Fear Collector

il nazismo e lo sterminio degli ebrei
Vincenzo Medde – Liceo “Alessandro Volta” – Ghilarza
fotogramma da:
LENI RIEFENSTAHL, OLYMPIA 1: FESTA DEI POPOLI
«Il genocidio è anche l’incontro
tra chi uccide e chi è ucciso, e
solitamente davanti a un certo
numero di persone che stanno
a guardare. Come si arriva a
questo punto, e perché gli uomini
svolgono un determinato ruolo?»
Omer Bartov, Cercando le radici del genocidio moderno. Sulla macro
e microstoria dell’eccidio di massa, in Il secolo del genocidio, a cura di
Robert Gellately e Ben Kiernan, Milano, Longanesi, 2003.
«… capire come l’azione genocidaria
possa diventare progetto sociale,
come la partecipazione, il consenso
o l’indifferenza delle società rendano
concrete le iniziative del potere».
Bernard Bruneteau, Il secolo dei genocidi, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 245.
«È sempre possibile riunire un numero
anche rilevante di uomini che si amino l’un
l’altro, fin tanto che ne restino altri su cui
indirizzare l’aggressività …
Il popolo ebraico, disperso per ogni dove,
si è acquistato in questo modo meriti
altissimi nei confronti dei popoli che lo
hanno ospitato».
Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, cit in Stefano Levi Della Torre, Antisemitismo,
http://www.treccani.it/enciclopedia/antisemitismo_(Dizionario-di-Storia)/
Gli ebrei in Europa attorno al 1933
1
Le vittime ebree dell’Olocausto
2
Austria 50,000 - 27.0%
Norway 762 - 44.8%
Italy 7,680 - 17.3%
Finland 7 - 0.3%
Belgium 28,900 - 44.0%
Poland 3,000,000 - 90.9%
Latvia 71,500 - 78.1%
France 77,320 - 22.1%
Bohemia/Moravia 78,150 - 66.1%
Romania 287,000 - 47.1%
Lithuania 143,000 - 85.1%
Germany 141,500 - 25.0%
Bulgaria 0 - 0.0%
Slovakia 71,000 - 79.8%
Luxembourg 1,950 - 55.7%
Greece 67,000 - 86.6%
Denmark 60 - 0.7%
Soviet Union 1,100,000 - 36.4%
Netherlands 100,000 - 71.4%
Hungary 569,000 - 69.0%
Estonia 2,000 - 44.4%
Yugoslavia 63,300 - 81.2%
Fonte:
http://www.museumoftolerance.com/site/c.tmL6KfNVLtH/b.5052465/k.ED04/36_Questions_About_the_Holocaust.htm#2
Ideologie, progetti, modelli, realizzazione dello sterminio
3
1. Componenti ideologiche
a. Razzismo
b. Antisemitismo
c. Antibolscevismo, anticomunismo
d. Il mito e lo spettro del giudeo-bolscevico
2. Progetti
a. Il progetto bio-politico
b. Il progetto razzial-demografico
3. Modelli ed esperienze di sterminio
4. La guerra germano-sovietica prepara le condizioni di realizzabilità dei progetti
alimentati dalle ideologie
5. La Shoah è unica?
Componenti ideologiche: il razzismo
4
Joseph Arthur de Gobineau. Essai sur l’inégalité des races humaines (1853-55), in cui, all’interno di uno
studio sulla nascita e la decadenza delle civiltà, cercò di dimostrare l’innata diversità di carattere dei singoli
popoli, sostenendo il primato della razza “aria” e, in essa, dell’elemento germanico.
Houston Stewart Chamberlain. Scrittore tedesco d’origine inglese. Seguendo le idee di J.-A. de
Gobineau, si fece esaltatore della razza ariana, che considerava pura solo nel ceppo germanico e di cui
vedeva in Wagner l’apostolo.
Oswald Spengler. Nel Tramonto dell’Occidente aveva preannunciato la fine irrimediabile dei valori
dell’umanesimo e della democrazia e l’avvento di un’epoca dominata dalla “violenza” eroica e dalle razze
più forti, in cui non avrebbero avuto più spazio “le anime delicate e gli ideali malaticci”, avrebbero trionfato
i “cesari” dell’avvenire e si sarebbe affermata in pieno la legge suprema di tutta la storia, cioè l’affermazione
della potenza attraverso la guerra.
Gottfried Feder. Vero padre dell’ideologia nazista: la rinascita della nazione dipendeva dalla distruzione
degli ebrei e di tutti gli elementi antinazionali a da una nuova politica sociale fondata su principi corporativi,
tali cioè da contemperare, nel rispetto della proprietà privata, le esigenze di capitalisti e operai; i capitalisti
dovevano rinunciare ai loro egoismi e gli operai alla lotta di classe, di qui il carattere “nazionale” e
“socialista” del Partito nazista.
Alfred Rosenberg. La fonte di ogni virtù è nella razza ariana, mentre il giudaismo e il cristianesimo
rappresentano una depravazione. Missione degli ariani, e dei tedeschi in particolare, è lottare contro due
grandi forze disgregatrici: l’universalismo e l’individualismo. L’ebreo assomma in sé tutte le caratteristiche
negative del contro cui bisogna combattere. Il marxismo è la versione politico-sociale del giudaismo.
Le componenti ideologiche: l’antibolscevismo, l’anticomunismo
5
In tale componente si unificavano il rifiuto teorico e politico e la paura di ciò che i tedeschi
sapevano avvenire in Russia.
Il rifiuto della lotta di classe e dell’internazionalismo proletario che dissolvevano la nazione
e il popolo.
La paura che se i comunisti avessero vinto in Germania avrebbero liquidato la borghesia
e la classe dirigente tedesca come avevano fatto e stavano facendo in Russia dal 1917. «La
Germania del 1933 conosceva la Russia del 1917 … Non fu l’arcipelago Gulag più originario di
Auschwitz?» [Nolte, 69, 667]
Il centro motore dei sentimenti e dell’ideologia di Hitler era il suo rapporto di paura e di
odio con il comunismo; egli quindi manifestò in maniera particolarmente intensa quello
che numerosi contemporanei tedeschi e non tedeschi sentivano. [Nolte, 16]
«Che cosa si sarebbe fatto, se avessero preso il potere al nostro posto? Senza pensarci
troppo ci avrebbero tagliato la testa». [Nolte, 37]
Zinov’ev nel settembre 1918: «Noi dobbiamo conquistarci novanta dei cento milioni della
popolazione russa. Con gli altri non dobbiamo parlare, dobbiamo sterminarli». [Nolte, 68,
584]
Le componenti ideologiche: l’antisemitismo 1
6
«Antisemitismo» non designa un’ostilità contro i «semiti» in genere, bensì un odio
specifico per gli ebrei.
L’antigiudaismo cristiano si secolarizza nell’antisemitismo laico: nell’immaginario, la
straordinaria potenza teologica negativa che la tradizione cristiana attribuiva agli ebrei, in
quanto «deicidi», cioè capaci di uccidere Dio nel Cristo, si secolarizza nella loro presunta
potenza storica. L’accusa teologica si trasfigura in accusa politica: l’antisemita si proclama
perseguitato dalla minoranza ebraica immaginata ultrapotente, e per «legittima difesa»
la perseguita. Qui poggia l’aggressiva autocommiserazione del nazismo, del fascismo e
infine dello stalinismo: «gli ebrei complottano contro di noi, contro i nostri valori e i nostri
popoli».
Ostacolo all’unificazione della nazione in un corpo omogeneo.
In quanto capitalisti (come i Rothschild) o in quanto rivoluzionari (come K. Marx), essi
appaiono operare dall’alto e dal basso per lo sradicamento delle strutture sociali e delle
identità tradizionali e confessionali.
(Levi Della Torre)
Le componenti ideologiche: l’antisemitismo 2
7
Per i nazisti, l’ebreo era colui che congiurava contro i destini del popolo tedesco.
Utilizzando le tradizioni antisemite diffuse dalle Chiese cristiane fra le masse popolari e
piccolo-borghesi, il nazismo caricò sulle spalle degli ebrei, accusati di voler impadronirsi del
mondo dopo avere distrutto la «civiltà occidentale», tutto quanto per esso era detestabile.
Gli ebrei, grande piovra dalle mille teste, corpo estraneo alla purezza nazionale tedesca e
alla razza ariana, nel loro disegno di dominio mondiale aggredivano la compattezza della
nazione servendosi sia della loro potenza nella finanza e nel capitalismo internazionale sia
della loro influenza nelle file marxiste.
Lo strangolamento della Germania ad opera del capitalismo plutocratico delle potenze
alleate, culminato nel trattato di Versailles e nelle inique riparazioni, e lo strangolamento
della forza nazionale portato avanti all’interno dai «marxisti» e dal «bolscevismo» al
servizio di una potenza straniera, l’Unione Sovietica, erano presentati come null’altro che
i due momenti di un attacco generale condotto dall’ebraismo interno in combutta con
quello esterno contro la nazione tedesca.
Colpendo l’ebreo, il tedesco colpiva tutti i suoi nemici; ogni nemico era uno strumento
della congiura ebraica. Così la miseria delle masse, la sconfitta della Germania, il suo
isolamento, le lotte interne, venivano attribuiti ad una causa ultima.
Le componenti ideologiche: l’antisemitismo 3
8
Due tesi contrastanti
1. L’antisemitismo diffuso nella società tedesca è stato il terreno di coltura nel quale è
maturata la “soluzione finale”.
Nella bassa Franconia (Baviera) il 60% dei procedimenti giudiziari contro ebrei fu avviato
da denunce della popolazione.
La corrispondenza privata e non censurata dei soldati che combattevano sul
fronte orientale, dove iniziò il genocidio, rivela la totale adesione all’ideologia che
disumanizzava il nemico «giudeo-bolscevico».
2.La giudeofobia estremista era in calo nella Germania dell’epoca; Hitler è arrivato al
potere nel 1933 non grazie, ma nonostante la sua ideologia antisemita.
Il boicottaggio dei negozi e dei prodotti ebrei iniziato nell’aprile del 1933
non ebbe successo.
«Il condizionamento ideologico subito da milioni di tedeschi “comuni”, anche se
da solo non basta a spiegare la specificità del genocidio pianificato dai nazisti,
ha comunque contribuito a creare il clima ideale perché venissero adottate
quelle misure burocratiche concrete che, attraverso una concatenazione logica
impersonale, preparavano l’annientamento degli ebrei». [Bruneteau, 133]
Progettare e realizzare lo sterminio: due tesi
9
• La tesi intenzionalista
Hitler è intenzionato fin dall’inizio a distruggere fisicamente gli ebrei e la “soluzione
finale” è il risultato di un programma pianificato che egli ordina e a cui sovrintende
personalmente.
• La tesi funzionalista
Le misure contro gli ebrei derivano da molteplici iniziative improvvisate delle diverse
amministrazioni e istanze del potere nazista e l’annientamento finale è dunque una
soluzione burocratica funzionale alle esigenze politico-militari che si manifestano a
partire dal 1941, e non certo l’esito di un piano razionale.
Progetti igienisti, demografici, sociali
per una politica globale di sterminio
10
Il razzismo
antisemita dei
nazisti e il genocidio
degli ebrei si
collocano all’interno
di una politica
globale di
ristrutturazione
etnica e
demografica
dell’Europa centrale
e orientale.
L’utopia
dell’unificazione
etnica dell’Europa
centrale e orientale.
Il progetto biopolitico:
alla ricerca di una comunità biologica perfetta
11
• Difendere la vera natura selvaggia
• Sottrarre la natura alle aggressioni della modernità, del liberalismo,
della filosofia del progresso
• Mantenimento della salute ereditaria del popolo
• Combattere i fattori di degenerazione biologica
• Eliminare dagli alimenti conservanti e coloranti
• Consumare pane integrale
• Eliminare il tabacco
• Guerra al cancro, morbo tipico della civiltà moderna
«La rivoluzione nazionalsocialista intende fare appello alle forze che tendono all’esclusione
dei fattori di degenerazione biologica e al mantenimento della salute ereditaria del popolo.
In altri termini, essa mira a rafforzare la salute della popolazione nel suo complesso e
a eliminare le influenze che nuocciono allo sviluppo biologico della nazione». [Da una
pubblicazione ufficiale nazista, Bruneteau 145]
Il progetto biopolitico:
alla ricerca di una comunità biologica perfetta
12
Biopolitica
Naturismo
Misure eugenetiche per combattere i
fattori di degenerazione razziale
Abolizione del confine tra malattia,
deviazione sociale, tara razziale
Genocidio come esito “scientifico”:

vi sono individui e razze non-naturali o
degenerati che è giusto e sano eliminare:
malati di mente, zingari, ebrei
Il progetto biopolitico: i malati mentali
13
• Sterilizzazione di persone affette da malattie ereditarie,
ritardati, infermi, schizofrenici, alcolisti
• gen 1940-ago 1941 Aktion T4: liquidazione fisica di malati di mente, ciechi, epilettici
Negli anni Venti il “modello” di riferimento erano gli Stati Uniti, in cui nel 1927
perfino la Corte Suprema avallò la costituzionalità delle sterilizzazioni obbligatorie
(negli anni Trenta le sterilizzazioni furono tra 2000 e 4000 all’anno).
Robert Gellately, “Il Terzo Reich, l’Olocausto e visioni di genocidi seriali”, in Il secolo del genocidio
a cura di R. Gellately e Ben Kiernan, Milano, Longanesi, 2006, pp. 305-333, p. 311.
Il progetto biopolitico: l’esecuzione
14
Dopo essere stati registrati, i malati mentali di tutte le età (tra i 6 e i 93 anni) sono trasferiti
dagli ospedali psichiatrici verso dei «centri di cura», dove, dopo una selezione fatta dai
medici SS, sono eliminati entro 24 ore in camere a gas camuffate da docce. In seguito, i
tecnici dei centri T4 cercano – con una logica burocratica – di usare altrove le competenze
acquisite: infatti, dall’inizio del 1941 si cominciano a selezionare individui in cattive
condizioni di salute che sono rinchiusi nei campi di concentramento, e poi trasferiti nei
centri di eutanasia, dove vengono gassati.
Ma soprattutto, quando il regime nazista deve bloccare il programma, decide di estendere
la categoria delle «vite non degne di vivere», includendovi molti «asociali», in modo da
continuare a usare il personale dell'Aktion T4 con le stesse mansioni. Queste operazioni,
accettate da una maggioranza silenziosa di tedeschi, rappresentano l'anticamera delle
fabbriche della morte dell'Aktion Reinhard [da Reinahrd Heydrich], sia per il principio che
ne è alla base (le «vite senza valore»), sia per la loro organizzazione (la divisione del lavoro),
nonché per il personale (tecnico) che vi lavora.
Non è forse sorprendente che il personale responsabile dei lager di Chelmno, Belzec,
Sobibór e Treblinka provenga dai centri di eutanasia e non dall'amministrazione dei campi
di concentramento?
Il GPO Generalplan Ost / Piano generale per l’Est 1
15
L’utopia dell’unificazione etnica dell’Europa
Un piano di trasformazione demografica, etnica, economica, sociale
• Modernizzare l’area balcanico-danubiana e quella polacco-baltica, incidendo sul problema
della sovrappopolazione rurale causa dell’arretratezza.
• Emigrazione dei contadini in esubero verso il settore industriale e terziario delle città, a
scapito degli elementi allogeni, gli ebrei, che rappresentavano circa il 10% della popolazione
di quelle aree.
• “Liberare” l’area tra la Germania e la Russia per far posto a 10 milioni di abitanti di stirpe
germanica che avrebbero colonizzato e modernizzato aree agricole e industriali strategiche.
• Deportare 31 milioni di ebrei, polacchi, bielorussi, ucraini in Siberia.
• Mantenere nell’area liberata 14 milioni di non-germanici come schiavi.
• Morte per fame di 30 milioni di russi nel giro di qualche anno.
Il genocidio fu il prodotto di molteplici apporti sociali, tra cui quello di una folta schiera di
“esperti”, scienziati, medici, biologi, giuristi, urbanisti e geografi sensibili alle parole di Hitler:
«Non bisogna avere pietà di persone che il destino condanna a morire».
La Grande Germania
16
Il GPO Generalplan Ost / Piano generale per l’Est 2
17
Lo sterminio degli ebrei non dipende però direttamente da questi piani. Fu invece il
fallimento dei piani di ristrutturazione demografica e di reinsediamento di milioni di
persone a creare le condizioni per le decisioni genocidarie, a livello prima locale e poi
centrale.
Il caos sociale, economico, demografico nato dagli spostamenti di popolazione mal gestiti,
avrebbe indotto a cercare una “soluzione” globale.
La realizzazione dello sterminio: modelli ed esperienze
18
I genocidi coloniali. I massacri delle popolazioni indigene (in Africa, Asia, Oceania, India … )
da parte degli europei (inglesi, francesi, tedeschi, olandesi … ) imperialisti nel XIX secolo.
Negli anni 1870-80 si verificarono delle grandi carestie che fecero almeno 30 milioni di
morti nel Sud-Est asiatico, in India, in Africa. Se tali carestie ebbero inizio con anni di
siccità, i loro effettio devastanti furono anche l’effetto di scelte di sfruttamento dei governi
occidentali; le catastrofi demografiche furono più intenzionali che naturali. [Bruneteau, 42]
La Prima guerra mondiale. Morte anonima di massa, carneficine, efferatezza del
combattimento diretto, violazione dei diritti civili, odio sistematico del nemico rendono
banale, accettabile, onorevole la scomparsa di milioni di uomini.
Deportazione di massa di civili, potenziali nemici: i russi deportano 500.000 ebrei di
Polonia e di Galizia, 300.000 tedeschi del Volga, 200.00 ottomani e bulgari. [Bruneteau, 56]
La Russia sovietica laboratorio sperimentale della violenza. «… il bolscevismo fu per il
nazionalsocialismo al tempo stesso uno spauracchio e un modello». [Nolte, 22]
«Hilmar Wäckerle, il primo comandate di Dachau, disse alle sue SS che sarebbero dovute
diventare per la Germania quello che la Ceka era per la Russia». [Nolte, 41]
Nel contesto dell’attacco all’Unione Sovietica del 1941 maturano le
decisioni concrete che portarono allo sterminio
19
«Grazie a Dio, ora, durante la guerra, abbiamo tutta una serie di possibilità che in tempo di
pace ci sarebbero precluse. Dobbiamo sfruttarle» [J. Goebbels, cit. in Bruneteau, 135].
All’origine del genocidio ci sono le pratiche locali di sterminio adottate nei territori
sovietici occupati (Crimea, Ucraina, Bielorussia, paesi baltici). Si trattava di operazioni
diverse che non erano inserite in un piano generale ordinato da Berlino.
Qualunque fossero le precise intenzioni di Hitler, i suoi discorsi legittimavano anche le
azioni più estreme, garantendo a tutti gli esecutori locali che la forma migliore della
“soluzione” fosse proprio la liquidazione fisica.
Il contesto bellico del 1941-42. Direzioni operative
delle Einsatzgruppen nell’attacco all’Unione sovietica
20
Il contesto bellico
Quattro fasi nella realizzazione dello sterminio
21
Tra giugno e novembre 1941: vengono fucilate circa un milione di persone nel corso di varie
operazioni condizionate da fattori locali.
Tra dicembre 1941 e febbraio 1942: messa a punto definitiva della strategia del genocidio.
Sono le autorità berlinesi a gestire lo sterminio degli ebrei, tramontata la “soluzione
territoriale” a causa del fallimento dell’operazione Barbarossa.
Tra marzo ed estate 1942: attuazione del genocidio organizzato con la costruzione e messa
in funzione delle fabbriche della morte: Belzec, Sobibor, Treblinka, Majdanek, Auschwitz.
A partire dall’estate 1942: per un periodo di
poco meno di tre anni, il sistema di genocidio
industriale funziona causando la morte
di quasi tre milioni di persone, portate in
convogli ferroviari dai ghetti dell’Europa
orientale e dal resto dell’Europa occupata. A
capo di questa immensa organizzazione c’è
Adolf Eichmann.
La partecipazione allo sterminio delle popolazioni non tedesche:
baltici, ucraini, polacchi
22
Nei territori occupati dai
tedeschi dal giugno 1941 –
compresi a grandi linee da
est a ovest tra i fiumi Dnepr
e Bug, e da nord a sud tra
il mar Baltico e il mar Nero
– con una forte presenza
di comunità ebraiche, la
popolazione locale ha
atteggiamenti molto diversi,
che vanno dall’indifferenza
all’approvazione, fino alla
partecipazione attiva e
volontaria alla persecuzione
dei «vicini» ebrei.
La partecipazione allo sterminio delle popolazioni non tedesche:
baltici, ucraini, polacchi
23
Civili ucraini picchiano un ebreo durante un pogrom a Lvov,
Polonia, 30 giugno-3 luglio 1941
http://www.ushmm.org/wlc/fr/media_ph.php?ModuleId=28&MediaId=1870
Il massacro del 10 luglio 1941 nella cittadina di
Jedwabne vicino Byalistock, nell’area polacca
che i sovietici avevano occupato dopo il
settembre 1939, ha un valore emblematico:
in poche ore 1.600 ebrei furono assassinati
dai loro «vicini» polacchi, mentre i pochi
tedeschi presenti si limitavano essenzialmente
a scattare foto. In un libro che scosse la
coscienza tranquilla del suo paese natale, lo
storico americano di origine polacca Jan T.
Gross ha stabilito che presero parte a quella
strage la metà degli uomini adulti del luogo,
cittadini comuni di ogni età e professione,
che risposero subito all’appello delle autorità
comunali. A fine 2002 una commissione di
storici polacchi ha confermato le conclusioni
di Gross e ha rivelato che massacri simili
furono perpetrati in quell’intera regione della
Polonia orientale.
La partecipazione allo sterminio delle popolazioni non tedesche:
baltici, ucraini, polacchi. Alcune “spiegazioni”
24
Gli ebrei avrebbero sostenuto
o addirittura
collaborato con
l’amministrazione sovietica,
che tra settembre 1939 e giugno 1941 aveva
occupato i paesi
baltici e si era
spartita la Polonia con la Germania.
La partecipazione allo sterminio delle popolazioni non tedesche:
baltici, ucraini, polacchi. Altre “spiegazioni”
25
Più determinante sarebbe però l’impatto a lungo termine della brutalizzazione, tra 1914
e 1921, delle popolazioni che abitavano ai confini orientali. Infatti, negli anni della Grande
guerra, della rivoluzione bolscevica, della guerra civile che ne conseguì e poi delle guerre
locali successive al primo conflitto mondiale (tra polacchi e bolscevichi, tra tedeschi dei
corpi franchi e bolscevichi, tra polacchi e ucraini e tra polacchi e lituani, tra sovietici e
ucraini e tra sovietici e lituani), si manifestò una «violenza moderna» fatta di massacri in
massa, deportazioni, terrore organizzato, trattamento indistinto di civili e militari, e tutto
ciò in un clima di caos economico e sociale dovuto al crollo delle autorità e delle istituzioni
tradizionali.
In quel periodo si accumulò un potenziale di violenza che è all’origine delle atrocità
commesse nel 1941. Tre componenti:
1. Circolo vizioso di odio tra popolazioni multietniche.
2. La memoria dei conflitti fu alimentata e mantenuta viva dai reduci della prima
guerra mondiale, della rivoluzione russa, delle guerre locali successive.
3. Consolidamento dell’immagine e del mito del “giudeo-bolscevico”.
Il ruolo degli intellettuali nello sterminio
26
Studenti, insegnanti, avvocati, dottori, ingegneri, pastori protestanti, rappresentanti
dell’esercito e dell’aristocrazia: un’intelligenzia frustrata, e in parte senza lavoro, di una
nazione sconfitta, di fronte alla disgregazione del tessuto sociale della Germania cercò e
trovò un regime pseudomessianico e un leader che li assolveva dallo loro responsabilità
morali, assumendo esplicitamente su di sé quel pesante fardello.
Gli intellettuali, al pari degli operai, dei contadini e dei borghesi, sostennero il regime non
per il suo antisemitismo ma per il suo successo. Ciò che li attraeva, al di là degli immediati
programmi economici e delle preoccupazioni per il loro status sociale, era l’utopia che il
regime prometteva a tutti i tedeschi: il popolo tedesco umiliato sarebbe diventato il centro
di un impero europeo, magari globale, basato sulle sue qualità razziali che lo rendevano
superiore a tutti gli ariani di condizione inferiore (come i latini) e di sicuro a tutte le
razze miste (gli slavi, che per i nazisti erano una combinazione di ariani e mongoli) e alle
popolazioni non ariane e «di colore». In questa ideologia della razza, che conquistò le
menti di persone con un certo grado di istruzione universitaria, era implicita la convinzione
che gli ariani puri non avevano soltanto il diritto ma il dovere di governare gli altri e di
distruggere quelli che ritenevano nocivi. [Bauer, 57].
Il ruolo dei tecnici nello sterminio
27
Due dei quattro Einsatzgruppen furono comandati dal dottor
Walter Stahlecker e dal dottor Otto Rasch (un altro intellettuale
con due dottorati). Un terzo fu guidato da Otto Ohlendorf, un
famoso economista e giurista.
Alcuni dei comandanti dei campi di concentramento erano
laureati. I medici, i biologi, i chimici, gli ingegneri, i burocrati
ecc. che furono coinvolti nelle deportazioni, nei campi di
sterminio, negli «esperimenti» medici furono parti essenziali,
non secondarie, della macchina omicida. Lo stesso può dirsi per
quanto riguarda scienziati, filosofi, storici, teologi, che fornirono
delle giustificazioni razionali a questo apparato di morte con
entusiasmo e con grande spirito di iniziativa.
A loro volta, i sadici incaricati della liquidazione dei ghetti
nell’Europa orientale provenivano soprattutto dalla piccola
e media borghesia, da un ambiente contadino o dalle classi
inferiori prodotte dalla crisi che aveva colpito la società tedesca
negli anni Venti. [Bauer, 59]
Otto Rasch
Otto Ohlendorf
Walter Stahlecker
Campi di concentramento e di sterminio nel 1944
28
Bibliografia
29
Vincenzo Medde – Liceo “Alessandro Volta” – Ghilarza
Bernard Bruneteau, Il secolo dei genocidi, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 129-170.
Robert Gellately, “Il Terzo Reich, l’Olocausto e visioni di genocidi seriali”, in
Il secolo del genocidio a cura di R. Gellately e Ben Kiernan,
Milano, Longanesi, 2006, pp. 305-333.
Hans Mommsen, La soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio degli ebrei, Bologna, il
Mulino, 2003.
Ian Kershaw, Che cos’è il nazismo? Problemi interpretativi e prospettive di ricerca, Torino,
Bollati Boringhieri, 2003.
Yehuda Bauer, Ripensare l’Olocausto, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2009.
Ernst Nolte, La guerra civile europea 1917-1945, Milano, Bur, 2004.