare dopo gli attentati di Parigi) che va avanti
dal 2012 sulla revisione della direttiva sulla protezione dei dati personali (la 46 del 1995, rivista nel 2010 con
il Memo 542), è difficile trovare linee guida certe.
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ADVISOR ON LINE 11/03/2015
Il lato rosa del Private Banking
di Redazione Advisor
L'universo femminile è un target molto interessante per il segmento Private: negli anni, i guadagni
delle donne sono aumentati in modo considerevole, sono state in grado di accumulare ricchezza e di
gestirla con ottima progettualità. Hanno dimostrato talento
nell'amministrare il patrimonio della famiglia, risparmiando sempre,
anche durante la crisi economica. Ma secondo un'analisi dell'ufficio studi
di Aipb, le clienti hanno un approccio differente alla finanza e agli
invesitmenti rispetto al mondo maschile.
Infatti, partendo da una distribuzione molto simile a quello degli uomini
tra patrimonio reale, finanziario e immobiliare, le donne in media si
avvalgono di meno istituti finanziari: quali la metà (48%) fa
riferimento a un solo intermediario (è il 38,4% tra gli uomini), cui affida il 68% della propria
ricchezza (è il 65% nel campione maschile). Secondo l'Aipb, le donne sono meno propense al
rischio, hanno un orizzonte temporale d'investimento più lungo, con obiettivi progettuali chiari.
Come gli uomini in genere non concedono deleghe in bianco e vogliono essere coinvolte nelle
decisioni d'investimento ma sono più disposte a un confronto con il consulente: se il 38% dei
clienti di sesso maschile preferisce decidere in piena autonomia, è solo il 15% tra le donne e il restante
85% mette in atto forme di delega più o meno ampie: il 50,4% valuta le proposte del proprio
referente prima di prendere qualsiasi decisione, il 23,7% si affida prevalentemente al proprio banker
e il 10,4% si limita a dare indicazioni di massima, affidandosi esclusivamente a lui per le decisioni di
investimento.
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