«Was ist das für ein Geschrei?». Ballata popolare e musica jazz

«Was ist das für ein Geschrei?».
Ballata popolare e musica jazz nella Dreigroschenoper
di Bertolt Brecht e Kurt Weill
di Maria Elisa Montironi
Nel primo atto della celebre Die Dreigroschenoper (1928) di Brecht e
Weill, Polly, protagonista femminile della storia, mette in scena un piccolo
spettacolo per gli invitati al suo banchetto di nozze, riproponendo sotto
forma di una canzone quello che ha sentito dire da Jenny, la cameriera di
una squallida osteria. La povera donna lavora al servizio di uomini volgari
e senza rispetto, che la scherniscono quotidianamente, soprattutto quando
racconta che un giorno il suo sposo pirata andrà a prenderla e la vendicherà, arrivando al porto della città con un’enorme nave armata. La ballata proposta da Polly, dal titolo Die Seeräuber-Jenny, racconta proprio il sogno astioso e implacabile di Jenny, in cui il lieto fine, come in una fiaba
crudele di chiara ispirazione rivoluzionaria, è dato dalla morte per decapitazione di tutti gli ospiti della locanda. L’arrivo dei pirati sarà annunciato
da urla e chiasso, che porteranno tutti a chiedersi: «Was ist das für ein
Geschrei?» 1. Weill ha tradotto in musica le grida dei pirati utilizzando le
melodie del jazz e Brecht ha trovato nella ballata popolare la forma poetica più consona per narrare la rivalsa eroica di una povera cameriera umiliata e sfruttata. Nella lettura di Bloch 2, questa canzone si configura come
emblematica per l’intera opera di Brecht e Weill, che intende denunciare,
con le armi della musica e della poesia, l’ipocrisia della classe borghese
nella Repubblica di Weimer.
Prendendo in esame la canzone Die Seeräuber-Jenny, questo studio si
propone di rispondere alle seguenti domande: in che modo la musica ha
influenzato la poiesi di Brecht? Come vengono utilizzati nel teatro epico la
ballata popolare e gli stilemi della musica jazz? A che scopo? E inoltre,
qual è stato il risultato estetico e quale quello politico dell’uso della canzone popolare nella Dreigroschenoper ?
* Presentato dal Dipartimento di Letterature Moderne e Scienze Filologico-Linguistiche.
1
B. Brecht e K. Weill, Die Dreigroschenoper, Berlin, Suhrkamp 1968, p. 27 (v. 6).
2
E. Bloch, Lied der Seeräuberjenny in der Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts
Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, pp. 290-294.
248
Maria Elisa Montironi
Brecht e la musica, dalla poesia al teatro
Tra Brecht e la musica intercorre un rapporto di mutua influenza.
Brecht conosce e ama la musica, la pratica e, nel corso della sua carriera,
anche collaborando con compositori e musicisti di professione, la utilizza
per dare forma ai versi delle sue poesie, per realizzare la sua idea di teatro
epico e per veicolare con forza messaggi politici. Gli scritti teorici di
Brecht sono ricchi di stimolanti riflessioni sulla musica contemporanea, sul
lavoro dei suoi amici compositori e sulle potenzialità espressive dell’arte
dei suoni, in particolare quando utilizzata in opere teatrali o cinematografiche 3. Il mondo della musica, a sua volta, annovera veri e propri successi che portano la firma di Brecht. Basti pensare che Die Moritat von
Mackie Messer, la canzone introduttiva della Dreigroschenoper, è stata riprodotta in più di duecento versioni, che spaziano dall’interpretazione di
Brecht del 1930, a quella in chiave swing del jazzista Louis Armstrong,
fino alla versione con testo modificato realizzata per uno dei video pubblicitari della ditta McDonald’s negli Stati Uniti 4.
Leggendo gli scritti di Brecht è facile evincere il suo interesse per la
musica e l’influenza che questo linguaggio artistico ebbe nella sua produzione poetica e teatrale. Riflettendo sullo schema metrico e sulla rima dei
suoi primi versi, Brecht afferma: «Mein erstes Gedichtbuch enthielt fast
nur Lieder und Balladen, und die Versformen sind verhältnismäßig regelmäßig; sie sollten fast alle singbar sein, und zwar auf einfachste Weise, ich
selber komponierte sie» 5. Pare, infatti, che Brecht e i suoi amici passassero
intere serate per le strade di Augusta a suonare la chitarra e a cantare a
squarciagola versi improvvisati, alla luce di un lampioncino 6. La forza politica che Brecht vede nella canzone risulta chiara leggendo un suo saggio
dedicato a Hanns Eisler, dove descrive come l’amico compositore fosse stato capace di utilizzare la propria vocazione artistica per fini sociali: «[Er]
wandte sich an die großen Massen [...] arbeitete mit vielen in Versammlungshäusern, auf Sportplätzen und in großen Theatern und bekämpfte
3
Sull’argomento si veda B. Brecht, Über Filmmusik, in Werke: grosse kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 3), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988,
pp. 10-20.
4
Cfr. J. Lucchesi, Die Dreigroschenoper, in Brecht Handbuch (Vol. 2), Stuttgart,
Metzler 2001, p. 197. Il brano è stato interpretato, tra gli altri, da Bobby Darin, Frank
Sinatra, The Doors, Sting, Nick Cave, Robbie Williams e Michael Buble. In Italia si
ricordano le versioni di Milva, di Mina e di Mina insieme ad Ella Fitzgerald.
5
B. Brecht, Über reimlose Lyrik mit unregelmässigen Rhytmen, in Werke: grosse
kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, p. 358.
6
Nel 1918, Brecht scrisse a mano in un quaderno una serie di poesie dal titolo
Lieder zur Klampfe von Bert Brecht und seinen Freunden (cfr. K. Schuhmann, Augsburger Lyrik 1912-1917, in Brecht Handbuch Vol. 1, Stuttgart, Metzler 2001, p. 14).
«Was ist das für ein Geschrei?»
249
schon die Republik» 7. Più avanti negli anni, commentando le canzoni dello
stesso artista, Brecht delinea il modello di musica che ricerca:
Ich habe oft bemerkt, wie das Singen und Hören Eislerscher Kompositionen weniger mimische (Ausdrucks-)Wirkungen hervorruft als ganz bestimmte Haltungen.
Das ist wichtig. Die Gesamthaltung ist revolutionär im höchsten Sinn. Diese Musik entwickelt bei Hörer und Ausübendem die mächtigen Impulse und Einblicke
eines Zeitalters, in dem die Produktivität jeder Art die Quelle aller Vergnügung
und Sittlichkeit ist. Sie erzeugt neue Zartheit und Kraft, Ausdauer und Wendigkeit, Ungeduld und Vorsicht, Anspruchsfülle und Selbstaufopferung. [...] In sein
Werk eintretend, übergebt Ihr Euch den Antrieben und Aussichten einer neuen
Welt, die sich eben bildet. 8
Il fatto che Brecht creda nella forza politica della canzone e che ne
auspichi l’utilizzo in Germania si può desumere anche da altri scritti. In
Texte für Musik, ad esempio, Brecht afferma che la produzione di testi
per musica in Germania è in declino proprio come il movimento operaio,
che al contrario in passato, quando era forte, sapeva procurarsi buoni testi 9. Allo stesso modo, nel saggio Der grösste aller Künstler si ribadisce
l’importanza politica delle parole nelle canzoni, descrivendo con amara
ironia l’opinione del Führer riguardo alla musica:
Der Musik, ohne die er nicht leben kann, befiehlt er, den Text wegzulassen. Sie
braucht keinen Text. Der Hörer kann sich selbst einen Text drauf machen. Sie
muß es mit Tönen allein schaffen. Er, als Redner, schafft es schließlich auch beinahe nur mit dem Ton. Jedenfalls, bei der Musik, wenn sich da erst Wörter
einschleichen, ist gleich der Teufel los. Unvorsichtig gesetzt, ergeben Wörter einen
Sinn, und dann muß man einschreiten. Aber Musik ist eine Kunst, gegen die man
nicht soll einschreiten, sondern sich ‘einfühlen’ müssen. Erfreut stellt er fest: Gehör und Verstand sind oft nicht in ‘einem’ Körper vereinigt. Nette Leute, die Musiker, können so bleiben. 10
Un ulteriore riferimento alla politicizzazione della musica si legge nell’abbozzo di una lettera a Paul Hindemith, dove Brecht scrive:
7
B. Brecht, Hanns Eisler, in Werke: grosse kommentierte Berliner und Frankfurter
Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, p. 405.
8
B. Brecht, Vorwort zu Eislers Lieder und Kantaten, in Werke: grosse kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 3), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988,
p. 419.
9
B. Brecht, Texte für Musik, in Werke: grosse kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, pp. 267-268.
10
B. Brecht, Der grösste aller Künstler, in Werke: grosse kommentierte Berliner
und Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, pp.
469-470. Sull’argomento si veda anche B. Brecht, Aus der Musiklehre, in Werke: grosse
kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 1), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, pp. 267-268.
250
Maria Elisa Montironi
Ob es die Philosophie, ob es die Literatur, ob es die Baukunst, ob es die Wissenschaft, ob es die Musik ist – alle diese Zweige der Kultur nehmen teil an der
Entwicklung der Gesellschaft, zu der sie gehören. Da diese Gesellschaft aber
fortschrittliche und rückschrittliche Tendenzen hat, wird die Musik wie jede andere geistige Produktion entweder die eine oder die andere Tendenz verkörpern.
Die fortschrittlichen Teile des Volkes werden eine andere Musik brauchen als die
rückschrittlichen, und die fortschrittliche Musik (denn die Musik hat natürlich
auch eine Eigenentwicklung) wird eben jene fortschrittlichen Teile des Volkes als
eigentliche Hörer und Ausüber, jedenfalls aber Nutznießer haben. 11
Il pensiero più articolato al riguardo si trova nel saggio Über gestische
Musik, in cui Brecht definisce innanzitutto che cosa significa l’aggettivo
‘gestuale’ e argomenta: «Es handelt sich um Gesamthaltungen. Gestisch
ist eine Sprache, wenn sie auf dem Gestus beruht, bestimmte Haltungen
des Sprechenden anzeigt, die dieser andern Menschen gegenüber einnimmt» 12. Il musicista deve essere capace di utilizzare questo principio
artistico per assumere una precisa posizione politica nelle proprie composizioni rispetto al testo che musica. Brecht fornisce poi un esempio ipotizzando gli atteggiamenti possibili nel comporre la melodia per una cantata sulla morte di Lenin.
La musica gestuale è, nel teatro epico di Brecht, uno degli elementi
fondamentali, come ben spiega il drammaturgo nel saggio Über die Verwendung von Musik für ein epiches Theater 13. Antitesi dell’espressione individuale e del soggettivismo esasperato della lirica, la canzone gestuale
permette agli spettatori di prendere posizione rispetto a ciò che vedono e
di analizzare di conseguenza il reale. Secondo questa teoria drammaturgica, la musica deve essere percepita come un elemento separato rispetto al
resto dello spettacolo, così come tutti gli altri linguaggi artistici devono
rimanere componenti distinte dell’insieme. Si elencano poi nel dettaglio gli
espedienti drammaturgici e le caratteristiche delle canzoni per ottenere
tale risultato. L’opera scelta da Brecht come rappresentativa della sua idea
di teatro epico è proprio la Dreigroschenoper 14, che si intende descrivere
nel paragrafo che segue.
11
B. Brecht, Entwurf eines offenen Briefes an Paul Hindemith, in Werke: grosse
kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, p. 102.
12
B. Brecht, Über gestische Musik, in Werke: grosse kommentierte Berliner und
Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am Main, Suhrkamp 1988, p. 329.
13
B. Brecht, Über die Verwendung von Musik für ein epiches Theater, in Werke:
grosse kommentierte Berliner und Frankfurter Ausgabe (Schriften 2), Frankfurt am
Main, Suhrkamp 1988, pp. 155-164.
14
Nelle sue parole «die erfolgreichste Demonstration des epischen Theaters»
(ibid., p. 156).
«Was ist das für ein Geschrei?»
251
La musica nell’anti-opera Die Dreigroschenoper
Pur portando un titolo rematico che la presenta al pubblico come
opera, Die Dreigroschenoper vuole essere una anti-opera, configurandosi
come una commedia in cui il dialogo parlato ha escursioni nel canto, che,
nel segno di una concezione democratica e non elitaria dell’arte, è lontano
dall’aulico e solenne mondo della lirica e vicino, invece, al pragmatismo e
alla spontaneità della cultura popolare. Si cerca un’arte con scopi di segno
opposto a quelli dell’opera in voga: non evasione e consenso, ma ‘invasione’ e dissenso. Il progetto di Weill è quello di scrivere una Uroper, una
nuova forma di teatro d’opera, la cui necessità è fondamentale, sostiene
appunto il compositore: «Tatsächlich beweist der Erfolg unseres Stückes,
daß die Schaffung und Durchsetzung dieses neuen Genres nicht nur für
die Situation der Kunst im rechten Moment kam, sondern daß auch das
Publikum auf eine Auffrischung einer bevorzuguten Theatergattung geradezu zu warten schien» 15.
Al fine di modificare la realtà cristallizzata dell’opera, Brecht e Weill
sentono soprattutto il dovere di cimentarsi nel genere. Rivela il musicicsta:
«Wichtiger für uns alle ist die Tatsache, daß hier zum erstenmal der Einbruch in eine Verbrauchsindustrie gelungen ist, die bisher einer völlig anderen Art von Musikern, von Schriftstellern reserviert war» 16. Occorre,
poi, pensare ad un pubblico diverso da quello tradizionale, argomenta
Brecht: «Da die Oper ihrem Publikum gerade durch ihre Rückständigkeit
teuer ist, müsste man auf den Zustrom neuer Schichten mit neuen Appetiten bedacht sein» 17. I nuovi destinatari sono persone non abituate a frequentare l’opera, ma che avendo maturato una nuova coscienza della realtà, grazie agli importanti eventi storici vissuti, cercano a teatro la riflessione su questioni di impellente attualità. Inoltre, un’esigenza importante dell’opera epica è quella di pensare ad una concezione di musica che si contrapponga alle idee di magia e incanto spesso associate ad essa.
La letteratura è ricca di esempi a tal proposito, basti pensare al concetto di musica come linguaggio soggettivo e strumento ipnotico e salvifico che si trova nel Tristan und Isold (ca. XIII sec.) di Gottfried von Stras15
K. Weill, Zur Komposition der Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, p. 325. Idea corroborata anche dalla voce autorevole
di Adorno che, dopo aver assistito alla rappresentazione della Dreigroschenoper a Francoforte nel 1928, scrive un articolo al riguardo e lo conclude definendo l’opera «das
wichtigste Ereignis des musikalischen Theaters: tatsächlich beginnt so vielleicht die Restitution der Oper durch Wahrheit» (T. W. Adorno, Anmerkungen zur Frankfurter Aufführung der Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp
1960, p. 271).
16
Weill, Zur Komposition, cit., p. 325.
17
B. Brecht, Schriften zum Theater. Über eine nicht aristotelische Dramatik, Frankfurt am Main, Suhrkamp 1957, p. 13.
252
Maria Elisa Montironi
sburg, testo non a caso interpretato da Wagner nella sua opera popolarissima. Ascoltando la melodia dell’arpa del protagonista i presenti provano uno sconvolgimento di sensi:
[D]a begunden herze und oren
tumben unde toren
und zu ir rehte wanken;
da wurden gedanken
in maneger wise vür braht. 18
Ancora a sottolineare la produzione musicale come atto creativo personale si afferma:
ezn heizet doch niht rehte spil,
daz man sus uzen hin getuot
ane herze und ane muot. 19
Mentre il prodigio della musica si comprende bene nell’incredibile potere del campanello di cristallo al collo del cane Petitcrieu, che
so süeze was der schellen clanc,
daz si nieman gehorte,
sin benæme im und zestorte
sine sorge und al sin ungemach. 20
Indicative anche le parole di Baudelaire nella poesia dal titolo La Musique, funzionali per capire l’idea di fruizione di musica contraria a quella
brechtiana:
La musique souvent me prend comme une mer! [...]
Je sens vibrer en moi toutes les passions
D’un vaisseau qui souffre;
Le bon vent, la tempête et ses convulsions
Sur l’immense gouffre
Me bercent. D’autres fois, calme plat, grand miroir
De mon désespoir! 21
Un trasporto simile per la musica si ritrova anche nel celebre romanzo
di Thomas Mann Buddenbrooks – testo scritto in un periodo in cui la mu-
18
Gottfried von Strassburg, Tristan und Isold, Dublin-Zürich, Weidmann 1968, p.
45 (vv. 3593-3596).
19
Ibid., p. 95 (vv. 7534-7536).
20
Ibid., p. 199 (vv. 15856-15859).
21
C. Baudelaire, Les fleurs du mal, Milano, Feltrinelli 1964, p. 126 (vv. 1, 9-14).
«Was ist das für ein Geschrei?»
253
sica era considerata la più alta espressione artistica – quando il piccolo
Hanno si esibisce al pianoforte di fronte alla famiglia in una sua creazione
estraniandosi completamente dalla realtà. Le citazioni di racconti sulle virtù e sugli effetti ‘ultraterreni’ della musica potrebbero continuare all’infinito.
Brecht, nei suoi scritti, decide di dimostrare il potere della musica riferendo della scoperta di un ristoratore parigino, secondo la quale i suoi
clienti sarebbero stati influenzati nella scelta delle bevande da ordinare
dalla musica che veniva diffusa nel locale 22. Questa appurata forza ‘perlocutoria’ della musica è perfetta ancella del meccanismo del teatro catartico, che artificialmente crea e soddisfa tensioni nello spettatore, ma è in sé
deleteria, perché assopisce l’esigenza di agire nella realtà, e per questo,
sostiene Brecht, i compositori dovrebbero studiare il potere espressivo e
‘performativo’ della musica, così da riuscire a gestirlo. Come soluzione al
problema, il drammaturgo sostiene che l’attore debba compiere un Funktionswechsel, vale a dire seguire il principio del «Gegen-die-Musik-sprechen» 23, non assecondare con il canto il sentimento espresso dalla melodia, ma comunicarne uno discordante. Solo così la canzone a teatro può
ottenere il V-Effekt, un senso di distacco contrario all’identificazione e all’empatia, che il drammaturgo richiede tanto al cantante, quanto al pubblico. Lo spettacolo deve spingere alla riflessione e comunicare agli spettatori nuovi modi di pensare e strumenti utili per l’osservazione e la trasformazione della realtà.
La musica vuole essere, nelle parole di Brecht: «Schmutzaufwirblerin,
Provokatorin und Denunziantin» 24. Egli scrive ancora, nella famosa tabella sinottica sulle novità del teatro epico: «die Musik vermittelt / den Text
auslegend / den Text voraussetzend / Stellung nehmend / das Verhalten
gebend» 25. Centrale per ottenere questi effetti, e con essi il ribaltamento
della funzione del teatro da aristotelico ad epico, è la presenza delle parti
cantate come realtà singolari staccate dal resto, utilizzando diversi espedienti. Afferma appunto Brecht che la Dreigroschenoper è paradigmatica
per la sua concezione di teatro in quanto essa «brachte eine erste Verwendung von Bühnenmusik nach neueren Gesichtspunkten. Ihre auffälligste
Neuerung bestand darin, daß die musikalischen von den übrigen Darbietungen streng getrennt waren» 26.
22
Il drammaturgo ricorda la scoperta in ben due scritti: Brecht, Über die Verwendung, cit., p. 163 e Brecht, Über Filmmusik, cit., p. 15.
23
B. Brecht, Anmerkungen zur Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, pp. 97-98.
24
B. Brecht, Anhang zur Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch,
Frankfurt, Suhrkamp 1960, p. 178.
25
Brecht, Schriften zum Theater, cit., p. 21.
26
Brecht, Anhang, cit., pp. 177-178.
254
Maria Elisa Montironi
L’effetto di singolarità è dato da un cambio di posizione degli attori
quando iniziano a cantare, accompagnato da un cambio di luci e da pannelli che recano il titolo del pezzo. Si prenda ad esempio la didascalia per
la canzone che si esaminerà nel prossimo paragrafo, presentata nella seconda scena del I atto: «Songbeleuchtung: goldenes Licht. Die Orgel wird
illuminiert. An einer Stange kommen von oben drei Lampen herunter,
und auf den Tafeln steht: DIE SEERÄUBER-JENNY» 27.
Questa giustapposizione di elementi, che regala all’opera forza aggressiva e polemica, si può riscontrare anche nelle scelte del compositore
Weill per le melodie delle canzoni. Egli crea un collage, volutamente eterogeneo, di forme di musica da ballo a lui coeva e di altri stili musicali,
mai perfettamente corrispondenti alle regole classiche, ottenendo una separazione di elementi contraria all’idea di Gesamtkunstwerk wagneriana.
Si ascoltano musiche e testi che hanno assimilato il cabaret tedesco 28, le
ballate di Frank Wedekind 29, il music-hall inglese, la canzone commerciale
e il jazz, dal quale Weill riprende degli strumenti, ma non i caratteri più
riconoscibili quali lo swing e l’improvvisazione. Per un pubblico nuovo e
non necessariamente abituato all’opera vengono utilizzate le varie voci della Gebrauchsmusik 30 di segno anti-romantico, che costituiscono la realtà
musicale di consumo al di fuori dei teatri d’opera. Si tratta di un magistrale lavoro di composizione che unisce elementi sonori eterogenei, che
spaziano da Mozart all’espressionismo viennese, mai utilizzati in maniera
canonica. Nota Pestalozza:
non soltanto Weill affianca a forme colte (come l’ouverture di carattere serioso austerizzata da un fugato centrale, o il Corale luterano vera e propria ‘musica di
chiesa’ che chiude la ‘piece’, o i frequenti concertati di schietto impianto operistico), forme decisamente popolaresche (Tango, Fox, Shimmy e così via); ma all’interno di esse, compie un continuo scambio di valori stilistici [...]. 31
27
Brecht, Die Dreigroschenoper, cit., p. 27.
Il cabaret letterario di Monaco è uno degli elementi più importanti della formazione di Brecht (cfr. P. Chiarini, Bertolt Brecht. Saggio sul teatro, Bari, Laterza
1967, p. 51).
29
Chiarini sostiene che «nei toni ironico-popolareschi e nel corrosivo impasto patetico-satirico» Brecht si rifà spesso a questo poeta che «forse ha amato più di ogni
altro» (ibid., p. 62).
30
Questa espressione è mutuata dal francese musique d’emblement, legata ad un
commento di Matisse sulla musica di Satie, giudicata piacevole sottofondo in contrapposizione al sentimento individuale esasperato dalla musica romantica. L’utilizzo che ne
fa Brecht è però diverso, in quanto vuole essere musica che induce alla riflessione e
che mina l’opera culinaria (cfr. M. Fumagalli, Musica d’uso e musica di consumo, in La
cultura di Weimer: materiali 3, Roma, Bulzoni 1980, pp. 49-176).
31
L. Pestalozza, La realizzazione musicale, in L’opera da tre soldi di Bertolt
Brecht e Kurt Weill: uno spettacolo del Piccolo Teatro di Milano, Bologna, Cappelli
1961, p. 152.
28
«Was ist das für ein Geschrei?»
255
Con lo stesso intento di rinnovamento, le melodie sono scritte per un
insieme strumentale da jazz-band, di soli sette elementi 32, contrariamente
alla grande orchestra «chiusa nel golfo mistico di derivazione tardoromantica» 33. Vengono banditi gli archi acuti, al contrario hanno voce preponderante i fiati: flauti, clarinetti, sassofoni, trombe e un fagotto. Nell’orchestra sono anche annoverati strumenti inediti per un gruppo cameristico,
come i timpani, la batteria, l’argentino bandoneon, il banjo, la chitarra hawaiana, la celesta, il violoncello, il contrabbasso e il mandolino.
Ballata, musica jazz e identità popolare. Die Seeräuber-Jenny
La ballata dal titolo Die Seeräuber-Jenny viene cantata da Polly, la protagonista dell’opera, durante il suo banchetto nuziale. Prima di intonare la
canzone, la ragazza crea un momento fortemente metadrammatico e delinea una forma di teatro in cui non c’è distinzione tra palco e platea, definibile come carnevalesca, in quanto «al carnevale non si assiste, ma lo si
vive [...] è la vita stessa che recita, rappresentando [...] un’altra forma libera (e piena) di realizzazione» 34. Polly fa appello alla convenzione squisitamente teatrale della Vorstellung chiedendo a tutti i presenti alla festa di
immaginare, utilizzando appunto il verbo sich vorstellen, una sporchissima
«Vier-Penny-Kneipen in Soho» 35 (ambientazione che ricorda il titolo dell’opera, anch’essa ‘da pochi soldi’) e propone loro di partecipare al piccolo spettacolo pronunciando una battuta 36.
Come si è ricordato nell’introduzione, il Lied riguarda Jenny, una povera cameriera vestita di stracci costretta a lavorare duramente, che promette ai suoi sfruttatori di vendicarsi un bel giorno, per mano del suo
sposo pirata. Formalmente, la canzone presenta molte caratteristiche delle
antiche ballate inglesi. La narrazione è semplice e diretta, inoltre, nell’articolazione della storia, Brecht sfrutta l’espediente della connessione delle
scene attraverso l’iterazione progressiva: ogni strofe ripete le stesse frasi
con piccole variazioni che portano avanti la storia molto lentamente, facendo così crescere nell’ascoltatore una suspense trascinante. Ad aumen32
La prima dell’opera è stata affidata alla Lewis Ruth Band, nome derivato dal
sassofonista Ludwig Rüth. Lo stile del gruppo di musicisti è detto Americanismus-style
(cfr. S. Hinton, Inhalt, in Die Dreigroschenoper, Vienna-London-New York, Universal
2005, p. v).
33
M. Fumagalli, Musica d’uso, cit., p. 171.
34
M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella
tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi 1979, p. 10.
35
Brecht, Die Dreigroschenoper, cit., p. 26.
36
Mittner cita la scena come una delle «prove di recitazione» che i personaggiattori di Brecht rappresentano, sottolineando così la natura fittizia dello spettacolo (L.
Mittner, Storia della Letteratura tedesca III, Torino, Einaudi 1971, p. 1354).
256
Maria Elisa Montironi
tarla, verso la fine di ogni strofe, sono le domande ingenue poste dagli
avventori che si interrogano su che cosa stia succedendo e sulla causa dell’incomprensibile allegria di Jenny. Secondo i canoni tradizionali, la tensione raggiunge il suo climax al termine della ballata, con un cruento finale a
sorpresa. Il tema della vendetta che concerne un singolo episodio sensazionale, rivelato solo alla fine, è pure tipico delle antiche ballate inglesi,
così come l’assenza di qualsiasi tipo di commento ai fatti narrati.
Ci sono in tutto quattro strofe, ognuna di dodici versi. Nelle prime tre
si hanno cinque versi (con rime secondo lo schema abccb), in cui viene
descritta la condizione della ragazza, seguono quattro versi (con rime secondo lo schema defe) che riguardano la sua vendetta e una terzina finale
non in rima, segnalata tipograficamente attraverso una rientranza, in cui si
dipinge l’avanzata della nave del pirata salvatore. Il testo, narrato in prima
persona, è molto coinvolgente, anche perché la storia viene raccontata con
dialoghi diretti, alternando il presente della negativa situazione, al futuro
della liberatoria vendetta, come farebbe un vero story-teller. Inoltre, la
canzone inizia proprio con un richiamo al pubblico. Jenny si appella ai
signori che frequentano la locanda e descrive tutte le azioni che compie al
lavoro e ciò che ottiene in cambio, in un veloce elenco che rende efficacemente l’idea dell’attività frenetica e ripetitiva a cui è costretta:
Meine Herren Heute sehen Sie mich Gläser abwaschen
Und ich mache das Bett für jeden.
Und Sie geben mir einen Penny und ich bedanke mich schnell
Und Sie sehen meine Lumpen und dies lumpiges Hotel. (vv. 1-4) 37
Come nelle ballate popolari, Brecht utilizza semplici accorgimenti retorici che rendono vivo il racconto. Ogni verso contiene un sostantivo o due
al massimo, la situazione è dunque definita mediante poche immagini, essenziali e ben precise, secondo il valore squisitamente letterario della ‘visibilità’. I predicati non sono mai corredati da avverbi, se non per sottolineare il fatto negativo che i ritmi di lavoro sono veloci. La mancanza di
commenti sulla modalità delle azioni e la paratassi con ripetizione della
congiunzione und all’inizio di tre versi in successione, rafforzato dalla reiterazione della stessa all’interno del verso quando si cambia soggetto, sono
efficaci espedienti retorici che rafforzano l’immagine della Jenny indaffarata. Inoltre, la cameriera definisce la locanda dove lavora lumpig, aggettivo
desostantivale che segue, nello stesso verso, proprio il sostantivo da cui
deriva, Lumpen, con cui la ragazza descrive i suoi vestiti stracciati. La ri-
37
Di qui in poi i versi della ballata Die Seeräuber-Jenny sono citati da Brecht, Die
Dreigroschenoper, cit., pp. 26-27.
«Was ist das für ein Geschrei?»
257
petizione permette a Brecht di ribadire la natura squallida della situazione. A questo elenco di azioni segue un verso minaccioso, quando Jenny
dice ai suoi avventori: «Und Sie wissen nicht, mit wem Sie reden» (v. 5).
La frase, che richiama quella pronunciata solitamente da chi occupa un
alto posto nella scala sociale, per il quale pretende privilegi, cozza con il
quadro di vita povera e umile tratteggiata appena prima e amplifica il desiderio di vendetta trasmesso dalla ballata.
Nella quartina successiva, Jenny spiega come avverrà la liberazione per
mezzo di un periodo introdotto dall’avversativa con aber, che ben sottolinea il capovolgimento della situazione che si sta per compiere:
Aber eines Abends wird ein Geschrei sein am Hafen
Und man fragt: Was ist das für ein Geschrei?
Und man wird mich lächeln sehn bei meinen Gläsern
Und man sagt: Was lächelt die dabei? (vv. 6-9)
Anche in questo caso Brecht fa un ampio uso della ripetizione. Si ripetono congiunzioni e soggetti, ma anche il sostantivo Geschrei e il verbo
lächeln, così da sottolinearne l’importanza come segni dell’imminente ‘regolamento dei conti’. Segue la terzina finale, che non ha rima perché è
quella che dipinge l’avanzare della nave con otto vele e cinquanta cannoni
che salverà Jenny. Sono i versi più importanti e gravi, che non possono
essere alleggeriti dalla retorica e anzi si devono distinguere dalla sottile
ilarità di quelli precedenti.
La seconda strofe ricalca la prima. Nella quartina iniziale si ripete la
descrizione del lavoro con l’accorgimento di riportare le azioni al passivo.
Si dice, ad esempio, «das Bett wird gemacht» (v. 15), come a voler riprodurre la sensazione alienante del lavoro, poiché la mancanza di un soggetto semantico specificato rafforza l’idea della reificazione. In questa strofe Jenny aggiunge un particolare fondamentale, non immediatamente comprensibile: quella notte nessuno dormirà nei letti che lei prepara. Lo dice
con una rima da filastrocca, divertita, che dà bene il senso del suo stato
d’animo, sottolineato tipograficamente dalle sarcastiche frasi tra parentesi:
«[...] das Bett wird gemacht! / (Es wird keiner mehr drin schlafen in dieser Nacht)» (vv. 15-16). L’osservazione si spiega solo con il seguito del
racconto, in cui si dice che dalla nave si sparerà sulla città.
La strofe che segue descrive allora questa apocalisse secolare. Il primo
verso, con un parallelismo, si collega a quello della prima strofe, sottolineando così la vendetta. Al primo «Meine Herren, heute sehen Sie mich
Gläser abwaschen» (v. 1) corrisponde ora «Meine Herren, da wird wohl
Ihr Lachen aufhörn» (v. 25). Poi, con verbi forti, quali fallen ed Erdboden
gleich machen, si rende l’idea della distruzione della città in cui solo la
locanda rimane intatta.
258
Maria Elisa Montironi
La quarta strofe è la più crudele in quanto racconta dell’effettiva resa
dei conti. I pirati scenderanno dalla nave, incateneranno gli avventori della cantina e li porteranno da Jenny. Ciò viene descritto in tre versi che
iniziano con la congiunzione und seguita dal verbo. La rima è la stessa
delle altre strofe (abcc), tranne per il quarto verso, quando i pirati per la
prima volta prendono la parola e formulano la domanda di precipua importanza: «Welchen sollen wir töten?» (v. 29). Brecht dà così risalto al
quesito e, proprio in corrispondenza di questo punto, Weill interrompe
l’accompagnamento musicale. A differenza dei versi correlati delle tre
strofe precedenti, anche l’agghiacciante risposta di Jenny non ha rime:
Wenn man fragt, wer wohl sterben muß.
Und dann werden Sie mich sagen hören: Alle!
Und wenn dann der Kopf fällt, sag ich: Hoppla! (vv. 43-45)
Weill riprende la melodia dopo l’hoppla solo per accompagnare gli ultimi tre versi che vedono scomparire la nave e Jenny.
Retoricamente, ciò che più colpisce di questo finale è la resa verbale
del codice sonoro, che Weill valorizza magistralmente. Brecht riesce a
coinvolgere l’ascoltatore rendendo la scena non solo iconicamente, ma anche ‘acusticamente’. Dal primo «Geschrei [...] am Hafen» (v. 6) si passa al
più chiaro rumore «Getös [...] am Hafen» (v. 18), poi al mutilante «Lachen aufhörn» (v. 25), dovuto al «Geschrei um das Hotel» (v. 30), che
arriva fino allo «still [...] am Hafen» (v. 42) della conclusione, interrotto
dal crudele e soddisfatto «Hoppla!» (v. 45) che accompagna l’immagine
della testa che cade.
Dall’analisi del testo risulta chiaro che il drammaturgo utilizza la ballata per rafforzare l’identità popolare della sua operazione artistica. Hannah
Arendt, in un suo saggio su Brecht, scrive una spiegazione illuminante sulle ragioni che inducono l’autore a scegliere questa forma rispetto a un’altra:
La tradizione popolare si è scelta da sé la ballata per assicurarsi attraverso di essa
una propria tradizione non scritta, che accanto e indipendentemente dalla grande
tradizione artistica ha testimoniato di una storia dimenticata e trascurata, – una
forma in cui il popolo tra Moritat, Dienstbotengesänge, canti popolari e chanson ha
tentato di procurarsi una propria immortalità poetica. Non allorché cominciò a
occuparsi di marxismo, ma quando iniziò a portare in onore la forma ballatesca –
Brecht si è schierato dalla parte degli oppressi. 38
38
H. Arendt, Il poeta Bertolt Brecht, in I grandi scrittori della critica tedesca, Milano, Bompiani 1968, p. 589.
«Was ist das für ein Geschrei?»
259
La melodia pensata da Weill per musicare la ballata è accattivante e
vira con armonia, in ogni strofe, dal ritmo in 4/4 dei primi versi a quello
della marcia funebre quando si raccontano le azioni dei pirati. La musicalità jazz e gli accorgimenti del compositore per dare rilievo al testo, come
ad esempio «die hübsch einschneidende Intervall-Sekunde bei der Frage:
‘Töten?’, die unsäglichen Arpeggien bei ‘Schiff’ und ‘Segel’, der Orgeldreiklang des ‘Mir’, mit dem das Schiff entschwindet» 39 rendono il Lied
particolarmente piacevole e orecchiabile.
Come la forma della ballata, anche quella del jazz ha rilevanza semantica. Parafrasando le affermazioni di Hannah Arendt appena citate per
commentare l’operazione poetica di Brecht, si può affermare che Weill si
appropria della matrice popolare del jazz per schierarsi dalla parte degli
oppressi. Le leggendarie origini del jazz vanno rintracciate negli spiritual e
nel blues degli schiavi africani, comprati e venduti sulla Congo Square di
New Orleans. I temi ricorrenti di questi canti, spesso marce funebri, sono
dolenti come le note delle loro melodie. Si parla, ad esempio, del sacrificio di Cristo, dell’amara speranza di una libertà ultraterrena, della condizione dolorosa di chi è stato sradicato dalla propria terra e dei problemi
derivanti dal conflitto di razza 40. Non a caso Cesare Garboli definisce i
Songs 41 di Weill nella Dreigroschenoper deprimenti e angosciosi, «un presagio di prossima fine, il guizzo della luce al crepuscolo [...] allegre canzoni da funerale» 42.
Nel saggio che Bloch dedica alla ballata Die Seeräuber-Jenny, lo studioso definisce la canzone «Dynamitstelle» 43, per la sua minacciosa forza rivoluzionaria, con versi che rispecchiano i desideri dei «Mordbrenner» 44,
cioè di chiunque abbia sete di vendetta. Più in generale Jenny è un «Rebellensymbol» 45 politico e sociale, con un messaggio che ha una «echte
Adventsstimmung» 46. Tuttavia, Bloch deve constatare che il pubblico la
recepisce semplicemente come «Bierulk» 47. Allo stesso modo, tutte le can-
39
E. Bloch, Lied der Seeräuber-Jenny in der Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts
Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, p. 291.
40
Cfr. P. Carles, A. Clergeat, J. L. Comolli, Dizionario del Jazz, Milano, Mondadori 2008.
41
Nell’idea di Weill i Songs sono canzoni a più strofe, alternate a un ritornello.
Ad ogni strofe cambia il testo, ma la condotta melodica è simile, con variazioni ritmiche, armoniche e d’orchestrazione.
42
C. Garboli, Tre soldi di musica ribalda, in Un po’ prima del piombo. Il teatro in
Italia negli anni Sessanta, Milano, Sansoni 1998, pp. 55-56.
43
Bloch, Lied der, cit., p. 294.
44
Ibid., p. 292.
45
Ibid., p. 293.
46
Ibidem.
47
Ibid., p. 294.
260
Maria Elisa Montironi
zoni della Dreigroschenoper non sono state interpretate come denuncia
della classe borghese. Spiega Tucholsky:
Diese Theaterskandale sind ein dumpfes Aufbegehren, jenem nicht unähnlich, in
dem die Leute wild applaudieren, wenn nach einem Jazz ein guter, alter Walzer
gespielt wird. Es ist die Freude fünfzigjähriger Männer und ihrer etwas jüngeren
Frauen, wieder in die gewohnten Gleise zu Kommen – das kennen sie, das ist die
gute alte Zeit, bravo! Das andre? Das andre ist für sie das Neue schlechthin, alles,
was sie verabscheuen: Sozialismus, Juden, Rußland, Pazifismus, die Abschaffung
des Paragraphen 218, Störung ihrer Moral und Störung der Geschäfte, das Volk,
das Gemeine. 48
Da queste affermazioni si evince che ad arrivare agli spettatori è solo
la superficie del messaggio, poiché non ci sono riferimenti alla ricezione
della critica sociale del testo da parte del pubblico. Contrariamente alle
intenzioni di Brecht, l’opera è apprezzata per gli elementi ‘culinari’, cioè
di godimento estetico. Quelle che dovevano essere canzoni scomode o accostamenti critici, diventano melodie piacevoli o pezzi che rincuorano lo
spettatore legato alla tradizione.
Il risultato formale dell’operazione di Brecht e Weill è stato quello
prefissato, come si può capire anche leggendo alcuni scritti come quelli di
Adorno 49 sull’argomento o ricordando l’affermazione già citata dello stesso Brecht, secondo la quale «die Aufführung der Dreigroschenoper 1928
war die erfolgreichste Demonstration des epischen Theaters» 50. Però, l’effetto nella prassi non è quello desiderato. Nelle parole di Hannah Arendt:
«la Dreigroschenoper non danneggiava coloro contro cui era indirizzata» 51.
Allo stesso modo, scrive Garboli, dopo aver assistito alla famosa messa in
scena italiana di Strehler:
Il pubblico borghese se la beve ormai come una minestra calda. Beato, soddisfatto, lascia che gli insulti e gli sputi nemmeno troppo indiretti di Weill-Brecht gli
cadano addosso. Non s’indigna più. Non si prende neppure la briga di asciugarsi
tutta quella saliva sgocciolante sul tovagliolo o sul collo del visone. Conosce quella
musica. Cara musica così ribalda, così fuorilegge, così ‘malavide’, ma anche così
tranquillante. Care, struggenti raffiche da cabaret cullate sul ritmo dell’organetto.
Ma sì, tutta quella saliva di strumenti a fiato [...] non sono altro che un’immensa
vergogna cantabile. Così va bene. Tutti colpevoli. Altro che anti-opera. 52
48
K. Tucholsky, Proteste gegen die Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, p. 323.
49
Si veda Adorno, Anmerkungen, cit., p. 271 e T. W. Adorno, Zur Musik der
Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, pp.
272-277.
50
Brecht, Über die Verwendung, cit., p. 156.
51
Arendt, Il poeta, cit., p. 575.
52
Garboli, Tre soldi, cit., pp. 54-55.
«Was ist das für ein Geschrei?»
261
La forma ‘gastronomica’ delle melodie voluta da Brecht 53 rende il
messaggio dei testi meno diretto. Commenta Adorno, con estrema chiarezza, nel suo celebre saggio sulla letteratura engagé:
Der ästhetische Reduktionsprozeß, den er der politischen Wahrheit zuliebe anstellt, fährt dieser in die Parade. Sie bedarf ungezählter Vermittlungen, die er
verschmäht. Was artistisch als verfremdender Infantilismus sich legitimiert – die
ersten Stücke Brechts hielten Kompanie mit Dada –, wird zur Infantilität, sobald
es theoretisch-gesellschaftliche Gültigkeit beansprucht [...]. Dem politischen Engagement zuliebe wird die politische Realität zu leicht gewogen. 54
Fa da eco a questa affermazione quella di Hannah Arendt, che scrive:
«Ogni qual volta Brecht ha voluto operare in maniera direttamente politica, ha sempre sbagliato. [...] Ha reso sempre e solo una testimonianza [...]
e questa testimonianza rimane poeticamente valida» 55.
Le canzoni della Dreigroschenoper non hanno scosso il mondo borghese dell’epoca come pianificato dagli autori, tuttavia l’opera ha comunque
un valore politico, in quanto, come afferma Adorno, nell’analisi sociale
delle godibilissime canzoni è possibile riconoscere il «Signal eines Zukünftigen, das sichtbar wird, weil das Alte deutbar geworden ist» 56. Esteticamente, le accattivanti musiche da ballo, le melodie che fondono stili completamente differenti, passando improvvisamente dall’uno all’altro e l’arrangiamento nuovo e straniante di generi del passato, che non seguono
mai perfettamente le regole, sono fondamentali per la realizzazione del
V-Effekt teorizzato da Brecht. La musica nel teatro epico mette in discussione la propria identità frantumandola, per richiedere al pubblico di arrivare a formulare un pensiero nuovo e non tautologico. La realtà, anche
attraverso la musica, è presentata come modificabile.
53
Scrive Brecht: «Die Oper soll, ohne daß ihr kulinarischer Charakter geändert
wird, inhaltlich aktualisiert und der Form nach technifiziert werden» (Brecht, Schriften
zum Theater, cit., p. 13).
54
T. W. Adorno, Engagement, in Noten zur Literatur III, Frankfurt am Main,
Suhrkamp 1965, pp. 117-120.
55
Arendt, Il poeta, cit., p. 576. Simile il pensiero di Bloch al riguardo: «[K]ann
Musik Gesellschaft nicht ändern, so kann sie, wie Wiesengrund mit Recht sagt, ihre
Veränderung vorweg bedeuten, indem sie aufnimmt und lautspricht, was unter der
Oberfläche sich auflöst und bildet» (E. Bloch, Zur Dreigroschenoper, in Bertolt Brechts
Dreigroschenbuch, Frankfurt, Suhrkamp 1960, p. 289).
56
Adorno, Zur Musik, cit., p. 277.