Comunità Parrocchiale “Santa Maria d’Altofonte” «Signore, insegnaci a pregare!» Esercizi spirituali: 01 – 08 marzo 2015 4. Dacci oggi il nostro pane quotidiano... Introduzione alla preghiera. Salmo 23. Il salmista si rivolge con fiducia e riconoscenza a Dio contemplato, prima nella figura del buon pastore (immagine cara ai profeti, ripresa da Gesù nella parabola della pecorella smarrita e riferita a se stesso); poi in quella dell’ospite che accoglie e prepara una mensa di “felicità e di grazia”. “Il Signore rinfranca l’anima mia, mi guida… davanti a me prepara una mensa”: c’è il riferimento al Cenacolo dell’Eucaristia, ma anche “al banchetto di nozze dell’Agnello” al quale siamo tutti invitati per la vita eterna. “Beato chi mangia il pane nel Regno di Dio” (Luca 14,15). Rit. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla! Invocazione dello Spirito Santo. Signore, noi ti ringraziamo perché ci raduni, ancora una volta, nel tuo nome, alla tua presenza. Tu ci offri la tua Parola, quella che hai ispirato ai tuoi profeti: fa’ che ci accostiamo ad essa con riverenza, con attenzione, con umiltà fa’ che non sia da noi sprecata, ma sia accolta in tutto ciò che essa ci dice. Noi sappiamo che il nostro cuore è spesso chiuso, incapace di comprendere la semplicità della tua Parola. Manda il tuo Spirito Santo in noi perché possiamo accoglierla con verità, con semplicità; perché essa trasformi la nostra vita. Fa’, o Signore, che non ti resistiamo, che il nostro cuore sia aperto, il nostro occhio non si chiuda, il nostro orecchio sia attento e non si rivolga altrove, ma che ci dedichiamo totalmente a questo ascolto. Questo chiediamo, o Padre, in unione a Maria, per Gesù Cristo nostro Signore. Amen. Ascoltiamo la Parola del Signore dal vangelo di Matteo 14,13-21. Il segno dei pani. Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Spunti per la riflessione personale. “Dacci”: non è la preghiera di chi pretende... E’ l’invocazione dei poveri, la domanda dei figli, i quali, mentre esprimono fiducia e speranza nel Padre, sanno molto bene che il "donaci" non esclude la fatica, il sudore, l’impegno. Divina Provvidenza = Dio non si sostituisce all’uomo in ciò che può e deve fare: nessuno è dispensato dal lavorare... Il pane è una realtà materiale e simbolica: la vita umana dipende sempre da un poco di pane, da un bicchiere d’acqua, ma anche da molti altri “alimenti” fondamentali che conservano in vita la persona: riconoscimento, rispetto, dignità, amore, la casa, una famiglia, il lavoro... E’ evidente che i nostri corpi si alimentano di pane materiale, ma anche il nostro spirito ha bisogno di nutrimento. Pane = il necessario per vivere. Nostro. Nel Padre Nostro non si dice mai “io”, non si dice “mio”. Dio non ascolta la preghiera se chiedo il pane soltanto per me. Il Vangelo mi proibisce di chiedere solo per me, senza preoccuparmi dei fratelli. Solo il pane nostro è pane di Dio, è pane benedetto. Quotidiano = il pane per oggi, il pane per ogni giorno, necessario alla sussistenza. In ogni modo, la Scrittura invita a domandare a Dio quanto è necessario, “né povertà né ricchezza”, né di più né di meno, = il sufficiente per vivere (Libro dei Proverbi 30,8-9). 1°) Il pane: segno della fraternità e della condivisione. Mangiare non significa semplicemente nutrirsi: è sempre un atto comunitario, un rito di comunione. Non esiste felicità vera se non è di tutti. Ogni felicità, se non è di tutti, è rubata. Ogni felicità deve essere comunicata e condivisa o muore. Così è del pane. Il pane quotidiano è la sintesi di tutte le richieste di vita, di amore e di felicità che, ogni giorno, gli altri ci rivolgono. Soddisfare la propria fame senza curarsi dei fratelli è contro la fraternità. Il pane che Gesù benedice e spezza, passa di mano in mano, si divide, sazia, avanza. Proprio così nasce l’unico pane che sazia e basta per tutti. Gesù non ama la povertà, anzi è contro la povertà e insegna che soluzione della povertà è la condivisione. “Dividi il pane con l’affamato”. Siamo ossessionati dalle cose, dalla cultura del superfluo… Il tuo superfluo è il necessario di un altro... Non è la moltiplicazione che salverà il mondo, ma la divisione. Il pane che abbiamo e che la terra produce è sufficiente. Se viene diviso, basta per tutti. Finché mangeremo insieme il nostro pane, anche poco, ci basterà. 2°) Il pane: frutto del lavoro di molti. Il pane è dono e conquista, perché Dio vuole che i suoi doni siano “guadagnati” e conquistati. Il pane che ogni giorno consumiamo nasconde una rete di lavoro anonimo che deve essere sempre ricordato. Prima di arrivare a noi, è passato attraverso la fatica di molte mani, che l’hanno seminato, mani su grandi macchine, e poi forni e le catene di distribuzione. In tutto questo c’è la grandezza e la miseria umana… Ci possono essere forse relazioni di sfruttamento; ci sono certamente lacrime nascoste in ogni pane che si mangia tranquillamente. E’ il nostro pane... 3°) Diventare pane per gli altri. Accade, a volte, che alcune persone diventino povere, spente, senza equilibrio... sono rimaste atrofizzate. Perché? Forse perché sono mancate accanto a loro certe presenze “nutrienti”…? Forse perché nessuno è diventato loro pane commestibile, fresco, buono? Noi cristiani dobbiamo diventare pane gli uni per gli altri: pane dell’amicizia, pane dell’accoglienza, pane del perdono... E’ triste vedere delle persone obbligate a lasciare la propria famiglia, la propria comunità parrocchiale per cercare nutrimento altrove… Alla base dell’unione familiare o comunitaria c’è una promessa di fedeltà vicendevole, che bisogna rinnovare costantemente se voliamo evitare il rischio del tradimento... Sono “pane” per la vita di quanti vivono accanto a me?
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