Parrocchia della Trasfigurazione- Domenica 3a di quaresima (1 scrutinio catecumenale - testi) dal libro dell' Esodo 17,3-7 [1]Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento dal deserto di Sin, secondo l'ordine che il Signore dava di tappa in tappa, e si accampò a Refidim. Ma non c'era acqua da bere per il popolo. [2]Il popolo protestò contro Mosè: <<Dateci acqua da bere!>>. Mosè disse loro: <<Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?>>. [3]In quel luogo dunque il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: <<Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?>>. [4]Allora Mosè invocò l'aiuto del Signore, dicendo: <<Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!>>. [5]Il Signore disse a Mosè: <<Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! [6]Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà>>. Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d'Israele. [7]Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: <<Il Signore è in mezzo a noi sì o no?>>. ( cfr. Mt.4.4 ss.e par. e Num 20,2-13 e Deut 6,16) Salmo 94 [1]Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. [2]Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. [3]Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei. [4]Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. [5]Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra. [6]Venite, prostràti adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati. [7]Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. [8]Ascoltate oggi la sua voce: <<Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, [9]dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. [10]Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie; [11]perciò ho giurato nel mio sdegno: Non entreranno nel luogo del mio riposo>>. Dalla lettera ai Romani 5,1-2.5-8 [1]Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; [2]per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. [3]E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata -1- [4]e la virtù provata la speranza. [5]La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. [6]Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. [7]Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. [8]Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. dal vangelo secondo Giovanni (4,5-42) [1]Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni [2]sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli , [3]lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. [4]Doveva perciò attraversare la Samaria. [5]Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, (l'antica Sichem o l'attuale Askar a sud del Garizim - gen.12,6 ,gios 24,25; deut 11,29;27,4) vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: [6]qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. [7]Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: <<Dammi da bere>>. [8]I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. [9]Ma la Samaritana gli disse: <<Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?>>. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. (Gesù è libero da pregiudizi razziale e religiosi) [10]Gesù le rispose: <<Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva>>. (in senso materiale l'acqua viva indica l'acqua sorgiva, essa è simbolo di vita in tutto l'antico oriente. Nell'A.T.: è Dio stesso -Ger.2,13;Sl 36,9; Is.12,3- ma anche la sapienza e la Torah -Bar 3,12; Eccl.24,23-33- e il pozzo è nel giudaismo simbolo della Legge) [11]Gli disse la donna: <<Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? [12]Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?>>. [13]Rispose Gesù: <<Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; [14]ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna>>. [15]<<Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua>>. [16]Le disse: <<Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui>>. [17]Rispose la donna: <<Non ho marito>>. Le disse Gesù: <<Hai detto bene "non ho marito"; -2- [18]infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero>>. [19]Gli replicò la donna: <<Signore, vedo che tu sei un profeta. [20]I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare>>. [21]Gesù le dice: <<Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. [22]Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. [23]Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito (in Gv. non è contrapposto a materia, ma a carne, cioè all'impotenza della creatura. E' Dio stesso nella sua sovrana potenza, è lo Spirito Santo, che nel Figlio rivela il Padre)e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. [24]Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità>>. [25]Gli rispose la donna: <<So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa>>. [26]Le disse Gesù: <<Sono io, che ti parlo>>. [27]In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: <<Che desideri?>>, o: <<Perché parli con lei?>>. [28]La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: [29]<<Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?>>. [30]Uscirono allora dalla città e andavano da lui. [31]Intanto i discepoli lo pregavano: <<Rabbì, mangia>>. [32]Ma egli rispose: <<Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete>>. [33]E i discepoli si domandavano l'un l'altro: <<Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?>>. [34]Gesù disse loro: <<Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. [35]Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. [36]E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. [37]Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. [38]Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro>>. [39]Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: <<Mi ha detto tutto quello che ho fatto>>. [40]E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. [41]Molti di più credettero per la sua parola [42]e dicevano alla donna: <<Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo>>. [43]Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. -3- Dopo il colloquio di Gesù con Nicodemo il vangelo riferisce che Gesù andò con i suoi discepoli nel paese della Giudea, ove si trattenne insieme ad essi e battezzava (3,22). Questo ministero ebbe un tale successo che alcuni discepoli di Giovanni Battista se ne adombrarono e dissero al loro maestro: Maestro... colui al quale tu rendesti testimonianza ecco egli battezza) e tutti vanno da lui (3,26). Proprio questo successo fu la causa del passaggio di Gesù in Samaria. Infatti Gesù, quando venne a sapere come ai farisei era noto che egli attirava più seguaci e battezzava più di Giovanni non volendo trovarsi in lotta aperta con loro fin dall’inizio del suo ministero, lasciò la Giudea ed andò di nuovo nella Galilea. Poteva scegliere fra due vie: quella che risale la valle del Giordano e quella che attraversa la Samaria. Gesù prese la seconda e giunse così ad una città della Samaria, detta Sichar; cioè o l’antica Sichem o l’attuale villaggio d’Askar all’imbocco della valle Est. Ovest, dove oggi si trova Naplusa, dominata a nord dal Monte Ebal e a sud dal Monte Garizim. La località abbonda di ricordi biblici. Nel luogo santo di Sichem, presso la quercia di Moré, il Signore si era mostrato ad Abramo e gli aveva detto: Io darò questa terra alla tua progenie (Gen. 12,6). Il Deuteronomio colloca qui i primi altari del popolo ebraico nella Terra Promessa e la scena grandiosa delle maledizioni e delle benedizioni (11,29; 27,4-28, 69). Lì ancora Giosuè aveva fatto rinnovare alle tribù riunite il giuramento di fedeltà all’alleanza (Gios 24,25-27). Tutto un passato di grazia e di adorazione è concentrato in questo luogo. Agli occhi dell’evangelista il luogo è dominato soprattutto dal nome del patriarca Giacobbe. Sichar, egli nota, si trova vicino al podere che Giacobbe aveva donato a suo figlio Giuseppe, e dove era pure il pozzo di Giacobbe. Subito dopo le parole della Samaritana riveleranno la presenza di un pozzo, del quale dirà: Giacobbe, nostro padre... diede a noi questo pozzo, da cui attinse per bere lui, i suoi figli e il suo bestiame. Ciò sembra indicare che, almeno secondo una tradizione locale, il patriarca l’aveva scavato egli stesso. E’ circa l’ora sesta, mezzogiorno, quando Gesù, che cammina certamente dall’alba, si ferma al pozzo dei suoi antenati. Stanco dal viaggio, stava così a sedere sull’orlo del pozzo. Mentre si riposa, i discepoli erano andati in città a comprare da mangiare. Un istante di solitudine, di silenzio, di quel gran de raccoglimento del Figlio di Dio, che il Padre non lascia mai ‘solo’ (8,16; 16,32). Venne ad attingere acqua una Samaritana. La scena ci è familiare. Senza nemmeno badare all’uomo che sta lì, comincia a manovrare la corda e l’otre. Gesù le disse: ‘Dammi da bere’. L’uomo ha parlato; forse il suo accento della Galilea lo tradisce: è un Giudeo. Come mai tu che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono Samaritana? Pur facendo dell’ironia, la donna si appresta a dissetare il viandante e gli versa l’acqua fresca che non si rifiuta a nessuno; è naturale. L’evangelista non lo dice perché è occupato a spiegare lo stupore della donna: Poiché i Giudei non hanno relazione con i Samaritani (o, secondo una traduzione proposta recentemente, ma non esente da difficoltà, «i Giudei non usano oggetti in comune con i Samaritani»). Disprezzo, odio, repulsione, erano i sentimenti secolari che i Giudei nutrivano nei confronti dei Samaritani, bastardi e scismatici. Quando i Giudei vorranno fare a Gesù l’affronto supremo, gli diranno: -4- «Sei un Samaritano., un indemoniato» (8,48). Si capisce quindi la riflessione della donna: l’uomo che le ha parlato non è un Giudeo come gli altri. Ma ecco che d’un tratto la conversazione si stabilisce sul suo vero terreno: il mistero di Gesù. Passo passo, il dialogo svelerà il segreto di quel Giudeo libero dai pregiudizi religiosi e razziali della sua nazione, più grande di Giacobbe (v. 12), profeta (v. 19), Messia (v. 25 s.), Salvatore del mondo (v. 42). Per giungere fin là, l’itinerario è lungo; in primo luogo per la donna. E' stata più volte notata l’esattezza psicologica del dialogo e l’abilità pedagogica di Gesù. Con una padronanza assoluta, Gesù penetra nel mondo abituale e intimo di questa donna per spezzarne i limiti e aprirlo alla rivelazione dei misteri più alti. Il dialogo si sviluppa in due fasi. Sono come due ondate successive: la prima segna un avanzamento, ma urta contro un ostacolo che la seconda travolge, vincendo ogni resistenza. Aveva ragione la donna di notare la stranezza di quel Giudeo che chiede da bere a una Samaritana. Gesù non la biasima; le rimprovera soltanto di fermarsi troppo presto. Gesù rispose a lei: Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è colui che dice a te: Dammi da bere, tu stessa ne avresti chiesto a lui, e ti avrebbe data dell’acqua viva. Il mistero è più profondo di quanto lei creda. Il paradosso di un Giudeo che mendica un poco d’acqua da una Samaritana non è niente; il vero paradosso sta nel fatto che lui e non lei abbia chiesto. Lui infatti è il possessore della sorgente. Questa nuova stranezza attira ancora una volta lo sguardo della donna sul singolare personaggio. Con una vena di sarcasmo, gli dice: Signore, non hai con che attingere, e il pozzo è profondo: di dove dunque hai quest’acqua viva? Il pozzo, infatti, con i suoi trenta metri (circa) è il più profondo della Palestina, e Gesù non ha nemmeno un otre per attingere. Sei tu forse più grande di Giacobbe, nostro padre, che diede a noi questo pozzo, da cui attinse per bere lui, i suoi figli e il suo bestiame? Gesù non si offende per quest’ironia. Sotto l’uscita spavalda, egli ha scorto forse nel cuore di quella donna un primo presentimento della rivelazione che le viene incontro. Senza saperlo, ella ha descritto il mistero dell’acqua viva: Di dove la prendi? Più nascosto della fonte più segreta della Terra Santa è la polla di quest’acqua. Non bastano le mani dell’uomo per farla sgorgare, nessuno può captarne la vena. Il suo mistero è legato al mistero stesso di colui che la dà: l’acqua che io darò , dirà Gesù; Lui solo ne conosce l’origine. Ora ne rivela almeno in parte gli effetti meravigliosi: Chi beve di quest’acqua tornerà ad avere sete: chi invece berrà l’acqua che gli darò io, non avrà più sete in eterno; ma l’acqua che gli darò diventerà in lui sorgente di acqua, zampillante per la vita eterna. All’acqua trovata da Giacobbe nel sottosuolo palestinese si sono abbeverati non solo gli uomini, ma anche il bestiame. L’acqua che darà Gesù e un’acqua spirituale; solo gli uomini ne berranno. L’acqua che sgorga dalla terra disseta temporaneamente; l’acqua che promette Gesù placherà la sete per sempre. E Gesù ne spiega subito la ragione; essa diverrà in chi la beve «una sorgente zampillante» che si rinnoverà senza fine. Per l’eternità ‘proromperà’ nell’uomo una sorgente inesauribile di vita il cui slancio non si limita alla terra. -5- Quale realtà prospetta? In senso materiale, l’acqua viva indica l’acqua sorgiva o in genere l’acqua corrente, in contrasto con l’acqua stagnante. In senso metaforico, essa è simbolo della vita. Questo simbolismo diffuso in tutto l’Antico Oriente è applicato spesso nel Vecchio Testamento a Dio stesso, chiamato la sorgente d’acqua viva (Ger. 2,13; PS. 36,9; IS. 12,3), ma anche alla Sapienza o alla Legge (Baruch 3,12; Eccl. 24,23-33). Nel giudaismo anche il pozzo era considerato simbolo della Legge. L ’esegesi di certi testi biblici, in particolare del canto sui pozzi (Num. 21,16-18), aveva collegato il traboccare delle sue acque al ricordo dei patriarchi e specialmente di Giacobbe Perciò l’acqua viva promessa da Gesù indica, molto probabilmente, la rivelazione divina contenuta per gli uomini nella sua parola e nella sua stessa presenza. Questo è il dono di Dio, non compreso dalla Samaritana. Quest’acqua viva diventerà in chi la berrà, cioè in colui che la riceverà con fede, la sorgente inesauribile della vita: una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna. Per capire quest’espressione, dobbiamo accostarla ad un’altra parola di Gesù. Al cap. 7,37-39 del vangelo, Gesù inviterà tutti gli uomini a dissetarsi ai fiumi d’acqua viva che sgorgano dal suo seno. San Giovanni allora preciserà: Diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui. Mediante lo Spirito la rivelazione di Cristo diverrà sorgente di vita eterna nel cuore del credente. Questa sorgente porterà irresistibilmente al martirio un sant’Ignazio di Antiochia: il Santo udrà un’acqua viva mormorare in lui e dire: «Vieni verso il Padre! » Lo stesso Spirito trascinerà verso il Padre tutti i credenti. La risposta della donna a tale offerta sembra estremamente deludente: Signore, dammi di quest’acqua, affinché non abbia più sete, e non debba venire qua ad attingere. Non che la donna non indovini nell’offerta di Gesù una realtà superiore, una sorgente di vita più perfetta; ma essa degrada tale realtà, di cui ha il presentimento; il dono celeste che essa sospetta, lo calcola sulla misura delle sue preoccupazioni quotidiane: non aver più sete! non dover più fare tutti i giorni la strada fino alla fontana! Ha trovato chi possiede l‘acqua magica; ed ecco il dono divino ridotto ad una semplice ricetta per una migliore condizione umana. Un errore analogo si ritrova in tutti i dialoghi del quarto vangelo, sia che si tratti di Nicodemo, delle folle galilee o dei discepoli. Per giungere alla verità ci vuole una nuova rivelazione che non si fa attendere. Per iniziativa di Gesù, il colloquio prende ad in tratto una svolta imprevista, incisiva, palpitante. Gesù obbliga improvvisamente la donna a passare dal piano della curiosità al piano morale e religioso. Le dice: Va a chiamare tuo marito, poi ritorna qui! L’ha toccata sul vivo: Non ho marito! La donna gioca d’astuzia; ma Gesù non lascerà la sua preda. In tono dolce, ma fermo, scevera il vero dal falso: Hai detto bene: «Non ho marito», perché ne hai avuti cinque e quello che hai non è tuo marito: in questo hai detto la verità. La donna vede la sua vergogna sbandierata ai quattro venti, da quel Giudeo sconosciuto. E’ il momento decisivo: la donna così incalzata e scoperta può assumere due atteggiamenti: la collera, l’irrigidimento, il rifiuto, oppure la confessione. A questa si rassegna a Samaritana. In un soffio confessa la verità: Signore vedo che tu sei profeta. Tuttavia lo scopo di questo attacco non era quello di portare la donna a un atteggiamento contrito, quanto di manifestarle, come a Natanaele, la chiaroveggenza soprannaturale e la missione del profeta, disponendola in tal modo ad intendere meglio la rivelazione dall’alto. Infatti il grido della peccatrice non è un grido di pentimento, è un grido di stupore, d’ammirazione e già di rispetto. -6- Ci si è chiesti per quale concatenazione di idee la donna passa dalla esclamazione: Sei un profeta alla domanda riguardante il luogo del culto. Astuzia, scappatoia destinata a sviare la conversazione da un terreno scottante? Se così fosse Gesù non mancherebbe di ricondurre la Samaritana sull’argomento. Invero non c’è da meravigliarsi che la donna, avendo riconosciuto in Gesù un uomo dotato di chiaroveggenza soprannaturale, gli sottoponga la diatriba religiosa e cultuale che separava Giudei e Samaritani: I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che il luogo dove bisogna adorare è in Gerusalemme. La Samaritana indica il Monte Garizim, sui quale un Tempio aveva per un certo tempo rivaleggiato con quello di Gerusalemme. Con tutti i ricordi legati alla sua posizione, non era forse più importante del Monte Sion, come luogo di adorazione e di culto? La risposta di Gesù si sviluppa con ampiezza e gravità; essa segna il punto culminante del dialogo. Alla donna muta e attenta Gesù chiede ora un atteggiamento di fede: Credimi, donna: è venuto il tempo in cui, né su questo monte, né in Gerusalemme, adorerete il Padre. Superando il conflitto dei luoghi di culto, Gesù annuncia la fine di un’epoca e l’inizio di un’epoca religiosa nuova. Già il Tempio del Garizim non esiste più; presto sparirà anche quello di Gerusalemme. Sta per nascere un culto più alto. Viene il tempo, anzi è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità... Dio è spirito, e quei che lo adorano, devono adorano in spirito e verità. Gesù definisce la nuova religione come una religione dello spirito. Ciò non significa una religione puramente interiore e individuale, senza riti, senza corpo, senza dimensione sociale, spirituale nel senso di immateriale. Lo spirito, in san Giovanni, è sempre una nozione biblica, che non si oppone né alla materia né alla realtà sensibile ed esteriore , ma alla carne, cioè all’impotenza della creatura. Lo spirito è la realtà divina nella sua forza e nella sua trascendenza soprannaturale, o meglio, è Dio stesso nella sua sovrana potenza d’animazione. Senza di lui niente sussiste, niente ha valore; con lui tutto prende via, l’uomo è rigenerato dall’alto per il Regno; la religione viva e vera, la sola animata da un autentico afflato religioso, nasce infine nel cuore dell’uomo. Questa è la religione dello spirito. Il suo pregio non sta nella posizione o nella maestosità di un santuario, né nel numero delle vittime offerte, ma nella qualità di un’ispirazione che viene da oltre l’uomo e il Padre in essa si compiace perché vi riconosce il suo spirito. La nuova religione è religione in verità, perché si basa sulla rivelazione che Dio ha fatto di sé nel suo Figlio. E’ la religione filiale che si rivolge a Dio come a un Padre: I veri adoratori adoreranno il Padre. Come tale, è l’unica che corrisponda alle sue attese: Il Padre così vuole i suoi adoratori. Questa dichiarazione di Gesù sul culto in spirito e verità prolunga e conclude l’insegnamento delle scene precedenti: già il vino delle nozze prefigurava il vino nuovo versato da Gesù nelle giare del Giudaismo; poi la purificazione del Tempio annunciava il Tempio spirituale, edificato sulle rovine del tempio di pietra e destinato a divenire il luogo di un culto rinnovato. A Nicodemo Gesù insegnava la rigenerazione spirituale richiesta alle soglie del Regno. Ora alla Samaritana Gesù rivela ciò cui tutte quelle scene preludevano: la religione suscitata da Dio stesso nel cuore di coloro che sono rinati dall’acqua e dallo Spirito. La risposta di Gesù oltrepassa gli orizzonti della Samaritana, che la riceve con aria assente. Tutto questo si colloca per lei in un avvenire lontano ed irreale: So che ha da venire il Messia, che vuol dire il Cristo (‘unto’); quando sarà venuto lui, ci rivelerà tutto. Allora cade, come frutto maturo, la parola di Gesù: -7- Sono io, che parlo con te. Nel frattempo, i discepoli tornano con le provviste, e la donna se n’è già andata. Lasciata là la brocca, di cui non sa più che fare dopo la rivelazione dell’acqua viva, corse in città e disse a quella gente: ‘Venite a vedere un uomo, il quale mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Cristo?’ La peccatrice diviene l’annunciatrice del Messia. Al suo racconto tutto il villaggio si mette in moto; uscirono dal villaggio e si diressero verso di lui. Frattanto presso il pozzo si svolge un’altra scena, fra Gesù e i suoi discepoli. Gesù rifiuta il cibo che gli offrono: Io mi nutro di un cibo che voi non conoscete... Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e portare a compimento l’opera sua. Gesù scorge nei campi i Samaritani che si sono messi in cammino per andare da lui; ma al di là di loro egli vede l’immensa messe spirituale che spunta e della quale questi sono le prime spighe. Ai suoi discepoli ancora inconsapevoli della loro missione egli addita la messe che li attende: Non dite voi: Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, io vi dico: alzate i vostri occhi e mirate i campi che già biondeggiano per le messi. In una visione profetica li vede entrare in quei campi, nei quali altri, egli soprattutto, si sono ‘affaticati’ a seminare (4,36-38). Nella gioia del raccolto si ricordino dell’unità dell’opera divina e del lavoro dei predecessori. In questo proprio si avvera il proverbio: altri semina, altri miete. Io vi ho mandato a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi avete ereditato i frutti del loro lavoro. La scena termina nel villaggio dove Gesù ha accettato di rimanere ospite per due giorni. I Samaritani traggono le conclusioni; dopo aver udito Gesù, dissero alla donna: Non è più sulla tua parola che noi ora crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e conosciuto che egli è veramente il Salvatore del mondo. Passo passo, il racconto si è elevato verso questa professione di fede dei Samaritani nella parola di Gesù, come un coro finale essa lo corona e lo riassume. All’inizio del capitolo, san Giovanni, per spiegare il viaggio di Gesù scriveva: Doveva passare attraverso la Samaria. Di fatto, come abbiamo già detto, poteva scegliere un altro itinerario; la traversata della Samaria non era dunque una necessità di ordine puramente geografico. Una volta dati al mondo giudeo i primi segni premonitori e i primi annunci del radicale rinnovamento della religione tradizionale, bisognava che l’avvento della religione universale di spirito e verità fosse significato per mezzo di un ministero che superava le frontiere nazionali, razziali e religiose. E nessun’altra scelta poteva essere più significativa della Samaria esecrata e disprezzata dal punto di vista religioso. In contrasto con le reticenze dei Giudei, compreso Nicodemo, la professione di fede dei contadini di Sichar assumeva un significato ancora maggiore: costituiva già la premessa della risposta del mondo al suo Salvatore. -8-
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