333-336 OLS maggio_vecchio OLS gennaio 03/06/14 13:33 Pagina 333 OLTRE LO SPECCHIO LA GENETICA DEL COMPORTAMENTO ANGELO SPATARO Pediatra di famiglia, Palermo bambino, prima ancora di nascere e subito dopo I lessere nato, riceve molti stimoli, tattili, gustativi, ol- fattivi, visivi, uditivi; ha sensazioni ma ancora non sa che sono le sue sensazioni, non ha ancora una “coscienza di sé” e degli altri, egli è ma non sa ancora di essere1. Nasce con degli istinti che sono essenzialmente istinti di sopravvivenza, e con un grande progetto, quello di conoscere e di imparare. L’“io sono” sarà quindi successivamente connesso con l’“io conosco”, con l’innata predisposizione all’adattamento e all’apprendimento2. Il livello biologico-genetico Il livello biologico-genetico è il primo livello della mente dell’Uomo, un livello di cui non ha controllo e che non ha contribuito a formare in quanto trasmesso dai genitori biologici e scritto nel corredo genetico2. Nei primi giorni di vita il neonato ha dagli istinti che non apprende da nessuno perché scritti nella “memoria del gene”, nella “memoria della specie”, una memoria ricca di informazioni che inducono il neonato a cercare il capezzolo, a cercare il volto della mamma, a seguire un oggetto che si muove vicino al suo viso, specialmente se questo oggetto ha forma ovalare e non triangolare, e che ha due segni per gli occhi, uno per il naso e uno per la bocca, e a prestare attenzione ad alcuni tipi di rumore come il rumore ritmico del battito cardiaco materno o il suono vocale ritmico del linguaggio materno, il cosiddetto “mammese”. Medico e Bambino 5/2014 Ma la “memoria del gene” ordina al neonato anche di imparare subito ad apprendere, venendo a contatto con le persone e con le cose, a cercare nella mamma una “base sicura”, a cercare in maniera continua di stabilire una interazione con la famiglia e con tutto il suo mondo sociale, con il padre, con i fratelli e, successivamente, con i compagni di scuola, con gli amici, con i colleghi di lavoro3. Quindi, possiamo dire che l’Uomo è il risultato di tutto quello che è scritto nei suoi geni e di tutto quello che acquisisce nel corso della sua vita. Ma cos’è esattamente la “memoria del gene”? Cosa sa il bambino quando nasce? Quanto vi è di congenito e quanto di acquisito nel comportamento del bambino e dell’adulto? L’istinto degli animali L’influenza genetica sul comportamento dell’Uomo è questione complessa dei cui meccanismi regolatori si conosce poco. In particolare non si sa ancora distinguere in maniera chiara l’influenza dei geni da quella dell’ambiente dopo le recenti acquisizioni sui meccanismi epigenetici attraverso i quali specifiche esposizioni ambientali, sia chimico-fisiche che psico-sociali, possono modificare l’espressione dei geni. Anche la protrusione della lingua e delle labbra del bambino di un mese che imita la mamma è qualcosa che è scritto nei geni o è qualcosa che il neonato impara? Se un bambino è empatico, socievole, altruista, questo suo comportamento è scritto 333 333-336 OLS maggio_vecchio OLS gennaio 03/06/14 13:33 Pagina 334 OLTRE LO nei suoi geni o è determinato dall’ambiente in cui vive? O da entrambe le cose, come appare sempre più probabile? E quindi quanto è congenito e quanto è acquisito nel carattere, nel temperamento, nella personalità e quindi nel comportamento dell’uomo? Esistono comportamenti esclusivamente genetici? Lo studio dei geni del comportamento è stato meglio studiato negli animali che negli uomini, perché il cucciolo di animale può essere utilizzato in laboratorio, e lo studio del suo comportamento è più semplice dello studio del comportamento dell’Uomo, le cui variabili sono molte e spesso impercettibili, con tempi di osservazione molto lunghi. Inoltre, per motivi etici, l’Uomo difficilmente può essere utilizzato come oggetto di sperimentazione. Ma anche negli animali stabilire se un comportamento è congenito o appreso non è semplice. Facciamo l’esempio del canto dell’usignolo, un canto che ha sempre le stesse caratteristiche, sicuramente programmato geneticamente ma che necessita senza dubbio di un apprendimento da parte degli altri usignoli per potersi manifestare in tutta la sua modulazione; o l’esempio della danza delle api, un linguaggio per indicare dove si trova il polline, sicuramente già presente nel corredo genetico ma che verrà perfezionato e arricchito osservando la danza delle altre api. Ma esiste un altro esempio, quello del cuculo, un uccello misterioso, molto particolare, che ci fa capire l’importanza dei geni nel determinare un dato comportamento. La coppia genitoriale del cuculo cerca il nido di un’altra specie di uccelli per depositare il loro uovo che prenderà il posto di un uovo “legittimo” che i cuculi gettano fuori dal nido. I cuculi sanno (è un sapere innato e/o appreso?) che il loro uovo schiuderà prima delle altre uova. Vediamo cosa accade dopo qualche giorno. L’uovo del cuculo si schiuderà prima delle altre uova e il cuculo neonato spingerà fuori dal nido le uova “legittime” così che gli uccelli “proprietari” del nido nutriranno il piccolo cuculo al posto dei loro piccoli figli. Ma come fanno a sapere i cuculi neonati che per sopravvivere devono buttare fuori dal nido le uova degli altri uccelli? Sicuramente tutto è scritto nei loro geni, perché i piccoli non hanno potuto apprendere questo comportamento da nessuno3. Ma gli studiosi sono andati oltre e hanno affrontato in laboratorio lo studio delle influenze genetiche sul comportamento. La Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta, è l’organismo modello per la ricerca genetica, perché è un insetto facile da allevare in laboratorio, perché ha un ciclo vitale abbastanza breve di sole due settimane, perché ha solo quattro paia di cromosomi, di cui una sessuale e di cui si conosce il sequenziamento di tutto il suo genoma. Il corteggiamento e l’accoppiamento della Drosophila sono comportamenti geneticamente de- 334 SPECCHIO terminati, nel senso che sia il maschio che la femmina non necessitano di esperienze precedenti. Il loro comportamento riproduttivo consiste in una sequenza di azioni che richiede uno scambio di segnali olfattivi, visivi e uditivi ben definiti. I maschi, durante il corteggiamento, sono molto più attivi delle femmine poiché eseguono una complessa sequenza di movimenti specie-specifici che fungono da segnali di riconoscimento tra individuo di sesso diverso ma della stessa specie. Gli studiosi hanno studiato le mutazioni in alcuni geni della Drosophila maschio e in particolare del gene period (per°), la cui mutazione determina una variazione della frequenza delle vibrazioni del battito di ali dell’insetto maschio con una conseguente modificazione del canto, prodotto dalla vibrazione delle ali, che diventa meno efficace nel determinare l’accoppiamento che avverrà quindi con ritardo4. La genetica comportamentale dell’Uomo Per quanto riguarda l’Uomo esiste naturalmente una maggiore difficoltà ad assegnare a determinati geni il ruolo di codificare per determinati comportamenti, come succede per la Drosophila, essendo il comportamento dell’Uomo determinato anche dall’esperienza, tranne i primi atti che osserviamo nel neonato e che sono dettati dall’istinto. Anche nell’uomo sono stati fatti degli esperimenti sui geni del comportamento. Sono stati studiati ad esempio dei geni che codificano per la variante high dell’enzima monoaminossidasi A (h-maoa), enzima che inattiva alcuni neurotrasmettitori e in particolare la serotonina. Si è visto che i maschi che posseggono tale variante inattivano una maggiore quantità di serotonina e, se crescono in un ambiente sfavorevole, hanno un rischio maggiore di diventare aggressivi e violenti rispetto agli individui con la variante low di questo enzima (l-maoa), parimenti cresciuti in un ambiente sfavorevole5. Altri ricercatori hanno studiato il gene che codifica per il trasportatore della serotonina (5HTT) e in particolare della versione corta della sequenza promotrice di questo gene. Gli studiosi hanno constatato che i soggetti che possiedono questa variante genica sono maggiormente sensibili agli stimoli ambientali, maggiormente empatici e con un maggiore senso morale rispetto ai portatori della variante lunga6. Il neonato dell’Uomo, subito dopo la nascita, cerca il capezzolo della mamma, cerca il suo odore, la sua voce, il suo Medico e Bambino 5/2014 333-336 OLS maggio_vecchio OLS gennaio 03/06/14 13:33 Pagina 335 OLTRE LO volto e in tutto questo non c’è niente di premeditato, è tutto dettato dall’istinto e quindi scritto nei “geni della specie”, gli stessi geni che lo indurranno a volere bene alla sua mamma, al suo papà, ai suoi fratelli, e a spingerlo a venire a contatto e a convivere con gli altri in quanto la vita dell’uomo è essenzialmente comunicazione interpersonale. Nel processo evolutivo che conduce il bambino a diventare adulto si percorrono varie tappe, alcune delle quali sono sempre esistite, anche nei primi uomini comparsi sulla Terra (il riconoscimento della mamma, il pianto, i movimenti, i vocalizzi, il linguaggio dei gesti), altre comparse nel corso dell’evoluzione della specie (il bipedismo, il linguaggio verbale, la lettura, la scrittura), scritte tutte nei geni, alcuni dei quali si esprimono alla nascita e altri durante la crescita, grazie al sostegno dei più grandi, senza i quali il bambino non acquisirebbe abilità superiori quali il linguaggio articolato, la lettura, la scrittura, il pensiero astratto3. L’Uomo è il risultato di fattori genetici e di fattori ambientali ma la chiave per riconoscere e identificare la componente genetica del comportamento risiede nel poter controllare sperimentalmente le differenze ambientali che esistono tra gli individui della specie umana. Nella realtà studi sperimentali veri e propri sono irrealizzabili (possono avvenire solo “in natura”, come è successo in alcuni bambini che non hanno mai parlato o hanno parlato in modo molto rudimentale perché vissuti isolati e con genitori psicopatici) perché non è possibile ed eticamente inaccettabile controllare l’ambiente di un individuo per fini sperimentali. Ma molte informazioni possono essere ricavate dagli studi longitudinali nei quali si possono mettere in relazione fattori ambientali con determinate caratteristiche del bambino e del bambino diventato adulto (molti esempi di questo sono forniti nell’articolo sugli interventi precoci pubblicato in questo stesso numero a pag. 299, ndr). Australopithecus robustus Medico e Bambino 5/2014 Homo habilis SPECCHIO Una componente genetica sicuramente influenza il comportamento dell’Uomo, così come influenza il comportamento della Drosophila, ma le conoscenze finora acquisite ci dicono che si devono fare ancora molti passi avanti per arrivare all’isolamento dei geni coinvolti nel comportamento umano e a capire i meccanismi attraverso i quali si esprimono nel fenotipo. Anche il Progetto Genoma Umano, progetto di ricerca iniziato nel 1990 e concluso nel 2006, con l’obiettivo di conoscere la sequenza dei geni della specie umana e la loro posizione sui vari cromosomi, non ha portato alla identificazione di sequenze geniche che determinano il comportamento dell’uomo. È ancora da comprendere il ruolo di molte sequenze nucleotidiche in atto prive di qualsiasi funzione genica ma che verosimilmente codificano anche per il comportamento. L’evoluzione dell’Uomo Australopithecus è il primo uomo comparso sulla Terra circa quattromilioni di anni fa. Era un bipede, aveva un corpo coperto da una fitta peluria e una dentatura molto sviluppata. Il suo cranio era molto piccolo, di circa 500 ml, il linguaggio era non verbale, per comunicare non usava cioè la parole ma suoni e gesti, e il suo pensiero era semplice, dipendente dalla realtà fisica. L’Uomo, come tutti gli esseri viventi esistenti sulla Terra, è andato incontro a un processo evolutivo che lo ha condotto a diventare, circa 40.000 anni fa, Homo sapiens sapiens, con un cranio di circa 1500 ml, con un linguaggio verbale articolato e complesso sostenuto da un pensiero astratto, ipotetico, deduttivo. Grazie al linguaggio Homo sapiens sapiens dava informazioni utili e trasmetteva quindi la cultura, favoriva il perfezionamento dell’agricoltura, dell’allevamento degli animali, della tecnologia7. Homo erectus Homo sapiens neanderthalensis Homo sapiens sapiens 335 333-336 OLS maggio_vecchio OLS gennaio 03/06/14 13:33 Pagina 336 OLTRE LO Ma nell’evoluzione della specie umana esiste qualcosa di veramente eccezionale, che non si è avuta in nessuna altra specie animale, e cioè il selezionamento e lo sviluppo del cervello con la sua intrinseca capacità di apprendimento2. Non abbiamo avuto la selezione di un Uomo muscoloso, forte, resistente al freddo e al caldo, adatto alla fuga e alla lotta, in grado di volare o di respirare in acqua, particolarmente resistente ai microrganismi batterici e virali, ma di un Uomo intelligente come lo è l’Uomo contemporaneo, con capacità mentali così potenti da condurlo ad orientare la maggior parte delle altre linee evolutive, a selezionare, ad esempio, varie razze di cani partendo dal lupo fino a ottenere il cane da caccia, da guardia, da compagnia; a deviare corsi di fiumi e a costruire dighe, a produrre energia dal carbone, dal petrolio e dall’atomo, sfruttando e forzando la natura fino ad arrivare a un preoccupante cambiamento della fauna, della flora e del clima della Terra; a conquistare terre e a esplorare lo spazio fino ad arrivare a camminare sulla Luna, ad adottare “politiche razziali” che lo hanno portato a uccidere milioni di suoi consimili. L’Australopithecus non parlava, non leggeva, non scriveva, perché non possedeva centri nervosi specializzati per queste abilità. Come si è arrivati al possesso di queste abilità? Cosa è successo nel cervello dell’Uomo? Gli studiosi hanno ipotizzato che il cervello dell’Uomo, nel corso dell’evoluzione, ha riadattato e perfezionato delle strutture preesistenti dedicate a funzioni filogeneticamente più antiche, sotto la pressione selettiva proveniente dall’ambiente sociale sempre più articolato e complesso. Un’area della corteccia cerebrale che ha interessato gli studiosi è vicina al giro fusiforme dell’emisfero di sinistra. Studi di neuroimmagini hanno evidenziato che quest’area è specializzata al riconoscimento delle parole. Nei primati non umani quest’area si attiva in risposta a stimoli molto familiari verso i quali il primate ha potuto sviluppare una consistente esperienza di riconoscimento attraverso una ripetuta esposizione, come ad esempio succede con i volti familiari. Negli umani questo accade con le lettere dell’alfabeto che, con l’inizio della scolarizzazione, divengono oggetto di una esposizione ripetuta e massiva. Si è ipotizzato quindi che l’Uomo abbia adattato, nel corso della sua evoluzione, una struttura preesistente per riconoscere le parole e quindi per imparare a leggere e a scrivere8. Anche la corteccia prefrontale ha subito un importante processo evolutivo, aumentando la sua estensione e la sua complessità, diventando la sede del pensiero astratto, la sede dove si valutano i propri pensieri e i pensieri degli altri, dove si fanno i progetti per il presente e per il futuro9. Cosa sapeva il neonato dell’Australopithecus? Sapeva ricercare il capezzolo, sapeva piangere, sapeva riconoscere il volto materno come il neonato dell’Uomo contemporaneo, ma non possedeva i geni che possiede oggi e che hanno determinato lo sviluppo di aree cerebrali deputate ad abilità superiori. Questi geni sono stati selezionati dopo avere subito delle mutazioni favorevoli, verosimilmente molto piccole (l’evoluzione dell’Uomo è stata infatti graduale, non essendosi verificati salti evolutivi che avremmo avuto soltanto con grandi mutazioni del corredo genetico) ma molto numerose e ripetute nel tempo, responsabili di continui mutamenti del fenotipo, che hanno prodotto notevoli cambiamenti nell’architet- 336 SPECCHIO tura cerebrale, presumibilmente con una maggiore forza e una maggiore durata delle sinapsi, un miglior processo di “potatura” dei neuroni e una migliore mielinizzazione delle fibre nervose3. Conclusioni Concludiamo con le parole del genetista Arturo Falaschi: “Avendo dedicato tutto il corso della mia attività scientifica, iniziata poco dopo la pubblicazione della struttura del DNA, alla biologia molecolare, sono stato un appassionato spettatore di tutta quella affascinante serie di scoperte che ha permesso di ottenere una descrizione accurata del modo in cui la sequenza di basi che porta inscritta la nostra eredità biologica viene trasmessa fedelmente alla progenie, e di come questa informazione giunga a permettere la produzione di tutte le strutture fisiche della cellula vivente e l’esplicarsi delle reazioni che la mantengono tale. Una data sequenza di aminoacidi determina una e una sola struttura tridimensionale della proteina. Invece quando guardo da puro spettatore piuttosto distaccato, essendo un campo in cui non ho mai lavorato, agli studi sul sistema nervoso, non posso mancare di rimanere stupito e quasi incredulo osservando l’evidenza di una importante base genetica del comportamento animale e, indubbiamente, sia pure con l’enorme importanza in questo caso delle influenze acquisite, anche di quello umano. Faccio molta fatica a concepire come una sequenza di basi possa codificare comportamenti così complessi e guardo con una forma di invidia le nuove generazioni di biologi molecolari che potranno affrontare la decrittazione di quest’altro codice genetico, una impresa che non potrà mancare di offrire nuove e illuminanti scoperte per avvicinarci alla comprensione delle funzioni superiori della nostra specie”3. Indirizzo per corrispondenza: Angelo Spataro e-mail: [email protected] Bibliografia 1. Spataro A. La teoria della mente. Medico e Bambino 2009;28(2):130-2. 2. Mannino G. Anima, cultura, psiche. Franco Angeli Ed., 2013:15-26. 3. Panizon F. Neuroscienze dello sviluppo (parte seconda). Medico e Bambino Ed., 2006:29-54. 4. Greenacre ML, Ritchie MG, Byrne BC, Kyriacou CP. Female song preference and the period gene in Drosophila. Behav Genet 1993;23:85-90. 5. Brunner HG, Nelen M, Breakefield XO, Ropers HH, van Oost BA. Abnormal behavior associated with a point mutation in the structural gene for monoamine oxidase A. Science 1993;262:578-80. 6. Marsh AA, Crowe SL, Yu HH, Gorodetsky EK, Goldman D, Blair RJ. Serotonin transporter genotype (5-HTTLPR) predicts utilitarian moral judgments. PLoS One 2011;6(10): e25148. 7. Spataro A. Il linguaggio dell’uomo: filogenesi e ontogenesi. Medico e Bambino 2007;26(5):332-5. 8. Stella G. Dislessia evolutiva in pediatria. Erickson Ed., 2011:65-6. 9. Panizon F. Neuroscienze dello sviluppo (parte prima). Medico e Bambino Ed., 2006:140. Medico e Bambino 5/2014
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