N° 186 FATIGUE E CARICO ASSISTENZIALE DEI FAMILIARI/CAREGIVERS NELLE CURE DI FINE VITA Tiziana Tartaglia1, Rodolfo Cangiano2, Angela Marmora3 , Vittorio Simeon4 , Alessandro Lettini5 e Pasquale Di Leo1. 1) UOD Cure Palliative, Dipartimento di Oncoematologia, IRCCS-CROB, (Rionero in Vulture) (PZ) 2) UOC Oncologia Medica, Dipartimento di Oncoematologia, IRCCS-CROB, (Rionero in Vulture) (PZ) 3) Centro di Riabilitazione Alcologica, Azienda Sanitaria Locale di Potenza, (Chiaromonte) (PZ) 4) Laboratory of Preclinical and Translation Research, IRCCS-CROB (Rionero in Vulture) (PZ) 5) Psicologia Clinica, Direzione Sanitaria di Presidio, IRCCS-CROB, (Rionero in Vulture) (PZ) Introduzione: Tra gli obiettivi delle Cure Palliative non c'è solo l'attenzione al paziente ed ai suoi bisogni, ma un ruolo è riservato anche alla famiglia ed in particolare al caregiver informale. Quest'ultimo è identificato come il familiare più coinvolto nel prestare assistenza al malato, sia nel setting domiciliare che in quello residenziale. Spesso però, il caregiver non è preparato ad un simile incarico e l'esperienza di assistenza che vive, comporta ripercussioni non solo a livello emotivo, ma anche socio economico, arrivando a rivoluzionare l'intera esistenza del familiare stesso. L'assistenza ad un malato terminale interferisce con gli aspetti della vita quotidiana, inficia la qualità della vita nella sua accezione multidimensionale e coinvolge la sfera fisica, psicologica, sociale, lavorativa e finanziaria. Questo studio intende valutare la fatigue percepita, la qualità di vita e il sovraccarico assistenziale (burden) dei familiari che prestano assistenza a pazienti in fase terminale. L'obiettivo è individuare i soggetti più a rischio di distress fisico ed emotivo che necessitino prioritariamente rispetto ad altri, di un supporto psicologico. Metodi: Lo studio è stato condotto presso la struttura di Hospice/Cure Palliative dell'IRCCS-CROB di Rionero in Vulture, sono stati arruolati i primi 50 caregivers consecutivi che hanno avuto accesso al centro e che hanno accettato di partecipare. Alla popolazione in studio sono stati somministrati 3 questionari e un’intervista semistrutturata per analizzare la fatigue, la qualità di vita e il sovraccarico assistenziale,: il FACIT (Functional Assesment of Chronic Ilness Therapy- Fatigue), l’FS-12 (Short Form Health Survey- 12 item), l’FSQ (Family Strain Questionnaire) e l’intervista semistrutturata dell’FSQ. Questi strumenti sono validati, ma non esiste in letteratura uno studio che li confronti tra loro e che confermi che la popolazione considerata a rischio per uno strumento lo sia anche per gli altri due. Risultati: Nonostante la popolazione si riferisca a soggetti ricoverati in Hospice, in cui il peso dell'assistenza sensu strictu per il caregiver è minimo, risulta che ben l'88% del campione presenti una fatigue severa e ciò è a carico maggiormente dei familiari di sesso femminile. Altri fattori demografici e psicosociali che predispongono a tale situazione sono la giovane età, l'assenza di attività remunerativa e l'assenza di un rapporto di coppia. In particolare, al diminuire dell’età sia la fatigue, che il sovraccarico assistenziale psicologico (emotional burden) hanno un valore più severo. Tale dato viene confermato anche se la “giovane” età non viene considerata in maniera assoluta, ma relativa al congiunto assistito: l'essere “figli” , come avere un gap di età elevato aumenta il rischio di sovraccarico emozionale e la possibilità di affrontare la morte del proprio congiunto con inadeguate risorse psicologiche e sociali. Dall’analisi dei dati che riguarda la qualità di vita, il dato interessante è che l’indice di benessere fisico (ottenuto da uno dei tre strumenti) sia decisamente migliore rispetto a quello psicologico. Il caregiver tende ad esaurire più precocemente le proprie risorse psicologiche rispetto a quelle fisiche. Ciò conferma che l'ambiente di ricovero in Hospice, rispetto al setting domiciliare, potrebbe causare un precoce esaurimento delle risorse psicologiche rispetto a quelle fisiche, sia nella popolazione giovane che in quella adulta o con gap di età meno ampio. Da qui l’esigenza primaria di un intervento psicologico, finalizzato alla gestione del carico emotivo a cui il caregiver è esposto. Conclusioni: Con i limiti della numerosità del campione, l'analisi statistica di interpolazione dei tre strumenti evidenza alcuni dati che possono sembrare ovvi, ma che rappresentano anche un reale spaccato della società attuale, intesa sia come distribuzione familiare del carico assistenziale sia di individuazione di categorie a rischio per fatigue e sovraccarico. In conclusione, la popolazione giovane, di sesso femminile e lavorativamente parlando inoccupata caratterizza i soggetti più a rischio di emotional burden e di fatigue. Mentre i caregivers che hanno maggiori “risorse” sia psicologiche che economiche, come i lavoratori con reddito fisso, chi ha una propria famiglia appare più protetto. I soggetti a rischio sono proprio quelli che nell'attuale organizzazione sociale delle nostre comunità sono più spesso chiamati ad assistere i propri congiunti. E' quindi necessario individuare specifici programmi di supporto psicologico e psicosociale per questa popolazione.
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