8.3_Bloccaggio del differenziale

I differenziali bloccabili e gli effetti sull’handling
8.3
aggiornato 4-3-2014
Il bloccaggio controllato del differenziale consente di risolvere eventuali
problemi di trazione, ad esempio su fondi a scarsa aderenza. Sulle auto ad alte
prestazioni permette anche di influenzare efficacemente il comportamento in
handling, mediante l’applicazione di una coppia imbardante al veicolo.
Per poter quantificare forze e coppie sul veicolo sarà necessario conoscere le
caratteristiche degli pneumatici, sia per quanto riguarda la generazione di forza
longitudinale in funzione dello scorrimento, sia nel caso combinato, ove gli
pneumatici generino contemporaneamente forze longitudinali e trasversali.
Si considera il caso semplice di vettura a due ruote motrici.
Vedere anche
http://it.wikipedia.org/wiki/Ingranaggio#Sistemi_epicicloidali
http://en.wikipedia.org/wiki/Differential_(mechanical_device)
http://en.wikipedia.org/wiki/Limited-slip_differential
http://en.wikipedia.org/wiki/Viscous_coupling_unit
http://en.wikipedia.org/wiki/Torque_Vectoring
Definizioni
c
R
carreggiata
raggio curva
velocità di imbardata
raggio di rotolamento ruota
velocità di avanzamento del veicolo
velocità angolare delle ruote esterna ed interna
velocità angolare della scatola differenziale
scorrimenti delle ruote motrici esterna ed interna
forza longitudinale sviluppata dagli pneumatici
coppia motrice in ingresso al differenziale
coppia di bloccaggio del differenziale
coppia frenante

r
V

m
S1,2
FX1,2
Cm
C
CF
L’interazione tra forze laterali e longitudinali a terra
Lo studio del comportamento della vettura in curva con modelli semplici come
il monotraccia ed il modello a quattro ruote con rigidezze a rollio presuppone
l’assenza di forze longitudinali di frenata o accelerazione. Tuttavia, la presenza
delle forze longitudinali necessarie per accelerare o frenare il veicolo richiede di
indagare la presenza di eventuali momenti imbardanti che influenzano sia il
comportamento sotto/sovrasterzante, sia la stabilità nei transitori.
Curve di lavoro degli pneumatici: caso longitudinale e caso combinato
Di seguito un ripasso della curva di forza longitudinale in funzione dello
scorrimento, per un dato valore di carico verticale, ove lo scorrimento in
accelerazione è definito come
S
r  V
r
con 0  S  1
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1
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mentre in rilascio (con acceleratore chiuso) e/o in frenata le ruote motrici
sviluppano forze longitudinali negative (quindi con scorrimenti negativi) a
causa del freno motore. La definizione di scorrimento assume la forma
S
r  V
V
con  1  S  0
Per la trattazione del differenziale si ipotizza di lavorare sempre per scorrimenti
relativamente limitati, ove vi sia proporzionalità tra scorrimento e forza
longitudinale. Tale condizione non è più rispettata in saturazione, ovvero per
scorrimenti elevati.
Il grafico che rappresenta il caso combinato (in isocarico, a destra) è più
complesso: esso mostra l’interdipendenza marcata tra lo sviluppo di forze
laterali e longitudinali.
Il sistema di trasmissione più semplice: lo “spool”
Se le ruote motrici sinistra e destra sono collegate rigidamente tra loro, come in
un kart, esse sono vincolate a ruotare alla stessa velocità:
1   2
La potenza in ingresso sarà pari alla somma delle potenze in uscita, dunque
(trascurando gli attriti) la coppia in ingresso sarà pari alla somma delle coppie
motrici in uscita:
C m  C1  C 2
mentre per determinare la ripartizione delle coppie a terra è necessario passare
per le curve caratteristiche che legano forza longitudinale e scorrimento.
Come primo esempio, durante la percorrenza di una curva di raggio costante, le
velocità di traslazione delle ruote esterna ed interna saranno dipendenti da
raggio curva e carreggiata, e dunque differenti tra loro:
e
con R1  R2  c
V1  R1
V2  R 2
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In accelerazione
Data la definizione di scorrimento in accelerazione, per le ruote esterna ed
interna rispettivamente valgono le
S1 
1 r  R1
1 r
S2 
 2 r  R2
2 r
ove, ipotizzando raggi di rotolamento uguali:
1   2 , R1  R2 , e dunque S 2  S 1 con la differenza di scorrimento tra
ruota esterna ed interna fissata cinematicamente (vedi appendice).
In caso di accelerazione laterale trascurabile e trasferimenti di carico laterali
nulli entrambi gli pneumatici lavorano sulla stessa isocarico:
dunque FX 2  FX 1 e si genera una coppia imbardante sottosterzante pari a
F X  c   F X 2  F X 1   c
All’aumentare di velocità in curva ed accelerazione laterale però il trasferimento
di carico Fz non è più trascurabile: gli pneumatici esterno ed interno lavorano
su isocarico diverse. Nel caso in figura il momento imbardante è ancora
sottosterzante, ma l’entità si riduce al crescere di ay:
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Infine, per ay elevate il momento imbardante si inverte e diventa sovrasterzante:
A questo effetto si sovrappone la caratteristica degli pneumatici nel caso
combinato: ad esempio, in figura la generazione contemporanea di forza laterale
e longitudinale porta ad un incremento di angolo di deriva rispetto alla
generazione di pura forza laterale. Nel caso di una trazione posteriore anche
questo effetto provoca un aumento del sovrasterzo.
Riassumendo, in accelerazione lo spool crea un’elevata dipendenza
dell’handling dal livello di accelerazione laterale, generando momento
sottosterzante per ay ridotte o nulle e sovrasterzante per ay elevate.
In rilascio/frenata
A causa del freno motore, in rilascio (con acceleratore chiuso) le ruote motrici
sviluppano forze longitudinali negative, quindi con scorrimenti negativi, e così
avviene anche in frenata. La definizione di scorrimento assume la forma:
S
r  V
V
con  1  S  0
Per ciascuna ruota dunque
S1 
1 r  R1
R1
S2 
 2 r  R2
R 2
ove, sempre ipotizzando raggi di rotolamento uguali:
1   2 , R1  R2 , e dunque S 1  S 2 (per scorrimenti negativi in frenata,
vedi appendice).
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Per ay trascurabili o ridotte, dunque con trasferimenti di carico laterali
trascurabili, il momento imbardante generato dallo spool in rilascio o frenata è
sottosterzante ovvero stabilizzante.
Tuttavia, in questo caso all’aumentare dell’accelerazione laterale e dei
trasferimenti di carico il momento imbardante non cambia di segno ed aumenta
in valore assoluto pur rimanendo stabilizzante:
In generale lo spool genera un momento che si oppone all’imbardata della
vettura anche a velocità di avanzamento o accelerazione longitudinale
trascurabili, a patto che il trasferimento di carico laterale sia pure trascurabile,
ovvero che il carico laterale sia distribuito in maniera simile su entrambe le
ruote motrici: ad esempio durante una manovra di parcheggio. L’influenza dello
spool sul comportamento dinamico della vettura mediante generazione di un
momento imbardante si può dunque riassumere con la seguente tabella:
Situazione
Momento
imbardante
SOTTOSTERZANTE
Velocità costante
Accelerazione, ay limitata o
trascurabile
Accelerazione, ay elevata
Rilascio o frenata, ay limitata o
trascurabile
Rilascio o frenata, ay elevata
SOTTOSTERZANTE
SOVRASTERZANTE
SEMPRE
SOTTOSTERZANTE
Da qui si comprende come lo spool, non consentendo alle ruote motrici velocità
di rotazione differenti, non sia compatibile con le esigenze di una vettura
stradale. In curva, ma anche in rettilineo su terreno sconnesso, oppure quando la
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pressione di gonfiaggio dei due pneumatici –e quindi il raggio di rotolamento- è
leggermente differente, si generano scorrimenti indotti con attriti considerevoli
che dissipano energia e possono accelerare l’usura del battistrada, delle parti
meccaniche e anche del fondo stradale.
Il differenziale libero o aperto (open differential)
Il differenziale è un dispositivo analogo ad una bilancia a giogo simmetrica con
due pesi come in figura, per la quale valgono le relazioni di equilibrio:
F  F1  F2
V  V2
V  1
2
con F1  F2  F 2
L’analogia vale per il differenziale libero simmetrico, inventato da Monsieur
Pecqueur nel 1827. Il portatreno trasmette la coppia in ingresso Cm ai perni dei
satelliti (corrispondenti alla puleggia della bilancia) che sono ingranati con i
solari, questi ultimi solidali con le uscite del differenziale (e corrispondenti ai
pesi).
Trascurando le perdite per attriti interni, le formule diventano:
con
C m  C1  C 2
C1  C 2  C m 2
m 
1   2
2
ovvero la nota formula di Willis.
In questo modo è possibile trasmettere coppia svincolando le ruote motrici tra
loro, per permettere velocità di rotazione diverse. Il differenziale libero quindi
ripartisce la coppia in modo SEMPRE uguale a destra e sinistra (a meno degli
attriti interni), garantendo una situazione prossima alla condizione di puro
rotolamento. In particolare, esso non genera momento imbardante e dunque non
interferisce con la dinamica del veicolo.
Dato che la coppia in uscita è uguale tuttavia si può generare un problema di
motricità: la coppia si livella sempre al valore limite più basso. Si possono
distinguere due casi tipici:
1) Partenza da fermo su -split: se la ruota in condizioni di scarsa aderenza non
può generare forza longitudinale e coppia, anche la ruota in condizioni di buona
aderenza non può trasmettere coppia. In questo caso
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C1  C 2  0
1  0
 2  2 m
2) Accelerazione in curva con elevato trasferimento di carico laterale: la ruota
interna tende a sollevarsi e lavora quindi su una isocarico bassa. Lo pneumatico
può generare forza longitudinale e coppia limitate, tendendo eventualmente alla
saturazione per scorrimento elevato. Anche la ruota esterna può quindi
trasmettere coppia limitata. In casi estremi, quando la ruota motrice interna si
solleva:
C1  C 2  0
S1  0
S2  1
1  V r
 2  2 m  V r
Il secondo tipo di problema di motricità è particolarmente frequente sulle
vetture a trazione anteriore a causa del trasferimento di carico longitudinale in
accelerazione che “scarica” le ruote motrici. Nel caso di una trazione posteriore
esso si presenta soprattutto ove la ripartizione della massa sia preponderante
all’anteriore oppure ove il rapporto peso/potenza sia basso; l’auto sarà poco
efficace in uscita di curva, ma il differenziale libero previene o riduce il
sovrasterzo perché lo slittamento della ruota interna limita la generazione di
forze longitudinali anche sulla ruota esterna, lasciando libero lo pneumatico di
generare la forza trasversale sufficiente a percorrere la curva con angoli di
deriva ridotti.
Il bloccaggio dissipativo del differenziale
Il differenziale libero è soddisfacente per le applicazioni normali. Per risolvere i
problemi di motricità oppure per intervenire sul comportamento della vetture ad
alte prestazioni mediante generazione di un momento imbardante è possibile
ottenere condizioni intermedie tra il differenziale libero e lo spool mediante
dispositivi dissipativi, che possono essere descritti concettualmente con la
figura seguente:
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Una frizione in parallelo al differenziale libero consente di bypassarlo
trasmettendo coppia dalla ruota più veloce a quella più lenta, fino ad arrivare al
bloccaggio totale ovvero ad una situazione corrispondente allo spool. Valgono
sempre le leggi
  2
e
C m  C1  C 2
m  1
2
Quando però, ad esempio,  2  1 valgono le
C1  C m 2  C
C 2  C m 2  C
con C  f  X 
ed a X si possono attribuire significati diversi.
Il primo caso di differenziale con bloccaggio dissipativo è… il differenziale
libero. Gli attriti interni al differenziale (che ha ovviamente rendimento <1 nella
trasmissione di potenza da un lato all’altro) fanno sì che una pur minima azione
di bloccaggio risolva il problema di motricità in condizioni di -split non
particolarmente gravose.
Si distinguono poi due famiglie di dispositivi che, abbinati ad un differenziale
libero, vengono chiamati differenziali autobloccanti (LSD, limited slip
differential):
Dispositivi speed-sensitive
Il bloccaggio è funzione della differenza di velocità tra le due ruote:
C  f  
Un tipico dispositivo è il cosiddetto differenziale viscoso: una cartuccia
contenente un fluido siliconico collega le due uscite del differenziale tramite un
pacco frizione con dischi a lamelle. Quando la velocità angolare delle ruote è
diversa il fluido si riscalda e -date le sue caratteristiche non-newtoniane- la
viscosità aumenta, opponendosi alla rotazione relativa tra i dischi a lamelle e
trasmettendo coppia dalla ruota più veloce a quella più lenta.
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In questo modo si ottiene un dispositivo che non genera attriti indesiderati per
differenze di velocità piccole (ad esempio in curva e in manovra) ed interviene
progressivamente in caso di problema di motricità.
Tuttavia, la caratteristica degressiva (sempre legata alle particolari proprietà
fisiche del fluido) unita ad un tempo di reazione piuttosto lungo (dell’ordine di
un secondo) rende il sistema poco adatto ad applicazioni per alte prestazioni.
Dispositivi torque-sensitive
Il bloccaggio è funzione della coppia in ingresso nel differenziale:
 C  f C m 
Il dispositivo più classico è il differenziale a rampe (aka Salisbury o Hewland
Powerflow®), molto usato per sportive stradali e auto da competizione. La
scatola portatreno (2) trascina i perni dei satelliti (6) mediante interposizione di
due tazze (11) scorrevoli assialmente tramite scanalati. Applicando coppia
motrice, le forze di contatto tra perni dei satelliti e tazze vengono scambiate
tramite un piano inclinato (rampa, 3) rispetto all’asse longitudinale della
vettura. I perni tendono quindi a divaricare le tazze con una forza assiale
proporzionale al coseno dell’angolo di inclinazione della rampa.
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La forza assiale così sviluppata chiude due pacchi frizione interposti tra
ciascuna tazza e la scatola portatreno (9 e 10), sviluppando così l’azione
dissipativa che tende a bloccare il differenziale per attrito. In accelerazione
agisce una coppia di rampe (inclinata di 60° nell’esempio in figura), in rilascio
l’altra (30° in figura).
Il differenziale autobloccante a rampe è un dispositivo versatile perchè consente
di modificare la taratura (e quindi la proporzionalità del bloccaggio alla coppia
in ingresso) variando l’angolo delle rampe. Inoltre è possibile differenziare le
rampe –quindi la coppia di bloccaggio- in accelerazione e rilascio. Un’altra
regolazione possibile riguarda il numero di dischi nei pacchi frizione: la coppia
di bloccaggio viene moltiplicata per il numero di coppie di superfici a contatto.
La proporzionalità del bloccaggio alla coppia motrice (positiva o negativa) di
fatto rende il differenziale libero per coppie basse, ad esempio annullando gli
attriti legati agli scorrimenti indotti nella marcia a bassa velocità e in manovra.
Ciò rende il differenziale a rampe adatto anche per vetture stradali. Tuttavia,
tale caratteristica è anche il limite principale: in condizioni di bassa aderenza la
coppia motrice totale utile è bassa o nulla, non si ha azione di bloccaggio ed i
dispositivi torque-sensitive non risolvono il problema di motricità. Talvolta è
quindi necessario applicare un precarico sui pacchi frizione, ad esempio tramite
una molla a tazza (a destra del pacco frizione destro in figura), generando però
una caratteristica di bloccaggio con una evidente discontinuità (a destra in
figura).
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Per applicazioni particolari (motorsport) è possibile abbinare un autobloccante a
rampe in parallelo ad un giunto viscoso.
Altri tipi di differenziali autobloccanti torque-sensitive sfruttano la forza di
separazione tra ingranaggi (radiale per ingranaggi cilindrici, assiale per
ingranaggi elicoidali) per generare attrito che riduce il rendimenti interno del
differenziale. Esempi sono il Torsen® ed il Quaife ATB®.
Dispositivi elettroidraulici
Come in un torque-sensitive è presente un pacco frizione, azionato però tramite
un attuatore idraulico. La coppia di bloccaggio è funzione della pressione che si
traduce in azione assiale sul pacco frizione:
C  f  P 
Da Peter Wright, Formula 1 Technology, SAE 2001
La pressione può essere gestita elettronicamente. Il bloccaggio del differenziale
viene quindi integrato con gli altri sistemi attivi di controllo basati sulle
variabili di stato della vettura quali velocità angolari di ciascuna ruota,
accelerazioni, velocità ed accelerazione di imbardata, angolo volante, posizione
dell’acceleratore, pressione freni etc. È questo il caso di vetture come la Ferrari
458 e la VW Golf VII GTI.
Torque vectoring
Si parla di torque vectoring quando il sistema non si limita a trasferire coppia
dalla ruota più veloce (rallentandola e riducendone lo scorrimento) a quella più
lenta (accelerandola ed incrementandone lo scorrimento), ma può anche
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realizzare la condizione opposta, rallentando la ruota più lenta ed accelerando
quella più veloce, ad esempio per trasferire coppia dalla ruota interna a quella
esterna alla curva per generare un momento imbardante sovrasterzante. Il
controllo delle azioni imbardanti può avvenire in modo quasi indipendente dalla
coppia motrice applicata e dall’accelerazione laterale in curva.
Sistema basato su ESP
Utilizzando l’hardware dell’ESP è possibile realizzare un sistema attivo
concettualmente simile ai dispositivi dissipativi abbinati ad un differenziale
libero. Ad esempio, con riferimento alla condizione di -split, il sistema è in
grado di frenare selettivamente la ruota motrice in condizioni di scarsa
aderenza, trasferendo coppia all’altra ruota tramite il differenziale libero:
Indipendentemente dalle velocità angolari si ottiene
C1  C 2  C F
Un sistema di questo tipo può agire come controllo di trazione per gestire i
problemi di aderenza ma, modificando la distribuzione degli scorrimenti,
permette anche di generare momenti imbardanti migliorativi delle caratteristiche
dinamiche della vettura secondo i principi del torque vectoring.
Sistema basato su albero controrotante
Infine, un sistema più complesso è composto da un albero con asse di rotazione
parallelo al differenziale, posto in rotazione tramite una moltiplica. Due frizioni
comandate elettronicamente consentono di accelerare selettivamente una delle
due ruote, incrementando lo scorrimento dello pneumatico, e tramite il
differenziale libero di rallentare l’altra ruota riducendone lo scorrimento.
Da Peter Wright, Formula 1 Technology, SAE 2001
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Questo sistema rispetto al precedente offre il vantaggio di non essere
dissipativo; tuttavia è pesante, costoso e ingombrante. Inoltre, una volta che la
frizione è chiusa, l’uscita del differenziale collegata al contralbero non può più
accelerare ed il sistema giunge a saturazione.
Vetture ad alte prestazioni con trazione posteriore
In genere si adotta un dispositivo torque-sensitive in grado di stabilizzare la
vettura in frenata e contenere i problemi di motricità in accelerazione. Va però
fatta attenzione al contributo sovrasterzante in accelerazione in presenza di
elevate accelerazioni trasversali. In queste condizioni i dispositivi attivi
consentono di gestire il bloccaggio, se necessario tornando verso una
condizione più vicina al differenziale libero.
Un dispositivo torque vectoring può invece ridurre la tendenza sottosterzante
per accelerazioni trasversali di livello intermedio, migliorando la
maneggevolezza della vettura.
Vetture ad alte prestazioni con trazione anteriore
In questo caso la motricità è un problema strutturale. Tuttavia, qualsiasi
dispositivo che generi momento imbardante va abbinato ad una geometria di
sterzo studiata ad hoc: se il braccio trasversale a centro ruota non è trascurabile,
la differenza tra le forze di trazione esterna ed interna provocherà una coppia al
volante che rende la guida impegnativa e sgradevole.
Anche per questo motivo, all’anteriore si utilizzano prevalentemente dispositivi
speed-sensitive –quindi caratterizzati da un intervento di bloccaggio “blando” e
progressivo- oppure dispositivi controllati attivamente. Ad esempio, con un
dispositivo torque vectoring è possibile ridurre il sottosterzo per accelerazioni
laterali medie estendendo la curva KUS, per poi arrivare al limite per
sottosterzo come è sempre desiderabile (qui sotto un’immagine tratta da
materiale stampa VW).
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Appendice sugli scorrimenti
In accelerazione:
S1 
1 r  R1
1 r
S2 
 2 r  R2
2 r
con 1   2  
La differenza di scorrimento è cinematicamente determinata:
S1  S 2 
 r  R1
 r

 r  R2
r

 R 2  R1 
 r
e dato che R1  R2 allora S 2  S 1
In frenata:
1 r  R1
 r  R2
sempre con 1   2  
S2  2
R1
R 2
 r  R1  r  R2  r  R2  R1 


S1  S 2 


R1
R2
  R1 R2 
S1 
dato che R1  R2 allora S 2  S 1
Tuttavia in frenata lo scorrimento è negativo, e in modulo S 1  S 2
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