Progetto BIOSEA Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche per una Sostenibilità Economica ed Ambientale Relazione tecnico-scientifica del Coordinatore sulle attività svolte Terzo anno (2012-2013) Coordinatore di Progetto Prof. Gianpietro Venturi 1 1 Sommario 1 Sommario ..................................................................................................................................... 2 Relazione del Coordinatore .............................................................................................................. 5 Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi ........................................................................................... 5 1 2 Relazione del Coordinatore .......................................................................................................... 6 1.1 Premessa ................................................................................................................................ 6 1.2 Attività svolta dal Coordinatore nel terzo anno (2013) ......................................................... 7 1.3 Stato di avanzamento delle attività ...................................................................................... 10 1.4 Sintesi delle attività svolte per la divulgazione di risultati intermedi ................................. 13 1.5 Indicazioni sulle attività previste per la chiusura del progetto ............................................ 14 Attività delle singole UU.OO..................................................................................................... 15 2.1 CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF .......................... 16 2.1 U.O. I CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF ............... 17 2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università Cattolica S. Cuore .......................................................................................................................... 31 2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università Cattolica S. Cuore .......................................................................................................................... 32 2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova ............................................................ 41 2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova ............................................................ 42 2.3.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 42 2.3.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio ........................ 42 2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna .................................................................................................................... 49 2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna .................................................................................................................... 50 2 2.4.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 50 2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per le colture Industriali ..................................................................................................... 94 2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per le colture Industriali ..................................................................................................... 95 2.5.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 95 2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR) ............................................................................................ 114 2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR) ............................................................................................ 115 2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali Università di Pisa ......................................................................................................................... 123 2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali Università di Pisa ......................................................................................................................... 124 2.8 U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna .................................................................. 135 2.8 U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna .................................................................. 136 2.9 U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo ....... 147 2.9 U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo ....... 148 2.9.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 148 2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA ..................... 153 2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA ..................... 154 2.10.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 154 2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria ........................................................... 159 2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria ........................................................... 160 2.11.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 160 2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari) ................................................... 170 2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari) ................................................... 171 3 2.12.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 171 2.12.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio ...................... 192 2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania ................................................................................. 205 2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania ................................................................................. 206 2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)..................................... 230 2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)..................................... 231 2.14.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 231 2.15 1) 2.16 Elenco Allegati .............................................................................................................. 240 Allegato 1 – Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati ................ 240 Allegato 1 - Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati ............. 241 4 Relazione del Coordinatore Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi 5 1 Relazione del Coordinatore Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi 1.1 Premessa La relazione ha l’obiettivo di fornire un quadro delle attività svolte nel 2013 (III anno) nell’ambito del progetto Biosea, da ciascuna delle unità di ricerca coinvolte, e di verificare lo stato di allineamento delle attività progettuali rispetto a quanto previsto. Si ritiene dunque opportuno, prima di fornire una descrizione delle attività e del relativo stato di avanzamento, ricordare le vicende che hanno caratterizzato l’avvio del Progetto e che, in qualche caso, hanno comportato adeguamenti tecnici. Il Progetto BIOSEA, bando rientrante nel Progetto Bioenergetico D.M. 246/07 del 23/10/2007, G.U. n. 94 del 27/11/2007, è stato proposto e presentato al MIPAF dal Coordinatore nel febbraio 2008. A seguito di valutazione è stato rimodulato nel dicembre dello stesso anno e, definitivamente, nel gennaio 2009. Con D.M. 7508/7303/09 del 23/03/2009, previa accettazione del Coordinatore Prof. Gianpietro Venturi, è stato concesso un contributo a favore del DiSTA (Dipartimento di Scienze Tecnologiche dell’Università di Bologna), registrato presso l'Ufficio Centrale di Bilancio il 07/04/2009. Il Progetto quindi ha iniziato ufficialmente la propria attività. In seguito, a causa del ricorso presentato da uno dei soggetti esclusi dal finanziamento, il Progetto è stato sospeso con provvedimento di autotutela il 19/05/2009. E' stata avviata una nuova procedura di valutazione, con la nomina di una nuova Commissione. A seguito della graduatoria scaturita dalla nuova valutazione, il Progetto è stato rimodulato (nota n. 1042/10 del 12/04/2010) e con D.M. 16916/7303/10 del 23/07/2010 è stato riconcesso il finanziamento al DiSTA ed è stato riconfermato il Coordinatore Generale, che ha accettato (nota n. 887/10 del 23/03/2010). Il Progetto ha quindi ripreso ufficialmente la propria attività. Al momento della comunicazione del provvedimento di sospensione del finanziamento, la maggior parte delle Unità Operative aveva già avviato le attività di rispettiva competenza. Fortunatamente, una volta riavviato il Progetto, è stato possibile, nella maggior parte dei casi, recuperare e valorizzare le attività già avviate nella prima fase. Il Progetto si inserisce in un contesto di grande attenzione verso il mondo delle bioenergie, e delle agroenergie in particolare, a livello non solo italiano ma anche europeo e mondiale. Il progetto ha la 6 possibilità di fornire affidabili risultati sperimentali proprio perché ottenuti su sperimentazioni sufficientemente prolungate ed in ambienti e su colture sufficientemente diversificate. Il Progetto prevede attività di sperimentazione sia su colture pluriennali che su colture annuali. Nel caso delle seconde, la sperimentazione prevede l'analisi di risultati ottenuti in anni e luoghi diversi, caratterizzati da differenti andamenti meteorologici, con l'obiettivo di verificare i campi di variazione dei risultati e la risposta delle varie colture a differenti situazioni ambientali. In questa ottica sono state indagate alcune delle fitotecniche per le quali le conoscenze disponibili erano ritenute insufficienti. Nel caso delle colture pluriennali, assumono particolare interesse i risultati ottenuti in anni via via più lontani da quello di impianto, a causa della sostanziale scarsità di risultati sperimentali disponibili su periodi prolungati di tempo. E' infatti necessario conoscere per ogni coltura il livello produttivo nell'intero ciclo e per quanti anni potrà durare tale ciclo e in quali situazioni pedo-climatiche e colturali. In questo caso, si è potuto usufruire di campi impiantati da qualche anno. Obiettivo generale del Progetto è fornire il maggior numero possibile di informazioni attendibili sugli aspetti sopra sintetizzati. 1.2 Attività svolta dal Coordinatore nel terzo anno (2013) Come negli anni precedenti, l’impegno del Coordinatore ha riguardato diversi aspetti tutti convergenti sull’obiettivo generale di stimolare l’attività di ricerca delle 14 U.O. e di far conoscere i risultati ottenuti. In particolare, l’attività di coordinamento ha riguardato aspetti A) tecnico-scientifici direttamente attinenti le ricerche in atto; B) politici tramite contatti, spesso informali, con Istituzioni e soprattutto mondo operativo per far conoscere il Progetto e quindi valorizzarlo; C) divulgativi, con collaborazioni all’organizzazione di iniziative pubbliche, interventi personali a tali iniziative, e con coordinamento di pubblicazioni; D) amministrativi. Più in particolare: A) Aspetti tecnico-scientifici Il Coordinatore ha curato contatti con i Responsabili delle U.O. per essere informato sull’andamento delle ricerche e discutere i pochissimi casi che richiedevano piccoli cambiamenti di indirizzo. Per quest’ultima attività, l’impegno è stato modesto poiché la presentazione iniziale delle ricerche era stata ben curata e perciò non si sono presentati particolari problemi. Il delicato lavoro svolto nel primo anno in seguito alla “ripartenza” del progetto si è infatti rivelato molto proficuo. Gli indirizzi allora delineati si sono dimostrati corretti e le U.O. hanno potuto quindi seguire senza difficoltà le attività programmate. 7 B) Aspetti politici Il Coordinatore si è dedicato soprattutto ad aspetti legati alla politica generale del progetto in un’ottica sia nazionale che europea. In questo anno infatti, le bioenergie sono state oggetto di grande interesse e discussione a livello UE, sia in Consiglio che in Commissione, sia in riunioni e in convegni in diversi Paesi membri dell’Unione. Diversi gli argomenti, sui quali sostenitori ed avversarsi si sono affrontati discutendo principalmente la concorrenza fra destinazioni food e non food delle produzioni agricole. Resa dei terreni e sicurezza alimentare i temi centrali, ma anche bilanci energetici, ambientali e quindi economici e sociali. Argomento globale complesso con le varie ripercussioni sulle decisioni che coinvolgono il futuro delle bioenergie. Uno fra gli aspetti ora di attualità riguarda le modalità di calcolo di bilanci ambientali ed in particolare quali parametri considerare e come. L’introduzione o meno dell’ILUC ha richiesto molte riunioni e accese discussioni. Sono evidentemente aspetti di interesse diretto del progetto, poiché per le decisioni future, dell’UE e nazionali, si ravvisa l’esigenza di disporre di una grande quantità di nuove piccole conoscenze, che potranno essere ricavate da questo e dagli analoghi progetti in atto in diversi Stati membri dell’UE ed anche extraeuropei. C) Aspetti divulgativi Su questo aspetto notizie più specifiche verranno fornite al punto 1.4. L’impegno del Coordinatore è stato dedicato al coordinamento di un numero speciale di una rivista di prestigio quale l’Italian Journal of Agronomy che ha pubblicato uno speciale con alcune delle relazioni presentate alla giornata di studio sull’Arundo donax organizzata dal BIOSEA nel 2012. Il Coordinatore ha anche tenuto le relazioni introduttive dei convegni di Udine e di Padova (quest’ultimo sulle colture per biodiesel organizzato in ambito BIOSEA) organizzati dalle rispettive Università. Altro impegno è stato quello di stimolare le U.O. a divulgare tempestivamente i risultati ad ora ottenuti. D) Aspetti amministrativi Infine l’attività amministrativa. Questa attività, la cui responsabilità formale riguarda il Direttore e il Segretario Amministrativo del Dipartimento, ha richiesto, oltre al normale impegno di risposta alle U.O sui quesiti riguardanti modalità di rendicontazione e attribuzione di spese a specifici, previsti capitoli, anche un impegno aggiuntivo per la predisposizione di una rimodulazione richiesta da alcune U.O. 8 Infatti, le richieste delle U.O. e un’attenta valutazione della situazione generale del progetto, hanno indotto il Coordinatore a richiedere una proroga di un anno rispetto alla data prevista (31-12-2013) di chiusura del progetto. Tale proroga è stata concessa dal Ministero (decreto del Direttore Generale N° 0019292 del 03/10/2013) e la chiusura del progetto è stata quindi spostata al 31-12-2014. Le difficoltà amministrative presentatesi l’anno scorso in seguito all’accorpamento dei Dipartimenti conseguente alla Riforma Gelmini dovrebbero essere state superate. Attualmente è in fase di predisposizione la rimodulazione, attività posticipata rispetto a quanto si sarebbe voluto, in conseguenza del ritardo di alcune U.O. nel fornire la documentazione. 1.2.1 Sintesi delle attività di coordinamento del terzo anno Così come negli anni precedenti, l’obiettivo generale dell’impegno del Coordinatore è stato la valorizzazione del Progetto attraverso varie tipologie di attività. L’impegno, quindi, è stato mantenere ed incrementare i contatti con attori della ricerca, dei settori pubblico e privato, italiani e stranieri, con il mondo operativo dell’agricoltura e dell’industria e con Istituzioni dell’UE, nazionali e regionali. In molti casi sono stati privilegiati contatti e collegamenti informali, resi possibili e facilitati dal ruolo del Coordinatore nell’ambito della Piattaforma Tecnologica nazionale Biofuels Italia (Presidente), di quello ricoperto fino all’inizio del 2013 in quella europea PT UE Biofuels (membro dello Steering Committee) e del gruppo di lavoro WG1 (Worging Group Biomass) (membro) di quest’ultima. Notevole impegno è stato dedicato a stimolare l’attività di divulgazione delle U.O. con pubblicazioni scientifiche, presentazioni a convegni, conferenze, seminari, ecc. A tale attività ha più volte partecipato direttamente anche il Coordinatore. In proposito il Coordinatore ha partecipato attivamente tenendo la relazione introduttiva a due Convegni (Udine e Padova) descritti nel dettaglio più avanti e ha tenuto due letture, al Rotary e all’Accademia Nazionale dell’Agricoltura nelle quali ha trattato anche il tema delle bioenergie. Più in particolare, fra le attività del Coordinatore svolte nel terzo anno (2013), possono essere citate le seguenti: - ha curato i contatti con le U.O., per informazioni sull’andamento delle ricerche e discussione di piccoli adeguamenti via via resisi necessari. - Ha tenuto contatti con i membri del Comitato Scientifico, in particolare favorendo lo scambio di idee ed il confronto su aspetti generali delle bioenergie di interesse per il Progetto. - Ha continuato ad informare alcuni Colleghi europei sulle attività del Progetto. Grazie all’attività di informazione svolta nei confronti dei Colleghi europei, il progetto è conosciuto 9 ed apprezzato in ambito europeo dove è riconosciuto come una delle iniziative di ricerca italiana di interesse per lo sviluppo delle bioenergie. - Ha continuato a seguire lo sviluppo e l’aggiornamento del sito web del Progetto (biosea.dista.unibo.it) stimolando i Responsabili delle U.O. ad inviare i lavori scientifici realizzati in ambito BIOSEA e a dare notizia di iniziative. - Ha continuato a dedicare impegno fra le attività previste nell’ambito del WP4 all’analisi del ciclo di vita attraverso la metodologia LCA, analisi destinata ad essere sviluppata su tutte e tre le filiere bioenergetiche coperte dal progetto. La metodologia LCA, pensata per consentire l’analisi e la quantificazione degli impatti ambientali legati alla produzione (nel caso specifico, produzione di bioenergia), riveste già ora grande interesse scientifico ed ha incontrato un importante sviluppo applicativo, ponendosi come uno degli stream di grande interesse per il mondo della ricerca nel prossimo futuro. L’UE ne sta di fatto valutando le possibilità di applicazione nei criteri ufficiali di classificazione delle fonti e delle forme di bioenergie. L’attività di Coordinamento in proposito è stata molto proficua e si ricorda che ne è scaturito un documento preparato l’anno scorso sotto la responsabilità e la guida del Dott. Andrea Monti, Coordinatore del WP4 (documento disponibile). In chiusura del Progetto si spera di organizzare una giornata dedicata al tema LCA. - Ha creato uno special issue in Italian Journal of Agronomy (Convegni di Bologna e Bari. Arundo donax, valutazione agronomiche, energetiche e di sostenibilità. Vol 8 No 1s (2013).), che ha pubblicato alcune delle relazioni del Convegno organizzato l’anno scorso dal Progetto sull’Arundo donax. Lo speciale è disponibile al seguente indirizzo: http://www.agronomy.it/index.php/agro/article/view/ija.2013.s1. - Ha infine svolto l’attività di supporto alle U.O. per gli aspetti amministrativi. 1.3 Stato di avanzamento delle attività Il capitolo 2 della relazione presenta, per ciascuna UU.OO., il dettaglio delle attività svolte per ciascun task, lo stato di avanzamento delle stesse rispetto a quanto previsto dal progetto, ed i risultati conseguiti in questa prima fase. Le tabelle seguenti riepilogano, per ciascun task e relativi sub-task, lo stato delle attività per le UU.OO. coinvolte. In linea generale, lo stato di avanzamento appare sostanzialmente in linea con il timing previsto dal progetto, sebbene in alcuni casi i ritardi iniziali nell’avvio del progetto abbiano determinato un parziale disallineamento delle attività rispetto al timetable originario, che è tuttavia in corso di recupero. La proroga di un anno permetterà di completare le poche attività in ritardo sulle previsioni iniziali, ma soprattutto di meglio analizzare i tanti risultati ottenuti e, si auspica, di divulgarli a livello scientifico e tecnico. 10 Si segnala che molte U.O. pur avendo completato le attività “minime” previste dal progetto e dai relativi Work package stanno comunque finalizzando attività aggiuntive sfruttando culture già avviate, sperimentazioni in atto avviate ai fini del progetto e quindi valorizzando ulteriormente l’investimento fatto sul progetto. Tabella 1 – Stato di avanzamento delle attività – WP 1 Task e sub-task UU.OO. coinvolte Stato avanzamento Non avviato In corso Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica Sub-task 1.1.1 Valutazione delle potenzialità produttive di cloni o ibridi di specie arboree a rapido accrescimento (SRF) CRA-PLF; SSSA X Sub-task 1.1.2 Valutazione dell’impiego di reflui zootecnici nella fertilizzazione di arundo e pioppo CRA-CIN X Sub-task 1.1.3 Concluso X Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da fibra in semina tradizionale e anticipata CRA-CIN; UNIBO; UNICT X X X Sub-task 1.1.4 Valutazione della produttività di arundo in funzione dell’agrotecnica CRA-SCA SSSA X X Sub-task 1.1.5 Bilancio Energetico UNICT; CRA-SCA; UNIBO CRA-SCA UNICT X X X X X Bilancio del carbonio Sub-task 1.1.6 Ottimizzazione dell’uso delle ceneri in agricoltura CRA-RPS Sub-task 1.1.7 Prime valutazioni delle potenzialità produttive di specie da biomassa meno note da introdurre nelle filiere esistenti Filiera Bio-diesel UNIBO UNICT X X Confronto fenologico-produttivo fra genotipi di colza e carinata Valutazione dell’effetto della concimazione azotata e della tecnica di lavorazione del terreno su genotipi di colza Confronto fra colza, carinata e girasole a diversi itinerari tecnici Filiera Bio-etanolo UNIPI; UNIPD CRA-SCA X X X UNIPI X Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da zucchero a diverse latitudini in funzione dell’epoca di semina Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da zucchero a diverse latitudini in funzione della disponibilità idrica UNICT, UNIBO X X UNICT X Task 1.2 Sub-task 1.2.1 Sub-task 1.2.2 Sub-task 1.2.3 Task 1.3 Sub-task 1.3.1 Sub-task 1.3.2 Studio di tecniche colturali a livelli di input differenziati CRA-SCA, UNICT X X X 11 Tabella 2 – Stato di avanzamento delle attività – WP 2 UU.OO. coinvolte Task e sub-task Stato avanzamento Non avviato In corso Task 2.1 Filiera Bio-termoelettrica Sub-task 2.1.1 Costituzione di nuovi cloni di specie arboree SRF a partire da materiale già selezionato dall’U.O. CRA-PLF X Sub-task 2.1.2 Miglioramento della capacità germinativa di sorgo da fibra in condizioni di stress abiotici e costituzione di nuovi ibridi ad elevata produttività CNRIVALSA X Sub-task 2.1.3 Valutazione della variabilità genetica di arundo e specie affini con tecniche di genetica molecolare Filiera Bio-etanolo CRA-CIN Miglioramento della capacità germinativa di sorgo da zucchero in condizioni di stress abiotici e costituzione di nuovi ibridi ad elevata produttività CNRIVALSA; UNICATT Task 2.2 Sub-task 2.2.1 Concluso X X X Tabella 3 – Stato di avanzamento delle attività – WP 3 Task e sub-task Task 3.1 Task 3.2 Task 3.3 Task 3.4 Analisi dirette delle principali caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse per energia biotermoelettrica prodotte con diverse modalità nell’ambito del WP1 Valutazione dell’efficienza degli impianti esistenti utilizzando biomasse con differenti pre-trattamenti Analisi di impianti esistenti sul territorio italiano ed eventuale verifica dell’adattabilità delle diverse tipologie di biomassa a impianti combinati (combustione, gassificazione, pirolisi) Caratterizzazione qualitativa degli oli per la produzione di biodiesel UU.OO. coinvolte UNIBO; CRA-CIN; CREAR (UNIFI); UNICT Stato avanzamento Non avviato In corso X X X X CREAR (UNIFI) CREAR (UNIFI) CRA-SCA in collaborazione con UNIPI UNIPD Concluso X X X X 12 Tabella 4 – Stato di avanzamento delle attività – WP 4 Task e sub-task UU.OO. coinvolte Task 4.1 Analisi Economica Task 4.2 Analisi di impatto ambientale (LCA) (in collaborazione con diverse unità e con coordinamento del progetto) UNIBO CRA-SCA UNICT Task 4.3 Analisi Territoriale (GIS) CRA-SCA Task 4.4 Meccanizzazione e logistica CRA-ING Stato avanzamento Non avviato INEA In corso Concluso X X X X X X 1.4 Sintesi delle attività svolte per la divulgazione dei risultati 1.4.1 Interventi pubblici del Coordinatore Nel 2013 il Coordinatore ha partecipato a quattro riunioni pubbliche tenendo relazioni specifiche sulle tematiche del progetto, nelle quali venivano trattati anche aspetti relativi alle bioenergie. In particolare: - - - Il 17 gennaio al Rotary di Bologna Est ha svolto la relazione “Le mille agricolture”. Il 25 gennaio a Udine al Congresso “Filiere agroenergetiche in FGV: valutazione della sostenibilità aziendale e territoriale” organizzato da Università di Udine, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e Fiera di Udine, ha tenuto la relazione “Alcune considerazioni sulla sostenibilità delle bioenergie”. Il 4 febbraio, nell’Aula Magna della Facoltà di Agraria di Bologna, nell’ambito degli incontri tematici “Il progresso in agricoltura” organizzati dall’Accademia Nazionale di Agricoltura, ha tenuto la lettura “Le colture erbacee nel passato, nel presente, nel futuro”. Il 18 giugno ad Agripolis, Padova nell’ambito delle giornate di studio BIOSEA “Le Brassicacee più idonee per biodiesel” organizzate dall’U.O. Università di Padova (Prof. G. Mosca) ha presentato la relazione “ La filiera biodiesel del Progetto BIOSEA”. Le quattro presentazioni sono disponibili sul sito del Progetto (http://biosea.dista.unibo.it/index.php), alcune sul sito Biofuels Italia della Piattaforma Tecnologica Nazionale dei biocarburanti (http://www.biofuelsitalia.it/) e quella del 18 giugno sul sito dell’Accademia Nazionale di Agricoltura (http://www.accademia-agricoltura.unibo.it/) ed anche sugli Annali dell’Accademia, anno accademico 205° e 206°, pag.193-220. 13 Sugli stessi annali è anche riportata notizia, pag. 377-380, del Convegno sull’Arundo donax organizzata dal Progetto Biosea del 25 maggio 2012. 1.5 Indicazioni sulle attività previste per l’anno 2014 Le attività di ricerca delle U.O saranno dedicate al completamento degli obiettivi inizialmente definiti, così come indicato nel timetable (cap.1.3 che riporta lo stato di avanzamento col dettaglio delle attività programmate per i singoli task e sub-task). In diversi casi verranno effettuate ricerche aggiuntive rispetto a quanto previsto. Infatti, la disponibilità di colture pluriennali impiantate da qualche anno è un’occasione troppo ghiotta che i ricercatori, se ne hanno l’opportunità, non si lasciano scappare. Ogni impianto in essere, rappresenta, infatti, un patrimonio irripetibile, di valore tanto maggiore quanto più “vecchio”. Infatti, per molte specie pluriennali sono scarsi i dati sperimentali sulla durata utile. Oltre all’attività di ricerca, proseguirà quella di divulgazione con la compilazione di pubblicazioni scientifiche e tecniche e, auspicabilmente, con la partecipazione dei ricercatori a convegni e congressi. Un ruolo importante per la divulgazione sarà ricoperto dal sito (http://biosea.dista.unibo.it/), che si cercherà di tenere sempre aggiornato. Le U.O., in collaborazione con il coordinamento, cercheranno di organizzare tre convegni uno, di carattere tecnico-scientifico, programmato a Pisa in collaborazione fra le U.O. SSSA e UNIFI tratterà diversi aspetti tecnico-scientifici della filiera agroenergetica. Uno a Catania organizzato dalla U.O. UNICT sarà dedicato principalmente alla LCA; il terzo probabilmente a Roma vedrà come protagonista l’U.O. INEA e tratterà aspetti economici e generali delle agro-energie. Nelle organizzazioni dei convegni si è programmato di coinvolgere Accademie, Università, Associazioni agricole e industriali. Purtroppo, l’attuale situazione economica del Paese rende non facile assicurare la presenza di organismi pubblici o privati non direttamente coinvolti nel Progetto. Di conseguenza, il taglio dei tre convegni dovrà essere diverso a seconda delle valutazioni che potranno essere via via ritenute più attendibili. 14 2 Attività delle singole UU.OO 2.1 CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche esistenti per una sostenibilità economica ed ambientale Responsabile scientifico: Dr Giuseppe Nervo 16 2.1 U.O. I CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche esistenti per una sostenibilità economica ed ambientale Responsabile scientifico: Dr Giuseppe Nervo 2.1.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.1.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Le attività già avviate presso l’Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta (PLF), finalizzate alla selezione e costituzione di nuovi cloni di pioppo e salice da utilizzare per la produzione di biomasse lignocellulosiche, sono proseguite secondo i piani di lavoro previsti per ciascuna Task. Poiché per alcuni impianti le rilevazioni relative alla produttività in biomassa e all’adattabilità alle condizioni pedoclimatiche di differenti areali di coltivazione del Nord e del Centro – Sud Italia sono in corso o sono in fase di elaborazione, si riportano di seguito solo i risultati relativi agli impianti realizzati a Casale Monferrato per i quali si è già provveduto all’elaborazione statistica dei dati raccolti. Per gli impianti sperimentali non considerati in questa relazione si rimanda ai risultati già riportati nella relazione dello scorso anno. In ottemperanza a quanto già previsto sia nella scheda di progetto che nella precedente relazione di attività, nel 2013 si è provveduto alla realizzazione di due nuovi impianti in Sicilia, allo scopo di verificare il comportamento di alcune selezioni clonali sia di P.x canadensis che di P. alba in ambienti aridi meridionali. Inoltre sono proseguite le attività di valutazione della tolleranza a stress abiotici (salinità) e di radicazione in condizioni limitanti, a seguito di prove in vivo ed in vitro con alcune delle migliori selezioni clonali di P. alba, P. x canadensis e salice. 17 Tabella 2.1.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Task 1 – Valutazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici di differenti genotipi di pioppo di diversa origine, per produzioni bioenergetiche X Task 1 – Work Package.1.A – Rilevazione precoce degli accrescimenti e della resistenza alle principali avversità biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a Casale Monferrato. X Task 1 – Work Package 1.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di cloni di P. alba, e P. x canadendis, in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese X Task 2 – Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba S. matsudana e di loro ibridi per la produzione di biomasse lignocellulosiche X Task 2 – Work Package 2.A – Selezione per accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di genotipi di salice (Salix alba e S. matsudana e i loro ibridi) A Casale X Task 2 – Work Package 2.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di genotipi di salice (Salix alba e S. matsudana e i loro ibridi), in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese X Task 3 – Valutazione di cloni di pioppo e salice per la tolleranza e stress abiotici X Task 3 – Work Package 1.A – Valutazione degli accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno campo X Concluso 18 2.1.1.2 Relazione sull’attività svolta Task 1 –Valutazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici di differenti genotipi di pioppo di diversa origine, per produzioni bioenergetiche 2.1.1.2.a.1 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 1 Work Package 1.A – Rilevazione precoce degli accrescimenti e della resistenza alle principali avversità biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a Casale Monferrato. Nel 2013 è proseguita l’attività di valutazione delle rese produttive di alcune selezioni clonali di P. x canadensis allevati in due diversi impianti sperimentali realizzati presso l’azienda Mezzi del CRA-PLF di Casale Monferrato. Come già riportato nella precedente relazione una prova di confronto era stata allestita utilizzando 21 nuovi cloni, oltre a due cloni testimoni di riferimento (Orion e Baldo), allevati alla densità di 8.333 piante per ettaro ( sesto di 2 x 0,6 metri). Un secondo impianto, realizzato nel 2010 alla densità di 1.111 piante per ettaro (sesto di 3 x 3 metri) ha consentito il confronto di 9 selezioni clonali con i due cloni testimone I-214 e Orion, secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con 4 ripetizioni. La determinazione della resa in biomassa anidra (t/ha) è stata effettuata a seguito di rilievi del diametro medio delle piante, rilevato a 1,30 centimetri da terra. Relativamente alla resistenza alle principali malattie fogliari del pioppo (defogliazione primaverile, bronzatura e ruggine) si è proceduto all’osservazione ed alla verifica del comportamento dei diversi cloni sia in vivaio che in piantagioni, secondo modalità ed accorgimenti sperimentali già riportati nella precedente relazione. Lo stesso dicasi per l’afide lanigero del pioppo (Phloeomyzus passerinii) per il quale sono proseguiti i saggi di laboratorio per la valutazione del livello di resistenza. Per il pioppo bianco (P.alba) è proseguita la rilevazione degli accrescimenti dei cloni a confronto nella piantagione effettata a Casale Monferrato alla densità di 1.111 piante per ettaro (spaziatura 3×3 metri) utilizzando 20 cloni, scelti tra i 60 già utilizzati per la prova allestita a Caramagna Piemonte (CN). Work Package 1.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di cloni di P.alba, e P. x canadensis, in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese. Oltre alle prove condotte a Casale Monferrato le selezioni clonali di P.x canadensis e P. alba ottenute a seguito di programmi di “breeding” condotti presso il CRA-PLF sono state valutate anche in altri areali del Nord e Centro Italia, utilizzando differenti dispositivi sperimentali. 19 Nuove selezioni clonali (40 genotipi) di P. x canadensis sono state valutate in due prove allestite a Mantova ed a Spello (PG) alla densità di 8.333 piante /ha, mentre presso l’Azienda Ovile della sede distaccata PLF di Roma 11 selezioni clonali di P. x canadensis sono state poste a confronto con il clone I-214, in una piantagione realizzata nel 2011 alla densità di 1.111 piante/ha. Poiché la rilevazione degli accrescimenti annuali sarà effettuata entro il mese di febbraio 2014, per tali prove si rimanda a quanto già riportato nella precedente relazione. I rilievi sono in corso anche per la prova sperimentale di confronto di 60 nuovi cloni di pioppo bianco (P. alba) condotta a Caramagna Piemonte (CN) alla densità di 1.667 piante /ha, sia per quella allestita presso l’azienda Ovile del CRA-PLF di Roma. Nel dicembre 2013 sono stati realizzati due nuovi impianti sperimentali in Sicilia, ponendo a confronto 8 cloni selezionati di P. x canadensis con tre testimoni commerciali , mentre per il pioppo bianco sono stati posti a confronto 26 genotipi, secondo uno schema sperimentale con 3 replicazioni di 9 piante per parcella. Per ovviare alle precedenti criticità, in entrambe gli impianti sono stati adottati opportuni accorgimenti a protezione delle piante oltre che per garantire interventi idrici di soccorso nei periodi estivi. 2.1.1.2.b.1- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 1 La prova sperimentale allestita a Gela a febbraio 2012, utilizzando 30 genotipi di P. alba, è risulta parzialmente compromessa per un’elevata percentuale di fallanze, dovute sia ad un incendio che ha danneggiato l’impianto di irrigazione nei mesi estivi sia alla presenza di animali (capre e conigli selvatici) che hanno danneggiato seriamente le piante a livello del colletto. Per questo si è ritenuto di dover provvedere alla realizzazione di un nuovo impianto, su terreno di differente proprietà, adottando i necessari accorgimenti. 2.1.1.2.c.1 - Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale, relativamente alla Task 1 Poichè sopralluoghi effettuati nell’autunno 2013 all’impianto di pioppo bianco realizzato a Gela in Sicilia hanno evidenziato una percentuale elevata di mortalità si è ritenuto di dover provvedere alla realizzazione di un nuovo impianto, adottando opportuni accorgimenti sia a protezione delle piante (schelter ) che per garantire una disponibilità idrica di soccorso anche nei periodi estivi (impianto di irrigazione a goccia). 2.1.1.2.d.1 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente alla Task 1 20 Le attività relative alla Sub Task 1A sono sostanzialmente in linea con il piano dei lavori previsti, tranne che per le criticità relative ad alcuni impianti realizzati nel Centro Sud (Capannori e Gela) che hanno comportato un ritardo dei tempi per il completamento del programma della Sub Task 1B. 2.1.1.2.e.1 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2013, relativamente alla Task 1 Per le altre prove già avviate sia al Nord che al Centro e Sud Italia, si continuerà con la rilevazione degli accrescimenti e della produttività, oltre che allo stato sanitario dei diversi genotipi a confronto. Task 2 –Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba e S. matsudana e di loro ibridi per la produzione di biomasse lignocellulosiche 2.1.1.2.a.2 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 2 Work Package 2.A – Selezione per accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di genotipi di salice (Salix alba e S. matsudana e loro ibridi). Presso l’azienda Mezzi del CRA_PLF di Casale Monferrato è proseguita la conduzione dell’ impianto sperimentale di salice realizzato nel 2010 allo scopo di valutare la produttività ed il comportamento di 22 nuovi cloni a confronto con i testimoni Drago e Levante. La prova condotta secondo uno schema sperimentale con tre ripetizioni e parcella elementare di 9 piante, poste alla distanza di 3 metri sulla fila e tra le file (densità di 1.111 piante/ha) ha consentito la determinazione della biomassa anidra (t/ha) ottenuta per ciascun clone. Ulteriori osservazioni hanno riguardato l’incidenza della cicalina Asymmetrasca decedens in pieno campo, valutata sulla base della percentuale di foglie danneggiate e/o accartocciate. Work Package 2.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di di genotipi di salice (Salix alba e S.matsudana e loro ibridi), in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese. La sperimentazione condotta a Caramagna Piemonte (CN) su terreno di medio impasto, non irrigato, ha consentito la determinazione degli accrescimenti di 80 genotipi di salice, allevati alla densità di 1.667 piante/ha, secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con 4 ripetizioni e parcelle elementari di 9 piante. I dati raccolti, in fase di elaborazione, hanno riguardato gli accrescimenti e la produzioni in biomassa anidra (in t ha-1) ottenuta. 21 2.1.1.2.b.2.- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 2 Come già riportato per il pioppo bianco, la prova sperimentale di adattabilità di differenti genotipi di salice allestita in Sicilia nell’anno 2012, è risulta compromessa a seguito di danni da animali (capre e conigli selvatici), oltre che incendi verificatosi nei mesi estivi. Per questo si è deciso di interrompere la sperimentazione e fare riferimento un per questa specie alla prova già in corso presso l’azienda Cesurni di Bagni di Tivoli (Roma). 2.1.1.2.c.2 -- Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale, relativamente alla Task 2 Relativamente alla Tak 2 non sono previsti approfondimenti rispetto al progetto iniziale. 2.1.1.2.d.2 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente alla Task 2 Le attività relative alla Sub Task 2A sono sostanzialmente in linea con il piano dei lavori previsti, mentre fatto salvo per le criticità riscontrate nell’impianto di Gela (CL) a seguito delle quali si è optato per l’attività già avviata presso l’azienda Cesurni di Bagni di Tivoli. 2.1.1.2.e.2 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014, relativamente alla Task 2 Nel 2014 si prevede di completare la valutazione delle differenti selezioni clonali di salice allevate nei diversi areali del Nord, e del Centro Italia, oltre a proseguire con la rilevazione del comportamento nei confronti della cicalina Asymmetrasca decedens e dello stato fitosanitario complessivo dei diversi genotipi a confronto. Task 3 –Valutazione di cloni di pioppo e salice per la tolleranza a stress abiotici 2.1.1.2.a.3 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 3 Work Package 1.A –Valutazione degli accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno campo. 22 Presso la serra ed i laboratori dell’Unità di ricerca PLF di Casale Monferrato sono state allestite prove per la valutazione della capacità di radicazione e crescita in vivo ed in vitro di selezioni clonali di P. alba, P. x canadensis e salice, in presenza di concentrazioni variabili da 0 a 200 ppm di cloruro di sodio (NaCl). 2.1.1.2.b.3.- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 3 L’allevamento in vitro di alcuni cloni di P. x canadensis , risultato difficoltoso, ha in parte compromesso la prova di valutazione della tolleranza alla salinità. 2.1.1.2.c.3 -- Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale, relativamente alla Task 3 L’adozione del sistema di coltivazione in vitro su substrati caratterizzati da differente concentrazione di nutrienti potrebbe consentire un miglioramento dei protocolli sperimentali consentendo ulteriori approfondimenti rispetto alla proposta iniziale. 2.1.1.2.d.3 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente alla Task 3 Le attività relative alla Task 3 sono coerenti con quanto inizialmente previsto anche se richiedono un approfondimento della sperimentazione per una consentire la selezione dei genotipi di pioppo e salice maggiormente tolleranti la salinità. 2.1.1.2.e.3 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2013, relativamente alla Task 3 Nel 2014 si prevede di poter completare le prove in vivo ed in vitro per la valutazione della tolleranza alla salinità e per la capacità di radicazione di selezioni clonali di P. alba, P. x canadensis e salice. 2.1.1.3 Risultati conseguiti Task 1 –Valutazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici di differenti genotipi di pioppo di diversa origine, per produzioni bioenergetiche 23 La determinazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici dei cloni di pioppo P. xcanadensis e P. alba è stata effettuata in differenti areali del Nord e Centro Italia come di seguito riportato. Work Package 1.A – Rilevazione precoce degli accrescimenti e della resistenza alle principali avversità biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a Casale Monferrato. Negli impianti realizzati presso l’Azienda Mezzi di Casale Monferrato con i cloni di pioppo ibrido P. x canadensis, posti alla densità di 8.333 e 1.111 piante per ettaro, sono state effettuate a fine 2013, rilevazioni allo scopo di determinare la crescita delle piante. Per l’impianto più fitto (8.333 piante per ettaro) si riportano i dati ottenuti al termine del secondo anno di prova, in quanto quelli rilevati a fine 2013 sono ancora in fase di elaborazione. Come evidenziato in figura 2.1.1.1, gli accrescimenti dei cloni a confronto nell’impianto più fitto (8.333 piante per ettaro), rilevati al termine del secondo anno mediante misurazione del diametro delle piante a 130 centimetri da terra, hanno evidenziato risultati interessanti, soprattutto se rapportati all’accrescimento dei due cloni commerciali (Orion e Baldo) di riferimento. Figura 2.1.1.1 - Impianto realizzato a Casale Monf. nel 2010 utilizzando vari cloni di canadensis, alla densità di 8.333 piante /ha; diametro rilevato alla fine del secondo anno P. x 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 OR IO N BAL D O 1.049 5.038 94 .00 3.009 94 .05 2.005 94 .00 1.024 94 .00 9.019 94 .00 6.019 92 .00 4.070 92 .00 3.031 92 .00 2.053 92 .00 1.006 92 .00 4.005 92 .00 4.004 92 .00 3.048 92 .00 3.046 92 .00 1.041 92 .00 1.027 92 .00 1.015 92 .00 2.040 92 .00 2.036 91 .00 91 .00 91 .00 2.024 0,0 24 Le selezioni clonali siglate come 92.001.015, 92.001.041, 92.003.046, 92.003.048, 92.004.004, 92.004.005, 92.009.019, 94.002.005 sono risultate superiori al clone commerciale Orion,, attestandosi su valori di accrescimento prossimi a quelli riscontrati per il clone commerciale Baldo. Nell’impianto più rado, con densità di 1.111 piante per ettaro, la produzione in biomassa anidra rilevata alla fine del secondo anno di impianto ha evidenziato rese produttive superiori a 10 tonnellate per ettaro anno di biomassa secca per 6 cloni di P. x canadensis, con particolare evidenza per il clone siglato come 92.003.048 (Figura 2.1.1.2), verosimilmente superiore al clone Orion utilizzato come testimone di riferimento. Il clone I-214 ampliamente coltivato per la produzione di legno da destinare all’industria del compensato è risultato il meno produttivo, a dimostrazione della necessità di effettuare ed utilizzare anche per il pioppo selezioni genetiche specifiche per le differenti utilizzazioni industriali o energetiche. Figura 2.1.1.2 - Produzione di biomassa anidra (t/ha) rilevata alla fine del secondo anno nell’impianto realizzato presso l’azienda Mezzi del CRA-PLF di Casale Monferrato, utilizzando 11 cloni di P. x canadensis, alla densità di 1.111 piante /ha 20 Biomassa (t ha -1 anno -1) A A 15 AB AB AB AB AB AB AB 10 B B 5 0 92 0 .0 0 1. 15 92 0 .0 0 1. 27 92 0 .0 0 1. 41 92 0 .0 0 3. 46 92 0 .0 0 3. 48 92 0 .0 0 4. 04 0 4. 0 .0 92 Cloni 05 92 0 .0 0 9. 19 94 0 .0 0 2. 05 14 I- 2 O IO R N La valutazione del comportamento dei diversi cloni di P. x canadensis nei confronti delle principali avversità biotiche ha sostanzialmente confermato le indicazioni già ottenute in precedenza. I rilievi eseguiti nei mesi di aprile e maggio su tutte le piante dei cloni di P. x canadensis allevate in pieno campo a Casale Monferrato hanno sostanzialmente confermato un alto livello di resistenza a Venturia populina per le selezioni siglate come 94.002.005 e 91.002.040, oltre a 91.002.024, 92.004.005, 92.001.041, 94.001.048, 91.002.009, 94.055.038 e 92.001.029, 92.001.037. Elevata resistenza alla bronzatura, malattia fogliare causata da Marssonina brunnea, è stata accertata per 25 quasi tutte le nuove selezioni di P. x canadensis; solo i cloni siglati come 94.001.049 e 94.001.024 hanno evidenziato una certa suscettibilità al patogeno. Le ripetute osservazioni effettuate in pieno campo, hanno consentito di verificare l’elevato livello di resistenza della maggior parte dei cloni di P. x canadensis anche nei confronti della ruggine del pioppo (Melampsora larici populina). Solo alcuni cloni (92.003.031, 93.071.024, 93.071.040, 93.072.035, 94.002.005, 94.003.009) hanno confermato una certa suscettibilità, comunque inferiore rispetto a quella osservata sui vecchi cloni commerciali quali I-214, Boccalari e Beauprè. Relativamente ai cloni di pioppo bianco (P.alba) posti a confronto a Casale Monferrato alla densità di 1.111 piante per ettaro (spaziatura 3×3 metri) è stato possibile quantificare le rese in biomassa anidra per ciascuno dei 20 cloni a confronto (Figura 2.1.1.3). Figura 2.1.1.3 – Produzione di biomassa (t/ha) al quinto anno, di 20 cloni di P. alba allevati alla densità di 1.111 piante /ha presso l’Azienda Mezzi di Casale Monferrato Biomassa (t ha -1 anno -1) 15 12 9 6 3 07 5 PA 07 9 PA 07 8 PA PA 08 9 PI 93 .0 06 PI 93 .0 07 PI 93 .0 08 PI 93 .0 93 22 .0 88 93 .006 .0 88 93 .015 .0 88 93 .047 .0 88 93 .091 .0 88 93 .095 .0 88 93 .133 .0 88 93 .145 .0 88 93 .202 .0 88 .2 32 D VI I- 1 LL 02 AF R AN C A G A 10 7D 0 Cloni I dati riportati in figura 2.1.3.3 relativamente ai migliori cloni posti a confronto con il testimone Villafranca, evidenziano elevati rese superiori a 10 t/ha / anno di sostanza secca per i cloni 93.088.015, 93.088.232, 93.088.202, 93.088.133, 93.088.095, PA078 e buona produttività per i cloni e PI 93.008, 93.088.006, 93.088.047, 93.088.091, benché le differenze non siano risultate significative all’analisi statistica (ANOVA) verosimilmente a causa della variabilità elevata, imputabile alle piante stroncate/atterrate dalla tromba d’aria del 29 luglio 2013. Task 2 –Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba e S.matsudana e di loro ibridi per la produzione di biomasse lignocellulosiche 26 Work Package 2.A – Selezione per accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di genotipi di salice (Salix alba e S. matsudana e loro ibridi) a Casale Monferrato. L’impianto sperimentale di cloni di salice allestito nel 2010 presso l’azienda Mezzi di Casale Monferrato ha consentito la determinazione della produttività in biomassa anidra (t/ha/anno) per ciascuno dei 24 cloni a confronto (Figura 2.1.1.4). Interessanti rese produttive sono state riscontrate per cinque nuove selezioni clonali (SE03-001, 90.090.023, 90.091.001, 90.091.003, 90.092.022), peraltro non statisticamente differenti rispetto a quelle dei due cloni commerciali di riferimento; Drago e Levante. Al riguardo va rilevato che questi stessi 5 cloni sono finora risultati resistenti anche agli attacchi di Asymmetrasca decedens, cicalina particolarmente polifaga e largamente diffusa in Pianura Padana. Peraltro le osservazioni effettuate per diversi anni in pieno campo a Casale Monferrato su un totale di 42 selezioni clonali di salice in fase avanzata di selezione, hanno evidenziato un elevato livello di resistenza alla cicalina Asymmetrasca decedens in 18 cloni, mentre 20 si sono dimostrati altamente suscettibili agli attacchi della stessa cicalina. Figura 2.1.1.4 – Biomassa anidra (t/ha/anno) rilevata alla fine del quarto anno nell’impianto realizzato a Casale Monferrato alla densità di 1.111 piante /ha , utilizzando 24 cloni di Salix spp 25.000 A 20.000 AB ABC ABC ABC ABC ABC ABC ABC ABC 15.000 ABCD ABCD ABCD ABCD ABCD ABCD BCD 10.000 ABCD BCD CD CD 5.000 D 4-010 3-016 3-009 4-012 90 .09 0 .00 3 90 .09 0 .02 1 90 .09 0 .02 3 90 .09 1 .00 1 90 .09 1 .02 1 90 .09 1 .00 3 90 .09 2 .02 2 90 .09 2 .02 3 90 .09 2 .02 4 91 .07 2 .00 2 91 .08 9 .02 4 93 .07 6 .02 3 SE 6 SE 6 SE 6 SE 0 3-002 3-001 3-003 SE 0 SE 0 SE 0 SI 7 2 -00 1 NTE SI 6 8 -01 5 LEVA DRA GO 0.000 S 76 -003 Biomassa (t ha-1 anno-1) ABC Cloni 27 Work Package 2.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di genotipi di salice (Salix alba e S.matsudana e loro ibridi), in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese. Relativamente alla prova sperimentale di confronto con 80 genotipi di salice allevati alla densità di 1.667 piante/ha a Caramagna Piemonte (CN) le produzioni in biomassa anidra (in t ha-1) ottenute alla fine del 5° anno e già riportate nella precedente relazione hanno evidenziato risultati molto eterogenei, con rese medie comprese tra 5 e 50 tonnellate per ettaro a seconda dei cloni (Figura 2.1.1.5). I dati relativi al sesto anno, ancora da rilevare potranno fornire indicazioni utili per individuare le migliori selezioni, mentre la prevista ceduazione consentirà l’accertamento della capacità di ricaccio per ciascun clone. Figura 2.1.1.5 - Rappresentazione del comportamento dei 80 cloni di Salix spp. a confronto a Caramagna Piemonte raggruppati in 10 classi di produttività espressa in biomassa anidra (t/ha) >50 Classi di produttività (t/ha) 45,1 - 50,0 40,1 - 45,0 35,1 - 40,0 30,1 - 35,0 25,1 - 30,0 20,1 - 25,0 15,1 - 20,0 10,1 -15,0 5,1 - 10,0 0 5 10 15 20 25 28 Task 3 –Valutazione di cloni di pioppo e salice per la tolleranza a stress abiotici Work Package 1.A –Valutazione degli accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno campo Le forti gelate riscontrate a Casale Monferrato nell’inverno 2011-2012, con temperature minime di 20°C verificatesi per alcuni giorni, hanno consentito la valutazione dei possibili danni da freddo alle piante di pioppo e salice presenti nei diversi impianti. Così mentre per i pioppi P. x canadensis e P. alba non sono stati riscontrati danni particolarmente evidenti, nel caso di alcuni genotipi di salice si sono osservate necrosi che hanno interessato parte o tutta la chioma. Nella primavera 2013 si è riscontrato un mancato o anomalo germogliamento delle gemme poste sui rami e/o in porzioni poco lignificate del fusto di alcuni cloni di salice (SE 64-010, SE 64-012, SE 63-016, SE 03-009, SI 72001) mentre i cloni S 76-005 e 90.091.003 hanno manifestato sintomi meno gravi generalmente localizzati su porzioni più o meno estese del fusto (Figura 2.1.1.6). Figura 2.1.1.6 - Manifestazioni di mancato o anomalo germogliamento primaverile di alcuni cloni di salice particolarmente sensibili alle gelate riscontrate a Casale Monferrato nell’inverno 2012 1.1.4 Divulgazione dei risultati Parte dei risultati finora ottenuti nell’ambito del Progetto Biosea sono stati oggetto di divulgazione a seguito di comunicazioni orali in Congressi, “Workshop” ed incontri tecnici a livello nazionale ed internazionale. Oltre alle pubblicazione già riportate nelle precedenti relazioni, nel 2013 sono stati pubblicati su riviste e/o presentati in convegni internazionali i lavori di seguito riportati. 29 1) Rosso, L., Facciotto, G., Bergante, S., Vietto, L., Nervo, G. 2013. Selection and testing of Populus alba and Salix spp. as bioenergy feedstock: Preliminary Results. Applied Energy 102 (2013) 87-92. 2) Rosso, L., Bergante, S., Vietto, L., Facciotto, G., 2013. Populus alba e Salix spp. per la produzione di biocarburanti. In: IX Congresso Nazionale SISEF 'Multifunzionalità degli Ecosistemi Forestali Montani: Sfide e Opportunità per la Ricerca e lo Sviluppo' (Tonon G. Ventura M. Bucci G. eds) Bolzano, 16-19 sett. 2013. Comunicazioni Orali - Riassunti. c9.7.1#209 p.62. 3) Rosso, L., Vietto, L., Bergante, S., Nervo, G., Facciotto, G., Lignocellulosic biomass as feedstock for biofuels production. In: Proceedings of 21th European Biomass Conference & Exhibition, 3-7 june 2013, Copenhagen Denmark, 130-133. 30 2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università Cattolica S. Cuore Titolo della ricerca: Miglioramento genetico del sorgo per usi energetici Responsabile scientifico: Dr. Stefano Amaducci 31 2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università Cattolica S. Cuore Titolo della ricerca: Miglioramento genetico del sorgo per usi energetici Responsabile scientifico: Dr. Stefano Amaducci 2.2.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.2.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Nell’anno 2013 è stato pianificato un esperimento in pieno campo per la caratterizzazione fisiofenologica di sei varietà di sorgo già testate negli anni precedenti: ABF306, TrudanHL, Harmattan, Sucro506, Bulldozer, Tarzan. Il piano sperimentale prevedeva una più approfondita caratterizzazione del genotipo ABF306, di nostra costituzione, anche sotto differenti regimi di concimazione azotata. La semina tardiva (23 maggio), dovuta all’impossibilità di lavorazione del terreno, e le successive avverse condizioni climatiche, con temperature molto al di sotto della media stagionale (~7 ºC), hanno portato all’emergenza di poche plantule e di un conseguente campo pieno di fallanze, di certo non utile ai fini di una caratterizzazione di campo. Per questo motivo è stato messo a punto un esperimento in vaso, con sei differenti genotipi per lo screening iniziale di ulteriori varietà di sorgo. L’attività svolta è più approfonditamente descritta nel successivo paragrafo. Tabella 2.2.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Task 1-3 e 5 Task 4 Concluso X X 2.2.1.2 Relazione sull’attività svolta Nell’ambito dell’azione 4 del Progetto BIOSEA, nell’estate 2013 è stata condotta una prova sperimentale in vaso presso l’azienda sperimentale “Vittorio Tadini” al fine di meglio caratterizzare 6 differenti varietà di sorgo in nostro possesso in funzione della loro risposta a condizioni di limitata disponibilità idrica. 32 Sono stati presi in considerazione i seguenti genotipi: IS10234 e IS16173, IS22330 e IS20351, OPV3, ICSV700 rispettivamente tollerante e sensibile della razza caudatum per la prima coppia, e durra per la seconda. I semi sono stati fatti germinare in piastra in incubatore, quindi trapiantati in vasi di plastica del volume di 16L precedentemente riempiti con suolo prelevato in campo (8 Kg della seguente composizione: 24,4% argilla, 63,7% limo, 11,9% sabbia). All’emissione della 6°-7° foglia, i vasi sono stati portati a capacità di campo e la loro estremità chiusa con dei sacchetti in polietilene (PE) trasparente; una piccola fessura è stata praticata sul fondo del sacchetto per consentire alla pianta di crescervi attraverso. Il foro di uscita è stato sigillato con del nastro adesivo per ridurre al minimo le perdite d’acqua attraverso di esso. Questo tipo di procedura, esperimento “dry-down”, ampiamente utilizzato in letteratura (Luquet et al., 2008, Xin et al., 2008), permette di stimare la perdita di acqua tramite traspirazione delle piante, eliminando le perdite dovute all’evaporazione da parte del terreno. È stato adottato un disegno sperimentale a blocchi completamente randomizzati con cinque ripetizioni, per un totale di 150 piante (5 piantine per ognuno dei 6 genotipi). Lo stress idrico è stato indotto sospendendo l’irrigazione fino al raggiungimento della frazione di acqua disponibile nel suolo desiderata, pari a 0.2 FTSW (Fraction of Transpirable Soil Water), e mantenuto costante per 5 giorni. Al termine di questo periodo è stato effettuato il primo campionamento distruttivo; sono state, quindi, ripristinate le ottimali condizioni di disponibilità idrica, mantenute per altri 5 giorni al termine dei quali è stato effettuato l’ultimo campionamento distruttivo. Per tutta la durata dell’esperimento sono stati monitorati i seguenti paramentri fisio-fenologici: - Fenologia e area fogliare - Contenuto in clorofilla - Misurazione degli indici di fluorescenza - Tasso di traspirazione - Misurazione degli scambi gassosi I campionamenti distruttivi sono stati, invece, utili al fine della determinazione della biomassa totale prodotta e dei relativi indici di tolleranza e suscettibilità allo stress idrico (Maiti et al., 1994; Yousin et al., 2000), del contenuto idrico relativo (RWC) e dell’area fogliare. 2.2.1.3 Risultati conseguiti La frazione di acqua disponibile nel suolo FTSW è stata monitorata giornalmente attraverso metodo gravimetrico come rapporto tra l’acqua disponibile nel suolo (ASW, determinata come differenza tra il contenuto idrico del suolo e l’acqua presente al punto di appassimento) e la quantità totale di 33 acqua traspirabile nel suolo (TTSW, calcolata come differenza tra l’acqua presente a capacità di campo meno quella residua al punto di appassimento). L’accurata stima dell’FTSW consente di studiare in maniera appropriata il comportamento fisiologico della pianta in risposta all’avanzamento dello stress. Da un punto di vista agronomico, la determinazione della biomassa secca prodotta è uno dei parametri principali per l’identificazione di genotipi che, anche in condizioni di stress idrico, siano in grado di produrre buone quantità di biomassa. Tale determinazione è stata eseguita al momento dei due campionamenti distruttivi sia per la porzione aerea delle piante, che per quella radicale (Tabella 2.2.1.2). In condizioni di stress idrico il genotipo IS22330 si differenzia dagli altri per una maggiore produzione di biomassa aerea secca e per una scarsa attinenza ad approfondire il proprio apparato radicale, dimostrato dal basso valore del rapporto tra biomassa radicale e biomassa aerea, nettamente sbilanciato a favore di quest’ultima, visibile al momento dei campionamenti distruttivi rispettivamente nella quinta ed ottava colonna della Tabella 2.2.1.2. L’analisi della ripresa vegetativa permette di stimare un altro importante parametro: il tasso di crescita (Tabella 2.2.1.3). Questo dato, senza dubbio fondamentale da un punto di vista produttivo, indica la più o meno spiccata capacità del genotipo di tollerare un periodo di carenza idrica e di conservare un’altrettanto buona capacità di ripresa in seguito alla nuova ritrovata disponibilità d’acqua. Il parametro relativo al contenuto idrico relativo delle foglie (RWC) è, invece, specchio della quantità d’acqua residua nella foglia al momento della raccolta nonchè, quindi, della capacità del genotipo di trattenere al suo interno una maggiore quantità d’acqua attuando una rapida chiusura delle aperture stomatiche prevenendo un’ulteriore ed insensata perdita della stessa. Differenze significative sono apprezzabili solo per la coppia di genotipi IS16173 e IS10234 (Tabella 2.2.1.3), segno che comunque le altre varietà di sorgo posseggono, in virtù della loro natura di piante C4, un ottimo controllo delle aperture stomatiche in condizioni di stress. Nell’analisi della superficie fogliare, non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i genotipi, ma solo tra le due tesi analizzate (dati non mostrati). Ci si riserva comunque la possibilità nel prossimo anno di approfondire tale fondamentale analisi con misurazioni più frequenti per l’intera durata della sperimentazione. Il contenuto di clorofilla è stato misurato attraverso l’utilizzo di uno strumento portatile SPAD-510 (Soil-Plant Analyses Development) in grado di stimare la quantità di clorofilla a livello fogliare attraverso la trasmittanza registrata a due lunghezze d’onda (650 nm e 940 nm), assorbite in modo 34 differente dalla clorofilla (Martinez E. et al., 2004). Tale valore fornisce un buon indicatore dello stato di salute del tessuto fotosintetico della pianta (Nageswara te al. 2001). Il risultati, però, non sono stati utili (e per questo motivo non riportati) a discriminare quale genotipo di sorgo fosse effettivamente sensibile o tollerante lo stress idrico; nessuna differenza significativa emerge dall’analisi statistica nè tra i genotipi nè tra le tesi. Quasi sicuramente questo è sintomo di un’ottima ripresa dei fotosistemi delle piante durante le ore notturne, così come è anche dimostrato dagli indici di fluorescenza misurati al buio. Essendo la molecola della clorofilla quella che maggiormente influenza la fotosintesi, lo studio della sua fluorescenza è molto utile per studiare gli effetti degli stress ambientali sulle piante. Infatti, tali stress determinano una riduzione della fluorescenza della clorofilla a causa della sua degradazione. Allo scopo di determinare la risposta dei genotipi allo stress idrico, sono stati valutati alcuni indici di fluorescenza della clorofilla, tra i quali: resa quantica del fotosistema II (Fv/Fm), estinzione fotochimica (qP), estinzione non–fotochimica (NPQ), efficienza del fotosistema II (ɸPSII). Dai risultati riportati in Tabella 2.2.1.4, il valore di resa quantica del fotosistema Fv/Fm misurato al buio non è statisticamente significativo per tutta la durata dell’esperiemento, neppure al momento del primo campionamento distruttivo. L’efficienza del fotosistema II rivela, invece, differenze significative nell’interazione genotipo*tesi. I genotipi sensibili IS203351 e IS16173 mostrano, in condizioni di stress, valori di efficienza più bassi rispetto ai corrispettivi genotipi tolleranti IS22330 e IS10234. Inoltre, gli stessi genotipi sensibili presentano un differenze statisticamente significative tra le due tesi irrigue. Mentre per IS16173 le condizioni di stress fanno aumentare la dispersione di elettroni per via non fotochimica, per IS20351 avviene l’opposto. La dispersione per via fotochimica è sempre molto elevata per la tesi irrigata, mentre lo stress idrico riduce sensibilmente l’attività dei fotosistemi abbassandone il valore di quencing fotochimico. Il genotipo tollerante OPV3 è quello che meno risente dello spegnimento energetico della clorofilla per via fotochimica in condizioni di carenza irrigua. Il tasso di traspirazione giornaliera è stato, al contrario, molto utile per la discriminazione dei genotipi di sorgo analizzati. Lo studio ha evidenziato come questo decresca di pari passo al diminuire dell’acqua disponibile nel suolo FTSW. In particolare, è stato possibile calcolare il tasso di traspirazione normalizzato NTR dividendo il valore della traspirazione giornaliera per quello registrato per la corrispettiva tesi irrigata. In questo modo è stato possibile individuare un valore di FTSW soglia (Tabella 2.2.1.5), caratteristico di ogni genotipo, al di sotto del quale la traspirazione inizia a decrescere (Casadebaig et al., 2008). Il valore è indice della capacità del genotipo di continuare a estrarre acqua dal suolo anche quando le condizioni di crescita iniziano ad essere 35 limitanti. Differenze significative si apprezzano per la coppia di genotipi IS16173 e IS10234 appartenenti alla razza caudatum. Il genotipo IS22330 dimostra, invece, il valore di FTSW soglia più basso in assoluto. Il tasso di traspirazione di ogni genotipo è la manifestazione macroscopica di quanto avviene a livello cellulare nella regolazione delle aperture stomatiche. Le aperture stomatiche sono, infatti, sede degli scambi gassosi, CO2, O2 e vapore acqueo, che avvengono tra il mesofillo fogliare e l’ambiente esterno. Tali aperture sono regolate da numerosi segnali chimico-fisici ed ambientali (concentrazione di acido abscissico, turgore cellulare, pressione di vapore saturo nell’atmosfera, ecc...) a cui rispondono con estrema rapidità. Comprendere il comportamento e la regolazione di tali aperture significa comprendere anche la risposta della pianta a condizioni di stress. Avvalendosi di un analizzatore portatile di gas a raggi infrarossi, CIRAS-2 (PP- Systems, Amesbury, USA), è stato possibile misurare i valori di conduttanza stomatica (mmol m 2 s-1), fotosintesi netta (μmol m-2 s-1) e traspirazione (mmol m2 s-1) per i sei genotipi sotto analisi (Tabella 2.2.1.6) durante tutta la durata dell’esperimento allo stesso orario, ovvero tra le 12 e le 14. Per tutti i genotipi è possibile riscontrare un trend decrescente dei tre valori analizzati corrispondente al decremento della disponibilità idrica nel suolo. In Tabella 2.2.1.5 è riportata, invece, l’analisi statistica relativa al momento del primo campionamento distruttivo. Per le coppie di genotipi ICSV700 – OPV3 e IS20351 – IS22330, il genotipo tollerante mostra valori di conduttanza stomatica, fotosintesi netta e traspirazione sensibilmente più bassi del corrispettivo genotipo sensibile. Questo dato non conferma quello di produzione di biomassa secca riportato precedentemente. Si è dunque ipotizzato che i genotipi tolleranti potessero mettere in atto una strategia conservativa di tolleranza dello stress idrico chiudendo gli stomi prima dei loro corrispettivi genotipi sensibili, riuscendo così ad evitare inutili perdite di acqua per via stomatica. 36 Tabella 2.2.1.2 - Analisi statistica della produzione di biomassa nei due campionamenti distruttivi Primo campionamento distruttivo Genotipo ICSV700 OPV3 IS20351 IS22330 IS16173 IS10234 LSD (5%) Secondo campionamento distruttivo Tesi Biomassa aerea (g) Biomassa radicale (g) Biom. Radicale / Aerea Biomassa aerea (g) Biomassa radicale (g) Biom. Radicale / Aerea ctrl 37a 28,8a 0,99a 55,1a 20,3b 0,38b stress 15,7 cd 14,1cd 1,06a 29,7def 10,1de 0,35b ctrl 31,9ab 11,9cdef 0,32c 39,2bcde 13cde 0,33b stress 17,5cd 8,1g 0,59b 28,3ef 11,1de 0,42b ctrl 33,4ab 20,9b 0,63b 49,4ab 26,8a 0,57a stress 14,5d 10,7defg 0,88a 28,9ef 11,8de 0,43b ctrl 30,9b 13,6cde 0,39c 49,3ab 23,4ab 0,48ab stress 20,6c 8,5fg 0,44bc 32,1cdef 10,5de 0,33b ctrl 34,3ab 12cdef 0,35c 43,4abc 19,6bc 0.44b stress 15,3cd 8,6fg 0,63b 24,2f 8,5e 0,36b ctrl 32ab 15,3c 0,46bc 41,7bcd 17,1bcd 0,42b stress 16,9cd 10,2efg 0,98a 25,8f 8,9e 0,35b 5,98 3,45 0,20 12,38 7,22 0,17 Tabella 2.2.1.3 - analisi statistica relativa al tasso di crescita e contenuto idrico relativo RWC dei genotipi sottoposti a stress idrico Tasso di crescita (g day-1) % RWC ICSV700 2,62 ± 0,26ab 69,50 ± 11,27d OPV3 3,17 ± 0,37a 71,83 ± 11,66cd IS20351 1,61 ± 0,08cd 72,88 ± 13,63cd IS22330 3,08 ± 0,49a 77,80 ± 9,44bc IS16173 2,01 ± 0,34bc 70,31 ± 7,87d IS10234 0,66 ± 0,17d 79,67 ± 5,12b LSD (5%) 0,97 6,03 37 Tabella 2.2.1.4 - Analisi statistca degli indici di fluorescenza analizzati al momento del primo campionamento distruttivo per i sei genotipi Genotype ICSV 700 OPV 3 IS 20351 IS 22330 IS 16173 IS 10234 LSD (5%) thesis Fv/Fm ɸPSII NPQ qP ctrl 0,82 ± 0,008 0,43 ± 0,06c 0,19 ± 0,05c 0,65 ± 0,05abc stress 0,78 ± 0,026 0,30 ± 0,13de 0,19 ± 0,03c 0,54 ± 0,06fg ctrl 0,82 ± 0,010 0,52 ± 0,14ab 0,17 ± 0,04c 0,68 ± 0,06ab stress 0,78 ± 0,020 0,32 ± 0,24d 0,22 ± 0,09bc 0,62 ± 0,05cde ctrl 0,81 ± 0,010 0,54 ± 0,14a 0,35 ± 0,08a 0,68 ± 0,04ab stress 0,77 ± 0,060 0,21 ± 0,08f 0,21 ± 0,08bc 0,52 ± 0,09g ctrl 0,81 ± 0,006 0,46 ± 0,19bc 0,16 ± 0,03c 0,64 ± 0,07bcd stress 0,76 ± 0,016 0,33 ± 0,17d 0,18 ± 0,06c 0,58 ± 0,02efg ctrl 0,81 ± 0,008 0,44 ± 0,16c 0,19 ± 0,05c 0,59 ± 0,06def stress 0,78 ± 0,027 0,25 ± 0,20ef 0,26 ± 0,07b 0,60 ± 0,08cdef ctrl 0,81 ± 0,008 0,48 ± 0,13abc 0,18 ± 0,08c 0,70 ± 0,06a stress 0,79 ± 0,011 0,34 ± 0,19d 0,16 ± 0,07c 0,56 ± 0,05efg n.s. 0,06 0,07 0,06 Tabella 2.2.1.5 - Valore di FTSW soglia registrati per i sei genotipi Genotipo FTSW soglia ICSV 700 0,39a OPV 3 0,38a IS 20351 0,31b IS 22330 0,27b IS 16173 0,41a IS 10234 0,31b LSD (5%) 0.04 38 Tabella 2.2.1.6 - Analisi statistica di conduttanza stomatica, fotosintesi netta e traspirazione dei sei genotipi analizzati al momento del primo campionamento distruttivo Genotype ICSV700 OPV3 IS20351 IS22330 IS16173 IS10234 LSD (5%) Thesi gs Pn T Ctrl 311,8 ± 99,8cd 33,6 ± 6bc 8,1 ± 0,7ab Stress 183,8 ± 72,6de 22,6 ± 10,2d 6,1 ± 2,1de Ctrl 396,2 ± 96,9b 39,7 ± 2,7ab 8,5 ± 0,8ab Stress 113,5 ± 51,9ef 14,1 ± 7,9e 4,5 ±1,4f Ctrl 280,2 ± 68,9cd 31,3 ± 5,9c 7,4 ± 1,2bcd Stress 154 ± 40,9ef 19,5 ± 5,9de 5,2 ± 1,2ef Ctrl 320 ± 127,4bc 33,1 ± 8,3bc 7,5 ± 1,5bc Stress 66,7 ± 28,9f 6,4 ± 5,4f 3 ± 1,2g Ctrl 274,2 ± 89,1cd 25,8 ± 7,6cd 7,9 ± 0,7b Stress 200,5 ± 37,8de 21,8 ± 3,2de 6,2 ± 1cde Ctrl 503 ± 92,4a 44,8 ± 2,2a 9,6 ± 1a Stress 209,8 ± 127,1de 22,9 ± 12,2d 5,6 ± 1,5ef 97,4 8,1 1,5 La sperimentazione in vaso è stata adottata per condurre una più accurata caratterizzazione dell’acqua presente nel terreno effettivamente disponibile per la pianta. Tale fattore è essenziale per la determinazione del livello di stress a cui si è voluto discriminare il comportamento e le strategie messe in atto dalle differenti piante nella risposta allo stress idrico. L’accuratezza di tale misurazione non si sarebbe potuta ottenere attraverso un tradizionale esperimento in pieno campo. I genotipi IS20351 e IS22330, che è stato possibile selezionare attraverso il precedentemente descritto esperimento condotto nell’anno 2013 in qualità di genotipi rispettivamente sensibile e tollerante lo stress idrico, sono oggetto della più approfondita e moderna tecnica di analisi di espressione genica RNA-Seq. Attraverso l’utilizzo delle metodologie del deep sequencing (Illumina Genome Analyzer) una popolazione di RNA viene convertita ad una libreria di frammenti cDNA con adattatori attaccati ad una o ad entrambe le estremità. Dopo amplificazione, ogni molecola viene sottoposta a sequenziamento in modo da ottenere corti frammenti di sequenza (reads). La loro lunghezza varia tra 30 e 70bp. In seguito le reads vengono mappate su di un genoma di riferimento o su trascritti di riferimento e contate, per ottenere su scala genomica una mappa di trascrizione che fornisca sia la struttura dei trascritti (introne/esone) sia il livello di espressione per ciascun gene. I 39 geni individuati e i marcatori molecolari ad essi associati saranno poi utilizzati per la Marker Assisted Selection di nuove linee e ibridi tolleranti alla siccità. Le analisi di espressione sono attualmente in fase di elaborazione. 40 DAFNAE - UNIPD 2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova Titolo della ricerca: Ottimizzazione degli input colturali in B. napus e B. carinata a destinazione biodiesel Responsabile scientifico: Prof. Giuliano Mosca 41 DAFNAE - UNIPD 2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova Titolo della ricerca: Ottimizzazione degli input colturali in B. napus e B. carinata a destinazione biodiesel Responsabile scientifico: Prof. Giuliano Mosca 2.3.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.3.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Nel corso del 2013 non è stata svolta alcuna attività di ricerca. E’ proseguita invece l’elaborazione dei dati già raccolti. Tabella 2.3.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Concluso Epoche di semina autunnali in colza invernale da olio X Concimazione azotata X Caratterizzazione qualitativa degli oli per la produzione di biodiesel X Effetto della riduzione delle lavorazioni del terreno X 2.3.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio 2.3.2.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto In accordo con gli obiettivi progettuali prefissati, negli anni 2008-09, 2009-10, 2010-11 e 2011-12 presso l’Azienda agraria sperimentale ‘Lucio Toniolo’ dell’Università degli Studi di Padova sono stati realizzati dei protocolli di coltivazione low input attraverso i quali sono stati studiati gli adattamenti morfo-fisiologici delle principali varietà disponibili nell’ambito del panorama varietale di colza invernale “00” ai seguenti fattori agronomici: densità di semina, concimazioni azotate primaverili decrescenti e riduzione delle lavorazioni del terreno. Per quanto riguarda Brassica carinata la sperimentazione ha avuto come oggetto l’individuazione della più idonea epoca di 42 DAFNAE - UNIPD semina in relazione alla limitata resistenza che questa specie costantemente dimostra per i freddi invernali. 2.3.2.2 Risultati conseguiti “Epoche di semina autunnali” L’ibrido Excalibur si è confermata varietà in grado di raggiungere rese produttive molto stabili ed elevate. Catalina pur essendo varietà costituita meno di recente, rispetto ad altre, ha ottenuto ottime produzioni in tutte le epoche di semina e si è distinta per un peso di 1000 semi particolarmente elevato. PR45D01 è risultata la varietà con la resa minore in funzione di una emergenza generalmente meno omogenea. L’epoca di semina anticipata ha consentito di raggiungere rese del tutto paragonabili a quelle dell’epoca ottimale con il pregio di aver prodotto semi dal peso maggiore e nel caso di Excalibur con un più basso contenuto in zolfo nell’olio estratto. La quantità di S è un parametro molto importante per l’utilizzo dell’olio di colza come biocombustibile, la normativa DIN V 51605 ne stabilisce un contenuto massimo, calcolato secondo la normativa UNI EN ISO 20884/20846, pari a 10 mg kg-1. Excalibur coltivata in epoca posticipata ha prodotto un olio che non rientrava nei limiti di legge per il contenuto in zolfo. L’interazione “varietà x epoca di semina” ha messo in evidenza una più importante variazione del peso dei 1000 semi per Catalina. Caratteristiche dell’olio estratto Volendo verificare se la variazione del peso dei 1000 semi ottenuta dalla modulazione dell’epoca di semina influenza le caratteristiche qualitative dell’olio, si è deciso di sottoporre ad analisi l’olio della varietà Excalibur, apparsa più produttiva e stabile nell’areale di coltivazione considerato. L’epoca di semina non incide significativamente sulla composizione acidica dell’olio estratto. Nemmeno il numero di iodio viene modificato dalle due epoche di semina mentre la quantità di zolfo risulta molto diversa (+33,8% rispetto all’epoca anticipata). Di norma la quantità di zolfo allocata nel seme di Excalibur è relativamente costante durante il ciclo vegetativo, tuttavia la variazione nel peso di mille semi conseguente ad una diversa epoca di semina potrebbe comportare un effetto di maggiore diluizione dello zolfo a causa del maggiore contenuto in olio. Una ulteriore possibile spiegazione della variazione del contenuto di zolfo potrebbe essere riconducibile ad una diversa risposta del colza alle variazioni microclimatiche conseguenti alla semina ritardata. “Riduzione delle lavorazioni del terreno” Il rinnovato interesse per le tecniche di minima lavorazione ci ha spinto ad analizzare gli effetti sull’accrescimento radicale e sulla produttività del colza invernale da olio specie di un certo interesse per l’Italia e per la quale sono state condotte pochissime esperienze in tal senso. Nel corso del 2009-10, su di un terreno medio-limoso dell’Azienda agraria sperimentale dell’Università di Padova sono state coltivate due varietà di colza (Monsanto-Dekalb), l’ibrido CHH Excalibur e la varietà ad impollinazione libera Catalina sottoponendole a tre modalità di preparazione del terreno lavorazione tradizionale( aratura a 0,35 m, 40 semi/m2); lavorazione ridotta (discatura a 0,15 m , 40 semi/m2 ) e semina su terreno sodo (67 semi/m2 ). L’accrescimento della parte di apparato radicale fibroso è stata rilevata tramite carotaggio, prelevando campioni di terreno fino alla profondità di 1 43 DAFNAE - UNIPD m e del diametro di 70 mm poi suddivisi in sub-campioni di 0,1 m di lunghezza. Ad inizio levata l’effetto della lavorazione si è fatto sentire sull’accrescimento della porzione fittonante della radice. A prescindere dalla varietà impiegata in terreno sottoposto ad aratura tradizionale si è osservato un maggior approfondimento (160 mm vs. 130 mm, nella media delle altre due tecniche) del fittoncino. Differenze che scompaiono già nella successiva fase di fioritura. A differenza di quanto già osservato da Bonari(1995), in questo caso, la riduzione dell’intensità di lavorazione non ha modificato lo sviluppo dell’apparato radicale fibroso. Solo nell’orizzonte più superficiale (0,1 m di profondità) si è potuta rilevare una maggiore RLD nel caso dell’aratura. In quello della discatura si sono osservati un aumento del diametro radicale e una sensibile riduzione di RLD in corrispondenza dell’orizzonte 10-20 cm. I dati finora acquisiti suggeriscono la possibilità di ridurre l’impatto delle lavorazioni nella coltivazione del colza in semina autunnale senza modificarne la geometria radicale e la produttività, con tutti i vantaggi economici e agro-ambientali che ne possono derivare(minor erosione, calpestamento e ossidazione della sostanza organica). La minima lavorazione e la semina su sodo sembrano applicabili con successo indipendentemente dalla vigoria del genotipo, anche se gli ibridi CHH potrebbero far superare più agevolmente eventuali situazioni di stress. Non si esclude tuttavia che, nelle fasi iniziali della coltura, l’apparato radicale del colza, così come osservato per la biomassa epigea, possa risultare più sviluppato in terreno arato, effetto da associare all’importante assorbimento di azoto nel periodo invernale (“effetto cover”). Non va infine sottovalutato che la scelta della semina diretta su sodo comporta un possibile maggior costo dovuto all’aumento della quantità di seme e la necessità di organizzare cantieri di lavorazione aziendali idonei per la riduzione del calpestamento. Concimazione azotata (dosi e varietà) Una riduzione delle applicazioni minerali è di fatto auspicabile per garantire sostenibilità ambientale ed economica ai vari sistemi culturali. In un’ottica di razionalizzazione dell’input azoto (N), la coltivazione di varietà di colza N-efficienti capaci cioè di raggiungere rese in granella significative anche in condizioni nutritive sub-ottimali appare oggi imperativa. In questo studio condotto negli anni 2008-09, 2010-11 e 2011-12, la risposta produttiva e l’N-efficienza di tre cultivar di colza rappresentative delle principali tipologie genetiche disponibili (ibrido CHH, Excalibur vs. ibrido CHH semi-nano, PR45D01 vs. varietà a impollinazione libera, Viking), sono stati investigati in risposta ad apporti azotati primaverili decrescenti (150, 100, 50 e 0 kg N ha-1). In media nelle tre stagioni di prova, Excalibur e Viking hanno presentato gli assorbimenti maggiori (145-156kg N ha-1), mentre PR45D01, contraddistinto da habitus vegetativo contenuto, ha presentato utilizzi di N inferiori (134 kg N ha-1), (P≤0,05). La resa in seme della coltura è risultata in media superiore alle 3 t ha-1 s.s., confermando la buona adattabilità all’areale Padano-Veneto. L’ibrido convenzionale si è rivelato il genotipo più performante (3,6 t ha-1 s.s.), fornendo produzioni maggiori di PR45D01 e Viking (3,3 t ha-1 s.s.), (P≤0,05). L’interpolazione delle rese di prodotto osservate in campo al variare della concimazione ha messo in luce risposte diversificate tra i genotipi convenzionali e la cultivar semi-nana. Per massimizzare 44 DAFNAE - UNIPD la produzione Excalibur e Viking hanno manifestato fabbisogni minerali inferiori (126-151 kg N ha1 ) rispetto a quelli di PR45D01 (207 kg N ha-1). Considerando i parametri di N-efficienza, Excalibur ha mostrato l’efficienza d’uso migliore (NUE: 20,1 kg seme / kg N disponibile dal suolo e concime), in funzione di un’elevata efficienza di assorbimento (NUpE: 0,83 kg N assorbito / kg N disponibile dal suolo + concime), (P≤0,05). Per l’ibrido semi-nano e la varietà a impollinazione libera sono state stimate NUE inferiori (18,3 kg kg-1); in particolare PR45D01 ha rivelato una modesta NUpE (0,74 kg kg-1), nonostante sia dotata di un’elevata efficienza di utilizzo di N (NUtE: 24,9 kg seme / kg N assorbito), (P≤0,05). In conclusione per la realizzazione di itinerari agronomici impostati su un razionale utilizzo dell’input ‘azoto’ per il momento è preferibile l’impiego di varietà ibride di taglia convenzionale. Indagine sulla morfologia radicale di ibridi ad habitus vegetativo divergente Nel precedente paragrafo sono state messe in luce differenze in termini di assorbimento azotato e NUpE (i.e, efficienza assorbimento azoto) tra cultivar convenzionali (ibrido CHH e varietà a impollinazione libera), e varietà semi-nana (ibrido). E’ ipotizzabile che tali diversità siano correlate ad una morfologia radicale coerentemente diversificata con l’habitus vegetativo che caratterizza i genotipi a confronto. In tal senso, è stata allestita una prova in ambiente confinato in cui sono stati indagati gli apparati radicali di un ibrido CHH a taglia convenzionale (Excalibur) ed uno semi-nano (PR45D01). I risultati ottenuti confermano la presenza di differenze morfologiche a livello radicale tra le cultivar a confronto. Lungo tutto il periodo di sperimentazione (da 0 a 50 giorni dalla semina), l’ibrido a taglia normale ha fornito biomasse e lunghezze radicali maggiori rispetto al genotipo semi-nano (P≤0,05). Questi aspetti morfologici associati all’elevata produzione di biomassa epigea hanno garantito ad Excalibur una maggiore utilizzazione dell’azoto rispetto a PR45D01. L’elevato assorbimento palesato dalla cultivar convenzionale sembra connessa alla lunghezza delle radici, la quale tra tutti i parametri investigati è risultato quello maggiormente legato all’N organicato nella biomassa aerea (R2: 0,91; P≤0,05). Particolarmente interessanti sono risultate inoltre le relazioni emerse tra peso fresco (p.f.) della biomassa epigea e accrescimento radicale sia in termini ponderali che di lunghezza (p.f. biomassa aerea vs. p.f. radici: R2: 0,77; P≤0,05; p.f. biomassa aerea vs. lunghezza radici: R2: 0,87; P≤0,05). Dette relazioni rendono il p.f. aereo un attendibile indicatore dello sviluppo radicale. Modellizzazione fenologica della specie Quest’ultima tematica è stata sviluppata attraverso un periodo di ricerca presso l’Institut Pflanzenbau und Pflanzenzüchtung - CAU University di Kiel (D), dal quale è derivato un articolo scientifico dal titolo ‘A Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale’ sottoposto alla rivista Field Crop Research (IF: 2,232). 45 DAFNAE - UNIPD Conclusioni La definizione di un idoneo itinerario colturale in grado di sostenere la resa di prodotto rappresenta il principale limite al consolidamento del colza invernale da olio negli avvicendamenti nazionali e nella filiera bioenergetica di riferimento. Le strategie perseguibili per mitigare tale criticità devono però considerare le attuali esigenze in materia di sostenibilità ambientale ed economica e quindi, non possono prescindere da un utilizzo razionale degli input agronomici in funzione della scelta varietale e delle caratteristiche ambientali dell’areale di coltivazione. Nell’ambito Veneto non sembra possibile definire una tecnica agronomica univoca per tutte le principali tipologie varietali disponibili. Di fatto, l’ottimizzazione dell’iter-colturale deve avvenire diversificando l’utilizzo dei fattori tecnici tra genotipi a taglia convenzionale e materiali ad habitus vegetativo ridotto. In particolare, gli ibridi tradizionali sembrano caratterizzati da potenziale produttivo elevato raggiungibile anche con tecniche agronomiche low-input improntate su bassi popolamenti di campo e moderati apporti azotati. Gli ibridi semi-nani invece, necessitano di una maggiore intensificazione della tecnica agronomica attraverso l’applicazione di elevate densità di semina e dosi di azoto. Considerando l’input ‘epoca di semina’, un anticipo delle operazioni di avvio della coltura (prima decade di settembre) sembra una strategia perseguibile con successo indipendentemente dalla scelta varietale. In conclusione resta chiaro che i limiti che ancora si frappongono alla produzione del colza sono i seguenti: 1. Fattori ambientali e adattamento 2. Alcuni aspetti fisiologici (induzione a fiore, scalarità di fioritura, 3. Architettura della pianta e “biomass partitioning” 4. Variabilità del n° semi/siliqua 5. Vicarianza tra apparati fotosintetici (foglie e altre strutture) 6. Disponibilità sul mercato sementiero di varietà o ibridi adatti 7. Attivazione di idonei programmi di difesa 8. Logistica (difesa, raccolta e stoccaggio, essiccazione ...) 9. Tempi di attivazione della filiera (parte agricola) Solo il loro superamento consentirebbe al colza di raggiungere rese di prodotto certamente ancora più interessanti per la produzione di olio da convertire in biodiesel. A supporto dei processi decisionali coinvolti nell’ottimizzazione del management colturale risulterebbe utile l’impiego del ‘BBCH model’ il quale è in grado di simulare con sufficiente precisione la fenologia della specie in differenti areali europei caratterizzati da diverse tecniche agronomiche e scelte varietali. 46 DAFNAE - UNIPD 2.3.2.3 Divulgazione dei risultati Nell’ambito del Progetto BIOSEA è stata organizzata una giornata dimostrativa per la visita delle prove presso l’Azienda agraria sperimentale “L. Toniolo” dell’Università degli Studi di Padova, sita a Legnaro, e svoltasi il 17 Maggio 2011. Nel 18 giugno 2013 in Agripolis a Legnaro (PD) a cura di DAFNAE è stato organizzato un meeting conclusivo sulle attività programmate nell’ambito dell’azione progettuale “Biodiesel” del BIOSEA. Elenco delle pubblicazioni su rivista con referees o capitolo di libro 1) Marini L., Tamburini G., Petrucco-Toffolo E., Lindstrom S.AM., Zanetti F., Mosca G., Bommarco R., 2013. Options for replacing agronomic inputs with ecosystem services. J. Applied ecology (submitted). 2) Böttcher U., Rampin E., Hartmann K., Zanetti F., Flenet F., Morison M., Kage H. (2012). A Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale. Submitted to Field Crop Res. 3) Zanetti F., Mosca G., Rampin E., Vamerali T. (2011). Adaptability and sustainable management of high-erucic Brassicaceae in Mediterranean environment. In "Oilseeds", 6, 99-116. ISBN 978953-307-920-2. Elenco delle pubblicazioni su rivista senza referees 1) Zanetti F., Rampin E., Mosca G. (2010). Soia, colza e girasole come cambiano le rese in olio. Inf. Agr., 22: 30-32. 2) Rampin E., Mori N., Marini L., Zanetti F., Mosca G., Girolami V., Contaldo N., Bertaccini A. (2010). Segnalato su colza il fitoplasma del giallume dell’astro. Inf. Agr., 17: 59-60. Elenco delle pubblicazioni in Atti di Congresso 1) Lucchini P., Bandiera M., Barion G., Mosca G., Vamerali T., 2013. Intensificazione colturale del colza invernale da olio attraverso la modulazione dell'epoca e della densità di semina. In Atti XLI Conv. Naz. S.I.A., Reggio Calabria, 18-20 Sett. 2013, 333-335. (ISBN 978-88-908499-0-9) 2) Vamerali T., Bandiera M., Zanetti F., Barion G., Mosca G., 2012. Risposta morfologica e produttiva del colza invernale da olio alla variazione dell’epoca di semina. In Atti XLI Conv. Naz. S.I.A., Bari, 19-21 Sett. 2012, 291-293. (ISBN 978-88888-75869-5) 3) Vamerali T., Zanetti F., Bandiera M., Barion G., Mosca G., 2012. Risposta del sistema radicale del colza alla riduzione delle lavorazioni del terreno. In Atti XLI Conv. Naz. S.I.A., Bari, 19-21 Sett. 2012, 288-290. (ISBN 978-88888-75869-5) 4) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2011). Relevance of soil texture for root growth of oilseed rape and potential reduction of nitrate leaching. 7° Int. Symp. on Structure and Function of Roots, Novy Smokovec (Slovakia) 5-9 Sept. 2011: 214-215. (Presentazione orale) 5) D’Avino L., Lazzeri L., Rampin E., Zanetti F., Spugnoli P., Dainelli R., Mosca G. (2011). Oil crop sustainability assessment: three years of Brassica napus L. cultivation in North East Italy for biodiesel production. 19th Biomass Conf. and exhibition, 6-10 June 2011, Berlin: 2617-2622. 47 DAFNAE - UNIPD 6) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2011). Morphological bases of yield in new oilseed rape hybrids with different shoot vigour. 13° Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu., 2011: 233-237. (Presentazione orale) 7) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2011). Sowing date effects on phenology, morphology and seed yield of oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu., 2011: 308-311. 8) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2011). Root morphology and nitrogen uptake in new hybrids of winter oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu., 2011: 287-290. 9) Zanetti F., Rampin E., Mori N., Marini L., Mosca G., (2011). Accumulation kinetics of fatty acids in new high erucic genotypes of winter oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congress, Praga, Giugno 5-9, 2011: 30-33. 10) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2010). Genetic variability of fatty acid accumulation in different genotypes of HEAR. XIth ESA Congr., Montpellier, 29 Agosto - 3 Sett., 2010: 125-126. 11) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2010). Nitrogen nutrition in different oilseed rape cultivars. 11° ESA Congr., 29 Agosto – 3 Sett., 2010: 675-676. 12) Rampin E., Loddo S., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2009). Cinetiche d’accumulo dei principali acidi grassi in nuove cultivar di colza HEAR. 28° Conv. Naz. SIA, Fi, 21-23 Sett.: 253-254. Tra i Prodotti della ricerca BIOSEA si segnala inoltre che nell'ambito della Scuola di Dottorato in Scienze delle Produzioni vegetali hanno concluso il ciclo di formazione e ottenuto il titolo di Dottori di ricerca due neo laureati in Scienze e Tecnologie agrarie, oggi inseriti nel mondo operativo privato (Soc. Maschio di Campodarsego, Padova). Il primo Dr. PhD Enrico Rampin ha discusso una Tesi intitolata “OTTIMIZZAZIONE AGRONOMICA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE IN COLZA INVERNALE DA OLIO”, il secondo Dr. PhD Stefano Loddo ha discusso una Tesi intitolata “ M IGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA D’USO DELL’AZOTO IN COLTURE ERBACEE INVERNALI”. Inoltre sono state discusse 20 tesi di laurea tra 1° e 2° livello nell’ambito del Corso di studio STAG (Scienze e Tecnologie Agrarie) presso la Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Padova. 48 2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Studio di aspetti agronomici ed ambientali per ottimizzare la sostenibilità di filiere bioenergetiche esistenti Responsabile scientifico: Dott. Lorenzo Barbanti 2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Titolo della ricerca: Studio di aspetti agronomici ed ambientali per ottimizzare la sostenibilità di filiere bioenergetiche esistenti Responsabile scientifico: Dott. Lorenzo Barbanti 2.4.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.4.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 2.4.1.1.1 Riassunto Nel WP1 l’Attività 1 (Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di semina) è terminata, ripetendo la prova effettuata nel 2012, dopo che nel triennio 20092011 era già stata ultimata la sperimentazione inizialmente prevista per questa Attività. Nel 2013 sono stati quindi confrontati due genotipi di sorgo (un ibrido da fibra ed uno zuccherino), in combinazione con tre epoche di semina (fine aprile, seconda metà di maggio e giugno), su terreno nudo (prima, seconda e terza epoca) e in successione a triticale coltivato come intercalare (seconda e terza epoca). Per supportare il sorgo, soprattutto in semina tardiva, durante la siccità estiva, si è irrigato con 140 mm su tutta la superficie della prova. Il ritardo di semina rispetto a fine aprile ha determinato una riduzione di taglia del sorgo particolarmente pronunciata nel caso dell’epoca tardiva su precedente triticale. La produzione finale di biomassa secca ha subito un calo consistente fra la prima epoca (25 Mg ha-1) e le due successive su terreno nudo (rispettivamente, 20 e 14 Mg ha1 ). Su precedente triticale, la flessione produttiva ha raggiunto il 70% in terza epoca. Anche sommando la produzione di biomassa fornita dal triticale (6 e 11 Mg ha-1 nelle due rispettive epoche), la doppia coltura non ha raggiunto la produzione ottenuta col solo sorgo in semina a fine aprile. È giunta al termine anche l’Attività 2 del WP1 (Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti), che comprendeva il confronto fra impianto annuale e poliennale di topinambur, e la valutazione di nuove specie minori da biomassa poliennali. Nel primo caso, si sono conclusi i rilievi biometrico-produttivi su topinambur impiantato nel 2010 e 2012; l’impianto effettuato nel 2011 non prevedeva raccolta poliennale. Si è confermato anche nel 2013 il trend osservato nelle precedenti annate: dopo uno (2012) e tre anni dall’impianto (2010), il topinambur ha comunque manifestato buona capacità d ricaccio, raggiungendo un’altezza apprezzabile (1,5 – 2 m) accanto a una fittezza (~100 culmi m-2) che tipicamente connota la coltura da ricaccio. Tra le due epoche di raccolta, a inizio (settembre) e completa senescenza (novembre), si è assistito alla riduzione della biomassa epigea (soprattutto foglie) a vantaggio dell’accumulo di biomassa ipogea 50 (rizomi). Per quanto riguarda invece le specie minori da biomassa, solamente la Festuca arundinacea e il Bromus inermis sono sopravvissute al, peraltro mite, inverno 2012/13; infatti i due sorghi poliennali (Sorghum Silk e Sorghum almum) hanno ricacciato in modo scarso e irregolare, fornendo un’ulteriore prova della loro scarsa adattabilità alle condizioni del nord Italia. Festuca e bromo hanno invece raggiunto un livello produttivo discreto (rispettivamente 17 e 11 Mg ha -1), migliorando il dato osservato nell’anno di impianto (2012) ma rimanendo ben lontani dal livello raggiunto dal sorgo da fibra (ibrido Bulldozer) inserito come specie annuale di riferimento (27 Mg ha-1). Se ne conclude che anche queste due essenze difficilmente incontreranno successo come colture da biomassa. L’Attività 3 (Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini) è proseguita con il confronto fra Arundo donax, Miscanthus x giganteus e Cynara cardunculus con e senza concimazione azotata nelle parcelle impiantate nel 2002. La progressiva senescenza degli impianti si è manifestata in tutta le sua ampiezza nel 2013, con un’ulteriore riduzione del vigore vegetativo in tutte e tre le specie, malgrado un non sfavorevole decorso meteorologico. Nel miscanto il diradamente delle parcelle del concimato non ha più permesso di quantificare la produzione di biomassa aerea in questo trattamento. Nell’arundo la differenza di biomassa prodotta fra concimato e non è apparsa sfumata, al contrario che nel cardo. In tutte e tre queste specie, la dodicesima stagione vegetativa coincidente con l’annata 2013 indica il raggiungimento di un decadimento ormai irreversibile. Nel WP3 l’U.O. è impegnata in tre Attività (Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione di specie da biomassa erbacee; Studio delle problematiche legate al processo di conversione di sorgo zuccherino in bioetanolo; Valutazione dei principali aspetti del processo di trasformazione di colza e carinata in biodiesel) svolte in collaborazione con enti esterni (rispettivamente CNR-Ibimet e le associazioni di categoria AssoDistil e Assocostieri). A queste si sono aggiunte due ulteriori attività non prevista dal Progetto iniziale, volte alla stima del potenziale metanigeno e alcoligeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1. La seconda e la terza attività sulla valutazione dei problemi del settore dell’alcol e del biodiesel sono attualmente in corso, come studi di completamento delle attività sperimentali di campo. L’Attività relativa ai VOC è stata, invece, compiutamente effettuata nel corso del 2013. In base agli accordi presi durante la ricerca, l’interesse si è spostato dai VOC derivanti dalla combustione di quattro biomasse (sorgo, arundo, miscanto e, in aggiunta, switchgrass) biomasse a quelli legati al più avanzato processo di pirolisi accoppiata a GC/MS, valutando lo sviluppo di tali composti in funzione delle caratteristiche chimiche della componente organica delle diverse biomassa, in funzione di diverse condizioni di temperatura applicate durante la pirolisi. In generale, sono stati identificati numerosi componenti volatili di natura eterogenea (aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, furani, pirani, diossani, fenoli, zuccheri e lattoni). Sono state parimenti rilevate differenze quantitative nei VOC sia tra diverse biomasse, sia in una stessa biomassa al variare la temperatura della pirolisi da 600 a 900 °C. Fra le biomasse saggiate emerge come quella di arundo si differenzia dalle altre per quanto riguarda un aumento dei VOC originanti dalla degradazione della lignina e una riduzione di quelli derivanti dai carboidrati strutturali, quando la temperatura di pirolisi sale a 900 °C. Le prove in definitiva hanno fornito informazioni dettagliate e utili a caratterizzare le biomasse derivate da diverse colture energetiche e sottoposte a due diverse condizioni di degradazione termochimica, 51 rappresentando altresì la base per futuri approfondimenti relativi all’influenza del contenuto minerale della biomassa sulla formazione dei VOC durante il processo di pirolisi. Tabella 2.4.1.1 - Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso WP1 / Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di semina X WP1 / Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti. 2a: Confronto fra impianto annuale e poliennale di Helianthus tuberosus WP1 / Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti. 2b: Valutazione di altre specie minor in funzione della disponibilità di materiale genetico X X WP1 / Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini WP3 / Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione di specie da biomassa erbacee (in collaborazione con CNR – Ibimet) WP3 / Attività 5 – Studio delle problematiche legate al processo di conversione di sorgo zuccherino in bioetanolo (in collaborazione con AssoDistil) WP3 / Attività 6 – Valutazione dei principali aspetti del processo di trasformazione di colza e carinata in biodiesel (in collaborazione con Assocostieri) Concluso X X X X WP3 / Attività 7 – Valutazione del potenziale metanigeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1 X WP3 / Attività 8 – Valutazione del potenziale alcoligeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1 X WP4 / Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA) X 2.4.1.2 Relazione sull’attività svolta 2.4.1.2.1 Attività in WP1 Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di semina. Si è conclusa nel 2013 l’attività di ricerca dopo un quinquennio di prove. Dopo il triennio iniziale (2009-2011) nel corso del quale erano stati ottenuti risultati produttivi sostanzialmente equivalenti fra semina precoce (prima decade di aprile) e tardiva (seconda decade di maggio), l’attività di 52 ricerca è proseguita inserendo nella combinazione genotipi x epoche di semina il triticale (× Triticosecale Wittmack) coltivato come intercalare sempre per la produzione di biomassa, nell’ipotesi di valorizzare la parte della stagione di crescita precedente la semina tardiva del sorgo. Con questa premessa, nel 2013 è stata ripetuta con la stessa impostazione la prova effettuata nel 2012,confrontando due genotipi di sorgo (Bulldozer, ibrido da fibra; Sucros 506, zuccherino) in combinazione con tre date di semina (29/4; 28/5; 20/6) a intervallo medio di 26 giorni tra l’una e l’altra, in combinazione con l’assenza (1^, 2^ e 3^ epoca) o la presenza (2^ e 3^ epoca) del triticale (cv. Amarillo) seminato il 5/3 e raccolto allo stadio di inizio fioritura (27/5; 2^ epoca) e maturazione lattea (18/6; 3^ epoca). Il complesso delle 10 tesi scaturenti dalla combinazione dei tre fattori è stato disposto con schema sperimentale a blocco randomizzato con quattro ripetizioni, per un totale di 40 parcelle da 27 m2 (6 file da 0,45 m x 10 m di lunghezza). Come nelle precedenti annate, la prova è stata effettuata presso l’Azienda dell’Università di Bologna (AUB) - Terreni di Cadriano (BO; 44° 33’ N, 11° 21’ E, 32 m s.l.m.). L’appezzamento che ha ospitato la prova nel 2013 aveva caratteristiche fisico-chimiche del tutto simili a quelle degli appezzamenti ospitanti le prove del precedente triennio: tessitura medio impasto - limosa con assenza di scheletro, pH basico, limitata presenza di calcare totale e attivo, contenuto di sostanza organica medio-basso, discreta dotazione di P e K assimilabili, C.S.C. medioalta, sodio scambiabile molto basso. L’appezzamento, coltivato a frumento tenero nella precedente annata, è stato arato (30 cm di profondità) nell’autunno 2012 ed erpicato 2-3 volte con diversi strumenti in funzione dell’epoca di semina. In successione a triticale la semina del sorgo è avvenuta in condizioni di minimum tillage, con lavorazione interessante in pratica il solo letto di semina. La fertilizzazione di fondo ha consistito in un apporto di fosforo pari a 92 kg P2O5 ha-1 da concime minerale (0-46-0) con interramento autunnale. Il potassio non è stato distribuito stante la buona dotazione del terreno. Parimenti, non è stata effettuata alcuna fertilizzazione organica. L’azoto è stato distribuito in ragione di 120 kg di N ha-1 da urea sia su triticale (suddiviso in due epoche in copertura), sia su sorgo nelle prime fasi vegetative (maggio-giugno in funzione dell’epoca di semina). La distribuzione su sorgo è stata seguita da tempestivo interramento tramite sarchiatura. La semina è avvenuta con seminatrice di precisione a distribuzione pneumatica, utilizzando circa il doppio del seme rispetto alla densità prevista (12 piante m-2), che è stata raggiunta tramite diradamento. La date di raccolta sono state modulate in funzione dei quelle di semina: 23/9; 10/10 e 23/10 nelle tre rispettive epoche di semina. In tal modo, la lunghezza del ciclo semina – raccolta è stata di . 147, 135 e 125 giorni nelle tre rispettive epoche. Il decorso meteorologico durante la stagione vegetativa 2013 (Figura 2.4.1.1) è stato caratterizzato da buone precipitazioni unite a temperature tendenzialmente inferiori alle medie stagionali fino alla tarda primavera. In seguito si è manifestata la tipica siccità estiva (5 mm ne mese di luglio), accompagnata da temperature massime che solo in una breve fase (terza decade di luglio – prima di agosto) si sono posizionate al di sopra dei 30 °C. Per supportare la coltura durante i mesi estivi, tenendo conto delle esigenze idriche delle semine intermedia e tardiva non ancora affrancate all’avvio della stagione secca, si è intervenuto con irrigazione di soccorso per aspersione, distribuendo sull’intera superficie della prova un totale di 140 mm suddivisi in sette interventi fra inizio giugno e fine agosto. 53 Figura 2.4.1.1 – Andamento termo-pluviometrico durante la stagione vegetativa nell’annata 2013 a Cadriano (BO) 2011 70 30 60 25 50 20 40 15 30 10 20 5 10 0 MAR APR MAG GIU LUG AGO SET Precipitazioni (mm) Temperature (°C) 35 0 All’inizio e alla fine della stagione vegetativa, nelle parcelle dei genotipi comuni alle due/tre epoche di raccolta sono stati prelevati campioni di terreno (profilo 0-0,9 m, suddiviso in tre strati di 0,3 m) per la determinazione dell’umidità (stufa a 105 °C). La differenza di umidità fra inizio e fine vegetazione, sommata algebricamente alle precipitazioni e alle eventuali irrigazioni ha permesso di calcolare l’evapo-traspirazione effettiva (ETa); dividendo la biomassa secca prodotta per ETa è stata determinata l’efficienza di uso dell’acqua (WUE) da parte del sorgo. In corrispondenza con uno stato avanzato di vegetazione (8/8, 26/8 e 23/9 nelle tre rispettive semine), sono stati prelevati anche campioni di terreno e di piante per la quantificazione della biomasse ipogea ed epigea in relazione all’epoca di semina e alla precessione (nudo vs. triticale). Le determinazioni della biomassa radicale sono attualmente in corso. La conduzione delle prove ha previsto il conteggio dell’emergenza e una serie di rilievi allometrici in corso di vegetazione (altezza, numero di accestimenti, diametro basale e numero foglie). Alla raccolta è stata determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie e la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie e panicoli). Campioni della biomassa secca sono stati analizzati per la composizione della fibra e per il contenuto di ceneri. Le analisi sono attualmente in corso Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti. Attività 2.a – Confronto fra impianto annuale e poliennale di Helianthus tuberosus (topinambur). È terminato nel 2013 il confronto fra impianto annuale e poliennale di topinambur iniziato nel 2009, con l’obiettivo di valutare il potenziale produttivo della specie in termini di biomassa epigea 54 ottenuta annualmente dal ricaccio vegetativo, e di biomassa ipogea (rizomi) raccolti solo alla fine, portando alla distruzione della coltura. La prova è situata nella stessa azienda e su un terreno molto simile a quello dell’Attività 1. Nel 2013, ultimo anno di prova, non sono stati più attuati nuovi impianti, proseguendo l’attività di indagine sugli impianti effettuati nel 2010 (3^ vegetazione) e 2012 (2^ vegetazione). Per ragioni di spazio l’impianto del 2011 era avvenuto su una superficie troppo limitata per consentire valutazioni oltre l’anno di impianto. Con il 2013 l’attività di ricerca si conclude, avendo contemplato nel quinquennio 2009 – 2013 un’ampia casistica di topinambur di diverse età: quattro casi di coltura al 1° anno di vegetazione, 3 al secondo, 2 al terzo e quarto. Nel corso del 2013, il topinambur impiantato nelle due annate (2010 e 2012) è stato oggetto di rilievi allometrici in corso di vegetazione (altezza, diametro basale, numero di foglie e di ramificazioni). Verso la fine della stagione vegetativa sono state effettuate due epoche di raccolta: precoce, a inizio senescenza (2/9); tardiva, a senescenza completa (8/11). In ciascuna epoca è stata raccolta la biomassa epigea (fusti e foglie) ed ipogea (rizomi) su superfici rappresentative delle quattro ripetizioni, determinando la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie e la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie e rizomi). Campioni essiccati a 60 °C (biomassa epigea) e freschi surgelati (rizomi e fusti) sono stati conservati per le analisi di composizione della fibra e dell’inulina contenuta nei fusti e nei rizomi. Le analisi sono attualmente in corso. Attività 2.b – Valutazione di altre specie minori in funzione della disponibilità di materiale genetico. È terminata l’attività di valutazione di altre specie minori per la produzione di biomassa. Dopo diversi tentativi realizzati tra il 2009 e il 2011 con le specie via via disponibili, nel 2012 era stato avviato un unico campo a blocco randomizzato (quattro ripetizioni) con parcelle di dimensioni adeguate (29,7 m²) che racchiudeva le seguenti quattro specie poliennali, oltre a un sorgo da biomassa come confronto annuale: - Sorghum Silk, ibrido intespecifico complesso tra Sorghum Krish (S. halepense Pers. x S. roxburghii Stapf) e S. arundinaceum Stapf, tutti con pari numero di cromosomi (2n = 20). Viene coltivato come foraggera poliennale in Australia, dove è stato selezionato come possibile sostituto del Sorghum almum. Viene indicato come più tardivo, vigoroso, tollerante al freddo invernale e alle malattie fogliari del Sorghum almum. - Sorghum almum Parodi, ibrido interpsecifico S. halepense Pers. x S. bicolor (L.) Moench (numero di cromosomi 2n = 40), probabilmente originario dell’Argentina, coltivato come foraggera poliennale in Australia e nel sud degli Stati Uniti. Ha persistenza non molto elevata ed è relativamente facile da eradicare. - Festuca arundinacea Schreb. cv. Kora. Si tratta di una graminacea poliennale a percorso fotosintetico C3, utilizzata nella costituzione di prati ad uso foraggero e caratterizzata da ampia adattabilità a mutevoli condizioni ambientali e da foraggio (fieno) un po’ grossolano. 55 - Bromus inermis Leyss. ecotipo commerciale. Si tratta di un’altra graminacea poliennale C3 sviluppata come essenza foraggera. Rispetto a F. arundinacea, dovrebbe essere caratterizzato da maggiore resistenza al secco e da minore adattabilità a terreni umidi, pesanti. - Sorghum bicolor (L.) Moench. cv. Bulldozer. Il sorgo da fibra Bulldozer è stato inserito come specie da biomassa annuale caratterizzata da elevata potenzialità produttiva. La prova era ubicata sullo stesso appezzamento ospitante il topinambur di cui all’Attività 2.a. La semina delle poliennali era avvenuta nella primavera 2012; la semina del sorgo annuale è stata attuata nel 2012 e ripetuta nel 2013. Nel corso del 2013 si è tentato di sostituire il Panicum maximum Jacq. (cv. Gatton), seminato senza successo nel 2012 a causa della scarsa germinabilità del seme, con Andropogon gerardii Vitman (Big bluestem) e Sorghastrum nutans (L.) Nash (Indiangrass) cv. Cheyenne. Neppure la semina di queste due essenze ha avuto esito favorevole, malgrado le ottimali condizioni termo-pluviometriche in cui è avvenuta la semina (13/5) e la copertura delle parcelle con tessuto non tessuto. Successive prove in scatola Petri hanno evidenziato una germinabilità a 25 °C molto scarsa per entrambe i semi, nonostante la loro recente produzione (2012 negli USA). Delle rimanenti quattro poliennali, i due ibridi interspecifici di sorgo hanno dato origine a un ricaccio molto rado e irregolare all’interno della parcella, confermando la sensibilità al freddo degli organi svernanti (rizomi) osservata nelle precedenti annate e rendendo di fatto impossibile la prosecuzione dello studio a livello parcellare. Solamente le rimanenti due specie (F. arundinacea e B. inermis), conosciute anche come essenze da foraggio e che svernano come emicriptofite anziché come geofite, hanno superato indenni l’inverno, riprendendo a vegetare attivamente nella primavera 2013. Pertanto, solo su queste due essenze a confronto con il sorgo Bulldozer è proseguito il lavoro di studio relativo all’Attività 2.b, essendo tutte le altre specie risultate o a germinabilità/emergenza troppo scarsa, o a insufficiente sopravvivenza invernale. Le due poliennali hanno ricevuto una concimazione di 120 kg ha-1 di azoto ureico suddiviso in due apporti paritetici distribuiti alla ripresa vegetativa (22/3) e poco dopo il primo taglio (22/5). Il sorgo è stato seminato il 13/5, emerso in circa dieci giorni, scerbato, diradato a 12 piante m -2, e successivamente concimato in copertura con la stessa dose di azoto ureico (120 kg ha-1) e sarchiato per l’interramento del concime (12/6). Le due poliennali e il sorgo sono stati oggetto di rilievi fenologici in corso di vegetazione. Le raccolte, su superfici rappresentative all’interno delle parcelle, nel caso delle due essenze prative (Festuca e Bromus) sono state effettuate due volte, in primavera (21/5) e sul modesto ricaccio autunnale, a fine vegetazione (23/10). Il sorgo è stato raccolto a maturazione fisiologica (27/9). Alla raccolta è stata determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie, la densità colturale (n. di fusti m-2) e la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie e panicoli). Campioni della biomassa secca sono in via di analisi per la composizione della fibra e per il contenuto di ceneri. Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini. 56 L’attività prevede la prosecuzione di prove su Arundo (A. donax), Miscanto (M. sinensis × giganteus) e Cardo (Cynara cardunculus) iniziate nel 2002 a Cadriano nell’ambito di un Progetto nazionale (TISEN; miscanto e cardo) e di uno europeo (Bio-Energy Chains; arundo). Le tre specie sono allevate a due livelli di azoto: nessun apporto e normale concimazione (120 kg N ha-1 a-1 su Arundo; 100 su Miscanto e Cardo). Le sei combinazioni specie x concimazione sono coltivate in parcelle elementari di superficie discreta (36 m2, miscanto e cardo; 187 m2, arundo) con quattro ripetizioni di campo, per un totale di 24 parcelle elementari. Alla raccolta autunnale è stata determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie, la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie ed eventuali organi riproduttivi), oltre ai principali caratteri biometrici (densità di culmi per metro quadro, altezza e diametro basale). Limitatamente ad arundo e miscanto concimati, campioni della biomassa secca sono in via di analisi per la composizione della fibra e il contenuto di ceneri. Sulla base di questi dati, la produzione potenziale di energia termo-elettrica per combustione, da bio-etanolo di seconda generazione e da biogas saranno calcolate come nella precedente Attività 1. 2.4.1.2.2 Attività in WP3 Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione di specie da biomassa erbacee (attività svolta in collaborazione con CNR - Ibimet). Nell’ambito della collaborazione con l’Istituto di Biometereologia, IBIMET del CNR di Bologna il DipSA (Dipartimento di Scienze Agrarie) dell’Università di Bologna, l’attività prevedeva la caratterizzazione di diverse biomasse vegetali dal punto di vista dei composti organici volatili che vengono rilasciati quando sono sottoposte al processo di pirolisi. La presenza di tali composti chimici durante il processo di pirolisi può essere sfavorevole in quanto, benché tali specie siano combustibili e quindi contribuiscano ad accrescere il potere calorifico del gas, esse possono danneggiare o influenzare i successivi processi di trattamento, e perché l’emissione nell’atmosfera è limitata da normative ambientali. La misura di tali composti rientra quindi tra i parametri che sono indicativi della complessità del processo, ma anche delle possibilità di trovare combinazioni adeguate a trattare efficacemente biomasse aventi origine diversa e quindi ottimizzare i processi di conversione delle biomasse in calore e biogas e liquidi. Come previsto dal progetto, la presenza dei composti organici volatili ottenuti durante il processo di pirolisi è stata valutata in funzione della diversa tipologia di biomassa vegetale, valutando in particolare lo sviluppo di tali composti in funzione delle caratteristiche chimiche della componente organica della biomassa, a parità di condizioni operative di conversione energetica e in funzione di diverse condizioni di temperatura applicate durante la pirolisi. La scelta di valutare il rilascio di VOC anche in diverse condizioni di temperatura è stata effettuata considerando che la pirolisi analitica consente non solo di quantificare i composti rilasciati ma simula anche i tassi di riscaldamento della pirolisi veloce, consentendo quindi di individuare composti di degradazione delle biomasse durante tale processo per comprendere le caratteristiche potenziali di utilizzo delle biomasse in impianti a scala reale. Poiché l’indagine dei composti organici volatili rilasciati dalla trasformazione delle biomasse richiede una strumentazione analitica sempre più sensibile per la loro caratterizzazione e 57 quantificazione, si è ritenuto opportuno utilizzare metodologie di laboratorio che consentono di operare in condizioni di pirolisi a scala ridotta e quindi di rispondere ad esigenze di semplicità gestionale e flessibilità. Tali analisi consentono anche di simulare la produzione di composti volatili che si sprigionano durante la trasformazione termochimica delle biomasse vegetali in biogas e biooli in un impianto a scala reale e di valutare quindi l’impatto ambientale di un specifico sistema di trasformazione delle biomasse vegetali. La pirolisi analitica prevede la degradazione termica indotte dall'energia termica, in atmosfera inerte, seguita dall’analisi chimica vera e propria mediante un gascromatografo e uno spettrometro di massa combinati (Py-GC/MS) permettendo di ottenere sia la separazione dei frammenti molecolari generatisi per pirolisi, sia i relativi spettri di massa; da quest'ultimi è poi possibile procedere all'identificazione delle varie componenti. Fra le specie vegetali per la produzione di biomassa lignocellulosica sono state scelte: la specie annuale Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer e le specie polieannali Arundo donax L.(canna comune), Panicum virgatum L. (switchgrass), Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto). Per il campionamento dei VOC è stata quindi applicata la tecnica analitica della pirolisi abbinata alla gas-cromatografia-spettrometria di massa (Py-GC-MS) resa disponibile dall’Università di Bologna presso il Laboratorio di Scienze Ambientali “R. Sartori”, Centro Interdipartimentale di Ricerca in Scienze Ambientali (CIRSA). Attività 5 – Esame delle problematiche legate al processo di conversione di sorgo zuccherino in bioetanolo. I contatti presi con AssoDistil e con le associazioni di categoria degli agricoltori italiani si stanno concretizzando in elementi utili per una disamina delle problematiche del settore, alla luce delle più recenti evoluzioni in materia di colture a possibile destino alcoligeno e delle attuali propensioni dei trasformatori. Gli elementi raccolti saranno tradotti in risultati che si prevede di riferire nella relazione finale del progetto. Attività 6 – Esame delle problematiche legate al processo di trasformazione di colza e carinata in biodiesel. Analogamente all’Attività 5, l’Attività 6 si sta traducendo in contatti con Assocostieri, associazione di categoria delle industrie dell’olio di semi e del bio-diesel, e le associazioni degli agricoltori. Anche in questo caso, gli elementi raccolti saranno tradotti in risultati che si prevede di riferire nella relazione finale del progetto. Attività 7 – Valutazione degli effetti di pre-trattamenti alcalini a moderata intensità su due colture dedicate tra quelle in prova nell’ambito del WP1 e su un residuo colturale. È proseguita nel 2013 la valutazione del potenziale metanigeno di colture da biomassa, un’attività inizialmente non prevista dal Progetto ma che costituisce un approfondimento in un settore in forte espansione in Europa e in Italia, giustificando un impegno destinato a durare fino alla fine del Progetto. L’obiettivo della ricerca nell’annata 2013 è stato valutare gli effetti di pre-trattamenti alcalini della biomassa ligno-cellulosica sulla produzione potenziale di metano da biomasse di due colture inserite nelle prove nell’ambito del WP1 e di un residuo colturale. 58 Le matrici vegetali prese in considerazioni, provenienti delle prove sperimentali di Cadriano, sono state: una coltura poliennale, Arundo, un ibrido di sorgo da biomassa, B 133, e un residuo colturale, paglia di orzo. Le matrici sono state essiccate a 60 °C e macinate a 2 mm per le successive analisi e per l’incubazione anaerobica. La caratterizzazione di ogni singola matrice è stata fatta per: solidi totali (ST, 48 h a 105 °C); solidi volatili (SV, 4 h a 550 °C); zuccheri solubili totali (estrazione in acqua con rapporto solido liquido 1:20, per 12 h a temperatura ambiente); carboidrati strutturali (cellulosa ed emicellulosa) e lignina (acid insolubile lignin, AIL) seguendo il metodo NREL (National Renewable Energy Laboratory) adatto per la caratterizzazione di biomassa da destinare alle filiere bio-energetiche, proposto da Sluiter et al. (2011). I pre-trattamenti alcalini sono stati condotti in serum bottles poste a 25 °C per 24 h in agitazione continua (120 rpm), a diverse concentrazioni di NaOH (0,05; 0,10; 0,15 N). In ogni bottiglia, il substrato è stato mescolato con un’appropriata quantità di soluzione di NaOH mantenendo una concentrazione di ST del 10%. Alla fine dei pre-trattamenti, una parte del substrato pre-trattato è stato inviato all’incubazione anaerobica con aggiunta diretta dell’inoculo, mentre la restante parte è stata suddivisa nella frazione liquida e solida per le successive analisi. Sulla frazione solida sono stati determinati i carboidrati strutturali e l’AIL seguendo il metodo NREL. Per l’incubazione anaerobica, l’inoculo è stato prelevato da un impianto commerciale di biogas alimentato a matrici vegetali e adattato alla temperatura dell’esperimento ed affamato per 10 giorni prima dell’impiego. Il test anaerobico è stato condotto in 3 repliche a 35 °C per 58 gg, in serum bottles da 100 ml, con un carico organico di 4 g SV l-1 ed un volume finale di liquido pari a 60 ml (80% v/v di inoculo, 20% di acqua). Per ciascun substrato, i tre livelli di trattamento sono stati confrontati con un non trattato (untreated). Come controlli sono stati inseriti il solo inoculo (blank) e inoculo + glucosio puro (4 g SV l-1). L’anaerobiosi è stata ottenuta insufflando le serum bottles con azoto gassoso prima della loro chiusura all’inizio dell’esperimento. Il biogas prodotto è stato quantificato ad intervalli regolari (per un totale di 12 volte, ad intervalli via via crescenti) misurando lo spostamento di volume attraverso una bottiglia Mariotte; la sua composizione (CH4, CO2, componenti minori) è stata caratterizzata tramite un MicroGC (Agilent Technologies). La produzione specifica di CH4 prodotta è stata cumulata, espressa in ml g-1 SV e riportata in condizioni standard di temperatura e pressione (273 K, 100 kPa). L’efficienza del pre-trattamento è stata calcolata rapportando il CH4 prodotto per ogni singolo pre-trattamento al CH4 prodotto dal substrato non trattato. Inoltre, è stato calcolato il T80 (technical digestion time) ovvero il tempo in giorni necessario per produrre l’80% del CH4 prodotto. Sui seguenti parametri sono stati effettuati l’ANOVA e il test SNK (P ≤ 0,05) per la separazione delle medie dei fattori statisticamente significativi: ST, SV, zuccheri solubili, cellulosa, emicellulosa, AIL e produzione specifica di CH4. Attività 8 – Valutazione della produzione di bioetanolo di seconda generazione di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1. Per il primo anno si relaziona circa la produzione di bioetanolo di seconda generazione da colture da biomassa, un’attività inizialmente non prevista dal Progetto ma che costituisce un approfondimento in un settore emergente in Europa, giustificando un impegno destinato a durare anche oltre la durata del Progetto. L’obiettivo della ricerca nell’annata 2013 è stato valutare le 59 caratteristiche intrinseche di quattro colture, tra quelle inserite nelle prove del WP1, per la stima della produzione potenziale di bioetanolo di seconda generazione. Le colture da biomassa oggetto della prova, provenienti delle prove sperimentali di Cadriano svoltesi nel 2011, sono state due colture poliennali, Arundo e Switchgrass, e due ibridi di sorgo da biomassa, B 133 e Bulldozer. Insieme a queste sono state analizzate e testate anche un residuo agricolo, ovvero la paglia d’orzo, e la frazione organica dei residui di cucina (FORSU, costituito nella fattispecie da carta da cucina, bucce di mela e d’arancia). Questi substrati, che non erano previsti nel progetto, sono stati inseriti per ampliare le caratteristiche di composizione rispetto ai substrati ottenibili dalle prove del WP1, onde fornire un ulteriore test finalizzato all’approfondimento delle conoscenze relativamente al processo di trasformazione della biomassa. Le matrici vegetali di Arundo, Switchgrass, B 133 e Bulldozer sono state essiccate a 60 °C e macinate a 2 mm per le successive analisi qualitative della biomassa e per le fasi di idrolisi enzimatica e fermentazione. La caratterizzazione di ogni singola matrice è stata fatta per solidi totali (TS, a 105 °C), frazioni fibrose (emicellulosa, cellulosa, lignina (ADL)) eseguite secondo il metodo Van Soest. Per paglia d’orzo, FORSU e B133 si è invece proceduto alla determinazione degli zuccheri solubili totali (estrazione in acqua con rapporto solido liquido 1:20, per 12 h a temperatura ambiente); carboidrati strutturali (cellulosa ed emicellulosa) e lignina (acid insolubile lignin, AIL) seguendo il metodo NREL (National Renewable Energy Laboratory) adatto per la caratterizzazione di biomassa da destinare alle filiere bio-energetiche, proposto da Sluiter et al. (2011). Il processo di trasformazione in bioetanolo è stato condotto secondo una configurazione SSF (simultaneous saccharification and fermentation), ovvero idrolisi enzimatica e fermentazione sono avvenute nello stesso batch. Tale configurazione risulta più efficiente in termini di bilancio energetico ed economico complessivo per l’intero processo, rispetto a quella che prevede l’uso di due batch separati per idrolisi enzimatica e fermentazione, ma pone sia i lieviti che gli enzimi in condizioni di temperatura non ottimali. Considerati le diverse temperature ottimali per lievito (variabile a seconda del microorganismo utilizzato) ed enzima (50 °C circa), sono stati utilizzati due diversi lieviti, al fine di valutare eventuali differenze nella produzione complessiva di etanolo. In particolare Saccharomyces cervisiae, il cui optimum di temperatura è di 30 °C, è stato scelto perché il più ampiamente utilizzato e perché caratterizzato da un elevato rendimento, mentre il Kluyveromyces marxianus perché fermenta in condizioni ottimali di 40 °C, una temperatura prossima a quella degli enzimi. L’idrolisi enzimatica è stata condotta utilizzando enzima cellulasi commerciale (Celluclast 1,5 L), prodotto dal fungo Trichoderma reseei. Le prove SSF sono avvenute con tre repliche per ciascuna combinazione coltura x lievito, in bottiglie schott da 500 mL in condizioni di anaerobiosi ottenuta insufflando le bottiglie con azoto gassoso. Le condizioni anaerobiche sono state mantenute durante il processo utilizzando opportuni gorgogliatori riempiti d’acqua che permettessero la fuoriuscita della CO2 prodotta durante la fermentazione ed allo stesso tempo impedissero l’entrata di O2. Ciascuna bottiglia è stata sterilizzata in autoclave (121 °C, 20 min.) ed il processo è avvenuto a condizioni di pH 4.8 utilizzando una soluzione di tampone citrato a concentrazione 50 mM, con pH corretto aggiungendo Na(OH). Ogni bottiglia conteneva una soluzione minerale, anch’essa opportunamente sterilizzata in autoclave (121 60 °C, 20 min) per creare condizioni ottimali dei lieviti (0.5 mL di (NH4)2SO4 a 150 g L-1, 1.5 mL di KH2PO4 a 140.5 g L-1, 0.5 mL MgSO4·7H2O a 75 g L-1, 2.5 mL di CaCl2·2H2O a 100 g L-1) a cui sono stati aggiunti 0.5 g di estratto di lievito. Ciascun lievito con densità ottica (OD) 0.600 misurata con spettrofotometro a λ = 600 è stato aggiunto in quantità pari a 3 mL. La concentrazione di biomassa è stata del 5% (peso biomassa su peso soluzione), ed il volume finale di tutta la soluzione in ciascuna bottiglia è stato di 100 mL. La dose enzimatica è stata di 35 FPU g-1 di sostanza organica, calcolata secondo il metodo NREL (National Renewable Energy Laboratory) sulla misura dell’attività cellulasica. Le temperature di incubazione sono state di 45 °C per i campioni inoculati con Kluyveromyces marxianus (K) e 37 °C per il lievito Saccharomyces cerevisiae (S). Tutte le prove sono avvenute in agitazione a 120 rpm ed hanno avuto una durata complessiva di 96 ore. L’etanolo prodotto è stato quantificato tramite HPLC (Agilent 1100) con detector a indice di rifrazione (RI), usando una colonna (BioRad Aminex HPX-87H, 300 7.8 mm) a 60 °C e H2SO4 4 mM come fase mobile flussato a 0.5 mL min-1. Su B 133, Paglia e Forsu, i substrati maggiormente rappresentativi tra quelli utilizzati, è stata valutata anche l’efficienza di conversione della cellulosa (CCE; %), calcolata come i valori di EtOH prodotto durante l’SSF meno il glucosio solubile moltiplicato per il coefficiente di conversione di 0.511 g di EtOH per grammo di zucchero, sul contenuto di cellulosa presente nella matrice a sua volta moltiplicata per 0.511: EtOH (g) prodottodurante SSF - Glucosio solubile (g) 0.511 % CCE Cellulosa (g) presente 0.511 Per i parametri riguardanti le caratteristiche della biomassa (cellulosa, emicellulosa, ADL, lignina e glucosio solubile) è stata eseguita l’analisi della varianza ad una via, mentre per EtOH e CCE è stata eseguita l’analisi della varianza a due vie per i fattori coltura, lievito e relativa interazione, con test LSD (P ≤ 0,05) per la separazione delle medie delle fonti statisticamente significative. 2.4.1.2.3 Attività in WP4 Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA) (Responsabile scientifico Dr. Andrea Monti). L’attività è stata interamente svolta e relazionata nella precedente annata. 2.4.1.3 Risultati conseguiti 2.4.1.3.1 Risultati in WP1 Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di semina. Nella Figura 2.4.1.2 si riporta l’altezza dei due ibridi nelle tre epoche di semina e, limitatamente alla seconda e terza epoca, su terreno nudo e in successione al triticale coltivato come intercalare. 61 Occorre precisare che un forte temporale con presenza di grandine ha colpito la località ospitante le prove del WP1 in data 27/8, determinando nel caso del sorgo un marcato allettamento delle piante che hanno continuato a crescere e svilupparsi, rendendo però inattendibile la prosecuzione dei rilievi colturali. Pertanto, in considerazione di questa situazione, dopo l’ultimo rilievo effettuato prima del fortunale (13/8), è stato effettuato un rilievo finale su piante selezionate tra quelle raccolte (in data 23/9, 10/10 e 23/10 rispettivamente in 1^, 2^ e 3^ epoca di semina). I dati nella Figura 2.4.1.2 si riferiscono pertanto alla particolare situazione venutasi a creare. Con tale premessa, in prima semina (29/4) Bulldozer è risultato sensibilmente più alto di Sucros 506 (oltre un metro di differenza), confermando quanto emerso nel 2012; nelle epoche successive il divario fra i due genotipi si è ridotto, rimanendo comunque avvertibile fino all’ultima semina (20/6). In entrambi i genotipi il posticipo di 29 giorni fra 1^ e 2^ semina e di 21 giorni fra 2^ e 3^ ha determinato un sensibile calo della taglia finale delle piante, soprattutto in 3^ epoca con sorgo seminato in successione a triticale. Figura 2.4.1.2 – Altezza di due ibridi di sorgo da biomassa (Bulldozer, fibra; Sucros 506, zuccherino) in tre epoche di semina su terreno nudo e in successione a triticale come intercalare nel 2013 a Cadriano (BO) Altezza (cm) 450 400 S506-1^-Nudo 350 Bull.-1^-Nudo 300 S506-2^-Nudo Bull.-2^-Nudo 250 S506-2^-Trit. 200 Bull.-2^-Trit. 150 S506-3^-Nudo 100 Bull.-3^-Nudo 50 S506-3^-Trit. 0 Bull.-3^-Trit. 1/6 22/6 13/7 3/8 24/8 14/9 5/10 26/10 La produzione di biomassa e la percentuale di sostanza secca presentano differenze marcate fra le diverse combinazioni di fattori (Tabella 2.4.1.2). Fra i due genotipi, la maggior taglia di Bulldozer si è tradotta in un 10-20% in più di biomassa prodotta in tutte le combinazioni studiate, ad eccezione che su terreno nudo in 2^ epoca. L’epoca di semina su terreno nudo ha determinato un calo produttivo di circa il 20% fra prima e seconda epoca; di circa il 50% fra prima e terza. Il precedente triticale non ha determinato decremento produttivo rispetto al terreno nudo in 2^ epoca, laddove in 3^ epoca si è osservato un calo di circa il 40%, che sale al 70% se il confronto viene fatto con la prima semina. La percentuale di sostanza secca della biomassa raccolta presenta dati progressivamente calanti, coerentemente con il ritardo dell’epoca di semina e la riduzione della stagione di crescita. In particolare, la ridotta crescita in 3^ epoca su precedente triticale si è tradotta in piante più ricche di foglie che di steli (dati non mostrati), quindi inevitabilmente più umide alla 62 raccolta. Infine, l’efficienza d’uso dell’acqua presenta un quadro simile a quello osservato nel 2012: i valori di WUE rimangono sostanzialmente indifferenziati, mediamente buoni in tutte le combinazioni saggiate ad eccezione che in 3^ epoca in successione a triticale. In questa combinazione, la forte decurtazione della biomassa prodotta senza parallela riduzione del quantitativo di acqua consumata (ETa) si è tradotta in un dimezzamento dei valori di WUE, sempre in analogia con quanto osservato nel corso del 2012. Tabella 2.4.1.2 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca, altezza, allettamento alla raccolta ed efficienza di utilizzo dell’acqua (WUE) di due ibridi di sorgo in tre epoche di semina su terreno nudo e in successione a triticale come intercalare nel 2013 a Cadriano. Tra parentesi, errore standard (n = 4) Epoca Ibrido Terreno Biomassa (Mg SS ha-1) S.S. (%) Altezza (cm) WUE (g SS L-1) 1^ Sucros 506 Bulldozer nudo Nudo 23,5 (1,3) 26,7 (1,8) 30,8 (0,6) 31,2 (1,0) 295 (10) 389 (11) 5,4 (0,3) 6,1 (0,4) 2^ Sucros 506 Bulldozer Sucros 506 Bulldozer Nudo nudo triticale triticale 19,9 (1,0) 19,2 (1,6) 19,2 (0,7) 22,8 (0,9) 27,3 (0,7) 27,9 (0,6) 24,2 (0,6) 25,3 (0,3) 279 (13) 344 (16) 286 (9) 343 (29) 7,0 (0,4) 6,7 (0,4) 6,3 (0,4) 7,4 (0,2) 3^ Sucros 506 Bulldozer Sucros 506 Bulldozer nudo nudo triticale triticale 12,5 (1,0) 14,8 (1,1) 7,2 (2,0) 9,0 (1,5) 17,7 (0,6) 21,1 (0,7) 18,0 (0,6) 18,6 (0,5) 274 (11) 272 (30) 118 (46) 117 (36) 4,8 (0,4) 5,6 (0,4) 2,5 (0,6) 3,3 (0,3) 63 Tabella 2.4.1.3 – Produzione di biomassa complessiva della successione annuale triticale – sorgo da biomassa a confronto con il solo sorgo, in funzione delle epoche di semina e dei due ibridi in prova nel 2013 a Cadriano. Tra parentesi, errore standard (n = 4) Epoca Ibrido Terreno Sorgo 1^ Sucros 506 Bulldozer nudo nudo 23,5 (1,3) 26,7 (1,8) 23,5 (1,3) 26,4 (1,8) 2^ Sucros 506 Bulldozer Sucros 506 Bulldozer nudo nudo triticale triticale 19,9 (1,0) 19,2 (1,6) 19,2 (0,7) 22,8 (0,9) 5,5 (0,2) 5,5 (0,2) 19,9 (1,0) 19,2 (1,6) 24,7 (0,7) 28,4 (1,1) Sucros 506 Bulldozer Sucros 506 Bulldozer nudo nudo triticale triticale 12,5 (1,0) 14,8 (1,1) 7,2 (2,0) 9,0 (1,5) 11,3 (0,4) 11,3 (0,4) 20,3 (0,6) 18,1 (1,6) 18,4 (1,7) 20,3 (1,2) 3^ Triticale Sorgo + Trit. Mg SS ha-1 Il triticale nelle due epoche di raccolta (inizio fioritura, 27/5; maturazione lattea, 20/6) ha rispettivamente prodotto circa 6 e 11 Mg di biomassa secca per ettaro (Tabella 2.4.1.3). Sommando tale quantitativo alla biomassa del sorgo, le produzioni della doppia coltura superano quelle del solo sorgo in 2^ epoca (+36% nella media dei due ibridi); le raggiungono appena in 3^ epoca. Né in 2^ né in 3^ epoca di semina l’inserimento del triticale permette di raggiungere il livello produttivo del sorgo in 1^ epoca su terreno nudo. Si confermano pertanto nel 2013 i risultati emersi nella precedente annata, in base ai quali la doppia coltura annuale si rivela inefficace ai fini dell’aumento produttivo, nelle condizioni in cui si sono svolte le prove. Le analisi in corso permetteranno di valutare gli effetti dei fattori studiati sul potenziale energetico delle biomasse prodotte. Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti. Attività 2.a – Confronto fra impianto annuale e poliennale di Helianthus tuberosus (topinambur). Nel 2013 il topinambur, originante comunque da ricacci di colture impiantate pochi anni prima ha raggiunto altezze di circa 1,5 m nel caso dell’impianto più vecchio (2010); circa 2 m in quello più giovane (2012). Anche in questo caso, i rilievi biometrici sono stati interrotti in occasione del fortunale del 27/8, ma il trend descritto fino a quel punto e l’esperienza degli anni precedenti lasciano supporre che la coltura fosse ormai prossima al plafond di altezza. 64 Figura 2.4.1.3 – Altezza del topinambur nel 2013 a Cadriano (BO) con impianto effettuato nel 2010 e 2012 250 Altezza (cm) 200 150 100 2010 2012 50 0 20/5 3/6 17/6 1/7 15/7 29/7 12/8 I dati alla raccolta rispecchiano i risultati ottenuti nel precedente quadriennio (Tabella 2.4.1.4), tenendo conto che in questa annata conclusiva non vi era più topinambur di neo-impianto, ma solo originante dai ricacci. Con questa premessa, tra raccolta precoce (settembre) e tardiva (novembre) si è osservato il solito forte calo nella densità di culmi; anche in epoca tardiva la densità rimane dell’ordine di alcune decine di culmi per metro quadro, contro i 5-6 nell’anno di impianto. Anche la biomassa epigea si è ridotta fortemente fra le due epoche, per effetto della filloptosi e della parallela traslocazione degli assimilati agli organi di riserva. I valori di biomassa epigea osservati nel 2013 appaiono tra i più alti per topinambur da ricaccio, a indicazione del fatto che la coltura non si esaurisce nel volgere di pochi anni. La biomassa dei rizomi è aumentata sensibilmente tra le due epoche di raccolta, sempre in analogia con quanto osservato nelle precedenti annate. L’andamento opposto tra le due epoche della biomassa epigea e ipogea ha determinato un forte incremento dell’harvest index, che è passato da circa il 10% a quasi il 40%. All’interno della biomassa epigea, i fusti hanno rappresentato la frazione di gran lunga preminente (> 80%) già in prima epoca, mentre in seconda epoca la presenza di foglie secche ancora attaccate è risultata marginale e quindi non quantificata. Le analisi in corso, fibra e ceneri sulla porzione epigea, inulina sui fusti e sui tuberi, permetteranno di meglio precisare il potenziale energetico della coltura nelle sue diverse componenti. 65 Tabella 2.4.1.4 – Densità colturale, produzione di biomassa epigea (fusti più foglie) e ipogea (tuberi), harvest index (H.I.) dei tuberi e incidenza dei fusti sulla biomassa epigea, in due epoche di raccolta nel 2013 con topinambur impiantato nel 2010 e 2012. Tra parentesi, errore standard (n = 4) Densità culmi (n. m-2) Biomassa epigea (Mg SS ha-1) Biomassa rizomi (Mg SS ha-1) H.I. (rizomi % totale) Fusti (% biom. epigea) 4°-2010 precoce 4°-2010 tardiva 113,2 (10,0) 44,8 (4,7) 27,0 (0,7) 13,2 (1,0) 3,4 (0,5) 8,3 (0,8) 11 (1,7) 39 (2,9) 88 (1,9) 100 (0) 2°-2012 precoce 2°-2012 tardiva 73,8 (3,3) 34,4 (1,2) 28,1 (1,2) 18,4 (1,6) 2,4 (0,2) 10,7 (0,5) 8 (0,9) 37 (1,9) 85 (2,7) 100 (0) Cicloanno Epoca Attività 2.b – Valutazione di altre specie minori in funzione della disponibilità di materiale genetico. I risultati ottenuti nel 2013 sulle due essenze sopravissute tra le quattro impiantate nel 2012, mostrano una produzione di biomassa di un certo interesse, quasi doppia a quella dell’anno precedente caratterizzato da forte siccità estiva, malgrado lo stesso numero di raccolte operate (2 in entrambe le annate). Lo sfalcio primaverile (21/5) si è dimostrato di gran lunga il più produttivo; dopo tale data, entrambe le specie (bromo e festuca) sono rimaste a lungo quiescenti, ricacciando apprezzabilmente solo a fine estate e dando origine a un taglio autunnale (23/10) di modesta entità. La festuca è risultata sempre più produttiva del bromo, come nell’anno di impianto (2012). La diversa composizione della biomassa tra le due epoche riflette il diverso stadio fenologico al momento della raccolta: fioritura – maturazione lattea a fine maggio; levata in ottobre. Malgrado la migliore performance delle due essenze in questa seconda annata dall’impianto, rimane notevole il differenziale produttivo rispetto al sorgo: festuca, la migliore delle due, ha infatti prodotto oltre un terzo in meno biomassa del miglior ibrido di sorgo da fibra (Bulldozer) tra quelli in prova (Tabella 2.4.1.5). Si evince pertanto come queste foraggere difficilmente possano competere come colture da biomassa, malgrado una gestione agronomica relativamente agevole grazie al fatto di essere piante a taglia bassa e stelo fine, facilmente affienabili. La analisi attualmente in corso (ceneri e composizione fibre) permetteranno di valutare meglio il potenziale bio-energetico di queste due specie. 66 Tabella 2.4.1.5 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca e densità culmi in due specie erbacee poliennali con sfalcio primaverile e autunnale nel 2013 a Cadriano (BO). Tra parentesi, errore standard (n = 4) Specie Epoca Biomassa (Mg SS ha-1) S.S. (%) Culmi (n. m-2) Fusti (% s.s.) Foglie (% s.s.) Infioresc. (% s.s.) Bromo Festuca 1^ 1^ 10,1 (1,8) 14,4 (0,9) 40,5 (5,7) 40,9 (2,6) 580 (56) 807 (18) 51 (1,7) 65 (2,5) 28 (2,0) 18 (0,9) 20 (1,9) 18 (0,9) Bromo Festuca 2^ 2^ 1,3 (0,1) 2,7 (0,2) 28,6 (1,6) 25,6 (1,5) 524 (33) 536 (46) 20 (0) 20 (0) 80 (0) 80 (0) 0 (0) 0 (0) Bromo 1^+2^ Festuca 1^+2^ 11,4 (1,8) 17,1 (0,8) 28,7 (5,1) 37,3 (1,7) 552 (31) 671 (16) 48 (2,0) 58 (1,8) 34 (2,6) 28 (1,4) 18 (1,8) 15 (0,5) S. bicolor (ctrl) 27,3 (1,9) 31,2 (1,2) 12,7 (0,8) 78,5 (1,1) 15,7 (1,1) 5,8 (0,4) Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini. Le tre specie poliennali inserite in questo confronto (arundo, miscanto e cardo) sono in coltivazione a Cadriano dal 2002, avendo quindi raggiunto nel 2013 la 12^ stagione vegetativa. Nelle ultime annate si è osservato una progressiva riduzione del vigore in tutte e tre le specie, ed anche nel Panicum virgatum (switchgrass) che è coltivato sempre dal 2002 a latere di arundo, miscanto e cardo. Nel 2013 la riduzione della spinta vegetativa è apparsa particolarmente accentuata, segno di un decadimento difficilmente controvertibile. Nel miscanto, addirittura, non è stato più possibile raccogliere le parcelle concimate (N1), che risultavano ormai troppo diradate e invase da flora avventizia per poter dare origine a dati produttivi attendibili. Con questa premessa, l’arundo si è confermata la specie più produttiva (Tabella 2.4.1.6), senza apparente differenza fra concimato e non concimato, a differenza di quanto osservato nelle più recenti annate. Il miscanto ha raggiunto una resa in biomassa pari a circa la metà dell’arundo; le parcelle concimate che non è stato possibile raccogliere, mostravano un vigore simile a quelle non concimate in analogia con le precedenti annate in cui il miscanto non ha dato origine a forti differenze per effetto della concimazione. Anche il cardo, infine, ha proseguito nel trend di riduzione produttiva osservato nelle ultime annate, scendendo al di sotto dei 5 Mg ha-1 di biomassa secca nel concimato; alla metà nel non concimato. Rispetto alla precedente, siccitosa annata, il cardo ha recuperato qualcosa solo nella produzione di acheni, che ha superato di poco i 500 kg ha -1 in presenza di concimazione, contro poco più di 100 kg ha-1 nel 2012. La percentuale di sostanza secca delle tre colture, non influenzata dalla concimazione, è risultata analoga a quella delle precedenti annate, rispecchiando il diverso stadio a cui le tre piante sono state raccolte: vegetanti arundo e miscanto, anche se quest’ultimo che negli ultimi anni ha sensibilmente anticipato la senescenza; molto secco il cardo. Le analisi in corso (ceneri e fibre) permetteranno di valutare il potenziale energetico delle tre biomasse. 67 Tabella 2.4.1.6 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca, densità culmi e produzione di acheni (cardo) in tre colture poliennali con e senza concimazione azotata nel 2013 a Cadriano (BO). Tra parentesi, errore standard (n = 4) Specie Biomassa N -1 (g ha ) (Mg SS ha-1) S.S. (%) Culmi (n. m-2) 59,8 (5,8) 63,4 (5,0) Arundo 0 120 18,0 (0,9) 18,2 (0,6) 41,3 (1,4) 40,6 (1,2) Miscanto 0 100 8,6 (1,2) - 46,1 (1,0) 78,9 (11,5) - Cardo 0 100 2,4 (0,5) 4,8 (0,3) 82,4 (1,4) 83,6 (1,3) 2,0 (0,1) 2,3 (0,1) Acheni Mg SS ha-1 0,15 (0,05) 0,57 (0,08) 2.4.1.3.2 Risultati in WP3 Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione di specie da biomassa erbacee (attività svolta in collaborazione con CNR - Ibimet). Sono stati identificati numerosi componenti volatili che appartengono a diverse classi chimiche: aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, furani, pirani, diossani, fenoli, zuccheri e lattoni (Tabella 2.4.1.7). Si sono rilevate differenze quantitative sia dal confronto dei composti volatili rilasciati durante la pirolisi delle diverse biomasse (Figura 2.4.1.4 e 1.1.5), sia nell’ambito della medesima biomassa quando si confrontano i profili di VOC ottenuti in entrambe le condizioni di pirolisi, a temperatura pari a 600 °C e a 900 °C (Figura 2.4.1.7 e 2.4.1.8). In generale, il profilo di VOC ottenuto durante la pirolisi delle biomasse oggetto di studio è risultato dominato dai composti volatili 4-vinyl guaiacol (14-24%) e 4-vinyl phenol (10-28%), entrambi prodotti di degradazione della lignina (Figura 2.4.1.4 c e 2.4.1.5 c), indipendentemente dalla tipologia di biomassa analizzata e dalle condizioni di temperatura di pirolisi. I composti volatili 4hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (2-12%) e hydroxyacetone (4-8%), entrambi prodotti di decomposizione della cellulosa (Figura 2.4.1.4 a, b; Figura 2.4.1.5 a, b), pur presenti in quantità minori contribuiscono a caratterizzare il profilo di VOC delle biomasse analizzate. Se il profilo dei VOC rilevati conferma in generale la composizione tipica dei VOC rilasciati dalla pirolisi delle biomasse erbacee, tuttavia si rilevano differenze significative e peculiari tra le diverse biomasse analizzate. 68 Tabella 2.4.1.7 - Composti volatile organici (VOC) identificati durante la pirolisi Py-GC-MS di biomasse lignocellulosiche derivate dalle colture energetiche Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass) Peak # 1 RT (min) 1,36 formaldehyde 2 1,43 methanol 3 1,60 4 Chemical class aldehydes Formula MW CH2O 30 MS base peak 30 alcohol CH4O 31 31 C acetaldehyde aldehydes C2H4O 44 44 C 1,62 glyoxal (ethanedial) aldehydes C2H2O2 58 58 C 5 1,70 acetone (2-propanone) ketones C3H6O 58 58 C 6 1,80 methyl glyoxal (pyruvaldehyde) aldehydes C3H4O2 72 72 C 7 2,20 acetic acid acid C2H4O2 60 60 C 8 2,49 ketones C3H6O2 74 43 C 9 4,18 hydroxyacetone (acetol; propanone) acetoxy-acetaldehyde aldehydes C10H10N4O6 102 43 C 10 4,36 butandial aldehydes C4H6O2 86 58 C 11 5,43 2-furaldehyde (furfural) furans C5H4O2 96 96 C 12 5,92 furfuryl alcohol furans C5H6O2 98 98 C 13 6,22 dihydro-4-hydroxy-2(3H)-furanone furans C4H6O3 102 44 C 14 7,13 2-(5H)-furanone furans C4H4O2 84 55 C 15 7,18 2-methylcyclopentanone ketones C6H10O 98 70 C 16 7,33 cyclopentanedione ketones C5H6O2 98 98 C 17 7,98 1,3-dioxolane-2-methanol dioxolanes C4H8O3 104 73 C 18 8,49 phenol phenols C6H6O 94 94 HL 19 8,79 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone pyrans C5H6O3 114 114 C 20 9,33 ketones C6H8O2 112 112 C 21 9,87 2-hydroxy-3-methyl-2-cyclopentene-1one 2-methylphenol (o-cresol) phenols C7H8O 108 108 GL 22 9,90 2-(propan-2-one)-tetrahydrofuran furans C7H12O2 128 128 C 23 9,99 tetrahydro-2H-pyran-2-methanol pyrans C6H12O2 116 85 C 24 10,20 4-methylphenol (p-cresol) phenols C7H8O 108 107 GL 25 10,43 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone furans C6H8O3 128 128 C 26 10,48 guaiacol (2-methoxyphenol) phenols C7H8O2 124 109 GL 27 10,89 3-ethyl-2-hydroxy-2-cyclopenten-1-one ketones C7H10O2 126 126 C 28 11,01 3-methyl-2,4(3H,5H)-furandione furans C5H6O3 114 114 C 29 11,75 4-ethylphenol phenols C8H10O 114 107 HL 30 12,15 anhydro isosaccharino-d-lactone lactones C6H10O5 162 43 C 31 12,22 4-methyl guaiacol phenols C8H10O2 138 138 GL Compound 1-hydroxy-2- Origin C 69 Peak # 32 RT (min) 12,27 Formula MW C6H6O2 110 MS base peak 110 1,2-benzenediol 33 12,47 1,4:3,6-dianhydro glupyranose sugars C6H8O4 144 69 C 34 12,57 4-vinylphenol phenols C6H8O 120 120 HL 35 12,75 36 13,32 37 13,56 38 13,98 39 14,10 40 14,62 5-hydroxymethyl-2-furaldehyde (5hydroxymethyl-2-furfural) 3-methoxy-1,2-benzenediol (3-methoxybenzene-1,2-diol) 4-ethyl guaiacol (2-Methoxy-4ethylphenol) ascopyrone P ((2S)-5-hydroxy-2(hydroxymethyl)-2,3-dihydro-4H-pyran4-one) 4-vinyl guaiacol (2-Methoxy-4vinylphenol) syringol furans C6H6O3 126 97 C phenols C7H8O3 140 140 GL phenols C9H12O2 152 137 GL pyrans C6H8O4 144 144 C phenols C9H10O2 150 150 GL phenols C8H10O3 154 154 SL 41 14,73 eugenol phenols C10H12O2 164 164 GL 42 15,34 vanillin phenols C8H8O3 152 151 GL 43 15,46 cis-isoeugenol phenols C10H12O2 164 164 GL 44 15,96 phenols C9H12O3 168 168 SL 45 16,02 4-methylsyringol methylphenol) trans-isoeugenol phenols C10H12O2 164 164 GL 46 16,16 2-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-ethanal aldehydes C9H10O3 166 137 GL 47 16,53 methylguaiacylketone (acetoguaiacone) ketones C9H10O3 166 151 GL 48 17,02 4-ethylsyringol phenols C10H14O3 182 167 SL 49 17,11 ketones C10H12O3 180 137 GL 50 17,52 1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-2propanone (Guaiacylacetone; Vanillyl methyl ketone) 4-vinylsyringol phenols C10H12O3 180 180 SL 51 18,00 cis-methoxyisoeugenol phenols C11H14O3 194 194 SL 52 18,61 trans-methoxyisoeugenol phenols C11H14O2 194 194 SL 53 18,73 syringaldehyde phenols C9H10O4 182 182 SL 54 19,19 methoxyeugenol phenols C11H14O2 194 194 SL 55 19,49 4-hydroxy-3,5-methoxy acetophenone ketones C10H12O4 196 181 SL 56 19,64 4-hydroxy-2-methoxycinnamaldehyde aldehydes C10H10O3 178 178 GL 57 20,02 1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2propanone ketones C11H14O4 210 167 SL Compound (2,6-dimethoxy-4- Chemical class phenols Origin GL Sono riportati: l’indice di ritenzione (RT) su colonna cromatografica HP5, la classe chimica di appartenenza, la formula chimica, il peso molecolare (MW), lo ione di massima abbondanza dello spettro di massa, e l’origine del composto in funzione dei diversi componenti lignocellulosici dei campioni. C= composti derivati dai carboidrati quali cellulosa e emicellulosa; HL= composti derivati dall’idrossiprenile della lignina; GL= composti derivati dal guaiacolo della lignina; SL= composti derivati dal siringolo della lignina. Nell’ambito dei suddetti emerge come la biomassa di Arundo si differenzia dalle altre biomasse analizzate per quanto riguarda il livello dei composti volatili rilasciati in maggiore percentuale e originati dalla degradazione della lignina: il profilo dei VOC di Arundo è infatti caratterizzato dal 70 maggiore contenuto in percentuale di 4-vinylguaiacole dal minor contenuto di 4-vinylphenol, rispetto ai profili delle rimanenti biomasse (Figura 2.4.1.4 c). Nell’ambito dei maggiori prodotti derivati dai carboidrati si rileva la maggiore produzione di 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone durante la pirolisi delle biomasse di Arundo e Panicum (Figura 2.4.1.4 b) e la minore formazione di hydroxyacetone (Figura 2.4.1.4 a) durante la pirolisi della biomassa di Sorghum. 71 Figura 2.4.1.4 - Confronto tra i composti organici volatili indentificati durante la pirolisi delle biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass) in condizioni di pirolizzazione a 600 °C a b (segue) 72 b (segue) c c d d 73 Figura 2.4.1.5 – Confronto tra composti organici volatili indentificati durante la pirolisi delle biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass) in condizioni di pirolizzazione a 900 °C a b a (segue) 74 b (segue) c d 75 Da un’analisi dettaglia dei diversi profili di VOC si rilevano ulteriori differenze sia tra le differenti biomasse analizzate a parità di condizioni termiche operative di pirolisi, sia quando le medesime biomasse sono sottoposte a differenti temperature di degradazione termochimica. La composizione dei VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Arundo evidenzia la presenza significativa di composti derivati dalla degradazione dei carboidrati: hydroxyacetone (8%; Figura 2.4.1.4 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (12%; Figura 2.4.1.4 b), e nell’ambito dei composti volatili originati dalla decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.4 c), di 4-vinylguaiacol (17%) e 4-vinylphenol (10%). Arundo si distingue dalle altre colture per rilasciare una maggiore quantità di componenti minori (Figura 2.4.1.4 b, c, d): guaiacol (5%), 4-methyl guaiacol (2%), trans-isoeugenol (3%), 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone (<1%) cis-isoeugenol (<1%), 4methylsyringol (>1%) quando la pirolisi è effettuata a 600 °C. Quando la biomassa di Arundo è sottoposta al processo di pirolisi a 900 °C si rileva una maggiore produzione di alcuni composti volatili che la differenziano dalle rimanenti biomasse. In particolare, tra i composti più abbondanti si evidenzia il maggiore contenuto in percentuale di 4-vinylguaiacol (24%; Figura 2.4.1.5 c) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (9%; Figura 2.4.1.5 b). Tra i composti minori in termini di abbondanza relativa (livelli <5%), la biomassa di Arundo durante tali condizioni di pirolisi rilascia una maggiore quantità di composti derivati sia dalla degradazione dei carboidrati, quali ad esempio 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone (Figura 2.4.1.5 b), ma soprattutto di composti volatili originati dalla decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.5 b, c, d) quali 4-methyl guaiacol, cis-isoeugenol, 4-methylsyringol, trans-isoeugenol, methylguaiacylketone, 4-ethylsyringol,1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-2-propanone, 4-hydroxy-3,5 methoxyacetophenone, 1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2-propanone. Il profilo di VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Sorghum bicolor ibrido Bulldozer mostra un’elevata produzione dei composti volatili derivati dalla degradazione della lignina (Figura 2.4.1.4 c): 4-vinylphenol (21%) e 4-vinylguaiacol (16%). Rispetto all’Arundo, il Sorghum si caratterizza per un minore rilascio di composti volatili derivati dalla degradazione dei carboidrati: hydroxyacetone (5%; Figura 2.4.1.4 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (5%; Figura 2.4.1.4 b). Nell’ambito dei componenti minori (< 5% dell’area totale dei VOC) si rileva una maggiore formazione di diversi composti volatili provenienti dalla degradazione della lignina (Figura 2.4.1.4 b, c, d): 1,2-benzendiol, 4-vinyl phenol, vanillin, methylguaiacylketone, 1-(4hydroxy-3-methoxyphenyl)-2-propanone, 4-vinylsyringol, cis-methoxyisoeugenol, transmethoxyisoeugenol, syringaldehyde, methoxyeugenol, 4-hydroxy-3,5-methoxy acetophenone, 4hydroxy-2-methoxycinnamaldehyde, 1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2-propanone. Quando la pirolisi è effettuata a temperatura molto elevate (900 °C) la biomassa di Sorghum si differenzia dalle biomasse delle altre colture tendenzialmente per il maggiore contenuto in percentuale di hydroxyacetone, acetaldehyde e guaiacol (Figura 2.4.1.5 a, b). Relativamente ai composti volatili che si formano durante la pirolisi alla temperatura di 600 °C della biomassa di Miscanthus si rileva che i maggiori componenti del profilo di VOC di tale coltura sono rappresentati dai composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.4 a, b): 4-vinylphenol (19%) e 4vinylguaiacol (14%). Miscanthus si caratterizza anche per una maggiore formazione di composti minori, quali composti volatili derivati dalla degradazione dei carboidrati: cyclopentanedione e 276 hydroxy-3-methyl-2-cyclopentene-1-one (Figura 2.4.1.4 b), e, similmente alla biomassa derivante da Arundo, di composti derivati dalla lignina come il guaiacol (Figura 2.4.1.4 b). Quando la pirolisi viene effettuata a 900°C, il miscanto si distingue dalle altre biomasse per una maggiore produzione di phenol, 2-methylphenol, 4-methylphenol e 4-ethylphenol (Figura 2.4.1.5 b, c). Il profilo di VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Panicum evidenzia un’elevata produzione dei composti volatili derivati dalla degradazione dei carboidrati: hydroxyacetone (8%; Figura 2.4.1.9 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (11%; Figura 2.4.1.4 b) e dei composti volatili 4-vinylguaiacol (15%) e 4-vinylphenol (18%) originati dalla decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.4 c). Quando la pirolisi della biomassa di Panicum è effettuata alla temperatura di 900°C si ha una maggiore formazione di furfuryl alcohol e 4-vinyl phenol rispetto alle altre biomasse. Similmente alla biomassa di Arundo, durante la pirolisi alla temperatura di 900 °C, il Panicum si caratterizza per una maggiore produzione di 4-vinyl guaiacol e, nell’ambito dei composti minori, anche di cis-isoeugenol, 4-methylsyringol, trans-isoeugenol, e 4-ethylsyringol. I profili di composti volatili rilasciati durante il processo di pirolisi sono stati analizzati in relazione alle caratteristiche chimico-strutturali della biomassa e in particolare alla loro provenienza dalla degradazione sia dei carboidrati (cellulosa ed emicellulosa), sia della lignina. Sebbene non siano emerse differenze significative nella composizione qualitativa dei composti volatili rilasciati durante la pirolisi sia a 600 °C che a 900 °C (Tabella 2.4.1.8 ), dall’analisi del profilo dei VOC della biomassa di Arundo si rileva un numero maggiore di composti, principalmente derivati dalla degradazione della lignina, quando la pirolisi è effettuata a 900 °C rispetto alle condizioni di pirolisi a temperatura inferiore (600 °C). L’analisi quantitativa evidenzia differenze nella formazione di VOC durante la pirolisi di diverse biomasse in funzione della loro degradazione dalle diverse componenti lignocellulosiche. In generale si rileva che i composti volatili derivati dalla degradazione della lignina prevalgono, costituendo circa il 53-77% del totale dei composti volatili rilasciati durante il processo di pirolisi, pur variando in funzione della temperatura di pirolisi (Tabella 2.4.1.8 e Figura 2.4.1.7, 2.4.1.8). Ad eccezione della biomassa di Sorghum che non presenta differenze rilevanti nella formazione di VOC nelle due diverse condizioni di pirolizzazione, le biomasse originate dalle altre colture quando sono sottoposte a pirolisi a 900 °C si caratterizzano per rilasciare una minore quantità dei composti volatili derivati dalla componente carboidratica delle biomasse e per produrre una maggiore formazione dei composti volatili derivati dalla degradazione della lignina, rispetto al rilascio di VOC in condizioni di pirolisi a temperatura inferiore. Questo andamento riflette le caratteristiche termochimiche di degradazione dei diversi componenti della biomassa. Infatti se la cellulosa presenta un intervallo limitato di temperatura alla quale degrada tramite pirolisi (nell’ordine di 315400 °C), la lignina degrada in un intervallo di temperatura molto più ampio: 100-900 °C. 77 Tabella 2.4.1.8 – Composti volatili rilevati durante la pirolisi delle biomasse derivate dalle colture energetiche Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass) Peak # Compound A. donax 900 600 °C °C S. bicolor 600 900 °C °C M.×giganteus 600 900 °C °C P. virgatum 600 900 °C °C 1 formaldehyde X X X X X X X X 2 methanol X X X X X X X X 3 acetaldehyde X X X X X X X X 4 glyoxal X X X X X X X X 5 acetone X 6 methyl glyoxal X 7 acetic acid X X X X X X X X 8 hydroxyacetone X X X X X X X X 9 acetoxy-acetaldehyde X X X X X X X X 10 butandial X X X X X X X X 11 2-furaldehyde X X X X X X X X 12 X X X X X X X X X X X X X X X X 14 furfuryl alcohol dihydro-4-hydroxy-2(3H)furanone 2-(5H)-furanone X X X X X X X X 15 2-methylcyclopentanone X X X X X X X X 16 cyclopentanedione X X X X X X X X 17 1,3-dioxolane-2-methanol X X X X X X X X 18 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 21 phenol 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)pyranone 2-hydroxy-3-methyl-2cyclopentene-1-one 2-methylphenol X X X X X X X X 22 2-(propan-2-one)-tetrahydrofuran X X X X X X X 23 tetrahydro-2H-pyran-2-methanol 24 X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 28 4-methylphenol 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)furanone guaiacol 3-ethyl-2-hydroxy-2-cyclopenten1-one 3-methyl-2,4(3H,5H)-furandione X X X X X X X X 29 4-ethylphenol X X X X X X X X 30 anhydro isosaccharino-d-lactone X X X X X 31 4-methyl guaiacol X X X X X X X X 32 1,2-benzenediol X X X X X X X X 33 1,4:3,6-dianhydro glupyranose X X X X X X X 34 4-vinylphenol X X X X X X X X 35 5-hydroxymethyl-2-furaldehyde X X X X X X X X 36 3-methoxy-1,2-benzenediol X X X X X X X X 37 4-ethyl guaiacol X X X X X X X X 13 19 20 25 26 27 X X 78 Compound Peak # A. donax 900 600 °C °C S. bicolor 600 900 °C °C M. × giganteus 600 900 °C °C P. virgatum 600 900 °C °C 39 40 4-vinyl guaiacol syringol X X X X X X X X X X X X X X X X 41 eugenol X X X X X X X X 42 vanillin X X X X X X X X 43 cis-isoeugenol X X X X X X X X 44 4-methylsyringol X X X X X X X X 45 trans-isoeugenol 2-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)ethanal methylguaiacylketone X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 50 4-ethylsyringol 1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)2-propanone 4-vinylsyringol X X X X X X X X 51 cis-methoxyisoeugenol X X X X X X X X 52 trans-methoxyisoeugenol X X X X X X X X 53 syringaldehyde X X X X X X X 54 methoxyeugenol 4-hydroxy-3,5-methoxy acetophenone 4-hydroxy-2 methoxycinnamaldehyde 1-(4-hydroxy-3,5 dimethoxyphenyl)-2-propanone X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 46 47 48 49 55 56 57 X Allo scopo di ottenere ulteriori informazioni dettagliate relative alla formazione di VOC in relazione alle modifiche strutturali della lignina durante le diverse condizioni di degradazione termochimica, i composti volatili fenolici sono stati analizzati in base al residuo aromatico presente nella molecola e originato dalle diverse componenti della lignina. La lignina si forma per deidrogenazione enzimatica degli alcoli p-cumarilico, coniferilico e sinapilico, composti fenilpropanoidici la cui porzione aromatica viene indicata con i prefissi p-idrossifenile (H), guaiacile (G) e siringile (S) (Figura 2.4.1.6). La struttura delle varie forme di lignina provenienti dai diversi tessuti vegetali determina la formazione dei diversi composti volatili, appartenenti alla classe dei fenoli, durante i processi di degradazione termochimica. In particolare al variare della struttura della lignina varia il contenuto relativo nei diversi residui aromatici H, G e S nelle molecole volatili generate dalla pirolisi. Questo comporta che le quantità relative di VOC con sostituzioni di H, G e S possono essere utilizzate per caratterizzare la biomassa stessa e mettere in evidenza variazioni strutturali della lignina provocate da diversi fattori degradativi. I prodotti fenolici di pirolisi della lignina possono essere quindi distinti in derivati dell’idrossiprenile (H), derivati del siringolo (S) e derivati del guaiacolo (G). E’ stata effettuata, quindi, un’indagine semiquantitativa calcolando le aree dei picchi dei derivati fenolici di tipo H, S e G di ciascun cromatogramma e normalizzando al totale delle aree dei composti derivati dalla lignina. I composti volatili sono stati raggruppati in prodotti derivati da H, S e G. I risultati ottenuti hanno evidenziato differenze significative tra le diverse tipologie di biomasse analizzate in funzione delle diverse condizioni operative di pirolisi. A parità di condizioni operative di pirolisi (600 °C), la biomassa di 79 Arundo si differenzia dalle altre biomasse analizzate per un maggiore rilascio dei composti volatili derivati del guaiacolo, rappresentando il 60% di tutti i composti originati dalla lignina. Figura 2.4.1.6 - Composizione del proflio dei composti organici volatili in relazione al residuo aromatico presente nella molecola e derivato dalle diverse componenti della lignina: idrossiprenile (hydroprenyl), siringile (syringyl) e giuaiacile (guaiacyl) durante la pirolisi delle biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass) in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C. I dati sono espressi come percentuale sul totale dei composti derivati dalla lignina I composti volatili derivati del siringolo e idrossiprenile rappresentano rispettivamente il 12% e il 27% del totale dei VOC derivati dalla degradazione della lignina. Le biomasse di Sorghum, Miscanthus e Panicum si caratterizzano per un rilascio maggiore dei composti volatili derivati dell’idrossiprenile, pari al 40-50% di tutti composti derivati dalla lignina. Le condizioni termiche di pirolisi hanno influenzato la formazione dei suddetti composti organici volatili derivati dalle diverse lignine e tale effetto è risultato variabile in funzione della tipologia di biomassa analizzata (Figura 2.4.1.6). In particolare, all’aumentare della temperatura di pirolisi, la biomassa derivata da Arundo si distingue per rilasciare una maggiore frazione dei composti volatili derivati del siringolo. Il contributo dei composti derivati dall’idrossiprenile diminuisce, e parallelamente rimane inalterata la produzione di VOC derivati dal guaiacolo. Relativamente alla produzione di VOC dalla biomassa di Sorghum, similmente ad Arundo, aumenta il contributo della frazione di VOC derivati dal siringolo, 80 mentre la frazione di VOC derivati dal guaiacolo della lignina è inalterata all’aumentare della temperatura di pirolisi da 600 °C a 900 °C. Sia per Miscanthus che Panicum, le condizioni di pirolisi a temperature elevate (900 °C) favoriscono la produzione di composti volatili derivati dal siringolo e idrossiprenile, rappresentando complessivamente il 60-64% di tutti i VOC derivati dalla lignina. Ne consegue che tali biomasse si caratterizzano per un aumento del rapporto tra i VOC derivati dall’idrossiprenile e i VOC derivati dal guaiacolo. Tale andamento può essere dovuto al diverso grado di dipendenza dei prodotto volatili dalla temperatura: i composti volatili derivati dall’idrossiprenile sono generalmente formati a temperature molto elevate e si originano anche dai composti derivati del guaiacolo che in tali condizioni sono soggetti a scissione chimica dei gruppi metossile dell’unità guaiacile. Combinando le precedenti analisi dei profili di VOC è quindi possibile riassumere l’effetto complessivo della temperatura di pirolisi sulla formazione dei singoli composti volatili in relazione alla loro diversa origine degradativa dalle componenti lignocellulosiche (Figura 2.4.1.7, 2.4.1.8). Per quanto riguarda la pirolisi di Arundo, una temperatura elevata (900 °C) durante tale processo di degradazione termochimica determina una diminuzione dei composti volatili derivati dai carboidrati (es. acetaldehyde, hydroxyacetone, butandial,2-(5H)-furanone, cyclopentanedione, 2-hydroxy-3methyl-2-cyclopentene-1-one; Figura 2.4.1.7 a), mentre parallelamente induce un evidente aumento dei composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.7 b) sia dalla componente guaiacolo (4vinylguaiacol; composto principale nel profilo di tale biomassa), sia in composti minori derivati dalla componente siringolo della lignina (4-vinylsyringol e methoxyeugenol). Nel caso della pirolisi della biomassa di Sorghum bicolor ibrido Bulldozer, l’aumento della temperatura di pirolisi da 600 °C a 900 °C determina un aumento di composti sia derivati dai carboidrati, quali acetaldehdyde e hydroxyacetone (Figura 2.4.1.8 a), sia di composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.8 b): phenol (marker della componente idrossiprenile della lignina), 2-methylphenol e 4 methylphenol (originati dalla componente guaiacolo della lignina). Parallelamente si rileva una diminuzione di componenti derivati dalla componente siringolo della lignina (syringol e 4-vinylsyringol). Quando la pirolisi della biomassa di Miscanthus è effettuata a temperature pari a 900 °C, rispetto a condizioni di pirolisi a 600 °C, si evidenzia una generale diminuzione dei composti volatili derivati dai carboidrati (quali ad esempio, acetaldehyde, acetoxy-acetaldehyde, butandial, 2-furaldehyde, furfuryl alcohol, 2-methylcyclopentanedione; Figura 2.4.1.9 a), dei composti derivati dalla componente guaiacolo della lignina (guaiacol, 4-ethylguaiacol e transisoeugenol (Figura 2.4.1.9 a, b), mentre si rileva un aumento significativo dei composti 4-vinylphenol, presente in quantità significativa e marker della componente idrossiprenile della lignina, e di componenti minori quali il 4-vinylsyringol derivato dalla degradazione della componente siringolo della lignina (Figura 2.4.1.9 b). Le diverse condizioni di temperatura di pirolisi della biomassa di Panicum determina una marcata diminuzione di diversi composti volatili derivati dalla decomposizione della componente carboidratica della biomassa: acetoxy-acetaldehyde, 2-furaldehyde, furfuryl alcohol, cyclopentanedione, 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (Figura 2.4.1.10 a). 81 Figura 2.4.1.7 - Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune) in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C a a b b 82 Figura 2.4.1.8 - Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle biomasse derivate da Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C a a b b 83 Figura 2.4.1.9 – Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle biomasse derivate da Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C a a b b 84 Figura 2.4.1.10 – Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle biomasse derivate da Panicum virgatum L. (switchgrass), in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C a a b b Similmente a Miscanthus, anche nel caso di Panicum, condizioni di temperatura pari a 900 °C durante il processo di pirolisi comporta un aumento del composto principale del profilo rilevato: 485 vinylphenol derivato dalla componente idrossiprenile della lignina e dei componenti minori derivati dalla componente siringolo della lignina: methoxyeugenol e 4-vinylsyringol (Figura 2.4.1.10 b). Tale biomassa si distingue dalle rimanenti per una maggiore produzione anche di altri due composti derivati dalla componente siringolo della lignina: syringol e 4-methylsyringol (Figura 2.4.1.10 b). In conclusione, il metodo della pirolisi accoppiato alla GC/MS ci ha fornito informazioni dettagliate e utili a caratterizzare le biomasse derivate da diverse colture energetiche e sottoposte a due diverse condizioni di degradazione termochimica. Sono emerse differenze nella formazione di composti volatili in funzione delle diverse caratteristiche chimiche della componente organica della biomassa e in funzione delle differenti condizioni di temperatura applicate durante la pirolisi. Ulteriori approfondimenti potranno essere relativi all’influenza del contenuto minerale della biomassa (in particolare la frazione inorganica) sulla formazione di tali composti volatili durante il processo di pirolisi. Precedenti sperimentazioni hanno infatti rilevato come tale fattore possa influenzare significativamente la produzione di VOC in funzione delle diverse tipologie di biomasse. Attività 7 – Valutazione del potenziale metanigeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1. 7.1 Caratteristiche dei substrati In Tabella 2.4.1.9 sono riportati i risultati delle principali caratteristiche qualitative dei tre substrati presi in considerazione. Il contenuto di ST e SV era simile per tutti i substrati, ad eccezione della paglia leggermente più secca dei campioni delle due colture. Gli zuccheri solubili erano presenti in quantità nettamente diverse: B 133 mostrava un quantitativo di circa 5 volte superiore rispetto all’Arundo (123 vs. 23 mg g-1 ST) e di circa 20 volte superiore rispetto alla paglia (123 vs. 6 mg g-1 ST). Il contenuto di cellulosa risultava più elevato per Arundo e paglia (325 mg g-1 ST) che per B 133 (268 mg g-1 ST); anche l’emicellulosa presentava lo stesso andamento: Arundo e paglia mostravano i valori più elevati (221 mg g-1 ST) seguiti dal B 133 (205 mg g-1 ST; tab. 7.1). L’AIL variava fra i tre substrati: paglia (199 mg g-1 ST) ha mostrato una posizione statisticamente intermedia fra Arundo e B 133 (rispettivamente, 227 e 199 mg g-1 ST). Tabella 2.4.1.9 - Principali caratteristiche qualitative dei substrati testati Colture ST Arundo B 133 Paglia mg g-1 925 b 932 b 945 a SV 920 a 945 a 918 a Zuccheri solubili 23 b 123 a 6c Cellulosa Emicellulosa mg g-1 ST 325 a 268 b 326 a 222 a 205 b 220 a AIL 227 a 199 b 210 ab Lettere in comune indicano differenze non significative (SNK test; P ≤ 0,05). 86 7.2 Produzione di metano ed efficienza dei pre-trattamenti I pre-trattamenti alcalini testati hanno determinato un incremento variabile rispetto alla resa specifica di CH4 dei due substrati non trattati (in media +16%; Tabella 2.4.1.10). Arundo mostrava una resa specifica di base (untreated) di 190 ml CH4 g-1 SV, in progressivo aumento all’aumentare della concentrazione di NaOH fino ad un massimo di 246 ml CH4 g-1 SV alla concentrazione più elevata di NaOH (0,15 N; Tabella 2.4.1.10). Si realizzava in tal modo un aumento del 30% della resa specifica rispetto alla biomassa non trattata. Il sorgo B 133 untreated mostrava rese di CH4 più elevate rispetto agli altri substrati (248 ml g-1 SV), cui si accompagnavano incrementi modesti in seguito ai pre-trattamenti: 1, 9 e 11% alle tre concentrazioni crescenti di NaOH, corrispondenti a produzioni di 250, 270, 275 ml CH4 g-1 SV (Tabella 2.4.1.10). La paglia untreated mostrava una resa di CH4 superiore ad Arundo untreated (232 vs. 190 ml CH4 g-1 SV; Tabella 2.4.1.10), pur possedendo caratteristiche qualitative simili. I pre-trattamenti alcalini applicati alla paglia consentivano di ottenere produzioni specifiche più elevate rispetto agli altri substrati: rispettivamente 268, 288 e 284 ml CH4 g-1 SV per le tre dosi crescenti di NaOH (Tabella 2.4.1.10). In tal modo gli incrementi relativi ottenuti dalla paglia nei primi due livelli di NaOH (15 e 24%) appaiono molti simili a quelli osservati per Arundo, mentre al livello più alto la paglia ha mostrato una lieve flessione (incremento pari al 22%; Tabella 2.4.1.10). Tabella 2.4.1.10 – Produzione di CH4 (ml g-1 SV) a dosi crescenti di pre-trattamento alcalino ed efficienza relativa del pre-trattamento rispetto all’untreated (Diff. %) Pretrattamenti Untreated 0,05 N 0,10 N 0,15 N Arundo B 133 Paglia CH4 (ml g-1 SV) 190 d 216 c Diff. (%) 14 CH4 (ml g-1 SV) 248 b 250 b Diff. (%) 1 CH4 (ml g-1 SV) 232 c 268 b Diff. (%) 15 230 b 246 a 21 30 270 a 275 a 9 11 288 a 284 a 24 22 Lettere in comune indicano differenze non significative (SNK test; P ≤ 0,05) In letteratura viene riportato che, fra tutti i reagenti alcalini utilizzati per i pre-trattamenti, NaOH è uno dei reagenti più efficaci nella rimozione della lignina e nel conseguente miglioramento della produzione di biogas. Infatti, come mostrato nella Figura 2.4.1.11a, all’aumentare della concentrazione di NaOH corrispondeva una riduzione significativa di AIL, soprattutto in matrici prettamente ligno-cellulosiche come le tre saggiate. Alla concentrazione più elevata di NaOH corrispondeva una riduzione di AIL compresa tra 10 e 25%, rispettivamente per Arundo e paglia. Invece, correlando l’incremento delle concentrazioni di NaOH con la produzione cumulata di CH4 (Figura 2.4.1.11 b), è stato possibile notare la linearità dell’effetto della soda in due matrici su tre (Arundo e B 133), mentre nella paglia si è raggiunto un plateau produttivo alla concentrazione più elevata di NaOH con conseguente indebolimento della relazione tra concentrazione di NaOH e produzione di CH4. (Figura 2.4.1.11 b). Questo plateau, come anche la differenza statisticamente non significativa trovata nelle produzioni di CH4 in B 133 alle concentrazioni più elevate di soda, 87 dimostrano che il pre-trattamento alcalino ha verosimilmente permesso un’alterazione delle struttura fibrosa, che consente ai microrganismi coinvolti nella digestione anaerobica di degradare più facilmente la sostanza organica trasformandola in metano. Figura 2.4.1.11 – Correlazione fra la riduzione della lignina (a) e la produzione di metano (b) all’aumentare della concentrazione di NaOH 240 a AIL (mg g-1 TS) 220 r = 0,92* 200 r = 0,86* 180 r = 0,95* Arundo B 133 Paglia 160 140 350 b r = 0,68 ns CH4 (ml g-1 VS) 300 r = 0,86* 250 r = 0,97* 200 150 0,00 0,05 0,10 0,15 Concentrazione NaOH (N) In generale, in tutti i substrati testati il T80 dopo il pre-trattamento alcalino si è ridotto dall’8 al 47% rispetto ai substrati non trattati. In particolare, il pre-trattamento a dose più elevata di soda ha permesso di raggiungere l’80% della produzione di metano in 10, 12 e 14 giorni in meno rispetto al non trattato, rispettivamente per Arundo, B 133 e paglia (Tabella 2.4.1.11). Comunque, Arundo 88 mostrava un T80 del non trattato e dei trattati superiore rispetto a B 133 e paglia (Tabella 2.4.1.11), dovuto molto probabilmente alla maggiore recalcitranza di questo substrato. Inoltre, è stato osservato che la produzione di CH4 a T80 aumentava parimenti al diminuire del T80, ottenendosi in tal modo una maggiore produzione di metano in un lasso di tempo più breve (CH4 giornaliero; Tabella 2.4.1.11). Tabella 2.4.1.11 – Technical digestion time (T80), produzione di CH4 a T80 (ml g-1 SV) e CH4 giornaliero nell’arco del T80 dei substrati non trattati e trattati con dosi crescenti di NaOH di Arundo, B 133 e paglia Substrati Arundo B 133 Paglia 7.3 NaOH T80 CH4 a T80 CH4 giornaliero N giorni ml g-1 SV ml g-1 SV d-1 untr. 0,05 0,10 0,15 untr. 0,05 0,10 0,15 untr. 0,05 0,10 0,15 32 29 29 22 29 22 19 17 31 22 21 16 152 173 184 197 198 200 216 220 186 214 231 227 4,8 5,9 6,4 9,1 6,8 9,1 11,6 13,0 6,0 9,8 11,2 13,8 Conclusioni I pre-trattamenti testati in questo esperimento hanno dimostrato la capacità di migliorare la produzione specifica di CH4 in tutti i substrati ligno-cellulosici presi in considerazione. La rimozione della lignina è stata maggiore in substrati più recalcitrati (Arundo e paglia), al cui interno si è tradotta in significativi incrementi di produzione specifica di CH4. Risulta interessante notare che con un modesto impiego di energia sussidiaria (mantenimento dei 25 °C per le 24 h di pretrattamento) si ottenga un incremento fino al 30% della produzione di CH4, rispetto ai canoni standard di pre-trattamento con temperature superiori ai 50 °C riportati in letteratura. Tale metodologia appare inoltre facilmente trasferibile su scala industriale, ad esempio sfruttando il calore prodotto dalla cogenerazione di un impianto di biogas. Per di più, la riduzione del tempo necessario ad arrivare all’80% della produzione massima di metano, abbinato ad un aumento della produzione di metano stesso, si potrebbe tradurre in una diminuzione del tempo di ritenzione idraulica, riducendo i costi di produzione di metano da substrati agricoli e/o incrementando la capacità di digestione di un impianto reale di digestione anaerobica. In definitiva, quindi, l’utilizzo di colture ligno-cellulosiche ad elevata rusticità potenzialmente adatte a terreni marginali, unita 89 all’impiego di pre-trattamenti a modesta intensità, rappresentano importanti tasselli in una strategia volta a mitigare la competizione fra produzioni food e non-food, favorendo uno sviluppo sostenibile del settore bio-energetico. Attività 8 – Valutazione della produzione di bioetanolo di seconda generazione di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1. 8.1 Produzione di etanolo e comportamento dei lieviti. In termini di etanolo prodotto (Tabella 2.4.1.12) i due lieviti hanno mostrato variazioni tra loro non significative (6.5 e 5.4 g L-1 di EtOH rispettivamente per Kluyveromyces e Saccharomyces), al pari dell’interazione fra lievito e coltura. Viceversa, differenze significative sono state osservate per le quattro colture: Switchgrass è risultato il più produttivo seguito da Bulldozer (-30%) e quindi da B133. Arundo infine ha mostrato di gran lunga il dato peggiore (-65% rispetto a Switchgrass), evidenziando caratteristiche della biomassa poco favorevoli rispetto al processo adottato. I due substrati utilizzati per ampliare il range di variabilità, FORSU e Paglia, si sono dimostrati rispettivamente il più produttivo (12.2 g L-1), ed il meno produttivo (2.5 g L-1), anche se non sono state osservate differenze significative fra FORSU e Switchgrass, e tra Paglia e Arundo. Tabella 2.4.1.12 - Produzione di etanolo da diverse biomasse, utilizzando diversi lieviti Fattore EtOH (g L-1) Lievito S. cerevisiae K. marxianus Sign. Stat. 6.5 5.4 n.s Coltura Arundo Switchgrass B133 Bulldozer Paglia FORSU Sign. Stat. 3.7 c 10.6 a 5.8 b 7.3 b 2.5 c 12.2 a ** Coltura × Lievito Sign. Stat. n.s. Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05). 8.2 Produzione di etanolo e caratteristiche delle fibre. Per quanto concerne la composizione della biomassa delle quattro colture (Tabella 2.4.1.13), i due sorghi da biomassa hanno mostrato un contenuto in cellulosa ed emicellulosa inferiore alle colture poliennali. Nei due sorghi, infatti, la cellulosa è significativamente inferiore allo Switchgrass che a sua volta segue l’Arundo. L’emicellulosa è presente in percentuali significativamente maggiori nello Switchgrass, rispetto alle altre tre colture fra cui non sono state osservate differenze 90 significative. La mancanza di correlazione positiva fra contenuto di cellulosa ed emicellulosa nella biomassa e la produzione di etanolo (dati non mostrati) conferma che la conformazione strutturale e la disposizione spaziale delle tre componenti (cellulosa, emicellulosa e ADL) sono coinvolte nella conversione della biomassa ligno-cellulosica ad etanolo, come altri studi hanno mostrato e come lo studio sulla efficenza di conversione della cellulosa descritto in seguito sembra assecondare. Tabella 2.4.1.13 – Principali caratteristiche qualitative dei substrati testati e relativa produzione di etanolo Emicellulosa Cellulosa ADL EtOH (%) (%) (%) (g L-1) 27,0 b 38,2 a 9,9 a 3,8 c Arundo Switchgrass 31,6 a 33,6 b 8,6 b 10,7 a B133 25,6 b 25,7 c 6,4 c 5,8 bc Bulldozer 25,5 b 28,0 c 5,9 c 7,3 b Coltura Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05). 8.3 Produzione di etanolo e caratteristiche dei carboidrati. I due substrati che derivano dal settore agricolo, Paglia e B 133, hanno mostrano valori simili in termini di carboidrati strutturali e lignina, mentre si sono statisticamente differenziati nel contenuto di glucosio solubile (Tabella 2.4.1.14). Viceversa, FORSU è risultato sostanzialmente diverso sia da B133 che da Paglia per quanto riguarda i carboidrati strutturali, mostrando un più alto contenuto di cellulosa ed una minore presenza di emicellulosa e lignina. La diversa composizione della biomassa osservata nelle tre matrici vegetali ha influenzato i valori di efficienza di conversione della cellulosa. In particolare Paglia, con il più basso valore in CCE, si è dimostrata poco idonea come fonte di produzione di bioetanolo di seconda generazione. A confronto con essa, B 133 e FORSU hanno mostrato valori di CCE rispettivamente superiori del 100% e del 170%. Alla luce dei risultati ottenuti, è possibile spiegare che il contenuto totale della cellulosa non basta da solo ad indicare l’idoneità di una matrice vegetale per la produzione di bioetanolo di seconda generazione. Infatti, l’etanolo prodotto non sembra correlato alla cellulosa, come dimostrano le diverse produzioni ottenute da Paglia e B 133 che hanno valori simili in contenuto di cellulosa. 91 Tabella 2.4.1.14 – Analisi della composizione della biomassa (mg g-1 TS) ed efficienza di conversione della cellulosa (CCE) Substrate Soluble glucose B133 Forsu Paglia 27 a 37 a 0b Cellulose Hemicellulose 328 b 549 a 326 b 203 a 108 b 206 a AIL CCE (%) 180 a 43 b 194 a 67 b 84 a 32 c Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05). Parimenti, si rileva che il contenuto di glucosio solubile è troppo basso per influenzare la produzione di etanolo: infatti il glucosio solubile osservato in FORSU ( 37 mg g-1 TS) corrisponde a solo 0.9 g L-1 della produzione teorica di etanolo, pari a meno del 10% della produzione osservata. Tuttavia non è da escludersi che gli zuccheri solubili abbiano un ruolo positivo all’interno del processo, permettendo ai substrati più recalcitranti (ovvero cellulosa) di essere degradati. L’aumento della quantità di glucosio solubile ed in parallelo di etanolo fra Paglia e FORSU supporta questa ipotesi. In generale, dal confronto dei valori di CCE e EtOH fra Paglia e B133, si può evincere che l’idoneità di ogni biomassa ad essere destinata alla produzione di bioetanolo di seconda generazione non dipende solo dal contenuto di glucosio solubile e di cellulosa, ma anche da altre caratteristiche fisiche e chimiche della biomassa stessa. Infatti, come già osservato da altri autori, l’estensione dei legami della lignina con la cellulosa influenza l’idrolisi di quest’ultima a glucosio, molto più del contenuto totale di lignina. Questo, associato al diverso contenuto di glucosio solubile, può spiegare i diversi valori di EtOH e CCE osservati in B 133 e paglia, sebbene il loro contenuto di cellulosa e lignina non sia statisticamente differente. 8.4 Conclusioni L’azione dei lieviti non è risultata significativa rispetto alla produzione di etanolo. Questo significa che la configurazione SSF può essere utilizzata anche con lieviti il cui ottimo di temperatura è lontano da quello degli enzimi, permettendo in tal modo un minore impiego di input energetici sotto forma di calore necessario, ed un aumento dell’efficienza energetica dell’intero processo. Fra le colture dedicate ed oggetto di prove agronomiche, la biomassa prodotta da Switchgrass è apparsa la più idonea alla produzione di bioetanolo di seconda generazione, mentre Arundo ha mostrato un’elevata refrattarietà. Bulldozer, infine, si è caratterizzato per una biomassa tale da consentire una discreta produzione specifica di etanolo. Per quanto concerne i risultati del parametro di efficienza di conversione della cellulosa, FORSU è risultato il substrato meno recalcitrante, seguito dal sorgo B133 e, infine, dalla Paglia d’orzo. I valori osservati del parametro in questione suggeriscono che la disposizione spaziale e le componenti strutturali (ovvero cellulosa, emicellulosa e lignina), e forse anche il contenuto di glucosio solubile, sono gli elementi chiave per valutare l’idoneità di una matrice ad essere utilizzata come fonte per la produzione di bioetanolo di seconda generazione. Allo scopo di aumentare l’efficienza del processo e diminuire la refrattarietà della biomassa, i pretrattamenti con vari agenti fisico-chimici sono considerati un promettente strumento, grazie all’aumento del contenuto di glucosio solubile e alla riduzione della lignina. 92 2.4.1.3.3 Attività in WP4 Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA) (Responsabile scientifico Dr. Andrea Monti). L’attività è già stata completata nella precedente annata. Non vi sono pertanto nuovi risultati. 2.4.1.4 Divulgazione dei risultati Nel corso del 2013, parte dei risultati ottenuti dall’U.O. nell’ambito del Progetto sono stati divulgati attraverso comunicazioni a congressi nazionali/internazionali e articoli scientifici. Copie dei lavori in elenco sono allegate alla presente relazione. 1. Barbanti, L., Capecchi, L., Vecchi, A., Di Girolamo, G., 2013. Effetti dell’epoca di semina e dell’inserimento di un intercalare sul comportamento bio-agronomico del sorgo da biomassa. Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 254-256. 2. Barbanti, L., Grigatti, M., Di Girolamo, G., Bertin, L., Ciavatta, C., 2013. Methane potential and energy balance of annaul and multi-annual biomass crops. EnergyThink, Bologna, 27 Novembre (www.energythink.it). 3. Capecchi L., Di Girolamo G., Vecchi A., Barbanti L., 2013. Efficienza di utilizzo dell’azoto in impianti maturi di specie erbacee perenni da biomassa nel nord Italia. Italian Journal of Agronomy 8 suppl. 1, 5-9. 4. Capecchi L., Nissen L., Grigatti M., Mattarelli P., Barbanti L., 2013. Second generation bioethanol from municipal organic waste, barley straw and fiber sorghum. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 179-184. 5. Capecchi L., Nissen L., Mattarelli P., Grigatti M., Barbanti L., 2013. Produzione di bioetanolo di seconda generazione da colture da biomassa annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 272-274. 6. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Angelidaki, I., 2013. Effects of hydrothermal pretreatments on Giant reed (Arundo donax) methane yield. Bioresource Technology 174, 152-159. 7. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Capecchi, L., Bertin, L., Ciavatta, C., 2013. Improvement of the methane production of biomass crops and agricultural residues by alkaline pre-treatments. EnergyThink, Bologna, 27 Novembre (www.energythink.it). 8. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Vecchi, A., Ciavatta, C., 2013. Produzione di biomassa e resa in metano di colture dedicate annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 303-305. 9. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate per la digestione anaerobica. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 208-212. 10. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate da biomassa e residui colturali per la produzione di CH4: effetto di trattamenti alcalini a moderata intensità. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 213-217. 93 2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di ricerca per le colture Industriali Verifica degli effetti dell’utilizzo di reflui zootecnici nella fertilizzazione di colture bioenergetiche dedicate; Studio delle caratteristiche eco fisiologiche di Arundo donax L; Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo; Valutazione di germoplasma di Arundo in Pianura Padana Responsabile scientifico: Dr. Enrico Ceotto 94 2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Centro di ricerca per le colture Industriali Titolo della ricerca: 1) Verifica degli effetti dell’utilizzo di reflui zootecnici nella fertilizzazione di colture bioenergetiche dedicate; 2) Studio delle caratteristiche eco fisiologiche di Arundo donax L; 3) Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo; 4) Valutazione di germoplasma di Arundo in Pianura Padana. Responsabile scientifico: Dr. Enrico Ceotto 2.5.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.5.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Nel 2013 è proseguito lo studio degli effetti delle applicazioni ripetute di liquami bovini, e di concimi di sintesi, sulla produttività e sulle asportazioni di azoto di Arundo e pioppo. Dopo cinque anni di applicazioni ripetute di liquami sulle stesse parcelle, dal 2008 al 2012, nel 2013 sono stati valutati gli effetti residui di fertilità delle applicazioni di liquami bovini su Arundo e pioppo. Per quanto riguarda l’Arundo, nel periodo dal 2008 al 2012 l’applicazione di fertilizzanti ha sempre incrementato in modo significativo le produzioni rispetto al testimone non trattato (Testimone). Inoltre, la dose più elevata di liquami bovini (LB20) ha sempre permesso di conseguire un vantaggio produttivo sia rispetto alla dose inferiore di liquame (LB20), sia rispetto al trattamento con concimi minerali (Conc.min.). I risultati del 2013 mostrano un incremento di produzione rispetto al Testimone per LB10 e LB20 (Figura 1.1.2.2). Le produzioni del trattamento Conc.min. sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre quelle dei trattamenti con liquame non sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione minerale. Nel 2013 i trattamenti LB10 e LB20 hanno fornito produzioni superiori, anche se in modo non significativo, rispetto al Testimone. Le produzioni del trattamento Conc.min. sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre quelle dei trattamenti con liquame non sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione minerale. Di particolare interesse è la produzione del Testimone, che dopo sei anni fornisce ancora prestazioni di tutto rispetto, circostanza che indica una elevata efficienza della coltura nell’assorbire azoto dal terreno. Nel caso del pioppo, nel 2013 la produzione del biomassa è stata particolarmente elevata per il testimone, a dispetto del fatto la coltura è stata impiantata nel 2002, e quindi è ormai al termine del ciclo produttivo. Per contro, il vantaggio produttivo dei trattamenti LB10 e LB20 rispetto al testimone è molto attenuato nella terza raccolta rispetto a quanto osservato nella prima e nella seconda raccolta. 95 Di particolare interesse sono i dati ottenuti dalle analisi del contenuto di nitrati nel suolo, analizzati nel corso del 2013 su campioni raccolti nel dicembre 2012. Questi dati esperimono la quantità di nitrati, presenti nel profilo del suolo da 0 ad 80 cm, all’inizio dell’inverno e quindi potenzialmente lisciviabili, sulle prove Arundo liquami, sulle prove gemelle pioppo liquami e sorgo liquami, e su una coltura di frumento (che segue frumento), che viene presa come riferimento. Per il terzo anno consecutivo, l’Arundo ha dimostrato di possedere una particolare abilità nel contenimento dei nitrati presenti nel profilo del suolo. Per contro, il pioppo ed il sorgo da biomassa, mostrano una buona capacità di controllo dei nitrati con il trattamento testimone non fertilizzato, ma mostrano un sensibile aumento di nitrati nel suolo con i trattamenti fertilizzanti. Emblematico al riguardo è il caso del pioppo, che passa da 18 kg di azoto nitrico con il Testimone ai 53 con LB10 ai 171 con il trattamento LB20. Più contenuti, ma comunque evidenti gli incrementi di nitrati determinati dai trattamenti fertilizzanti sul sorgo. L’Arundo può essere quindi considerata come un eccellente “spazzino di nitrati”, caratteristica che potrebbe essere convenientemente sfruttata in aree vulnerabili. Un nostro articolo, pubblicato nel 2013, ha messo in luce le ragioni per le quali l’Arundo possiede un tasso giornaliero di crescita elevatissimo, 522 kg s.s. ha-1 giorno-1, ed una elevatissima efficienza dell’uso della radiazione (RUE), 5.74 g s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata. Infatti, l’Arundo ha un coefficiente di estinzione della luce (k) di circa 0.3. Con k=0.3 si ottiene un miglior irraggiamento delle foglie che si trovano al di sotto di un valore di LAI elevato. Le conseguenze di un k=0.3 sono due: 1) la coltura riesce a mantenere un LAI elevato poiché anche le foglie poste più in basso ricevono adeguato irraggiamento; 2) un elevato numero di foglie, tutte ben irradiate, fornisce complessivamente un risultato molto efficiente in termini di efficienza dell’uso della radiazione solare. Nel 2013 è proseguita la valutazione della produttività di 22 cloni di Arundo del campo catalogo realizzato ad Anzola dell’Emilia nel 2008. Le produzioni di sostanza secca hanno variato da un minino di 62.3 Mg ha-1 per il clone Capo D’Orlando ad un massimo di 99.6 Mg ha-1 per il clone Asti (Figura 1.1.2.7). In realtà, soltanto i tre cloni meno produttivi sono significativamente diversi dal clone di Asti. In buona sostanza il nostro studio conferma la limitata variabilità genetica tra cloni di Arundo raccolti in diverse regioni d’Italia. Le prove di confronto tra ibridi di sorgo sono proseguite nel 2013. Le produzioni di sostanza secca sono variate da 20.67 Mg ha-1 di TRUDAN HL a 34.44 di BULLDOZER. L’analisi statistica ha indicato che il gruppo di ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO, GOLIATH e B150 è statisticamente omogeneo e superiore soltanto al gruppo dei tre ibridi meno produttivi: P.S.E. 98456, P811 e TRUDAN HL. E’ importante sottolineare che gli ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO e B150 hanno superato la soglia di 30 Mg ha-1 anche nel precedente anno 2012. Trattasi, con tutta evidenza di prestazioni straordinarie per una coltura condotta senza irrigazione e con modesti apporti di azoto. 96 Tabella 2.5.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento 2.5.1.2 Relazione sull’attività svolta 2.5.1.2.1 Effetti dell’applicazione di liquami bovini su Arundo e pioppo Descrizione dettagliata dell’attività svolta Nel 2013 è proseguito lo studio degli effetti delle applicazioni ripetute di liquami bovini, e di concimi di sintesi, sulla produttività e sulle asportazioni di azoto di Arundo e pioppo. Nel 2013, dopo cinque anni di applicazioni ripetute di liquami sulle stesse parcelle, dal 2008 al 2012, nel 2013 sono stati valutati gli effetti residui di fertilità delle applicazioni di liquami bovini su Arundo e pioppo. Rispetto ad un testimone non fertilizzato (Testimone), è stato applicato il trattamento di concimazione minerale (Conc. min.), ma non sono stati applicate le due dosi di liquame bovino, rispettivamente 10 e 20 mm (LS10 e LS20). L’obiettivo è verificare, nel corso di un biennio, se ed in quale misura applicazioni ripetute di liquami producano effetti sulla produttività e sul contenuto di azoto di Arundo e pioppo. Nel corso del 2013 sono state effettuate le analisi del contenuto di nitrati di campioni di terreno raccolti nel dicembre 2013 sulle prove Arundo liquami, pioppo liquami e sorgo liquami, e su una coltura aziendale di frumento. Le analisi hanno riguardato gli strati di terreno 0-20 cm, 20-40 cm, 40-60 cm, 60-80 cm. Dette analisi completano un triennio di indagini che hanno messo in luce una sorprendente capacità dell’Arundo di assorbire i nitrati potenzialmente lisciviabili presenti nel profilo del suolo. Durante il 2013 sono stati analizzati con lo strumento LECO Truspec, per la determinazione dei contenuti di C, H, ed N, i campioni di biomassa raccolti negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 (quattro anni) sulle prove Arundo e pioppo liquami. Sulla base delle concentrazioni di azoto delle biomasse, sono state calcolate, per la coltura di Arundo, le relazioni tra azoto applicato ed azoto assorbito (efficienza dell’uso dell’azoto) e tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura (recupero apparente o recovery). 97 Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli Non vi sono discordanze né sono state incontrate difficoltà. Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale La valutazione delle diverse relazioni esistenti tra azoto applicato, azoto assorbito dalla colture e produzione di biomassa, costituisce un approfondimento rispetto al progetto iniziale. Alla fine del progetto saranno disponibili i risultati di 5 anni di applicazioni ripetute di liquami bovini su colture perenni e biomassa, integrati da un biennio di valutazione degli effetti residui di fertilità. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Regolare stato di avanzamento Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014 Nel corso del 2014 è previsto il completamento di un lavoro scientifico, già in fase di stesura, sugli effetti delle applicazioni di liquami bovini su Arundo. Detto lavoro verrà sottoposto a rivista internazionale. Si prevede inoltre la divulgazione, ad uno o più convegni scientifici, di un triennio (2010-20112012) dei risultati sulla capacità di contenimento dei nitrati nel suolo da parte di colture da biomassa ad uso energetico. La efficienza dimostrata dall’Arundo, a confronto di altre specie, riveste infatti particolare importanza sia sotto il profilo scientifico, sia per le possibili ricadute applicative. Relativamente alle attività sperimentali di campo, nel 2014 è previsto il completamento della valutazione degli effetti residui di applicazioni di liquami su Arundo. 2.5.1.2.2 Studio delle caratteristiche ecofisiologiche di Arundo Descrizione dettagliata dell’attività svolta Nel giugno 2013 è stato ultimato e pubblicato il lavoro “Comparing radiation interception and use efficiency for the energy crops giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor L. Moench)”. Detto lavoro ha messo a confronto, per la due specie: i tassi di crescita giornalieri e la loro estensione nel tempo; la capacità della canopy di intercettare la radiazione solare foto sinteticamente attiva; il coefficiente di estinzione della luce, quindi la distribuzione della luce all’interno della canopy; l’efficienza con la quale le due specie convertono la radiazione solare intercettata in biomassa utile. Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli 98 Nessuna discordanza. Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale La pubblicazione del lavoro su prestigiosa rivista internazionale rappresenta un miglioramento rispetto al progetto iniziale, poiché in fase di impostazione non era possibile prevedere i risultati che sarebbero scaturiti dallo studio. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Regolare stato di avanzamento. Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014 Le attività relative a questa tematica si ritengono concluse. 2.5.1.2.3 Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo Descrizione dettagliata dell’attività svolta E’ proseguita la valutazione comparativa dei caratteri biometrici e produttivi dei 22 cloni di Arundo coltivati nel campo catalogo realizzato nel 2008 presso l’Azienda sperimentale di Anzola dell’Emilia. Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli Nessuna discordanza né difficoltà riscontrate Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale Nessun approfondimento Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Normale stato di avanzamento del programma iniziale Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014 Le attività relative a questa tematica si ritengono concluse. 99 2.5.1.2.4 Produttività del sorgo da fibra Descrizione dettagliata dell’attività svolta Nel 2013 è stata svolta una prova di confronto di 12 varietà di sorgo da biomassa. La prova è stata seminata il 14 maggio 2013. Si è trattato di una seconda semina poiché la prima semina, effettuata nella seconda metà di aprile, ha avuto un esito insoddisfacente a causa delle avverse condizioni meteorologiche, che hanno ostacolato l’emergenza della coltura. La prova è stata fertilizzata con 70 kg N ha-1, applicati in copertura il 31 maggio 2013. La raccolta è stata effettutata nei giorni dal 14 al 17 ottobre 2013. A differenza degli anni precedenti, nei quali la raccolta veniva effettuata in corrispondenza della fioritura di ciascun ibrido, nel 2013 si è voluto offrire pari condizioni agli ibridi precoci ed a quelli tardivi. Infatti, un nostro lavoro pubblicato nel corso del 2013, ha indicato che il sorgo da biomassa ha un tasso di crescita elevato e costante durante tutta la stagione vegetativa, che si prolunga fino ai primi di ottobre. Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli Nessuna discordanza rispetto a quanto previsto. La difficoltà è consistita nel dover riseminare la prova, poiché le piogge battenti del mese di aprile hanno determinato una emergenza poco soddisfacente della coltura. E’ esperienza comune che il tallone di Achille del sorgo, è rappresentato dal periodo compreso tra semina ed emergenza, durante il quale piogge battenti, ovvero l’assenza di precipitazioni, possono determinare il fallimento della semina. Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale Un lavoro pubblicato da questa U.O. nel corso del 2013 ha permesso di approfondire la ecofisiologia del sorgo da biomassa negli ambienti della pianura Padana. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Regolare stato di avanzamento Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014 Poiché le potenzialità produttive del sorgo da biomassa sono state ampiamente valutate negli anni precedenti, non si prevede un ulteriore prolungamento delle attività sul sorgo per l’anno 2014. Le attività relative a questa tematica si ritengono quindi concluse. 2.5.1.3 Risultati conseguiti 2.5.1.3.1 Effetti dell’applicazione di liquami bovini su Arundo e pioppo Premessa: poiché lo studio degli effetti delle fertilizzazioni con liquame bovino su Arundo consiste in una prova poliennale ripetuta sulle stesse parcelle sperimentali, per una migliore comprensione dei risultati ottenuti nel corso del 2013, è necessario fare un breve excursus dei risultati ottenuti nei 100 precedenti 5 anni di ripetuta applicazione di liquami, a confronto con una dose di concimi minerali ed un testimone non fertilizzato. Nel periodo dal 2008 al 2012 l’applicazione di fertilizzanti ha sempre incrementato in modo significativo le produzioni rispetto al testimone non trattato (figura 2.5.1.1). Inoltre, la dose più elevata di liquami bovini (LB20) ha sempre permesso di conseguire un vantaggio produttivo sia rispetto alla dose inferiore di liquame (LB20), sia rispetto al trattamento con concimi minerali (Conc.min.). Figura 2.5.1.1 – Arundo: effetti della applicazione di liquami bovini e di concimi minerali, a confronto con un testimone non fertilizzato, negli anni dal 2008 al 2012 50 b 40 a 30 b b b b a b b c c 20 a a LB10 ab a a Conc.min. Produzione s.s. (Mg ha-1) a a a b 10 2008 2009 2010 2011 LB20 Testimone LB20 LB10 Conc.min. Testimone LB20 LB10 Conc.min. Testimone LB20 LB10 Conc.min. Testimone LB20 LB10 Conc.min. Testimone 0 2012 Nel 2012 il livello delle produzioni è stato inferiore rispetto agli anni precedenti, a causa di una forte deficit delle precipitazioni occorso nel periodo compreso tra settembre 2011 e agosto 2012, che è stato del 45% inferiore rispetto al valore medio di 734 mm, riferito al periodo 1991-2008. Tutto ciò premesso, e ritenuto che cinque anni consecutivi rappresentino un periodo adeguato alla valutazione degli effetti dei liquami, si è deciso per il biennio successivo (2013 e 2014) di proseguire lo studio valutando l’effetto residuo di fertilità dei trattamenti con liquami, conservando ancora la fertilizzazione minerale e, ovviamente il testimone non fertilizzato. Ebbene, i risultati del 2013 i trattamenti LB10 e LB20 hanno fornito produzioni superiori, anche se in modo non significativo, rispetto al Testimone (Figura 2.5.1.2). Le produzioni del trattamento Conc.min. sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre quelle dei trattamenti con liquame non sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione minerale. Di particolare 101 interesse è la produzione del Testimone, che dopo sei anni fornisce ancora prestazioni di tutto rispetto, circostanza che indica una elevata efficienza della coltura nell’assorbire azoto dal terreno. Figura 2.5.1.2 – Arundo: valutazione dell’effetto di fertilità residua dei trattamenti liquame bovino10 mm (LB10) e liquame bovino 20 mm (LB20) a confronto con concimazione minerale (Conc.min.) ed un testimone non fertilizzato (Testimone). Effetti sulle produzioni di sostanza secca nel 2013 50 a Produzione s.s. (Mg ha-1) ab 40 ab b 30 20 10 0 Testimone Conc.min. LB10 LB20 Gli effetti osservati sulle produzioni di Arundo del 2013 trovano puntuale riscontro anche nelle concentrazioni di azoto della biomassa. Infatti, concentrazione di azoto è più elevata nel trattamento Conc.min., intermedia per i trattamenti LB10 ed LB20, ed inferiore per il Testimone (Figura 2.5.1.3). 102 Figura 2.5.1.3 – Arundo, anno 2013: valutazione dell’effetto di fertilità residua dei trattamenti liquame bovino 10 mm (LB10) e liquame bovino 20 mm (LB20). Effetti sulle concentrazioni di azoto nella biomassa 0.6 0.5 Azoto % s.s. 0.4 0.3 0.2 0.1 0 Testimone Conc.min. LB10 LB20 Le analisi del contenuto di N dei campioni di biomassa della prova Arundo liquami, effettuate per le annate dal 2009 al 2012, hanno permesso di valutare le relazioni esistenti tra azoto applicato e produzione di biomassa, e tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura. Per quanto concerne la relazione tra azoto applicato e produzione di biomassa, è stata stimata una efficienza dell’uso dell’azoto pari a 69.5 kg di sostanza secca prodotta per ogni kg di azoto applicato (Figura 2.5.1.4). Questa stima si riferisce alle annate dal 2009 al 2011, nelle quali la coltura ha usufruito di una buona disponibilità idrica. Nel 2012, invece, annata nella quale la produttività è stata verosimilmente limitata dall’acqua, l’efficienza dell’uso dell’azoto è stata di 31 kg di sostanza secca per kg di azoto applicato (Figura 2.5.1.4). 103 Figura 2.5.1.4 - Relazione tra azoto applicato e produzione in Arundo. Delle rette di regressione rappresenta l’efficienza dell’uso dell’azoto (NUE), che corrisponde ai kg di sostanza secca prodotta dalla coltura per ogni kg di azoto applicato come fertilizzante. Il valore della NUE è diverso tra le annate normali (dal 2009 al 2011) ed il 2012 che è stata un’annata molto siccitosa Prodzione s.s. (kg ha-1) 50000 y = 69.53x + 26928 R² = 0.734 annate normali dal 2009 al 2011 40000 30000 Testimone Conc.min. LB10 LB20 20000 y = 31.13x + 18789 R² = 0.552 annata arida 2012 10000 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 N applicato (kg ha-1) Il rapporto tra azoto assorbito dalla coltura di Arundo ed azoto applicato come fertilizzanti è del 25%, valore che si riferisce complessivamente a tutte le annate ed a tutti i trattamenti (Figura 2.5.1.5). Di particolare interesse è il fatto che il testimone non fertilizzato asporta mediamente 80100 kg N ogni anno, e che questo valore tende a rimanere costante negli anni, malgrado la ripetuta assenza di apporti di azoto (Figura 2.5.1.5). Tuttavia, è opportuno considerare che, in una pianta perenne come l’Arundo, l’azoto presente nella biomassa raccolta non è necessariamente espressione dell’assorbimento effettuato dalla coltura nel corso della stessa annata, poiché può derivare, almeno in parte, dalla traslocazione delle riserve di azoto contenute nei rizomi, che verosimilmente agiscono come una serbatoio di accumulo al quale la coltura attinge in caso di necessità. 104 Figura 2.5.1.5 – Relazione tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura di Arundo. La pendenza della retta di regressione rappresenta la frazione di azoto assorbito per ogni kg di azoto applicato 300 y = 0.247x + 93.06 R² = 0.446 N assorbito (kg ha-1) 250 200 Testimone Conc.min. LB10 LB20 150 100 50 0 0 100 200 300 400 500 N applicato (kg ha-1) Nel 2013 è stata effettuata la terza raccolta della prova pioppo liquami, che ha ricevuto trattamenti identici alla Arundo liquami. Nel caso del pioppo, tuttavia, la raccolta della biomassa è ad intervallo biennale, quindi la terza raccolta completa un ciclo di 6 anni. Nel 2013 la produzione del biomassa è stata particolarmente elevata per il testimone, a dispetto del fatto che il pioppo è stato impiantato nel 2002, ed è quindi oramai prossimo al termine del ciclo produttivo. Per contro, il vantaggio produttivo dei trattamenti LB10 e LB20 rispetto al testimone è molto attenuato nella terza raccolta rispetto a quanto osservato nella prima e nella seconda raccolta (Figura 2.5.1.6). 105 Figura 2.5.1.6 – Pioppo: effetti della applicazione di liquami bovini e di concimi minerali, a confronto con un testimone non fertilizzato, negli anni dal 2008 al 2013 40 Control Pioppo liquami IF Produzioni di s.s. (Mg ha-1) LB10 30 LB20 20 10 0 2008-2009 2010-2011 2012-2013 Di particolare interesse sono i dati ottenuti dalle analisi del contenuto di nitrati nel suolo, analizzati nel corso del 2013 su campioni raccolti nel dicembre 2012. Questi dati esperimono la quantità di nitrati, presenti nel profilo del suolo da 0 ad 80 cm, all’inizio dell’inverno e quindi potenzialmente lisciviabili, sulle prove Arundo liquami, sulle prove gemelle pioppo liquami e sorgo liquami, e su una coltura di frumento (che segue frumento), che viene presa come riferimento. Per il terzo anno consecutivo, l’Arundo ha dimostrato di possedere una particolare abilità nel contenimento dei nitrati presenti nel profilo del suolo (Figura 2.5.1.7). Per contro, il pioppo ed il sorgo da biomassa, mostrano una buona capacità di controllo dei nitrati con il trattamento testimone non fertilizzato, ma mostrano un sensibile aumento di nitrati nel suolo con i trattamenti fertilizzanti. Emblematico al riguardo è il caso del pioppo, che passa da 18 kg di azoto nitrico con il Testimone ai 53 con LB10 ai 171 con il trattamento LB20. Più contenuti, ma comunque evidenti gli incrementi di nitrati determinati dai trattamenti fertilizzanti sul sorgo. Nel caso del frumento, infine, la elevata quantità di nitrati presente nel profilo è attribuibile al fatto che la coltura viene raccolta a luglio, il terreno viene lavorato nel corso dell’estate e la mineralizzazione dell’azoto prosegue per tutta la stagione senza che alcuna coltura assorba attivamente nitrati dal profilo. Ebbene, rispetto a questa situazione, le colture da energia, che hanno una prolungata attività vegetativa nel corso dell’estate, si dimostrano capaci di contenere in modo efficace il contenuto di nitrati presente nel suolo in autunno. Riassumendo, l’Arundo si è dimostrata molto più efficiente rispetto ad altre colture nel contenere la quantità di nitrati presente nel profilo del suolo. Dopo aver accertato questo comportamento per tre 106 anni successivi, l’Arundo può essere considerata come un eccellente “spazzino di nitrati”, caratteristica che potrebbe essere convenientemente sfruttata in aree vulnerabili. Per contro, il nostro studio ha evidenziato la inopportunità ambientale di elevate applicazioni di liquami al pioppo. Figura 2.5.1.7 – Contenuto di nitrati nel profilo del suolo in autunno. I valori riportati si riferiscono allo strato da 0 ad 80 cm e derivano dai valori cumulati misurati per strati di 20 cm (0.-20; 20-40, 40-60 e 60-80). I dati si riferiscono alla prova Arundo liquami, alle prove gemelle pioppo liquami e sorgo liquami, e ad una coltura aziendale di frumento (che segue frumento), presa come riferimento 170.5 160 140 120 108.6 100 80 40 20 57.9 57.4 60.4 47.7 52.8 60 38.2 21.5 25.2 26.5 23.9 17.6 Frumento Sorgo LB20 Sorgho LB10 Sorgo Conc.min. Sorgo Testimone Pioppo LB20 Pioppo LB10 Pioppo Conc. Min. Pioppo Testimone Arundo LB20 Arundo LB10 Arundo Conc.min. 0 Arundo Testimone N-NO3 totale 0-80 cm (kg ha-1) 180 107 2.5.1.3.2 Studio delle caratteristiche ecofisiologiche di Arundo e sorgo da biomassa Un nostro articolo, pubblicato nel 2013, ha messo in luce le principali differenze tra la ecofisiologia dell’Arundo e quella del sorgo da biomassa. L’Arundo ha un tasso giornaliero di crescita elevatissimo, 522 kg s.s. ha-1 giorno-1, ed una elevatissima efficienza dell’uso della radiazione (RUE), 5.74 g s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata. Tuttavia, questi valori si combinano con una stagione effettiva di crescita piuttosto breve, da inizio maggio ai primi di agosto. Infatti, a dispetto di una prolungata copertura fogliare, la crescita dell’Arundo subisce un “crollo estivo” nel mese di agosto, e la radiazione intercettata non viene, da quel punto in poi, utilizzata in modo efficiente per la produzione di biomassa epigea. Resta da accertare se nella seconda parte dell’estate la biomassa prodotta viene trasferita nei rizomi, ovvero se la coltura entra in una fese di stasi. Il sorgo da biomassa, invece, ha un tasso di crescita tipico delle colture C4 che crescono in condizioni di ampia disponibilità idrica e nutrizionale, 360kg s.s. ha-1 giorno-1, che rimangono stabili per tutta la stagione vegetativa, fino a fine settembre. La RUE del sorgo ottenuta in questo studio è in perfetto accordo con i valori riportati in letteratura, 3.48 s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata. Le ragioni per le quali l’Arundo, che è una specie a ciclo fotosintetico C3, ha una RUE più elevata rispetto al sorgo, che è a ciclo fotosintetico C4, sono state chiarite dal nostro studio. Infatti, l’Arundo ha un coefficiente di estinzione della luce (k) di circa 0.3, stimato nel nostro esperimento (Figura 2.5.1.8). Con k=0.3 si ottiene un miglior irraggiamento delle foglie che si trovano al di sotto di un valore di LAI elevato. Le conseguenze di un k=0.3 sono due: 1) la coltura riesce a mantenere un LAI elevato poiché anche le foglie poste più in basso ricevono adeguato irraggiamento; 2) un elevato numero di foglie, tutte ben irradiate, fornisce complessivamente un risultato molto efficiente in termini di efficienza dell’uso della radiazione solare. 108 Figura 2.5.1.8 – Relazione tra il logaritmo naturale della frazione della PAR trasmessa rispetto alla PAR incidente, e l’indice di area fogliare (LAI) della coltura. La pendenza della retta di regressione è il valore stimato del coefficiente di estinzione della luce per l’Arundo - Ln (PAR trasmessa/PAR incidente) 4.0 3.5 y = 0.298x R² = 0.692 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 0 2 4 6 Indice di area fogliare 8 m2 10 (foglie)/m2 12 14 (suolo) 2.5.1.3.3 Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo Nel 2013 è proseguita la valutazione della produttività di 22 cloni di Arundo del campo catalogo realizzato ad Anzola dell’Emilia nel 2008. Le produzioni di sostanza secca hanno variato da un minino di 62.3 Mg ha-1 per il clone Capo D’Orlando ad un massimo di 99.6 Mg ha-1 per il clone Asti (Figura 2.5.1.9). In realtà, soltanto i tre cloni meno produttivi sono significativamente diversi dal clone di Asti. In buona sostanza il nostro studio conferma la limitata variabilità genetica tra cloni di Arundo raccolti in diverse regioni d’Italia. Inoltre, è opportuno sottolineare che produzioni così elevate vengono normalmente ottenute in parcelle di piccole dimensioni, ma non sono verosimili a livello di pieno campo. Infatti, l’Arundo trae particolare vantaggio dagli effetti di bordo, sia per la notevole altezza della coltura, che favorisce un migliore irraggiamento delle foglie, sia per l’ampiezza degli apparati radicali, sia in senso verticale, sia in senso orizzontale. 109 Figura 2.5.1.9 – Produzioni di sostanza secca di 22 cloni di Arundo provenienti da regioni del nord, centro, sud Italia e da Lanzarote (Isole Canarie, Spagna) Campo catalogo Arundo anno 2013 ab ab ab 80 ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab b b b CAPO D'ORLANDO ab OSIMO 2 a BUDRIO 100 60 40 CASTELMAGGIORE OSIMO 1 PISA TORVISCOSA LANZAROTE TREBBO DI RENO VILLA S.GIOVANNI RUTIGLIANO PONTECAGNANO UMBERTIDE AREZZO MARINA DI BIBBONA PIAZZA ARMERINA S. SEVERO FREGENE VILLASOR ASTI 0 FONTANE BIANCHE 20 CERVIA Produzione s.s. (Mg ha-1) 120 2.5.1.3.4 Valutazione di germoplasma di sorgo in Pianura Padana Le prove di confronto tra ibridi di sorgo sono proseguite nel 2013. Le produzioni di sostanza secca sono variate da 20.67 Mg ha-1 di TRUDAN HL a 34.44 di BULLDOZER (Figura 2.5.1.10). L’analisi statistica ha indicato che il gruppo di ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO, GOLIATH e B150 è statisticamente omogeneo e superiore soltanto al gruppo dei tre ibridi meno produttivi: P.S.E. 98456, P811 e TRUDAN HL. E’ importante sottolineare che gli ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO e B150 hanno superato la soglia di 30 Mg ha-1 anche nel precedente anno 2012. Trattasi, con tutta evidenza di prestazioni straordinarie per una coltura condotta senza irrigazione e con modesti apporti di azoto. 110 Figura 2.5.1.10 – Produzione di biomassa di 12 ibridi di sorgo da biomassa ad Anzola dell’Emilia (BO) nel 2013 40 a a ab 30 ab ab ab b b b TRUDAN HL a P 811 a P.S.E. 98456 Produzione (Mg s.s ha-1) a 20 10 ZERBERUS S 506 B 140 HERKULES B 150 GOLIATH JUMBO B133 BULLDOZER 0 2.5.1.4 Divulgazione dei risultati Nel corso del 2013 i risultati ottenuti con il progetto BIOSEA sono stati divulgati come segue: 1. Intervista televisiva ad Enrico Ceotto del 7 gennaio 2013, su sorgo e canna comune, Focus 14, a cura della emittente Emilia - Romagna Agricoltura, pubblicata in data 28 gennaio 2013. Accessibile su YouTube al seguente indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=1_iuDOY3Zo 2. Giornata dell'innovazione presso il CRA-CIN, effettuata con il patrocinio del CRA il 13 marzo 2013. Partecipazione di Enrico Ceotto con una comunicazione orale e n.4 poster. La pagina web della giornata dell'innovazione al CIN è accessibile al seguente indirizzo: http://www.cracin.it/giornatainnovazione/ 3. Partecipazione al convegno RAMIRAN 2013, 15th International Conference, tenutosi a Versailles, dal 2 al 5 giugno 2013. https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference. 111 Elenco completo delle pubblicazioni prodotte dalla UO CRA-CIN con i risultati del progetto: 1. Mariani C., Cabrini R., Danin A., Piffanelli P., Fricano A.; Gomarasca S.; Di Candilo M.; Grassi F.; Soave C. (2010). Origin, diffusion and reproduction of the giant reed (Arundo donax L.): a promising weedy energy crop. Annals of Applied Biology, 157, 2, 191-202. 2. Di Candilo M., Ceotto E., Librenti I., Faeti V. (2010) Manure fertilization on dedicated energy crops: productivity and energy implications. In: Claudia S.C. Marques dos Santos Cordovil, Luis Ferreira (eds.) Proceedings of the 14th Ramiran International Conference, of the FAO ESCORENA Network on the Recycling of Agricultural, Municipal and Industrial Residues in Agriculture. 4 pp. 3. Di Candilo M., Ceotto E., Del Gatto A., Mangoni L., Pieri S., Diozzi M., 2010. Valutazione delle caratteristiche produttive ed energetico-qualitative di varietà di sorgo da fibra e da zucchero in ambienti del Centro-nord Italia. Dal Seme, n. 3 / 10, 46-55. 4. Ceotto E., Di Candilo M., 2010. Sustainable bioenergy production, land and nitrogen use. In: Lichtfouse E. (ed.) Biodiversity, Biofuels, Agroforestry and Conservation Agriculture. Sustainable Agriculture Reviews, Vol. 5, 101-122. 5. Ceotto E., Di Candilo M., Marletto V., 2011. Canopy cover and solar radiation conversion efficiency of the herbaceous perennial giant reed (Arundo donax L.). Proceeding of 19th European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets, Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 740-743. 6. Di Candilo M., Grassi F., Ceotto E., Soave C., 2011.Assessment of Phenotypic and Genotypic Characteristics of 22 Giant Reed Ecotypes (Arundo donax L.) of Different Regions. Proceeding of 19th European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets, Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 629-633. 7. Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Applicazione di liquami bovini alle colture dedicate da energia: produttività, implicazioni energetiche e sul bilancio del carbonio. In: Foppa Pedretti E., Mengarelli C. (eds.) Atti del Convegno Attualità della Ricerca nel Settore delle Energie Rinnovabili da Biomassa. Ancona, 16-17 dicembre 2010. 8. Volta A., Villani G., Ceotto E., M. Di Candilo, Marletto V. 2012. ARMIDA: Modello di accrescimento per le colture perenni da energia. Calibrazione e validazione su canna comune (Arundo donax L.). Italian Journal of Agrometeorology, Atti del XV Convegno Nazionale di Agrometeorologia. 29-30. 9. Ceotto E., Di Candilo M., 2012. Perennial versus annual Energy Crops: solar radiation interception and Use Efficiency of Miscanthus and Fiber Sorghum. Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 578-580. 112 10. Volta A., Villani G., Marletto V., Di Candilo M., Ceotto E., 2012. ARMIDA: Arundo and Miscanthus Crop Growth Simulation Model. Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 581-583. 11. Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Leaf CO2 assimilation Irradiance-Response of Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 574-577. 12. Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Seasonal Dynamic of above and Belowground Dry Matter accumulation in Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 507-510. 13. Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Cattle slurry application on Energy crops: a sustainable practice? Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 170-174. 14. Ceotto E., Castelli F., Di Candilo M., 2013. The perennial energy crop giant reed (Arundo donax L.) as a soil nitrate scavenger for cattle slurry application. Proceedings of RAMIRAN 2013, 15th International conference, Versailles, 2-5 June 2013. S1.22, 4 pp. https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference. 15. Ceotto E., Di Candilo M., Castelli F., Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Volta A., Villani G., Marletto V., 2013. Comparing radiation interception and use efficiency for the energy crops giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor L. Moench). Field Crops Research, 149, 159-166. Questa U.O. proseguirà le attività fino al 31 dicembre 2014. 113 2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR) Ottimizzazione delle filiere bioenergetiche per una sostenibilità economica e ambientale Responsabile scientifico: Prof. Francesco Martelli 2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR) Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle filiere bioenergetiche per una sostenibilità economica e ambientale Responsabile scientifico: Prof. Francesco Martelli 2.6.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.6.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 All’interno del progetto BIOSEA il ruolo del CREAR (Centro di ricerca sulle energie alternative e rinnovabili dell’Università degli Studi di Firenze) è stato quello di stabilire ed approfondire le correlazioni tra le diverse tipologie di biomassa coltivate sul territorio italiano e le tecnologie di conversione ad oggi disponibili per la produzione di energia (elettrica, termica e cogenerazione). Lo scopo del lavoro è quello di fornire un quadro sulla situazione dei biocombustibili solidi utilizzati a scopi energetici in impianti stazionari per la produzione di energia e, allo stesso tempo, di indagare sul potenziale uso di biomasse diverse da quelle generalmente utilizzate. Lo studio, come previsto dal progetto, produrrà allo scadere dei tre anni un report composto da 7 capitoli, ognuno dei quali affronterà specifiche tematiche delle filiere bioenergetiche ad oggi disponibili in Italia. Nel corso del primo periodo sono stati conclusi i primi 4 capitoli del Report, con oggetto le seguenti tematiche: - Cap 1 Analisi e selezione delle tipologie di biomassa Cap 2 Caratterizzazione chimico-fisica delle biomasse considerate Cap 3 Tecnologie e sistemi di pretrattamento Cap 4 Analisi delle tecnologie di conversione Nel corso dell’anno 2013 è stato analizzato e completato l’aspetto centrale dello studio, il Capitolo 5, incentrato sulle tecnologie di conversione più idonee alle diverse tipologie di biomassa analizzate e, quindi, fortemente dipendente dalle considerazioni e dall’analisi fatta nei capitoli precedenti. L’analisi degli impianti più appropriati per la conversione energetica delle biomasse risulta essere materia fondamentale per lo sviluppo di nuove filiere energetiche che possano basarsi su biomasse ad oggi poco considerate per questo tipo di finalità. D’altro canto gli impianti di conversione energetica delle biomasse non risultano flessibili, in quanto sono progettati per lavorare in determinate condizioni di utilizzo e con determinate caratteristiche della biomassa. Le biomasse, infatti, non sono materie prime standardizzate in quanto le caratteristiche chimico-fisiche e 115 l’umidità variano sensibilmente da specie a specie. E’ bene ricordare che esistono sistemi, cosiddetti di pretrattamento, che preparano ed, in qualche modo, uniformano il materiale vegetale da spedire all’impianto, come ad esempio gli impianti di essiccazione, densificazione (macchine pellettizatrici, brichettatrici, etc) e cippatura che, comunque, non influiscono sulla loro composizione chimica. Al fine di presentare il lavoro in modo visivamente comprensibile e rapidamente consultabile, sono state create e compilate delle tabelle in cui sono state incrociate le caratteristiche di funzionamento degli impianti e le biomasse trattabili all’interno di essi, applicando un colore dal verde al rosso a seconda delle problematiche e della facilità con cui la biomassa selezionata può essere processata. Questo argomento è dunque l’oggetto del capitolo 5 che, sotto forma di tabella, incrocia le varie tecnologie di conversione con le biomasse analizzate al fine di evidenziare le tecnologie che meglio si adattano alle tipologie di biomassa. Il Capitolo 6, inerente allo screening degli impianti a biomassa presenti sul territorio italiano, è tuttora in corso a causa della non facile reperibilità di alcune informazioni utili a costituire una sorta di database degli impianti. Il capitolo 7, infine, riguarda le conclusioni del lavoro dei capitoli dal 1 al 5 ed è stato completato. Tabella 2.6.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Concluso Attività 1 Analisi e selezione delle tipologie di biomassa X Attività 2 Caratterizzazione chimico-fisica delle biomasse considerate X Attività 3 Tecnologie e sistemi di pretrattamento X Attività 4 Analisi delle tecnologie di conversione X Attività 5 Analisi dell’utilizzo di biomassa in impianti di conversione termochimica Attività 6 Screening degli impianti a biomassa sul territorio Italiano Attività 7 Conclusioni X X X 2.6.1.2 Relazione sull’attività svolta Attività 5 Analisi dell’utilizzo della biomassa in impianti termochimici L’attività 5 è oggetto del quinto capitolo del Report così strutturato: Introduzione 116 Tecnologie Di Conversione Biomasse E Impianti Di Conversione Combustione Gassificazione Pirolisi Co-Firing Biomasse Ligno-Cellulosiche Pioppo (Populus Spp.) Acacia (Robinia Pseudoacacia) Paulownia Spp. Eucalipto ( Eucalyptus Spp.) Ginestra ( Spartium Junceum) Acacia Saligna Ricinus Comunis Sorghum Bicolor Canapa (Cannabis Sativa) Cardo (Cynara Cardunculus) Canna Comune (Arundo Donax) Panico Verga (Panicum Virgatum) Miscanto (Miscanthus Sinensis X Giganteus) Saggina Spagnola (Phalaris Arundinacea) Canna D’egitto (Saccharum Spontaneum) Sparto (Lygeum Spartum) Saracchio (Ampelodesmos Mauritanicus) Erba Di Guinea (Panicum Maximum) Sorghum Silk 117 Sorghum Almum Sarmenti Della Vite Potature D’olivo Lolla Di Riso Sanse Vergini Stocchi Di Mais Gusci Di Nocciola Gusci Di Mandorla Paglia Di Grano Tenero Stocchi Di Girasole Panello Proteico Di Girasole Lista Aziende Gassificatori Per Cogenerazione Su Piccola Scala Sistemi Di Pirolisi Bibliografia Attività 6 Screening degli impianti a biomassa sul territorio italiano L’attività 6 è stata strutturata nell’ottica di creare una sorta di database degli impianti a biomassa presenti sul territorio italiano. L’attività, largamente avviata, è in fase di conclusione a seguito di problematiche nate durante la raccolta delle informazioni, non facilmente reperibili. Attività 7 Conclusioni Le conclusioni si basano sulle considerazioni e sui dati raccolti nei capitoli precedenti e pongono l’attenzione sulle biomasse più promettenti da utilizzare per ogni tipologia di impianto di conversione. 2.6.1.3 Risultati conseguiti L’attività di ricerca svolta nel corso dell’anno 2013 ha portato alla creazione di tabelle facilmente consultabili che pongono l’attenzione sulla possibilità di utilizzare determinate biomasse in sistemi termochimici di conversione energetica per la produzione di energia. L’individuazione delle biomasse di interesse e la loro composizione chimico-fisica è argomento trattato nei Capitoli 1 e 2, mentre la descrizione e l’analisi delle tecnologie esistenti per trattare la biomassa vegetale è l’argomento trattato nei Capitoli 3 e 4. 118 Il Capitolo 5, “Analisi dell’utilizzo della biomassa in impianti termochimici”, rappresenta dunque una sintesi delle attività precedenti e si riportano, a titolo esemplificativo, le tabelle per le tre principali tecnologie di conversione: combustione, pirolisi e gassificazione. Combustione 20 25 Griglia fissa LIMITI OPERATIVI BIOMASSA IN INGRESSO SPECIE ARBOREE Pioppo Robinia Eucalipto Paulownia Ricino arboreo Acacia saligna Ginestra Umidità: < 35% Pezzatura:Cippato, pellet o balle Ceneri: limitato ● ● ● ● ● ● ● 20 23 Griglia trasportata Umidità:< 40-55% Pezzatura: cippato o pellet Ceneri: elevato 20 26 Griglia mobile Umidità: elevata Pezzatura:cippato o materiale triturato Ceneri: < 10% 20 Underfeed stoker 20 25 20 Griglia vibrante 20, 23, 24 Cigar burner Cono rotante 19, 20, 21, 22 Letto fluido bollente 7 20 Letto fluido ricircolante Solo erbacee Solo erbacee Solo erbacee Solo erbacee Solo erbacee Solo erbacee Solo erbacee ● ● ● ● ● ● ● Particelle piccole 7 Particelle piccole 7 Particelle piccole 7 Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole ● Densificato, ma problemi con ceneri Densificato, ma problemi con ceneri Steli mescolati a biomassa legnosa 11 17 Umidità:< 45% Pezzatura:< 50 mm Ceneri: < 2% 5 ● 5 ● ● ● ● 8 8 8 8 8 8 8 Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole Particelle piccole 4 ● 4 ● ● ● ● Con temp. di combustione non elevate 12 Quasi esclusivamente per biomasse legnose 8 Griglia rafreddata ad acqua 5 SPECIE ERBACEE ANNUALI Sorgum bicolor Combustori batch a piccole balle 11 Cannabis sativa 25 Steli 11 Steli 11 Quasi esclusivamente per biomasse legnose 8 Griglia rafreddata ad acqua 5 ● Densificato - Steli mescolati a biomassa legnosa 10,11 Cynara cardunculus Solo negli impianti più grandi Con materiale ben tritato Con ceneri sotto il 10% 26 ● Griglia rafreddata ad acqua ● 17 Possibilità sinterizzazione ceneri Con temp. di combustione non elevate 13 Quasi esclusivamente per biomasse legnose Griglia rafreddata ad acqua 5 ● ● Con temp. di combustione non elevate 12 Quasi esclusivamente per biomasse legnose Griglia rafreddata ad acqua 6 ● Mescolato a biomassa legnosa Mescolato a biomassa legnosa 3 Con temp. di combustione non elevate 1 Quasi esclusivamente per biomasse legnose Griglia rafreddata ad acqua 6, 25 ● Possono insorgere problemi di slagging 7 Possono insorgere problemi di slagging 7 Essiccata 18 Con temp. di combustione non elevate 13 Quasi esclusivamente per biomasse legnose Griglia rafreddata ad acqua ● Problemi agglomerazione nel letto Possono insorgere problemi di slagging Saccharum spontaneum Con temp. di combustione non elevate 13 Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● Lygeum spartum Con temp. di combustione non elevate ● Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● Ampelodesmos mauritanicus Con temp. di combustione non elevate ● Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● Panicum maximum Con temp. di combustione non elevate ● Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● Sorghum silk Con temp. di combustione non elevate ● Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● Sorghum almum Con temp. di combustione non elevate ● Quasi esclusivamente per biomasse legnose ● SPECIE ERBACEE POLIENNALI Arundo donax Panicum virgatum Miscanthus sinensis Phalaris arundinacea Anche combustori batch a piccole balle SCARTI AGROINDUSTRIALI Sarmenti di vite 25 ● 12 ● ● Esempi non trovati ● ● ● Potature d'olivo ● ● 12 ● ● ● ● Possibilità di slagging 9 Possibilità di slagging 9 5 ● ● Possibili problemi agglomerazione nel letto 5 ● ● Problemi agglomerazione nel letto 16 Problemi agglomerazione nel letto 16 Lolla di riso Grandi impianti 2 Grandi impianti 5 2 Troppe ceneri Sanse vergini Previa essiccazione 3 Grandi impianti previa essiccazione 27 Grandi impianti previa essiccazione Troppe ceneri Stocchi di mais Possibili problemi con ceneri 2 Troppe ceneri ● Combustori batch a piccole balle ● Gusci di mandorla Ceneri bassofondenti Ceneri bassofondenti Ceneri bassofondenti 14 Ceneri bassofondenti ● ● ● Gusci di nocciola 3 5 13 ● ● ● Paglia di grano tenero 5 5 5 Troppe ceneri 5 ● ● Stocchi di girasole Possibili problemi con ceneri Grandi impianti 13 Troppe ceneri ● Troppe ceneri ● Panello proteico girasole Con temp. di combustione non elevate ● Mescolato a biomassa legnosa Problemi agglomerazione nel letto 15 ● Mescolato a biomassa legnosa 5 Densificato Problemi agglomerazione nel letto 15 Densificato ● ● ● ● ● 119 Pirolisi 18 19 20 Pirolisi* SPECIE ARBOREE Pioppo Robinia Eucalipto Paulownia Ricino arboreo Acacia saligna Ginestra SPECIE ERBACEE ANNUALI Sorgum bicolor Cannabis sativa Cynara cardunculus 14 15 16 17 Co-firing 5 5 12 7 Con carbone 9 Con lignite 2 4 Con carbone 9 Con carbone 1 Con carbone SPECIE ERBACEE POLIENNALI Arundo donax Panicum virgatum Miscanthus sinensis Phalaris arundinacea Saccharum spontaneum Lygeum spartum Ampelodesmos mauritanicus Panicum maximum Sorghum silk Sorghum almum Festuca arundinacea SCARTI AGROINDUSTRIALI Sarmenti di vite Potature d'olivo Lolla di riso Sanse vergini Stocchi di mais Gusci di mandorla Gusci di nocciola 11 6 6 4 4 13 6 Paglia di grano tenero 5 Stocchi di girasole 7 Panello proteico girasole 7 Con lignite e carbone 8 Contenuto Cl elevato 3 Con lignite Con lignite Con carbone, griglia fissa (10%) 10 Con carbone 120 Gassificazione 17 18 19 20 23 Gassificatori updraft LIMITI OPERATIVI BIOMASSA IN INGRESSO Umidità: 60% wb Pezzatura: 0.5-20 cm Contenuto ceneri: <6% Temp. Fusione ceneri: >1000°C 17 18 19 20 23 Gassificatori downdraft Umidità: < 10-25% db Pezzatura: 0.1-10 cm Contenuto ceneri: <6% Temp. Fusione ceneri: >1100°C 17 18 19 20 21 21 22 17 18 23 24 25 26 Gassificatori crossdraft Open top downdraft Gassificatori letto fluido bollente Umidità: < 10-20% wb Pezzatura: 0.5-2cm Contenuto ceneri: Temp. Fusione ceneri:> 1250°C Umidità: Pezzatura: Contenuto ceneri: Temp. Fusione ceneri: Umidità: <30% wb Pezzatura: < 5 cm Contenuto ceneri: < 25% Temp. Fusione ceneri: >850°C 17 18 23 24 25 26 27 Gassificatori letto fluido ricircolante Umidità: <50% wb Pezzatura: < 1 cm Contenuto ceneri: elevato Temp. Fusione ceneri: >850°C SPECIE ARBOREE Pioppo ● ● ● 5 ● ● Robinia ● ● ● ● 8 8 Eucalipto ● ● ● ● 13 ● Paulownia ● ● ● ● ● ● ● Possibili problemi per fusione ceneri Essiccazione difficoltosa e ceneri elevate ● ● Sorgum bicolor Contenuto ceneri può essere eccessivo ● Problemi con ceneri ● Tecnologia non perfezionata Tecnologia non perfezionata Cannabis sativa ● 9 Problemi con ceneri ● Tecnologia non perfezionata 10 Tecnologia non perfezionata 10 Cynara cardunculus Ceneri e K solitamente troppo elevate 11 Ceneri e K solitamente troppo elevate 11 Ceneri troppo elevate● Ceneri possibilmente troppo elevate 1 Ceneri possibilmente troppo elevate 1 ● Contenuto ceneri può essere eccessivo Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata 15 Tecnologia commercialmente non perfezionata 15 9 Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Ricino arboreo Acacia saligna Ginestra SPECIE ERBACEE ANNUALI SPECIE ERBACEE POLIENNALI Arundo donax Panicum virgatum 5 Miscanthus sinensis ● Problemi con ceneri Phalaris arundinacea ● Problemi con ceneri Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Saccharum spontaneum ● Contenuto ceneri può essere eccessivo Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Lygeum spartum ● Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Ampelodesmos mauritanicus ● Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Panicum maximum Problemi con ceneri Problemi con ceneri Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata ● Contenuto ceneri può essere eccessivo Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata ● Contenuto ceneri può essere eccessivo Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri 2 Contenuto ceneri può essere eccessivo Contenuto ceneri può essere eccessivo Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Sorghum silk Sorghum almum Festuca arundinacea SCARTI AGROINDUSTRIALI Sarmenti di vite Potature d'olivo Lolla di riso ● 3 11 Contenuto ceneri può essere eccessivo Problemi con ceneri Sanse vergini 5 Problemi con ceneri ● Stocchi di mais Essiccati e densificati 3 Problemi con ceneri 5 16 16 Gusci di mandorla ● 3 ● ● Gusci ricchi d'olio da evitare Gusci ricchi d'olio da evitare ● Gusci di nocciola 12 6 ● Gusci ricchi d'olio da evitare Gusci ricchi d'olio da evitare Paglia di grano tenero ● 3 Problemi con ceneri Pellettizata 14 Possibili problemi con ceneri Stocchi di girasole Problemi con ceneri Problemi con ceneri Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Problemi con ceneri Tecnologia commercialmente non perfezionata Tecnologia commercialmente non perfezionata Panello proteico girasole 2.6.1.4 Divulgazione dei risultati I risultati ottenuti sono stati presentati ai partner del progetto per illustrare il lavoro svolto. Si è provveduto, inoltre, ad inviare la versione delle tabelle allegate al secondo capitolo: vari studi in ambito agronomico che gli altri partner del progetto hanno condotto o stanno conducendo dovrebbero dare loro l’opportunità di completare parte dei dati mancanti, rafforzando le dinamiche di collaborazione proprie del progetto e rendendo disponibili dati aggiornati e specifici per il panorama italiano. Per la fine del lavoro è prevista una pubblicazione in atti di convegno sulle bioenergie. 121 122 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA 2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali - DiSAAA-a (ex Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema - DAGA) - Università di Pisa Riduzione degli input colturali in Helianthus annuus, Brassica napus e Brassica carinata destinate alla produzione di bio-carburanti Responsabile scientifico: Prof. Marco Mazzoncin DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA 2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali - DiSAAA-a (ex Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema - DAGA) - Università di Pisa Titolo della ricerca: Riduzione degli input colturali in Helianthus annuus, Brassica napus e Brassica carinata destinate alla produzione di bio-carburanti Responsabile scientifico: Prof. Marco Mazzoncini 2.7.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.7.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 La U.O. DiSAAA-a – Pisa (ex DAGA) ha partecipato al Progetto Biosea principalmente attraverso 2 attività di campo: la prima ha riguardato lo studio della produttività delle brassicacee (sub TASK 1.2.1) e la seconda, l’influenza di agrotecniche differenziate sulla produttività di Helianthus annuus, Brassica napus e Brassica carinata (sub TASK 1.2.3); la seconda attività si è articolata in due diverse esperienze: una realizzata nell’ambito di una ricerca di lungo periodo in corso dal 1993 presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa (CiRAA), e l’altra inserita nella sperimentazione aziendale condotta dall’Azienda Agricola Martello di Cenaia (PI) che da tempo collabora con il CiRAA. Entrambe le esperienze hanno posto a confronto due sistemi di gestione colturale che si differenziano per un diverso livello di impiego di mezzi tecnici e quindi di energia immessa nel sistema (diverse tecniche di lavorazione principale del suolo, impiego di colture di copertura, diverso livello di anticipazione dei nutrienti e modalità di controllo della flora infestante). Le due strategie produttive destinate alle colture di girasole, colza e brassica carinata (quest’ultima coltivata soltanto nei campi sperimentali dell’Università di Pisa) sono state identificate come sistema a basso impiego di mezzi tecnici o “low input” e sistema convenzionale, riflettendo quest’ultimo, le strategie e le tecniche adottate convenzionalmente dalle aziende della regione. Mentre le attività di campo riconducibili alla sub TASK 1.2.3 si sono concluse con le raccolte 2012 avendo avuto inizio nel 2009 (triennio di ricerca 2009-2010, 2010-2011 e 20112012), le attività di campo relative alla sub TASK 1.2.1. si sono protratte anche nel 2013 visto che per questa tematica le attività erano iniziate con le semine del 2010 (raccolta 2011) e non avevano prodotto apprezzabili risultati a seguito del fallimento della prima annata (2010-2011) e del parziale fallimento della seconda (2011-2012) realizzata in doppia epoca di semina. Di conseguenza nel corso del 2013 le attività della UO si sono concentrate nella elaborazione dei risultati ottenuti nel triennio relativamente alla sub TASK 1.2.3. e alla conduzione della prova di campo relativa alla sub TASK 1.2.1. Quest’ultima ricerca ha potuto evidenziare la differente capacità produttiva delle due specie saggiate, B. napus e B. carinata e le differenze, anche sostanziali, tra i genotipi di B. carinata saggiati, sia in termini di capacità produttiva che di precocità. DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Stato di avanzamento Non avviato Avviato/ in corso Concluso WP1 – task 1.2 – sub task 1.2.1 X WP1 – task 1.2 – sub task 1.2.3 X WP3 – task 3.4 X 2.7.1.2 Relazione sull’attività svolta Descrizione dettagliata dell’attività svolta - sub TASK 1.2.1 - Anche nel 2012-13 è stato impostato un confronto varietale tra genotipi diversi di Brassica carinata che sono stati posti a confronto, in semina autunnale e primaverile (fine inverno), con un ibrido di colza tra i più produttivi. Il confronto varietale realizzato nel 2012-13 ha interessato i seguenti genotipi: Selezioni 1, 2, (varietà di Brassica carinata in via di costituzione), ISCI 7, CT 180, CT 207 (varietà di Brassica carinata commercializzate da Agrium Italia S.p.A.); PR46WR10 (ibrido di colza commercializzato da Pioneer seeds); quest’ultima accessione è stata inserita nel confronto come termine di riferimento essendo considerata, anche in molti ambienti dell’Italia Centrale, tra le migliori dal punto di vista produttivo. Il confronto varietale è stato realizzato presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) dell’Università di Pisa su terreni pianeggianti di medio impasto tendenzialmente limosi. Le accessioni, saggiate sia in semina autunnale che primaverile, sono state studiate secondo uno schema sperimentale di campo a parcella suddivisa con quattro replicazioni; parcelle elementari di 21m2. La tecnica colturale seguita per la realizzazione del confronto varietale del 2012-13 è riportata in tabella 2. - sub TASK 1.2.3 – Nel corso del 2013 le attività riconducibili alla sub TASK 1.2.3 si sono concentrate sull’elaborazione dei risultati delle prove di campo realizzate nel triennio 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012, sia presso il CiRAA che presso l’Azienda Martelli, e nella prosecuzione delle analisi chimiche delle biomasse vegetali ottenute nel precedente triennio di ricerca. 125 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.1.2 - CIRAA – Confronto varietale Brassica carinata: calendario delle operazioni colturali del 2012-2013 Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli – Il confronto varietale realizzato nel 2012-13 si è articolato su due epoche di semina diverse (autunnale e di fine inverno) rispetto all’unica epoca prevista dal progetto. Con questo si è cercato di compensare la mancanza di informazioni sulla tematica, generata dal fallimento del confronto varietale del 2010-2011 (a semina esclusivamente autunnale) e dal parziale insuccesso del confronto realizzato in doppia epoca di semina nel 2011-12. Eventuali miglioramenti o approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale – Niente da segnalare Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale – Non si rileva alcun scostamento rispetto al programma iniziale delle attività. Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014 – Nel corso del 2014, i dati raccolti nel triennio saranno oggetto di un’analisi cumulata e, nel caso dei risultati ottenuti in ambito sub TASK 1.2.3, ulteriormente rielaborati al fine di evidenziare le ricadute agro-ambientali e economiche collegate alle strategie produttive (convenzionali e low-input) applicate alle due specie. Sempre nel corso del 2014 è previsto il completamento delle analisi chimiche delle biomasse raccolte nei trienni dalle attività di campo e delle analisi qualitative delle granelle di colza e girasole. 2.7.1.3 Risultati conseguiti - sub TASK 1.2.1 - L’andamento stagionale dell’autunno-inverno 2012 e della primavera 2013 si è contraddistinto per la prolungata piovosità che, nell’ambiente di prova, ha svantaggiato le semine autunnali (a causa del protrarsi di condizioni di saturazione idrica del suolo caratterizzato anche da falda molto superficiale) e avvantaggiato le cultivar in semina primaverile che non hanno 126 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA risentito delle condizioni di stress idrico e termico che nella zona si verificano spesso già nel mese di maggio. Dal punto di vista produttivo l’epoca di semina autunnale è stata comunque la migliore facendo segnare un incremento della produzione granellare di circa il 25%. Nell’ambito della semina autunnale, l’ibrido di Brassica napus PR46WR10 ha fornito le maggiori rese in granella (2,45 t/ di s.s./ha); risultati produttivi paragonabili sono stati ottenuti anche da CT207 e CT180, entrambe, come PR46WR10, di ciclo medio-tardivo. Nell’ambito delle selezioni saggiate la Sel.1 è apparsa quella più interessante (a conferma dei risultati ottenuti in precedenti esperienze). E’ interessante osservare che in genere la biomassa costituita dai residui colturali è risultata tendenzialmente superiore in Brassica carinata (in media +6% con punte del 62% nel caso della cultivar CT207). A differenza di quanto osservato nel 2012, in semina primaverile (di fine inverno), le accessioni di Brassica carinata saggiate non hanno manifestato una maggiore “primaverilità” rispetto alla PR46WR10, determinando quindi cali produttivi non significativamente diversi da quelli registrati per B. napus (-24%); rispetto a questo “trend” generale sono state evidenziate forti variazioni tra i genotipi di B. carinata saggiati: da -13% a 31%. - sub TASK 1.2.3 – L’elaborazione dei dati raccolti nel corso del triennio 2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012 ha permesso di evidenziare i punti di forza e di debolezza connessi all’applicazione dei sistemi di coltivazione a basso impiego di mezzi tecnici su colza e girasole (per maggiori dettagli vedere la sezione 1.2.2). 2.7.1.4 Divulgazione dei risultati I risultati ottenuti non sono stati ancora utilizzati come base per pubblicazioni di carattere scientifico e/o divulgativo; essi sono stati però presentati pubblicamente nel corso di una giornata di studio dal titolo “Brassicacee idonee per biodiesel – Sintesi dei risultati agronomici” organizzata dalla UO Padova e tenutasi il 18 giugno 2013 a Agripolis (PD). 2.7.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio 2.7.2.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto Le attività programmate dalla U.O. Pisa, si sono articolate nel triennio 2010-11,-2011-12 e 2012-13 per quanto riguarda le ricerche riconducibili alla sub TASK 1.2.1 (produttività delle brassicacee) mentre per quelle relative alla sub-TASK 1.2.3 (tecniche colturali), essendosi avviate già nel 2009, il triennio di riferimento è risultato il 2009-10,-2010-11 e 2011-12. Quindi, nel corso del 2013 si è provveduto a concludere le attività di campo relative alla sub TASK 1.2.1 e, nell’ambito della sub TASK 1.2.3, a analizzare i risultati ottenuti nel triennio e a completare le analisi chimiche dei campioni di biomassa ottenuti dalle attività di campo ormai concluse. Per quanto riguarda la sub TASK 1.2.1 (imperniata sul confronto produttivo, in semina autunnale e primaverile, tra un test, rappresentato da una cultivar di Brassica napus notoriamente produttiva, e diversi genotipi di Brassica carinata), il primo dei tre anni di studio non ha prodotto risultati apprezzabili, soltanto gli ultimi due hanno evidenziato la maggiore capacità produttiva di Brassica 127 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA nupus rispetto a Brassica carinata nelle migliori condizioni di crescita; i risultati ottenuti evidenziano anche significative differenze di capacità produttiva tra i genotipi di brassica carinata saggiati e la loro maggiore propensione a semine primaverili. Relativamente alla sub TASK 1.2.3 (basata sullo studio della risposta produttiva di girasole e Brassica napus a sistemi colturali a basso input applicati a uno schema rotazionale rigido e di lungo periodo – attività condotta presso il Centro di Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi”- e a uno schema libero tipico delle aziende della regione – attività condotta presso l’Azienda Agricola Martello Nadia di Cenaia (Pisa), i risultati del triennio hanno evidenziato la possibilità di ricorrere proficuamente alla “strategia low input” sia per il girasole che il colza e la brassica carinata. In relazione alla tecnica di impianto e alle condizioni climatiche, in regime di basso input le rese granellari delle colture hanno subito flessioni variabili (da inapprezzabili a consistenti) che hanno condizionato in modo meno che proporzionale il loro risultato economico che talvolta è risultato anche superiore a quello conseguito con sistemi produttivi convenzionali (soprattutto per il colza). 2.7.2.2 Risultati conseguiti sub TASK 1.2.1 - Dei tre anni di studio soltanto il 2011-12 e il 2012-13 hanno prodotto risultati apprezzabili a seguito del fallimento della prima annata di prova (2010-2011). Nel corso degli ultimi 2 anni il confronto tra genotipi di B. carinata è avvenuto sia in epoca di semina autunnale che primaverile. I dati dell’ultimo biennio confermano la maggiore potenzialità produttiva di B. napus anche se alcune accessioni di B. carinata si sono collocate sullo stesso livello di produzione. In condizioni di crescita sub-ottimali, B. carinata si è dimostrata maggiormente in grado di superare stress legati a ristagni idrici superficiali e sottosuperficiali, alte temperature e stress idrici. Le cultivar di B. carinata saggiate hanno evidenziato anche una maggiore “alternatività” di B. napus quando, in epoca di semina primaverile, l’emergenza non è stata rapida (2012). sub TASK 1.2.3 - Di seguito verranno illustrati i risultati del triennio di attività separatamente per le colture del girasole e colza. Girasole – La tecnica di coltivazione “low input” del girasole si è differenziata nei due siti di studio: più in sintonia con i principi dell’agricoltura conservativa e mirata a una estrema semplificazione della preparazione del terreno nel caso dei campi sperimentali dell’Università di Pisa, e moderatamente semplificata nel caso dell’Azienda agricolo Martello (tabelle 2.7.2.1 e 2.7.2.2). In entrambi i siti sperimentali si era ritenuto opportuno far precedere la coltura del girasole da una cover crop leguminosa allo scopo di mantenere il terreno coperto in autunno-inverno, organicare carbonio e fornire azoto alla composita nella primavera-estate successiva alla sua devitalizzazione. La cover crop prescelta è stata la Vicia villosa nel caso del CiRAA e la Vicia sativa nel caso dell’Azienda Martello; in entrambi i casi coltivate in purezza (ad eccezione del 3° anno al CiRAA). Per l’impianto della cover, avvenuto sempre nel mese di settembre, al CiRAA è stata impiegata una lavorazione minima con erpice a dischi e successivo passaggio con erpice rotativo mentre nell’Azienda privata è stata effettuata una discissura a circa 35 cm con i successivi affinamenti del letto di semina realizzati con erpici. Per il sistema convenzionale la tecnica di riferimento è stata l’aratura nel caso dell’Azienda Martello e la discissura per il CiRAA (entrambe alla profondità di 35 cm). Per quanto riguarda la concimazione, nel sistema convenzionale sono stati 128 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA apportati NPK in ragione delle asportazione complessive attese sulla base di un obiettivo produttivo prefissato in considerazione delle esperienze maturate nell’ambiente di coltivazione; nel sistema low input si è fatto riferimento alle asportazioni operate dalla sola granella ridotte, nel caso dell’azoto, del quantitativo di azoto ipoteticamente apportato dalla veccia in precessione (65-81 kg/ha). Il controllo della veccia e delle piante infestanti è avvenuto sempre per mezzo di erbicidi e la semina del girasole in tutti i casi è avvenuta con seminatrici da sodo. I risultati produttivi ottenuti presso il CiRAA sono riportati in tabella 2.7.2.3, e evidenziano significative riduzioni delle rese granellari del girasole coltivato nel sistema low input (-39, 32 e 69% rispettivamente nel 2010, 2011 e 2012). Le scarse performance del girasole su sodo possono attribuirsi alla più frequente predazione dei semi e delle plantule da parte degli uccelli selvatici (2010 e 2011). Il pessimo risultato del 2012 è da imputarsi, invece, al diverso itinerario tecnico seguito quell’anno (particolarmente siccitoso in inverno) nei due sistemi: a differenza di una semina tempestiva (ai primi di aprile) del girasole convenzionale, nel sistema low-input la scarsa piovosità invernale ha indotto uno scarso sviluppo della veccia che ha suggerito di procrastinare la semina su sodo del girasole che (a cause delle sopraggiunte piogge primaverili) potrà essere effettuata soltanto il 30 maggio in presenza di una eccessiva biomassa della cover (che nel frattempo aveva proseguito la sua crescita). Ciò ha determinato un cattivo contatto seme terreno e quindi una scarsa germinazione in campo con ovvie ricadute sulla produttività finale della coltura. I risultati ottenuti presso l’Azienda Martello (tabella 2.7.2.4) sono stati più confortanti evidenziando un significativo calo produttivo del girasole low-input soltanto nel 2011 (-50%); nel 2010 la flessione produttiva è stata del 5% (su livelli di produzione di circa 3.1 t di granella secca per ha), mentre nel 2012 si è assistito perfino ad un incremento della resa granellare di circa il 18%. La bassa produttività del girasole low-input del 2011 trova ragione nelle difficoltà di emergenza della coltura dovute alla eccessiva produzione di biomassa della cover che ha reso difficoltoso l’interramento della stessa e, in fase di semina, l’intimo contatto tra seme e terreno. Di contro, il buon risultato produttivo del 2012 è da ascriversi sia alla mancanza di ogni interferenza negativa indotta dalla cover crop (che per scelta aziendale non è stata coltivata nel 2011-12) sia alla migliore emergenza rilevata su terreno sodo da imputarsi, in un’annata eccezionalmente siccitosa, alla migliore conservazione dell’umidità del letto di semina rispetto alle condizioni verificatesi nel sistema convenzionale nel quale l’aratura è stata eseguita a fine marzo. Colza – Rispetto al girasole, la tecnica di coltivazione “low input” e quella “convenzionale” adottate per il colza non si sono differenziate sostanzialmente nei due siti di studio (tabelle 2.7.2.5 e 2.7.2.6). Sia al CiRAA che nell’Azienda Martello, il sistema low-input si è caratterizzato per l’impiego della lavorazione minima per la preparazione del letto di semina della brassicacea, il reintegro delle asportazioni operate dalla sola granella al lordo di eventuali apporti di azoto da leguminose in precessione diretta (favino nel caso del CiRAA). I risultati produttivi relativi al triennio 2009-10, 2010-11 e 2011-12, sono riportati nelle tabelle 2.7.2.7 e 2.7.2.8. Nel caso della sperimentazione condotta al CiRAA (tabella 2.7.2.7), nei primi due anni di ricerca, il passaggio dal sistema convenzionale a quello low-input non ha determinato significative alterazioni della capacità produttiva della brassicacea (+6% nel 2010 e 0% nel 2011) mentre nel 2012, nel sistema a basso impiego di mezzi tecnici si è assistito a una riduzione della 129 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA resa granellare del 47%. L’annata in questione si è caratterizzata per la scarsissima piovosità invernale ed estiva che ha condizionato negativamente l’efficacia del diserbo di pre-emergenza e conseguentemente la flora infestante si è sviluppata in modo rapido e aggressivo facendo registrare (a raccolta) una biomassa secca superiore a quella della coltura di colza. In merito a questo effetto, si deve ricordare che l’appezzamento sul quale è stata realizzata la ricerca, è gestito dal 1993 secondo tecniche di lavorazione semplificata che hanno determinato, nel tempo, un accumulo di semi infestanti nello strato più superficiale del terreno; in queste condizioni e in assenza di sistematici interventi di riduzione della seed-bank (false semine), il mancato controllo chimico della flora infestante può determinare intollerabili fenomeni di competizione con la coltura come quello registrato nel corso del 2011-12. I risultati ottenuti dall’Azienda agricola Martello (tabella 2.7.2.8), hanno evidenziato la superiorità del sistema “high-input” rispetto al sistema “low-input” in termini produttivi. I decrementi produttivi del colza “low-input” osservati nel triennio sono stati del 21, 22 e 11% rispettivamente nel 2009-10, 2010-11 e 2011-12. Sotto questo aspetto i risultati ottenuti presso l’Azienda privata differiscono profondamente da quelli ottenuti presso il Centro di Ricerche dell’Università di Pisa non tanto perché le rese granellari del sistema low-input siano risultate più basse di quelle osservate al Centro ma semplicemente perché il livello produttivo del sistema convenzionale è stato sempre decisamente elevato per l’ambiente di riferimento (3,2 t ss/ha in media). Probabilmente la quantità di azoto appartato nel sistema low-input non ha trovato sufficiente integrazione con altro N da leguminose in precessione a differenza di quanto avvenuto al CiRAA dove per motivi di ricerca, la precessione è sempre stata rappresentata da favino. 2.7.2.3 Divulgazione dei risultati I risultati ottenuti non sono stati ancora utilizzati come base per pubblicazioni di carattere scientifico e/o divulgativo; essi sono stati però presentati pubblicamente nel corso di una giornata di studio dal titolo “Brassicacee idonee per biodiesel – Sintesi dei risultati agronomici” organizzata dalla UO Padova e tenutasi il 18 giugno 2013 a Agripolis (PD). 130 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.2.1 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del girasole nei due sistemi studiati presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa Tabella 2.7.2.2 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del girasole nei due sistemi studiati presso l’Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa) 131 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.2.3 - Girasole, aspetti produttivi - Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa Tabella 2.7.2.4 - Girasole, aspetti produttivi - Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa) 132 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.2.5 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del colza nei due sistemi studiati presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa Tabella 2.7.2.6 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del colza nei due sistemi studiati presso l’Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa) 133 DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI – UNIVERSITA’ DI PISA Tabella 2.7.2.7 - Colza, aspetti produttivi - Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa Tabella 2.7.2.8 - Colza, aspetti produttivi - Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa) 134 2.8 U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna Problematiche della messa a punto delle tecniche agronomiche in rapporto alla riduzione dei costi di produzione Responsabile scientifico: Prof. Enrico Bonari 135 2.8 U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna Titolo della ricerca: Problematiche della messa a punto delle tecniche agronomiche in rapporto alla riduzione dei costi di produzione Responsabile scientifico: Prof. Enrico Bonari 2.8.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.8.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Nell’anno 2013 le attività della U.O. Sant’Anna hanno riguardato la prosecuzione delle sperimentazione su impianti in atto da alcuni anni (SRF e ARUNDO). Per quanto riguarda la SRF di pioppo è proseguita la sperimentazione sui due cloni Monviso e AF2 oggetto di confronto in base a tre livelli irrigazione su due tipi diversi di suolo. Il dato presentato si riferisce alla seconda utilizzazione avvenuta a fine inverno 2013. Naturalmente il ciclo teorico di 10/12 anni non consente di tirare delle conclusioni, ma i risultati presentati evidenziano delle interessanti differenze in merito ai cloni sui diversi trattamenti. In particolare si evidenzia l’importanza della tipologia di suolo che conferma la preferenza di questa specie per terreni freschi e di medio impasto; la differenza osservata, nella tesi non irrigata, fa registrare una differenza di oltre 15 t ss/ha anno a favore del terreno franco rispetto all’altro. Per l’Arundo Donax, l’U.O. si è concentrata sullo studio delle epoche di taglio con l’obiettivo di valutarne: 1) le attitudini al ricaccio estivo e 2) le potenzialità nell’utilizzo come substrato per la produzione di Biogas. Negli ultimi anni, infatti, il proliferare di impianti di digestione anaerobica sul territorio nazionale, anche in aree poco vocate alla coltivazione di mais, ha spinto la ricerca allo studio di substrati alternativi al silo mais, che attualmente è il più utilizzato. Per valutare il possibile impiego della canna comune in questo settore si è ritenuto interessante anche valutare l’effetto della doppia raccolta sulle caratteristiche della biomassa, sul suo BMP (Biochemical Methane Potential), e sulle rese potenziali in biogas ottenibili da un ettaro coltivato. Dai primi risultati la doppi raccolta consente di ottenere produzioni pari a quelle derivanti da un'unica raccolta a fine ciclo e i caratteri giovanili delle piate tagliate sottoposte a tagli frequenti sembrerebbero determinare degli incrementi di resa in bimetano ad ettaro fino al +40% rispetto a quanto ottenibile da un singolo taglio. In tal senso presentiamo i risultati di due sperimentazioni. La prima è stata finalizzata alla risposta produttiva a diverse epoche e frequenze di taglio. I risultati hanno evidenziato appunto che ad una buona resa quantitativa è possibile abbinare una maggiore produzione di biomassa fermentescibile, nello specifico le foglie. La seconda sperimentazione, invece, ha posto a confronto la dinamica e la produzione in biometano dell’Arundo raccolta in diverse epoche e confrontate con il mais da insilato, attraverso una prova di 136 digestione condotta in batch. I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare che fino alla fine di agosto la biomassa fresca prodotta da Arundo donax ha un potenziale metanigeno paragonabile a quello del mais insilato, ma anche che, la cinetica della produzione del metano è comunque diversa da quella silo mais, per una la più alta resistenza alla fermentazione, soprattutto nelle fasi iniziali della digestione. Tabella 2.8.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Sub task 1.1.1 - Valutazione cloni o ibridi di specie SRF Sub task 1.1.4 – Produttività Arundo 2.8.2 Avviato/ in corso Concluso X X Relazione sull’attività svolta 2.8.2.1 Valutazione cloni o ibridi di specie SRF (sub task 1.1.1) Si riporta per completezza espositiva un sunto della descrizione della sperimentazione su SRF di pioppo già descritta lo scorso anno. Due cloni commerciali (Monviso e AF2) di pioppo sono stati sottoposti a tre differenti regimi d’irrigazione: 100% e 50% del reintegro dell’evapotraspirazione potenziale e nessun apporto irriguo. Questa impostazione è stata eseguita in due aree sperimentali caratterizzate da due differenti tipologie di suolo (franco vs sabbioso-franco). L’impianto è stato realizzato nel 2009 con una densità di 7400 piante ad ettaro (2.7 x 0.5 m). I fattori clone e trattamento irriguo sono stati replicati (24 parcelle complessivamente) in entrambi i tipi di suolo. Il turno di taglio è biennale. Sono stati effettuati rilievi mensili durante la stagione vegetativa per la stima della sopravvivenza, dell’altezza e del diametro dei fusti. Contemporaneamente è stata determinata la produzione di biomassa aerea e la sua ripartizione (foglie, rami e fusti), attraverso campionamenti distruttivi di 4 piante per combinazione di fattori. L’obiettivo della sperimentazione è la determinazione della produttività di SRF di pioppo e l’analisi di crescita della coltura in condizioni differenti di suolo ed apporto idrico, al fine di migliorare le conoscenze circa le possibilità di adattamento della coltura e di determinare parametri di crescita ai fini modellistici. 137 Figura 2.8.2.1 – Schema cronologico dei cicli di taglio per ciascuno dei due tipi di suolo 2.8.2.2 Valutazione su sperimentazione della canna comune in campo (sub task 1.1.4) La sperimentazione della canna comune in campo è stata eseguita presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali Enrico Avanzi (CIRAA) a San Piero a Grado, Pisa. La coltura è stata impiantata utilizzando rizomi nel 2006. Lo schema sperimentale che è stato realizzato è stato quello completamente randomizzato (Completely Randomized Design, CRD) disponendo una parcella suddivisa in unità sperimentali (3 x 2 m). I prelievi per caratterizzare le rese in biomassa sono stati eseguiti in tre epoche diverse durante la stagione vegetativa e una doppia raccolta per le prime due epoche (n = 3): - I taglio (A1): raccolta eseguita il 26/06/2013; - II taglio (A2): raccolta eseguita il 15/07/2013; - III taglio (A3): raccolta eseguita il 25/10/2013; - IV taglio (A4): gennaio 2014 - I ricrescita (RA1): raccolta eseguita il 25/10/2013; - II ricrescita (RA2): raccolta eseguita il 25/10/2013. Ciascun prelievo, uno per parcella, che rappresentava la replica sperimentale, ha interessato un’area di 0,5 m2, scegliendo piante che avessero svolto la loro crescita nel naturale ombreggiamento colturale, evitando le file esterne della parcella o la vicinanza a vuoti lasciati da prelievi precedenti. Su ciascun campione è stato misurato il peso totale della sostanza secca ed effettuata la ripartizione foglie-steli in sottocampioni, nello specifico 10 culmi. La biomassa fresca è stata trinciata e una quota (500 g) è stata conservata tal quale a -20°C per le successive analisi e per la digestione anaerobica; una quota (circa 10 kg) è stata insilata in tre repliche. L’effetto dell’epoca di taglio sulle rese quantitative della canna comune e sulla percentuale di foglie è stato analizzato con un’Analysis of Variance (ANOVA) ad una via, utilizzando il software R (versione 3.0.1). Le differenze tra le medie sono state determinate mediante il test Least Significant Difference (LSD). 138 2.8.2.3 Valutazione del potenziale metanigeno di canna comune (sub task 1.1.4) Su una coltivazione in pieno campo di canna comune è stata effettuata la valutazione agronomica di diverse epoche di raccolta definite “precoci”, a partire dal mese di giugno fino al mese di settembre, I tagli precoci danno alla coltura la possibilità di ricrescere, e quindi virtualmente consentono di poter ottenere un secondo raccolto.. Le suddette epoche di “primo taglio” prevedono taglio in epoca variabile da giugno (A1) a settembre (A5) ad intervalli di 20 giorni. Ad ogni campionamento è stato effettuato il taglio su 1 mq di superficie per ogni replica. Su ogni campione vengono effettuati rilievi produttivi e prte della biomassa fresca, non separata in foglie e steli, viene invece impiegata per la preparazione di trinciato fresco (conservato a -20°C). Il potenziale metanigeno o BMP (Biochemical Methane Potential) viene determinato correntemente in reattori continui o batch. La metodologia adottata prevede l’utilizzo di reattori batch del volume di 2 L, per una durata della digestione di 45 giorni. I digestori ad inizio prova sono caricati con tre componenti base: - Inoculo; Biomassa (o altro substrato da testare); Soluzione di sali minerali (tampone pH, macronutrienti, micronutrienti). L’inoculo proviene da digestato prelevato da un digestore anaerobico commerciale in funzionamento, alimentato con materiali affini alle biomasse da testare (energy crops, sottoprodotti agricoli). L’inoculo viene filtrato e pre-digerito in condizioni mesofile (37-39 °C), riducendo l’esposizione all’aria, per 3-4 giorni. La biomassa viene quantificata secondo uno stretto rapporto ponderale rispetto al suo contenuto di solidi volatili (volatile solids, sostanza organica) e a quello dell’inoculo. Su una aliquota di inoculo in predigestione viene determinato il contenuto di sostanza secca e di ceneri e la seguente relazione tra VS dell’inoculo e della biomassa dovrà essere rispettata: 𝑉𝑆𝑖𝑛𝑜𝑐 = 2𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚 Vale a dire che la sostanza organica dell’inoculo deve essere il doppio di quella del substrato. Il rapporto tra solidi volatili dell’inoculo e quello del substrato è stato oggetto di svariati studi, in quanto è un fattore determinante per la ripetibilità e l’attendibilità dei risultati ottenuti. Gli studi più recenti tendono a privilegiare il contenuto di VS dell’inoculo, contando quindi su una relativa abbondanza della sostanza organica “digerente” rispetto a quella da digerire. Il rapporto definito di 2:1 si può definire come quello “canonico” e più comunemente adottato ed accettato in questo ambito scientifico. Si preferisce non alimentare la reazione con una quantità di inoculo fissa (es. 200g per giara), dato che inoculi con contenuto diverso di TS (total solids, sostanza secca) e di VS 139 darebbero luogo ad ingestati con diverse concentrazioni di TS e di VS, visto che il volume di diluizione è sempre lo stesso (=1 L). I digestati hanno ogni volta %TS e %VS diverse, per cui ogni volta è necessario determinare questi parametri, ridefinire il contenuto di inoculo e, di conseguenza, ricalcolare la quantità di biomassa da inserire, anche se la biomassa fosse la stessa. Per definire la quantità di inoculo da immettere nelle giare, il parametro da seguire è quello della concentrazione totale di VS all’interno della giara, espresso in gVStot/L. Dato che il contenuto della giara è pari ad 1 L, la concentrazione è data semplicemente dalla somma di VSinoc e VSbiom, e quindi da 1,5VSinoc. La concentrazione totale di VS viene sempre mantenuta tra 20 e 25 gVStot/L. La quantità di biomassa tal quale da aggiungere sarà determinata secondo la seguente relazione: 𝑄𝑏𝑖𝑜𝑚 𝑉𝑆𝑖𝑛𝑜𝑐⁄ 𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚 2 = = %𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚 %𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚 Una volta aggiunto l’inoculo e la biomassa, nel reattore deve essere immessa una soluzione di minerali, che ha varie funzioni. La soluzione è costituita da 4 soluzioni madre (A1, A2, B e C), diluite opportunamente con acqua demineralizzata e preparate in volumi standard: - A1, tampone fosfato + cloruro di ammonio; - A2, cloruri di calcio e magnesio; - B, microelementi; - C, solfuro di sodio. La procedura corretta di inserimento delle diverse soluzioni prevede di procedere nell’ordine A1A2-B-C, facendo seguire all’aggiunta di ogni soluzione una parziale diluizione con acqua demi, secondo la sequenza: A1→acqua→A2→acqua→B→acqua→C→acqua fino a volume di 5 L Effettuato il caricamento dei reattori con i tre componenti base, questi sono pronti per la chiusura, l’inserimento nella camera coibentata e termostatata del digestore, e per il flussaggio con N2, in seguito al quale può avere inizio la registrazione dei dati di pressione istantanea. Con frequenza settimanale o inferiore, i gas vengono campionati ed analizzati con un microgascromatografo per la determinazione della composizione del biogas. Lo strumento è opportunamente calibrato impiegando una miscela al 50% da metano e al 50% da anidride carbonica. La pressione viene registrata in continuo durante la prova, per cui anche sottraendo gas durante le operazioni di campionamento, nessuna informazione sulla quantità di gas prodotto viene persa. Le registrazioni consentono di costruire la cumulata del biogas prodotto da inizio a fine prova. 140 2.8.3 Risultati conseguiti 2.8.3.1 Valutazione cloni o ibridi di specie SRF (sub task 1.1.1) PRODUZIONE: in assenza di irrigazione (figura 2.8.3.1), per entrambi i cloni (AF2 e Monviso), si osserva una minore produzione di biomassa anche se con valori significativamente diversi fra loro. Invece per quanto riguarda i livelli 50 e 100 ETP non si osservano differenze significative fra i cloni. In particolare risulta interessante la relazione irrigazione-suolo, con una diversa risposta dei pioppi ai differenti livelli irrigui sui due tipi di suolo. Solo nel caso del suolo sabbioso- franco si osserva una differenza non significativa fra il livello 50 e 100 ETP. Figura 2.8.3.1 – Resa annua, al secondo ciclo di tagli (marzo 2013). Fr = suolo franco, SF = Suolo sabbioso-franco. Le lettere diverse, sopra la colonna, rappresentano differenze significative fra le medie MONITORAGGIO DELLA CRESCITA: il rilievo, a cadenza mensile, della biomassa dei pioppi nelle sue componenti (foglie, fusti, rami) ha permesso di descriverne l'andamento nel tempo. Come esempio vengono qui riportati (figura 2.8.3.2) i dati relativi ai cloni impiantati su terreno sabbiosofranco. I valori del "legno" (fusto e rami insieme) confermano, quanto già osservato in precedenza, che in assenza di irrigazione la biomassa legnosa per pianta risulta nettamente inferiore rispetto agli altri livelli irrigui. Tale differenza è particolarmente evidente al secondo anno dal ricaccio (2012). E' proprio nel secondo anno che la pianta produce la maggior parte della biomassa anche se nell'estate 2012 è particolarmente evidente un arresto della crescita. L'effetto dell'irrigazione si osserva anche per quanto riguarda la produzione di biomassa fogliare, in particolare per Monviso. Lo studio dell'andamento nel tempo della biomassa fogliare ci ha permesso di valutare il massimo di produzione ed ottenere un valore indicativo di quante foglie rimangono al suolo, in termini di macronutrienti (figura 2.8.3.3). 141 Figura 2.8.3.2 – Andamento della biomassa legnosa (somma di fusto e rami) e di quella fogliare durante il secondo ciclo produttivo. La barra verticale rappresenta la deviazione standard dalla media EFFICIENZA ED USO DEI MACRONUTRIENTI: l'analisi dei macronutrienti presenti nella biomassa epigea si è concentrata su: azoto, fosforo e potassio. Di seguito riportiamo alcune riflessioni riguardanti la presenza di azoto nei cloni Monviso e AF2 cresciuti su terreno sabbioso-franco, ma ulteriori approfondimenti sono in fase di elaborazione anche per gli altri macronutrienti. In figura 2.8.3.3 si può osservare come la concentrazione di azoto nelle foglie e nel fusto sia molto simile per i due cloni (come media dei tre livelli irrigui) mentre a livello di asportazioni il clone Monviso presenta valori molto più alti rispetto ad AF2. La quantità di azoto che ritorna al suolo tramite le foglie (ottenuta sommando le produzioni massime di biomassa fogliare del 2011 e del 2012) non sembra così diversa nei due cloni. 142 Figura 2.8.3.3 – Pioppo irriguo su suolo sabbioso-franco: andamento delle concentrazioni di N nelle foglie e nel legno (fusto e rami), immagine a sinistra. Quantità di azoto rilasciato al suolo con la caduta delle foglie e asportato con la raccolta, immagine a destra 2.8.3.2 Valutazione su sperimentazione della canna comune in campo (sub task 1.1.4) Dall’analisi statistica è stato riscontrato un effetto significativo dell’epoca di taglio sulla produzione di sostanza secca della canna comune (P < 0.001). I valori delle rese in sostanza secca variavano da un minimo di 10.8 tSS ha-1 ± 1.9 in RA2 ad un massimo di 24.6 tSS ha-1 ± 2.3 in A3. La prima epoca di taglio (A1) è stata realizzata 86 giorni dopo la ripresa vegetativa (avvenuta approssimativamente in data 01/04/2013) e ha avuto una resa pari a 15.2 tSS ha-1 ± 3.6. La resa di A1 è stata simile a quella di A2 (15.4 tSS ha-1 ± 0.7) e alla ricrescita RA1 (11.7 tSS ha-1 ± 1.9). RA1 era simile a RA2, mentre il taglio di ottobre (A3) era significativamente superiore a tutte le altre rese. L’effetto della frequenza dei tagli sulla produzione complessiva per unità di superficie è stato valutato unendo le rese del primo e del secondo taglio (DR = Doppio Raccolto; SR = Singolo raccolto) (Figura 2.8.3.4). In questo caso non è stato osservato un effetto significativo del trattamento, per cui le tre rese (DR1 = A1 + RA1, DR2 = A2 + RA2, SR = A3) erano statisticamente simili tra loro (in media 25.9 tSS ha-1 ± 1.2). 143 Figura 2.8.3.4 – Rese della canna comune (Arundo donax L.), unendo primo e secondo raccolto (DR1 = A1 + RA1, DR2 = A2 + RA2, SR = A3), sottoposta a diverse epoche di taglio (A1: 26/06/2013; A2: 15/07/2013; A3: 25/10/2013; RA1: 25/10/2013; RA2: 25/10/2013) L’effetto dell’epoca di taglio sulla percentuale di foglie è stato statisticamente significativo (P < 0.01). A1 e RA1 (34.4 %SS ± 0.02 e 29.9 %SS ± 0.05, rispettivamente) hanno avuto una maggiore biomassa fogliare rispetto alle altre epoche di raccolta. A1 era simile a A2 e RA2 (30.2 %SS ± 0.02 e 35.1 %SS ± 0.02), mentre A3 (21.6 %SS ± 0.02) aveva una fogliosità statisticamente inferiore a tutte le altre epoche di raccolta. Dai risultati sulla produttività della canna comune, si evince che effettuare un doppio taglio conduce ad una resa quantitativa simile a quella del singolo raccolto ad ottobre. Inoltre, con un doppio raccolto, la percentuale di foglie che si ottiene è maggiore del singolo raccolto. Quindi, allo scopo di utilizzare la coltura per la produzione di biogas, l’ipotesi del doppio raccolto sembra vantaggiosa, in quanto si ha una buona resa quantitativa e una maggiore produzione di biomassa fermetescibile, nello specifico le foglie. 2.8.3.3 Valutazione del potenziale metanigeno di canna comune (sub task 1.1.4) Prima di valutare il potenziale metanigeno è interessante osservare come, seppur con andamento non sempre lineare, sia il contenuto di zuccheri solubili che quello di amido tendono a crescere nel primo taglio in relazione all’aumento dei GDD, indicando una dinamica di accumulo nel corso della stagione. Da giugno a luglio ha luogo una decrescita della concentrazione di zucchero e amido, mentre nel periodo successivo si ha una crescita. Mentre il contenuto di zuccheri totali sembra da quel momento essere sostanzialmente stabile, il contenuto di amido mostra una netta crescita fino al valore massimo di settembre. La decrescita di inizio estate potrebbe essere interpretata come una diluizione del contenuto di amido della pianta giovanile, le cui riserve provengono principalmente dal rizoma, determinata dalla distensione cellulare. La crescita successiva può essere invece ascritta all’accumulo di fotosintetati nel corso della stessa stagione. La maggiore o minore ricchezza di zuccheri rapidamente fermentescibili riflette, dal primo al terzo taglio, il minore o maggiore potenziale metanigeno della biomassa; le due epoche di taglio 144 successive presentano potenziali metanigeni inferiori, a dispetto di una disponibilità di zuccheri solubili e amido maggiore (Figura 2.8.3.5). Il BMP della biomassa prelevata a giugno, luglio ed inizio agosto è comparabile a quello dell’insilato di mais; il BMP di canna raccolta ad inizio agosto è risultato essere il più alto. Il contenuto medio di metano nel biogas prodotto dalla canna comune decresce in funzione dell’età della pianta da giugno (0.68 ml ml-1) a settembre (0.56 ml ml-1), il contenuto di metano nel biogas prodotto da silomais (usato come Testimone) è risultato di poco superiore a 0.58 ml ml-1. Il T50 ha evidenziato la più rapida degradabilità di mais durante la fase iniziale della digestione e la più lenta digestione di A5 rispetto agli altri substrati (p<0,001), mentre T95 è risultato simile per tutti i substrati confrontati, ad eccezione di A5 che ha mostrato un T95 significativamente maggiore. Rmax è risultato significativamente più alto in mais rispetto alla canna comune (p<0,05) (Figura 2.8.3.6). 30040 20 200 30 10 100 A1 A2 A3 A4 A5 M 00 -1 mlml gVS gVS -1 d -1 400 50 60 Figura 2.8.3.5 – BMP (mL·gVS-1), T50 e T95 per i primi tagli (A1-A5) di canna comune confrontati con silomais (M) *** *** 0 5 * 10 15 20 25 30 *** 35 40 Days 145 0 10 20 30 -1 ml gVS d -1 40 50 60 Figura 2.8.3.6 - Rmax per i primi tagli (A1-A5) di canna comune confrontati con silomais (M) *** 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Days I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare che fino alla fine di agosto la biomassa fresca prodotta da Arundo donax ha un potenziale metanigeno paragonabile a quello del mais insilato, ma anche che, nonostante ciò, la cinetica della produzione del metano evidenzia una certa resistenza da parte del substrato alla degradazione. Tale recalcitranza potrebbe accentuarsi in condizioni operative reali, basate sull’utilizzo di una pezzatura ben più grossolana di quella testata. Considerando le rese in biomassa ottenute alla raccolta ed il loro contenuto in solidi volatili, i potenziali metanigeni determinati consentono di stimare una produzione potenziale di biogas ad ettaro pari a circa 6,000 Nm3 per i tagli avvenuti nei mesi di giugno e luglio, 7,500 Nm3 per le raccolte avvenute nel mese di agosto, 8,000 Nm3 per la raccolta di Settembre, livelli del tutto concorrenziali nei confronti di colture dedicate già affermate per questa tipologia di utilizzo. 2.8.4 Divulgazione dei risultati Pubblicazioni su riviste internazionali. 1) Ragaglini, G., Dragoni, F., Simone, M., Bonari, E., Nervo, G., 2014. Suitability of giant reed (Arundo donax L.) for anaerobic digestion: Effect of harvest time and frequency on the biomethane yield potential. Bioresource Technology 152 pp.107-115 2) Nassi o Di Nasso, N., Roncucci, N., Bonari, E., 2013 Seasonal Dynamics of Aboveground and Belowground Biomass and Nutrient Accumulation and Remobilization in Giant Reed (Arundo donax L.): A Three-Year Study on Marginal Land. BioEnergy Research 6, pp.725736 DOI 10.1007/s12155-012-9289-9 146 2.9 U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo Formulazione ed ottimizzazione d’uso delle ceneri in agricoltura Responsabile scientifico: Dr. Elvira Rea 147 2.9 U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo Titolo della ricerca: Formulazione ed ottimizzazione d’uso delle ceneri in agricoltura Responsabile scientifico: Dr. Elvira Rea 2.9.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.9.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Obiettivo del progetto Biosea è l’ottimizzazione di filiere bioenergetiche esistenti mediante individuazione e risoluzione, almeno parziale, dei principali punti critici sia dal punto di vista agronomico che economico e ambientale. Il CRA-RPS di Roma si inquadra in una delle tre filiere bioenergetiche ed in particolare quella Biotermoelettrica (identificato con WP3) il cui obiettivo è determinare la qualità tecnologica delle ceneri derivanti da combustione di biomassa per una rivalutazione agronomica di questo “rifiuto”, massimizzando i benefici alla fertilità del suolo ma minimizzando effetti negativi ambientali. Tale esigenza nasce dai problemi relativi alla gestione delle ceneri che negli ultimi anni hanno avuto un notevole incremento dati gli incentivi ad utilizzare combustibili di natura vegetale, sia nei bruciatori industriali che domestici. Dal punto di vista legislativo, pur essendo state previste nel DM 5/2/98 una serie di strutture ricettive (impianti di compostaggio, cementifici e aziende di produzione fertilizzanti) atte ad accogliere tale materiale, non sempre l’offerta corrisponde ad adeguata ricezione aziendale comportando non pochi problemi. Il gruppo della Dr.ssa Rea, a seguito di analisi chimiche-fisiche delle ceneri, ha effettato sperimentazioni agronomiche con ammendanti formulati a partire da tali matrici e trattate con matrici organiche per l’abbattimento dei livelli di alcalinità e salinità. Gli ammendanti così ottenuti sono stati caratterizzati in termini di contenuto di elementi nutritivi e di metalli pesanti, valutando i risultati ottenuti attraverso il loro impiego a livello di coltura e di terreno. Dai risultati ottenuti si evince adeguato abbattimento dei livelli di alcalinità e assenza di fitotossicità per gli ammendanti testati. 148 Tabella 2.9.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato WP1 Task 1.1/Sub-task 1.1.6 Ottimizzazione dell’uso delle ceneri in agricoltura Avviato/ in corso Concluso X 2.9.1.2 Relazione sull’attività svolta Nel 2013, sulla base dei risultati ottenuti nel biennio precedente, è stata allestita sia una prova in vaso che una prova in pieno campo al fine di valutare dal punto di vista agronomico lo spandimento delle miscele in esame. PROVA IN VASO Per la prova in vaso sono state considerate le dosi di compost e biodigesto non fitotossiche sulla base delle prove precedentemente effettuate. Le miscele sono state testate su una coltura a ciclo breve come la lattuga (Lactuca sativa). Le ceneri sono state miscelate con matrici organiche: compost e biodigesto a diverse percentuali di sostituzione. La prova ha previsto una prima fase di miscelazione delle matrici organiche con le ceneri a diverse percentuali di sostituzione. Le miscele utilizzate sono: - Compost 80% + Ceneri 20% Compost 90% + Ceneri 10% Biodigesto 80% + Ceneri 20% Biodigesto 90% + Ceneri 10% Tali miscele sono state utilizzate per essere aggiunte al substrato composta da torba neutra con aggiunta di inerte (perlite) rapporto 70:30 v/v. Il compost, sia alla percentuale dell’80% che del 90%, è stato aggiunto alla dose di 75g/L per ogni vaso. Il biodigesto, sia alla percentuale dell’80% che del 90%, è stato aggiunto alla dose di 1,5g/L pari a 80kg/ha per ogni vaso. Al fine di valutare gli apporti nutritivi delle miscele considerate ci è sembrato opportuno introdurre, fra i trattamenti, anche l’urea come fertilizzante azotato alla dose di 0.076g/L. Schema sperimentale della prova (in tre repliche): - Controllo non fertilizzato Biodigesto 100%, dose 1,5g/L 149 - Biodigesto 80% + Ceneri 20% Biodigesto 90% + Ceneri 10% Compost 100%, dose 75g/L Compost 80% + Ceneri 20% Compost 90% + Ceneri 10% Urea (concimazione minerale) La prova è stata allestita in vasi da 1L per un totale di 24 vasi ed è durata circa 40 giorni. Al termine della prova sono stati determinati peso fresco, peso secco e Lai per ogni pianta sul materiale fresco mentre, dopo essiccazione sullo stesso materiale, è stato determinato l’azoto totale con il metodo Kjeldahl. Sugli stessi campioni sono stati determinati anche i macro-micro elementi e i metalli pesanti mediante spettrometro ICP. Su 50g di materiale vegetale fresco sono stati determinati i contenuti di nitrati mediante metodo colorimetrico Merckquant utilizzando lo strumento Nitracheck. La metodica prevedeva una iniziale macinazione del campione in acqua, filtrazione della soluzione ottenuta e immersione di una cartina nella soluzione stessa seguita dalla lettura allo strumento. PROVA IN CAMPO Parallelamente è stata allestita anche la prova in campo, presso l’azienda sperimentale di Tor Mancina (Monterondo-RM). Prima di allestire la prova è stato determinato il contenuto di azoto del suolo, secondo il metodo Kjeldahl. Il valore ottenuto è di 1,48g/Kg Per la prova le miscele utilizzate e poste nel suolo sono state: - Compost 80% + Ceneri 20% Compost 90% + Ceneri 10% Biodigesto 80% + Ceneri 20% Biodigesto 90% + Ceneri 10% Considerando, sia la dotazione iniziale del suolo che le percentuali di umidità e azoto delle matrici, si è deciso di fornire per ogni trattamento 80kg/ha di azoto. Umidità Biodigesto 82% Umidità Compost 46% %N biodigesto 1,9% secco (0,39% tal quale) %N compost 0,26% secco Anche in questo caso ci è sembrato opportuno inserire fra i trattamenti l’urea alla dose di 16g/m2 corrispondente a 1g/pianta. Il compost è stato fornito alla dose di 192g a pianta mentre il biodigesto alla dose di 23,6g per pianta. 150 La prova è stata allestita con sesto d’impianto 1m x 1m, 6 piante a parcella, 3 repliche secondo lo schema sperimentale: Controllo non fertilizzato - Biodigesto 100% - Biodigesto 80% + Ceneri 20% - Biodigesto 90% + Ceneri 10% - Compost 100% - Compost 80% + Ceneri 20% - Compost 90% + Ceneri 10% - Urea (concimazione minerale) Come per la prova in vaso, al termine del ciclo colturale sono stati determinati, su tre piante a parcella, i dati biometrici relativi a peso fresco, peso secco e LAI. Sullo stesso materiale vegetale, dopo essiccazione, è stato determinato l’azoto totale con il metodo Kjeldahl. Sugli stessi campioni sono stati determinati anche i macro-micro elementi e i metalli pesanti mediante spettrometro ICP. Su 50g di materiale vegetale fresco sono stati determinati i contenuti di nitrati mediante metodo colorimetrico Merckquant utilizzando lo strumento Nitracheck. La metodica prevedeva una iniziale macinazione del campione in acqua, filtrazione della soluzione ottenuta e immersione di una cartina nella soluzione stessa seguita dalla lettura allo strumento. Su un campione di suolo per parcella è stata nuovamente ripetuta la determinazione dell’azoto totale secondo il metodo Kjeldahl per valutare eventuali apporti di azoto. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Le attività di pertinenza dell’U.O. CRA-RPS sono in linea con quanto previsto nel progetto. Prossimi step Considerando le differenze emerse tra la prova in vaso e quella di campo le prove successive avranno lo scopo di indagare le possibili cause di tali discordanze. Sono pertanto previsti approfondimenti relativi alla determinazione dei contenuti di elementi rilasciati dalle misceli, dinamiche di rilascio, interpretazione dei risultati ed elaborazioni statistiche degli stessi. 2.9.1.3 Risultati conseguiti I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che: - Le ceneri possono essere efficacemente miscelate con compost o biodigesto per l’abbattimento del pH, senza incorrere in fenomeni di fitotossicità, purchè la loro % in miscela non superi il 20%; 151 - La miscelazione ceneri 20% + compost 80% sembra dare i risultati migliori dal punto di vista produttivo sulla lattuga; anche per il biodigesto la miscela 20% ceneri + 80% biodigesto sembra la più promettente, malgrado una performance agronomica inferiore al compost, ma comunque superiore a quella dell’urea. - Poiché il contenuto in alcuni elementi (i.e. Fe, Cu, Pb, Al) e in nitrati nella lattuga prodotta nella prova di campo dopo trattamento 10%-90% ceneri/compost risultano incrementati rispetto agli altri trattamenti, occorrerà effettuare una serie di approfondimenti per interpretare tali risultati, anche alla luce di quanto emerso dalla relativa prova in vaso. Il Responsabile dell'Unità Operativa (Dott.ssa Elvira Rea) 152 2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA Sostenibilità economica ed ambientale della produzione dei biocarburanti: analisi delle principali determinanti e degli strumenti per la rimozione dei principali vincoli Responsabile scientifico: Dr.ssa Annalisa Zezza 153 2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA Titolo della ricerca: Sostenibilità economica ed ambientale della produzione dei biocarburanti: analisi delle principali determinanti e degli strumenti per la rimozione dei principali vincoli Responsabile scientifico: Dr.ssa Annalisa Zezza 2.10.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.10.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Tabella 2.10.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Concluso X Analisi dei costi di produzione dei biocombustibili Stima di un modello di programmazione quadratica positiva X Analisi di sensitività X Analisi dello stato di applicazione della direttiva RED 2.10.1.2 X Relazione sull’attività svolta 2.10.1.2.1 Analisi dei costi di produzione della biomassa per la produzione di bioetanolo I costi di produzione dei biocarburanti sono determinati dal costo della materia prima, dalla resa in etanolo e dal costo della trasformazione, cui vanno sottratti i ricavi provenienti dalla vendita dei sottoprodotti. La materia prima costituisce la principale voce di costo e presenta un’elevata variabilità legata alla competizione nell’allocazione della terra con altre colture destinate sia a uso energetico che ad altri usi. Oltre alla variabilità del costo della materia prima, altre voci che incidono nel determinare le differenze tra paesi sono il costo dell’energia, il prezzo ricevuto per i sottoprodotti e i costi di trasformazione. Sono stati rilevati attraverso la rete contabile RICA i costi di produzione, suddivisi per singole voci e i ricavi, per regione, delle colture utilizzate per la produzione dell’etanolo quali frumento, barbabietola e mais. 154 2.10.1.2.2 Stima di un modello di programmazione quadratica positiva Il lavoro svolto nell’ambito del progetto ha permesso di analizzare gli effetti dello sviluppo della produzione di sorgo da biomassa sull’allocazione della superficie agricola e sulla domanda d’acqua per uso irriguo. La valutazione è stata svolta attraverso l’applicazione di un modello di programmazione matematica positiva (PMP) (Paris e Howitt, 1998) integrato da un modulo di valutazione degli impatti sulle risorse idriche sviluppato con l’ausilio del modello AquaCrop (Raes et al., 2009; Steduto et al., 2009). L’ambito di applicazione del modello integrato riguarda l’area di pianura della provincia di Parma. Il modello è articolato in tre parti o moduli (figura 2.10.1.1). Il primo modulo si prefigge l’obiettivo di incorporare l’informazione tecnico-economica necessaria al funzionamento del modello in un unico database. Le informazioni sulla superficie agricola è di fonte AGEA Emilia-Romagna (AGREA) mentre l’informazione complementare sulle rese produttive e sui parametri economici (prezzi e costi) è di fonte RICA. A questa informazione di base è stata aggiunta quella sulla risposta delle rese produttive al cambiamento del livello di acqua impiegata per l’irrigazione ricavata dal modello AquaCrop. AquaCrop è un modello sviluppato dalla FAO (www.fao.org/nr/water/aquacrop.html) per prevedere le risposte produttive delle colture ad un diverso impiego dell’acqua per uso irriguo. Le simulazioni operate con AquaCrop hanno permesso di stimare le funzioni di risposta delle rese in funzione dei diversi livelli di irrigazione applicati. Figura 2.10.1.1 – Schema del modello di valutazione integrata Input RICA Simulazioni AquaCrop Dati AGREA Modello PMP Vincoli Modello PMP Vincoli agronomici Vincoli di superficie Vincoli sull’acqua Vincoli PAC Scenari PAC e prezzi di mercato Output Allocazione della superficie Colture agroenergetiche Dinamica reddito aziendale Allocazione dell’acqua Il secondo modulo del modello integrato è costituito da un modello di PMP, attraverso cui è stato possibile stimare le variabili determinanti del comportamento del produttore agricolo e tener conto dei vincoli sulle risorse produttive e sui meccanismi di politica agricola (PAC). A differenza dei modelli di PMP solitamente utilizzati per valutare il comportamento dell’agricoltore, questo modello assume che nel processo decisionale degli agricoltori sia presente un numero di colture 155 maggiore di quello effettivamente osservato nei piani produttivi. Perché un agricoltore decide di produrre frumento tenero e non pomodoro da industria? Il pomodoro rappresenta per l’analista un processo latente, cioè un processo che potenzialmente potrebbe essere attivato tenendo conto delle convenienze economiche (Arfini e Donati, 2013; Blanco et al., 2008; Röhm e Dabbert, 2003). Nella valutazione degli effetti delle colture agroenergetiche, il sorgo da biomassa è stato considerato come una coltura latente. Il terzo modulo, infine, gestisce i risultati ottenuti dalle simulazioni svolte. Tutte le informazioni rilevanti (calibrazione, allocazione della superficie, consumo d’acqua, risultati economici) sono organizzate attraverso l’impiego di apposite routine sviluppate attraverso il linguaggio di programmazione matematica GAMS (Brooke et al., 2011). 2.10.1.2.3 Analisi di sensitività Le simulazioni svolte hanno cercato di individuare le relazioni esistenti tra il prezzo del sorgo da biomassa e la risposta produttiva e tra la quantità prodotta di sorgo e il relativo impiego di acqua per uso irriguo. I risultati ottenuti consentono così di ottenere la curva di offerta del sorgo da biomassa per l’area territoriale analizzata e il relativo impiego d’acqua tenendo conto del cambiamento dell’ordinamento produttivo. Gli scenari prevedono un progressivo aumento del prezzo del sorgo da biomassa di 1 €/t, a partire da un livello nullo. La figura 2.10.1.2 mostra l’area totale interessata dalla coltivazione del sorgo in corrispondenza dei diversi livelli di prezzo. Secondo quanto previsto dal modello, il prezzo soglia, ovvero il prezzo a partire dal quale il sorgo compare all’interno dei piani produttivi, è pari a 58 €/t. La curva di offerta così ricostruita permette di avere indicazioni sul livello di prezzo che l’utilizzatore agroenergetico (ad es. produttore di bioetanolo di seconda generazione) dovrebbe pagare per garantirsi una quantità sufficiente di materia prima. In base ai risultati ottenuti, l’aumento dell’incidenza del sorgo comporta una riduzione significativa della superficie destinata a foraggere e frumento. 156 Figura 2.10.1.2 – Curva di offerta del sorgo da biomassa (provincia di Parma) 200 180 160 140 (€/t) 120 100 80 60 40 20 0 0 5,000 10,000 15,000 20,000 25,000 30,000 35,000 40,000 45,000 50,000 (Ha) La relazione stimata tra resa e uso dell’acqua per scopi irrigui è stata utilizzata per valutare l’impatto dell’introduzione del sorgo da biomassa sulla domanda d’acqua. Il processo di sostituzione tra il sorgo e, in particolare, il frumento produce un effetto negativo sui consumi d’acqua. La sostituzione infatti di un processo non irriguo come il frumento con uno irriguo come il sorgo genera un aumento dell’acqua complessivamente utilizzata per l’irrigazione. Un prezzo del sorgo pari a 70 €/t, ad esempio, si tradurrebbe in un calo del 30% della superficie destinata inizialmente a frumento e un aumento dell’acqua per l’irrigazione del 2,5% corrispondente ad una crescita di 1,5 milioni di m3 a livello provinciale (figura 2.10.1.3). Figura 2.10.1.3 – Quantità d’acqua ad uso irriguo 70,000 60,000 SORGO Foraggere 40,000 Soia 30,000 Mais foraggio Pomodoro 20,000 Mais 10,000 Barbabietola 0 57 62 67 72 77 82 87 92 97 102 107 112 117 122 127 132 137 142 147 152 157 162 167 172 177 182 187 192 197 .000 m 3 50,000 Scenari di prezzo - €/t. 157 2.10.1.3 Risultati conseguiti I risultati delle simulazioni permettono di valutare il potenziale produttivo del sorgo da biomassa nell’area investigata in corrispondenza di diversi livelli di prezzo. Queste informazioni potrebbero servire ai possibili utilizzatori della biomassa per individuare i bacini di approvvigionamento della materia prima e, quindi, il luogo più adatto di insediamento degli impianti di trasformazione. Le soglie di prezzo possono essere pertanto adottate come indicatori dei limiti della sostenibilità economica di una filiera agroenergetica basata sul sorgo. L’introduzione del nuovo processo agroenergetica ha un impatto sui piani produttivi degli agricoltori dell’area considerata, soprattutto in relazione alla superficie destinata a frumento e foraggere. La sostituzione di una coltura non irrigua, come il frumento, ha come conseguenza un aumento del fabbisogno d’acqua per l’irrigazione. Sulla base di questa informazione, il modello integrato di PMP può costituire un utile strumento per prevedere gli effetti di una politica di incentivazione delle colture energetiche sulle risorse idriche e permettere, così, una migliore gestione delle acque sul territorio. Il modello tuttavia presenta alcuni limiti. Innanzitutto, le funzioni di risposta delle rese in relazione ai diversi livelli di irrigazione sono state stimate solo per le colture presenti nel database di AquaCrop. Alcune delle colture considerate nell’analisi, come l’erba medica, sono assenti nel modello della FAO, per cui è stato necessario utilizzare per queste dei coefficienti tecnici fissi forniti da esperti e dalla letteratura. Il modello di PMP non prevede inoltre alcun vincolo specifico sulla quantità massima di acqua per uso irriguo. Questa mancanza impedisce la valutazione di scenari di riduzione della disponibilità d’acqua e l’individuazione di un valore (duale) della scarsità della risorsa idrica. Tali vincoli permetterebbero anche di valutare gli effetti degli strumenti economici di governo delle acque per uso irriguo, come i sistemi tariffari e il meccanismo di scambio dei diritti ad irrigare. 2.10.1.4 Divulgazione dei risultati 1) Comunicazione a convegno: M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013) An integrated PMP model to assess the development of agroenergy crops and the effect on water requirements, Paper prepared for presentation at the 2nd AIEAA Conference “Between Crisis and Development: which Role for the Bio-Economy” 6-7 June, 2013 Parma, Italy 2) Pubblicazione : M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013), An integrated PMP model to assess the development of agro-energy crops and the effect on water requirements , Bio-based and applied economics (in corso di pubblicazione) 3) Pubblicazione: M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013), Un modello integrato di PMP per valutare lo sviluppo delle colture agroenergetiche e gli effetti sui fabbisogni idrici, Agriregionieuropa (in corso di pubblicazione) 158 2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria Titolo della ricerca: Rilievi fenologici su sorgo zuccherino e studio degli aspetti che influenzano la meccanizzazione della raccolta Responsabile scientifico: Dr. Luigi Pari – Alberto Assirelli 159 2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria Titolo della ricerca: Rilievi fenologici su sorgo zuccherino e studio degli aspetti che influenzano la meccanizzazione della raccolta Responsabile scientifico: Dr. Luigi Pari – Alberto Assirelli 2.11.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.11.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 L'elevato contenuto in zuccheri e la capacità di accrescersi su terreni poco fertili hanno reso il sorgo zuccherino (Sorghum vulgare var. Saccharatum) una coltura interessante per agricoltori, ricercatori e imprenditori del settore (Almorales et al 2010), in quanto, a livello industriale, potrebbe rappresentare una buona alternativa ad altre colture destinate alla produzione di biocarburanti. Il fusto succulento contiene circa il 12% di zucchero, principalmente saccarosio (Schmit, 1982). Dati bibliografici indicano un tasso di conversione pari a 1 tonnellata di sostanza fresca per la produzione di 32 kg di etanolo, con una richiesta di energia inferiore a quella utilizzata per ottenere la stessa quantità di sostanza fresca in mais, riso o canna da zucchero (Philipp et al 2007). La produzione di etanolo può essere compromessa dalle perdite di zucchero, che si verificano durante e dopo la raccolta. Le prime sono imputabili alle perdite della macchina e agli stocchi rimasti nel terreno dopo la raccolta ed è stimata intorno, considerando l’altezza più bassa di taglio (da 5 a 10 cm) delle trinciatrici semoventi, intorno al 3-8% (Bludau, 1990). Le perdite post-raccolta di zucchero dipendono principalmente: dal sistema di raccolta utilizzato, che determina la forma del materiale (tritato, sezionato, piante intere); dalle condizioni di conservazione (es. temperatura, umidità); dal tempo che intercorre tra raccolta e stoccaggio del prodotto; dalla durata dello stoccaggio. Le perdite dipendono dai processi di fermentazione che sono causa di attività batterica, degradazione dell’amido e degli zuccheri in acido lattico e acidi. 160 Tabella 2.11.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Concluso 1 - Rilievi fenologici su sorgo zuccherino X 2 - Studio sulla lunghezza dello stocco in relazione a fenomeni di fermentazione X 3 - Test di adattabilità di macchine esistenti X 4 - Progettazione di un prototipo con coinvolgimento di costruttori X 5 - Indagine su aspetti logistici X 2.11.1.2 Relazione sull’attività svolta La capacità di mantenere elevato il livello di zuccheri durante la conservazione rimane tutt’oggi una questione fondamentale per il successo della coltura. La maggior parte degli studi effettuati hanno riguardato i cambiamenti fisiologici (con particolare riferimento alle componenti dello zucchero), che si verificano dopo la raccolta per un periodo limitato (4-16 giorni). Spesso, tuttavia, il ritardo di fornitura di materia prima alle bioraffinerie per la trasformazione in etanolo richiede una conservazione a lungo termine e ciò può comportare forti perdite di materia prima. Oltre al tempo di conservazione, un altro parametro fondamentale per il contenimento delle perdite in zuccheri è la dimensione del prodotto stoccato. Da questo punto di vista, però, non c’è ancora sufficiente chiarezza su quale sia il tipo di prodotto che permetta di minimizzare le perdite in relazione alla lunghezza del tempo di stoccaggio. Da ciò ne deriva che, piuttosto che procedere per studi isolati di singoli aspetti, l’approccio più razionale al problema debba essere l’integrazione della filiera legando l’analisi della migliore dimensione del prodotto raccolto alla progettazione del prototipo di raccoglitrice secondo lo schema seguente. Dimensione prodotto Tempo di stoccaggio Raccoglitrice 161 Valutazione dello stoccaggio in funzione della tipologia di raccolta In relazione a quanto esposto, si è proceduto inizialmente ad una valutazione della relazione dimensione/tempo di stoccaggio monitorando l’evoluzione della sostanza secca e del contenuto in zuccheri per un periodo di 75 giorni dopo la raccolta. L’analisi è stata effettuata su porzioni di stelo di diversa dimensione (stelo intero, sezioni di 1/2, 1/4, 1/8 e 1/16 dello stelo intero) stoccati in condizioni ambientali in grado di garantire al meglio la preservazione degli zuccheri fermentescibili. Il dettaglio della metodologia utilizzata e dei risultati ottenuti è stato oggetto dell’attività svolta nel periodo precedente e, quindi, già relazionata. Considerata la necessità di procedere mediante un approccio integrato all’ottimizzazione della raccolta, appare opportuno ricordare sinteticamente quali siano le conclusioni emerse dalla sperimentazione e che costituiscono il punto di partenza per l’attività di progettazione: 1. la distribuzione della sostanza secca e dello zucchero lungo lo stelo non è uniforme, ma esiste una sorta di gradiente passando dalla parte basale (più alta concentrazione) a quella apicale. Ciò ha un impatto fondamentale sulla regolazione dell’altezza di taglio, in quanto uno spostamento di pochi centimetri della barra di taglio determina sostanziali variazioni nella resa e, di conseguenza, nelle perdite di zucchero; 2. lo stoccaggio a lungo termine è possibile ed è proponibile valutare quale sia la lunghezza più idonea della biomassa raccolta in funzione della durata della conservazione. Lo stoccaggio dello stelo intero può, infatti essere prolungato fino a due mesi dopo la raccolta in quanto a tale epoca il contenuto in zuccheri rimane ancora superiore al 10%. Nel caso di porzioni più ridotte (1/2, 1/4 o 1/8 dello stelo intero) è consigliabile non superare i 40 giorni, intervallo entro il quale lo zucchero rimane su valori tra il 14 ed il 16%. La macchine per la raccolta disponibili attualmente ed utilizzate per il sorgo zuccherino operano un taglio che permette di ottenere porzioni di fusto che sono circa 1/16 della pianta intera. In questo caso, allo scopo di ottenere della materia prima che abbia un contenuto zuccherino superiore al 10 %, lo stoccaggio non dovrebbe eccedere i 20 giorni. Considerazioni sulla diffusione della coltura in Italia e degli impianti presenti per la produzione di bioetanolo In considerazione della deperibilità (in termine di perdite in zuccheri) della biomassa derivante dal sorgo zuccherino, meccanizzazione della raccolta e logistica del conferimento sono aspetti da considerare strettamente integrati. Attualmente in Italia sono attivi tre impianti di produzione del bioetanolo di notevole dimensione distribuiti lungo la penisola (Tabella 2.11.1.2) che utilizzano diverse matrici. 162 Tabella 2.11.1.2 – Principali impianti di produzione del bioetanolo in Italia (mod. da CETA, 2011) Impianto Località Regione Capacità (t/anno) I.M.A. srl Trapani Sicilia 172.000 Caviro srl Faenza Emilia-Romagna 43.000 Mossi&Ghisolfi srl Tortona Piemonte 45.000 260.000 Progettazione di un prototipo con coivolgimento di costruttori In base ai dati ottenuti nell’attività svolta nel progetto, si è ritenuto che l’innovazione tecnologica dovesse essere rivolta verso soluzioni che rispondessero ad esigenze di stoccaggio per le quali non esiste al momento attuale un’alternativa. Nella prospettiva di medio-lungo periodo, l’allungamento del periodo di conservazione della biomassa può diventare un obiettivo importante nella tempistica di conferimento agli impianti. 2.11.1.3 Risultati conseguiti Per la produzione di bioetanolo dal sorgo sono proponibili almeno due possibili modelli di filiera nel caso in cui si preveda il conferimento in impianti di grande taglia oppure si ricorra, in un ambito di filiera corta, a microdistillerie (capacità indicativa di 10 t al giorno) ed in cui possano essere coinvolti gli imprenditori agricoli. Ciò che varia nelle due tipologie è la superficie produttiva necessaria per la produzione della materia prima e, conseguentemente, il raggio di reperimento della stessa. La biomassa del sorgo zuccherino, essendo ricca in acqua e zuccheri, non può affrontare lunghi trasporti, senza andare incontro a deterioramento e conseguenti perdite di prodotto. Simulazioni effettuate in diversi lavori (CETA, 2011, 2013; Garassino et al., 2009) prendono in considerazione trasporti che, cautelativamente, non eccedano i 15-20 km, caratterizzando così questo tipo di coltura come idonea a valorizzare impianti decentralizzati. Nell’ottica di decentralizzare le produzioni e stimolare lo sviluppo di filiere corte, va considerato che il consumo energetico dell’impianto (in particolare delle sezioni di distillazione e disidratazione) può essere interamente coperto dalle unità di cogenerazione. E’ possibile, quindi, prospettare una attività multifunzionale, non solo costituita dall’ottenimento del bioetanolo ma anche dalla generazione energetica in unità cogenerative di piccola-media potenza, alimentate con i sottoprodotti del processo, bagasso essiccato e biogas ottenuto dalle borlande (Garassino et al., 2009). L’organizzazione di una tale filiera richiede la presenza sia di una sensibilità verso le 163 bioenergie che sia associata ad una propensione imprenditoriale e alla vocazionalità territoriale delle produzioni agricole dedicate. Da questo punto di vista può essere utile avere un quadro della produzione di bioenergie da biomasse (Figura 2.11.1.1). Figura 2.11.1.1 – Produzione regionale di bioenergia da biomasse nel 2011 (fonte GSE, 2011) Come è possibile notare, questo tipo di produzione presenta una buona diffusione soprattutto nell’Italia settentrionale (Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto), mentre al centro spiccano la Toscana ed il Lazio, con produzione concentrata in poche province (Grosseto e Frosinone). Al Sud, la Calabria contribuisce in misura maggiore (provincia di Cosenza) e in Sardegna le produzioni si concentrano nelle province di Cagliari e Carbonia-Iglesias (GSE, 2011). Per quel che concerne le caratteristiche legate alla produzione agricola, l’organizzazione della filiera deve tener conto degli elementi distintivi legati all’area di produzione come quantità e qualità dei terreni, vocazionalità della zona, livello di meccanizzazione delle aziende, condizione della viabilità. Da questo punto di vista, la coltura (comprendendo sia il sorgo da granella che quello da 164 fibra e zuccherino) appare concentrata nelle regioni del nord (dall’Emilia-Romagna al Veneto, Marche comprese), dove è presente il 93,6 % della superficie che fornisce il 95,5 % della produzione (tabella 2.11.1.3). I dati evidenziano anche come ci siano regioni, come l’Abruzzo, l’Umbria, la Puglia, la Basilicata e la Campania, in cui la coltura può raggiungere produzioni di rilievo, superiori alle 35 t/ha. Tabella 2.11.1.3 - Superficie, produzione e rese del sorgo rilevate nel 2013 Regione Emilia-Romagna Lombardia Toscana Piemonte Marche Veneto Abruzzo Umbria Lazio Calabria Molise Basilicata Puglia Sicilia Campania Liguria Valle d'Aosta Trentino-Alto Adige Friuli-Venezia Giulia Sardegna ITALIA Fonte: Superficie ha 25.811 4.009 3.802 2.927 2.829 2.025 889 552 480 341 250 120 100 80 30 4 44.249 % 58,3 9,1 8,6 6,6 6,4 4,6 2,0 1,2 1,1 0,8 0,6 0,3 0,2 0,2 0,1 0,0 100,0 Produzione totale t 1.600.805 248.913 67.500 74.250 111.811 120.736 39.100 21.851 15.050 10.375 7.500 4.920 4.000 % 68,8 10,7 2,9 3,2 4,8 5,2 1,7 0,9 0,6 0,4 0,3 0,2 0,2 1.140 140 2.328.091 0,0 0,0 100,0 Resa (t/ha) 62,02 62,09 17,75 25,37 39,52 59,62 43,98 39,59 31,35 30,43 30,00 41,00 40,00 38,00 35,00 52,61 http://agri.istat.it/sag_is_pdwout/jsp/dawinci.jsp?q=plC020000010000012000&an=2013&ig=1&ct=244&id= 15A|18A|25A Come accennato i dati riguardano la coltura del sorgo in generale senza distinguere la proporzione delle diverse forme. Non è possibile, quindi, valutare con precisione se lo stesso potenziale 165 produttivo evidenziato a livello regionale possa essere riferito anche al sorgo zuccherino. Comunque, il crescente interesse verso le bioenergie ha favorito la diffusione di studi mirati alla comprensione delle potenzialità territoriali delle colture da energia. Nell’analisi della vocazionalita di un territorio per le colture energetiche va tenuto conto di alcuni aspetti afferenti a diverse aree di studio e dovrebbe procedere per step successivi in cui considerare, tra i parametri meteorologici, indicatori bioclimatici e ambientali, indicatori “socioeconomici”, la limitazione “a priori” (basata su criteri oggettivi, quali l’attuale destinazione d’uso o le caratteristiche orografiche) verso aree ritenute non idonee alla coltivazione delle colture da Energia (ENAMA 2011). Partendo dalla constatazione per cui le conoscenze attuali sono eterogenee in termini di anni di riferimento, biomasse, fonti di dati e metodologie, in Italia è stato pubblicato nel 2009 l’Atlante nazionale delle Biomasse (http://atlantebiomasse.trisaia.enea.it) redatto dall’ENEA in collaborazione con alcuni gruppi di ricerca universitari italiani e la cui finalità era quella di fornire lo stato dell’arte sulle fonti di biomassa disponibili in Italia e di confrontare approcci, metodologie e qualità dei dati. Si e cosi giunti a definire una zonizzazione per le possibili rese produttive ottenendo degli indici di vocazionalità che esprimono la potenzialità delle colture energetiche a parità di situazione colturale con il mais. In definitiva si ottengono le rese potenziali delle colture da energia considerate per ciascuna provincia italiana (ENAMA, 2011). Relativamente al sorgo, si conferma la migliore attitudine delle aree del centro-nord alla coltivazione del sorgo “da energia”, probabilmente in virtù di disponibilità idriche più costanti, anche la “frugalità” della specie potrebbe permettere la valorizzazione di zone marginali del sud (figura 2.11.1.2). 166 Figura 2.11.1.2 - Produttività potenziale del sorgo nelle diverse province italiane Fonte: http://atlantebiomasse.trisaia.enea.it/ Sulla base delle scelte produttive ed in relazione al dimensionamento della filiera andrà individuato e proporzionalmente modulato il tipo di cantieri idoneo alla raccolta anche (e soprattutto)in funzione delle modalità di conservazione della biomassa. Come già riportato il sorgo presenta una ridotta finestra di raccolta per cui, nel caso si debba garantire il funzionamento dell’impianto di trasformazione in maniera continuativa, si richiedono sistemi di conservazione della biomassa che consentano di contenere le perdite di zuccheri. L’insilamento risulta essere la tecnica più semplice e facilmente applicabile in azienda per lo stoccaggio e la conservazione di grandi quantità di prodotto con possibilità di contenere le perdite al di sotto del 5% della sostanza secca. Inoltre, per l’ottenimento di trinciato sono già disponibili idonee soluzioni meccaniche. Alcuni autori sottolineano, però, come l’insilamento, seppur mediante l’aggiunta di additivi, si sia dimostrata una tecnica poco efficace per la preservazione degli zuccheri destinati alla produzione di bioetanolo (CETA, 2013). Nel caso migliore, con aggiunta di acido 167 formico, le perdite sono state di oltre il 30% dello zucchero iniziale; questo fatto, unito al costo dell’intervento, rendono non sostenibile questo approccio. Altre esperienze hanno evidenziato valori piuttosto eterogenei, Bludau (1992) ha osservato che il calo medio giornaliero del tenore di zuccheri (riferito alla s.s.) variava da 0,17% negli interi stocchi a 5,6% nel materiale trinciato. Per le sezioni di fusto da 25-40 cm è stato calcolato un calo medio giornaliero degli zuccheri del 0,25%. Recentemente, Lingle et al. (2012) hanno rilevato che, durante un intervallo di quattro giorni di stoccaggio, la concentrazione degli zuccheri è rimasta pressoché invariata sia nei fusti interi sia nelle sezioni di 20 e 40 cm. Ipotizzando che i microrganismi accedono agli zuccheri di stocchi interi o di porzioni di essi esclusivamente attraverso le estremità tagliate, questo potrebbe rappresentare un limite per il loro movimento interno ed utilizzo dei composti zuccherini. Lo stoccaggio a lungo termine è possibile ed è proponibile valutare quale sia la lunghezza più idonea della biomassa raccolta in funzione della durata della conservazione. Lo stoccaggio dello stelo intero può, infatti essere prolungato fino a due mesi dopo la raccolta in quanto a tale epoca il contenuto in zuccheri rimane ancora superiore al 10%. Nel caso di porzioni più ridotte (1/2, 1/4 o 1/8 dello stelo intero) è consigliabile non superare i 40 giorni, intervallo entro il quale lo zucchero rimane su valori tra il 14 ed il 16%. La macchine per la raccolta disponibili attualmente ed utilizzate per il sorgo zuccherino operano un taglio che permette di ottenere porzioni di fusto che sono circa 1/16 della pianta intera. In questo caso, allo scopo di ottenere della materia prima che abbia un contenuto zuccherino superiore al 10 %, lo stoccaggio non dovrebbe eccedere i 20 giorni. Progettazione di un prototipo con coivolgimento di costruttori Nell’ottica di aumentare l’areale di conferimento e quindi anche il periodo di stoccaggio del prodotto sembra ipotizzabile la meccanizzazione della raccolta del culmo intero, preferibilmente cimato e defogliato. In questo caso emerge l’esigenza di disporre di macchine idonee alla raccolta di fusti interi che, come evidenziato dai risultati sperimentali, costituiscono la forma in grado di garantire lo stoccaggio prolungato mantenendo una significativa percentuale di zucchero. A tale scopo, come riferimento di partenza si è pensato di risalire concettualmente al lavoro svolto dalle mietiletrici di vecchia concezione utilizzate per la raccolta dei cereali da granella e di adattare la concezione di base alle contingenti esigenze di raccolta. Il principio della mietilega è quello di gestire in modo accurato le piante, dal taglio a terra alla formazione dei fasci. La produzione di questi ultimi torna utile per la successiva fase di movimentazione del prodotto, che richiede lo spostamento ordinato della biomassa garantendone al massimo l’integrità. Lo svolgimento diligente delle stesse fasi, ma in funzione della raccolta di un prodotto (il sorgo zuccherino) molto più alterabile, necessita di conseguenza l’introduzione di alcune variazioni tecniche che permettano la salvaguardia degli aspetti qualitativi (contenuto in zuccheri). A tale riguardo, la soluzione ritenuta più idonea è stata quella di prevedere un sistema di trasportatori con cinghie di presa controrotanti operanti su singola fila la cui funzione fosse quella di prelevare le piante tagliate dalla barra e di 168 “accompagnarle” con un progressivo innalzamento verso una bocca di scarico aperta su un cassone posteriore ribaltabile. Il prototipo di semovente che si intende proporre prevede l’impiego di un sistema di convogliamento ed eventuale raddrizzamento delle piante, un sistema di recisione basale ed un sistema di trasporto verso una zona di accumulo posteriore. Detta zona di accumulo dovrà poi presentare sistema di legatura e scarico dei fasci. 2.11.1.4 Divulgazione dei risultati Articolo in corso di pubblicazione sullo Speciale Agroenergie 2014 della rivista Sherwood 169 2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldoaridi, Bari) Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali agroenergetici Responsabile scientifico: Dr. Angelo Domenico Palumbo 170 2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari) Titolo della ricerca: Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali agroenergetici Responsabile scientifico: Dr. Angelo Domenico Palumbo 2.12.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.12.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 L’ U.O. del C.R.A. - S.C.A. di Bari è stata supportata dai seguenti gruppi di lavoro: analisi territoriale (Castrignanò et al.) sistemi colturali in irriguo (Rinaldi et al.) sistemi colturali in asciutto (Montemurro et al.) propagazione e impianto dell’arundo (Mastrorilli et al.) potenzialità energetiche del cardo (Palumbo et al.) bilancio del carbonio (Rana et al.) analisi di laboratorio (Ventrella-Stellacci et al.). Alle attività dell’U.O. di Bari hanno partecipato ricercatori, tecnici e operatori, oltre al personale amministrativo, di tre Unità di Ricerca del C.R.A. (C.R.A. - S.C.A. di Bari, C.R.A. - C.A.R. di Lecce e C.R.A. - S.C.C. di Metaponto). Tutte le attività sono state coordinate dal responsabile della U.O., dr Angelo Domenico Palumbo. Nella relazione del terzo anno del Progetto BIOSEA, sono descritte e discusse le attività svolte dalla U.O. da ottobre 2012 a dicembre 2013. Si precisa che alcune di esse sono state avviate in anticipo rispetto all’inizio formale del Progetto (es. impostazione della rotazione barbabietola - sorgo, avviata nell’autunno 2009; cfr. relazione del primo e secondo anno di attività). Per questo motivo, i risultati fanno riferimento al triennio di attività 2010-2012. Le restanti attività sono state avviate nell’autunno 2010 e sono state concluse entro il 2013. Pertanto, le scadenze programmate nel Progetto BIOSEA dalla U.O. di Bari sono state attese. 171 In dettaglio, alcune attività di tipo preliminare a valenza introduttiva (es. analisi del territorio, sistemi informativi territoriali (GIS) ed elaborazione di mappe tematiche) sono state concluse nel secondo anno del progetto BIOSEA. Le altre attività sperimentali sono state condotte e completate nell’ambito dell’intero periodo 20092013. Grazie ad esse, è possibile esprimere un giudizio di merito, suscettibile di integrazioni, circa le potenzialità agronomiche di colture da biomassa con bassi input in ambienti semi-aridi del Mezzogiorno. Il bilancio del carbonio (caso studio del cardo ha costituito uno studio a sé stante, rispetto agli altri argomenti trattati dalla U.O. In particolare, le attenzioni sono state rivolte all’approccio metodologico relativo alla dinamica dei flussi di anidride carbonica tra la coltivazione e l’atmosfera. Tabella 2.12.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Concluso Task 1.1 - Filiera Bio-termoelettrica Sub-task 1.1.4 - Produttività della canna comune in funzione dell’agrotecnica X Sub-task 1.1.5 - Bilancio del carbonio (caso studio del cardo) X Task 1.2 - Filiera Bio-diesel Sub-task 1.2.2 - Effetti della lavorazione del terreno, fertilizzazione azotata, epoca e densità di semina su b. carinata X Task 1.3 - Filiera Bio-etanolo Sub-task 1.3.2 - Tecniche colturali con livelli di input differenziati (rotazione barbabietola - sorgo) X Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (in collaborazione con U.O. UNIBO) (caso studio del cardo) X Task 4.3- Analisi territoriale (GIS e mappe tematiche) (caso studio della barbabietola da zucchero) X Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (in collaborazione con U.O. UNIBO) 172 2.12.1.2 Relazione sull’attività svolta Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.) L’attività è stata realizzata presso l’Azienda Sperimentale “Sant’Anna” del C.R.A. - C.A.R. a Monteroni (LE) (lat. 40° 33’ N; long. 18° 10’ E) su un terreno franco-sabbioso, povero di sostanza organica (8 g kg-1), azoto totale (0,7 g kg-1) e fosforo assimilabile (4,2 mg kg-1) e sufficientemente dotato di potassio scambiabile (270 mg kg-1). L’impianto di canna comune (Arundo donax L.), già realizzato nell’inverno 2011 con talee di culmo ma fallito per le proibitive condizioni ambientali (assenza di pioggia ed elevate temperature) e agrotecnica errata (solchi superficiali e assenza di irrigazione), è stato ripetuto nell’anno successivo (2012). Le talee di culmo basali (1 m di lunghezza) sono state interrate in solchi profondi 0,2 m (anziché 0,1 m) subito dopo il loro prelievo avvenuto in situ (27 marzo 2012). Il materiale di propagazione è stato collocato a dimora orizzontalmente lungo file binate, con una densità di 200 ml 100 ml-1. Il dispositivo sperimentale ha previsto l'irrigazione di soccorso vs un test non irrigato soltanto nell’anno d’impianto (cfr. relazione del secondo anno di attività). I trattamenti sono stati replicati tre volte (parcella elementare di 100 m2). La stagione irrigua è iniziata il 7 giugno e si è protratta sino al 5 settembre 2012. Sono occorsi 15 interventi irrigui con turno medio settimanale. Il volume irriguo stagionale è stato pari a un’altezza d’acqua di 370 mm (pertanto, non si è trattato di veri e propri interventi di soccorso alias deficitari). L’irrigazione è stata realizzata con il metodo della microportata (4 l h-1) e ali gocciolanti. Durante la stagione irrigua, l'evapotraspirazione di riferimento (ETref) è stata 499 mm (equazione di PenmannMonteith) e il deficit idrico (ETref - Pioggia) -396 mm. A partire dal 2013, l’Arundo non è stato più irrigato. Le cure colturali sono state le stesse della stagione vegetativa precedente. L’Arundo non è stato sostenuto né da fertilizzazione né da diserbo, eccezione fatta per tre interventi meccanici eseguiti con decespugliatori, dopo l’emergenza della nuova vegetazione, sino agli inizi di agosto. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.) L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare l’adattamento del cardo (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) a regime asciutto in ambiente mediterraneo semi-arido e con limitati input agrotecnici. L’attività sperimentale, strettamente connessa a quella sul bilancio del carbonio (cfr. Rana et al.), è stata condotta a Rutigliano (BA) presso l’Azienda Sperimentale “Maria Elisa Venezian-Scarascia” del C.R.A. - S.C..A (lat. 41° 01’ N; long. 17° 01’ E; alt. 147 m s.l.m.). L’impianto da seme (selezione massale di Fernandez e Curt del Politecnico di Madrid) è stato realizzato il 30 ottobre 2009 su una superficie di un ettaro. A questa superficie nel 2010 è stato affiancato un altro ettaro per adeguare il ‘fetch’ colturale alla tecnica di eddy covariance (EC) utilizzata da Rana et al. (cfr. relazione sul bilancio del carbonio). 173 Il dispositivo sperimentale utilizzato per lo studio delle potenzialità agronomiche del cardo, coltivato in asciutto in ambiente mediterraneo semi-arido, è stato organizzato con una randomizzazione completa di 16 repliche nella porzione di campo impiantato nel 2009. Il suolo,‘Lithic Rhodoxeralf’ (comune ‘terra rossa’), è caratterizzato da: pH = 7,0; total organic Carbon (TOC) = 12,0 mg kg-1; total exchangeable Carbon (TEC) = 7.3 mg kg-1; tessitura argillosa. Tra le costanti idrologiche, la capacità idrica di campo e il punto di appassimento permanente sono pari al 30 e 18% sul peso secco, rispettivamente; la densità apparente è di 1,15 g dm-3. La riserva d’acqua disponibile è relativamente modesta (da 80 a 140 mm), quale conseguenza della roccia madre fessurata superficiale (0,6-1 m). Tuttavia, nonostante l’elevata variabilità spaziale, il profilo longitudinale è omogeneo. Il clima è ‘Mediterraneo termo-accentuato’, caratterizzato da inverni miti ed estati calde e siccitose. La piovosità annua è pari a 535 mm (valore medio di 35 anni), con precipitazioni concentrate tra l’autunno e l’inverno e scarse o assenti nella restante parte dell’anno. Pertanto, la pioggia è inadeguata a soddisfare la richiesta evapotraspirativa ambientale (ETref) e il deficit idrico (ETref Pioggia) è -560 mm anno-1. In media, la velocità del vento è 2,8 m s-1, con direzione prevalente da Nord-Ovest. I principali parametri climatici sono stati rilevati tramite centralina elettronica (Data logger CR10 Campbell-USA e relativi sensori) presente nella stazione agrometeorologica aziendale. All’inizio della terza stagione di crescita del cardo (settembre 2011), sono stati prelevati campioni di terreno in quattro sub-unità del campo sperimentale, alla profondità di 0,2 e 0,4 m, al fine misurare le variazioni della fertilità chimica in assenza completa di fertilizzazione (asportazioni nette da parte della coltura). La stessa operazione è stata ripetuta dopo la raccolta del terzo ciclo vegetativo del cardo (settembre 2012). I campioni di terreno sono stati setacciati e conservati al fine di essere analizzati con fondi di ricerca diversi da quelli del progetto BIOSEA. Durante la coltivazione del cardo, sono state rilevate le principali fasi fenologiche (emergenza, rosetta, copertura dell’interfila, formazione dello scapo fiorale, inizio della fioritura, inizio della maturazione del seme, inizio di senescenza della pianta, fine di senescenza della pianta, piena maturazione del seme) e la loro durata. Durante ciascuna fase sono stati eseguiti prelievi vegetali al fine di misurare l’accrescimento della coltura. Sulla pianta sono stati determinati i parametri produttivi (peso fresco e secco di foglie, fusti e capolini). La raccolta della biomassa è avvenuta il 9 agosto 2012. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.) L’obiettivo di questa specifica attività di ricerca, strettamente collegata alla precedente (cfr. Palumbo et al.), è stato verificare la sostenibilità ambientale del cardo da biomassa da un punto di vista ecofisiologico e la chiusura del bilancio del carbonio (C), attraverso l’analisi delle componenti di processo. Per realizzare ciò è occorso misurare: a) la Produzione Netta dell’Ecosistema (NEP), 174 definita come il flusso netto di anidride carbonica (CO2) tra l’atmosfera e la superficie sottostante; b) le asportazioni di carbonio organico da parte della biomassa raccolta (FCharvest). La NEP è stata misurata con approccio micro-meteorologico basato sulla tecnica eddy covariance (EC). Sono state applicate le stesse procedure illustrate nella relazione del secondo anno: - controllo e calibrazione dei sensori in laboratorio e test di campo acquisizione e analisi preliminare dei dati rilevati implementazione e test di un programma di calcolo. Per la misura dei flussi di CO2 è stata utilizzata una stazione ‘eddy’ composta da un anemometro sonico (Metek) e un analizzatore veloce di H2O e CO2 (Licor 7500). I sensori sono stati installati a circa 0.4 m dalla sommità della coltura, adeguandone l’altezza al crescere della canopy colturale. In sintesi, il lavoro di campo ha riguardato: (i) l’adeguamento dell’altezza dei sensori in funzione della crescita della coltura (mensilmente nel periodo marzo-maggio, settimanalmente da metà maggio fino alla fioritura); (ii) la riparazione delle linee di alimentazione in caso di tranciatura dei cavi; (iii) la raccolta e il controllo dei dati in linea (settimanalmente). Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.) L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare, in regime asciutto, gli effetti combinati di differenti strategie di lavorazione e fertilizzazione organo-minerale sulle performance produttive di Brassica carinata (cv. ‘CT 204’) avvicendata con orzo esastico (cv. ‘Lutece’). Dal secondo anno di attività, sono state considerate anche due epoche (anticipata vs tradizionale) e tre densità di semina (elevata, media, bassa). Le attività sono state eseguite presso l’Azienda Sperimentale “Campo 7” del C.R.A. - S.S.C. di Metaponto (MT) (lat. 40° 24’ N; long. 16° 48’ E; alt. 10 m s.l.m.) situata sui depositi argillosi olocenici delle piane alluvionali compresi tra Bradano e Basento (‘Typic Epiaquerts’). Il clima dell’areale è caratterizzato da un regime termico di tipo xerico, tipico delle regioni mediterranee centrali, con inverni umidi e freschi ed estati calde e asciutte. Il dispositivo sperimentale (split-plot con tre ripetizioni) è quello avviato nel 2010 (cfr. relazione dei primi due anni di attività): Lavorazioni (main plot) - Superficiali (L1): frangizollatura e fresatura in prossimità della semina - Tradizionali (L2): rippatura, due frangizollature e fresatura in prossimità della semina. Strategie di fertilizzazione (sub-plot) - 100 kg ha-1 di azoto somministrati in pre-semina con compost da residui solidi urbani (RSU contenenti 1,9 % di N sulla sostanza secca) (ORG) 175 - 50 kg ha-1 di N somministrati in pre-semina con compost da RSU + 50 kg ha-1 di N minerale somministrati in copertura con urea (N 46%) (ORG-MIN) - 100 kg ha-1 di N somministrati in copertura con digestato anaerobico proveniente da residui della lavorazione viti-vinicola (4,1% di N sulla sostanza secca) (DA) - Testimone non fertilizzato (N0). Il compost è stato distribuito un mese e mezzo prima della semina (1 ottobre 2012), mentre il digestato anaerobico e l’urea sono stati somministrati il 5 marzo 2013. La semina della brassica è stata eseguita il 14 novembre 2012 con 12 kg ha-1 di seme. In parallelo, è stata condotta una prova su densità ed epoca di semina sul Trattamento ‘L1 x ORGMIN’ (assunto quale trattamento a minimo impatto) . Sono stati confrontati i seguenti trattamenti: Epoca di semina - Anticipata, eseguita il 16 ottobre 2012 (circa un mese prima di quella ‘tradizionale’) - Tradizionale, eseguita il 14 novembre 2012. Densità di semina Per ogni epoca di semina sono state confrontate le seguenti densità: - 4 kg ha-1 di seme (bassa) - 8 kg ha-1 di seme (media) - 12 kg ha-1 di seme (elevata). Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.) L’obiettivo della sub-task è stato confrontare tecniche agronomiche a basso impatto ambientale in relazione a due fattori di variazione: la lavorazione del terreno e la fertilizzazione azotata applicate su due colture finalizzate alla produzione di bio-etanolo (barbabietola da zucchero e sorgo zuccherino). Le attività sono state eseguite presso l’Azienda Sperimentale “Podere 124” del C.R.A. - S.C.A. a Foggia (lat. 41° 8’ N; long. 15° 83’ E; alt. 90 m s.l.m.). Il suolo (‘VERTISOL’) è di origine alluvionale, alcalino (pH = 8,33), limo-argilloso (sabbia = 13%, limo = 44%, argilla = 43%). Tra le caratteristiche idrologiche, la capacità idrica di campo e il punto di appassimento permanente sono pari al 39,6% e 19,5%. in volume, rispettivamente. Il clima è termo-mediterraneo accentuato, con temperature che possono scendere sotto 0° C in inverno e superare 40° C in estate (con valori giornalieri di evaporato che possono eccedere 10 mm da evaporimetro di classe A). La pioggia (550 mm, media di 55 anni) è irregolarmente distribuita nel corso dell’anno ed è concentrata prevalentemente tra novembre e febbraio. E’ stata considerata una rotazione biennale ‘barbabietola da zucchero-sorgo zuccherino’. Le colture, presenti contemporaneamente, si sono alternate sulle medesime parcelle sperimentali. 176 E stato utilizzato un dispositivo sperimentale ‘split-plot’ con tre repliche, in cui il trattamento principale (main plot) è rappresentato da due tipi di lavorazioni, mentre quello secondario (plot) da tre livelli di fertilizzazione. Sono state confrontati due tipi di lavorazione: la lavorazione superficiale (LS) vs. la non lavorazione del terreno con semina diretta (NL). In particolare, il trattamento LS ha previsto un’aratura superficiale (20-25 cm) con pentavomere e una fresatura. Il trattamento NL non ha previsto le operazioni colturali di aratura e fresatura. La fertilizzazione azotata minerale è stata applicata con 75 (N_75) e 150 (N_150) kg ha-1 di azoto sotto forma di nitrato ammonico (34%) vs. un testimone non concimato (N_0). Nel trattamento LS, la semina è stata eseguita con una seminatrice meccanica di precisione, mentre nel trattamento NL è stata utilizzata una seminatrice su sodo ‘Gaspardo’-‘No-Till 1040’, a una profondità <0,05 m, seguita da una leggera fresatura nella zona interessata dagli assolcatori. La densità colturale è stata pari a 10 e 20 piante m-2, rispettivamente per la barbabietola e il sorgo. La barbabietola da zucchero (cv ‘Autave’) è stata seminata il 1 dicembre 2011. La fertilizzazione azotata minerale è stata eseguita il 2 febbraio 2012. Durante il ciclo colturale sono stati eseguiti cinque interventi irrigui per un totale di 1680 m3 ha-1. La raccolta è stata eseguita il 18 luglio 2012. Il sorgo zuccherino (cv ‘Sucro 506’) è stato seminato il 18 maggio 2012. Le dosi di fertilizzazione azotata sono state somministrate il 29 luglio 2012. Durante il ciclo colturale sono stati eseguiti sei interventi irrigui per un totale di 3000 m3 ha-1. La raccolta è avvenuta il 17 settembre 2012. Sono stati determinati i parametri produttivi rappresentati, per la barbabietola da zucchero, dal peso delle radici tal quale e dalla biomassa fresca e secca totale (ipogea più epigea) mentre, per il sorgo zuccherino, dal peso della biomassa fresca e secca totale (foglie, fusti e panicolo). Il peso secco è stato ottenuto mediante essiccamento in stufa a 70°C sino al raggiungimento del peso costante. Per entrambe le colture è stato misurato il tenore in zuccheri attraverso l'impiego del rifrattometro digitale modello PR 32 ATAGO Palette. Sono state calcolate l’efficienza d'uso dell’acqua irrigua (IWUE, kg m-3), mediante il rapporto tra la produzione e l’acqua distribuita, e l’efficienza d'uso dell’azoto (NUE, kg kg-1), mediante il rapporto tra la produzione e l’azoto somministrato. Tutti i dati sono stati sottoposti all’analisi statistica con il software SAS/STAT. La separazione delle medie è avvenuta con il test LSD. E’ stato considerato il livello di significatività P < 0,05. Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (cfr. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Subtask 1.1.5 b) Tra le attività svolte dal dr Domenico Vitale, co.co.co. per dieci mesi a carico del Progetto BIOSEA (luglio 2011-aprile 2112) presso il C.R.A. – S.C.A. di Bari, è rientrata l’analisi di impatto ambientale (Life Cycle Assessment, LCA) del cardo da biomassa, caso studio di una coltura energetica erbacea perenne a basso impatto in regime di aridocoltura. Per la valutazione dei carichi ambientali nell’intero ciclo di vita del prodotto, sono stati forniti i dati necessari all’implementazione del software dedicato SIMAPRO al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-ambientali dell’Università di Bologna (U.O. n. 4 del Progetto BIOSEA) sulla base 177 di dati sperimentali inediti forniti dal dr A. Domenico Palumbo e dr.ssa Laura D’Andrea (cfr. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a). Nello specifico, sono state individuate, caratterizzate e quantificate: - le operazioni effettuate nell’impianto (aratura, frangizollatura, etc.) per tipologia di macchina; profondità dell’intervento, numero e durata dell’intervento, potenza della macchina utilizzata; le concimazioni per tipologia di fertilizzante impiegato e dosaggio; il materiale propagativo per tipologia e dosaggio; i trattamenti per modalità, principio attivo e dosaggio; la produzione areica media annua suddivisa tra foglie, fusti, capolini, e acheni. Task 4.3 Analisi Territoriale (a cura di Castrignanò et al.) Attività conclusa nel 2012 (cfr. relazioni del primo e secondo anno di attività). Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli A Metaponto (MT), la coltivazione di brassica carinata cv ‘CT 204’ è stata compromessa da basse temperature (4-6 dicembre 2012) accompagnate da venti freddi provenienti dai quadranti di Nord. A distanza di una decina di giorni da questi eventi, eccezionali per l’area, la coltura è stata letteralmente scalzata, come conseguenza degli apparati radicali non più aderenti al terreno e sollevati. Entro la prima decade di gennaio 2013, la coltura di brassica era irrimediabilmente fallita né è servita una risemina a metà marzo, poiché il seme non è germinato a causa della siccità e della crosta superficiale del terreno. Eventuali miglioramenti o approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale - - - A partire dall’autunno 2010, il campo di cardo a Rutigliano (BA) è stato ampliato a due ha, al fine di consentire le campagne di misure micro-meteorologiche di scambi gassosi (flussi di CO2) attraverso gli anemometri sonici (tecnica dell’eddy covariance) con un adeguato ‘fetch’. La coltivazione del cardo è stata oggetto della tesi di dottorato in ‘Agronomia Mediterranea’ dal titolo ‘Potenzialità energetiche del cardo (Cynara cardunculus L. var. altilis DC) in ambiente mediterraneo’ (Facoltà di Agraria di Bari, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, tutor Prof. Giuseppe De Mastro, co-tutor Dr A. Domenico Palumbo, Dottoranda Dr.ssa Laura D’Andrea). In occasione della tesi di dottorato, discussa l’8 giugno 2012, accanto alla filiera lignocellulosica è stato discusso anche il contributo della coltura alla filiera bio-diesel. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Nel corso del terzo anno del Progetto BIOSEA, le attività svolte dalla UO del C.R.A.-S.C.A. di Bari sono procedute regolarmente, secondo la programmazione prevista. 178 2.12.1.3 Risultati conseguiti Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.) L'impianto di Arundo, realizzato nel 2012, non è stato più irrigato a partire dalla primavera del 2013. Durante la stagione primaverile-estiva, nel periodo più caldo e siccitoso (maggio-agosto), la temperatura media dell'aria (alt. 2 m) è stata 24,7 °C e l'evapotraspirazione di riferimento 609 mm (equazione di Hargreaves) (tabella 2.12.1.2). Tabella 2.12.1.2 – Temperatura minima e massima dell’aria (misurata a 2 m) ed Evapotraspirazione di riferimento (ETref) cumulata (mm mese-1). Monteroni (LE), Gennaio-Novembre 2013 MESE T min (°C) T max (°C) ETref (mm) Gennaio 6,0 13,1 31 Febbraio 5,3 12,4 27 Marzo 9,2 15,6 55 Aprile 10,5 20,8 80 Maggio 15,5 25,3 122 Giugno 18,8 28,9 141 Luglio 21,1 32,0 165 Agosto 22,5 33,1 181 Settembre 18,0 28,2 122 Ottobre 15,1 23,6 83 Novembre 11,0 18,3 48 Dicembre 6,8 15,0 36 Nel secondo anno di coltivazione dell’Arundo, le operazioni colturali sono state meno frequenti e impegnative rispetto all’anno d’impianto. In particolare: su tutte le parcelle è stato distribuito azoto minerale con funzione di ‘starter’ (50 kg ha-1 come nitrato ammonico, 34%) il 4 marzo 2013; il controllo della flora infestante, prevalentemente specie perenni quali cipero comune (Cyperus rotundus) e stoppione (Cyrsium arvense), è stato gestito con tre passaggi di decespugliatore in data 29 aprile, 3 giugno e 5 agosto 2013. La raccolta è stata eseguita il 3 ottobre 2013, con netto anticipo rispetto alla norma (in pieno inverno quando il contenuto di umidità della biomassa è minimo) poiché la stagione estiva è stata particolarmente siccitosa e la vegetazione è disseccata anzitempo. Nella tabella 2.12.1.3 sono riportati i parametri produttivi dell’Arundo al secondo anno dall’impianto. 179 Tabella 2.12.1.3 - Produzioni areiche e parametri agronomici caratterizzanti l’Arundo in conseguenza della stagione irrigua del 2012. Monteroni (LE), ottobre 2013 Peso fresco biomassa (t ha-1) Peso secco biomassa (t ha-1) Altezza culmo (m) Diametro culmo (mm) Arundo irriguo 19,4 13,9 2,65 16,62 Arundo asciutto 8,8 5,1 2,41 14,23 Trattamento L’irrigazione di soccorso, eseguita nell’anno d’impianto, ha determinato un incremento di biomassa più che doppio, in termini di biomassa fresca, e quasi triplo, in termini di biomassa secca. La percentuale numerica di sopravvivenza dell’impianto, in media, è stata pari all’80% in conseguenza dell’irrigazione e di appena il 44%, in sua assenza. A ciò va aggiunta un’estrema variabilità tra blocchi (dev. st = 15 vs. 30,6 piante sopravvissute, rispettivamente nel trattamento irrigato vs. asciutto). Di conseguenza, la flora infestante ha preso il sopravvento sulla coltura all’interno delle radure sparse. Sebbene sia stata limitata a due anni, l’attività svolta a Monteroni in ambiente mediterraneo semiarido con decorso siccitoso della stagione primaverile-estiva, ha confermato la necessità di curare con molta attenzione la fase d’impianto dell’Arundo, per quanto riguarda non soltanto la scelta del tipo di propagazione (rizoma, talee etc.) ma soprattutto l’irrigazione e il controllo della flora infestante. A proposito di quest’ultima, deve essere considerato che la coltivazione della canna comune è caratterizzata dall’assenza della sua vegetazione per circa quattro mesi (dalla raccolta alla copertura delle file con la nuova vegetazione, ossia da gennaio-febbraio ad aprile-maggio) e che l’effetto pacciamante dei residui colturali giova, tra le altre cose, non soltanto alla coltura ma anche alla flora infestante che approfitta per colonizzare lo spazio lasciato a sua disposizione. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.) L’attività svolta a Rutigliano (BA), presso l’azienda sperimentale “M.E. Venezian-Scarascia” del C.R.A.-S.C.A. nel terzo anno di coltivazione (2011-2012) del cardo da energia (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) ha riguardato principalmente lo studio della crescita e sviluppo della coltura. L’attività di questa sub-task (potenzialità energetiche del cardo in regime asciutto) è strettamente legata all’attività della sub-task successiva (bilancio del carbonio, 1.1.5 b) Durante l'accrescimento, sono state rilevate le principali fasi fenologiche e la loro durata. Durante ciascuna fase sono stati eseguiti prelievi sulla pianta e sul capolino al fine di osservare l’accrescimento della coltura di cardo. 180 Sulla pianta alla raccolta sono stati determinati: - parametri morfologici (altezza della pianta, numero capolini per pianta, diametro dei fusti); - parametri produttivi (peso fresco e secco di foglie, fusti e capolini). I principali risultati sono riportati nelle successive Tabelle (2.12.1.4, 2.12.1.5 e 2.12.1.6) e Figure (2.12.1.1 e 2.12.1.2). Tabella 2.12.1.4 - Produzione di biomassa totale del cardo, ripartita in foglie, fusti e capolini, al terzo anno dalla semina (t ha-1). Rutigliano (BA), agosto 2012 Parti della pianta Media Dev. St. Foglie 7,38 1,47 Fusti 6,50 1,19 Capolini 3,62 0,56 Biomassa totale 17,50 2,98 Figura 2.12.1.1 - Ripartizione percentuale della biomassa del cardo al terzo anno dalla semina. Rutigliano (BA), agosto 2012 Capolini 21% Foglie 42% Fusti 37% 181 Tabella 2.12.1.5 - Produzione dei capolini principali, secondari e terziari del cardo al terzo anno dalla semina (t ha-1). Rutigliano (BA), agosto 2012 Ordine del capolino Media Dev. St. Principali 1,13 0,13 Secondari 1,80 0,27 Terziari 0,69 0,25 Biomassa totale 3,62 0,56 Figura 2.12.1.2 - Ripartizione percentuale dei capolini del cardo (principali, secondari e terziari) al terzo anno dalla semina. Rutigliano (BA), agosto 2012 Terziari 19% Principali 31% Secondari 50% Tabella 2.12.1.6 - Diametro del fusto del cardo (mm) al terzo anno dalla semina. Rutigliano (BA), agosto 2012 Posizione sul fusto Media Dev.St. sotto il capolino principale 5,3 0,4 alla 1° inserzione 14,0 0,8 a 60 cm dalla base 13,7 0,8 a 40 cm dalla base 17,7 1,1 a 20 cm dalla base 21,5 1,7 alla base 27,9 2,9 182 Attività collaterali Nell’ambito delle attività BIOSEA, la Dott.ssa Laura D’Andrea ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in “AGRONOMIA MEDITERRANEA”, alla Scuola di Dottorato in “Produzioni Vegetali, Alimenti e Ambiente”- Università degli Studi di Bari – Aldo Moro, (Ciclo XXIV con inizio il 02/01/2009 e sino al 31/12/2011, con esame finale l’8 giugno 2012). Titolo della tesi: “POTENZIALITÀ ENERGETICHE DEL CARDO (CYNARA CARDUNCULUS L. VAR. ALTILIS DC.) IN AMBIENTE MEDITERRANEO”. Sigla del Settore Scientifico Disciplinare: AGR/02. Supervisori: Prof. Giuseppe De Mastro (Dipartimento di Scienze Agroambientali e Territoriali – Facoltà di Agraria) e Dott. A. Domenico Palumbo (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura C.R.A. – S.C.A. di Bari). Contestualmente alla tesi di dottorato, è stata eseguita una ricerca bibliografica sulla coltura del cardo, sperimentata in Italia e in altri Paesi del Mediterraneo, al fine di osservare l’affinità di coltivazione in base al clima e alle potenzialità energetiche. Lo studio ha riguardato anche le tecniche di trasformazione relative alla filiera lignocellulosica, al bioetanolo di seconda generazione, agli olii vegetali. Inoltre è stata valutata la potenzialità energetica del cardo a confronto con altre colture energetiche. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.) Il calcolo dei flussi mediante la tecnica ‘eddy covariance’ è stato condotto campionando i fenomeni caratterizzati da alta frequenza. Le variabili oggetto d’interesse (componenti della velocità del vento, temperatura sonica, concentrazioni di vapore acqueo e di anidride carbonica) sono state campionate in continuo a una frequenza pari a 10 Hz (ovvero 10 osservazioni per secondo) da Dicembre 2009 fino ad Agosto 2012. In commercio vi sono numerosi software capaci di calcolare i flussi da dati acquisiti tramite anemometri sonici. Tuttavia, questi programmi hanno il difetto di non essere ‘open source’, cioè di non poter essere modificati secondo le esigenze specifiche che possono emergere nelle fasi della ricerca sperimentale. Infatti, è necessario controllare e definire tutte le variabili misurate ad alta frequenza per seguire efficacemente gli andamenti dei flussi di CO2 e di H2O di una qualsiasi coltura (es. cardo) con caratteristiche aerodinamiche molto complesse [rugosità elevata e crescita non uniforme, sia per la variabilità spaziale che per quella genetica]. Da qui sorge la necessità di controllare e modificare, secondo le esigenze, il codice sorgente di un software di calcolo EC e, pertanto, lo sviluppo di un programma specifico che contribuisce al valore aggiunto della ricerca eseguita nel Progetto BIOSEA. Riguardo il calcolo dei flussi di CO2, sono stati processati i raw data provenienti dalla stazione eddy collocata nel campo di coltivazione del cardo.. Le variabili rilevate sono state la velocità del vento (nelle sue componenti u, v, w), la temperatura (sonica) e le concentrazioni di vapore acqueo e anidride carbonica. Le osservazioni hanno coperto i periodi compresi tra il 23 Novembre 2009 e il 31 Agosto 2010 con una percentuale di dati mancanti pari al 3,4%; dal 4 Novembre 2010 al 23 183 Agosto 2011 con una percentuale di dati mancanti del 9,8%; dal 6 Settembre 2011 al 7 Agosto 2012 con una percentuale di dati mancanti del 2%. In figura 2.12.1.3, sono rappresentati gli andamenti giornalieri degli scambi di CO2 di alcuni giorni dell’anno (30 Marzo, 18 Maggio e 16 Giugno per il 2010; 7 Marzo, 15 Maggio e 3 Giugno per il 2011; 11 Marzo, 10 Aprile e 1 Giugno per il 2012). Figura 2.12.1.3 - Andamento giornaliero degli scambi di anidride carbonica calcolati tramite tecnica Eddy Covariance durante gli anni 2010 (a), 2011 (b) e 2012 (c) (segue) 184 (segue) La scelta dei giorni è stata condizionata dalle condizioni di stazionarietà delle serie storiche di dati e dalla stabilità della covarianza. Gli andamenti dei flussi di CO2 sono negativi durante le ore diurne (indicano la fase di assorbimento di anidride carbonica come conseguenza del processo di fotosintesi) e positivi durante le ore notturne quando (per effetto dei processi di respirazione, si assiste a una fase di rilascio del gas in atmosfera). Considerando i flussi dei diversi giorni come rappresentativi delle variazioni stagionali, non si notano differenze nei picchi particolarmente evidenti. In media durante le ore diurne i picchi dei flussi si aggirano intorno ai -15 micromoli m-2 s-1. Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.) Brassica carinata Nelle fasi iniziali del ciclo colturale, le basse temperature notturne occorse nella prima settimana di dicembre (>-2 °C) associate ai venti freddi dai quadranti di Nord hanno danneggiato in modo irrimediabile e definitivo le plantule della Brassica carinata, prima che queste avessero formato una rosetta di consistenti dimensioni. Il danno irreversibile ha interessato sia le plantule della semina di ottobre (epoca ‘anticipata’) che quelle della semina di novembre (epoca ‘tradizionale’). Più precisamente, si è verificata una repentina diminuzione della temperatura minima di oltre 8 °C in poche ore, passando dal 3 al 4 dicembre 2012.. È noto, a tal proposito, che le Brassicacee risultano resistenti alle basse temperature a condizione che abbiano raggiunto la fase di rosetta. Ciò non è avvenuto per entrambe le epoche di semina a causa dell’assenza di precipitazioni, tra la fine di ottobre e la prima quindicina di novembre. Di conseguenza, nel tentativo di ripristinare il dispositivo sperimentale in atto (fertilizzazione organo-minerale applicata in parte, cfr. metodologia), si è proceduto ad una risemina primaverile. Anche in questo secondo caso, l’assenza completa di eventi piovosi significativi non ha consentito 185 la germinazione dei semi e l’emergenza della coltura. Pertanto, con riferimento alla Brassica carinata, la sperimentazione del terzo anno non ha fornito alcun risultato numerico. Gli unici dati produttivi sono pertanto riferiti all’orzo avvicendato alla brassica. Orzo esastico I dati produttivi (Tabella 2.12.1.7) mostrano che la lavorazione tradizionale (L2) ha determinato un incremento della resa in granella e in paglia pari rispettivamente al 75% e al 46% rispetto a quella superficiale (L1). Pertanto, nelle annate caratterizzate da piovosità distribuita irregolarmente e con eventi di forte intensità, le produzioni migliori sono state raggiunte dal trattamento L2 che ha consentito una percolazione rapida dell’acqua in eccesso. L’intensificazione dei trattamenti meccanici al suolo ha anche incrementato sostanzialmente la produzione della paglia (1,73 vs. 1,18 t ha-1) ma non il peso dei mille semi e l’altezza media della pianta. Anche nel terzo anno di sperimentazione, il trattamento fertilizzante ORG-MIN ha determinato i migliori risultati produttivi, in termini di resa in granella (1,72 t ha-1) e resa in paglia (1,98 t ha-1). Le altre due tipologie di fertilizzazione non sono state sostanzialmente dissimili dal testimone non concimato. Nessuna differenza è stata riscontrata per il peso dei mille semi e gli altri parametri rilevati (altezza della pianta e coefficiente di accestimento). Tabella 2.12.1.7 - Risposta agronomica dell’orzo esastico cv. ‘Lutece’ ai trattamenti di lavorazione e fertilizzazione organo-minerale del terreno. Metaponto (MT), giugno 2013 Trattamenti Lavorazioni L1 L2 Fertilizzazione DA ORG ORG-MIN N0 Granella (t ha-1) Peso 1000 semi (g) Paglia (t ha-1) Altezza pianta (cm) Coeff. Accestimento (culmi pianta-1) 0,81 1,42 * 36,08 35,93 n.s. 1,18 1,73 * 60,83 62,08 n.s. 2,05 1,68 n.s. 0,86 1,07 1,72 0,80 * 37,16 34,23 35,12 37,50 n.s. 1,21 1,52 1,98 1,10 * 60,83 61,66 60,83 62,50 n.s. 1,61 2,16 1,80 1,88 n.s. Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.) Nella figura 2.12.1.4 è riportato l’andamento climatico da novembre 2011 ad agosto 2012, in confronto con la media di lungo periodo (dal 1952 al 2008), relativamente a temperatura massima (Tmax), temperatura minima (Tmin) e pioggia cumulata mensile. 186 Figura 2.12.1.4 - Andamento della temperatura massima e minima e della pioggia cumulata mensile. Foggia, annata agraria 2011/12 vs. lungo termine (1952-2008) 120 Annata 2011/12 50 100 40 80 30 60 20 40 10 20 0 Pioggia (mm) Temperatura ( C) 60 0 Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago PIOGGIA L.T. Pioggia 2011-12 T min L.T. T min 2011-12 T max L.T. T max 2011-12 Set Ott Si evidenziano degli scostamenti positivi, specie per la Tmax, sempre superiore ai valori di lungo termine, anche di +3.5 °C a livello medio mensile. Unica eccezione è stato il mese di febbraio, sostanzialmente più freddo di circa 2,9 °C rispetto al lungo periodo. Particolarmente caldi sono stati i mesi da giugno ad agosto, mediamente con circa +2,6 °C vs. i valori registrati nel lungo periodo. Per quanto riguarda la pioggia, l’annata agraria 2011/12 si è contraddistinta per un valore cumulato nettamente inferiore a quello di lungo periodo (310 vs. 452 mm), con una sistematica ridotta piovosità, con le sole eccezioni nei mesi di febbraio e aprile. I mesi di giugno e agosto 2012 sono stati, infine, caratterizzati da una completa assenza di precipitazioni che, unitamente ai picchi termici, hanno condizionato e accresciuto le richieste evapotraspirative durante la fase finale dei cicli colturali sia della barbabietola sia del sorgo. L’analisi statistica ha evidenziato alcuni effetti principali significativi, ma non per l’interazione “Lavorazione x Azoto”. Barbabietola da zucchero (Tabella 2.12.1.8) In questo terzo anno di attività, il livello produttivo della barbabietola ha risentito in maniera significativa sia della carenza di precipitazioni nel periodo estivo, non adeguatamente compensata dall’irrigazione deficitaria applicata (168 mm come volume irriguo stagionale) sia della brevità dell’avvicendamento: infatti, sono state registrate rese in radici fresche molto basse ed economicamente non sostenibili (24 t ha-1). Ciò ha evidenziato la difficoltà a praticare avvicendamenti con la barbabietola troppo stretti, specie se in condizioni di sussidio idrico limitato. La produzione di biomassa secca, allo stesso modo, è stata ridotta (in media 8,5 t ha -1), così come la produzione per ettaro di saccarosio (5,5 t ha-1), tutte in calo rispetto ai due anni precedenti. Il 187 contenuto percentuale in Solidi Solubili Totali è risultato, al contrario, maggiore rispetto al biennio precedente (23% rispetto al 19%, in media), a conferma di una coltura più stressata da un punto di vista idrico. In questo terzo anno di prova non sono emerse differenze per le variabili esaminate tra le due modalità di lavorazione adottate, a dimostrazione del raggiungimento nel suolo di un plateau che ha reso la semina diretta ugualmente produttiva rispetto a quella superficiale. Per quanto riguarda la concimazione azotata, al terzo anno di applicazioni ripetute sulle stesse parcelle, le differenze produttive hanno evidenziato una significativa componente lineare: il testimone non concimato è risultato in assoluto il meno produttivo, il trattamento N_150 invece, il più produttivo, mentre il trattamento N_75 sempre con valori intermedi per le variabili “Radici fresche”, “Biomassa secca” e “Saccarosio per ettaro”. Pertanto, si è accentuata la sensibilità della barbabietola all’impoverimento dell’azoto nel suolo in assenza di apporti antropici, in questo caso per tre anni consecutivi. Non sono emerse, invece, differenze per quanto riguarda il contenuto percentuale di Solidi Solubili Totali. Sorgo zuccherino (Tabella 2.12.1.9) A differenza di quanto osservato per la barbabietola da zucchero, il sorgo zuccherino non ha risentito di problemi di “stanchezza” del terreno legati alla brevità dell’avvicendamento. Anzi, in questo terzo anno di esperimento, il sorgo ha fatto registrare ottimi risultati produttivi, paragonabili a quelli del primo anno di prova. La resa media di biomassa secca (27 t ha-1) è stata, infatti, molto elevata e di sicuro interesse ai fini della produzione di bio-etanolo. In questo terzo anno il rifornimento irriguo è stato maggiore rispetto ai due anni precedenti (300 mm vs 130 mm nel primo e 176 mm nel secondo anno) a causa della più elevata richiesta evapotraspirativa: infatti, i 300 mm sono stati distribuiti in due applicazioni alla semina-emergenza di 30 mm ciascuna e quattro applicazioni di 60 mm ciascuna durante il ciclo colturale. Questo volume stagionale irriguo ha in parte contribuito ad annullare le differenze tra trattamenti che ci si aspettava, per cui né la modalità di semina e né la quantità di N applicato hanno evidenziato differenze all’analisi statistica. Stesso discorso vale per l’interazione ‘Lavorazione x Azoto’. In questo terzo anno di attività, il sorgo zuccherino ha prodotto allo stesso livello del primo anno, ma le piante hanno presentato alla raccolta un contenuto minore di sostanza secca (in percentuale) e di solidi solubili totali nel succo zuccherino estratto dai culmi, rispetto a quanto osservato nei due anni precedenti. Questo è derivato dal fatto che l’apporto irriguo più abbondante di questa annata, unito alla piovosità delle due settimane che hanno preceduto la raccolta (82 mm) hanno provocato una diluizione significativa del contenuto in biosintetati sia del culmo (Solidi Solubili Totali) che dell’intera pianta (Sostanza Secca). La tesi non lavorata (NL) è apparsa leggermente superiore a quella con lavorazione superficiale (LS), anche se la differenza non è risultata significativa all’analisi statistica. Tuttavia, questo 188 risultato è di indubbio interesse, perchè evidenzia la possibilità di ridurre i costi di gestione della coltura attraverso la semina diretta. La risposta produttiva agli incrementi di azoto somministrato è stata pressoché nulla, evidenziando come in questi ambienti un rifornimento idrico ottimale può spesso compensare deficit nutrizionali. In definitiva, da questo terzo anno di prova, emerge come la pratica della semina su sodo abbia portato il suolo ad un regime abbastanza stabile per cui le produzioni delle due specie in avvicendamento non hanno subito alcuna riduzione dalla semina diretta. La brevità dell’avvicendamento ha penalizzato la produttività della barbabietola ma non quella del sorgo zuccherino. Per la risposta alla fertilizzazione azotata, la barbabietola da zucchero ha evidenziato una maggiore sensibilità alla mancanza di apporto azotato, rispetto a quanto evidenziato dal sorgo zuccherino, la cui risposta è stata maggiormente influenzata dal soddisfacimento delle esigenze idriche. Le analisi chimiche, attualmente in corso, del contenuto in macroelementi e di sostanza organica nel suolo potranno fornire ulteriori valutazioni sul grado di sostenibilità di questi percorsi agronomici per la produzioni di biomassa a fini energetici. 189 Tabella 2.12.1.8 - Principali parametri produttivi della barbabietola da zucchero. Foggia, 2012 Radici fresche (t ha-1) Biomassa secca (t ha-1) Solidi Solubili Totali (%) Saccarosio (t ha-1) LS 25,0 (± 9,9) 8,1 (± 4,0) 21,9 (± 2,9) 5,6 (± 2,8) NL 23,2 (± 7,1) 11,2 (± 4,7) 23,8 (± 1,1) 5,5 (± 1,6) N_0 17,4 (± 6,6) b 5,6 (± 2,3) b 22,2 (± 1,6) 3,8 (± 1,7) b N_75 25,6 (± 7,0) ab 9,7 (± 2,7) ab 23,5 (± 1,8) 6,1 (± 1,9) ab N_150 29,4 (± 7,4) a 13,7 (± 4,3) a 22,8 (± 3,3) 6,7 (± 3,8) a Trattamento Nota: A lettere differenti corrispondono valori significativamente diversi (test LSD; P<0.05) Tabella 2.12.1.9 - Principali parametri produttivi del sorgo zuccherino. Foggia, 2012 Biomassa fresca t ha-1 Biomassa secca t ha-1 Solidi Solubili Totali % Sostanza secca % LS 112,7 (± 17,3) 24,8 (± 6,7) 4,75 (± 0,76) 21,7 (± 3,2) NL 119,2 (± 18,0) 28,8 (± 7,8) 4,88 (± 0,99) 23,8 (± 4,1) N_0 114,9 (± 21,1) 24,7 (± 4,4) 5,38 (± 1,16) 21,5 (± 1,4) N_75 118,4 (± 10,8) 28,9 (± 7,6) 4,62 (± 0,62) 24,1 (± 4,7) N_150 114,5 (± 20,0) 26,8 (± 9,1) 4,45 (± 0,34) 22,8 (± 4,1) Trattamento Nota: A lettere differenti corrispondono valori significativamente diversi (test LSD; P< 0.05) Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (vedi Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica- Subtask 1.1.5, Relazione sull’attività svolta & Risultati) In relazione al terzo anno di attività del Progetto, la produzione areica del cardo da biomassa (suddivisa tra foglie, fusti, capolini, e acheni) è quella illustrata nei risultati ‘Filiera Biotermoelettrica - Sub-task 1.1.5 a’, mentre resta invariato il restante data set richiesto per l’implementazione del software SIMAPRO. 190 2.12.1.4 Divulgazione dei risultati Giornate tecniche e in campo - - “Il CRA – CAR a Monteroni di Lecce – Incontro con la Municipalità di Monteroni di Lecce”. “Il Progetto BIOSEA: le prove sperimentali in atto su Arundo donax” di M. Mastrorilli. Monteroni di Lecce (LE), 12 maggio 2013. “Le Brassicacee idonee per il biodiesel”. Relazione ad invito “I risultati ottenuti nel Sud Italia” di Giuseppe De Mastro e A. Domenico Palumbo. Legnaro (PD), 18 giugno 2013. Presentazione a convegni - - LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Relazione orale di Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. “Risposta di una Rotazione Biennale ‘Barbabietola da Zucchero-Sorgo Zuccherino’ a Itinerari Agronomici Diversificati per la Lavorazione e la Fertilizzazione del Suolo in Regime Irriguo”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Sessione Sistemi Colturali, 11-15. LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Poster di Palumbo, A. D., Fiore, A., Diacono, M., D’Andrea, L., Montemurro, F.. “Risposta di Brassica Carinata a Itinerari Diversificati di Lavorazione e Fertilizzazione del Suolo in Regime Asciutto”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 1820 settembre 2013. Sessione Gestione del Suolo e delle Risorse, 131-133. Articoli 1) Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. Response of a TwoYear 'Sugar Beet-Sweet Sorghum' Rotation as Influenced by Agronomic Management Diversified for Soil Tillage and Nitrogen Fertilization. Italian Journal of Agronomy (submitted 4-12-2013). 191 2.12.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio 2.12.2.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto L’U.O. n. 12, C.R.A. - S.C.A. ha contribuito al Progetto BIOSEA con la ricerca dal titolo “Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali agro-energetici” (responsabile scientifico dr Angelo Domenico Palumbo). I risultati ottenuti nel triennio sono stati illustrati nelle prime due relazioni annuali (2011 e 2012) e nella presente relazione (2013) che illustra le attività dell’anno e la sintesi dei risultati ottenuti nell’intero triennio 2011-2013. L’U.O. ha articolato la propria attività in diversi temi di ricerca, affidati ad altrettante sub-task. In linea di massima, questi argomenti possono essere raggruppati come segue: - analisi territoriale bilancio del carbonio sistemi colturali ‘esistenti’ in irriguo sistemi colturali ‘esistenti’ in asciutto casi studio di colture da biomassa erbacee perenni. L’analisi territoriale è servita a delineare aree idonee alla coltivazione della barbabietola da zucchero a fini energetici (filiera del bio-etanolo). Lo studio ha proposto un approccio combinato di geostatistica e clustering geografico, in grado di fornire strumenti utili per tracciare i confini tra aree agro-ecologiche differenti. La maggior parte delle definizioni di ‘attitudine ambientale’ considera la capacità della coltura alla produzione. L’attitudine, però, non può essere definita sulla base di un unico processo, poiché si tratta di un concetto estremamente complesso che può riguardare diversi aspetti (ambientale, economico, sociale, culturale) ed è caratterizzato da proprietà dinamiche, ampiamente variabili nello spazio e nel tempo. Il beneficio ambientale di una coltura si misura dalla quantità di carbonio che essa riesce a sequestrare dall’atmosfera durante la sua stagione di crescita. Il bilancio del carbonio è stato applicato al caso studio del cardo da biomassa. La campagna triennale di misure micrometeorologiche è servita a definire in quale misura la produzione di energia superi o meno il consumo di energia richiesto per la crescita. Questo aspetto è collegato, oltre che alla specie e alle condizioni climatiche, anche alle pratiche agronomiche seguite per ottimizzare la resa di biomassa. Il tutto si traduce nel cosiddetto “net energy yield” pari alla differenza tra gli input necessari alla produzione di biomassa e l'output energetico ottenuto.. Nei sistemi colturali ‘esistenti’ caratterizzati da colture erbacee (es. barbabietola-sorgo zuccherino per la filiera bio-etanolo, brassica carinata per la filiera bio-diesel) sono emerse indicazioni utili per il management di queste colture energetiche con bassi livelli di input. La riduzione di apporti azotati minerali non è stata tollerata dalla barbabietola, che non garantisce un adeguato e costante livello produttivo. Viceversa, il sorgo zuccherino ha dimostrato di essere un ottimo utilizzatore sia dell’azoto che dell’acqua, come è stato attestato dagli elevati valori di efficienza d’uso dell’azoto somministrato alla coltura (NUE) e dell’acqua di irrigazione (IWUE). Per entrambe le colture, non 192 sono emerse differenze tra le due modalità di lavorazione adottate, a dimostrazione del raggiungimento nel suolo di un plateau che ha reso la semina diretta ugualmente produttiva rispetto a quella superficiale. Nel caso della brassica carinata, gli avversi eventi atmosferici (fondamentalmente la siccità autunnale e le basse temperature durante le prime fasi di crescita) hanno pesato più dei dispositivi sperimentali applicati (riduzione della profondità di lavorazione del terreno e gestione della fertilità ‘sostenibile’). I risultati negativi della coltivazione di questa specie nell’areale considerato suggeriscono di inquadrare meglio la sua coltivazione sia sotto il profilo dell’adeguamento ai cambiamenti climatici in atto sia per quanto riguarda la scelta varietale (argomento, quest’ultimo, di cui l’U.O. non si è occupata). In relazione alle due specie erbacee perenni considerate, la canna comune e il cardo, l’attività sperimentale ha posto in evidenza le fasi critiche relative alla disponibilità e al tipo del materiale di propagazione (caso della canna), al consolidamento della coltivazione, con particolare riguardo all’irrigazione di soccorso e al controllo della flora infestante (caso della canna) e alla durata della fase d’impianto (che corrisponde all’entrata a regime delle produzioni di biomassa) la quale può durare oltre l’anno. Tuttavia, superate queste difficoltà, entrambe le specie si sono dimostrate adatte alla coltivazione in areali semi-aridi con più che parsimoniosa gestione della risorsa idrica. 2.12.2.2 Risultati conseguiti Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.) Gli obiettivi specifici di questa sub-task sono stati l’individuazione delle più opportune modalità di impianto della canna comune (Arundo donax L.) in ambiente mediterraneo semi-arido e l’individuazione delle fasi critiche della coltivazione al fine di suggerire le agrotecniche adatte a limitarle. Nel triennio del progetto BIOSEA, svolta presso l’azienda “Sant’Anna” del C.R.A.- C. A. R. di Monteroni (LE), sono stati impiantati canneti a partire da porzioni di rizoma o talee, sia verticali che orizzontali, provenienti da materiale autoctono raccolto in zona. L’epoca d’impianto considerata è stata inserita tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, quando le piante madri si trovavano in riposo vegetativo. Non sono state considerate altre epoche perché la coltura, durante la fase d’impianto e di consolidamento, o non è stata irrigata (anno 2011) o è stata irrigata soltanto con interventi di soccorso. La densità d’impianto è stata di un rizoma m-2 (1m x 1m), una talea verticale m-2 (1m x 1m) e, a partire dal 2011, 2 ml di talee orizzontali ml-1 (file binate). In regime asciutto, in assenza di precipitazioni di rilievo, la percentuale di attecchimento è stata modesta quando l’impianto è stato realizzato con porzioni di rizoma (38%), doppia nel caso delle talee verticali (69%). Tuttavia, bisogna sottolineare che, in condizioni di marginalità agronomica, le piante di Arundo provenienti da moltiplicazione di rizomi sono risultate di gran lunga più vigorose di quelle ottenute da talee verticali e, pertanto, sono decisamente raccomandabili se si può disporre di un adeguato numero di porzioni di rizoma utili per realizzare l’impianto ma anche per il successivo rimpiazzo delle fallanze al secondo anno. Da questa esperienza preliminare, si evince 193 che la fase d’impianto del canneto può prolungarsi oltre l’anno atteso anzi, in pratica, l’impianto a partire da rizomi trapiantati all’inizio della primavera può dirsi concluso in due anni. Le talee verticali, invece, pur manifestando una maggiore percentuale di attecchimento, non producono piante vigorose atte a garantire la produzione di biomassa negli anni successivi. Nel 2011 è stata avviata una prova sperimentale ‘ad hoc’ per studiare la moltiplicazione con ‘talea orizzontale’ (interramento orizzontale di porzioni del culmo), una volta che è stata riconosciuta fallimentare –pertanto decisamente sconsigliabile- quella per talea ‘verticale’. Il principale ostacolo alla buona riuscita dell’impianto è stato il controllo delle malerbe, soprattutto quando la flora infestante è perenne (es. Cyperus rotundus, Cyrsium arvense). Ioltre, in assenza di apporti irrigui, è stato osservato che le gemme si dischiudono regolarmente e i nuovi germogli emergono facilmente ma, poco dopo l’emergenza, la maggior parte di essi si disidrata: all’analisi visiva, è stato osservato che la crescita dei germogli non è stata accompagnata da quella dell’apparato radicale. Per tutti questi motivi, un secondo nuovo impianto con talee ‘orizzontali’ e irrigazione di soccorso è stato avviato nel 2012. Va ricordato che l’irrigazione deve tenere conto del deficit evapotraspirativo ambientale (figura 2.12.2.1). Figura 2.12.2.1 - Deficit evapotraspirativo (mm) tra l’evapotraspirazione di riferimento (ET0) e la pioggia. Monteroni (LE), media 2010-2011 (equazione di Penmann-Monteith) Anche se limitato a misure di un solo biennio, il deficit evapotraspirativo misurato a Monteroni perdura da metà marzo alla fine di settembre. Questo dato (biennale) è largamente confermato da altre misure decennali in due stazioni agro-meteorologiche del C. R. A. – S. C. A. coinvolte in altre sub-task del Progetto BIOSEA, rispettivamente Foggia (periodo di osservazione: 1951-2011; deficit 194 evapotraspirativo medio annuo di -590 mm, da febbraio a ottobre) e Rutigliano (periodo di osservazione: 1984-2011; deficit evapotraspirativo medio annuo di -541 mm, da febbraio a ottobre). I risultati dell’irrigazione di soccorso sono stati esposti in questa relazione nella parte relativa ai risultati del terzo anno; a questa si rimanda per i dettagli. Si sottolinea che l’irrigazione di soccorso è indispensabile nella fase d’impianto del canneto, come si evince dalla biomassa prodotta dopo due anni dall’impianto. Ulteriori informazioni potranno essere desunte dalla raccolta di dati nelle future stagioni vegeto-produttive. In conclusione, è indubbio il beneficio che l’irrigazione ha esercitato nei confronti dell’attecchimento del materiale trapiantato. Per aumentare la percentuale di attecchimento con limitati apporti irrigui, si dovrebbe anticipare il più possibile l’epoca del trapianto. Un trapianto effettuato tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo consente alla vegetazione di svilupparsi in primavera, quando i ritorni di freddo sono ormai scongiurati. Allo stesso tempo, le giovani piante si trovano in condizioni idriche del terreno favorevoli allo sviluppo dell’apparato radicale. Un apparato radicale ben sviluppato in profondità assicura una maggiore resistenza agli stress idrici. A tal proposito non deve essere trascurata la buona preparazione del terreno, qualunque materiale di propagazione sia adottato, in vista di una buona pratica di aridocoltura. Per favorire l’affrancamento degli impianti, il controllo della flora infestante è essenziale. Particolare attenzione deve essere posta a specie di tipo perenne appartenenti a generi quali Cyperus, Cyrsium, Sorghum. La corretta pratica agronomica ricorre in modo adeguato ai diserbanti e, nel caso delle graminacee perenni, prevede la sarchiatura superficiale, col duplice scopo di nettare la superficie del terreno dalle specie avventizie e favorire l’approfondimento dell’apparato radicale. Dalle evidenze sperimentali maturate nell’ambito del Progetto BIOSEA, la moltiplicazione per talea ‘verticale’ può essere considerata archiviata, mentre quella per talea ‘orizzantale’ può essere considerata suscettibile di miglioramento, sulla base dell’epoca di trapianto (mai troppo ritardata), della profondità d’interramento e di interventi irrigui di soccorso mirati al consolidamento della coltura. In prospettiva, la propagazione della canna comune attraverso fitocelle pre-allevate in vivaio potrebbe risolvere alcuni problemi di disformità degli impianti e dell’entrata a regime degli stessi. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.) L’attività di questa sub-task è stata funzionale al bilancio del carbonio. Pertanto, la coltivazione del cardo (Cynara cardunculus L.) è stata funzionale al caso studio di una coltura erbacea perenne da biomassa di cui sono stati considerati i flussi gassosi di CO2 e H2O in continuo per un triennio (cfr. il paragrafo successivo). Come riferito in precedenza, a partire dall’autunno 2010, il campo di cardo è stato ampliato a due ha, al fine di consentire un adeguato ‘fetch’colturale per le campagne di misure micrometeorologiche di scambi gassosi attraverso gli anemometri sonici (tecnica dell’eddy covariance). 195 I principali risultati produttivi della coltura del cardo da biomassa sono riportati nella seguente Tabella 2.12.2.1 che riassume sinteticamente il triennio di attività sperimentale in campo. Tabella 2.12.2.1 - Produzione della biomassa e contenuto di carbonio del cardo. Rutigliano (BA), 2010, 2011 e 2012 2010 2011 2012 Media Dev. St. Media Dev. St. Media Dev. St. Biomassa fresca (t ha-1) 9,06 0,86 16,56 2,20 17,50 1,64 Biomassa secca (t ha-1) 6,27 0,92 12,14 1,77 13,13 0,69 Carbonio (%) 43,37 0,51 41,25 0,34 43,62 1,03 Sulla base di queste evidenze sperimentali, la coltivazione del cardo può essere considerata tra quelle proponibili per la produzione di biomassa in ambienti semi-aridi del Mezzogiorno, con limitati input agronomici ma, soprattutto, in regime asciutto. La coltura si è lasciata apprezzare per la predisposizione a colonizzare territori marginali, ovvero caratterizzati da severe limitazioni d’uso del territorio per quanto attiene agli aspetti climatico, pedologico e agronomico. Inoltre, e non in ultimo, si sottolinea l’origine mediterranea della specie nota per adattabilità, rusticità e frugalità. A tal proposito sarà interessante indagare, in prospettiva, il bilancio delle asportazioni colturali in assenza di reintegro degli elementi nutritivi o a seguito di limitati input esterni, anche con cadenza pluriennale. In occasione della tesi di dottorato della Dr.ssa Laura D’Andrea, discussa l’8 giugno 2012, accanto alla filiera ligno-cellulosica è stato considerato anche il contributo della coltura alla filiera biodiesel. Pertanto, a partire dai dati originali collezionati nella campagna triennale di misure agronomiche, micro-meteorologiche ed ecofisiologiche (in fase di affinamento), sono in preparazione diversi lavori che si intende proporre a riviste internazionali e che colgono i seguenti aspetti della coltura: a) bilancio del carbonio del cardo da biomassa; b) ecofisiologia del cardo con particolare riferimento a efficienza d’uso del carbonio (CO2), dell’acqua (H2O) e della radiazione (PAR); analisi chimica delle asportazioni e della loro ripartizione nell’ambito della biomassa raccolta, d) analisi qualitativa degli oli. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.) I flussi di anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O, e.g. evapotraspirazione, ET) sono stati misurati in continuo su scala oraria, al di sopra di una coltura di cardo (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) nell’azienda sperimentale del CRA-SCA “M.E. Venezian-Scarascia” a Rutigliano (Ba). I particolari della conduzione agronomica sono riportati in un’altra sezione di questo documento finale. E’ stata utilizzata la tecnica ‘eddy covariance’ (EC; Baldocchi et al., 1988) che consiste nel misurare la velocità del vento istantanea nelle tre direzioni x, y, z e la concentrazione istantanea di CO2 e H2O alla frequenza di 10 Hz. L’EC è una tecnica micrometeorologica basata sul campionamento delle parcelle di aria che attraversano superfici estese e, dunque, è rappresentativa dell’intero campo, cosicché i risultati possono essere più facilmente generalizzati. Alcune variabili 196 climatiche ancillari (temperatura e umidità dell’aria, radiazione, temperatura e contenuto idrico del suolo) hanno fornito il supporto necessario a colmare (gap-filling) le inevitabili interruzioni nelle serie continue, causate da malfunzionamenti, guasti, clima avverso, calibrazioni periodiche e straordinarie dei sensori (Reichstein et al., 2005). Al momento, l’analisi dei dati ha riguardato il periodo che va dall’emergenza del cardo (novembre 2009) a dicembre 2012, per un complessivo triennio di osservazioni. Il Net Ecosystem Exchange (NEE) di carbonio tra atmosfera e vegetazione è calcolato come la somma dei flussi EC di CO2. Dall’altra parte, NEE è definita come la somma di Gross Primary Production (GPP) ed Ecosystem Respiration (Reco): NEE GPP Reco dove GPP rappresenta l’assimilazione di CO2 da parte della vegetazione per fotosintesi e R eco è la perdita di carbonio dall’ecosistema verso l’atmosfera per respirazione del suolo e delle piante. Le misure dirette di GPP e Reco in continuo sono difficili perché la respirazione dell’apparato fogliare durante il giorno non è nota, per cui i valori di tale partizione sono stimati a partire da una metodologia ben collaudata e utilizzata a livello internazionale (Reichstein et al., 2005). Infine, il bilancio netto del carbonio (Net Ecosystem Carbon Balance, NECB) è stato derivato sommando le asportazioni del carbonio contenuto nel NEE e le asportazioni di C contenuto nella biomassa raccolta alla fine di ciascun ciclo colturale del cardo (2010, 2011 e 2012); tale grandezza definisce la perdita (o il guadagno, a seconda del segno algebrico) del carbonio dal (o verso) il suolo (Chapin et al., 2006). Tutti gli altri meccanismi di trasporto si considerando trascurabili. Per valutare l’adattabilità del cardo agli ambienti semi-aridi che caratterizzano il sito sperimentale, sono stati studiati anche gli andamenti dell’efficienza di uso dell’acqua (Water Use Efficiency, WUE) ed efficienza di uso della radiazione (Radiation Use Efficiency, RUE). Queste grandezze, calcolate come i rapporti delle somme annuali di GPP vs. evapotraspirazione reale e radiazione fotosinteticamente attiva (PAR), sono rispettivamente: WUE GPP GPP ; RUE ET PAR Le analisi dei dati sono ancora in corso, come anche ulteriori acquisizioni dei dati in campo. Tuttavia, è possibile affermare che, nel triennio considerato, si assiste ad un incremento annuale della GPP e, nello stesso momento, ad un incremento della biomassa raccolta. Gli andamenti di tutte le grandezze analizzate sono coerenti con i cicli colturali e gli andamenti climatici. Una conseguenza di questi andamenti di GPP è che anche i valori di WUE e RUE aumentano con il numero di raccolte del cardo. In particolare, il RUE sembra raggiunga un plateau dopo le prime due stagioni di crescita. Rimane da stabilire: 197 - - - Come la coltura di cardo in ambiente mediterraneo può essere considerata dal punto di vista dell’assorbimento/rilascio di carbonio in atmosfera e come tale caratteristica ha impatto sull’efficienza energetica a scala multi-annuale e sulla mitigazione dei cambiamenti climatici; Nonostante sia una specie autoctona, qual è il grado oggettivo di adattabilità del cardo all'ambiente mediterraneo dove piove poco e l'estate è particolarmente calda (analisi dettagliata di WUE e RUE); L'efficienza del cardo va analizzata sotto 2 punti di vista (Skinner e Adler, 2010): Soltanto le specie che producono energia in maniera significativamente maggiore di quanto ne richiedano per la crescita sono definibili realmente come “energetiche”: questo aspetto è collegato, oltre che alla specie e alle condizioni climatiche, anche alle pratiche agronomiche effettuate per ottimizzare la resa di biomassa e si traduce in quello che è definito il net energy yield dato dalla differenza tra gli input necessari alla produzione di biomassa (dalla semina alla raccolta) e l'output energetico ottenuto. Il beneficio ambientale di una coltura si misura dalla quantità di carbonio che essa riesce a sequestrare dall’atmosfera durante la sua stagione di crescita: questo secondo punto è collegato allo studio dell'ecosistema naturale ed è qui che entra la NEE e la sua partizione in GPP e Reco. A tale questione, il gruppo di lavoro (fisici, agronomi e statistici) sta per dare chiarezza e valore con dati misurati (non stimati) durante l’intera durata del progetto BIOSEA. Bibliografia di riferimento: 1) Baldocchi, D.D., Hicks, B.B., Meyers, T.P., 1988. Measuring biosphere-atmosphere exchanges of biologically related gases with micrometeorological methods. Ecology 69, 1331±1340. 2) Chapin, F., Woodwell, G., Randerson, J., Rastetter, E., Lovett, G., Baldocchi, D., Clark, D., Harmon, M., Schimel, D., Valentini, R., Wirth, C., Aber, J., Cole, J., Goulden, M., Harden, J., Heimann, M., Howarth, R., Matson, P., McGuire, A., Melillo, J., Mooney, H., Neff, J., Houghtonand, R., Pace, M., Ryan, M., Running, S., Sala, O., Schlesinger, W., Schulze, E.D., 2006. Reconciling carbon-cycle concepts, terminology, and methods, Ecosystems, 9:1041-1050, http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2005.001004.x. 3) Reichstein, M., Falge, E., Baldocchi, D., Papale, D., 2005. On the separation of net ecosystem exchange into assimilation and ecosystem respiration: review and improved algorithm. Global Change Biol, 11:1-16. 4) Skinner, R.H., Adler, P.R., 2010. Carbon dioxide and water fluxes from switchgrass managed for bioenergy production. Agric Ecosys Env, 138, 257-264. Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.) L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare, in regime asciutto, gli effetti combinati di differenti strategie di lavorazione e fertilizzazione organo-minerale sulle performance produttive di Brassica carinata. Dal secondo anno di attività, sono state considerate anche due epoche (anticipata vs tradizionale) e tre densità di semina (elevata, media, bassa). L’attività di questa sub-task è stata condizionata negativamente dalle condizioni ambientali e pedologiche del sito sperimentale (Metaponto, MT). Infatti, la siccità autunnale, le basse 198 temperature nelle fasi critiche della coltivazione (sia durante la formazione della rosetta che a fine inverno-inizio primavera), le condizioni di tempera del terreno raramente raggiunte nella fase di preparazione del letto di semina, i ristagni prolungati (in conseguenza di precipitazioni piovose fuori dalla norma, non solo perché abbondanti ma anche perché concentrate) hanno reso l’attività sperimentale, pur condotta secondo protocollo, scarsa di risultati trasferibili. A questo quadro d’insieme va aggiunta la lentezza della risposta colturale al dispositivo sperimentale (fertilizzazione con compost e digestati x lavorazione del terreno a basso livello di input). Pertanto, a conclusione del triennio 2011-2013, è possibile trarre le seguenti conclusioni, per quanto parziali. La lavorazione superficiale è adattabile alla coltura della brassica, purché eseguita tempestivamente, e consente un risparmio energetico, come è negli obiettivi del Protocollo di Kyoto. La fertilizzazione mista organo-minerale è risultata adeguata a una gestione del suolo di tipo conservativo. E' possibile ridurre la densità di semina della coltura tra 4 e 8 Kg ha-1. Tuttavia, se la dose più bassa comporta una minore competizione intraspecifica, quella intermedia può compensare eventuali fallanze conseguenti alla non tempestiva lavorazione del terreno o alle condizioni climatiche avverse nella fase di emergenza della coltura. Negli ambienti mediterranei semi-aridi, non è prudente anticipare troppo l'epoca di semina in quanto le condizioni ottimali di tempera del terreno ricorrono solitamente in pieno autunno (novembre inoltrato). Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.) L’obiettivo della sub-task è stato il confronto tra itinerari agronomici a basso impatto ambientale in relazione a due fattori di variazione: la lavorazione del terreno e la fertilizzazione azotata applicate su due colture in rotazione: la barbabietola da zucchero e il sorgo zuccherino. La maggior parte delle aree del Mediterraneo è caratterizzata da un bilancio idrico negativo, una stagione piovosa breve e irregolare, temperature estreme in estate, perdita di sostanza organica, scarsa strutturazione del suolo, elevata salinità. Queste aree sono soggette all'erosione idrica e/o eolica (Kassam et al., 2012). Alcune pratiche agricole, a cominciare dalle lavorazioni, aggravano questo insieme di situazioni per cui è opportuno il ricorso al "no-tillage" e/o "minimum tillage", che non disturbano il suolo e ne conservano le caratteristiche chimico-fisiche. L'adozione di buone pratiche agricole di tipo conservativo consente una distribuzione di fertilizzanti congrua al bilancio nutritivo della coltura e un'efficiente gestione dell'acqua irrigua. Il fine dell'attività sperimentale è dimostrare come due colture gestite a basso input possono rispondere con una buona resa e conservare l'agro-ecosistema. Entrambe le specie sono state coltivate per la filiera del bio-etanolo in cui sono richiesti bassi input. Nonostante la brevità dell’attività sperimentale, per cui non si può tenere conto degli effetti di avvicendamento delle colture, sono emerse alcune utili indicazioni. 199 Il sorgo ha confermato di essere una coltura con una buona efficienza d'uso dell'azoto (Gardner et al.,1994). Per la stessa ragione, la mancanza di risposte produttive all’applicazione di azoto è un fenomeno comunemente osservato (Barbanti et al., 2006). Inoltre, poiché la resa in zucchero non è variata con la fertilizzazione azotata,si desume che esso può essere coltivato con un modesto livello di azoto N senza ripercussioni negative su questo parametro produttivo. Una risposta diversa è stata osservata nella barbabietola la cui sensibilità alla carenza azotata è ben nota in quanto provoca ritardo nella crescita, chiusura della copertura vegetale, accelerazione della senescenza fogliare e ridotta intercettazione della radiazione solare (Mildford, 1985; Draycott e Christenson, 2003). Barbabietola da zucchero e sorgo zuccherino hanno confermato l’ottima capacità di utilizzare l'acqua immagazzinata nel terreno grazie ai loro apparati radicali profondi (Vamerali et al., 2003; Himmelbauer et al, 2004) . L'acqua immagazzinata nei mesi precedenti la semina ha permesso alle colture di non soffrire lo stress idrico, nonostante l'irrigazione deficitaria applicata. Questo potrebbe spiegare gli elevati valori di efficienza d’uso dell’acqua irrigua (IWUE) che corrispondono, in pratica, ad una elevata produttività con bassa quantità di acqua irrigua. Un elevato accumulo di biomassa secca del sorgo (26 t ha-1) con una piccola quantità di acqua somministrata (114 mm) è stato sottolineato anche da Curt et al. (1995) in sorgo zuccherino coltivato in Spagna. Questi livelli di produttività sono comparabili con il sorgo da biomassa (Habyarimana et al., 2004) coltivato in ambienti e condizioni irrigue simili a quelle sperimentali discusse, con produzioni di biomassa secca compresi tra 20 e 29 t ha-1. Tuttavia, va sottolineato che in ambiente mediterraneo IWUE può variare notevolmente (da 6 a 23 kg m-3) a parità di volumi, soprattutto con regimi irrigui deficitari. Questo può essere spiegato principalmente dall’entità e distribuzione delle precipitazioni prima della semina ma anche dall’umidità del suolo alla semina. La risposta della barbabietola da zucchero, in termini di IWUE riferita alle radici fresche, è stata simile a quella riportata da Rinaldi e Vonella (2006) nello stesso ambiente di coltivazione e in condizioni analoghe di deficit idrico, con produzioni di radici fresche comprese tra 38 e 60 t ha-1 in tre anni sperimentali, alquanto vicine ai risultati delle attività sperimentali discusse, da 38 a 41 t ha-1 ottenuti con 100 mm di acqua irrigua e 440 millimetri di pioggia (media delle prime due stagioni colturali). Come riferito per il sorgo, l’elevata variabilità di IWUE riportata in letteratura per la barbabietola (da 19 a 44 kg m-3) induce a considerare l'impatto del contenuto iniziale di acqua del suolo sulle prestazioni finali della coltura. In sintesi, la pratica della semina su sodo ha portato il suolo ad un regime abbastanza stabile per cui le produzioni delle due specie in avvicendamento non hanno subito alcuna riduzione dalla semina diretta. La brevità dell’avvicendamento ha penalizzato la produttività della barbabietola ma non quella del sorgo zuccherino. Il sorgo zuccherino ha confermato la sua capacità di utilizzare con parsimonia le ridotte disponibilità idriche e di trasformare l'acqua di irrigazione in modo molto efficiente, con rese molto elevate, sia in termini di biomassa fresca che secca. 200 Per quanto riguarda la risposta alla concimazione azotata minerale, la barbabietola da zucchero ha mostrato una maggiore sensibilità alla carenza di input esterni, in confronto con i risultati del sorgo. Bibliografia di riferimento: 1) Barbanti, L., Grandi, S., Vecchi, A., Venturi, G., 2006. Sweet and fibre sorghum (Sorghum bicolor (L.) Moench), energy crops in the frame of environmental protection from excessive nitrogen loads. Eur. J. Agron. 25:30-39. 2) Curt, M.D., Fernandez, J., Martinez, M., 1995. Productivity and water use efficiency of sweet sorghum (Sorghum bicolor (L.) Moench cv «Keller») in relation to water regime. Biomass Bioenergy. 8 (6): 401-409. 3) Draycott, A.P., Christenson, D.R., 2003. Nutrients for Sugar Beet Production: Soil–Plant Relationships. CAB International, Wallingford, 242 pp. 4) Gardner, J.C., Maranville, J.W., Paparozzi, E.T., 1994. Nitrogen use efficiency among diverse sorghum cultivars. Crop Sci. 34:728-733. 5) Habyarimana, E., Bonardi, P., Laureti, D., Di Bari, V., Cosentino, S., Lorenzoni, C., 2004. Multilocational evaluation of biomass sorghum hybrids under two stand densities and variable water supply in Italy. Ind. Crop Prod.. 20: 3-9. 6) Himmelbauer, M.L., Loiskandl, W., Kastanek, F., 2004. Estimating length, average diameter, and surface area of roots using two different image analysis systems. Plant Soil. 260: 111–120. 7) Kassam, A., Friedrich, T., Derpsch, R., Lahmar, R., Mrabet, R., Basch, G., González-Sánchez E.J., Serraj, R., 2012. Conservation agriculture in the dry Mediterranean climate. Field Crops Res.132: 7-17. 8) Milford, G.F.J., Pocock ,T.O., Jaggard, K.W., Biscoe, P.V., Armstrong, M.J., Last, P.J., Goodman, P.J., 1985. An analysis of leaf growth in sugar-beet. 4. The expansion of the leaf canopy in relation to temperature and nitrogen. Ann. Appl. Biol. 107: 335–347. 9) Rinaldi, M., Vonella, A.V. 2006. The response of autumn and spring sown sugar beet (Beta vulgaris L.) to irrigation in Southern Italy: water and radiation use efficiency. Field Crops Res. 95, 2-3: 103-114. 10) Sepaskhah, A.R., Kamgar-Haghighi, A.A., 1997. Water use and yields of sugarbeet grown under every-other furrow irrigation with different irrigation intervals. Agric. Water Manage. 34: 71-79. 11) Vamerali, T., Ganis, A., Bona, S., Mosca, G., 2003. Fibrous root turnover and growth in sugar beet (Beta vulgaris var. saccharifera) as affected by nitrogen shortage. Plant and Soil. 255: 169– 177. Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) Si rimanda alla relazione della U.O. UNIBO cui sono stati trasmessi i dati necessari all’implementazione del software dedicato SIMAPRO per la valutazione dei carichi ambientali nel ciclo di vita della coltura di cardo, sulla base dei dati sperimentali inediti forniti dalla U.O. del C.R.A. – S.C.A. (cfr. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a. 201 Task 4.3 Analisi Territoriale (a cura di Castrignanò et al.) Questa task è preliminare nei confronti delle altre task e sub-task che la precedono in questa nota poiché ricopre un ruolo introduttivo. La sua collocazione, pertanto, si attiene alla ripartizione generale stabilita nel Progetto BIOSEA. L’obiettivo generale di questa specifica attività di ricerca è la delineazione di aree idonee alla coltivazione della barbabietola da zucchero a fini energetici (filiera del bio-etanolo), per cui si è resa necessaria preliminarmente la caratterizzazione agro-ambientale di un’area di studio della Capitanata (FG). Le regioni agro-ambientali omogenee sono state definite sulla base delle condizioni climatiche, topografiche ed edafiche, utilizzando una procedura innovativa di clustering geografico, basata sul calcolo della funzione non parametrica di densità di probabilità (Silverman 1986; Scott 1992). La scelta di questo algoritmo è scaturita dalla possibilità di fornire in uscita cluster di differente forma ed estensione e di poter rappresentare, anche mediante una visualizzazione 3D, la variabilità residua all’interno di ciascun cluster. Questo studio ha proposto un approccio combinato geostatistica + clustering geografico, in grado di fornire strumenti utili per tracciare i confini tra aree agro-ecologiche differenti. Rispetto a quelli tradizionali, presenta i seguenti vantaggi: - grande flessibilità possibilità di automazione, almeno parziale classificazione continua della variabilità visualizzazione grafica 3D. L’analisi, condotta alle scale di campionamento e di osservazione delle banche dati disponibili, pedologica e meteorologica, non ha rivelato chiare proprietà distintive fra i vari cluster. Infatti, uno studio finalizzato alla classificazione dell’attitudine territoriale alla coltivazione di specie energetiche avrebbe richiesto un grado di dettaglio superiore per la determinazione dei parametri agro-ecofisiologici. Per ovviare a questo limite, è stato messo a punto un approccio quantitativo e sufficientemente riproducibile per la delineazione di aree con un diverso grado attitudinale alla coltivazione della barbabietola. Il metodo utilizzato, tuttavia, ha il vantaggio di essere flessibile, adattabile a qualsiasi coltura ed estendibile ad un numero, praticamente infinito, di indicatori. Consiste nella scelta e definizione di indicatori individuali, ritenuti rilevanti alla determinazione dell’attitudine del territorio alla coltivazione della barbabietola, anche sulla base dell’analisi agro-ambientale precedente. La geostatistica e l’analisi alle componenti principali hanno consentito la spazializzazione e definizione di un indice globale di tale attitudine. L’esempio trattato ha preso in considerazione solamente fattori ambientali; tuttavia il metodo può essere facilmente esteso in modo da includere anche fattori economici e socio-culturali. 202 Il pregio dell’attività discussa nelle relazioni intermedie del primo e secondo anno di attività del Progetto BIOSEA risiede nella determinazione quantitativa e obiettiva del grado attitudinale di un territorio vs. una determinata coltura, determinazione che si è dimostrata sempre alquanto difficile. D’altronde, dalla necessità di definire nuovi sistemi colturali che abbiano caratteristiche di sostenibilità, sia economica che ambientale, è emersa l’esigenza di utilizzare indicatori misurabili su cui poter basare una razionale pianificazione del territorio. A tale scopo è richiesta innanzitutto una chiara definizione di che cosa si intenda per “attitudine ambientale alla coltivazione” di una determinata coltura; in un secondo momento, si dovranno selezionare specifici indici di attitudine, che possano essere assunti come una base obiettiva per la valutazione dell’attitudine ambientale. La letteratura scientifica offre un’ampia gamma di proposte, ma manca a tutt’oggi una metodologia generalmente accettata. Come regola generale, la maggior parte delle definizioni di “attitudine ambientale” considera la capacità della coltura alla produzione. L’attitudine, però, non può essere definita sulla base di un unico processo, poiché si tratta di un concetto estremamente complesso che può riguardare diversi aspetti (ambientale, economico, sociale, culturale) ed è caratterizzato da proprietà dinamiche, ampiamente variabili nello spazio e nel tempo. E’ pertanto essenziale fornire informazioni sulla variabilità di quei fattori ritenuti critici nella definizione dell’attitudine ambientale, quali la localizzazione geografica, la topografia, le caratteristiche pedologiche e climatiche. Dovrebbe inoltre essere tenuto presente che un qualsiasi approccio, mirato alla definizione dell’attitudine, dovrebbe essere olistico e non riduzionistico, con i dati di diversa natura integrati in modo tale che ciascun indicatore individuale sia combinato e opportunamente pesato (Castrignanò et al., 2009). Nel caso di dati mancanti la metodologia proposta dovrebbe essere anche in grado di stimare l’attitudine, in quanto la valutazione e previsione della sua variazione spaziale comporta la stima dei valori dell’indicatore nei punti in cui non si hanno osservazioni. Differenti tecniche di interpolazione spaziale sono state utilizzate e implementate nei sistemi GIS. Tuttavia, la geostatistica va preferita perchè permette di tener conto della correlazione spaziale fra osservazioni riferentesi a parametri multipli. Bibliogafia di riferimento - - Castrignanò, A., Guastaferro, F., De Benedetto, D., Moneta, A., Basso, B., Troccoli, A., Pisante, M., 2009. Delineation of site-specific management zone using geostatistics and fuzzy clustering analysis. Precision Agriculture ’09, edited by E.J. van Henten, D. Goense and C. Lokhorst, 477484. Scott, D. W. (1992). Multivariate density estimation: Theory, practice, and visualization. New York: Wiley. Silverman, B. W. (1986). Density estimation. New York: Chapman and Hall 203 2.12.2.3 Divulgazione dei risultati Giornate di studio e in campo - - - Giornata di studio su “La canna comune (Arundo donax L.) coltura da bioenergia: stato dell’arte e prospettive”. Relazione “L’impianto del canneto in ambiente mediterraneo” di Palumbo, A.D., Scarcella, M., Campi, P., Mastrorilli, M. Bologna, 29 maggio 2012. Giornata in campo “Il CRA – CAR a Monteroni di Lecce – Incontro con la Municipalità di Monteroni di Lecce”. “Il Progetto BIOSEA: le prove sperimentali in atto su Arundo donax” di M. Mastrorilli. Monteroni di Lecce (LE), 12 maggio 2013. Giornata di studio su “Le Brassicacee idonee per il biodiesel”. Relazione “I risultati ottenuti nel Sud Italia” di De Mastro, G., e Palumbo, A. D. Legnaro (PD), 18 giugno 2013. Presentazione a convegni - - LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Relazione orale di Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. “Risposta di una Rotazione Biennale ‘Barbabietola da Zucchero-Sorgo Zuccherino’ a Itinerari Agronomici Diversificati per la Lavorazione e la Fertilizzazione del Suolo in Regime Irriguo”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Sessione Sistemi Colturali, 11-15. LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013. Poster di Palumbo, A. D., Fiore, A., Diacono, M., D’Andrea, L., Montemurro, F.. “Risposta di Brassica Carinata a Itinerari Diversificati di Lavorazione e Fertilizzazione del Suolo in Regime Asciutto”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 1820 settembre 2013. Sessione Gestione del Suolo e delle Risorse, 131-133. Articoli 1) De Mastro, G., Grassano, N., D’Andrea, L., Palumbo, A.D., 2011. GIS-based evalation of Cardoon (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) suitability in Apulia Region. In: Proceedings of the 19th European Biomass Conference and Exhibition, 6-10 June 2011, Berlin, Germany. 579-584. 2) Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. Response of a TwoYear 'Sugar Beet-Sweet Sorghum' Rotation as Influenced by Agronomic Management Diversified for Soil Tillage and Nitrogen Fertilization. Italian Journal of Agronomy (submitted 4-12-2013). 204 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari 2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania Ottimizzazione delle tecniche colturali e biologiche per il miglioramento della produttività di colture da biomassa per energia nell’ambiente caldo-arido mediterraneo Responsabile scientifico: Prof. Salvatore Cosentino 205 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari 2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle tecniche colturali e biologiche per il miglioramento della produttività di colture da biomassa per energia nell’ambiente caldo-arido mediterraneo Responsabile scientifico: Prof. Salvatore Cosentino 2.13.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.13.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Nel corso del terzo anno di attività sono state realizzate nuove prove relative a colture annuali (sorgo) e poliennali (Saccharum) e sono proseguite le attività avviate negli anni precedenti sulle specie poliennali (Arundo). Tutte le prove sono state condotte presso i campi sperimentali dell’Università degli Studi di Catania. Le attività realizzate afferiscono al WP1 Agrotecnica, Task 1.1, sub-task 1.1.3, 1.1.4 (attività A e B), sub-task 1.1.7. Nell’ambito del sub-task 1.1.3 sono stati valutati nuovi genotipi provenienti dagli Stati Uniti. Si tratta di selezioni realizzate appositamente per la produzione di biomassa che vengono coltivati per la prima volta in Europa. Nella sub-task 1.1.4 nell’ambito dell’attività A è stato valutato per il terzo anno consecutivo l’effetto dello svellimento dell’apparato rizomatosi di un vecchio canneto. I risultati hanno confermato quanto messo in evidenza nelle precedenti relazioni, e cioè che l’asportazione pressochè totale o parziale del vecchio rizoma, effettuata nel corso dell’estate 2011 ha compromesso, anche a causa dell’aridità estiva, un buon insediamento dei tratti di rizoma residui nel suolo e la ricostituzione di un nuovo canneto. Relativamente all’attività B è stata valutata la capacità di insediamento di consociazioni tra specie diverse da biomassa per energia (Arundo, Miscanto, Saccharum, Sorghum halepense). Sfortunatamente, a causa dell’andamento pluviometrico dell’annata 2012-2013, buona parte delle specie annuali non si sono insediate e tra quelle poliennali sono state osservate diverse fallanze. Le consociazioni sopravvissute non hanno fatto rilevare differenze sostanziali con le specie in coltura pura, ma è stata rilevata una significativa risposta produttiva alla disponibilità di azoto. Nell’ambito della sub-task 1.1.7 è stata valutata la risposta produttiva del Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hackel o canna d’Egitto, specie spontanea della flora siciliana, alla disponibilità idrica. A questo scopo, alcune parcelle della suddetta specie insediate nel 2003 sono state sottoposte a livelli crescenti ri restituzione dell’ETm. La specie ha mostrato, indipendentemente dal livello di restituzione dell’evaporato una notevole capacità produttiva, in linea con quella delle ben più note Arundo e Miscanto. La tesi I100 ha fatto registrare i valori della 206 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari produttività più elevati, pari a 33,5+ 2,4 t ha-1 s.s., contro 27,8 + 0,3 t ha-1 s.s. della tesi I50 e 22,1+ 2.2 t ha-1 s.s. della tesi I0. Le attività della sub-task 1.3.5, e delle task 3.1 e 4.2 sono in corso. Tabella 2.13.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Sub-task 1.1.3 Sub-task 1.1.4 - Attività A - Attività B Sub-task 1.1.5 Stato di avanzamento Non avviato Avviato/ in corso Concluso X X X X X Sub-task 1.1.7 X Sub-task 1.3.1 X Sub-task 1.3.2 X Task 3.1 X Task 4.2 X 2.13.1.2 Relazione sull’attività svolta Task 1.1 – Agrotecnica in colture dedicate alla filiera bio-termoelettrica Sub-task 1.1.3 – Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da fibra in semina tradizionale e anticipata. Nel corso del 2013 sono stati valutati nuovi genotipi di sorgo zuccherino e da fibra provenienti da selezioni operate negli Stati Uniti d’America (Ceres, Inc. 1535 Rancho Conejo Boulevard, Thousand Oaks, CA, 91320, United States - www.ceres.net). La prova è stata condotta presso l’azienda sperimentale della Facoltà di Agraria di Catania, contrada Passo Martino, su suolo alluvionale profondo (tabella 2.13.1.2). Sono stati messi a confronto con due genotipi testimone (Sugargraze (Z) e Sucro 506 (Z)) 20 genotipi di sorgo, 8 zuccherini e 12 da fibra (tabella 2.13.1.3) in parcelle della dimensione di 2,4 m2 costituite di due file di 2,4 m distanti tra loro 0,50 m e una distanza tra le piante di 0,16 m, con un investimento unitario di 12,5 piante m 2 . La semina è avvenuta l’8 maggio 2013. 207 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Tabella 2.13.1.2– Caratteristiche chimico-fisiche del suolo su cui è stata effettuata la prova Caratteristiche suolo Valore sabbia (%) metodo USDA limo (%) metodo USDA argilla (%) metodo USDA pH (in soluzione acquosa) sostanza organica (%) metodo Walkley e Black) capacità di campo a 0,3 Mpa (%) punto d’appassimento a -1,5 Mpa (%) 41,2 31,1 28,7 8,60 1,40 25,6 9,80 Tabella 2.13.1.3 – Elenco dei genotipi di sorgo (Sorghum bicolor (L.) Moench) allo studio Zuccherini 1. Sugargraze(Z) Testimone 2. ES28(Z) 3. EJX39(Z) 4. Sucro 506(Z) Testimone 5. BRS30(Z) 6. EJX35(Z) 7. EJX44(Z) 8. EJ27(Z) 9. EJX45(Z) 10. EJ26(Z) da fibra 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. EJX38(F) EJX34(F) EJX37(F) EJX36(F) EJX41(F) EJX40(F) EJX43(F) ES29(F) EJX42(F) EJX32(F) EJX31(F) EJX33(F) E’ stato adottato uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre ripetizioni. Prima della semina è stata effettuata l’aratura a 35 cm seguita da una fresatura con vibrocoltivatore. Sono stati somministrati, pre-semina, 100 Kg ha-1 di perfosfato semplice (19%). Alla semina 100 Kg ha-1 di azoto, il 50 % come solfato ammonico 21%, il resto in copertura (nitrato ammonico 21%). L’irrigazione è stata effettuata ogni qualvolta la sommatoria dell’evapotraspirazione massima giornaliera (ETm), al netto delle piogge utili, raggiungeva i 2/3 dell’acqua disponibile nei primi quaranta centimetri di terreno (59 mm). L’ETm è stata calcolata sommando l’evaporato giornaliero da evaporimetro di classe “A”, corretto mediante il coefficiente ambientale 0,85 ed il coefficiente colturale Kc, compreso tra 0,4 e 0,7 dall’emergenza all'inizio della levata, tra 0,7 e 1,1 dall'inizio alla fine della levata, pari a 1,1 dalla fine della levata alla fioritura, e da 1,1 a 0,7 dalla fioritura fino ad ottobre (Doorembos e Pruit, 1977). Il metodo di irrigazione adottato è stato quello a microportata di erogazione utilizzando una manichetta forata. I turni irrigui ed i volumi di adacquamento sono stati determinati in funzione dell’ETm giornaliera. Il volume di adacquamento è stato calcolato sulla base della seguente formula: V = 2/3 (CC – PA) x Ф x 0,4 x 10.000 dove: V = volume di acqua impiegata, espressa in mm; 208 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari CC = capacità di campo media in questo caso pari al 25,6%; del peso secco del suolo; PA = punto di appassimento medio, espresso in % del peso secco del terreno, in questo caso pari a 9,8; Ф = densità media apparente del terreno fino ad una profondità di 80 cm pari 1,2 g cm-3; 0,4 = profondità in metri del terreno da umettare; 10.000 = 1 ha Complessivamente sono stati somministrati, da maggio ad agosto, 514 mm di acqua. Il controllo delle infestanti è stato effettuato con diserbo chimico pre-semina con Primagram Gold (S-Metolachlor + Terbutilazina) ed post-emergenza con Joker (Dicamba). Durante lo svolgimento della prova sono stati effettuati i seguenti rilievi: - meteorologici (temperatura massima e minima dell’aria, tramite termometro di massima e di minima); umidità dell’aria (igrometro); precipitazioni (pluviometro); biologici (le date delle principali fasi fenologiche (emergenza, fioritura, maturazione lattea, maturazione fisiologica) secondo il codice riportato da Vanderlip et al. (1972). Alla raccolta, effettuata il 04/10/2013, sono stati rilevati: - caratteri morfo-biometrici (statura delle piante, numero di foglie verdi); produzione di biomassa e sue componenti (numero di culmi sull’unità di superficie, peso fresco e secco di culmi, foglie, infiorescenze); indice dell’area fogliare (LAI); indice rifrattometrico (°Brix) dei culmi. Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli. Nulla da segnalare Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale Nessuno Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Programma completato Sub-task 1.1.4 Valutazione della produttività di Arundo in funzione dell’agrotecnica e della tipologia di materiale di propagazione. L’obiettivo di questa attività di ricerca è stato quello di verificare: 209 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari - le modalità di svecchiamento di vecchi canneti al fine di mantenere costante la loro capacità produttiva e di ricavare materiale di propagazione da utilizzare per la realizzazione di nuovi impianti (Attività A). itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento dell’efficienza d’uso della radiazione solare(Attività B). - Attività A - Svecchiamento di vecchi canneti (III anno) Un canneto impiantato nel 1997 presso l’azienda didattico-sperimentale dell’Università di Catania, nella Piana di Catania, della superficie di 1209,6 m2, costituito di 27 parcelle di 44,8 m2, non più sottoposto ad interventi colturali oltre quelli programmati nell’anno di impianto e nei tre anni immediatamente successivi, è stato oggetto, nel 2011 (8 agosto), di una prova di ‘svecchiamento’. Su una superficie di 400 m2 sono stati effettuati interventi meccanici di frammentazione dell’apparato rizomatoso esistente con strumenti discissori. Dopo il taglio delle canne dell’anno, Sono stati posti allo studio i seguenti trattamenti: T - nessuno svellimento del rizoma (Testimone). T1 - discissura dell’apparato rizomatoso e asportazione dei tratti di rizoma emersi sulla superficie del suolo; T2 - discissura dell’apparato rizomatoso senza asportazione dei tratti di rizoma. Ciascuna tesi occupava una superficie di 120 m2 (8 m x 15 m). Per lo svellimento dell’apparato rizomatoso è stato utilizzato uno strumento ripuntatore a sette denti trainato da un trattore di 120 cv; tale operazione ha determinato il sollevamento di grosse zolle di terreno frammiste a porzioni di rizoma. Le zolle sono state appianate mediante il passaggio delle ruote dell’aratro. Nella tesi T1 le zolle superficiali contenenti grosse porzioni di rizoma sono state raccolte da una pala caricatrice ed allontanate dal campo. Successivamente, in tre aree per ciascuna tesi, sono stati rilevati il ritmo di emergenza delle nuove canne e lo sviluppo di queste. Il canneto, nel corso del terzo anno, non è stato sottoposto ad alcun intervento colturale, con particolare riguardo a irrigazione, concimazione e controllo delle infestanti. Alla fine del terzo ciclo produttivo, le canne sono state tagliate per la determinazione della biomassa prodotta. La raccolta della biomassa è stata effettuata il 16 dicembre 2013. Nelle tre aree di saggio per ciascuna tesi (dimensione 4 x 4m) sono stati effettuati rilievi distruttivi per determinare: - la produzione di biomassa e le sue caratteristiche (densità dei culmi, umidità della biomassa, ripartizione della biomassa nelle sue componenti, foglie, culmi, infiorescenze); i caratteri biometrici delle canne raccolte (altezza, diametro alla base). Attività B - Valutazione di itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento dell’efficienza d’uso della radiazione solare. 210 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Questa linea di ricerca si propone l’obiettivo di ottimizzare la tecnica colturale di Arundo donax ai fini del risparmio energetico e della massimizzazione della produzione di biomassa. La prova sperimentale, realizzata presso l’Azienda didattico sperimentale dell’Università di Catania (Piana di Catania) nell’autunno 2011, ma il suo completamento è avvenuto nel mese di aprile 2012. Utilizzando un disegno sperimentale a parcella suddivisa con due ripetizioni, sono stati posti allo studio due fattori sperimentali: - composizione della consociazione livello di concimazione La consociazione è stata realizzata utilizzando le seguenti specie: - Arundo donax Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum Sorghum halepense Ampelodesmos mauritanicus Medicago arborea Trifolium subterraneum I livelli di concimazione sono stati tre: - N80 (80 kg ha-1 di N, 100 kg ha-1 di P2O5) N40 (40 kg ha-1 di N, 50 kg ha-1 di P2O5) N0 (nessuna concimazione, testimone) La combinazione delle specie in consociazione è ripotata nella tabella 2.13.1.4. Rilievi previsti: - Biometrici (densità dei culmi per cespo, altezza dei culmi) Produzione di biomassa e sue componenti Fisiologici (fotosintesi, traspirazione, conduttanza stomatica) Qualitativi: umidità, fibra (NDF, ADF, ADL), ceneri] La raccolta della biomassa è stata effettuata nel mese di febbraio 2013 211 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Tabella 2.13.1.4 – Numero di specie e composizione delle consociazioni allo studio Numero specie 5 Specie nella consociazione 4 3 3 3 Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum halepense – Medicago arborea Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus – M.arborea Arundo donax – Saccharum spontaneum – Sorghum halepense - Medicago arborea Arundo donax – Saccharum spontaneum – Sorghum halepense Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus Arundo donax – Saccharum spontaneum – Medicago arborea 3 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum halepense Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum halepense Saccharum spontaneum – Sorghum halepense - Medicago arborea Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus - Medicago arborea Arundo donax – Sorghum halepense - Medicago arborea Arundo donax – Saccharum spontaneum Arundo donax – Sorghum halepense Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus Arundo donax – Medicago arborea Saccharum spontaneum - Sorghum halepense Saccharum spontaneum - Ampelodesmos mauritanicus Saccharum spontaneum - Medicago arborea Sorghum halepense - Medicago arborea Ampelodesmos mauritanicus - Medicago arborea Arundo donax Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum Sorghum halepense Ampelodesmos mauritanicus Medicago arborea Arundo donax – Trifolium subterraneum Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum – Trifolium subterraneum Sorghum halepense – Trifolium subterraneum Ampelodesmos mauritanicus – Trifolium subterraneum 4 Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli. Nulla da segnalare Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale Nessuno Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Programma completato 212 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Sub-task 1.1.7 – Prime valutazioni delle potenzialità produttive di specie da biomassa meno note da introdurre nelle filiere esistenti: Saccharum aegyptiacum Alcune specie erbacee poliennali tra cui Arundo donax L. e Cynara cardunculus var. silvestris D.C.) sono considerate tra le più adatte alla coltivazione negli ambienti dell’Europa meridionale per la produzione di biomassa da destinare alla filiera termo-elettrica o alla conversione in bioetanolo di seconda generazione. Molte altre specie perenni, presenti allo stato spontaneo negli ambienti caldoaridi mediterranei, presentano le stesse prerogative delle suddette specie e potrebbero essere quindi introdotte in coltura in questi ambienti. Una delle più interessanti è Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hackel o canna d’Egitto (figura 2.13.1.1). La canna d’Egitto è una poacea cespitosa, perenne, rizomatosa con culmi eretti (2-4 m), robusti, pieni ed internodi solidi, il cui aspetto ricorda molto da vicino il miscanto. Possiede foglie pelose sulla guaina, con lamina glabra di colore verdastro tendente al bianco-argentato, tagliente ai margini (50-200 cm), scabra, larga 1-3 cm, ma generalmente convoluta. Ligula bi-auricolata e pelosa. Pannocchia ampia, a contorno lanceolato (20-50 cm), lanosa con spighette 4-6 mm avvolte da peli di 10-12 mm; racemi 3-15 cm con rachide fragile ai nodi, glume acuminate, cigliate alla base; spighette 4-6 cm, appaiate (una sessile e l’altra peduncolata), avvolte da peli di 10-12 mm; glume acuminate, cigliate alla base (Pignatti, 1982). Figura 2.13.1.1 - Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hackel. (Foto DISPA) Nel 2005, in aree costiere vicine alla citta di Catania sono stati raccolti porzioni di rizoma della suddetta specie con le quali presso l’azienda agraria sperimentale dell’Università di Catania sono stata impiantate delle parcelle sperimentali utilizzando due tratti di rizoma per metro quadrato. Nel corso dell’anno d’impianto le parcelle sono state irrigate per favorire un ottimale insediamento e 213 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari una copertura Nella primavera 2013 sulle suddette parcelle sono state effettuate prove di valutazione della produttività in condizioni differenziate di disponibilità idrica. Metodologia Località: Catania (Sicilia,10 m sl.m., 37°25’N Lat., 15°30’E Long.) Fattori allo studio: 3 livelli di restituzione idrica - I100 (100% ETm) I50 (50% ETm) I0 (asciutto) Parcella: 5 x 3 m Disegno sperimentale: blocchi randomizzati con tre ripetizioni L’irrigazione è stata differenziata a partire da giugno 2013 (figura 2.13.1.2). Figura 2.13.1.2 – Particolare di due parcelle sperimentali: a destra la tesi I0, a sinistra la tesi I100 L’irrigazione è stata determinata in modo da garantire la disponibilità prevista nei primi 0,60 metri di suolo secondo la formula seguente (Doorenbos and Pruitt, 1979) V = 0,66 (FC − WP) × Ф × D × 103 dove V = acqua necessaria (69,7 mm); 0.66 = livello di acqua disponibile nel suolo senza alcuna limitazione per l’evapotraspirazione; FC = acqua alla capacità di campo, uguale al 27% del peso secco del suolo; WP = acqua al punto di appassimento, uguale all’11% del peso secco del suolot; 214 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Ф = densità apparente, 1,1 g cm−3); D = approfondimento delle radici, 0.6 m. L’irrigazione è stata effettuata quando la somma dell’evapotraspirazione giornaliera (ETc) corrispondeva a V. L’evapotraspirazione giornaliera (ETm) è stata calcolata secondo la seguente formula: ETm = E0 × Kp× Kc dove E0 è l’evaporazione da evaporimetro di classe A pan (mm); Kp il coefficient di area, uguale a 0.80 per gli ambienti semi-aridi; Kc il coefficient colturale, compreso tra 0,7 e 1.1 dall’inizio alla fine dell’accrescimento dei culmi. La pioggia è stata sottratta dal calcolo giornaliero. La quantità di acqua somministrata nel corso del 2013 alla coltura è stata di 400 e 200 mm rispettivamente nella tesi I100 e I50. I rilievi fisiologici sono stati effettuati utilizzando un sistema portatile di misura della fotosintesi (LICOR 6400 system, LI-COR Bioscience) before the water stress (May); I rilievi sono stati effettuati a partire dal mese di Maggio, prima che si manifestasse lo stress idrico, durante la fase di stress (giugno e agosto) e successivamente (Settembre). Nel corso del ciclo colturale sono state registrate le variabili meteorologiche: temperatura massima e minima dell’aria e pioggia mediante data loger collocato in prossimità della prova (CR10, Campbell Scientific, USA). La raccolta della biomassa è avvenuta a febbraio 3013. La resa in biomassa fresca e secca è stata stimata su una sub-parcella di 4,6 m2 (1,5 x 3,0 m). Su 10 piante campione sono stati effettuati i seguenti rilievi bio-morfologici: - Altezza dei culmi Diametro basale dei culmi Peso unitario dei culmi Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli. Nulla da segnalare Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale Nessuno Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale Programma completato Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014 Completamento analisi chimiche 215 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari 2.13.1.3 Risultati conseguiti Task 1.1 – Agrotecnica in colture dedicate alla filiera bio-termoelettrica Sub-task 1.1.3 - Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da fibra in semina tradizionale. Andamento meteorologico L’annata 2012-2013 si è caratterizzata per un andamento termo-pluviometrico alquanto anomalo. La piovosità è stata particolarmente scarsa, pari a poco meno di 350 mm da ottobre 2012 a settembre 2013, corrispondente a circa il 50% di quella poliennale della stessa area (680 mm) (Figura 2.13.1.3 e 2.13.1.4). Figura 2.13.1.3 - Andamento delle temperature e delle precipitazioni a Catania nel 2012-2013 a confronto con quello di annate precedenti 216 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Figura 2.13.1.4 - Andamento delle precipitazioni a Catania nel 2012-2013 a confronto la media trentennale delle precipitazioni dello stesso periodo Ciclo biologico Il confronto tra i genotipi è stato limitato alla fase dalla emergenza alla fioritura, dal momento che al sopraggiungere degli abbassamenti della temperatura dopo l’estate, solo pochi genotipi hanno completato il loro ciclo biologico. La durata dell’intervallo semina-emergenza, nella media dei genotipi, è stata di 7,85 giorni, con una variabilità compresa nell’arco di 7 giorni. Dall’emergenza alla fioritura, in media, sono trascorsi 103,2 giorni. Tre genotipi sono stati i più precoci con la durata del suddetto intervallo pari circa a 94 giorni (EJX31, EJX33, entrambi da fibra e EJ26 zuccherino). Tutti gli altri genotipi hanno fatto accertare una durata pari a 102-106 giorni. Nel genotipo Sugargraze questo intervallo è stato di 112 giorni (figura 2.13.1.5, tabella 2.13.1.5). Dalla semina alla fioritura sono trascorsi in media 112 giorni. Sugargraze, il genotipo più tardivo, ha impiegato 123 giorni a fiorire; i tre genotipi più precoci sono stati EJX31, EJX33 e EJ26 (tra 100 e 102 giorni). I restanti 18 genotipi hanno svolto questa parte del loro ciclo di sviluppo in un intervallo di tempo di compreso tra 110 e 116 giorni. 217 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Figura 2.13.1.5 – Andamento del ciclo biologico nei genotipi allo studio Ciclo biologico (gg) Sugargraze Sucro 506 EJX45 EJX44 EJX43 EJX42 EJX41 EJX40 EJX39 EJX38 EJX37 EJX36 EJX35 EJX34 EJX33 EJX32 EJX31 BRS30 ES29 ES28 EJ27 EJ26 0 20 40 60 80 100 120 140 *GDS 08/05/13 *Giorni Dopo la Semina semina - emergenza emergenza - fioritura Tabella 2.13.1.5 - Durata del ciclo biologico e di alcuni intervalli di questo dei genotipi allo studio (gg) Genotipo Sugargraze(Z) EJX38(F) ES28(Z) EJX39(Z) EJX34(F) EJX37(F) Sucro 506(Z) BRS30(Z) EJX35(Z) EJX36(F) EJX41(F) EJX44(Z) EJ27(Z) EJX40(F) EJX43(F) EJX45(Z) ES29(F) EJX42(F) EJX32(F) EJX31(F) EJX33(F) EJ26(Z) Media Semina-Emergenza 12,0 10,0 8,0 8,0 7,3 8,0 6,6 8,0 7,3 10,0 8,0 7,0 5,3 8,6 8,6 8,0 7,3 5,6 6,0 8,6 8,0 6,6 7,85 Emerg-Fioritura 111,7 106,0 106,0 106,0 105,7 104,7 105,7 104,0 104,7 102,0 104,0 104,7 106,0 102,7 102,7 102,7 103,0 104,7 104,0 93,7 93,0 93,7 103,2 Durata del ciclo biologico 123,7 116,0 114,0 114,0 113,0 112,7 112,3 112,0 112,0 112,0 112,0 111,7 111,3 111,3 111,3 110,7 110,3 110,3 110,0 102,3 101,0 100,3 111,7 * F= fibra ; Z= zuccherino 218 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Biomassa fresca La produzione di biomassa fresca rilevata al momento della raccolta (04/10/13), nella media dei genotipi allo studio, è risultata pari a 120,4 t ha-1 con un contenuto medio di umidità del 77,7%. La biomassa era costituita per il 99,1% da culmi, la restante parte da foglie (19,9%) e infiorescenze (1,5%). Il genotipo ES28 ha fatto accertare la resa più elevata (157,9 t ha-1), insieme a EJ27 (147,8 t ha-1) e BRS30 (142,1 t ha-1). Solo 2 genotipi hanno prodotto meno di 100 t ha-1 di biomassa fresca (tabella 2.13.1.6). Tabella 2.13.1.6 - Produzione di biomassa totale fresca epigea (t ha-1 s.f.) Genotipi Culmi Foglie Infiorescenze Totale ES28 (z) 135,0 22,9 0,0 157,9 Umidità alla raccolta (%) 75,6 ES29 (f) 99,8 19,1 0,0 118,9 79,3 EJX31 (f) 97,4 23,0 0,0 120,4 79,7 EJX32 (f) 100,2 20,4 0,0 120,6 82,0 EJX33 (f) 94,2 23,0 0,0 117,2 79,7 EJX34 (f) 97,3 17,7 0,0 115,0 80,9 EJX35 (z) 102,7 26,2 0,0 128,9 81,2 EJX36 (f) 102,9 23,4 0,0 126,3 81,9 EJX37 (f) 87,7 20,6 0,0 108,3 72,7 EJX38 (f) 95,9 23,3 0,0 119,2 76,3 EJX39 (z) 88,2 20,7 0,0 108,8 76,6 EJX40 (f) 73,8 24,6 0,0 98,3 80,6 EJX42 (f) 104,3 22,7 0,0 126,9 78,8 EJX44 (z) 62,7 20,8 0,0 83,4 79,7 EJX45 (z) 117,7 19,3 0,0 137,0 75,3 EJX41 (f) 90,2 19,7 1,0 110,9 79,2 EJX43 (f) 93,9 24,1 1,7 119,7 76,2 BRS30 (z) 122,6 16,6 2,8 142,1 77,1 EJ27 (z) 129,7 13,0 5,1 147,8 75,4 EJ26 (z) 116,5 14,7 5,4 136,6 74,9 Sugargraze (z) 87,6 9,3 6,9 103,9 74,7 Sucro 506 (z) 80,3 12,0 9,2 101,6 70,6 Media 99,1 19,9 1,5 120,4 77,7 * F= fibra ; Z= zuccherino Biomassa secca La produzione di biomassa secca totale epigea è risultata, nella media dei genotipi, pari a 27,0 t ha-1 (tabella 2.13.1.7). Cinque genotipi hanno superato le 30 t ha-1: ES28 (38,6 t ha-1), EJ27 (36,4 t ha-1) EJ26 (34,3 t ha-1), EJX45 (33,8 t ha-1) e BRS30 (32,5 t ha-1) dieci genotipi hanno prodotto meno di 219 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari 25 t ha-1 (ES29, EJX31, EJX33, EJX41, EJX35, EJX34, EJX36, EJX32, EJX40 e EJX44); gli altri 7 genotipi hanno prodotto in misura variabile tra 29,9 t ha-1 e 25,5 t ha-1. Tabella 2.13.1.7 – Produzione di biomassa secca totale epigea (t ha-1 s.s.) dei genotipi allo studio Genotipi Culmi Foglie Infiorescenze Totale ES28 (z) 30,7 7,9 0,0 38,6 EJ27 (z) 28,6 5,5 2,3 36,4 EJX45 (z) 27,2 6,6 0,0 33,8 EJ26 (z) 26,5 5,5 2,2 34,3 BRS30 (z) 24,9 6,3 1,3 32,5 EJX37 (f) 22,9 6,6 0,0 29,6 EJX38 (f) 21,0 7,3 0,0 28,3 EJX42 (f) 20,4 6,5 0,0 26,9 EJX43 (f) 20,4 7,4 0,7 28,5 Sucro 506 (z) 20,3 4,9 4,8 29,9 ES29 (f) 19,4 5,1 0,0 24,6 EJX39 (z) 19,3 6,2 0,0 25,5 Sugargraze (z) 19,1 3,7 3,5 26,2 EJX31 (f) 18,3 6,1 0,0 24,4 EJX33 (f) 17,6 6,3 0,0 23,8 EJX41 (f) 17,3 5,7 0,1 23,0 EJX35 (z) 17,1 7,1 0,0 24,3 EJX34 (f) 17,0 5,0 0,0 22,0 EJX36 (f) 16,7 6,1 0,0 22,8 EJX32 (f) 16,6 5,1 0,0 21,8 EJX40 (f) 12,2 6,9 0,0 19,1 EJX44 (z) 10,8 6,1 0,0 16,9 Media 20,2 6,1 0,7 27,0 * F= fibra ; Z= zuccherino Altezza, numero foglie, investimento unitario, peso unitario pianta, LAI e °Brix Le piante al momento della raccolta misuravano in media 296,5 cm. L’altezza è significativamente variata in rapporto al genotipo, tra 355 cm (EJX40) e 285 cm (Sucro 506). Il numero di foglie verdi differenziate per pianta è significativamente variato in rapporto al genotipo (Tabella 2.13.1.8). tra questi si è statisticamente distinta la cv. ES28 (tipo zuccherino) che ha fatto registrare i valori più elevati (20,3 foglie). Il valore più ridotto è stato quello dei testimoni: Sucrosorgo 506 e Sugargraze (12,8 foglie). Alla raccolta l’indice dell’are fogliare risultava pari a 3,2; il valore più elevato, pari a 5,47, è stato rilevato nel genotipo ES28, peraltro il più produttivo. L’indice rifrattometrico misurato alla raccolta è risultato in media pari a 10,7 °Brix. La cultivar testimone Sugargraze ha fatto accertare il valori più elevato (19,8 °Brix); i tipi americani da zucchero hanno fatto rilevare valori inferiori compresi tra 17,57 °Brix di EJ27 e 10,03 di EJX44. 220 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Nei tipi da fibra il contenuto di zuccheri ha oscillato tra 6,57 °Brix (EJX38) e 9,67 (EJX39) (tabella 2.13.1.8). L’indice dell’are fogliare alla raccolta è stato pari a 3,2 (Tabella 2.13.1.8). Nella media dei genotipi il valore massimo è stato quello della cultivar ES28 (5,47) che è stato anche il genotipo più produttivo (Tabella 2.13.1.8). Tabella 2.13.1.8 – Investimento unitario (pianta m-2), altezza (cm), foglie totali (n° pianta-1), e peso fresco medio della pianta (gr.) , indice rifrattometrico (°Brix) dei genotipi allo studio Genotipi Invest. unit. (piante m-2) ac Peso unit. Altezza (cm) °Brix LAI d 5,47a EJX44 (z) 10,1ac 240,8bc 18,7ad 1414,6ab 10,03ef 4,59ab EJX45 (z) 11,8 ac ac ac ab 11,43 d 4,24ac EJX42 (f) 12,6ab 315,8ac 20,8ab 1169,6ab 9,20ei 4,22ac EJX37 (f) 10,1ac 280,8ac 18,0ad 1090,2ab 8,73gj 3,76ad EJX36 (f) 12,4ab 267,2ac 19,5ac 1223,3ab 8,17hj 3,66ad EJX38 (f) 10,4 ac ac ad ab k 3,59ad EJX33 (f) 10,8ac 285,8ac 20,5ac 1135,5ab 7,63j 3,54ad EJX41 (f) 13,2ab 305,0ac 19,7ac 1276,8ab 8,83fj 3,50ad EJX39 (z) 10,6ac 274,2ac 18,0ad 1032,5ab 9,67eg 3,44ad EJX43 (f) 12,2 ab ac ad ab gj 3,32ad EJX35 (z) 11,2ac 303,3ac 20,8ab 981,4ab 11,27d 3,23ad EJX31 (f) 10,7ac 314,2ac 18,5ad 1138,3ab 7,93ij 3,10ad EJX40 (f) 11,8ac 236,7c 18,7ad 801,2b 9,47eh 2,86bd EJX32 (f) 11,8 ac ac ad gj 2,81bd ES29 (f) 13,6ab 295,0ac 18,8ad 1017,2ab 8,57gj 2,56bd EJX34 (f) 11,4ac 307,5ac 17,5ad 1016,6ab 7,60j 2,54bd EJ26 (z) 12,9ab 325,0ac 15,0bd 1469,4ab 16,40c 2,49bd EJ27 (z) ac a ad ab b 2,37bd 280,8 285,0 285,0 355,0 19,5 17,5 18,8 17,3 16,2 1989,6 a 10,9 332,5 20,3 a (g pianta-1 s.f.) ES28 (z) 11,1 346,3 ab N. foglie 1566,1 1104,5 1074,9 1009,2 1674,5 ab 12,10 6,57 8,63 8,63 17,57 Sugargraze (z) 7,3c 278,3ac 12,7d 1397,7ab 19,80a 1,85cd BRS30 (z) 14,7a 339,2ab 14,0cd 865,7b 16,17c 1,48d Sucro 506 (z) 9,4bc 269,2ac 12,8d 758,5b 10,37e 1,47d Media 11,4 296,5 17,9 1191,2 10,67 3,2 * F= fibra ; Z= zuccherino. Lettere diverse, per ciascun carattere, indicano differenze significative per p≥0,05 Sub-task 1.1.4 Valutazione della produttività di Arundo in funzione dell’agrotecnica Attività A - Svecchiamento di vecchi canneti (III anno) Anche nel 2013 si confermano i risultati ottenuti nel precedente anno. Nella tabella 2.13.1.9 sono riportati alcuni dei caratteri rilevati in rapporto ai trattamenti. Il trattamento T2 (discissura dell’apparato rizomatoso lasciato in campo) e il trattamento T1 (discissura dell’apparato rizomatoso e allontanamento di gran parte di questo dal campo) hanno determinato differenze sensibili rispetto al testimone (nessun intervento di svellimento del rizoma) e tra di loro. 221 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari In generale i dati biometrici rilevati testimoniano di un leggero calo rispetto al precedente anno come conseguenza dello scarso livello delle precipitazioni. Le canne raccolte, nella media delle due classi dimensionali prese in esame, misuravano (dalla base all’apice delle foglie apicali) 100,9 cm, con significative differenze tra il testimone (128,7 cm), e le tesi T2 (98,7 cm) e T1 (75,3 cm) (tabella 2.13.1.9). In tutti i casi hanno prevalso le canne di dimensioni ridotte (< di 100 cm II classe) che hanno oscillato tra il 58% (Testimone) e il 75% (tesi T1) (figura 2.13.1.6). La densità dei culmi è variata anch’essa significativamente, tra 12,9 culmi m-2 (T) e 5,9 culmi m-2 (T1). Per il diametro del culmo sono state rilevate variazioni significative tra il testimone (8,6 mm) e le altre due tesi (6,75 mm in media). La produzione di biomassa fresca è stata pari a 16,4 t ha-1 nel testimone e sensibilmente più bassa nella tesi T2 (8,8 t ha-1) e nella tesi T1 (1,8 t ha-1) (figura 2.13.1.7). La biomassa secca è stata molto bassa nella tesi T1 (0,9 t ha-1) e anche della tesi T2 (4,9 t ha-1) rispetto al testimone (9,2 t ha-1) (figura 2.13.1.7). Tabella 2.13.1.9 – Caratteri biometrici rilevati in relazione ai trattamenti allo studio (Lettere diverse indicano differenze significative per p≥0,05) Trattamenti Densità culmi (n m-2) Altezza culmi (cm) Diametro dei culmi alla base (mm) T I classe 169,0 II classe 88,4 media 128,7a I classe 10,9 II classe 14,8 media 12,9a I classe 12,0 II classe 5,1 media 8,6a T1 99,2 51,3 75,3c 3,0 8,7 5,9c 7,9 5,2 6,6b T2 141,5 55,9 98,7b 6,4 13,1 9,8b 9,5 4,3 6,9b media 136,6 65,2 100,9 6,8 12,2 9,5 9,8 4,9 7,3 (*) I classe: altezza delle canne superiore a 100 cm; (**) II classe: altezza delle canne inferiore a 100 cm Figura 2.13.1.6 – Ripartizione delle canne raccolte nelle due classi dimensionali (I classe altezza > 100 cm, II classe altezza < 100 cm) in relazione ai trattamenti allo studio 100,0 90,0 80,0 70,0 (%) 60,0 50,0 I classe 40,0 II classe 30,0 20,0 10,0 0,0 T T1 Trattamenti T2 222 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Figura 2.13.1.7 – Produzione di biomassa fresca e secca in relazione ai trattamenti allo studio. (Lettere diverse, per ciascun carattere, indicano differenze significative per p≥0,05) 18,0 Biomassa raccolta (t ha-1) 16,0 a 14,0 12,0 10,0 8,0 b a Biomassa fresca 6,0 Biomassa secca b 4,0 c 2,0 c 0,0 T T1 T2 Trattamenti media Il confronto tra la biomassa prodotta nel triennio permette di visualizzare il sensibile incremento della produzione (in media di circa otto volte) tra il primo anno e quelli successivi (figura 2.13.1.8). Tuttavia, mentre la produzione della tesi testimone è in linea con la produttività del canneto di pari età (circa 17 anni), gli interventi di svellimento, nel migliore dei casi (tesi T2) hanno condotto ad un livello produttivo molto insoddisfacente. Figura 2.13.1.8 – Produzione di biomassa (t ha-1 s.s.) nel triennio in relazione ai trattamenti allo studio Biomassa raccolta (t ha-1 s.s.) 10,0 9,0 8,0 7,0 6,0 5,0 I anno 4,0 II anno 3,0 III anno 2,0 1,0 0,0 T T1 T2 Trattamenti Media 223 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Attività B - Valutazione di itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento dell’efficienza d’uso della radiazione solare. L’andamento delle precipitazioni dell’annata 2013, che ha dimezzato la dotazione di acqua del suolo, ha compromesso alquanto l’insediamento delle specie seminate ed in parte anche di quelle trapiantate. I soli confronti possibili sono quelli riportati nella tabella 2.13.1.10. Come si può constatare, le specie sopravvissute sono state oltre all’Arundo, le altre specie rizomatose (Saccharum spontaneum e Sorghum halepense). Tabella 2.13.1.10 – Specie e consociazioni che è stato possibile valutare Numero progressivo. 1 Numero di specie nella parcella 3 Specie Arundo+Saccharum spontaneum+Sorghum halepense 2 3 4 5 2 2 2 1 Arundo+Saccharum Arundo+Sorghum Saccharum+Sorghum Arundo 6 7 1 1 Saccharum Sorghum La raccolta della biomassa, effettuata a febbraio 2013 ha messo in evidenza come i migliori risultati produttivi siano stati determinati dall’Arundo in coltura pura o consociato con le altre specie rizomatose. Nella media della disponibilità di azoto la produttività più elevata è stata quella di Arundo+Sorghum (6,9 t ha-1 s.s.) e Arundo in coltura pura (6,5 t ha-1 s.s.), seguita da Arundo+Saccharum+Sorghum (5,7 t ha-1 s.s.) e Arundo+Saccharum (5,3 t ha-1 s.s.), quindi da Saccharum in coltura pura (3,6 t ha-1 s.s.) e Sorghum halepense in coltura pura (1,2 t ha-1 s.s.). Infine, quella di Saccharum+Sorghum (2,4 t ha-1 s.s.) a causa del ridotto investimento unitario rispetto a quello programmato (figura 2.13.1.9). Tutte le specie e le combinazioni di queste hanno mostrato una risposta alquanto netta al livello di disponibilità di azoto nel suolo. La tesi N80 e la tesi N40, nella media dei genotipi e delle consociazioni hanno determinato un crescita della produttività pari rispettivamente al 107% e al 40% rispetto alla tesi N0 (6,2 e 4,2 t ha-1 s.s. contro 3 t ha-1 s.s. nell’ordine) (figura 2.13.1.10). 224 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Figura 2.13.1.9 – Produzione di biomassa in relazione al livello di fertilizzazione e alla consociazione Figura 2.13.1.10 – Produzione di biomassa in relazione al livello di fertilizzazione nella media delle combinazioni a confronto (lettere diverse indicano differenze significative per p<0,05) b c a 225 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Sub-task 1.1.7 – Prime valutazioni delle potenzialità produttive di specie da biomassa meno note da introdurre nelle filiere esistenti: Saccharum aegyptiacum Si può osservare nella figura 2.13.1.11 come la fotosintesi netta sia risultata costantemente più elevata nel trattamento I100, quindi nel trattamento I50 e I0. Prima dell’inizio del periodo in cui si è manifestato il deficit idrico (maggio-giugno) i valori della fotosintesi netta sono risultati alquanto alti grazie a valori della temperatura massima non troppo elevati ma accompagnati da alti indici di radiazione solare incidente e da alcune piogge. La tesi I100 ha raggiunto valori intorno a 24 μmol CO2 m-2 s-1 in maggio, I50 20 μmol CO2 m-2 s-1 e I0 16 μmol CO2 m-2 s-1; in settembre I100 ha mostrato sempre I valori più alti rispetto a I50 e I0 (13.0, 9.5 e 7,2 μmol CO2 m-2 s-1 rispettivamente). Figura 2.13.1.11 – Andamento del tasso di assimilazione (μmol CO2 m-2 s-1) di Saccharum spontaneum L. spp. aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione al livello di restituzione idrica (I100, I50 e I0) L’efficienza istantanea d’uso dell’acqua da parte della foglia è stata calcolata sulla media delle rilevazioni nell’ambito dei diversi trattamenti come rapporto tra fotosintesi netta e tasso di traspirazione (µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1). Nella tesi I100 è stato rilevato il valore più elevato (4,48 µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1), seguito da quello della tesi I50 (4,22 µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1) e I0 (3,99 µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1) (figura 2.13.1.12). 226 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari Figura 2.13.1.12 – Efficienza d’uso dell’acqua (µmol CO2 m-2 s-1/ mmol H2O m-2 s-1) in Saccharum spontaneum L. spp. aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione alla disponibilità idrica delle tesi a confronto (I100, I50 e I0) L’entità della biomassa aerea prodotta in relazione all’acqua disponibile e illustrata nella figura 2.13.1.13. La tesi I100 ha fatto registrare i valori della produttività più elevati, pari a 33,5+ 2,4 t ha-1 s.s., contro 27,8 + 0,3 t ha-1 s.s. della tesi I50 e 22,1+ 2.2 t ha-1 s.s. della tesi I0. Figura 2.13.1.13 – Resa in biomassa (t ha-1 s.s.) di Saccharum spontaneum L. spp. Aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione alla disponibilità idrica delle tesi a confronto (I100, I50 e I0) 227 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari La relazione tra la resa di biomassa aerea e l’acqua disponibile (irrigazione + pioggia) mostra che Saccharum spontaneum incrementa la resa in biomassa al crescere dell’acqua disponibile con una precisione elevata rispetto al modello previsto (R2=0,99) (figura 2.13.1.14). La pendenza della retta rappresenta la WUE della biomassa, che è molto simile a quella della leaf WUE della figura 2.13.1.12 (3,1 vs 4,0-4,5 g l-1, rispettivamente). Figura 2.13.1.14 – Relazione tra biomassa aerea prodotta (t ha-1) e acqua disponibile (irrigazione + pioggia) nel corso della stagione di crescita 2013 I caratteri biometrici presi in considerazione mostrano valori più elevati del peso unitario dei culmi, del numero di nodi, del diametro basale dei culmi e dell’altezza di questi rispetto alla tesi asciutta (tabella 2.13.1.11). Tabella 2.13.1.11 – Caratteri biometrici presi in esame in Saccharum spontaneum L. spp. aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione alla differenziazione della disponibilità idrica (I100, I50 and I0) Peso del culmo (g) Nodi per culmo (n) Diametro basale (mm) Altezza del culmo (cm) I0 85.7±38.6 9.9±2.2 9.8±2.1 156.8±41.5 I50 151.9±2.6 11.3±1.6 13.0±0.1 199.3±18.7 I100 170±6.8 12.0±1.4 13.3±0.3 214.8±21.2 Trattamenti Questi risultati preliminari indicano che Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum, specie nativa delle coste Nord-africane (Egitto), è in grado di produrre elevate quantità di biomassa (da 22 a 27 t ha-1) in linea con le produzioni di specie quali Arundo e Miscanto nello stesso ambiente; ciò anche 228 Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari in condizioni di disponibilità idrica alquanto bassa. Sono necessari, tuttavia, ulteriori riscontri per esprimere un giudizio definitivo. Anche le caratteristiche qualitative di questa biomassa fanno ben sperare, dal momento che confronti effettuati tra Saccharum, Arundo e Miscanto hanno permesso di evidenziare che la quantità di etanolo di seconda generazione estraibile dal Saccharum sia perfino superiore a quello ricavabile dalle altre due specie (tabella 2.13.1.12). Tabella 2.13.1.12 – Resa teorica ed effettiva di zuccheri fermentescibili dopo trattamenti enzimatici della biomassa ligno-cellulosica di coltivazioni di Saccharum, Arundo e Miscanto realizzate presso l’azienda didattico-sperimentale dell’Università degli Studi di Catania* Materia prima Arundo Miscanthus Saccharum -1 -1 -1 Teorico/ottenuto C6 (l ton ) C5 (l ton ) Totale (l ton ) Teorico 232 149 381 Ottenuto 193 42 235 Teorico 273 146 419 Ottenuto 205 47 252 Teorico 247 159 406 Ottenuto 225 53 278 *Scordia D, Cosentino SL, Jeffries TW, 2010. Second generation bioethanol production from Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hack.. Bioresour. Technol.(101),5358-5365. Il responsabile della ricerca Prof. Salvatore Luciano Cosentino 229 . 2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM) Selezione di genotipi di sorgo zuccherino e da fibra adatti alle semine anticipate in ambiente mediterraneo Responsabile scientifico: Dr. Cristina Patanè 230 . 2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM) Titolo della ricerca: Selezione di genotipi di sorgo zuccherino e da fibra adatti alle semine anticipate in ambiente mediterraneo Responsabile scientifico: dott.ssa Cristina Patanè 2.14.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) 2.14.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013 Negli ambienti caldo-aridi del Meridione d’Italia, la spesso elevata salinità dei terreni può fortemente limitare la germinazione del seme, specie se associata a condizioni termiche subottimali. Nell’ambito del progetto, al III anno di attività è stata condotta una ricerca che ha avuto come obiettivo lo studio della tolleranza del sorgo alla salinità in fase germinativa, in condizioni termiche ottimali e sub ottimali. Sono stati, inoltre, studiati gli effetti di pretrattamenti di priming del seme sulle caratteristiche germinative del seme in siffatte condizioni di germinazione. Infine, è in corso di realizzazione una prova in ambiente controllato che prevede la misura degli scambi gassosi nei primissimi stadi di accrescimento della pianta mediante l’ausilio di un infrared gas analyzer (LCA4 – ADC Inc.) a sistema aperto, ai fini di una validazione di alcuni indici ecofisiologici nella valutazione precoce della resistenza alle basse temperature e delle attitudini produttive in genotipi di sorgo. I risultati delle prove concluse evidenziano in primo luogo l’esistenza di una differenza genetica nella risposta germinativa allo stress salino, nel sorgo da biomassa per energia. L’abbassamento della temperatura di germinazione dal suo valore ottimale rende il seme di sorgo più sensibile allo stress salino. Il priming del seme risulta utile nello stimolare la germinabilità e nel ridurre i tempi di germinazione, sebbene i benefici siano meno evidenti in condizioni di spinto stress salino. Anche il semplice hydropriming del seme in acqua distillata risulta valido nell’incrementare germinabilità e velocità di germinazione, in condizioni termiche sia ottimali che sub ottimali, presentando peraltro il vantaggio della economicità e della facilità di realizzazione del trattamento. La sincronia germinativa rappresenta un ulteriore elemento da considerare nella valutazione delle caratteristiche germinative in condizioni di stress, che tuttavia, prescindendo dalla capacità germinativa del seme, va opportunamente associato ad altri parametri di valutazione delle caratteristiche germinative del seme. 231 . Tabella 2.14.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento Stato di avanzamento Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta Non avviato Avviato/ in corso Task 2.1 Miglioramento genetico in colture dedicate alla filiera termoelettrica, sub-task 2.1.2 Miglioramento genetico del sorgo da fibra X Task 2.2 Miglioramento genetico in colture dedicate alla filiera bioetanolo, sub-task 2.2.1 Miglioramento genetico del sorgo zuccherino X 2.14.1.2 Concluso Relazione sull’attività svolta Negli ambienti caldo-aridi del Meridione d’Italia, l’elevato livello di salinità che spesso caratterizza i terreni rappresenta uno dei principali fattori che limitano l’insediamento stabile di una coltura. In siffatte condizioni, la germinazione del seme può essere fortemente ridotta o ritardata dal basso potenziale idrico del terreno, specie se associato a temperature subottimali. Il pretrattamento di priming del seme può contribuire al superamento dei limiti imposti dallo stress salino sulla germinazione del seme. Nell’ambito del progetto, al III anno di attività è stata condotta una ricerca che ha avuto come obiettivo lo studio della tolleranza del sorgo alla salinità in fase germinativa, in condizioni termiche ottimali e subottimali, e degli effetti di pretrattamenti di priming del seme sulle caratteristiche germinative del seme in siffatte condizioni di germinazione. E’ noto, inoltre, come il processo di costituzione di nuove varietà finalizzate alla produzione di biomassa, e la verifica dell’adattabilità a condizioni pedoclimatiche diverse, richiedono la valutazione delle caratteristiche biologiche e produttive dei genotipi selezionati. Attraverso determinazioni fisiologiche condotte in ambiente controllato è possibile elaborare alcuni indici ecofisiologici in grado di stimare anticipatamente caratteristiche diverse in tali genotipi. La UOS di Catania dell’IVALSA si propone, pertanto, a completamento della ricerca, di supportare l’attività di ricerca agronomica anche attraverso la determinazione delle curve di risposta della pianta ai fattori ambientali, temperatura in particolare, da valutare nei primi stadi di sviluppo della coltura in ambiente controllato, al fine di una stima precoce delle potenzialità produttive e delle capacità di adattamento a stress termici. Questa ricerca risulta in fase di attuazione. 232 . 2.14.1.2.1 Descrizione sull’attività svolta Metodologia Linea A: Risposta germinativa del seme di sorgo allo stress salino e tecniche di Hydro e Osmopriming del seme per il miglioramento della germinabilità in condizioni di stress salino a temperatura ottimale e subottimale La linea A ha riguardato la valutazione delle caratteristiche germinative del sorgo a diversi livelli di salinità in NaCl e l’effetto di alcuni pretrattamenti di priming su tali caratteristiche, in due cultivar di sorgo: ‘Biomass 150’ (Syngenta Seeds, s.p.a), ), da fibra ma con tenore zuccherino medio, e ‘Jumbo’, più specificamente da foraggio ma caratterizzato da una ottima resistenza alla siccità ed agli stress termici e da elevate produzioni di biomassa (Padana Sementi Elette s.r.l., Padova). Il seme delle due cultivar è stato fornito dall’Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università Cattolica del S. Cuore, Piacenza. I test di germinabilità sono stati condotti in condizioni termiche ottimali e subottimali. A cv. Biomass 150 confronto con un testimone non trattato, sono stati studiati 3 pretrattamenti di priming del seme: - hydropriming in H2O distillata (soluzione aerata) per 24 h - osmopriming in soluzione PEG - priming in soluzione di acido ascorbico (AA) I pretrattamenti di osmopriming in PEG e di priming in soluzione di AA sono stati effettuati immergendo i semi rispettivamente in una soluzione aerata di PEG 6000 (250 g/L) e in una soluzione aerata di acido ascorbico (2 mM/L), per 48 h. A completamento dei trattamenti, i semi sono stati abbondantemente sciacquati con acqua corrente e successivamente con acqua distillata (ad esclusione dell’hydropriming), quindi lasciati asciugare all’aria aperta per un giorno. I semi sono stati, quindi, posti a germinare a 4 diversi livelli di potenziale osmotico (ψ) della soluzione di imbibizione: 0, -0,5, -1,0, -1,5 MPa, indotti da concentrazioni diverse di NaCl in acqua distillata (Patanè et al., 2009). I test sono stati condotti in germinatoio termostaticamente controllato (±1°C). Campioni di 200 semi (4 repliche di 50 semi ciascuna) sono stati posti in capsule Petri contenenti un singolo foglio di carta bibula, inumidito con 7 ml di acqua distillata. Le capsule Petri sono state chiuse ermeticamente con parafilm per prevenire le perdite di acqua per evaporazione, e mantenute nel germinatoio al buio. La germinazione è stata registrata giornalmente sui semi che presentavano una radichetta di almeno 2 mm di lunghezza, sino a quando non veniva osservata alcuna ulteriore emissione di radichette. A conclusione del test, è stata calcolata la germinabilità finale (%). Per ciascuna cultivar, trattamento di priming e temperatura di germinazione, è stato calcolato il potenziale idrico di base ψb(50), cioè il valore di potenziale in corrispondenza del quale la germinabilità del lotto di semi si riduce al 50%. Per tale scopo è stata utilizzata una regressione lineare dei valori dell'inverso del t50 (GR50) vs. il potenziale cv. Jumbo 233 . idrico della soluzione di imbibizione (ψ). Il t50 rappresenta il numero di giorni necessari per il raggiungimento del 50% di semi germinati. L’intercetta sull'asse delle ascisse rappresenta il potenziale di base per la germinazione. Inoltre, per ciascun livello di potenziale osmotico, sono state calcolate: - Velocità di germinazione (Gv). - Sincronia di germinazione (Gs) La Gv è un indice che esprime la velocità di germinazione di un lotto di semi ed è stato calcolato adottando un indice Timson modificato (Siddiqui, 2006): più alto è il suo valore, più rapida sarà la germinazione. Il valore massimo raggiungibile utilizzando questo indice con i dati del test è 100. La Gs indica il livello di sincronizzazione della germinazione dei semi: essa è uguale a 1 quando la germinazione dei semi avviene contemporaneamente e uguale a 0 quando almeno 2 semi germinano in giorni diversi (Ranal et al., 2009). Discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontarti e soluzioni per superarli Ripetuti guasti alla cella climatica hanno comportato un notevole ritardo nell’avvio delle prove di validazione dell’uso di indici ecofisiologici per la valutazione precoce della resistenza alle basse temperature e delle attitudini produttive in genotipi diversi di sorgo, previste nel corso del terzo anno di progetto. Al ritardo nella realizzazione delle suddette prove ha contribuito anche il recente trasferimento di diverse unità di personale tecnico e di ricerca, tra cui la dott.ssa Patanè, responsabile scientifico della UO CNR-ISAFOM nell’ambito del progetto, a altro Istituto CNR (Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree-IVALSA), che ha determinato una provvisoria stasi delle attività di laboratorio in attesa del completamento del trasloco a altra ubicazione. Si prevede il completamento delle prove entro la prossima primavera. Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale A causa della mancata assegnazione della seconda tranche e della difficoltà nel reperimento di altri fondi, non è stato possibile realizzare altre prove ad approfondimento dei risultati conseguiti con le precedenti. Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale La intensificazione delle attività di ricerca sulla germinazione dei semi negli ultimi mesi ha permesso di colmare il lieve ritardo nello stato di avanzamento della ricerca a seguito di problemi segnalati al germinatoio. Tale intensificazione ha permesso il completamento delle prove di germinabilità previste nell’ambito dei sub task 2.1.2 e 2.2.1, entro i tempi previsti. Tuttavia risultano ancora in fase di realizzazione le prove in cella climatica per i motivi sopracitati. 234 . Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014 Come già precedentemente accennato, il prossimo step prevede la realizzazione della prova di validazione dell’uso di indici ecofisiologici per la valutazione precoce della resistenza alle basse temperature e delle attitudini produttive in genotipi diversi di sorgo. 2.14.1.3 Risultati conseguiti Linea A: Risposta germinativa del seme di sorgo allo stress salino e tecniche di Hydro e Osmopriming del seme per il miglioramento della germinabilità in condizioni di stress salino a temperatura ottimale e subottimale Entrambe le cultivar esaminate hanno mostrato una discreta tolleranza alla salinità in fase germinativa a temperatura ottimale (25°C). Tra le due cultivar, ‘Biomass 150’ ha mostrato una maggiore resistenza allo stress salino, fornendo valori di germinabilità a 25°C prossimi al 100% nel testimone a potenziali idrici molto bassi (-1,5 MPa). A temperatura sub ottimale (15°C), la tolleranza alla salinità nel corso della germinazione si è ridotta, sebbene in maniera marcata solo ai livelli più alti di stress salino (ψ <-0,5 MPa) per un effetto inibitorio combinato dei due fattori allo studio (stress salino e temperatura) (Figura 2.14.1.1). In particolare, più sensibile allo stress salino a temperatura subottimale è apparsa la cv. Jumbo, come anche dimostra il valore lievemente più alto di potenziale idrico di base (ψb(50)) per la germinazione, calcolato per questa cultivar rispetto a ‘Biomass 150’ in corrispondenza del testimone non trattato, a 15°C (Tabella 2.14.1.2). Germinabilità finale (%) Figura 2.14.1.1 - Effetto dello stress salino in NaCl sulla germinabilità finale del testimone non trattato nelle cv. di sorgo da biomassa ‘Jumbo’ e ‘Biomass 150’ 100 80 60 40 25°C 15°C 20 cv. Jumbo 0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 -1.5 cv. Biomass 150 -1.0 -0.5 0.0 Potenziale idrico (MPa) I semi hanno beneficiato dei trattamenti di priming soprattutto a temperatura sub ottimale (15°C), in corrispondenza della quale gli effetti dello stress salino sono risultati più evidenti (Figura 2.14.1.2). Sia il trattamento di priming in soluzione osmotica che il semplice Hydropriming del seme hanno 235 . consentito una riduzione del potenziale di base per la germinazione del 50% di semi a 15°C, rispetto al testimone. Figura 2.14.1.2 - Germinabilità finale nelle due cultivar di sorgo da biomassa in rapporto al potenziale osmotico ed al trattamento al seme Tabella 2.14.1.2 - Valori di potenziale idrico di base (ψb(50)) a due diverse temperature, nelle due cultivar di sorgo da biomassa in esame A entrambe le temperature di germinazione, l’incremento del livello di salinità ha comportato un ritardo germinativo rispetto al testimone non sottoposto a stress salino, ritardo che tuttavia si è ridotto e in alcuni casi annullato a seguito dei trattamenti di priming del seme (Figura 2.14.1.3). 236 . Figura 2.14.1.3 - Velocità di germinazione (GV) nelle due cultivar di sorgo in rapporto al potenziale osmotico ed al trattamento al seme Gli effetti positivi del priming sulla velocità di germinazione sono apparsi più evidenti in modo particolar modo nella cv. ‘Jumbo’ che, essendo più lenta in fase germinativa, ne ha maggiormente beneficiato. Tra i diversi trattamenti, il priming in PEG e AA ha sortito i migliori risultati, dimostrando che in entrambi i casi l’effetto di stimolo non è legato esclusivamente alla semplice idratazione anticipata del seme, come avviene nel corso dell’hydropriming. Tuttavia, soprattutto nella cultivar più sensibile allo stress salino, a -1,5 MPa gli effetti del priming sulla velocità di germinazione sono stati poco evidenti. La sincronia, cioè il livello di sincronizzazione della germinazione di ciascun lotto di semi, è un valido indice della uniformità di germinazione: quanto più l’indice si approssima all’unità, tanto più contemporanea sarà la germinazione dei semi. A temperatura ottimale (25°C) la sincronia, più alta che a 15°C, è aumentata a seguito dei pretrattamenti al seme, la cui efficacia si è tuttavia ridotta all’aumentare del livello di stress salino (Figura 2.14.1.4). L’effetto dei diversi trattamenti di priming non è stato univoco, poiché in taluni casi anche il semplice hydropriming ha sortito effetti benefici sulla sincronia comparabili a quelli del priming in PEG o in AA. 237 . Figura 2.14.1.4 - Sincronia di germinazione (Gs) nelle due cultivar di sorgo in rapporto al potenziale osmotico ed al trattamento al seme Figura 2.14.1.5 - Germinabilità dopo 6 gg a -0,5 MPa (in NaCl), in sorgo cv. Biomass 150 a 15°C, nel testimone non trattato (a sinistra) e in semi ‘osmoprimed’ in PEG (a destra) 238 . 2.14.1.3.1 Conclusioni Relativamente alla linea A, i risultati della ricerca evidenziano in primo luogo l’esistenza di una differenza genetica nella risposta germinativa allo stress salino, nel sorgo da biomassa per energia. L’abbassamento della temperatura di germinazione dal suo valore ottimale rende, inoltre, il seme di sorgo più sensibile allo stress salino. Il priming del seme risulta utile nello stimolare la germinabilità e nel ridurre i tempi di germinazione, sebbene i benefici siano meno evidenti in condizioni di spinto stress salino. Anche il semplice hydropriming del seme in acqua distillata risulta valido nell’incrementare germinabilità e velocità di germinazione, in condizioni termiche sia ottimali che sub ottimali, presentando peraltro il vantaggio della economicità e della facilità di realizzazione del trattamento. La sincronia germinativa rappresenta un ulteriore elemento da considerare nella valutazione delle caratteristiche germinative in condizioni di stress, che tuttavia, prescindendo dalla capacità germinativa del seme, va opportunamente associato ad altri parametri di valutazione delle caratteristiche germinative del seme. 2.14.1.3.2 Bibliografia 1) Patanè, C., Cavallaro, V., Cosentino, S.L., 2009. Germination and radicle growth in unprimed and primed seeds of sweet sorghum as affected by reduced water potential in NaCl at different temperatures. Ind. Crop Prod., 30, 1-8. 2) Ranal, M.A., Santana, D.G., Ferreira, W.R., Mendes-Rodrigues, C., 2009. Calculating germination measurements and organizing spreadsheets. Rev. Bras. Bot., 32, 849-855. 3) Siddiqui, Z.S., 2006. Biochemical responses of dimorphic seeds of Arthrocnemum indicum Willd. during germination, inhibition, and alleviation under saline and non-saline conditions. Turk. J. Biol., 30, 185-193. 2.14.1.4 Divulgazione dei risultati Nel corso del terzo anno di ricerche è stato prodotto il seguente lavoro presentato al XLII Convegno nazionale della Società Italiana di Agronomia: Patanè C., Cavallaro V., Avola G., Pellegrino A., Saita A., Copani V., 2013. Hydro e Osmopriming del Seme per il Miglioramento delle Caratteristiche Germinative in Condizioni di Stress Salino in Due Cultivar di Sorgo da Biomassa per Energia. Atti XLII Convegno Nazionale della SIA, Reggio Calabria, 18-20 Settembre, pp. 369-371. ISBN 978-88-908499-0-9. 239 2.15 Elenco Allegati 1) Allegato 1 – Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati 240 2.16 Allegato 1 - Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati Attività di divulgazione dei risultati 1) Assirelli A., Amaducci S. et al. (2014), Lo stoccaggio del sorgo zuccherino.(*) Influenza della lunghezza dello stelo sulle perdite di zucchero. Articolo in corso di pubblicazione sullo Speciale Agroenergie 2014 della rivista Sherwood. 2) Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Di Candilo M., Ceotto E., (2012). Leaf CO2 assimilation Irradiance-Response of Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 574-577. 3) Barbanti L., Grigatti M., Di Girolamo G., Bettinelli C., Vecchi A., Ciavatta C. (2011), Produzione Potenziale di Biogas da Colture Erbacee Annuali e Poliennali, XL Convegno della Società Italiana di Agronomia, Università degli Studi di Teramo 7-8-9 settembre 2011. 4) Barbanti, L., Capecchi, L., Vecchi, A., Di Girolamo, G., (2013). Effetti dell’epoca di semina e dell’inserimento di un intercalare sul comportamento bio-agronomico del sorgo da biomassa. Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 254-256. 5) Barbanti, L., Grigatti, M., Di Girolamo, G., Bertin, L., Ciavatta, C., (2013). Methane potential and energy balance of annaul and multi-annual biomass crops. EnergyThink, Bologna, 27 Novembre (www.energythink.it). 6) Böttcher U., Rampin E., Hartmann K., Zanetti F., Flenet F., Morison M., Kage H. (2012). A Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale. Submitted to Field Crop Res. 7) Capecchi L., Di Girolamo G., Vecchi A., Barbanti L., (2013). Efficienza di utilizzo dell’azoto in impianti maturi di specie erbacee perenni da biomassa nel nord Italia. Italian Journal of Agronomy 8 suppl. 1, 5-9. 8) Capecchi L., Nissen L., Grigatti M., Mattarelli P., Barbanti L., (2013). Second generation bioethanol from municipal organic waste, barley straw and fiber sorghum. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 179-184. 9) Capecchi L., Nissen L., Mattarelli P., Grigatti M., Barbanti L., (2013). Produzione di bioetanolo di seconda generazione da colture da biomassa annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 272-274. 241 10) Ceotto E., Castelli F., Di Candilo M., (2013). The perennial energy crop giant reed (Arundo donax L.) as a soil nitrate scavenger for cattle slurry application. Proceedings of RAMIRAN 2013, 15th International conference, Versailles, 2-5 June 2013. S1.22, 4 pp. https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference. 11) Ceotto E., Di Candilo M., 2010. Sustainable bioenergy production, land and nitrogen use. In: Lichtfouse E. (ed.) Biodiversity, Biofuels, Agroforestry and Conservation Agriculture. Sustainable Agriculture Reviews, Vol. 5, 101-122. 12) Ceotto E., Di Candilo M., 2012. Perennial versus annual Energy Crops: solar radiation interception and Use Efficiency of Miscanthus and Fiber Sorghum. Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 578-580. 13) Ceotto E., Di Candilo M., Castelli F., Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Volta A., Villani G., Marletto V., 2013. Comparing radiation interception and use efficiency for the energy crops giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor L. Moench). Field Crops Research, 149, 159-166. 14) Ceotto E., Di Candilo M., Marletto V., 2011. Canopy cover and solar radiation conversion efficiency of the herbaceous perennial giant reed (Arundo donax L.). Proceeding of 19th European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets, Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 740-743. 15) D’Avino L., Lazzeri L., Rampin E., Zanetti F., Spugnoli P., Dainelli R., Mosca G. (2011). Oil crop sustainability assessment: three years of Brassica napus L. cultivation in North East Italy for biodiesel production. 19th Biomass Conf. and exhibition, 6-10 June 2011, Berlin: 26172622. 16) De Mastro, G., Grassano, N., D’Andrea, L., Palumbo, A.D., 2011. GIS-based evalation of Cardoon (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) suitability in Apulia Region. In: Proceedings of the 19th European Biomass Conference and Exhibition, 6-10 June 2011, Berlin, Germany. 579-584. 17) Di Candilo M., Ceotto E., Librenti I., Faeti V. (2010) Manure fertilization on dedicated energy crops: productivity and energy implications. In: Claudia S.C. Marques dos Santos Cordovil, Luis Ferreira (eds.) Proceedings of the 14th Ramiran International Conference, of the FAO ESCORENA Network on the Recycling of Agricultural, Municipal and Industrial Residues in Agriculture. 4 pp. 18) Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Applicazione di liquami bovini alle colture dedicate da energia: produttività, implicazioni energetiche e sul bilancio del carbonio. In: Foppa Pedretti E., 242 Mengarelli C. (eds.) Atti del Convegno Attualità della Ricerca nel Settore delle Energie Rinnovabili da Biomassa. Ancona, 16-17 dicembre 2010. 19) Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Cattle slurry application on Energy crops: a sustainable practice? Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 170-174. 20) Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Seasonal Dynamic of above and Belowground Dry Matter accumulation in Giant Reed (Arundo donax L.). 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