www.parrocchiadisanvito.it - mail: [email protected] 0424522352 cell. don Enrico: 3482313528 Gesù guarisce la suocera di Pietro Marco presenta il resoconto della giornata-tipo di Gesù, una cronaca dettagliata delle sue fondamentali attività quotidiane: guarire, pregare, annunciare. Guarire. E vediamo come il suo agire prenda avvio dal dolore del mondo: tocca, parla, prende per mano, guarisce. Come il primo sguardo di Gesù si posi sempre sulla sofferenza delle persone, e non sul loro peccato. E la porta della piccola Cafarnao scoppia di folla e di dolore e poi di vitalità ritrovata. Gesù ascolta e risponde: si avvicina, si accosta, va verso il dolore, non lo evita, non ha paura. E la prese per mano. Mano nella mano, come forza trasmessa a chi è stanco, come a dire "non sei più sola", come un padre o una madre a dare fiducia al figlio bambino, come un desiderio di affetto. Chi soffre chiede questo: di non essere abbandonato da chi gli vuole bene, di non essere lasciato solo a lottare contro il male. E la fece alzare. È il verbo della risurrezione. Gesù alza, eleva, fa sorgere la donna, la riaffida alla sua statura eretta, alla fierezza del fare, alla vita piena e al servizio: per stare bene l'uomo deve dare! Mano nella mano, uomo e Dio, l'infinito e il mio nulla, e aggrapparmi forte: per me è questa l'icona mite e possente della buona novella. Pregare. Mentre era buio, uscì in un luogo deserto e là pregava. Gesù, pur assediato dalla gente, sa inventare spazi. Di notte! Quegli spazi segreti che danno salute all'anima, a tu per tu con Dio, a liberare le sorgenti della vita, così spesso insabbiate. Annunciare. I discepoli infine lo rintracciano: tutti ti cercano! E lui: Andiamocene nei villaggi vicini, a predicare anche là. Gesù non cerca il bagno di folla, non si esalta per il successo di Cafarnao, non si deprime per i fallimenti che incontra. Lui avvia processi, inizia percorsi, cerca altri villaggi, altre donne da rialzare, orizzonti più larghi dove poter compiere il suo lavoro: essere nella vita datore di vita, predicare che il Regno è vicino, che «Dio è vicino, con amore, e guarisce la vita». Ermes Ronchi LA PARROCCHIA DI S. VITO INFORMA... IN RETE CON LA VITA DELLA COMUNITA’ Sa 7 Do 8 Lu 9 Ma 10 S. Messa prefestiva: uff. Lina; uff. Adelina e Pietro; uff. Gne18.30 sotto Bruna e Mario; uff. Ernestina Piva in Zambon; uff. Ferraro Giovanni; uff. Lina, Gina, Pietro e Livia 9.00 S. Messa 11.00 S. Messa 18.30 S. Messa 8.30 S. Messa 20.45 Sala Leonida 19.00 14.30 19.00 S. Messa: uff. Cavalli Settimo; 7° Lazzarotto Lino riunione per l'animazione della messa DoCanonica menicale Madonna di Lourdes - 23a Giornata del Malato S. Messa: uff. Ferraro Natalino Ospedale San S. Messa con il Vescovo Bassiano Palco Teatro Ritrovo gruppo Anziani S. Messa: uff. Salvato Maizola e Adone Cesa 20.30 Sala Leonida 20.45 8.30 Me 11 Gi 12 Ve 13 9.30 8.30 Consiglio Pastorale Riunione Catechiste per la Quaresima S. Messa Sa 14 15.00 Festa Vicariale della Pace 18.30 S. Messa prefestiva: domanda del sacramento della Cresima 9.00 S. Messa Do 15 11.00 S. Messa 18.30 S. Messa In Evidenza Lunedì sera il Consiglio pastorale sarà dedicato al cercare di animare la nostra comunità coinvolgendo il gruppo genitori Martedì ci incontriamo per l’animazione della messa delle 11.00 per i bambini. L’incontro è aperto a tutti Mercoledì, un’intenzione particolare va data per i malati La Parola di Dio di questa Domenica: Gb 7,1-4.6-7; Sal 146 (147); 1 Cor 9,1 Preghiera per la Giornata del Malato Donaci, o Signore, la sapienza del cuore! Padre santo, ogni uomo è prezioso ai tuoi occhi. Ti preghiamo: benedici i tuoi figli che fiduciosi ricorrono a Te, unica fonte di vita e di salvezza. Tu che in Gesù Cristo, l'uomo nuovo, sei venuto in mezzo a noi per portare a tutti la gioia del Vangelo, sostieni il cammino di quanti sono nella prova. Amore eterno, dona a quanti hanno l'onore di stare accanto ai malati, occhi nuovi: sappiano scorgere il Tuo volto, e servire con delicata carità, la loro inviolabile dignità. E tu, o Madre, sede della sapienza, intercedi per noi tuoi figli perché possiamo giungere a vedere faccia a faccia il Volto di Dio, bellezza senza fine. Amen Nelle parole di don Stefano Giacometti l’esperienza di chi ha vissuto in prima persona la malattia e ne ha colto il valore A chi vive la sofferenza serve vicinanza Don Stefano Giacometti, 37 anni compiuti proprio questo venerdì 6 febbraio, attuale vicario parrocchiale a Noventa Vicentina, sa bene che cosa significhi essere malato, avendo condiviso questa condizione, anche in forma grave, per tanti giorni e con molte persone. «È stata un’esperienza che mi ha segnato da giovane, presentandosi all’orizzonte della mia vita quando avevo 19 anni - racconta don Stefano, recen- 16-19.22-23; Mc 1,29-39 R Risanaci, Signore, Dio della vita. temente insignito del titolo di Cappellano della Grotta di Lourdes per il suo servizio assiduo ai malati -. Si è trattato di un cammino lungo e difficile, caratterizzato da momenti di speranza e di fatica, sempre accompagnato da altre persone che vivevano la stessa condizione di dolore, avevano voglia di combattere e speravano profondamente nella vita. Vivere con gli altri questi momenti è stato fondamentale. Spesso ho avvertito la vicinanza di persone che mi amavano. Quando, poi, chi ti accompagna ha la stessa fede, tutto diventa ancora più forte e ricco di attesa. Questo mi ha insegnato che la vita è sempre un dono straordinario che va vissuto totalmente, anche nelle difficoltà, giorno per giorno, godendo di ogni suo attimo. L’altro insegnamento è che la malattia vissuta con altri è una grande scuola di vita e di fede e non solo un momento di limite». Quali sono le parole e le forme di vicinanza che più sono gradite ad un malato e quali le più fastidiose? «Le nostre parole di fronte alla malattia e alla sofferenza tante volte spaventano e non sai mai cosa dire. Forse la cosa più bella è il silenzio e nello stesso tempo far sentire che ci sei. Spesso le tante parole che diciamo fanno solo sentire la persona un malato; ma di questo lui non ha bisogno perché sa già di esserlo. Talvolta il nostro parlare è solo un informarci della condizione di colui che è malato, ma a chi vive la sofferenza serve molto di più: la vicinanza, il sentire che tu lo incontri per quello che è e non perché è malato. A me piace dire quando vado a trovare una persona: “Io vado a trovare il mio amico X che non sta bene”. Non trattiamoli solo da ammalati». Nelle nostre parrocchie l’attenzione ai malati è sufficiente e sentita come un richiamo alla carità? «Che sia sentita come richiamo forte alla carità penso non ci siano dubbi, sarebbe grave il contrario. Che sia sufficiente rispondo sinceramente di no, anche perché farsi prossimo a chi soffre non può avere limiti: quello che sicuramente è insufficiente è che manca il sentirlo come una responsabilità dell’intera comunità. Educarsi a farci vicino, prenderci carico insieme come parrocchia di chi vive la sofferenza e non lasciare questo impegno solo a casi sporadici o alla buona volontà dei sacerdoti o di persone volenterose, deve essere un cammino fondamentale per una comunità cristiana. È una risposta primaria all’annuncio del Vangelo». La malattia è spesso vissuta come una condanna. Come superare questo sentimento che rischia di appesantire ulteriormente la sofferenza? «Quello che appesantisce la malattia e la fa vivere come una condanna è la solitudine. Se è vero che noi siamo fatti per la relazione, che la nostra vita ha senso solo se sappiamo amare ed essere amati, ogni ammalato deve avere questa possibilità e continuare a vivere la sua situazione di malattia, sentendo di essere ancora una persona amata e che può donare ancora tanto agli altri. La malattia è vissuta come condanna perché molte volte ti isola da tutti e ti allontana dalla vita di prima, da com’eri, da come gli altri ti consideravano. La condanna peggiore è vivere tutto questo da soli, pensando che non sei più importante per nessuno e che la tua vita non ha più senso». Mi.Pa. Voce dei Berici 08-02-2015
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