Coraggio, sono io! (commento al brano annuale – don Alberto Luccaroni) Marco 6,45-52 [Dopo la moltiplicazione dei pani,] 45subito Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. 46Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. 47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra.48Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. 49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, 50perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 51E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, 52perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito. Introduzione Come leggere questo brano? Non tanto come il racconto di un miracolo, quanto come una rivelazione di Dio. Non tanto come un gesto eroico compiuto da Gesù, quanto come una sua presentazione. Non è tanto importante cosa fa Gesù, quanto piuttosto chi è Gesù. Commento Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca: non sempre Dio usa il guanto di velluto, a volte mi sprona in modo forte, energico, mi butta in avanti, per vincere le mie naturali pigrizie e lentezze, per non farmi adagiare sui miei successi (la moltiplicazione dei pani era appena finita), per aprirmi sempre ad un orizzonte più vasto. Andò sul monte a pregare... vedendoli però affaticati nel remare: i discepoli non lo sanno, ma Gesù sta vedendo la loro fatica, mentre prega sul monte. Come i bambini hanno bisogno dello sguardo dei genitori per tentare imprese nuove o per superare gli scogli più difficili, così sono io davanti a Dio: la mia fatica rimane, ma è una fatica “guardata da Dio”; sono io che vivo la mia vita in prima persona, ma mi sento le “spalle coperte”. Camminando sul mare: nella Bibbia mare = male. Gesù cammina sul mare per mostrarmi che lui è più forte di ogni difficoltà, peccato, errore, orrore. Il male rimane, ma Gesù ci passa sopra, lo usa come un piedistallo. Voleva oltrepassarli: anche altrove nella Bibbia il Signore “passa oltre”: nella notte di Pasqua in Egitto (Es 12,23); davanti al suo servo Mosè (Es 33,19.22 e 34,6); sul monte Oreb con il profeta Elia (1Re 19,11); con i discepoli di Emmaus dopo la resurrezione (Lc 24,28). Il Signore passa, per dirmi che è presente; ma non si ferma mai, perché mi vuole condurre oltre, più lontano, vuole stare davanti a me, non vuole essere ingabbiato, posseduto, ridotto ai miei schemi. Coraggio, sono io, non abbiate paura: “sono io” non è un banale “eccomi qua”, perché indica il nome stesso di Dio, “io sono” (YHWH), rivelato a Mosè dal roveto ardente (Es 3,14). Qui Gesù si rivela come Dio: siamo al cuore di questo brano! Mi viene rivelato che il nome di Gesù è il medesimo nome di Dio, che vuol dire: “io ci sono, sono sempre presente, su di me puoi contare, non ti mollo, non ti abbandono”. Salì sulla barca con loro e il vento cessò: quando permetto a Gesù di salire sulla mia barca, di entrare nella mia vita, nel mio quotidiano, il mare/male si placa, non fa più paura, diventa affrontabile e vincibile. Senza Gesù la mia barca è in balia del mare, con lui arriva a destinazione: mia forza è il Signore! Erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il “fatto dei pani” in cui Gesù aveva sfamato cinquemila uomini, dice che Gesù è pane, è abbondanza, è vita, dona pienezza, infonde vigore: se comprendo questo, per davvero, come posso ancora avere paura del vento contrario? Come posso ancora meravigliarmi del suo aiuto, della sua vicinanza? In fondo, si tratta della stessa rivelazione: i cinquemila che mangiano il pane di Gesù e i discepoli che lo vedono camminare sul mare sono invitati a comprendere che lui è l'unica vera fonte di vita. Una poesia per meditare O uomo, impasto di bene e di male, leva la luce che è in te, coronala di sacrifici. Tu, uomo, sei lo spettacolo del giorno: sorgi al mattino e ti addormenti la sera per il buon riposo. Ecco, ogni giorno si compie in te l’equinozio della primavera: c’è un momento in cui fai fiori, un momento in cui fai stelle, un momento in cui fai le tenebre. È in queste ore di tenebre che io ti vengo a cercare. Ovunque comincia la fuga d’amore tra me e te: io che entro nel tuo sonno, e quando tu sogni i demoni, i demoni della tua morte, e ti senti lontano da Dio, io ti resuscito il giorno. Alda Merini, “Cantico dei vangeli”
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