LA PSICOTERAPIA COGNITIVOCOGNITIVO-COMPORTAMENTALE NEI DISTURBI DELL’ ALIMENTAZIONE Stefania DURANDO – Istituto Watson I DA si dispongono lungo un continuum OBESITÁ BED BN AN BMI 17.5 25 I disturbi dell’alimentazione colpiscono circa lo 0,5 – 3,00 % della popolazione con un’incidenza maggiore nel genere femminile rispetto a quello maschile e con un picco di insorgenza tra i 16 e i 20 anni. Fonte: Stice, Marti e Rhode, Journal of Abnormal Psychology, 122, 445-457, 20, 2013 Modello a “strati” della psicopatologia dei DA Caos Dietetico e Biologico Disturbi dell’immagine corporea Deficit del concetto di sé Circolo vizioso di espressione del disagio psicologico RESTRIZIONE ABBUFFATA COLPA - ALLARME Un modello Cognitivo Comportamentale dei Disturbi dell’Alimentazione Approcci multimodali come la Psicoterapia CognitivoComportamentale entrano simultaneamente nel processo di guarigione, malgrado sia importante notare che negli stadi precoci di trattamento è il settore superiore della piramide che diviene l’obiettivo principale del lavoro terapeutico Cognitivo-Comportamentale. Questo perché i fattori psicologici associati con il disturbo possono non essere significativamente valutati appieno o individuati finché la compagine dei sintomi bulimici non venga posta sotto un certo grado di controllo (Garner e Davis 1986; Garner e coll., 1990). Multifattorialità dei disturbi dell’alimentazione Fattori predisponenti Fattori precipitanti Fattori di mantenimento Individuali Familiari Culturali Insoddisfazione per il proprio peso e forme del corpo Fare la dieta per migliorare l’autostima e il controllo di sé Sintomi da digiuno e reazione degli altri Schema di autovalutazione disfunzionale e funzionale Lavoro Famiglia Peso, forme corporee e controllo dell'alimentazione Altro Lavoro Famiglia Peso, forme corporee e controllo dell'alimentazione Altro Amici Sport Musica Lo sviluppo e il mantenimento dei disturbi dell’alimentazione Fattori di rischio Fattori precipitanti Fattori di mantenimento SCHEMA DI AUTOVALUTAZIONE DISFUNZIONALE Perfezionismo clinico Eccessiva importanza attribuita al peso, alle forme corporee e al controllo dell’alimentazione Obiettivi esigenti in altre aree Problemi interpersonali Bassa autostima nucleare Dieta ferrea e altri comportamenti di controllo del peso Pensieri e preoccupazioni per alimentazione, peso e forme corporee Abbuffate Basso peso Intolleranza alle emozioni Comportamenti di compenso “ Sindrome da digiuno” Fook checking Body checking Evitamenti Sensazioni di essere grassi Rinforzi positivi Rinforzi negativi Effetti del digiuno sul comportamento La restrizione dietetica severa e prolungata può portare a serie complicanze fisiche e psicologiche. Molti dei sintomi, prima interpretati come aspetti primari dell’AN, sono in realtà dovuti alla denutrizione e al digiuno. “Minnesota Study» Keys et al., 1950 ll Minnesota Study è uno studio sperimentale condotto nel 1950 da A. Keys e dai suoi colleghi dell’Università del Minnesota che dimostra in modo molto efficace quali sono gli effetti della dieta restrittiva e della conseguente perdita di peso sul comportamento. L’esperimento comportava una valutazione accurata di 36 giovani uomini, sani fisicamente e psicologicamente cui era stato ristretto il loro introito calorico per circa 6 mesi. Si offrirono più di 100 uomini come volontari per lo studio, come alternativa al servizio militare, ne furono selezionati 36 e 4 di questi abbandonarono l’esperimento perché ritenuto non sopportabile. I volontari vennero sottoposti per 6 mesi ad una restrizione che corrispondeva alla metà del loro introito calorico iniziale. A questo regime conseguì una perdita di circa il 25% del loro peso iniziale. Successivamente ai 6 mesi di restrizione, ci fu un periodo di rialimentazione durante il quale gli uomini vennero nutriti in modo normale. Tutti gli uomini sperimentarono drammatici cambiamenti fisici, psicologici e sociali e nella gran parte dei casi, questi cambiamenti continuarono a persistere anche durante la fase di riabilitazione o di nutrizione normale Effetti sul comportamento Il cambiamento più evidente che si verificò nei volontari fu: un drammatico aumento della preoccupazione nei confronti del cibo, che divenne un pensiero incessante, uno dei principali argomenti di conversazione, di lettura e dei sogni a occhi aperti I volontari iniziarono a collezionare libri di cucina e di ricette, caffettiere, piatti da forno e altri utensili da cucina. La maggior parte del giorno era dedicata a pianificare come avrebbero mangiato la loro razione giornaliera e questo comportamento aveva lo scopo di prolungare il momento dell’assunzione di cibo e di farne aumentare l’attrazione o la quantità. Alcuni soggetti dello studio furono sorpresi a ingoiare il cibo velocemente o a consumarlo molto lentamente e verso la fine del periodo di restrizione alcuni partecipanti prolungavano un pasto che prima avrebbero consumato in pochi minuti per quasi due ore. Aumentò drasticamente il consumo di tè e caffè e, allo stesso modo, l’uso della gomma da masticare. Nella fase di riabilitazione nutrizionale persistettero la maggior parte degli atteggiamenti e comportamenti anomali nei riguardi del cibo. La fase restrittiva provocò anche un aumento della fame che in alcuni soggetti fu abbastanza tollerata, in altri creò grande preoccupazione e portò a perdita di controllo. Molti volontari furono incapaci di seguire il semi-digiuno e compirono delle abbuffate seguite da auto-rimprovero. Dopo circa cinque mesi di rialimentazione, la maggioranza degli uomini riportò una certa normalizzazione del comportamento alimentare, ma per qualcuno di loro il consumo smodato di cibo perdurò Effetti sullo stato emotivo e sulla personalità La maggior parte dei soggetti, nonostante tutti i volontari fossero psicologicamente sani prima dell’esperimento, sperimentò un significativo deterioramento emotivo come risultato del semidigiuno. Lunghi erano i periodi di depressione, di irritabilità seguita da scoppi d’ira. L’ansia divenne più evidente in tutti i soggetti e, con il proseguimento dell’esperimento, molti degli uomini che prima erano abbastanza tranquilli iniziarono a mangiarsi le unghie o a fumare perché si sentivano nervosi. Anche l’apatia divenne comune in alcuni, che in precedenza erano molto dediti alla loro igiene personale, iniziarono a non curare più il loro aspetto. Durante i periodi di rialimentazione, i disturbi emotivi non scomparirono immediatamente ma perdurarono per diverse settimane, con alcune persone che divennero effettivamente più depresse, irritabili, litigiose e negative di quanto non fossero state durante il periodo di semidigiuno. Effetti sullo stato cognitivo e fisico I soggetti riportarono un peggioramento della concentrazione, della prontezza, della comprensione e della capacità di giudizio, tuttavia non furono rilevati segni di diminuzione delle capacità intellettuali. I cambiamenti fisici dopo 6 mesi di semidigiuno furono numerosi: disturbi gastrointestinali, diminuzione del sonno, senso di stordimento, emicranie, ipersensibilità al rumore e alla luce, riduzione della forza fisica, impoverimento del controllo motorio, edema, perdita dei capelli, diminuzione della tolleranza al freddo (mani e piedi freddi), disturbi della vista, disturbi dell’udito, parestesie (formicolio o pizzicore). Molti cambiamenti riflettevano un generale rallentamento dei processi fisiologici corporei. Si verificarono diminuzioni della temperatura corporea, del battito cardiaco e della respirazione e della spesa energetica a riposo (REE). Il REE è la quantità di energia che il corpo richiede a riposo (senza praticare alcuna attività fisica) conservando i normali processi fisiologici. Ciò ammonta a circa di 2/3 del fabbisogno totale di energia. Alla fine del semidigiuno, il REE degli uomini era sceso di circa il 40% rispetto a quello dei livelli normali. Questo calo, proprio come altri cambiamenti fisici, riflette la straordinaria capacità del corpo di adattarsi a un minore apporto calorico riducendo il proprio bisogno energetico Effetti sullo comportamento sociale e sessuale Il comportamento sociale mutò nei volontari sottoposti a restrizione alimentare: divennero progressivamente più introversi e isolati. Aumentò il senso di inadeguatezza sociale, mentre l’umorismo e il senso di cameratismo diminuirono. Anche i contatti con l’altro sesso subirono una netta diminuzione durante il periodo del semidigiuno. L’interesse sessuale si ridusse in modo drastico, gli impulsi sessuali cessarono o diventarono meno comuni. CONCLUSIONI Ciò che rende lo studio interessante e ancora attuale è che molti dei sintomi che si pensava fossero specifici dell’anoressia nervosa, della bulimia nervosa e dei pazienti affetti da DA sono secondari alla denutrizione. Si parla di STARVATION SYNDROME. Questi sintomi non si limitano al cibo e al peso, ma si estendono potenzialmente a tutte le aree di funzionamento sociale e psicologico. Dato che molti sintomi postulati in questi disturbi sono secondari alla denutrizione, è assolutamente essenziale che il pattern alimentare e il peso siano riportati a livelli “normali” per ristabilire accuratamente le funzioni psicologiche. Effetti del digiuno sul comportamento • Attitudini e comportamenti nei confronti del cibo e dell’alimentazione • Abbuffate • Cambiamenti emotivi e di personalità • Cambiamenti sociali e sessuali • Cambiamenti cognitivi • Cambiamenti fisici • Attività fisica TCC La terapia è come sempre orientata su 3 livelli: COGNITIVO modifica delle distorsioni cognitive su peso, forme fisiche, autostima, ecc. COMPORTAMENTALE modifica delle abitudini alimentari disfunzionali (dieta, restrizioni, cibi pericolosi) EMOTIVO educazione alle emozioni e gestione della loro espressione Teoria del setset-point La teoria del “set-point” è stata proposta formulando la tesi che il peso corporeo è relativamente stabile nel tempo; secondo questa teoria esso sarebbe regolato attorno a un punto fisso (set-point) da complicati meccanismi fisiologici che si oppongono a qualsiasi tentativo deliberato di modificarlo. Nella composizione corporea (rapporto tra massa magra e massa grassa) il set point è l'equilibrio tra i due compartimenti che l'organismo cerca di tenere il più possibile stabile. La teoria del set point: perché è difficile dimagrire Il set point di adipe o meglio, il rapporto tra massa muscolare e massa grassa è un cammino lento che, come l'omeostasi (equilibrio) ormonale, ha inizio durante lo sviluppo e fine verso l'età adulta (anche se vari fattori potrebbero alterarlo anche raggiunta la totale maturazione corporea). Semplificando il discorso: il vostro set point attuale è frutto di quanto eravate grassi (o magri) durante l'infanzia, la pubertà e l'adolescenza. Un ragazzo che, sino all'età adulta, ha avuto una % di BF sul o superiore al 15% avrà serie difficoltà a scendere sotto il 10%; ciò dipende dalle modificazioni ormonali che comporta l'iperplasia (aumento di numero) e l'ipertrofia delle cellule adipose, modificazioni che toccano in primis la zona di controllo ipotalamica con raggiunta di un certo equilibrio ormonale. Perciò, un corpo abituato ad avere un certo numero di cellule adipose e, quindi, un certo livello di produzione e rilascio di leptina (primo ormone di controllo dello stato nutrizionale/energetico), incontrerà forti difficoltà cercando di variare l'omeostasi verso un piano più basso. Ciò non è impossibile, abbisogna solo di sacrifici maggiori rispetto a chi ha sempre tenuto un set point più basso. Una metodica che permette una variazione "a vita" su un livello di adipe più basso è l'incremento della massa muscolare con minimo o nessuno incremento della massa grassa: ciò permette, alla medesima quantità di grasso, di avere una % di bf, un set point di adipe più basso. Il lavoro è lento (se non si usano "scorciatoie" farmacologiche), ma permette di raggiungere il set point sperato. Questa è definita "ricomposizione corporea", cosa molto rapida in chi è un novizio nell'allenamento. La teoria e la terapia cognitivo comportamentale (CBT) dei disturbi dell'alimentazione è stata descritta agli inizi degli anni 80 da Fairburn per la bulimia nervosa e da Garner e Bemis (oggi Vitousek) per l'anoressia nervosa. Fairburn ha elaborato una teoria "focalizzata" esclusivamente sui processi che mantengono i sintomi della bulimia nervosa, mentre Garner e Vitousek hanno sviluppato una teoria "allargata" che include, oltre ai fattori di mantenimento, anche i fattori di rischio e precipitanti l'anoressia nervosa. Entrambi i modelli teorici, sviluppati basandosi sulla teoria cognitiva elaborata negli anni settanta da Beck per comprendere lo sviluppo ed il mantenimento della depressione, hanno dei pregi e dei difetti. La CBT "focalizzata" di Fairburn, nonostante oggi sia oggi considerata il trattamento di prima scelta per la cura della bulimia nervosa (non ci sono terapie che hanno dimostrato di essere più efficaci) ha tre difetti principali: 1) ha un'efficacia limitata (solo il 50% dei pazienti raggiunge una remissione prolungata); 2) è applicabile solo alla bulimia nervosa e non agli altri disturbi dell'alimentazione; 3) non prende in considerazione la presenza di meccanismi psicopatologici aggiuntivi (vedi sotto) presenti in un sottogruppo di pazienti che contribuiscono a mantenere il disturbo e ad ostacolare il trattamento. La CBT "allargata" di Garner e Vitousek ha il vantaggio di essere applicabile con minime modifiche a tutti i disturbi dell'alimentazione e di non focalizzarsi solo sul comportamento alimentare del paziente e sulla sua preoccupazione per l'alimentazione, il peso e le forme corporee, ma di affrontare anche altre variabili individuali come ad esempio il senso di identità scarsamente sviluppato, l'ascetismo, il perfezionismo, i conflitti di autonomia, i problemi familiari e interpersonali. Questo modello ha però tre principali difetti: 1)la sua efficacia non è supportata da ricerche controllate, ma solo dall'esperienza clinica 2)ha una lunga durata (1 o 2 anni anche se applicata alla bulimia nervosa) 3)non è preciso nello spiegare i meccanismi di mantenimento del disturbo. I progressi compiuti negli ultimi anni nella comprensione dei meccanismi psicopatologici di sviluppo e di mantenimento dei disturbi dell'alimentazione hanno spinto recentemente alcuni eminenti teorici a proporre nuovi modelli teorici e terapeutici per superare le difficoltà emerse con precedenti teorie. MODELLO CBT TRANSDIAGNOSTICA È in corso di valutazione un modello teorico originale transdiagnostico per tutti i disturbi dell'alimentazione sviluppato integrando la recente teoria transdiagnsotica descritta da Fairburn e collaboratori con la teoria di Garner e Vitousek dell'anoressia nervosa e la teoria sul funzionamento cognitivo ed emotivo della mente di Teasdale. Il trattamento derivato da questa teoria prevede l'integrazione di tre figure professionali (medico, dietista e psicologo) e si sviluppa in tre fasi distinte con la possibilità di usare 5 moduli aggiuntivi per affrontare alcuni fattori di mantenimento presenti in un sottogruppo di pazienti che ostacolano il trattamento. Modello cognitivocognitivo-comportamentale della BN Pressione sociale per la magrezza Restrizione dietetica Regole rigide riguardo al cibo Fame DISINIBIZIONE / ABBUFFATA Fairburn, 1981 Indicazioni per il ricovero nella AN •Perdita di peso cospicua •Gravi complicanze mediche •Grave comorbidità psichiatrica (ad es. rischio suicidiario) •Pregressi fallimenti terapeutici ambulatoriali •Ambiente familiare non collaborativo Aspetti egodistonici nella AN - Sintomi psicofisici sgradevoli: freddo, astenia, scarsa concentrazione, umore depresso -Legame autostima-soddisfazione per l’aspetto fisico - Bassa autostima -Ridotta socializzazione -Polarizzazione ossessiva sul cibo Punti basilari nell’aggancio della persona con DCA •Falso bersaglio •Vantaggi e svantaggi della malattia •Recupero del peso come mezzo per …. •Cibo come medicina •Corpo come “macchina” che funziona indipendentemente dal controllo cognitivo •Iniziale correzione delle alterazioni cognitive (ad es. decentralizzare) •Discussione delle possibili complicanze dalla malattia Caratteristiche del terapeuta DA EVITARE DA COLTIVARE - - SEDUTTIVO MORALISTA GIUDICANTE OPPOSITIVO MINACCIOSO PATERNALISTA FERMO EMPATICO IN SINTONIA CON ELEMENTI EGODISTONICI Comportamenti alimentari disfunzionali • Saltare i pasti • Ridurre le porzioni • Eliminare certi cibi Le fasi della perdita di peso • Fase iniziale: la luna di miele • Fase avanzata: ossessione per il cibo, paura di ingrassare ed emozioni negative • Fase finale: iper-eccitazione, scomparsa dell’ossessione per il cibo, morte per inedia. MODIFICA COMPORTAMENTALE: COMPORTAMENTALE ripristino di un’alimentazione regolare Pianificazione dei pasti Alimentazione meccanica Suddividere i pasti Automonitoraggio Specificare la qualità del cibo Specificare la quantità di cibo Alimentazione meccanica - mangiare secondo orari e cibi prestabiliti (3 pasti al giorno + 2 spuntini) - considerare il cibo come una “medicina” che va assunta indipendentemente dalla «voglia» del momento (fame emotiva) - seguire prestabilite modalità di assunzione del cibo (mangiare sedute a tavola, porzioni servite nel piatto, ecc.) … sempre tutto con gradualità ed elasticità Obiettivi - recuperare un regime calorica quotidiano adeguato a età, sesso e stile di vita - mangiare un’ampia varietà di cibi in modo calmo e rilassato - includere delle piccole quantità di cibo che prima era evitato o proibito Esempio Diario Alimentare DATA Ora e luogo Cibi e bevande consumati A V/L/D/ Pensieri, sensazioni e AF situazioni sociali Riassumendo: principali meccanismi perpetuanti indotti dall’alimentazione ipocalorica • Rinforzi positivi e negativi ottenuti dalla dieta e dalla perdita di peso ( Fase della Luna di Miele) • L’estrema preoccupazione per il cibo esagera la tendenza all’uso del controllo alimentare come indice di auto-controllo e autovalutazione • L’intensa fame, che consegue la dieta, è vista come una minaccia al controllo alimentare e al peso, mentre il precoce senso di sazietà e pienezza (dovuto al rallentato svuotamento gastrico secondario alla denutrizione) possono essere vissuti come un fallimento all’autocontrollo. La persona è quindi portata a restringere ancor più l’alimentazione. • La tendenza ad abbuffarsi può provocare sensi di colpa che, a loro volta, possono condurre a sintomi compensatori come il vomito, che a sua volta porta a peggiorare il controllo sull’alimentazione e a favorire le abbuffate • La depressione peggiorando l’autostima favorisce l’uso del cibo, del peso e delle forme corporee come mezzo per valutare se stessi • L’ansia da una parte può esacerbare il controllo del cibo, del peso e delle forme corporee come mezzo per ridurre questo stato, dall’altra può portare a mangiare in eccesso e favorire le abbuffate che a loro volta aumentano la preoccupazione per il peso e le forme corporee. • L’isolamento sociale da una parte impedisce lo sviluppo di relazioni positive che possono migliorare l’autostima, dall’altra favorisce l’uso del cibo, del peso e delle forme corporee come mezzi per valutare se stessi • Il deficit di concentrazione osservato nel digiuno può minacciare il senso di auto-controllo dell’individuo dal momento che le persone che hanno difficoltà a concentrarsi riescono a seguire con meno attenzione gli eventi e perciò tendono a percepire se stesse come non prevedibili ed incontrollabili • La perdita di peso rallenta con il tempo perché l’organismo reagisce alla restrizione diminuendo il consumo di energia. Tale fatto è vissuto come un segno di perdita di controllo ed è affrontato restringendo ulteriormente la dieta e utilizzando altri mezzi come l’eccessivo esercizio fisico, il vomito auto-indotto e l’abuso di lassativi e/o diuretici • La diminuzione dell’interesse sessuale impedisce l’incontro con persone del sesso opposto e quindi lo sviluppo di una vita di relazione adulta MODIFICAZIONE COGNITIVA Bias cognitivi e distorsioni che conducono a depressione od ansia (A) Astrazione selettiva “E’ successo qualcosa di brutto oggi, così la mia giornata è rovinata” Catastrofizzazione “Se non mantengo questo impiego, sarà la fine della mia carriera” Inferenza arbitraria “Il mio capo non mi ha parlato questa mattina: deve avercela con me” Generalizzazione “Tutte le opinioni di su di me contano in egual modo” Centralità Pensiero Dicotomico (Pensiero tutto-o-nulla) Supergeneralizzazione Sottovalutare il positivo “L’attenzione di ognuno è focalizzata su di me (e ciò mi rende nervoso)” “Se il mio lavoro non è perfetto, non vale niente” “Quell’aereo che è caduto la scorsa settimana è la dimostrazione che non è sicuro volare” “Anche se esercito 2 lavori e mi prendo cura di 6 bambini, non significa che sto facendo qualcosa di valore” Magnificazione o minimizzazione Dovere/essere render conto obbligato/dover Etichettarsi e denigrarsi Personalizzazione “Il mio collega è molto migliore di me” (magnificazione applicata agli altri) “Non riesco mai a terminare un lavoro (minimizzazione applicata a se stesso) “Dovrei stare a dieta, fare esercizio, lavorare più duramente, essere simpatico alle persone, ecc.” “Non sono in gamba; sono un fallimento” “Piove sempre programmo un picnic” quando Interventi specifici nei Disturbi dell’Alimentazione Da un punto di vista clinico, appare utile rendere il paziente gradualmente consapevole della connessione PENSIERI – COMPORTAMENTI EMOZIONI. Si illustra quindi come imparare i seguenti esercizi possa essere un aspetto vitale della terapia: Seguire il proprio pensiero e rendersi consapevoli di esso Riconoscere la connessione tra certi pensieri e comportamenti ed emozioni maladattive Esaminare l’evidenza della validità di particolari convinzioni Sostituire interpretazioni più realistiche e appropriate Modificare gradualmente le sottostanti idee che sono determinanti fondamentali di più specifiche convinzioni Cosa fare, come farlo Particolare attenzione e sensibilità devono essere dedicate ad evitare interventi che degenerino in atteggiamenti inquisitori. Infatti i pazienti con Disturbi dell’Alimentazione giungono in terapia sentendosi inadeguati e soggiogati dal loro pensiero; diretti cambiamenti del loro modo di pensare possono soltanto rinforzare la loro opinione di essere inadeguati. Consigli e suggerimenti devono essere proposti in una atmosfera di accettazione. Le linee guida generali dovrebbero essere “cucite su misura” secondo i bisogni individuali di ogni singolo paziente. • Articolazione delle convinzioni • Decentramento • Decatastrofizzazione • Cambiare i “Dovrei” • Cambiare le convinzioni attraverso esercizi comportamentali • Prospettare ipotesi possibili • Tecniche di riattribuzione • Tecniche palliative Binge Eating Disorder (BED) rapporto femmine/maschi è di 3:2 ( in tutti i gruppi etnici e in tutti i pazienti in trattamento o no) età di esordio non è conosciuta; l’età al momento della diagnosi varia tra i 30 ed i 40 anni tra i soggetti sovrappeso, la presenza del BED sembra associarsi ad una più precoce insorgenza dell’obesità. dell’obesità. The Prevalence and Correlates of Binge Eating Disorder in the World Health Organization World Mental Health Surveys Background Little population-based data exist outside the United States on the epidemiology of binge eating disorder (BED). Cross-national BED data are presented here and compared with bulimia nervosa (BN) data in the World Health Organization (WHO) World Mental Health Surveys. Methods Community surveys with 24,124 respondents (ages 18+) across 14 mostly upper-middle and highincome countries assessed lifetime and 12-month DSM-IV mental disorders with the WHO Composite International Diagnostic Interview. Physical disorders were assessed with a chronic conditions checklist. Results Country-specific lifetime prevalence estimates are consistently (median; interquartile range) higher for BED (1.4%; .8–1.9%) than BN (.8%; .4–1.0%). Median age of onset is in the late teens to early 20s for both disorders but slightly younger for BN. Persistence is slightly higher for BN (6.5 years; 2.2–15.4) than BED (4.3 years; 1.0–11.7). Lifetime risk of both disorders is elevated for women and recent cohorts. Retrospective reports suggest that comorbid DSM-IV disorders predict subsequent onset of BN somewhat more strongly than BED and that BN predicts subsequent comorbid disorders somewhat more strongly than does BED. Significant comorbidities with physical conditions are due almost entirely to BN and to a somewhat lesser degree BED predicting subsequent onset of these conditions. Role impairments are similar for BN and BED. Fewer than half of lifetime BN or BED cases receive treatment. Conclusions Binge eating disorder represents a public health problem at least equal to BN. Low treatment rates highlight the clinical importance of questioning patients about eating problems even when not included among presenting complaints. BED: caratteristiche cliniche abbuffate ( giorni “binge”) marcata preoccupazione per il peso, le forme corporee e il controllo dell’alimentazione aspirazione a elevati standard di perfezione nella dieta e continua lotta per evitare le abbuffate presenza di indicatori di discontrollo alimentare (mangiare rapidamente fino a sentirsi sgradevolmente pieni, indipendentemente dal senso di fame, di nascosto) presenza all’anamnesi di ampie oscillazioni del peso o “weight cycling” (oscillazioni del peso maggiori di 10 kg) stile cognitivo dicotomico (pensiero “tutto o nulla”) oscillazioni dell’umore (l’apporto calorico sembra correlarsi con la gravità del quadro depressivo eventualmente associato) BED e ingresso all’Obesità insorgenza dell’obesità più precoce elevati tassi di psicopatologia associata familiarità positiva per disturbi psichiatrici elevata percentuale di insuccesso nella terapia dell’obesità: • scarsa tolleranza ai regimi ipocalorici • incidenza di drop-out • entità della perdita di peso • rapidità di recupero del peso Comorbidità psichiatrica nel BED E’ stata riscontrata una prevalenza life time di: • Depressione Maggiore • Distimia • Disturbo da Attacchi di Panico • Disturbo Post-traumatico da Stress • Bulimia Nervosa • Disturbo Borderline ed Evitante di Personalità sembra essere proporzionale alla severità del binge ma non al livello di obesità. sembra essere in relazione non con la condizione di sovrappeso ma specificamente con il disturbo della condotta alimentare. Obesità e BED Il BED si associa ad elevati tassi di drop-out dalle terapie classiche per il dimagrimento. L’incidenza del BED aumenta parallelamente al BMI. La disregolazione sull’alimentazione ed il binge-eating peggiorano con l’aumentare del grado di obesità. La terapia cognitivo-comportamentale determina una riduzione del binge-eating anche in assenza di una significativa riduzione del peso corporeo. ….e la famiglia ? Alcuni centri coinvolgono i genitori, altri no. Cosa fareste e perché ? Genitori e pazienti devono avere lo stesso terapeuta? Vantaggi del coinvolgimento della famiglia Problemi che si verificano nella famiglia dove è presente il DCA Reazione dei genitori alla scoperta della malattia Ruolo della famiglia nel trattamento Cosa deve fare la famiglia per evitare che il DCA diventi il centro della vita familiare Come può fare la famiglia per convincere il paziente ad intraprendere un trattamento Quali comportamenti evitare nei riguardi di vostro figlio/a Esempi pratici Non chiedete il resoconto giornaliero dell’andamento del disturbo. Lasciate che sia lui/lei a scegliere i cibi. Non chiedetegli di mangiare “per voi”. Non affrontate il problema in termini di forza di volontà, egoismo, o come un problema morale, non siate pertanto colpevolizzanti. Non controllate il cibo ingerito pretendendo di dare i consigli giusti. Non controllate il peso.
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