ìr-. LôqhI J-"?, RONCORON " Testo di CARLO gTJ MARCO RU BAGOTT l9 j 1ì UN'EMOZIONANTE IMMERSION E A 115 METRr Dl PROFONDITÀ AL BOGN D¡ R|VA Dt SOLTO, SULL'ISEO ï. . .t ':, oflEARDtÀ à 9 .* { I Étûl Caccíatorí aretí: I ar 'J- Qui Io collocozíone del Lago d'lseo e, accanto quella del punto in cui è stata . fatta I'îmmersíone, íl Bogn dí Riva dí 5olto. Nelle foto, la rípída parete. ¿1, I l, 1",). 't 't f t' 'i, ã I Ë' \ I Y I -+ I 'r I . å,r r! t s plofonda che nel b u o Figurateví un muro dí píetra,líscío come il vetro, che sprofonda senza nemmeno un app¡gl¡o sotto Ia superfrcie dí acqua dolce e, alla luce delle lampade, víene inghíottito dal nero dell'abisso, Ce n'è abbostanzo ds stuzzícar e I a cur¡os¡tà dell' H undred TrímixTeom, i cui component¡ sono andati ø vedere dove quel muro finisce. II rocconto in presd diretta della difficile discesa e Ie míscele usate ,'. :-., ì:I ì' ,,{ tl tl : .\ 7* ROüAC¡V4 LIA ¡l a \ ï C û r|utti veri appassionati di pareti verticali che dalla superficie I precipitano dritte negli abissi, I ¡ mare o lago che sia, questa volta ta\ q a a t .t -a siamo capitati in un posto assolutamen- ì. I \ te particolare, addirittura unico nel suo genere. Già da tempo noi dell'Hundred Trimix Team avevamo avuto qualche t :¡. ':. I t I i I ¡l I ) informazione su un muro perfettamente verticale e liscio che, dalle nostre parti, in quel di Bergamo, scende molto profondo perdendosi nel buio. E noi, che d¡ tuffi del genere ne abbiamo fattitanti, stentavamo un po'a crederci. lnvece chi ce ne aveva parlato, I'amico Simone, aveva ragione. Quel muro esisteva e si trovava nella parte settentrionale del Lago d'lseo, sulla sponda occidentale, nel comune di Riva di Solto. Superato di poco il centro abitato, ci siamo ritrovati in un ambiente straordinariamente selvaggio e particolare chiamato ll Bogn di Riva di Solto. E'stato interessante scoprire un po'la morfologia di questo lago, anche per cercare di capire, prima di andare in acqua, il perché di certe profondità in bacini tutto sommato abbastanza piccoli. ll Lago d'lseo, o Sebino, si inserisce tra le province di Brescia e di Bergamo, occupa un solco prealpino che è, in pratica, la continuazione della Valcamonica ed è alimentato dalfiume Oglio, principale immissario ed emissario. ln ordine digrandezza è il quarto lago prealpino e il sesto tra tutti i laghi italiani. Si trova a centottantacinque metri sul Ii- vello del mare e ha una profondità massima di duecentocinquantuno metri. Un abissol Stupefacente è leggere nel dettaglio la mappa delle batimetriche preparata dal professor Marco Pilotti dell'Università di Brescia, dove, con estrema cura e precisione, sono riportati innumerevoli particolari del fondo del lago. L'origine del Sebino è legata all'azione gla- LdS$ TaÚr ll secondo tuffo lo abbiamo effettuato, invece, con miscele triii*ixî'frïNi presieduta dal simpatico Fabio Carrara, che ha assistito Marco Rubagotti nelle riprese video -fotografiche. Per quanto r¡guarda le miscele abbiamo usato un trimix normossico r8/3o in un bibombola dieci più dieci e per la decompressione una Ean 40 e ossigeno puro. La profondità massima che volevamo raggiungere era di sessanta metri. Prima sarebbero scesi gli operatori video e poi noi dell'Hundred Trimix Team: oltre a me, c'erano lvan Rolli, Sergio Berlendis, Cianni Bolis e Gerry Grande. Lo spettacolo che si è presentato ai nostri occhi si è rivelato veramente grandioso. Marco, con i due potent¡ illuminatori da cinquemila lumen ciascuno della sua video camera, illuminava la parete a giorno mentre noi scendevamo lungo di essa pavoneg- giandoci come star del cinema. L'eftetto scenico era fantastico perché l'acqua già a trenta metri era molto limpida. Nei laghi, d'estate, è così: più torbida in superficie, dove la temperatura è maggiore, più pulita in profondità. ll muro di roccia è esattamente verticale e liscio come la parete di un grattacielo. A parte qualche lieve screpolatura causata presumibilmente daltempo che passa, non ha né tagli, né canaloni, né protuberanze di alcun genere. È liscia, punto. Non ci si può neppure attaccare per fermarsi un attimo e, a ben vedere, la cosa mette una certa apprensione: se un sub avesse un proble- trimix ipossiche perché volevamo scendere più giù. Un bibo dodici più dodici contenente un trimix 10/60 per il fondo, una stage Sgo da undici litri con un trimix zo/25 e una Ean 4o puro a sei metri per la risalita e e ossigeno la ma di assetto dovrebbe contare esclusivamente sulle proprie risorse, o su quelle dei compagni. Così com'è fuori dall'acqua, allo stesso modo prosegue sotto. Se in larghezza il lastrone di pietra può superare iventi metri, in profondità lo abbiamo visto scomparire nel buio, senza una piega, ben oltre isettanta metri. Prima Ímmersione: idati tecníci decompressione. Abbiamo usato la profondità come mezzo e non come fine. Non volevamo scendere nel profondo e basta, tanto per far funzionare il profondimetro del computer, volevamo scendere nel profondo pervedere con i nostri occhiquello che la carta nautica dell,ingegner Pilotti mostrava, cioè l'incredibile continuità del lastrone di roccia liscia fin nell'abisso, Nuotando in superficie per raggiungere il punto esatto d'immersione, ci si accorge addirittura che si tocca. Volendo, le pinne possono appoggiare tranquillamente sulla cigliata, proprio a soli tre metri da dove, poi, con una sola sgambata all'esterno, si piomba senza alcuno sforzo in verticale a profondità inimmaginabili per un subacqueo. lvan Rolli e io, dopo aver lasciato il team di assistenza in superficie, siamo piombati giù, fino a centoquindici metri, come avevamo previsto, velocissimi. È stata puntata in profondità seguita da una risalita immediata. Ci bastava questo: vedere come fosse la conformazione della parete dalla superficie alla massima quota che potevamo raggiungere. Sul lago, tra I'altro, non è come essere su una secca al mare. L'immersione te la gusti dal primo minuto fino all,ultimo, senza i tempi morti della discesa in acqua libera, dove non vedi niente. E anche la lunga deco è itinerante, non te ne stai appeso a una cima per decine di minuti, o addirittura per ore, e vedi sempre gualche cosa di nuovo, o di interessante. AIla fine abbiamo verificato che il lastrone liscio non continuava così sino alla fine, ma la classica che si interrompeva a circa novantacinque metri con un piccolo balcone e che poi riprendeva a scendere. Arrivati alla nostra massima profondità, abbiamo illuminato con le torce sotto di noi e abbiamo visto che la verticalità della roccia riprendeva, ancora liscia e senza appigli. Nell,oscurità assoluta, era una lama che tagliava il buio. Davvero impressionantel La stessa sensazione di disagio che avevo avvertito nel primo tuffo, mi ha accompagnato anche nel secondo fino alle tappe deco, perché, se ce ne fosse stato bisogno, sarebbe stato impossibile aggrapparsi alla parete per avere un sostegno. Cosa ancora più inquietante della prima volta in considerazione della maggiore profondità a cui eravamo scesi. Ma tutto è andato bene e quando, tenendo la parete a destra per tornare a casa, abbiamo raggiunto la roccia normale, con isoliti gradonie le sporgenze che si trovano dappertutto, abbiamo tirato un sospirone e abbiamo sentito la tensione accumulata che se ne andava. Seconda Ímmersione: i dati tecnÍci Lqbk Cæ456¡b tS¡¡qF: -l CôrpÆWARGdkTm l{þtu-húS-am - AF Ëã tfu f;- IEr lqm ¡ Cíqta2æiC lS¡q'E ËÊ- -l KM-WA¡EC*TM ril rii æ, ds-æ - o J \ \ \\ I \1,r.,, l'tl,,l1 t ìutln lttl¡rt,t - I n¡,r,tt Jtdt Stt,lt,ù ltn.,,t¿ E I ."^i I ( J_ -ilililo i-f â C.R.
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