MARTELLOTTA NEWS - Istituto Comprensivo Martellotta

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MARTE
Anno 1 numero 4
Data 21/03/2014
Shoah e foibe:
due tragedie del xx° secolo
da non dimenticare
Shoah, foibe sono due aspetti dello stesso problema: la follia dell’uomo.
Infatti, il delirio di pochi
esaltati e la voglia di vendetta insita negli umani,
sono stati la causa di queste immani tragedie che
non hanno risparmiato
anziani e bambini. Il fanatismo nazista e quello
dei partigiani titini hanno
segnato per sempre la
vita di intere generazioni.
Shoah e foibe
Per non dimenticare
Per non dimenticare, bisogna far si che sin dalla
scuola primaria le generazioni future conoscano
tutto quello che la violenza e la furia cieca degli
uomini può fare .
Ins. Gianfranco Buttari
Giorno della memoria: il 27 gennaio a cura degli alunni della s. secondaria I° grado
l Giorno della Memoria è stato istituito per legge nel 2000, portando anche l'Italia ad aderire alla proposta internazionale che proprio in
questa data vuole ricordare le vittime dell'olocausto
Perchè proprio il 27 gennaio? Lo spiega il 1° articolo della legge, che
così recita:
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data
dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico),
le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che
hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che,
anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i
perseguitati.»
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Cos'è l'olocausto
Parlare di Shoa o di Olocausto significa parlare
dello sterminio sistematico ad opera dei
Nazisti di milioni di ebrei che avvenne in Europa durante la Seconda
Guerra Mondiale , un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di ebrei ma
anche Rom, comunisti, omosessuali, Testimoni di
Geova, popolazioni slave e
che fece in totale 14 milioni di vittime.
ad un lavoro schiavistico.
Anche questi ultimi, a causa delle terribili condizioni
di vita e di lavoro a cui erano sottoposti, spesso non
sopravvivevano. I campi di
sterminio erano invece
pensati esclusivamente per
la soppressione delle persone. L'Olocausto fu l'ultima tappa della politica antisemita promossada Adolf
Hitler.
Per eliminare tutti i soggetti
co ns id e r a ti
"indesiderabili" dai Nazisti,
questi crearono dei campi
di concentramento e di
sterminio: nei primi i prigionieri venivano classificati in base alla loro capacità di lavorare; chi era Ricerca degli alunni della
troppo debole veniva elimi- scuola secondaria Martelnato nelle camere a gas ca- lotta
muffate da docce, mentre i
più forti erano sottoposti
Anno 1 numero 4
L’Olocausto
lavoro della classe V^ C
Dalla metà del XX secolo con il termine Olocausto
(con l'adozione della maiuscola) si indica, per antonomasia, il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e
dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa. Esso
consistette nello sterminio di un numero compreso tra
i 5 e i 6 milioni di ebrei, di ogni sesso ed età. L'Olocausto in quanto genocidio degli ebrei è chiamato, più correttamente, con il nome di Shoah (in lingua ebraica:
,‫השואה‬HaShoah, "catastrofe", "distruzione").
La distruzione di circa i due terzi degli ebrei d'Europa
venne organizzata e portata a termine dalla Germania
nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte
delle strutture di potere burocratiche del regime, con
uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con
la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con
lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali e soprattutto in
strutture di annientamento appositamente predisposte
(campi di sterminio). Questo evento non trova nella
storia altri esempi a cui possa essere paragonato per le
sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e
tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista.
Il termine olocausto viene principalmente utilizzato
per indicare lo sterminio sistematico di milioni di ebrei. In alcuni ambienti il termine olocausto viene usato anche per descrivere il genocidio sistematico di altri
gruppi che vennero colpiti nelle stesse circostanze dai
nazisti, compresi i gruppi etnici Rom e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti, omosessuali, malati di mente,
Pentecostali (classificati come malati di mente), Testimoni di Geova, Sovietici, Polacchi e altre popolazioni
slave (considerati nel complesso Untermenschen). Aggiungendo anche questi gruppi il totale di vittime del
Nazismo è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di
civili, e fino a quattro milioni di prigionieri di guerra.
Molti Rom usano la parola Porajmos o Porrajmos
(«grande divoramento»), oppure Samudaripen
(«genocidio») per descrivere lo sterminio operato dai
nazisti.Lo storico dell'Olocausto Raul Hilberg ha descritto dettagliatamente il meccanismo dello sterminio
evidenziandone il carattere di gigantesco complesso
amministrativo gestito in cooperazione attiva ed efficace dai quattro centri di potere della Germania nazista:
la burocrazia ministeriale, la Wehrmacht, l'amministrazione economica e l'apparato del Partito nazista.
Secondo Hilberg ognuno di queste quattro strutture
burocratiche eseguì compiti fondamentali in tutte le
fasi del processo di distruzione. I funzionari civili definirono il concetto legale di "ebreo", organizzarono espropriazione e concentramento, negoziarono con gli
stati esteri, organizzarono il trasporto ferroviario delle
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vittime, diressero le varie polizie. La Wehrmacht
controllava i territori occupati, collaborò al concentramento e all'annientamento in modo attivo,
prese parte alle misure di deportazione. L'amministrazione economica ebbe un ruolo centrale
nelle espropriazioni, nel lavoro schiavistico e nelle procedure tecniche dei campi di sterminio;
infine il Partito nazista spinse per una continua
radicalizzazione, e, con l'apparato delle SS, in
collegamento con le polizie civili, gestì concretamente le operazioni di annientamento. Le eliminazioni di massa venivano condotte in modo sistematico: venivano fatte liste dettagliate di vittime presenti, future e potenziali, così come sono
state trovate le meticolose registrazioni delle esecuzioni. Oltre a ciò, uno sforzo considerevole fu
speso per trovare metodi sempre più efficienti
per uccidere persone in massa, passando dalle
fucilazioni, all'avvelenamento con monossido di
carbonio dei campi di sterminio di Bełżec, Sobibór e Treblinka, all'uso dello Zyklon-B di Majdanek e Auschwitz; speciali autocarri con dispositivi di immissione di gas (gaswagen) che utilizzavano monossido di carbonio vennero usati nel
campo di sterminio di Chelmno.
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Adolf Hitler scrisse nel suo testamento finale prima di suicidarsi il 30 aprile 1945 che i
"criminali ebrei" avevano
"espiato" il loro "errore" in
"modo umano"; l'assurdo concetto di "umanità" accoppiato al
processo di distruzione di milioni di ebrei d'Europa si riferiva
alle procedure adottate, non per
alleviare le vittime ma per rendere più agevoli i compiti degli
esecutori. In effetti vennero dispiegati notevoli sforzi da parte
dell'apparato di distruzione per
evitare eccessi di brutalità ed
esplosioni di violenza incontrollata, per alleviare il carico psicologico sul personale addetto allo
sterminio. Fungevano anche a
questo scopo l'adozione di metodi "scientifici" come gli autocarri
e le camere a gas, l'impiego di
ausiliari ucraini e baltici per gli
incarichi più crudeli, l'utilizzo
degli stessi ebrei per l'attività
più macabre nei campi di sterminio come il prelevamento, il
sotterramento e l'incenerimento
dei cadaveri.I campi di concentramento per gli "indesiderabili"
erano disseminati in tutta l'Europa, con nuovi campi creati vicino ai centri con un'alta densità
di popolazione "indesiderata":
ebrei, intellighenzia polacca, comunisti e gruppi Rom. La maggior parte dei campi di concentramento era situata nei confini
del Reich . Anche molti prigionieri dei campi di concentramento - benché questi ultimi
non fossero stati costruiti col
compito precipuo dello sterminio - morirono a causa delle terribili condizioni di vita o a causa
di esperimenti condotti su di loro da parte dei medici dei campi. Alcuni campi, come quello di
Auschwitz-Birkenau, combinavano il lavoro schiavistico con lo
sterminio sistematico.
Le origini della Shoah
lavoro della classe V^ C
La macchina della distruzione
raggiunse il suo punto culminante in sei campi di sterminio
situati in Polonia su cui convergevano migliaia di trasporti ferroviari provenienti da tutta Europa; furono trasportati e uccisi
in questi campi circa 3 milioni
di ebrei. Oltre al campo di Auschwitz-Birkenau, attualmente
sono considerati campi di sterminio o campi di concentramento e sterminio i campi di
Bełżec, Sobibór, Treblinka,
Chełmno, Majdanek. Questi
centri senza precedenti nella
storia dell'umanità erano costituiti da due elementi distinti: il
campo propriamente detto e le
installazioni per lo sterminio
all'interno del campo; i "campi
di distruzione" funzionavano
con efficienza nel loro compito
di uccidere individui; i risultati
vennero raggiunti mediante
un'accurata pianificazione, con
il concorso di numerosi specialisti e con metodi simili a quelli
di un moderna fabbrica.
Le politiche antiebraiche della
Germania nazista ebbero una
svolta con il pogrom del 9-10
novembre 1938, passato alla
storia con il nome di «Notte
dei cristalli»; organizzato su
impulso principale di Joseph
Goebbels e dei funzionari del
partito nazista, il pogrom provocò gravi danni materiali (815
negozi distrutti, 171 case incendiate, 191 sinagoghe bruciate).
Inoltre 36 ebrei vennero uccisi,
36 gravemente feriti e oltre
20.000 deportati: 10.911 a Dachau (provenienti da Germania meridionale e Austria),
9.828
a
Buchenwald
(Germania centrale), e più di
6.000 a Sachsenhausen
(Germania settentrionale)Il 24
gennaio 1939 Goring diede
l'incarico a Reinhard Heydrich, capo dell'SD, di trovare
"una soluzione al problema ebraico, secondo le circostanze
del momento"; la scelta della
dirigenza del Reich, dopo le
misure di esclusione dalla vita
economica e sociale, si basava
sull'incremento massimo delle
politiche di emigrazione forzata fino a rendere la Germania
"libera da ebrei". Il comandante della Gestapo, Heinrich
Müller, divenne il responsabile
dell'Agenzia centrale per emigrazione ebraica di Berlino,
mentre un ruolo fondamentale
nel programma di emigrazione
forzata venne assunto dal tenente colonnello SS
Anno 1 numero 4
Adolf Eichmann già distintosi in precedenza per i suoi successi. Eichmann, attivo nella sezione II-112 dell'SD e poi responsabile dell'"dipartimento giudaico"
delle SS (Judenreferat), esperto di questioni ebraiche, aveva partecipato dal 1937
al programma di emigrazione degli ebrei
tedeschi in Palestina (attivato fin dal 1933
con l'Haavara Agreement) e poi nell'ottobre 1938 aveva diretto con successo la sezione emigrazione costituita a Vienna dopo l'Anschluss che aveva forzato la partenza di 50.000 ebrei austriaci. L'inizio della
seconda guerra mondiale e l'invasione
della Polonia provocarono un radicale
cambiamento della "questione ebraica" e
l'attivazione da parte del Reich di nuove
iniziative sempre più dure; nello spazio di
poche settimane la Germania occupò territori in cui vivevano quasi 3 milioni di
ebrei, già in precedenza soggetti a forti
restrizioni ed esposti a fenomeni di antisemitismo da parte delle autorità polacche.
Nei territori della Polonia che la Germania
annesse direttamente (il cosiddetto Warthegau) erano presenti 603.000 ebrei,
mentre nel costituendo Governatorato Generale vivevano oltre 2 milioni di ebrei. Le
prime misure contro questa numerosa popolazione ebraica furono immediate: nel
corso dell'operazione Tannenberg sette
"gruppi operativi speciali" delle SS
(Einsatzgruppen) si incaricarono dell'individuazione e soppressione violenta delle
"élite" polacche (potenziali oppositori politici e intellettuali in grado di salvaguardare
la cultura polacca) e degli ebrei. In questa
fase i polacchi furono particolarmente colpiti e circa 39.000 persone furono uccise
sommariamente dai tedeschi, mentre la
persecuzione anti-ebraica fu meno sistematica anche se provocò circa 7.000 vittime.
Inoltre già alla fine di ottobre 1939 ebbe inizio l'espulsione degli ebrei presenti nei territori annessi al Reich e la loro deportazione
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nel Governatorato Generale; in un documento del
21 settembre 1939 Reinhard Heydrich, il capo
dell'SD e responsabile dell'operazione Tannenberg,
delineò le direttive generali della politica antiebraica. Heydrich distinse tra tempi lunghi e tempi brevi,
e tra obiettivi immediati e "meta finale" (Endziel);
delineò il programma di deportazione degli ebrei,
riservò ai comandi subordinati la definizione delle
modalità pratiche di attuazione delle misure; identificò il territorio a est di Cracovia, tra la Vistola e il
Bug Occidentale, come una possibile "riserva ebraica" (Judenreservat) in cui evacuare tutti gli ebrei.
In una prima fase era però necessario concentrare
gli ebrei in pochi centri urbani di raccolta secondo
lo schema del ghetto; anche gli ebrei delle campagne dovevano essere trasferiti in questi centri. Questa concentrazione sarebbe stata utile anche per agevolare in futuro l'esecuzione di ulteriori misure
antiebraiche. In questo senso lo stesso Heydrich
scrisse il 29 settembre 1939 in modo criptico, in una
lettera a Kurt Daluege, che "alla fine il problema ebraico" sarebbe stato risolto "in una maniera speciale".
Alcuni responsabili dell’olocausto
Heinrich Himmler
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Titolo notiziario
Gli alunni dell’Istituto Comprensivo
“ Vincenzo Martellotta dicono… …
Adolf Eichmann
Hans Frank
Rudolf Höss
Hermann Goring
Martin Bormann
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CHE COS’E’ UNA FOIBA
LAVORO DELLA CLASSE 4 ^ c
Foiba è il termine dialettale con cui, in Venezia Giulia, si indicano i grandi inghiottitoi (o caverne verticali, o pozzi), tipici
della regione. Le foibe non sono quindi dei particolari tipi di
caverne come viene spesso, erroneamente, affermato, ma solo il
termine con cui vengono indicati, nella regione giuliana, gli inghiottitoi carsici, che in tale regione assumono spesso dimensioni spettacolari. Se ne contano circa 1700 in Istria
Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale
con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell'istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati,
vivi e morti, quasi diecimila italiani.
La prima ondata di violenza esplode subito dopo
la firma dell'armistizio dell?8 settembre 1943: in
Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti.
Torturano, massacrano, affamano e poi gettano
nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano 'nemici del popolo?. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l'istria. Le truppe
del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti,
cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di
chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta
Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l'odio politico-ideologico
e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare
dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947,
fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra
l'italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani
e
dei
dalmati
non
finisce.
Nel febbraio del 1947 l'italia ratifica il trattato di
pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l'istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non
hanno nulla, sono bocche da sfamare che non
trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi
sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'uRSS, in cui si è realizzato il
sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI
non affronta il dramma, appena concluso, degli
infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere
l'argomento nel disinteresse. Come ricorda lo
storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati 'cittadini di serie B?, e non approfondisce la
tragedia delle foibe. I neofascisti, d'altra parte,
non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine
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della seconda guerra mondiale nei territori
istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l'occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco.
Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta 'perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per
molto tempo?. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del
ricordo ai morti nelle foibe. Inizia oggi l'elaborazione di una delle pagine più goscianti
della nostra storia. Con l'espressione massacri delle foibe, o spesso solo foibe, si intendono gli eccidi ai danni della popolazione
italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, occorsi durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra. Il nome
deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove
furono gettati i corpi delle vittime, che nella
Venezia Giulia sono chiamati, appunto,
"foibe". Per estensione i termini "foibe" ed il
neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in
massima parte perpetrate in modo diverso:
la maggioranza delle vittime morì nei campi
di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi.Il fenomeno dei massacri
delle foibe è da inquadrare storicamente
nell'ambito della secolare disputa fra italiani
e popoli slavi per il possesso delle terre
dell'Adriatico orientale, nelle lotte intestine
fra i diversi popoli che vivevano in quell'area
e nelle grandi ondate epurative jugoslave del
dopoguerra, che colpirono centinaia di migliaia di persone in un paese nel quale andava imponendosi un regime dittatoriale di
stampo comunista, con mire sui territori di
diversi paesi confinanti.
LE FOIBE: UN SILENZIO DURATO TROPPI ANNI
LAVORO DELLA CLASSE IV^ D
Aprendo un qualunque dizionario, o sfogliando una
qualsiasi enciclopedia, il termine "foiba" viene indicato come "Voragine rocciosa, a forma di imbuto
rovesciato, creata dall’erosione di corsi d’acqua, che
può raggiungere anche i 200 metri di profondità".
Per molte persone però rappresenta soprattutto il
luogo dove familiari e connazionali hanno perso la
vita, uccisi, prima, dai comunisti jugoslavi guidati
da Tito, e, di nuovo, dal mancato ricordo della società moderna.
Ma che cosa è successo nelle foibe?
Per poter rispondere bisogna documentarsi autonomamente poiché su molti libri di scuola
l’argomento, spesso, non è neanche citato; è per
questo motivo che ho voluto effettuare una ricerca
in merito.
Il dramma delle foibe ha origine dal 1918, quando
l’Italia ricevette l’Istria a seguito della vittoria nella
guerra del ’15-’18. Ma il fenomeno iniziò praticamente nell’autunno del 1943, quando i soldati italiani abbandonarono la regione: la massima intensità ci fu nei 40 giorni dell’occupazione jugoslava di
Trieste e Gorizia, dall’Aprile fino a metà giugno del
1945, anche se la vicenda si protrasse fino al 1947.
Molte persone, circa 10.000 (da quanto si apprende
da statistiche non precise), furono arrestate e condannate a morte dai comunisti jugoslavi, dopo aver
subito sevizie e torture. La loro unica colpa era di
essere italiani: fascisti, antifascisti, liberali, socialisti, gente di ogni credo politico… Erano italiani:
questo è il motivo per cui furono uccisi.
Il progetto degli uomini di Tito era quello di distruggere il potere italiano e di sostituirlo con il
contropotere partigiano, portatore di un disegno
annessionistico della regione alla Croazia e, quindi,
alla Jugolavia.
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Le vittime dei "titini" venivano condotte nei
pressi delle foibe: venivano loro bloccati i polsi e
i piedi con il fil di ferro e, dopo, venivano legati
gli uni agli altri, sempre tramite fil di ferro.
Spesso i massacratori gettavano gli innocenti
vivi o si divertivano a sparare alla prima persona del gruppo che ruzzolava rovinosamente nella foiba, trascinando con sé anche le altre vittime. Viene perciò spontaneo porsi delle domande: perché ancora non si parla di questa tragica
questione? chi ha voluto che restasse un argomento sconosciuto per 60 anni?
Al secondo quesito, gli storici rispondono evidenziando due motivi: il primo è per l’interesse
degli anglo-americani, che vedevano in Tito un
prezioso alleato contro l’URSS poiché il maresciallo jugoslavo aveva avuto una rottura con
Mosca.
Il secondo è relativo al governo italiano ,con De
Gasperi, e al Partito Comunista; sottolineando
questo fenomeno, essi avrebbero dovuto riconoscere gli errori commessi nel legarsi con Mosca,
perciò era meglio tacere. La verità, ogni verità, è
qualcosa di rivoluzionario e tenerla nascosta è
un "reato" che si commette nei confronti di tutti
coloro che amano la libertà e la giustizia.
Spesso viene usata la frase "Per non dimenticare…" verso i 6.000.000 di morti della Shoah. Io
non limiterei questo assunto solo nei confronti
delle vittime dell’Olocausto; piuttosto la rivolgerei a tutte le persone che sono state uccise a causa di un ideale, di una fede o semplicemente per
l’appartenenza ad una nazione o ad una religione.
Non si possono fare distinzioni tra morti di serie
A e morti di serie B, tra stragi principali, stragi
meno importanti o " danni collaterali": ci deve
essere la stessa dignità umana per tutti e le verità devono essere raccontate a 360°.
La reale vergogna è che per 60 anni nessuno ha
osato parlare; in un Paese democratico ciò è
molto grave e il fatto che ancora oggi questo fenomeno non viene riportato sulla gran parte dei
testi scolastici lo rende ancora di più scandoloso. Le 10.000 vittime della foibe meritano un
ricordo: il silenzio, durato troppi anni, è giusto
che finisca…
"Quando si guarda la verità solo di profilo o di
tre quarti, la si vede sempre male. Sono pochi
quelli che sanno guardarla in faccia."
MISSIONE “MARE NOSTRUM”
DIARIO DI BORDO A CURA DEL
MARESCIALLO APICELLA SALVATORE
GENITORE DELL’ALUNNA APICELLA
INES CLASSE 4^ D
Operazione “MARE NOSTRUM”: il tutto inizia ha
inizio alcuni mesi fa, il 3 ottobre, quando al largo
delle acque antistanti l’isola siciliana di Lampedusa,
il mare si prendeva la vita di più di 300 persone, migranti in cerca di un futuro migliore per sé e per i
propri figli. A seguito di quella tragedia è nata
l’operazione Mare Nostrum, voluta fortemente dal
nostro Paese con l’impiego di un dispositivo navale
nazionale, affinchè tali sciagure non si ripetessero
più e per garantire la sorveglianza ed il soccorso nel
Mediterraneo. La partenza per noi, equipaggio di
nave Aliseo, era prevista per lunedì 20 gennaio. Dopo una settimana di preparativi, tra imbarchi viveri
e di materiale da utilizzare per un eventuale soccorso ai profughi, lasciamo il porto di Taranto con rotta
sud verso le acque del mar Mediterraneo, in quella
porzione che separa la nostra bella Italia dallo sfortunato continente Africano. Già dalle prime miglia
percorse mi accorgo che l’inizio non è dei più incoraggianti, troviamo un mare molto mosso che ci accompagnerà per gran parte del nostro trasferimento;
almeno pensavo tra me: questo maltempo scoraggerà gli scafisti nel traghettare i profughi in mare aperto. Giunti in area di operazione iniziamo subito con
il compito assegnatoci e cioè pattugliare la zona assegnata alla nostra nave e controllare il traffico dei
mercantili che transitano in zona. I primi giorni trascorrono in tutta tranquillità: il lavoro di routine
giornaliero e le nostre esercitazioni, svolte quotidianamente per mantenerci addestrati, scandiscono il
trascorrere delle giornate. Ma è solo una calma apparente, fino a quando improvvisamente arriva una
segnalazione di avvistamento di un barcone con alcune persone a bordo, forse scafisti, poiché in precedenza i nostri satelliti li avevano intercettati mentre
trainavano un’altra imbarcazione stracarica di persone. L’adrenalina sale: ci dirigiamo immediatamente verso l’imbarcazione sospetta e una volta raggiunta alle prime ore del pomeriggio cerchiamo di stabilire un contatto radiofonico con loro. Nel frattempo i
nostri fucilieri del Reggimento San Marco si sono già
schierati a difesa della nostra Unità e per scoraggiare eventuali atti ostili nei nostri confronti. Dopo i
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li convinciamo a fermarsi e a consentirci di procedere all’ispezione del peschereccio ed al riconoscimento del suo equipaggio. Per fortuna si dimostrano collaborativi e dopo aver ultimato tutte le procedure del caso li trasferiamo a bordo della nostra
nave. Eccoli, vengono fatti salire uno per volta sulla scaletta della nave e dopo essere stati perquisiti,
vengono riuniti in un angolo del ponte di volo
sempre sotto l’occhio vigile dei nostri “Fucilieri”.
Li vedo passare uno ad uno sotto i miei occhi ed in
loro avverto un senso di spaesatezza e paura. Occhi
grandi di chi non sa cosa li attende. Infatti, terminate le operazioni, facciamo rotta verso il porto di
Catania, trainando il peschereccio sequestrato, per
assicurare questi trafficanti di morte alla Giustizia
Italiana. Una breve sosta a Catania e riprendiamo
il mare per riportarci nel nostro settore di competenza e continuare il pattugliamento dell’area. Dopo alcuni giorni, dove il mare la fa da padrone incontrastato, il maltempo lascia posto al tempo sereno. Poter stare nuovamente sull’aletta di plancia
a godere finalmente dei colori dell’alba, del sole
che con i suoi caldi raggi riscalda il mio corpo per
poi tramontare in questo splendido mare, vedere
un branco di delfini tagliare la nostra prora come
per gioco: sensazioni indescrivibili. Ma tutto ciò è
solo il preludio di quello che avverrà nei prossimi
giorni. Il mare calmo favorisce le partenze in massa dei profughi che da giorni attendono sulle coste
libiche ed egiziane di potersi imbarcare su qualsiasi mezzo galleggiante che li possa portare verso
un’esistenza migliore e più dignitosa.E’ il 15 feb-
braio, mancano ormai pochi giorni al nostro
rientro a Taranto, ma dalla sala operativa del
Comando in Capo della Squadra Navale arriva
l’ordine a tutto il dispositivo navale di dirigere
verso le coste libiche: ci sono numerosi gommoni , con centinaia di persone a bordo in evidenti difficoltà e che devono essere soccorse.
La mia mente torna indietro a quel triste giorno di ottobre, a tutte quelle persone finite in
fondo al mare con i propri figli e pensavo che
questa volta non sarebbe finita allo stesso modo, quell’orrore oggi non deve, non deve ripetersi. Ci dirigiamo alla massima velocità sul
punto indicatoci e in prossimità dello stesso
avvistiamo un’imbarcazione alla deriva con a
per il salvataggio ed un gommone per avvicinarci
meglio a loro e stabilire un primo contatto con i profughi; sono tanti, tantissimi, tra loro anche donne e
bambini, tutti stipati su questa imbarcazione e privi
di dotazioni di sicurezza (salvagenti). Le prime ad
essere trasportate sono le donne con i loro bambini,
alcune di queste sono anche in stato di gravidanza
avanzato. Il via vai delle nostre motobarche è incessante. Salgono le prime donne incinte, con gli abiti
bagnati, il viso pallido e le mani sul pancione come a
voler proteggere le loro creature. Insieme a loro ci
sono anche i bambini, alcuni ancora piccolissimi,
uno addirittura sembra aver poco più di 2 mesi. Le
mani di un nostro marinaio erano visibilmente tremolanti nel passare questo piccolo fagottino, avvolto
nelle sue coperte, tra le sue e quelle di un altro collega posizionato a bordo della nave. Il trasbordo continua incessante, dopo le donne tocca agli uomini,
alla fine ne abbiamo contato 298. Sono siriani, interi
nuclei familiari che scappano dalla guerra civile che
attanaglia il loro paese e che non permette a queste
persone di dare un futuro alle nuove generazioni.
Ormai le operazioni sono ultimate e tutti sono a bordo. Dopo le perquisizioni previste, posizioniamo le
donne ed i bambini all’interno dell’hangar, per il
salvataggio ed un gommone per avvicinarci meglio a
loro e stabilire un primo contatto con i profughi;
sono tanti, tantissimi, tra loro anche donne e bambini, tutti stipati su questa imbarcazione e privi di dotazioni di sicurezza (salvagenti). Le prime ad essere
trasportate sono le donne con i loro bambini, alcune
di queste sono anche in stato di gravidanza avanzato. Il via vai delle nostre motobarche è incessante.
Salgono le prime donne incinte, con gli abiti bagnati, il viso pallido e le mani sul pancione come a voler
proteggere le loro creature. Insieme a loro ci sono
anche i bambini, alcuni ancora piccolissimi, uno addirittura sembra aver poco più di 2 mesi. Le mani di
un nostro marinaio erano visibilmente tremolanti
nel passare questo piccolo fagottino, avvolto nelle
sue coperte, tra le sue e quelle di un altro collega
posizionato a bordo della nave. Il trasbordo continua incessante, dopo le donne tocca agli uomini, alla
fine ne abbiamo contato 298Sono siriani, interi
nuclei familiari che scappano dalla guerra civile
che attanaglia il loro paese e che non permette a
queste persone di dare un futuro alle nuove generazioni. Ormai le operazioni sono ultimate e
tutti sono a bordo.
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Dopo le perquisizioni previste, posizioniamo
le donne ed i bambini all’interno dell’hangar,
portato degli abiti da regalare, altri invece
donano alcuni gadgets personali ai più piccoli come cappellini, portachiavi e tante altre
cose e quando salta fuori un pallone è stata
festa per tutti i bambini. Ormai è sera e vengono distribuite “le metalline” (coperte termiche) per tutti perché il freddo si farà sentire. Domani si va a Lampedusa dove li attende un futuro migliore…..si spera. Di li a pochi giorni nave Aliseo rientra a Taranto il 20
gennaio. Sono stati giorni di riflessione per
tutti noi, ci scambiavamo impressioni e sentimenti provati da ognuno di noi in quella
giornata diversa dalle solite. Nel mio piccolo
cercavo di raccogliere ogni singolo momento
vissuto e di mettere insieme tutti i miei pensieri, ma ogni volta che ci provavo mi venivano i brividi e i miei occhi cominciavano ad
inumidirsi nel ripensare a quanto sia stata
meravigliosa questa esperienza.
Maresciallo Apicella Salvatore
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MARTELLOTTA NEWS
REFERENTE INS. BUTTARI GIANFRANCO
ARTICOLI SCRITTI DAGLI ALUNNI DELLE
CLASSI 3^ SEZ. A - C - D 4^ SEZ. C - D
5^ SEZ. A - C
ALUNNI SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO
GRADO
IMPAGINAZIONE GRAFICA:
L A B O R A TO R I O
MULTIMEDIALE
“VINCENZO MARTELLOTTA”
UN GRAZIE AL DIRIGENTE
DOTT. ANTONIO CERNO’
I . C.
SCOLASTICO