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Anno IV n° 24
Dicembre 2014
Una nuova ottica sul mondo Giornale mensile d’informazione a
carattere economico, culturale, giuridico, d’attualita’e di costume
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Intervista a Leoluchina
Savona Sindaco di Corleone
«Corleone Capitale Mondiale della Legalità»
«Animosa Civitas Corleonis. Questo
motto, che di primo acchito pare un
monito estrapolato da un verso del
Somma Poeta, rappresenta invece
un’impressione, una descrizione per
l’appunto, di quella Corleone Città Ardita come definita da Carlo V in sede
della sua visita nella città di Corleone il
12 gennaio 1556. Oggi questo stesso
motto campeggia orgoglioso sul gonfalone rosso porpora che accompagna lo stemma della città. Anch’esso
rosso, ospita un ardito leone dal manto dorato, intento con la branca destra
a sorreggere un vivido cuore palpitante. La simbologia impressa sul bla-
Quando sei d’accordo
con la crisi?
La nostra azienda, il nostro reparto, la nostra famiglia e semplicemente ... la nostra macchina da chi
dipendono? Chi li ha creati? Chi li
sta continuando a creare secondo
per secondo? La risposta è ovvia,
così ovvia, che non ci fermiamo a
riflettere per vedere cosa racchiude e nasconde. Ma partiamo da
questo postulato ovvio “io creo la
mia azienda” e cominciamo ad approfondirlo: sulla base di cosa la
sto creando? (e non dimenticate, il
crearla va avanti ogni istante, ora
che state leggendo, dopo quando
mi maledirete...! O quando vi arrabbiate con la segretaria e quando chiudete quel bel contratto).
La sto creando sulla base di ciò che
penso sia giusto, e questo mio giusto si basa su ciò su cui ho dato il
mio accordo. Prima di pensare che
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sone e la descrizione scelta da Carlo V
sembrano suggerirci un’interpretazione
epica del nome della città, quell’appellativo Cuor di Leone che rappresenta
un’egregia descrizione dell’attuale sindaco Leoluchina Savona, cui l’ardore ed il
coraggio, di sicuro, non mancano. Primo
sindaco-donna della storia di Corleone,
sta riuscendo a fare del suo sogno una
realtà: trasformare la nomea di Corleone da quella di “epicentro della mafia”
in quella di Capitale Mondiale della Legalità. Facendosi beffe di quello che è
considerato “il più grande personaggio
della storia del cinema”, relega la tradi-
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You not shoot, we not shoot
Natale, 1914: la guerra si ferma sul fronte occidentale
Era il 1914, la vigilia di Natale, il primo Natale della Grande Guerra, quando gli uomini
riscoprirono la loro vera essenza umana.
Siamo a Ypres, in Belgio. L’esercito tedesco e quello composto da britannici e francesi si stanno fronteggiando ormai da mesi,
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Ci penserò domani
Il poeta inglese Ernest C. Dowson mai avrebbe potuto immaginare che un frammento di
una sua lirica sarebbe diventato il titolo di un famosissimo romanzo e in seguito dell’altrettanto famoso film adesso
ispirato. Fu l’americana Margaret Mitchell, vissuta nella prima
metà del Novecento è in gioventù brillante giornalista della
città di Atlanta, capitale della
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Intervista a Leoluchina Savona Sindaco di Corleone
«Corleone Capitale Mondiale della Legalità»
zione mafiosa di Don Vito Corleone
in una cassetto stantio ed obsoleto,
ed è lei a rilanciare all’opinione pubblica un’irriverente “offerta che non
potrà rifiutare”: Corleone, epicentro
mondiale di un terremoto travolgente di legalità e senso civico. Come?
Disseminando la sua personale
battaglia di gesta memorabili, ad
esempio sottotitolando il cartello
d’ingresso della città con una dicitura riportante il precetto “Non Fare
Nulla di Illegale”, dichiarando così
apertamente la propria filosofia di
primo cittadino a chiunque si affacci
in città. Ed ancora: organizzando il
24 maggio di quest’anno un convegno che ha visto riuniti il sindaco di
Corleone stesso, studenti ed insegnanti locali, svariate associazioni
e Saverio Masi, capo-scorta del
giudice Di Matteo. L’incontro, simbolo dell’imperitura lotta alle mafie
ed all’omertà, ha ricordato a tutti
gli amari retroscena della “trattativa
Stato-Mafia”, e, soprattutto, l’intento
del sindaco di conferire alla sua città
lo status di Capitale Mondiale della
Legalità.
CHE COSA SIGNIFICA PER LEI
ESSERE AL SERVIZIO DELLA
COMUNITÀ IN QUANTO SINDACO DI UN MUNICIPIO COSÌ IMPEGNATIVO?
Significa dare la propria vita per la
propria città, in termini di impegno,
legalità, giustizia e verità. Il mio sforzo costante è anche quello di promuovere i nostri valori piuttosto che
i nostri dis-valori, la nostra arte, la
nostra cultura ed il nostro retaggio.
Sostengo gli scambi culturali con
altri paesi nonché gli scambi commerciali attuati in modo etico, legale
e solidale.
È PIU GIUSTO CONDANNARE E
PUNIRE I MAFIOSI, O CERCARE
DI PERDONARLI E FARLI RAVVEDERE?
Condannare e punire. Ma mi lasci
spiegare cosa intendo con questo.
Mi ricordo ancora il giorno in cui il
Santo Padre Giovanni Paolo II, tanti
anni fa, invitò i mafiosi di questa terra martoriata a ravvedersi e ad abbassare la guardia perché stavano
portando la Sicilia alla distruzione. Il
suo monito è stato un esempio per
tutti noi. E dal canto nostro abbiamo
deciso di condannarli anche solo
metaforicamente,
consegnando
simbolicamente la Città di Corleone
ai famigliari delle vittime di mafia.
Il messaggio che abbiamo voluto
trasmettere ai mafiosi, con questo
gesto, è che queste morti non sono
state invane; bensì che, tramite
esse, i nostri più sani ideali di libertà si diffondessero e si riaffermasse
una certezza: che è Corleone ad
essere nostra, non è “cosa nostra”
ad essere nostra; “cosa nostra” è
minuscola e non ci appartiene, ci
è anzi invisa; Corleone invece è
maiuscola, ed è l’unica Cosa che
è Nostra. Questo beffardo gioco di
parole ci ricorda che Corleone appartiene a noi, a tutti i cittadini onesti
di Corleone e del mondo, in piena
contrapposizione e condanna rispetto alle gesta infami dei mafiosi.
QUAL È IL RETAGGIO CHE CI
HANNO LASCIATO COLORO CHE HANNO SACRIFICATO LA LORO VITA IN NOME DELLA BATTAGLIA CONTRO LA MAFIA E L’OMERTÀ?
Che bisogna difendere i valori e le proprie ideologie in nome
e per conto del popolo ed a difesa della legalità; si può anche morire, ma le idee restano sulle gambe. Noi ci facciamo portavoce di questo retaggio manifestando. Ad esempio
abbiamo realizzato della fiaccolate emblematiche durante le
Presidente
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Membro Onorario
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Giornalisti - collaboratori
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Scaldaferri - Luciano Pecchi - Edoardo
Elisei - Federico Rocca - Giancarlo Coco
Stampa
Tipografia Della Vecchia
Via Maira Latina
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Ci penserò domani
Georgia, a fruire dell’espressione
“Via col vento” per titolare il suo
unico romanzo, a lungo meditato
e frutto sia di indubbie capacità
narrative, sia di attente letture e
minuziose ricerche storiche. Pubblicato nel 1936, negli Stati Uniti il
romanzo fu salutato con un entusiasmo tale da far meritare all’autrice il prestigioso e ambìto premio “Pulitzer”, ma ben presto fu
accolto assai favorevolmente dovunque, grazie alle tante traduzioni che lo resero accessibile in
ogni parte del mondo. Ancora
oggi, a quasi ottant’anni dalla sua
pubblicazione, non è difficile trovare chi lo legge con interesse. Il
lungo racconto si snoda infatti
con leggerezza ed è l’affresco
preciso e veritiero di un periodo
doloroso della storia americana. I
vari personaggi che lo popolano
appaiono convincenti: quelli principali ovviamente sono oggetto di
un’analisi più approfondita ed accurata, ma anche quelli marginali non si dimenticano, perché delineati con tratti di penna molto
efficaci. Sullo sfondo della narrazione si staglia in tutta la sua tragicità la Guerra di Secessione
americana, che, tra il 1861 e il
1865, vede schierarsi su fronti opposti 24 Stati del Nord è 11 del
sud, i quali staccandosi dall’Unione si erano stretti in una Confederazione. Causa scatenante di
questa cruenta guerra civile era la
questione, da tempo dibattuta ma
mai risolta, dell’abolizione della
schiavitù, caldeggiata dagli stati
del Nord, più industrializzati, ed
osteggiata da quelli del sud, che
poggiavano invece su di un’economia prevalentemente agricola.
Là dove prosperavano varie piantagioni di cotone, tabacco ed altre
coltivazioni, la manodopera di colore era essenziale come l’aria.
Benché la schiavitù sia sempre
qualcosa di ripugnante, non bisogna però credere che tutti i bianchi riservassero alla gente di co-
lore, loro indiscussa proprietà, un
trattamento disumano; solo persone ignobili fustigavano gli
schiavi per un nonnulla o, peggio,
li strapparono agli affetti più cari
per venderli al miglior offerente.
E’ però da tenere presente che
anche i piantatori più benevoli
erano ancora lontani anni luce
dall’aver acquisito la consapevolezza che gli schiavi avrebbero
dovuto godere dei loro stessi diritti, primo tra tutti quello sacrosanto della libertà individuale. A dividere gli Stati erano comunque
anche divergenze di altro genere, per la qual cosa si può dire
che la Guerra di Secessione fu
uno scontro duro, senza esclusione di colpi, tra due mondi geograficamente vicinissimi ma profondamente diversi erano i loro
ideali, i loro stili di vita è il loro interessi economici. Dopo alterne
vicende il conflitto si concluse con
la vittoria dei Nordisti, una vittoria
sofferta perché i Sudisti, convinti
di essere nel giusto, si erano battuti come leoni dall’inizio alla fine
delle ostilità. Il periodo che seguì
fu confuso e irto di contraddizioni:
gli “Yankies” liberatori non si mostrarono magnanimi con gli schiavi liberati, al punto che molti neri
che avevano avuto dei padroni
comprensivi,
rimpiangevano
amaramente il passato. I più deboli non seppero giovarsi dell’incommensurabile bene della libertà e, privi di una guida, andarono
ad ingrossare le file degli sbandati. Il nuovo contesto sociale che
era venuto a crearsi è narrato con
grande realismo da dalla Mitchell,
che evidentemente si era documentata con scrupolo su quegli
anni di transizione, che segnavano il tramonto di un’epoca e l’inizio di tempi nuovi per gli Stati Uniti. Numerose sono le figure che
emergono dalle pagine di “Via col
vento” e su tutte domina quella di
Rossella (Scarlett nella stesura
originale), figlia prediletta dell’im-
Leslie Howard
Olivia De Havilland
Butterfly Mc Queen
petuoso Gerald O’Hara, di origini irlandesi, facoltoso proprietario della piantagione di Tara.
Rossella, dai magnetici occhi verdi e dal fisico
aggraziato, possiede tutte le caratteristiche necessarie a farla apparire detestabile: egocentrica, maestra di ingannevole astuzie femminili e
all’occorrenza decisamente priva di ritegno, persegue i suoi fini senza curarsi delle ragioni altrui, ma finisce con il rimanere vittima di se stessa, soprattutto dal punto di vista sentimentale.
Si accorge, quando forse troppo tardi per correre ai ripari, di non aver compreso i due uomini
della sua vita: prima il mite e poco volitivo Asch-
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Ci penserò domani
ley che, pur non essendo insensibile al
suo fascino, trova la forma di respingerla perché indissolubilmente legato
alla dolce Melania Hamilton e Rhett, il
cinico e disincantato uomo di mondo,
capace però di nobili azioni e, soprattutto, perdutamente innamorato di lei.
Ci sarebbe dell’altro per far risaltare
ancora di più gli aspetti negativi del
personaggio, ma Rossella O’Hara dispone anche di doti che la fanno sopravanzare di molto le componenti di
quell’universo femminile che le gravita
intorno. In tempi tanto problematici
per il suo Sud sa osare e lanciare sfide, esporsi in prima persona e lavorare indefessamente per poter risalire la
china. Tutto ciò lo mette in atto non
solo per se stessa, ma anche per assicurare un’esistenza dignitosa alla
cerchia dei suoi parenti, resi inerti dalla cocente sconfitta subita dalla Confederazione. Questi, pur disapprovando il comportamento trasgressivo della
giovane, in un certo senso dipendono
dalla intraprendenza con la quale ella
affronta gli eventi. Svincolandosi infatti
con determinazione dai lacci che la società del tempo impone alle donne,
Rossella O’Hara, combattente nata,
non si abbatte mai di fronte agli ostacoli. Tutt’al più, quando la posta in gioco è di rilievo, se il buonsenso le suggerisce di non agire d’impeto, differisce
al giorno che verrà la scelta di strategie e tattiche di cui servirsi: “Ci penserò domani” è la frase con la quale
reagisce nelle situazioni più spinose,
mentre Tara è l’unico posto dove raccogliersi prima di prendere le decisioni
più importanti. Tara con la sua casa
bianca e la vasta piantagione, dove ha
vissuto giorni felici spazzati via dalla
brutalità della guerra civile, è il suo costante punto di riferimento, la sua stella polare, il luogo dove attingere la linfa
vitale per poter risorgere dopo ogni caduta. Moltissime persone hanno letto il
romanzo, però a mio avviso di gran
lunga superiore è il numero di coloro
che conoscono l’omonimo film. Non è
mai cosa da poco trasporre sullo
schermo un’opera di letteraria, ma nel
caso di “Via col vento” credo che l’im-
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presa sia pienamente riuscita. Certamente fu laborioso realizzarlo, considerato che non si trattava di una di
quelle piacevoli commediole Hollywoodiane, tanto in voga negli anni che
precedono la Seconda Guerra Mondiale, ma di un “kolossal” vero e proprio, che richiese molto tempo, molto
denaro ed anche molto impegno da
parte di tutti coloro che vi erano coinvolti. Le cronache di allora riferiscono
che mentre si girava vi furono vari incidenti e che spesso spiravano venti di
tempesta tra i componenti del cast, ma
principalmente tra le due attrici che impersonavano rispettivamente Rossella e Melania. Se la memoria non mi
gioca un brutto tiro, ci fu addirittura
un’alternanza di registi, un’ulteriore
prova di quanto fosse complessa la realizzazione. Come Dio volle, nel 1939
il film uscì e fu un autentico trionfo. A
me pare che al suo successo abbia
contribuito in larga misura la scelta degli attori: l’inglese Vivien Leigh impersona magistralmente l’irrequieta Rossella, Clark Gable è indimenticabile nel
ruolo di Rhett Butler, Olivia De Havilland non avrebbe potuto calarsi meglio il personaggio di Melania e Leslie
Howard, con quella sua flemma tutta
britannica, è un Ashley perfetto. Voglio
ricordare anche l’attrice di colore, Butterfly Mc Queen che mostrò on vero
talento nelle vesti di Prissy la saggia,
autorevole e lungimirante nutrice di
Rossella, l’unica persona al mondo di
cui Rossella temesse il giudizio. Non
ricordo se ce ne fossero degli altri, ma
alla bravissima attrice nera fu attribuito
l’Oscar. Alcuni anni or sono nella Mecca del cinema qualcuno concepì l’idea,
per me balzana, di girare il seguito di
“Via col vento”. Peccherò di disinfor-
Margaret Mitchell
mazione, ma credo non se ne sia fatto nulla, altrimenti già da tempo il
prodotto sarebbe approdato ai nostri
schermi. Vado allora per scontata la
sua mancata realizzazione, io gioisco al pensiero che le cose siano rimaste là dove le avevano lasciate il
cinema e, poco prima, la scrittrice.
Nelle ultime scene del film Rossella,
in procinto di essere abbandonata
dal marito Rhett, che esaurito la pazienza mi suoi confronti, pur accusando il colpo, non si dispera ma si
predispone alla riscossa. Proprio ciò
che avviene nelle ultime battute della
romanzo, quando Margaret Mitchell
da voce come segue alle riflessioni
della sua eroina:- Penserò a tutto
questo domani, a Tara. Sarò più forte, allora. Domani penserò al modo
di riconquistarlo. Dopo tutto, domani
è un’altro giorno-.
Consuelo
segue da pag. 2
Intervista a Leoluchina Savona Sindaco di Corleone
quali svariate associazioni sono scese
in piazza per sancire la vittoria del bene
contro il male. E portiamo avanti il loro
messaggio di speranza continuando
a lottare senza armi, bensì con la coscienza, esternando il nostro amore per
il prossimo, e dichiarando apertamente
ai mafiosi che non c’è alcun onore in
quello che fanno, che non è tramite la
forza, la violenza, o la strage che possono pensare di affermare sé stessi.
Anzi, così facendo, non fanno altro che
continuare a dimostrare a tutti, ed in primo luogo a loro stessi, quanto siano in
verità deboli e disperati. La vera forza
si vede dalla grandezza delle idee, così
come la profonda debolezza si tradisce
nelle manifestazioni di violenza gratuita e di nullificazione delle persone forti,
di quelle che mandano avanti questo
mondo nonostante tutto.
CHE COSA VORREBBERO CHE
NOI FACESSIMO PER PORTARE
AVANTI IL LORO SOGNO DI LIBERTÀ E GIUSTIZIA?
È necessario, vitale, il nostro impegno
nella quotidianità in nome della libertà,
iniziando dalle istituzioni. La nostra amministrazione ad esempio sta portando
avanti da tempo un sostanziosa campagna che punta molto sulla cultura e
sul conferire una rinnovata immagine a
Corleone. Ciò nonostante continuiamo
a scontrarci con questo “cancro”, la
mafia, come nel recente blitz antimafia
“Operazione Grande Passo”. Una mafia che si infiltra nelle nostre istituzioni
per portare avanti i suoi interessi ed affari; questo purtroppo tende a conferire
alla nostra città una nomea negativa
che non rispecchia la realtà, in quanto
la stragrande maggioranza dei nostri
cittadini è onesta e costituita da instancabili lavoratori. Nell’operazione che ho
appena citato le forze dell’ordine hanno
scoperto che un nostro dipendente comunale era connesso alla mafia. Personalmente non avrei mai sospettato
di lui, non l’avevamo mai visto esporsi
o comportarsi in modo insolito. Questo
per dire che tale organizzazione è così
subdola, così infima che tende ad inserirsi in ogni settore: da quello affaristico
a quello politico, passando per tutti gli
altri. Bisogna quindi denunciare, bisogna collaborare tutti insieme, istituzioni
«Corleone Capitale Mondiale della Legalità»
e cittadini, per estirpare definitivamente la mafia dal nostro territorio.
COME PENSA DI CONCRETIZZARE NELLA REALTÀ IL SOGNO
“CORLEONE CAPITALE MONDIALE
DELLA LEGALITÀ”?
Impegnandomi ed impegnando dai
piu piccoli ai piu grandi, a perseguire
la via della legalità; questo sogno è un
sogno grandioso in cui tutti noi crediamo e che vogliamo realizzare, costi
quel costi. Richiede un impegno costante, una vigilanza ed una dedizione
assidue nel contrastare la malapianta
mafiosa, giorno dopo giorno. Ma non
è nemmeno possibile pensare che la
legalità e la vera libertà possano essere conquistate solo combattendo e
contrastando il cancro mafioso, no. È
anche importante, per non dire vitale,
indirizzare la maggior parte dei propri
sforzi e delle proprie energie nel rafforzare e validare tutto quanto Corleone ed i suoi onesti cittadini hanno di
positivo: tradizione, arte, cultura, professionalità. Solo in questo modo, un
giorno non lontano, un’alba radiosa di
legalità potrà regnare incontrastata su
Corleone.
UN SUO MESSAGGIO PERSONALE AI GIOVANI D’OGGI, ALLE
NUOVE GENERAZIONI: POSSONO REALMENTE SPERARE IN UN
MONDO IN CUI LA MAFIA E L’ILLEGALITÀ NON POSSANO ESSERE
ALTRO CHE UN BRUTTO RICORDO DA NON DIMENTICARE? IN
CHE MODO POSSONO CONTRIBUIRE AD OTTENERE CIÒ?
Dico ai giovani di studiare, perché la
cultura è il fattore principe dello sviluppo, sia economico che intellettuale.
Ed inoltre di seguire la strada maestra,
uno stato costituito da norme e regole,
rispettando il prossimo come te stesso. Dobbiamo tutti insieme praticare
la denuncia. Solo tramite una stretta
collaborazione tra il popolo e le istituzioni si potrà giungere ad un risultato
concreto, vale a dire l’estirpazione di
questa malapianta mafiosa. Dobbiamo essere oggi più che mai stimolati...
dobbiamo gridare, gridare forte e farci sentire anche dallo Stato centrale
per farci sostenere in questo cammino impervio, perché se lo Stato non
è presente in questo territorio, noi da soli non ce la
possiamo fare. Ma allo stesso tempo, non possiamo
nemmeno permetterci di non farcela.
Terminiamo questa intervista ricordando le parole toccanti che, in occasione dell’anniversario dello scorso
anno della cattura di Totò Riina, Leoluchina Savona ha
scritto in una lettera aperta ai familiari delle vittime della
mafia per chiedere scusa dei crimini di cosa nostra:
“Corleone non è più il paese di Totò Riina ma quello
di Ninni Cassará, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino,
Boris Giuliano, Mario Francese, Antonino Saetta e tutte le altre vittime di cosa nostra. Chiedo loro perdono
per l’uccisione dei loro cari, vi chiedo scusa a nome di
tutti i corleonesi, vi chiedo perdono per il sangue che è
stato versato. Quel sangue, però, non è stato versato
invano: nei vent’anni che ci separano dall’arresto di
Totò Riina, nei sette che fra poco si compiranno dalla
cattura di Bernardo Provenzano, quel sangue è servito a tutti noi per ricordare che una sola può essere la
strada, uno solo il campo da scegliere in questa guerra. Oggi vi consegno ciascuna strada, ciascun vicolo,
ciascuna casa di Corleone: ve le consegno con l’impegno di essere i vostri fratelli, i vostri genitori, i vostri
mariti e mogli che vi sono stati strappati dalla ferocia
dei boss. Prendetela, riconquistatela insieme a noi”.
Edoardo Elisei
«“cosa nostra” è minuscola e non
ci appartiene, ci è anzi invisa;
Corleone invece è maiuscola,
ed è l’unica Cosa che è Nostra»
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segue dalla prima pagina
Quando sei d’accordo con la crisi?
ho trascorso troppo tempo alla
“fiera delle ovvietà” per tenerla
semplice ed invitarvi a riflettere,
facciamo un esempio concreto.
Mario è il titolare di un’azienda
che vende e produce vini; ha un
responsabile di produzione ed
un responsabile commerciale,
più una serie di collaboratori.
Osserva che i suoi uomini fanno degli errori; vede anche – e
decisamente il martellamento a
riguardo è molto intenso – che
il mercato è in crisi, ci sono difficoltà, le aziende fanno fatica,
alcune chiudono... e se all’inizio
non concorda col fatto che questo lo debba riguardare, dopo un
po’ – ricordatevi, il martellamento continua – potrebbe cominciare ad avere dei dubbi.
Diciamo che questo “dopo un
po’” sia una settimana e vediamo cosa può essere successo in
quella settimana. Il responsabile
commerciale non ha fatto alcuna riunione con i venditori perché impegnato in un viaggio tra
i vari fornitori d’uva (ha lavorato,
non era in ferie!); il responsabile di produzione, innervosito da
un collaboratore alquanto problematico, non è riuscito a fare
dei controlli di qualità... doveva
gestire il tipo... e le statistiche
mostrano un primo calo. Torniamo aldisaccordo con la crisi nostro Mario che, guardando i dati,
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vede quel calo. Sa che i suoi uomini sono stati al lavoro, che si
sono impegnati duramente, eppure c’è un calo dei risultati “oh
mio Dio, vuoi vedere che la crisi
comincia a toccarmi? No! Non è
possibile... no..” ma un piccolo
dubbio si è insinuato nella sua
mente.Traducendo a livello di
cose con cui concordare, se prima il suo disaccordo con la crisi
era del 100% ora magari è del
90%. Quel 10% di accordo con
il soggetto è nato. Secondo voi
cosa può causare? Certamente
Mario comincia a preoccuparsi, perde un po’ di spinta, poca,
non molta, ma quel poco che
lo a trascurare di “riprendere” il
direttore commerciale nel non
tralasciare mai le riunioni con i
commerciali... Una leggera ansia – certamente ben nutrita dal
martellamento sulla crisi – ogni
tanto lo accompagna, e cosa
può succedere?
Che quel diavolo di 10% diventa un 20% o giù di lì, che Mario,
per confermare che le sue azioni sono giuste, che si sta impegnando e lavorando sodo, trova
solo in quella “crisi” le spiegazioni al suo calo, la accetta, e lì
COMINCIA la crisi.
So che può sembrare semplicistico e banale ma rifletteteci un
attimo ed andate a trovare quel
momento in cui avete comin-
ciato ad essere d’accordo... e cominciate a discordare! Ognuno di noi può far crescere la sua
azienda SEMPRE, in qualunque situazione, ma
solo se lo desidera veramente e se, come prima
cosa, è veramente, al 100% d’accordo che si fa!
Manuela Baccari
responsabile organizzazione e marketing
domino srl
Storie di Ordinaria Polizia
Una lontana sera d’estate in “Grigio Verde”
Era un servizio di Rappresentanza quella sera d’estate,
quando vestivamo la Grigio
Verde,però quella Squadra
indossava l’Ordinaria estiva
…in una delle più belle piazze
di Roma… Per chi ha avuto
occasione di frequentarla …
la Piazza San Giovanni in
Laterano…è semplicemente
d’effetto quando…in quell’occasione v’erano le tradizionali bancarelle…e sulla piazzetta…di lato che volge le
spalle al sagrato…sedie pieghevoli in stile platea di cinema all’aperto…per quei
tempi…lontani da Internet e dai Cellulari. Quella giornata il turno 13 / 19 si allungò
di parecchio…per imprevisti sopravvenuti…che richiesero l’intervento della Squadra. Nel pomeriggio il Sottufficiale era intervenuto su richiesta di una ragazza che
aveva incontrato il solito venditore che a quel tempo sceglieva le sue vittime da
astuto bancarellaro. Tale intervento riuscì a fare asciugare le lacrime alla ragazza
e a farle riaffiorare un sorriso…seguito dal tradizionale grazie Brigadiere. Il resto “
procedeva tranquillo e sotto controllo”…come si usava riferire via radio…le uniformi ed il comportamento dei componenti la squadra…era apprezzato e riscuoteva
successo. Verso le ore 18…sul finire del turno ( chissà perchè accade quasi sempre così)…una richiesta di soccorso urgente …una signora anziana per quel tempo era stata colta da malore e rigida seduta su una di quelle sedie pieghevoli…non
dava segni di vitalità…occhi fissi sbarrati…una bottiglietta stretta in mano,appoggiata sulle gambe. Il sottufficiale intervenuto ,con parte dei componenti della Squadra…in attesa dell’autombulanza che,considerata la congestione della piazza e
delle vie di accesso avrebbe tardato di molto il suo soccorso,…benedicendo gli
addestramenti ricevuti durante alcuni corsi di 1° Soccorso…iniziò con i suoi uomini
tutte le giuste procedure di rianimazione che in quel caso ritenne giusto applicare.
Trascorse lungo tempo prima che arrivassero i paramedici con il medico…alcune
ore… Durante quel lungo periodo a turno si alternarono per la rianimazione e dovettero togliersi la giubba blù e restare in camicia a causa dei liquidi organici che la
tapina espulse più volte dal cavo orale e dalle narici…dopo che si riprese.
Durante tale operazione parte della folla che si era avvicinata era solidale con l’iniziativa della Squadra.. Solo una voce anonima poco distante incitava a desistere
dalla rianimazione:”tanto quella è vecchia…prima o poi ha da schiattà…ed altre
amenità. La Squadra lasciò il Pronto soccorso alle 0,45…dopo che il Medico di
turno ebbe sciolto la diagnosi…..complessa sindrome lipotimica in soggetto…etc.
etc.etc…senza il vostro intervento non sarebbe arrivata viva…etc.etc.etc. Il rien-
tro in Caserma…fù…diverso dal solito…in ogni
componente c’era la consapevolezza di essere
stai utili…e a più di qualcuno,oltre al Sottufficiale
venero in mente ,con relativi ringraziamneti,le lezioni ricevute sul 1° soccorso. Per quel tempo la
richiesta del Sottufficiale circa una segnalazione
sul Foglio Matricolare…non ebbe buon esito. Le
parole del Capoufficio…lo privarono del sorriso….”chi quelli avrebbero fatto tutto questo?...ma
non è possibile…quelli sono tra i più scanzonati
del Reparto….se non ci fosse stato Lei…non si
sarebbero impegnati segnatamente nella respirazione artificiale…e così via…non se la prenda…
più di tanto se mai ci sarà altra occasione provvederò…a prenderla in considerazione…ma ora
non è il caso…” Sono trascorsi molti anni ed alcuni mesi or sono leggendo quel libro…da taluni
ritenuto tale…mi ritornò in mente quell’episodio….
leggendo alcuni passi del libro:….l’Italia non è uno
stivale…ma un’ “anfibio celerino”…. Quella Squadra che quel giorno soccorse quella donna ,anziana,per quel tempo…era una Squadra del 3° Plotone della 5^ Compagnia del 1° Reparto Celere di
Roma… Oggi…è giusto ricordare quegli uomini di
quella Squadra…e da parte mia ringraziarli ancora per il lavoro svolto…
Lupo Solitario - Poliziotto
Poliziotti.it
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I Pompieri di D’Annunzio
Al termine della Prima Guerra Mondiale molte delle speranze con cui l’Italia aveva siglato il Patto di Londra
del 1915 non si erano concretizzate.
Al tavolo della pace il governo italiano, pur figurando a pieno titolo tra i
vincitori, non era riuscito ad ottenere
che le altre potenze mantenessero
le promesse fatte a suo tempo a Sidney Sonnino. Molte delle ambizioni
italiane rimasero così insoddisfatte.
Tra queste, una delle più eclatanti fu
la mancata annessione della città di
Fiume al Regno d’Italia a cui molto si
teneva poiché quel fazzoletto di terra istriana era tra le terre irredente
per cui s’era combattuto.
Il malcontento generale per la “vittoria mutilata” animava tanto le masse
quanto le migliaia di reduci al punto
che, nel 1919, una colonna di Granatieri di Sardegna ed Arditi dei Reparti d’Assalto del Regio Esercito lasciò Ronchi diretta verso Fiume allo
scopo di occuparla.
Alla guida dei “ribelli” vi era un Ufficiale, forse un po’ pittoresco ed alle
volte anche eccentrico: si trattava
del famosissimo Poeta Gabriele
D’Annunzio, il quale si trovava al comando di quella che passò poi alla
storia come “L’impresa di Fiume”.
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Il governo italiano disapprovò fortemente l’impresa, osteggiandola in
ogni modo possibile, malgrado essa
trovasse ampi consensi in molti settori dell’opinione pubblica nazionale
lasciando però diviso il mondo politico.
Fu nel Dicembre del 1920 che la
questione fiumana trovò temporanea soluzione nella firma del Trattato di Rapallo con cui l’Italia si impegnava a riconoscere Fiume stato
indipendente ed a cui D’Annunzio
risposte con la proclamazione della
Reggenza Italiana del Carnaro. Tuttavia, a partire dal 24 di quel mese,
l’Esercito regolare iniziò un deciso
assedio al fine di allontanare i legionari fiumani ed il loro comandante
dalla città. Gli stessi non poterono
resistere che per pochi giorni. Quegli
eventi furono ricordati dal poeta, in
relazione ai diversi morti che si registrarono negli scontri, come il “Natale di Sangue”.
L’Incendio
Il libro d’oro dei Pompieri di Fiume
raccontava che ormai da giorni la
battaglia tra la truppe regie ed i legionari infuriava con violenti scontri
quando, la mattina del 26 Dicembre
1920, verso le ore sei del mattino, si
incendiò un deposito di munizioni che si
trovava nei pressi di Valscurigna.
Una granata d’artiglieria era finita proprio in quel punto e con la sua esplosione aveva innescato un violento incendio
con un alta colonna di fumo e lingue di
fuoco che s’alzavano verso il cielo.
Le munizioni esplodevano continuamente proiettando i loro micidiali proiettili in
ogni direzione, mentre il rogo minacciava altri quattro magazzini che si trovavano nei pressi del sinistro.
E non erano magazzini da poco conto,
segue a pag. 9
segue da pag. 8
I Pompieri di D’Annunzio
poiché tre di essi contenevano granate e
munizionamento di grosso calibro tra cui
una corposa fornitura di bombe caricate
con gas asfissianti, forse la celebre Iprite.
Se l’incendio li avesse raggiunti si sarebbe potuta verificare un esplosione che
avrebbe spazzato via tutto il circondario,
una terribile sciagura per la già tanto sfortunata città. Fu in quei frangenti che un
autocarro carico di Pompieri del Corpo di
Fiume s’avviò attraverso i furiosi combattimenti, incurante delle raffiche di mitragliatrice ed oltrepassando tutti gli sbarramenti, fino ad avvicinarsi agli avamposti
delle truppe regie ed esponendosi a gravi rischi pur di raggiungere il terribile incendio che d’istante in istante si faceva
sempre più violento. Nonostante fossero
stati presi di mira dal tiro dei combattenti,
essi non si arrestarono e, lottando contro
le fiamme con coraggio e sangue freddo
per tutto il giorno, riuscirono, alla fine, ad
avere la meglio sul rogo salvando i fiumani da un’altra sciagura. Lavorando con i
loro getti senza sosta, mentre attorno a
loro la grande storia marciava inesorabile
al passo delle salve di moschetto, quegli otto ragazzi scrissero i loro nomi nelle
cronache di quei giorni. Tra l’altro, tra gli
Ufficiali che affiancavano D’Annunzio nell’impresa, vi era il giovanissimo Capitano Giorgio Conighi che
diventò in seguito un alto Ufficiale
del Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco.
Ancora una volta i pompieri dimo-
strarono d’essere sempre presenti
nei grandi momenti che rimangono
impressi nella memoria collettiva dei
popoli.
Alessandro Mella
www.storiavvf.it
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segue dalla prima pagina
You not shoot, we not shoot
Nata l e, 1914: l a g u err a si ferma su l f ronte o c ci d enta l e
nascosti in trincee di fango e gelo,
senza arrivare a niente. Sono separati da una terra di nessuno che,
in alcuni punti, è di soli pochi metri.
Gli uomini sono esausti, e questa,
la vigilia di Natale, è una notte di
pura nostalgia per quei soldati. Ad
un tratto, nel silenzio che è seguito alle sparatorie della giornata, i
britannici sentono i tedeschi intonare un canto dolcissimo: “stille
nacht, heilige nacht” (silent night,
holy night). Non lo conoscono, ma
lo ascoltano affascinati. Il canto è
bellissimo e, quando termina, i
britannici applaudono. I tedeschi,
poi,ne intonano un altro e poi sono
i britannici che ne intonano uno a
loro volta e poi va a finire che cantano insieme le stesse canzoni di
Natale. Nel frattempo i tedeschi
avevano adornato la sommità delle loro buche con alberelli pieni di
tante candele accese e, se qualche soldato nemico si affacciava
oltre la sua buca poteva vedere,
nel buio, a destra e a sinistra a
perdita d’occhio le trincee dei tedeschi illuminate da tanti lumicini
tremolanti: uno spettacolo che, in
quel momento, arrivava diritto al
cuore. L’Alto Comando germanico
aveva fatto arrivare quelle decorazioni natalizie al fronte perché sapeva che il Natale avrebbe influito sull’umore dei soldati. Ormai i
soldati, da una parte all’altra della
terra di nessuno,hanno iniziato a
scambiarsi gli auguri. Ad un certo
punto, dal fronte tedesco, qualcuno urla: “Inglesi, uscite! Voi non
spara, noi non spara, you not shoot, we not shoot”. “Venite fuori voi
“rispondono gli inglesi Ed ecco che
un soldato tedesco effettivamente
sbuca fuori e si avvia verso la trincea nemica. Gli inglesi, in un primo
momento non sanno cosa pensare, tengono i fucili spianati, pronti
a sparare, ma la notte è talmente
carica di spiritualità che nessuno
vuole premere sul grilletto. Quel
soldato nemico si sta avvicinando
sempre più ed allora è un inglese
che esce fuori e gli va incontro. Gli
inglesi sono sempre sui fucili, ma
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quei due ora sono vicinissimi , si
stringono la mano, si abbracciano
ed è come se avessero dato il segnale di via perché ora anche altri,
sia tedeschi che inglesi e francesi vengono fuori dalle loro buche
e quella terra di nessuno improvvisamente si anima. Gli uomini si
incontrano, si stringono le mani e
finalmente si conoscono e scoprono di non essere poi molto diversi
gli uni dagli altri. I tedeschi hanno
mogli, figli e genitori così come gli
inglesi ed i francesi ed ecco che si
tirano fuori foto e si fanno vedere
ai nemici. Parlano lingue diverse
eppure si capiscono. Hanno divise dal colore diverso eppure si capiscono. Si scambiano doni: una
mostrina della divisa, sigarette, del
tè, del caffè ed altre piccole cose.
Accendono dei falò. Appena giorno, sulla terra di nessuno, si celebra una messa a cui partecipano
tutti e si seppelliscono i morti. Poi
si gioca una partita di calcio: la più
bella partita di calcio della storia.
La tregua non è rimasta circoscritta solo ad un ristretto numero di
uomini e a pochi chilometri di terra,
ma si è estesa per contagio per
chilometri e chilometri e chilometri
lungo tutta la terra di nessuno del
fronte occidentale. La guerra si era
letteralmente fermata.
In alcuni punti la tregua è durata
solo un giorno, in altri fino a gennaio ed oltre. I
capi dei due eserciti devono avere faticato non
poco per fare continuare quella guerra se hanno dovuto ricorrere a minacce, punizioni, condanne anche a morte, pesanti bombardamenti
d’artigliera organizzati proprio per la vigila di
Natale dell’anno dopo. Nonostante ciò, l’anno
dopo i soldati ci riprovarono e ci furono effettivamente piccole tregue qua e là, con incontri
e scambi di doni ma ormai gli ufficiali erano
avvisati: soffocare sul nascere ogni tentativo
o dure punizioni. Nel 1916 finalmente i comandanti dei vari eserciti ci riuscirono e non si
verificarono mai più. I momenti difficili per loro
erano finiti e la voglia di pace era stata soffocata duramente. Non tutti gli uomini vogliono
la guerra, non tutti gli uomini vogliono il male
di altri consimili. Solo una piccola minoranza
la vuole e fa e farà di tutto perché gli uomini si
scannino tra di loro. Il modo più facile è inondarci di dati falsi su cosa effettivamente siamo
e istigare, così, gli uni contro gli altri.
Scrive un soldato inglese alla sorella, raccontando di quella notte: “Questi non sono i barbari selvaggi di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e,
sì, amor di patria. Insomma sono uomini come
noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti? “ Già, come hanno potuto? Tra i soldati
tedeschi ce n’era uno che assolutamente non
era d’accordo su tutto questo fraternizzare.
Era un caporale austriaco e ha pure scritto del
suo dissenso. Si chiamava Adolf Hitler.
Maria Luisa Dezi
Il canto di Natale
E’ sera inoltrata a Mariapfarr, un piccolo paese vicino a Salisburgo. Fuori la
neve copre ormai ogni cosa
e c’è il profondo silenzio
ovattato delle notti invernali. Joseph Mohr è solo nella
sua piccola stanza annessa alla chiesa. Di solito a
quest’ora è già da un po’
che è all’osteria a cantare
e suonare la chitarra con gli
operai. Joseph Mohr ha 23
anni, ed è l’aiuto parroco lì
a Mariapfarr. Per il suo carattere poco accomodante e
perché, invece di studiare di
continuo le sacre scritture,
preferisce stare con gli operai ed ascoltare le loro storie
di vita, non piace al suo parroco. Conosce molto bene,
però, le paure a causa di un
futuro incerto, la fatica quotidiana ed i soprusi a cui devono sottostare quei lavoratori.. Il Congresso di Vienna
si è appena concluso e, con
la ridefinizione di alcuni confini, la vita si è fatta ancora
più dura nei territori tra la
Baviera e la regione salisburghese. Fra un po’ è Natale e quella sera Joseph si
siede alla sua scrivania e
scrive una poesia che parla
di Gesù, della sua nascita e
della speranza che ciò ha
rappresentato per l’umanità:
Stille Nache, heilige Nacht
( silent night,holy night ). Poi
la mette in un cassetto della scrivania o, chissà, se la
mette in tasca e va finalmente all’osteria. E’ il dicembre
del 1916 e poco dopo Mohr
viene trasferito in un’altra
parrocchia della zona, a
Oberndorf, a 17 km a nord di
Salisburgo. Non piace al suo
parroco, ma questo l’abbiamo già detto. Due anni dopo,
nonostante il suo carattere
polemico ed il suo essere
sempre più vicino alla gente
che va avanti con difficoltà,
è ancora in quel paese la vi-
gilia di Natale e quel giorno
tira fuori la sua poesia e la
porta a Franz Xavier Gruber,
l’organista della sua chiesa,
e gli chiede di musicarla per
due voci soliste accompagnate da chitarra. Perché?
Si sono fatte molte congetture su questo ma sono solo
congetture.Forse, ma anche
questa è una congettura, voleva quella notte dare un forte messaggio di pace e speranza ai suoi parrocchiani.
Gruber, comunque, la finisce
in poche ore e consegna lo
spartito nel pomeriggio inoltrato. La sera, poi, durante la
messa di mezzanotte, i due
la cantano: Joseph, suonando la chitarra, come tenore
e Franz come basso. Nella
piccola chiesa le persone
ascoltano rapite. Il canto
piace subito e, verso la fine,
il ritornello viene cantato da
tutta quella piccola comunità
riunitasi per accogliere Cristo, il Salvatore. Oggi due
miliardi e mezzo di persone
in 5 continenti la cantano.
La canzone è stata tradotta
in 350 lingue senza contare i vari dialetti. Non sono
solo i cristiani a cantarla,
ma anche seguaci di altre
religioni. Per gli Inuit, per
esempio, è “judtlime kimsugtut”, a Samoa si canta “Po
Fanau, Po Manu”, in inglese
è “holy night, silent night” ed
in Italia è stata tradotta con
“astro del ciel”. Nessun’altra
canzone è così famosa. La
sua popolarità è iniziata nel
1848 dopo la morte di Joseph e sono state le famiglie di
cantori ambulanti a portarla
fuori dai confini di quella piccola comunità. Gruber, che
è morto nel 1863, invece, ha
potuto avere notizia del successo della loro canzone.
Chissà quante volte avranno
bussato alla sua porta per
avere il testo completo! I due
si erano divisi già nel 1819
per non incontrarsi mai più. Mohr, infatti, inviso a causa del
suo profondo senso per la giustizia sociale, era stato nuovamente trasferito e verrà trasferito altre 7 volte. E’ da una
simile personalità che è nata una canzone che racconta
l’essenza del cristianesimo, il suo messaggio di amore, di
fratellanza e di uguaglianza. Nella canzone, la nascita diCristo viene annunciata ai pastori, i primi accorsi in quella
notte magica e silenziosa. Già, come nel Vangelo, perché
sono stati loro gli unici testimoni di quel momento. Sono
questi i concetti che ne hanno decretato il successo? Può
essere vero per i paesi di lingua tedesca, ma gli altri sono
stati sicuramente conquistati dalla melodia che accompagna le parole. Che cosa abbia di particolare questa,
ognuno può scoprirlo da sé semplicemente ascoltandola.
Di certo è stata ispirata da quei concetti. Fatto sta che è
questa la musica che ha conquistato anche i soldati dell’esercito britannico, infangati nelle trincee di Ypres, quando
è stata intonata dai sodati tedeschi, in quella famosa tregua di Natale del 1914, facendo riscoprire loro i sentimenti
autentici di fratellanza e la loro vera essenza umana e
spirituale.
Maria Luisa Dezi
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Una piscina da capogiro
Se soffrite di vertigini, cambiate pagina, non leggete quello che segue perché non fa per voi. Qui
parliamo di una piscina al 57° piano su un ponte a
forma di nave che collega tre grattacieli ognuno di
55 piani. Il tutto è di 200 metri di altezza. Siamo a
Singapore e stiamo parlando del resort Marina Bay
Sands. Un resort è per definizione qualcosa di più
di un hotel perché oltre ad avere degli alloggi per gli
ospiti ha anche un bar, vari ristoranti, una piscina e
poi, a seconda di quanto è grande, dei night club,
una stazione termale, un teatro, un centro congressi, vari negozi ecc. ecc. tanto che alcuni finiscono
per diventare delle vere piccole citta autosufficienti.
Uno ha addirittura un Luna Park al suo interno
e quel resort si trova naturalmente a Las Vegas.
Ci siamo perciò abituati a resort megagalattici e
stravaganti, ma mettere una piscina su in cima e
costruirla in modo tale che chi ci nuota pare nuoti sospeso nel vuoto, questa sì che è un’idea che
colpisce l’immaginazione. Chi ci è stato dice che
è spettacolare. La vista è mozzafiato. Immaginate
di nuotare di sera, intorno a voi le luci accese dei
grattacieli di una città modernissima e sembra non
ci sia una barriera tra voi e quei grattacieli e che
una volta finita la piscina potete smarrirvi nel vuoto
o raggiungerli!
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Oltre alla piscina, che è tre volte più grande di
una piscina olimpica, lassù in cima ci sono percorsi di jogging, giardini, saune, centri benessere. Del resto il tutto si estende su di un’area di un
ettaro e può ospitare fino a 3.900 persone. Non
è la piscina più grande del mondo, ma è senz’altro quella più spettacolare oltre ad essere la più
alta e, spesso, si soggiorna al Marina Bay Sands
proprio per fare quell’esperienza. Le tre torri che
sorreggono la piscina, si divaricano alle estremità
per fare spazio al loro interno ad un grande viale
lungo il quale passeggiare. Ai lati del viale vi sono
negozi lussuosissimi perchè il resort non è certo per persone non abbienti. L’architetto che ha
ideato tutto questo, che è stato dichiarato come
l’edificio più complesso al mondo, è il canadese di
origine israeliana Moshe Safdie. E’ stato inaugurato il 23 giugno del 2010 con una festa di tre giorni. Il complesso ospita anche un museo d’arte e
scienza ed un parcheggio con 4 mila posti auto e
, come se la spettacolarità non fosse sufficiente,
da lassù, dall’area della piscina, a volte ci sono
persone che si buttano giù con il paracadute.
Maria Luisa Dezi
Un progetto concreto per un mondo migliore
Il futuro dell’economia è nei prodotti a km 0
Siete mai passati davanti ad ettari ed ettari di terreni incolti e la
vostra mente ha cominciato a
trovare modi su modi su come
potere sfruttare al meglio tutto
quel ben di Dio? Questo è quello che è successo anche a loro,
Surjio Seminara e sua moglie
Silvia Vanin, ma loro sono andati oltre ed hanno effettivamente
avviato un progetto concreto e
socialmente utile per quei terreni abbandonati. Vivono a San
Stino di Livenza, in provincia di
Venezia, hanno un bimbo di 3
anni e si occupano di coltivazione di piante da orto in serra.
Il progetto, che è veramente innovativo sotto vari punti di vista,
prevede, come scrivono sul loro
sito gli stessi promotori dell’iniziativa, la costituzione di una
cooperativa agricola con terreni
demaniali o concessi da qualche
privato. La cooperativa coltiverà
alberi da frutto e ortaggi. I suoi
prodotti verranno distribuiti nei
supermercati, nei mercati e nei
negozi locali ma con il marchio
dell’azienda e su banchi appositi. In tal modo una persona è
libera di decidere se comprare
prodotti esteri o locali. I prodotti,
poi, saranno venduti ad un prezzo più basso poiché, essendo a
chilometro zero, si potrà risparmiare sul costo dei trasporti. I
prodotti saranno esclusivamente
biologici e coltivati in maniera
innovativa usando il cippato di
ramaglie. Questo è un sistema
che permette una coltivazione
biologica e a risparmio di acqua.
Il cippato (legno sminuzzato) di
ramaglia (mucchi di rami secchi)
viene messo intorno alle piantine
dell’orto. In questo modo si tenta
di riprodurre il terreno del sottobosco che è umido e fertile in
ogni stagione dell’anno permettendo così di ridurre di molto le
innaffiature. Inoltre, le ramaglie
arricchiscono il terreno di preziose sostanze organiche ideali
per una coltivazione biologica.
Dunque, abbiamo prodotti biologici a basso costo e già questo
di per se’ è innovativo, ma continuiamo ad analizzarlo questo
progetto incredibile che è innovativo anche da un punto di vista
sociale. All’interno dell’azienda,
infatti, presentando il modello
ISEE, le famiglie a basso reddito con ore lavorative stabilite,
avranno diritto a prodotti gratis!
In questo modo anche chi non
ha disponibilità finanziarie adeguate può mettersi in scambio
e non è completamente effetto
della carità altrui, che può essere a volte degradante. Inoltre, la
trasformazione dei terreni incolti ed abbandonati in una vera e
propria azienda agricola richiede
parecchio lavoro così come il
coltivarli ed ecco che dal niente
si crea dell’ulteriore lavoro. La
parte amministrativa di questo
progetto, scrivono ancora i promotori dell’iniziativa sul loro sito,
potrebbe avere due modalita’: o
una percentuale da concordare
con il comune, o l’intero fatturato
dell’azienda agricola va al comune e un supporto economico da
parte del comune va ai conduttori dell’azienda. In questo modo
si crea un commercio interno finanziando il comune stesso. Il
progetto è già stato proposto a
qualche amministrazione ed in
questo momento è quella trevigiana che lo sta valutando attentamente. Beh! Che ne pensate?
Visitate il loro sito ed appoggiate
l’iniziativa che potrebbe estendersi in altre parti d’Italia e cambiare veramente le cose perché
è veramente ora di cambiare.
Questa cooperativa, il cui progetto speriamo di vedere presto
attuato, si chiamerà cooperativa
agricola sociale Vimana. Questo
è il loro sito : ccoperativasociale.
altervista.org
Maria Luisa Dezi
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Curiosità e Giochi
Orizzontali
1 – Sterminato ammasso stellare 8 – Ciascuno
porta la propria 12 – Tenuto in quarantena 13
– Un grosso cioccolatino 14 – Il grido dell’acrobata 15 – In cima alle bielle 17 – Indica il
tempo che manca 18 – Ci sono quelli ministeriali 20 – Iniziali della Sarandon 21 – I…lati
del triangolo 22 – La tecnica del verseggiatore
23 – Il consorte della reine 24 – La… lezione
che si infligge 25 – L’estremo è al Polo 26
– Giocondi, allegrissimi 27 – Somme che si
scommettono 28 – Se è doppio, non si afferra
29 – Il manager l’organizza per il cantante 31
– Una raccoglitrice di schede 32 – Fece crollare il tempio dei Filistei 34 – Fiume africano…
bifronte 35 – Non manca nei gialli 36 – In
Sicilia e in Cadore 37 – In mezzo alla strada
38 – Il recinto con le chiocce 39 – I… signori
ai quali ci si rivolge 40 – Un piccolo del gregge
42 – Si mangia con ogni pietanza 43 – Il più
grande felino europeo 44 – Una maschera con
il filtro 46 – I timoni e i remi dei pesci 47 – Il
massaggio del parrucchiere.
Verticali:
1 – Dipinse la Leggenda di San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi 2 – Brusco al gusto 3 – Amoreggia con
Turiddu 4 – Un ruolo del calcio 5 – La fine dell’impresa 6 – Troppo attillato 7 – Il… mio pronome 8 – In Spagna c’è
la Brava 9 – Servono per la pesca 10 – Da nome ad una varietà di giallo 11 – Uno dei due coniugi 13 – Torvo come
certi sguardi 15 – La subisce chi è rinchiuso 16 – La dea moglie di Osiride 18 – Chi si meraviglia non sa se sogna
o è così 19 – Quello di rocca è quarzo puro 22 – La… terra dell’elettronico 23 – Lo sono le previsioni dell’ottimista
24 – Lieve gesto del capo 25 – Da lui ci separa una generazione 26 – Si usano per fissare insieme alcuni fogli 27 – Il
capo della tipografia 28 – Una mistica sposa 30 – Gravi scottature 32 – Comprendono le staffe 33 – La provincia
di Luino e Laveno 35 – Lo stilista con Gabbana 36 – Tra Arthur…e Doyle 38 – Un Sean attore 39 – Si traversa in
battello 41 – La Anais scrittrice statunitense 42 – Si dice di desideri non appagabili 44 – La Ruggiero cantante (iniz.)
45 – Sono doppie negli attrezzi.
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