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TOMOGRAFIA SISMICA MARINA MULTICANALE AD ALTA RISOLUZIONE: ESEMPIO
DI APPLICAZIONE PRESSO IL “PORTICCIOLO DELLA TONNARA”, CAPO GRANITOLA
(TP).
A cura di:
M. Punzo , V. Di Fiore , G. Cavuoto , D. Tarallo1, N. Pelosi1, G. Tranchida2, S. Mazzola1,2
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IAMC - CNR (Istituto per l'Ambiente Marino Costiero, Napoli)
IAMC - CNR (Istituto per l'Ambiente Marino Costiero, Capo Granitola)
Introduzione
Le zone di transizione marino-costiere, le aree alluvionali o vulcaniche sono generalmente
caratterizzate dalla presenza di terreni sciolti e forti variazioni geometriche latero-verticali, che si
ripercuotono sul campo di velocità del sottosuolo in questi casi estremamente variabile.
La tomografia sismica multicanale a rifrazione è una tecnica di prospezione sismica che permette di
definire un modello bi-dimensionale del sottosuolo, grazie l’individuazione delle anomalie di
velocità di propagazione delle onde sismiche. Questa metodologia possiede un potere risolutivo
nettamente superiore agli altri metodi convenzionali a rifrazione (es: Metodo Reciproco
Generalizzato (GRM), metodo del tempo di ritardo (delay time), metodo del tempo intercetto), i
quali si basano su un modello di sottosuolo costituito da strati regolari e con proprietà elastiche
costanti, e che di conseguenza risultano inadeguati quando si è in presenza di forti variazioni laterali
della velocità o inversioni di velocità con l’aumentare della profondità, cioè in presenza di
situazioni geologicamente complesse.
Il metodo sismico multicanale a rifrazione, grazie alla sua versatilità, è uno dei metodi geofisici più
comunemente utilizzati per l’esplorazione del sottosuolo. Tale tecnica permette, infatti, di
ricostruire in maniera dettagliata le morfologie sepolte e definire la presenza di eventuali
discontinuità in sottosuolo (faglie, fratture). La tomografia sismica viene ampiamente adoperata a
terra a scopi ingegneristici; invece in mare ha un'applicazione limitata, in particolare nelle zone
costiere e di transizione come porti, lagune e baie. Recentemente, è stato dimostrato che le indagini
sismiche a rifrazione in ambiente marino superficiale, possono fornire contributi importanti per la
caratterizzazione degli strati del sottosuolo in termini di spessore e di velocità delle onde
compressive VP (Whiteley&Stewart, 2008). La velocità delle onde P, infatti, è legata alla rigidità
dei materiali e costituisce, quindi, un parametro importante per individuare il bedrock sismico ed i
rapporti stratigrafici tra questo ed i sedimenti di copertura. La ricostruzione accurata del tetto della
morfologia del bedrock sismico e quindi la valutazione della variazione degli spessori delle unità
più superficiali è indispensabile nei progetti inerenti lo sviluppo di un’area portuale come ad
esempio la costruzione di ponti o banchine e soprattutto nella stima degli interventi di dragaggio e
ripascimento (MacGergor et al., 1994, Young Ho Cha et al., 2003).
Al fine di dimensionare un intervento di dragaggio da eseguirsi nello specchio d’acqua del
“Porticciolo della Tonnara” di Capo Granitola, a Campobello di Mazara (TP), l’Istituto per
l’Ambiente Marino Costiero del CNR di Napoli ha eseguito un test di sismica marina multicanale a
rifrazione. Sono stati realizzati 4 profili sismici, di cui tre seriati e paralleli alla costa ed incrociati
da un quarto profilo, al fine di ottenere dati di tomografia sismica da elaborare mediante tecniche
2D e 3D.
L’indagine ha interessato la fascia batimetrica compresa tra -1 e -3 metri e ha previsto il
posizionamento di un cavo idrofonico d’acquisizione (bay-cable) direttamente sul fondale del
porticciolo allo scopo di elaborare modelli di velocità bidimensionale delle onde P ed S.
La sperimentazione di tale tecnica ha consentito di dedurre utili informazioni dei depositi marini
antichi e recenti, sia in termini di geometrie che di caratteristiche elastiche.
Assetto geologico e geomorfologico
Il Porticciolo della Tonnara è ubicato nella parte sud-occidentale della Sicilia, nel settore costiero a
sud di Mazara del Vallo compreso fra l’abitato di Torretta Granitola e il capo Granitola. Le litologie
affioranti nel territorio a sud di Mazara del Vallo sono costituiti prevalentemente da sedimenti
marini di tipo calcarenitico, ben stratificati e disposti a monoclinale e immergenti di pochi gradi
(5°-10°) verso SW, conosciuti in letteratura come “Calcareniti di Marsala”.
Questa successione, datata al tardo Pleistocene inferiore, poggia trasgressivamente su di un
basamento di depositi più antichi (di età variabile dal Miocene superiore al Pliocene inferiore),
affioranti esclusivamente a NW di Mazara del Vallo sulle ripe del fiume Delia (Fig. 1).
Dal punto di vista tessiturale, i depositi calcarenitici sono caratterizzati dalla presenza di abbondanti
bioclasti (Ostree, Pecten, Gasteropodi) e rari livelli argilloso-sabbiosi di spessore decimetrico.
Localmente sono ricoperti da pochi metri di depositi superficiali, costituiti prevalentemente da
sabbie di spiaggia recente o da luoghi fossilizzati da una debole copertura eluvio-colluviale
pedogenizzata con dispersi frammenti di calcareniti, scarsamente coesiva di colore rossastro
(Ruggieri et al., 1977, D’Angelo & Vernuccio, 1992, 1994).
Dal punto di vista geomorfologico, il settore in cui ricade l’area in studio è caratterizzato da un
esteso tavolato costiero debolmente inclinato verso mare che risulta bruscamente interrotto, in
corrispondenza della linea di costa, da tratti di falesia generalmente acclivi ed elevati di pochi metri
(circa 3-10 m) sul livello del mare. La linea di costa si sviluppa in senso NW-SE con un suo profilo
di erosione pressoché rettilineo con modesto sviluppo di spiagge sabbiose e ciottolose.
Questo implica una generale bassa sinuosità della linea di costa fino all’abitato di Torretta
Granitola, dove l’andamento della linea di costa è molto più articolato dal succedersi di piccole
baie, spiagge di fondo baia (pocket beach) e promontori isorientati impostatesi, generalmente, lungo
le linee principali di fratturazione (circa NW-SE e NE-SW) del banco roccioso che è interessato da
cavità, crolli e a luoghi presenta anche aree e segni di intensa attività estrattiva. Infatti, nonostante le
Calcareniti di Marsala abbiano caratteristiche di ridotta resistenza, per l’elevato rapporto
resistenza/peso dell’unità di volume e per la ridotta conducibilità termica, sono state nel passato e
recentemente utilizzate come materiale da costruzione.
Strumentazione
La strumentazione utilizzata per l’acquisizione del profilo sismico si compone in 4 unità principali:
a) unità d’acquisizione dati, b) sistema di trasduzione, c) unità di immagazzinamento dati e d)
sistema di energizzazione.
Il sistema di acquisizione dati (a) è costituito da sismografi modulari GEODE della Geometrics da
24 canali; il sistema di trasduzione (b) è costituito da tre cavi sismici marini (bay cable) da 24 canali
equipaggiato con idrofoni frequenza naturale d'oscillazione di 10 Hz; il sistema
d’immagazzinamento dati (c) è rappresentato da un PC che, collegato tramite rete locale Ethernet ai
Geodi, svolge il compito di archiviare i dati digitalizzati provenienti dai Geodi, di gestire i
parametri d’acquisizione e di valutare interattivamente la qualità dei dati acquisiti; il sistema di
energizzazione (d) è costituito da una sorgente sismica marina Watergun SODERA Modello S-15 di
0.24 l. di volume.
La sorgente, costituita da due camere ed alimentata da bombole ad aria compressa, immette energia
in mare attraverso una prima fase di espulsione dell’acqua dalla camera inferiore ed una successiva
implosione con conseguente generazione dell’impulso acustico.
E’ stata utilizzata una piccola imbarcazione come supporto della sorgente e di aiuto nella fase di
stendimento dei cavi, mentre la strumentazione di registrazione è stata collocata a riva. Gli idrofoni
sono stati allineati sul fondale grazie all’utilizzo di una “linea di fede”, utilizzando una fune tesa fra
le due sponde del porticciolo. Dato che il sistema di acquisizione e quello di energizzazione sono
stati installati su due siti differenti, il sistema di trigger ha avuto luogo attraverso una trasmissione
radio. In corrispondenza di ciascun punto di scoppio, la camera del Watergun è stata riempita alla
pressione di 100 bar.
Durante l’indagine sono state impiegate tre squadre; una ha operato alla stazione di controllo alla
quale viene inviato l’input per lo shot e in cui si controllano e si registrano i dati ricevuti; un’altra
ha agito sull’imbarcazione per la gestione dell’energizzazione e del posizionamento sul punto di
scoppio; la terza (subacquea) ha curato il corretto allineamento ed accoppiamento del cavo
idrofonico col fondale.
Geometria d’acquisizione
La geometria d’acquisizione per i profili 1, 2 e 3 ha previsto l’impiego di un unico stendimento di
24 idrofoni; per questi tre profili sono state svolte sia energizzazioni esterne allo stendimento
idrofonico regolarmente spaziate ogni 2,5 m che energizzazioni interne alla stesa idrofonica. Per
l’acquisizione della linea n. 4, invece, i tre cavi idrofonici sono stati uniti in modo tale da realizzare
un'unica linea idrofonica da 67 canali complessivi e sono state realizzate energizzazioni ogni 5
metri (Fig. 2).
Di seguito si riporta una tabella nella quale sono specificate i principali parametri d’acquisizione
delle linee sismiche acquisite.
Lunghezza
Sorgente
Pressione d’esercizio
Distanza idrofonica
Spaziatura Sorgenti
Numero Energizzazioni
Numero Canali
Massimo Offset
Finestra temporale
Campionamento temporale
Linea 1
70 m
Watergun S-15
100 bar
2.5 m
Variabile
13
24 – 10 Hz
70 m
2 sec
0.5 ms
Linea 2
85 m
Watergun S-15
100 bar
2.5 m
Variabile
22
24 – 10 Hz
85 m
2 sec
0.5 ms
Linea 3
67.5 m
Watergun S-15
100 bar
2.5 m
Variabile
24
24 – 10 Hz
90 m
2 sec
0.5 ms
Linea 4
167.5
Watergun S-15
100 bar
2.5 m
5m
35
67 – 10 Hz
167 m
2 sec
0.5 ms
La geometria d’acquisizione utilizzata, consentendo un fitto campionamento spaziale e temporale in
un ampio intervallo di offset, ha permesso una ricostruzione di dettaglio delle geometrie del
bedrock sismico e dell’accumulo di sedimenti di copertura all’interno dell’area indagata. Gli
idrofoni sono adagiati sul fondo del mare ad una profondità che varia da 1 metro a 2.8 metri. Le
energizzazioni sono state eseguite ad una profondità di 0.5 metri dalla superficie del mare.
Metodologia
La prima fase dell’elaborazione a rifrazione è stata la lettura dei tempi relativi alle onde dirette e
rifratte. La lettura dei tempi di primo arrivo è stata eseguita su tutte le tracce dei profili sismici
acquisiti. Il controllo sulla qualità delle letture è stato ottenuto graficando i primi arrivi in funzione
della posizione sul terreno (dromocrone) ed utilizzando le regole di parallelismo e reciprocità
descritte da Ackerman (1986). Le letture delle fasi dirette e rifratte, dopo essere state accuratamente
verificate, sono state poi invertite sulla base di un modello iniziale di velocità 1D che viene
discretizzato in piccole celle a velocità o gradiente costante. La stima iniziale delle velocità del
sottosuolo è stata ottenuta mediante le procedure tradizionali di analisi di rifrazione (e.g. Burger,
1992). La dimensione delle celle della maglia e, di conseguenza, la risoluzione del modello di
velocità dipende dalla geometria di acquisizione (numero di energizzazioni e numero di ricevitori) e
dalla copertura del raggio. Maggiore è il numero di raggi che si incrociano maggiore è la probabilità
di ottenere una soluzione stabile. Poiché la copertura del raggio diminuisce con l’aumentare della
profondità, anche la significatività del modello di velocità diminuisce con la profondità (Stefani,
1995). Generalmente, la massima profondità che può essere investigata dal metodo tomografico è
pari a 1/3 – 1/4 della lunghezza del profilo. Il modello di velocità iniziale viene iterativamente
corretto per determinare la migliore distribuzione velocità sulla base del confronto tra i tempi di
arrivo misurati e quelli teorici basati sul modello di velocità “a priori” del sottosuolo. Tramite il
modello di velocità in ingresso, vengono creati i tempi di arrivo teorici per ciascuna coppia
sorgente-geofono via raytracing. Il programma d’inversione utilizzato per ottenere il tomogramma
si basa su un algoritmo il cui scopo è di ricavare il tempo minimo di percorrenza dei raggi tra
sorgente e ricevitore per ogni coppia sorgente-ricevitore, attraverso il calcolo del percorso dei raggi
e della lentezza (slowness). Essendo entrambe le variabili incognite il problema è sottovincolato;
l’algoritmo, procedendo in maniera iterativa non-lineare con il metodo dei minimi quadrati (Scales,
1987), utilizza lo scarto tra il tempo misurato e quello calcolato per modificare le velocità nelle
celle interessate dal raytracing finché l’errore RMS (Root-Mean Square) relativo alla differenza tra i
tempi di percorso osservati e calcolati viene minimizzato.
Il risultato è una immagine bidimensionale che mostra la distribuzione delle velocità sismiche del
sottosuolo.
I modelli tomografici sono stati, inoltre, verificati eseguendo alcuni test sintetici (checkerboard,
restore resolution test) utilizzando la metodologia descritta in (Zelt, 1998) e (Zelt et al., 2006). I
valori di velocità del modello tomografico sono stati “perturbati” del ±10 % schematizzando il
sottosuolo in celle regolari di dimensioni di 10x10 m. Le dromocrone sono state quindi ricalcolate
sul modello di velocità perturbato ed invertite utilizzando il modello di velocità della tomografia
iniziale. Il risultato finale rappresenta la capacità dell’inversione tomografica nel risolvere le celle
di perturbazione e fornisce un’indicazione della risoluzione superficiale del modello.
Analisi e interpretazione dei dati
Sulla base delle velocità individuate dall’analisi delle dromocrone, è stato scelto per il nostro profilo
un modello iniziale multi-stratificato con un aumento graduale di velocità con la profondità da 900
m/s a 5000 m/s.
I modelli 2D di velocità ottenuti risaltano la presenza di significative differenze nei valori di VP
ottenuti e mostrano l’articolazione dei vari sismostrati.
In maniera esemplificativa verrà descritto il modello 2D più completo ossia quello ottenuto dal
profilo n. 4 (Fig. 3) in quanto raggiunge le massime profondità di investigazione ed illustra le
geometrie dei sismostrati in maniera più dettagliata e completa.
Il sismostrato più superficiale è sempre caratterizzato dai più bassi valori di velocità con un
gradiente che varia da 900 m/s in superficie fino a 1400-1500 m/s. Nella sezione n.4 esso è
contenuto all’interno di due concavità a differente ampiezza, di cui quella verso terra (NE) accoglie
gli spessori maggiori valutabili in 5-8 m. Al suo interno possono essere distinte piccole lenti
caratterizzate da velocità inferiori a 1000 m/s.
Il secondo sismostrato è caratterizzato da valori di velocità più elevati ed un gradiente che varia da
2060 m/s a 3800 m/s; tra le progressive 45-110 m presenta una profondità della superficie di base
all’incirca costante (circa -12/-13 m) ed una morfologia di tetto alquanto articolata a differenza di
quanto rilevato tra le progressive 120 e 160 m.
Il terzo sismostrato è marcato da valori più elevati di velocità, in genere maggiori di 4000 m/s. Il
suo limite superiore si approfondisce da SW verso NE, dove raggiunge le massime profondità
attestandosi tra i -15/-20 m di profondità.
La taratura e l’interpretazione stratigrafica del profilo è stata eseguita sia con l’ausilio di
osservazioni dirette del fondale che dall’osservazione della porzione emersa della falesia antistante
il porto. Il campo di velocità del primo elettrostrato, può essere riferito a sedimenti prevalentemente
sabbiosi, da parzialmente saturi a saturi e di spessore molto variabile. Le zone con i valori velocità
più bassi sono da legare alla presenza di sedimenti aggregati in lenti con granulometria e porosità
relativamente diverse rispetto allo strato inglobante. Il rilievo diretto ha potuto verificare che
localmente livelli alternati di sabbie e di residui di posidonia completamente saturi e/o sabbie
limose fini sono accumulate in maniera differenziale all’interno di piccole concavità contenute in
sedimenti sabbiosi più grossolani e/o meno saturi.
Il consistente aumento della rigidità dei materiali che occorre al passaggio tra il primo e il secondo
elettrostrato è probabilmente correlabile al passaggio tra i sedimenti sabbiosi e la porzione più
superficiale dell’ammasso calcarenitico (e.g. Calcareniti di Marsala), che spessa in media 5 m,
raggiunge velocità delle onde P maggiori di 3000 m/s.
Le ondulazioni asimmetriche presenti tra le progressive 25 e 100 m, sono probabilmente da porre in
relazione a linee di fratturazione ad andamento NW-SE analoghe a quelle esposte lungo la porzione
della falesia posta in prossimità del molo di sottoflutto.
La metodologia utilizzata si è dimostrata efficace nel mettere in luce i rapporti stratigrafici tra i
sedimenti superficiali ed il bedrock sismico. L'immagine tomografica, infatti, mostra, con una
buona risoluzione, le variazioni di velocità delle onde compressive nei primi 15 m di profondità e le
geometrie sepolte dei sismostrati individuati.
La possibilità di elaborare i dati acquisiti con tecniche 3D consente, quindi, di ottenere una stima di
massima dei volumi dei sedimenti per dimensionare le future operazioni di dragaggio del fondale,
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano il Dr. Mario Sprovieri e Vincenzo Di Stefano per la loro disponibilità durante
le fasi di acquisizione. Si ringrazia, inoltre, il C.U.GR.I. (Consorzio Inter-Universitario per la
Prevenzione dei Grandi Rischi) Fisciano (SA) per il supporto tecnologico nelle attività di ricerca.
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Didascalie figure
Fig.1. Carta geologica del tratto di costa a SW di Mazara del vallo (stralcio modificato del Foglio
617 “Marsala”- D’Angelo & Vernuccio, 1992).
Fig. 2. Immagine di Google Earth dell’area di Capo Granitola (TP) e localizzazione delle linee
sismiche acquisite. Con i punti gialli sono rappresentati le posizioni degli idrofoni della linea n.1,
con i punti verdi quelli delle linea n.2 e con i punti rosa quelli della linea n.3. Gli idrofoni del
profilo n.4, perpendicolare ai tre precedenti, sono rappresentati dai punti blu. La posizione di tutti
gli shot point eseguiti è raffigurata dai punti rossi.
Fig.3. Modello di velocità delle onde P relativo al profilo n. 4; l’area non campionata dai raggi è
bianca. E’ ben evidente il forte contrasto di velocità tra i sedimenti di copertura ed il “bedrock
sismico”, quest’ultimo caratterizzato da valori di VP maggiori di 4000 m/sec. L’RMS dopo 20
iterazioni è di 2.82 msec.
Sotto: La perturbazione del modello tomografico, ottenuta dopo un “a posteriori” checkerbord
resolution test con celle di dimensioni 10x10 ed una velocità di perturbazione del ±10%, mostra che
il modello fornisce una stima robusta delle velocità i primi 10 metri di profondità.