slide Ondina Greco 1 - Provincia di Lecce

Il lavoro clinico nel campo dell'adozione:
i protagonisti del processo adottivo
Ondina Greco
[email protected]
Provincia di Lecce
Corso di alta formazione e specializzazione
“I PERCORSI PER LE ADOZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI:
IL SISTEMA DELLE RELAZIONI, I RAPPORTI TRA I SERVIZI E LE FAMIGLIE”.
Lecce, 16 maggio 2014
Essere adottato è…
essere accolto
dopo essere stato lasciato
il termine lasciare ha, tra le altre,
due accezioni significative:
essere abbandonati
essere affidati a qualcuno
L’adozione nasce dunque come aporia da
risolvere…
I protagonisti dell’adozione
• La famiglia di nascita e l’ambiente di origine
• Il bambino che viene adottato
• La coppia di genitori adottivi e l’ambiente di
arrivo
• Gli operatori psicosociali e giuridici del
paese/del territorio di provenienza e di quello
di arrivo.
I protagonisti dell’adozione
La famiglia di nascita e l’ambiente di
origine
• Pur nella variabilità delle situazioni, è una
costante nell’adozione la certezza della
presenza di un prima dell’adozione, costituito
dalla famiglia di nascita che ha tenuto con sé più
o meno a lungo e in modo più o meno adeguato
il figlio, e dai caregivers transitori che si sono
presi cura del bambino in attesa di adozione.
• Tale presenza - a volte costantemente visibile
nella differenza etnica - dopo l’adozione
comunque permane a livello simbolico, ed è
profondamente presente nelle fantasie e nei
pensieri del bambino e dei suoi genitori adottivi.
I protagonisti dell’adozione
Il figlio adottato
Il modello “bisogni-competenze” (Palacios 2010)
Tre tipi di bisogni specifici del bambino adottato:
1)
•
•
•
•
bisogni legati al passato:
Problema dello sviluppo fisico e della salute, difficoltà relative all’adattamento alle
abitudini e alle routine quotidiane;
Difficoltà nello sviluppo emotivo a causa di precedenti esperienze di maltrattamenti, di
attaccamento inadeguato, di periodi di istituzionalizzazione;
Ritardi nello sviluppo psicomotorio, linguistico e cognitivo;
Difficoltà nelle relazioni con gli adulti e con i pari derivanti da forme di relazioni apprese
che possono essere problematiche;
Modalità con cui è effettuata la preparazione del bambino all’adozione e alla separazione
dalle persone che per lui sono state significative fino al momento antecedente l’adozione.
2)
bisogni legati all’instaurare relazioni, all’adattamento e
all’integrazione:
•
•
•
Passaggio da un Paese all’altro, dall’istituto a una famiglia;
Importanza di attaccamento sicuro e integrazione in famiglia e nel gruppo dei pari;
Apprendimento di nuove norme e necessità di superamento di problemi comportamentali e
di apprendimento al momento dell’inserimento scolastico.
3)
bisogni legati allo status adottivo:
•
•
Necessità di conoscere e accettare la propria storia personale;
Necessità di considerare lo status adottivo come caratteristica stabile della propria
identità (connessione tra due famiglie = “doppia origine”);
Necessità di elaborare sofferenze presenti e passate;
Necessità di elaborare i temi connessi all’identità etnica;
Necessità di sostegno nella ricerca delle origini.
•
•
•
Esperienze di cambiamento e sentimento di
sicurezza
• La riflessione della psicologia psicoanalitica (Sandler, 1998) ha
sottolineato come le esperienze pregresse costituiscano la base del
sentimento di sicurezza, radicato in ciò che conosciamo e a cui
siamo abituati, anche se a volte si tratta di esperienze non
completamente positive .
• L’operazione allontanamento-sostituzione non è dunque
automatica!
• Occorre che le esperienze passate – ciò che c’è stato, ciò che è
mancato, ciò che è stato immaginato - trovino un luogo per essere
comprese e significate,
permettendo la tessitura di
un "fil rouge" che leghi gli eventi, i luoghi e le persone della
propria vita…
L’assenza presente…
•
Se c’è una perdita (Winnicott (1971), è possibile conservare qualcosa dell’immagine
dell’oggetto perduto ed elaborarne il lutto. elaborare il lutto significa mantenere
l’essenza del legame perduto attraverso la sua trascrizione in termini simbolici (Losso e
Losso, 2006). In altri termini, si potrebbe dire che ciò che è stato perduto deve trovare
modalità simboliche per assicurare la continuità della propria presenza (Greco, 2013).
•
André Green (1998), riprendendo la riflessione di Winnicott, per far comprendere
meglio il ruolo del negativo utilizza l’affascinante metafora delle mani negative. Sulle
pareti delle caverne, i primitivi (come fanno i bambini alla scuola materna)
realizzavano il disegno delle mani in due modi: o intingevano le mani nella pittura e le
appoggiavano sulle pareti, oppure appoggiavano le mani e stendevano tutt’intorno il
colore. In quest’ultimo caso, ciò che appariva era l’assenza della mano.
•
Se il processo di simbolizzazione è bloccato, la rappresentazione del vuoto – ciò che
c’è stato, non c’è più e non può essere pensato né pianto - può diventare il centro
della vita psicologica e, nelle situazioni più gravi, può funzionare da “buco nero” che
attrae e distrugge i pensieri. perché è la stessa cornice che pensa i pensieri ad
essere danneggiata (Bion, 1970).
Un nuovo attaccamento:
un processo non sempre lineare
•Le figure di accudimento rispondono ai
segnali del bambino (messi in moto dal
bisogno di attaccamento) prendendolo in
braccio, accarezzandolo, nutrendolo e
dando un senso alle sue esperienze
(Bowlby, 1973, 1980)
•Le interazioni quotidiane costruiscono
nei bambini i modelli operativi interni
dell’interazione con l’altro.
Il nuovo attaccamento si costruisce
a partire dalle modalità già apprese.
Secondo Bowlby (1980) rappresentazioni diverse danno vita a modelli multipli nella
mente dei bambini, che assorbono maggiore energia rispetto a quella richiesta da un
modello interno unitario e ben funzionante, costituito da rappresentazioni coerenti.
Modelli multipli
comportamenti contraddittori dello stesso caregiver
molteplicità dei caregiver sperimentati
Uno dei possibili costi, messi in luce dalla ricerca sull’infanzia (Steele e al., 2003), è
l’ipervigilanza del bambino nei confronti dello stato della mente caregiver con cui al
momento si trova ad interagire.
Ma potenzialmente lo stato di ipervigilanza, mobilitato dall’ingresso in una nuova
famiglia, potrebbe avere come conseguenza per il minore anche una grande
apertura e capacità di attenzione per cercare di cogliere sia le nuove modalità di
gestire ed impostare i riti della quotidianità sia anche la diversa qualità dei modelli di
attaccamento circolanti nella nuova famiglia. (Saviane, 2011)
•Il passaggio da una rete relazionale ad un’altra, da un universo simbolico, veicolato da
specifici significati e rituali, ad un altro, porta ad inserire il bambino in un’area “straniera”,
in un processo migratorio – concreto e simbolico - in una diversa regione culturale e
linguistica. Il cambiamento del contesto familiare (ambientale, linguistico, climatico…)
•Questa consapevolezza richiede che ci si prenda cura della
gradualità del passaggio.
Si tratta di un passaggio d’informazioni circa le abitudini del bambino, circa i “riti” serali,
del sonno e della pappa, ma, prima ancora, si tratta essenzialmente del riconoscimento
della potenziale parità della capacità di cura dei caregiver, ossia della
reciproca legittimazione delle capacità genitoriali e di legame.
• È infatti la mancanza di tale reciproca legittimazione che può far provare al bambino,
nel passaggio da una famiglia all’altra, la sensazione di cadere nel vuoto, anziché quella
di essere sostenuto in una rete all’interno della quale è possibile muoversi senza che
ogni volta si perda tutto ciò che è stato acquisito nel passato.(Greco, 2011)
•Solo uno sguardo “meta-familiare” (Sager et al., 1981; Hajal, Rosenberg, 1991, Greco, 2006) riesce a
mantenere aperto ed evidente lo spazio bipolare in cui l’adozione prende forma e in cui
si svolge tutto il suo percorso.
Quali le possibilità di recupero?
• L’adozione è la miglior soluzione per un
bambino che non può essere cresciuto
dalla propria famiglia (Juffer, Van Ijzendoorn,2010)
• tra gli adottati, un gruppo mostra, rispetto
alla norma, un’incidenza più alta di problemi
scolastici e psicologici (Brodzinsky, 2010)
I protagonisti dell’adozione
La coppia di genitori adottivi, la
famiglia estesa
e l’ambiente di arrivo
Il modello “bisogni-competenze” (Palacios 2010)
Le competenze che i genitori adottivi devono possedere per
rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino:
•
capacità legate alla storia e alle caratteristiche personali e familiari (es.
•
capacità legate alle condizioni e circostanze di vita
•
capacità legate al progetto di adozione (comprensione dell’adozione come risposta
•
•
stabilire relazioni di attaccamento sicure e durature; saper far fronte a frustrazioni, stress,
conflitti e difficoltà; saper posporre i propri bisogni a quelli del bambino; stabilire relazioni
di supporto, cooperazione e mutuo-aiuto, ecc…);
(es. saper rispondere
adeguatamente ai bisogni del figlio durante infanzia, adolescenza, giovinezza, età adulta;
capacità di adattamento alla nuova situazione familiare; capacità di disporre di reti familiari,
sociali e professionali di supporto, ecc…);
ad un bisogno del bambino; adeguatezza della motivazione; apertura, realismo e flessibilità
del progetto di adozione, ecc…);
capacità legate alle competenze educative, sia generali (es. protezione,
sensibilità, empatia, ecc…) sia specificatamente legate all’adozione (es. capacità
di evitare la ripetizione di modelli di relazione inadeguati; di offrire un contesto che
favorisca un legame affettivo sicuro e duraturo; capacità di instaurare e sostenere nel tempo
un’adeguata comunicazione riguardo al passato antecedente l’adozione e all’adozione stessa,
ecc…);
capacità legate all’apertura all’intervento professionale (es. fruizione di un
percorso di formazione precedente l’adozione; capacità di ricercare l’aiuto professionale…)
competenza chiave
la capacità di relazione
In-contro
• La parola incontro è composta di due parole
contrapposte: in (particella di moto che significa verso) e
contro.
Si tratta dunque di un ossimoro (figura retorica che
unisce due concetti contrapposti):
incontrare vuol dire
andare verso chi mi viene contro
oppure
andare contro a chi viene
verso di me
In una parola, essere in relazione significa incontrare
chi si contrappone a me, cioè chi è diverso da me!
Il legame sotto la lente…
• La riflessione psicoanalitica ci ricorda che ogni relazione
significativa è in qualche modo una relazione di ruolo,
poiché ciascun partner inconsciamente cerca di indurre
l’altro significativo ad assumere un ruolo specifico, sulla
base dei propri bisogni e desideri e si sintonizza sulla
risposta di ruolo dell’altro (J. Sandler, A. M. Sandler, 2002)
• il confine tra funzionalità e disfunzionalità è segnato
dall’entità e dalla rigidità versus flessibilità di tale
induzione - messa più volte alla prova dal cambiamento
della realtà interna ed esterna dei partner.
• Lo studio di coppia si rivela allora come uno spazio
potenziale per ripensare, almeno per qualche aspetto, a
se stessi come individuo e come coppia, in termini di
capacità di rispettare e valorizzare la diversità
E quando “arriva”
un figlio?
La genitorialità è una funzione
complessa…
•a livello culturale
•a livello relazionale
•a livello intrapsichico
Il livello culturale
Ieri… genitori per caso
Per i genitori… la nascita “casuale” del figlio sgravava i genitori da particolari aspettative a suo
riguardo (Bettelheim, 1986)
Per i figli… riconoscersi come frutto del caso rendeva più facile il processo di distacco e di
individuazione rispetto ai propri genitori.
Oggi… genitori per scelta
Per i genitori… La cultura di oggi, enfatizzando il processo di "scelta" del figlio come unico fattore in
gioco, amplifica in modo dirompente la responsabilità dei genitori.
Se mio figlio ha delle difficoltà, vuol dire che io –che l’ho strenuamente voluto – ho sbagliato (o
sono sbagliato….)
Per i figli…
riconoscersi pensati già prima di nascere fa sentire il peso delle aspettative che gravano su di sé
e che tendono ad essere vissute con timore e perenne senso di inadeguatezza:
Sono veramente/ posso essere la persona che i miei genitori desideravano?
domanda che non si poneva il figlio di una volta, frutto del caso, che doveva la vita alla vita (non
in primis ai suoi genitori!), all’oggettività del processo vitale (Gauchet, 2010).
E le coppie adottive?
Se le riflessioni di Gauchet valgono in generale per le
coppie contemporanee, a fortiori valgono per le
coppie adottive, le quali, per il complesso itinerario
previsto dalla legge e per la lunga attesa tra l'idoneità
e l'arrivo del bambino, vivono con maggior intensità
e devono mantenere più a lungo l’impegno di "scelta"
del figlio atteso.
Il livello interpersonale….
La danza relazionale
•
La regolazione dello spazio relazionale è un
compito centrale per la famiglia (Grotevant, 2011)
•
Questa danza relazionale ruota attorno alla distanza emozionale:
si tratta di una dinamica tra bisogni di connessione e bisogni di
separatezza, che dipende dai bisogni di ciascuno e dalla fase del
ciclo di vita attuale.
•
Ogni individuo ha un’area di tolleranza
(comfort zone) tra separazione e connessione:
1. buon incastro spontaneo tra i bisogni di ciascuno
2. una persona invade lo spazio delle altre
3. negoziazione della reciproca distanza/vicinanza
•
Tale regolazione della distanza è un processo che dura tutta la
vita, influenzato da eventi prevedibili e imprevedibili, ed è un
processo parallelo alla rappresentazione dei confini familiari (Greco,
2006)
•
L’origine adottiva si pone sul versante della diversità/distanza!
Il livello intrapsichico…
Diventare genitori…
è un processo che nasce da un doppio
movimento di identificazione
da un lato con il bambino che
si è stati e con quello che si sarebbe voluti
essere,
(Darchis, 2009)
dall'altro con i genitori che si sono avuti e
con quelli che si avrebbe voluto avere
e disegna il territorio in cui si
costruisce la genitorialità per ogni
genitore.
La rappresentazione della propria esperienza come figli è quindi una delle
aree cruciali all’arrivo del bambino.
Quale figlio aspettiamo?
La madre
• Figlio immaginario (figlio “costruito” per il suo
compagno)
• figlio fantasticato (figlio creato dall’inconscio della madre
come figlio del nonno materno) (Lebovici,1989)
Il padre
• Nel territorio tra la rivisitazione della propria infanzia e
l’identificazione/controidentificazione con le figure
genitoriali, anche il padre sviluppa fantasie e aspettative
relative al figlio che verrà
un figlio mio…
…che non è mio
la tempestosa traversata
dalle aspettative alla realtà
La dialettica tra
“fantasia” e “realtà”
A livello intrapsichico…
• la rottura della tensione tra fantasia e realtà è in ogni
relazione un fatto frequente; ciò che conta, è la capacità
di riparare o di ristabilire la relazione interpersonale,
intesa come dialogo tra due soggetti riconosciuti di pari
dignità (Benjamin, 1996)
• l’uomo vive simultaneamente in due società: una
composta di persone esterne a noi, ed una composta di
personaggi della fantasia inconscia…passiamo molto del
nostro tempo cercando di modificare noi stessi e gli altri
così da rendere minima la discrepanza tra i due mondi
(Sandler & Sandler, 2002)
Museo della bambola e del giocattolo,
Rocca Borromeo di Angera, 1990
COMPITI DI SVILUPPO
DELLA FAMIGLIA ADOTTIVA
per i genitori:
per il figlio:
•
Costruire la genitorialità adottiva e
legare tra loro le generazioni
facendo diventare familiare
un'origine diversa
•
Mediare con il sociale: sostenere il
figlio nel
processo di
inserimento nel mondo sociale
•
ENTITLEMENT (Cohen, Cohen,
Duvall, 1996)
Autorizzarsi e autorizzare il coniuge la
“titolarità” per esercitare il ruolo di
genitore
•
Costruire la filiazione adottiva e
riconoscersi appartenente alla
nuova storia familiare senza negare
la propria diversa origine
•
ENTITLEMENT
sentirsi e costituirsi come figlio
e come erede
danzando insieme
alla ricerca della giusta distanza… e vicinanza…
La famiglia estesa
•può facilitare l’inserimento del figlio nella nuova famiglia, stemperando le tensioni tra genitori e figlio, in
quanto più lontana dall’area del conflitto (le due coppie di genitori)
(Film “Vai e vivrai”; “Il figlio dell’altra”…)
•può offrire una molteplicità di modelli, concreti e relazionali (superando il rischio di una visione
claustrofobica!)
e l’ambiente di arrivo…
•può offrire un modello di integrazione possibile…o può rendere molto difficile il processo integrativo al
bambino adottato, soprattutto se di diversa etnia! (vedi costruzione dell’identità etnica)
•può facilitare l’inserimento del bambino nella scuola, nei gruppi sportivi, all’oratorio o in gruppi di
aggregazione….
LAVORO DI GRUPPO
Famiglia di nascita
Famiglia adottiva
Famiglia di nascita
Famiglia adottiva
Quale immagine della famiglia di nascita hanno i
futuri genitori adottivi?
E gli operatori?
da tale immagine dipendono
• Il giudizio sulla storia pre-adottiva
• L’attribuzione della responsabilità dell’abbandono
• L’immagine del figlio adottato: dono prezioso o
bambino “rotto”, “da salvare”?
• L’immagine del genitore adottivo: entra nella relazione
come simultaneamente creditore e debitore, oppure è il
“salvatore eroico” a cui è dovuta per sempre una
“restituzione”? E da parte di chi?
I protagonisti dell’adozione
gli operatori
Gli operatori del paese/zona di origine
Sono chiamati a
• garantire la correttezza della procedura adottiva
•costruire e conservare documenti della storia preadottiva (fotografie, giocattoli, piccoli
oggetti…), che potranno fare da base al processo di simbolizzazione del figlio adottivo
•prendersi cura del passaggio del bambino tra i caregiver transitori e la famiglia adottiva
•collaborare con la Commissione per l’Adozione Internazionale e con gli enti autorizzati per
costruire buone prassi
Gli operatori
in Italia
Sono chiamati a:
• gestire con sempre maggiore competenza lo studio di coppia per la valutazione
dell’idoneità (dagli anni 80: approccio della “SELF-SELECTION” >>>forte enfasi
sulla preparazione e sul processo di riflessione delle coppie su di sé e sulle proprie
capacità: incontri di formazione di gruppo con partecipazione attiva delle coppie al
processo di valutazione) (Palacios, 2010)
•
potenziare la collaborazione tra operatori psicosociali e giuridici per costruire un
linguaggio condiviso
•
sperimentare nuove forme di accompagnamento delle famiglie adottive nel postadozione, attuando una logica di prevenzione
Le dimensioni dello studio di coppia
• Le relazioni con l’ambiente sociale
• Il legame di coppia, aspetti affettivi ed etici
• Le relazioni familiari, intra e inter-generazionali
• La prefigurazione del bambino - la relazione con
il figlio (in presenza di figli naturali della futura coppia adottiva)
Valutare…aspetti di carenza/ risorsa
individuali; di coppia; di famiglia; sociali
Carenze
Fragilità individuali di ciascun
coniuge (autonomia, maturità
relazionale: area della coppia
e del rapporto sentimentale,
area delle relazioni con la /le
famiglie d’origine, area dei
rapporti amicali…)
Povertà / rigidità delle
modalità relazionali di coppia
Risorse
•
resilienza individuale/ aree
funzionali (p. es. lavoro)
•
cooperazione concreta e/o
emotiva di coppia
•
supporto famiglia estesa
•
supporto amicale/
comunitario
•
flessibilità e potenzialità di
cambiamento (capacità di
utilizzare lo spazio degli
incontri per innescare un
processo di pensiero
individuale e di coppia)
Dalla valutazione
all’accompagnamento della coppia
Un attento processo diagnostico - prognostico
richiede
•
•
•
diverse fonti di informazione
compresenza di più osservatori (prezioso il
confronto tra diversi punti di vista!)
coinvolgimento attivo della coppia
perché prenda le mosse un processo di
verifica/falsificazione delle prime ipotesi sia
descrittive sia interpretative
Lo studio di coppia:
gli strumenti fondamentali
• Ascolto dell’altro/ di sé
• Osservazione (dell’interazione tra i coniugi; delle interazioni
coniugi/operatori; osservazione delle interazioni familiari
nell’ambiente naturale: visita domiciliare…)
• Utilizzo integrato di strumenti diversi di osservazione e di ascolto
(self report e observational) per creare uno spazio nel quale
possano emergere le rappresentazioni latenti, che sono il reale
motore delle azioni e delle relazioni.
• La richiesta di eseguire un compito (grafico od espressivo) può
consentire di aggirare le difese più consuete e permettere ai coniugi
di esprimere più di quanto si sarebbero concessi nei “discorsi” di
fronte agli operatori.
Unire al colloquio strumenti non verbali, come test grafico proiettivi o
strumenti espressivi…aiuta a superare l’inevitabile tendenza dei
coniugi alla desiderabilità sociale
Bibliografia
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Centro di Ateneo Studi
e
Ricerche sulla Famiglia
Per informazioni
Dott.ssa L. Roncari
[email protected]