S W E N A T T O L L MARTE Anno 1 numero 4 Data 21/03/2014 Shoah e foibe: due tragedie del xx° secolo da non dimenticare Shoah, foibe sono due aspetti dello stesso problema: la follia dell’uomo. Infatti, il delirio di pochi esaltati e la voglia di vendetta insita negli umani, sono stati la causa di queste immani tragedie che non hanno risparmiato anziani e bambini. Il fanatismo nazista e quello dei partigiani titini hanno segnato per sempre la vita di intere generazioni. Shoah e foibe Per non dimenticare Per non dimenticare, bisogna far si che sin dalla scuola primaria le generazioni future conoscano tutto quello che la violenza e la furia cieca degli uomini può fare . Ins. Gianfranco Buttari Giorno della memoria: il 27 gennaio a cura degli alunni della s. secondaria I° grado l Giorno della Memoria è stato istituito per legge nel 2000, portando anche l'Italia ad aderire alla proposta internazionale che proprio in questa data vuole ricordare le vittime dell'olocausto Perchè proprio il 27 gennaio? Lo spiega il 1° articolo della legge, che così recita: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.» Pagina 2 Cos'è l'olocausto Parlare di Shoa o di Olocausto significa parlare dello sterminio sistematico ad opera dei Nazisti di milioni di ebrei che avvenne in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale , un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di ebrei ma anche Rom, comunisti, omosessuali, Testimoni di Geova, popolazioni slave e che fece in totale 14 milioni di vittime. ad un lavoro schiavistico. Anche questi ultimi, a causa delle terribili condizioni di vita e di lavoro a cui erano sottoposti, spesso non sopravvivevano. I campi di sterminio erano invece pensati esclusivamente per la soppressione delle persone. L'Olocausto fu l'ultima tappa della politica antisemita promossada Adolf Hitler. Per eliminare tutti i soggetti co ns id e r a ti "indesiderabili" dai Nazisti, questi crearono dei campi di concentramento e di sterminio: nei primi i prigionieri venivano classificati in base alla loro capacità di lavorare; chi era Ricerca degli alunni della troppo debole veniva elimi- scuola secondaria Martelnato nelle camere a gas ca- lotta muffate da docce, mentre i più forti erano sottoposti Anno 1 numero 4 L’Olocausto lavoro della classe V^ C Dalla metà del XX secolo con il termine Olocausto (con l'adozione della maiuscola) si indica, per antonomasia, il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa. Esso consistette nello sterminio di un numero compreso tra i 5 e i 6 milioni di ebrei, di ogni sesso ed età. L'Olocausto in quanto genocidio degli ebrei è chiamato, più correttamente, con il nome di Shoah (in lingua ebraica: ,השואהHaShoah, "catastrofe", "distruzione"). La distruzione di circa i due terzi degli ebrei d'Europa venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte delle strutture di potere burocratiche del regime, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali e soprattutto in strutture di annientamento appositamente predisposte (campi di sterminio). Questo evento non trova nella storia altri esempi a cui possa essere paragonato per le sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista. Il termine olocausto viene principalmente utilizzato per indicare lo sterminio sistematico di milioni di ebrei. In alcuni ambienti il termine olocausto viene usato anche per descrivere il genocidio sistematico di altri gruppi che vennero colpiti nelle stesse circostanze dai nazisti, compresi i gruppi etnici Rom e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti, omosessuali, malati di mente, Pentecostali (classificati come malati di mente), Testimoni di Geova, Sovietici, Polacchi e altre popolazioni slave (considerati nel complesso Untermenschen). Aggiungendo anche questi gruppi il totale di vittime del Nazismo è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di civili, e fino a quattro milioni di prigionieri di guerra. Molti Rom usano la parola Porajmos o Porrajmos («grande divoramento»), oppure Samudaripen («genocidio») per descrivere lo sterminio operato dai nazisti.Lo storico dell'Olocausto Raul Hilberg ha descritto dettagliatamente il meccanismo dello sterminio evidenziandone il carattere di gigantesco complesso amministrativo gestito in cooperazione attiva ed efficace dai quattro centri di potere della Germania nazista: la burocrazia ministeriale, la Wehrmacht, l'amministrazione economica e l'apparato del Partito nazista. Secondo Hilberg ognuno di queste quattro strutture burocratiche eseguì compiti fondamentali in tutte le fasi del processo di distruzione. I funzionari civili definirono il concetto legale di "ebreo", organizzarono espropriazione e concentramento, negoziarono con gli stati esteri, organizzarono il trasporto ferroviario delle Pagina 3 vittime, diressero le varie polizie. La Wehrmacht controllava i territori occupati, collaborò al concentramento e all'annientamento in modo attivo, prese parte alle misure di deportazione. L'amministrazione economica ebbe un ruolo centrale nelle espropriazioni, nel lavoro schiavistico e nelle procedure tecniche dei campi di sterminio; infine il Partito nazista spinse per una continua radicalizzazione, e, con l'apparato delle SS, in collegamento con le polizie civili, gestì concretamente le operazioni di annientamento. Le eliminazioni di massa venivano condotte in modo sistematico: venivano fatte liste dettagliate di vittime presenti, future e potenziali, così come sono state trovate le meticolose registrazioni delle esecuzioni. Oltre a ciò, uno sforzo considerevole fu speso per trovare metodi sempre più efficienti per uccidere persone in massa, passando dalle fucilazioni, all'avvelenamento con monossido di carbonio dei campi di sterminio di Bełżec, Sobibór e Treblinka, all'uso dello Zyklon-B di Majdanek e Auschwitz; speciali autocarri con dispositivi di immissione di gas (gaswagen) che utilizzavano monossido di carbonio vennero usati nel campo di sterminio di Chelmno. Pagina 4 Adolf Hitler scrisse nel suo testamento finale prima di suicidarsi il 30 aprile 1945 che i "criminali ebrei" avevano "espiato" il loro "errore" in "modo umano"; l'assurdo concetto di "umanità" accoppiato al processo di distruzione di milioni di ebrei d'Europa si riferiva alle procedure adottate, non per alleviare le vittime ma per rendere più agevoli i compiti degli esecutori. In effetti vennero dispiegati notevoli sforzi da parte dell'apparato di distruzione per evitare eccessi di brutalità ed esplosioni di violenza incontrollata, per alleviare il carico psicologico sul personale addetto allo sterminio. Fungevano anche a questo scopo l'adozione di metodi "scientifici" come gli autocarri e le camere a gas, l'impiego di ausiliari ucraini e baltici per gli incarichi più crudeli, l'utilizzo degli stessi ebrei per l'attività più macabre nei campi di sterminio come il prelevamento, il sotterramento e l'incenerimento dei cadaveri.I campi di concentramento per gli "indesiderabili" erano disseminati in tutta l'Europa, con nuovi campi creati vicino ai centri con un'alta densità di popolazione "indesiderata": ebrei, intellighenzia polacca, comunisti e gruppi Rom. La maggior parte dei campi di concentramento era situata nei confini del Reich . Anche molti prigionieri dei campi di concentramento - benché questi ultimi non fossero stati costruiti col compito precipuo dello sterminio - morirono a causa delle terribili condizioni di vita o a causa di esperimenti condotti su di loro da parte dei medici dei campi. Alcuni campi, come quello di Auschwitz-Birkenau, combinavano il lavoro schiavistico con lo sterminio sistematico. Le origini della Shoah lavoro della classe V^ C La macchina della distruzione raggiunse il suo punto culminante in sei campi di sterminio situati in Polonia su cui convergevano migliaia di trasporti ferroviari provenienti da tutta Europa; furono trasportati e uccisi in questi campi circa 3 milioni di ebrei. Oltre al campo di Auschwitz-Birkenau, attualmente sono considerati campi di sterminio o campi di concentramento e sterminio i campi di Bełżec, Sobibór, Treblinka, Chełmno, Majdanek. Questi centri senza precedenti nella storia dell'umanità erano costituiti da due elementi distinti: il campo propriamente detto e le installazioni per lo sterminio all'interno del campo; i "campi di distruzione" funzionavano con efficienza nel loro compito di uccidere individui; i risultati vennero raggiunti mediante un'accurata pianificazione, con il concorso di numerosi specialisti e con metodi simili a quelli di un moderna fabbrica. Le politiche antiebraiche della Germania nazista ebbero una svolta con il pogrom del 9-10 novembre 1938, passato alla storia con il nome di «Notte dei cristalli»; organizzato su impulso principale di Joseph Goebbels e dei funzionari del partito nazista, il pogrom provocò gravi danni materiali (815 negozi distrutti, 171 case incendiate, 191 sinagoghe bruciate). Inoltre 36 ebrei vennero uccisi, 36 gravemente feriti e oltre 20.000 deportati: 10.911 a Dachau (provenienti da Germania meridionale e Austria), 9.828 a Buchenwald (Germania centrale), e più di 6.000 a Sachsenhausen (Germania settentrionale)Il 24 gennaio 1939 Goring diede l'incarico a Reinhard Heydrich, capo dell'SD, di trovare "una soluzione al problema ebraico, secondo le circostanze del momento"; la scelta della dirigenza del Reich, dopo le misure di esclusione dalla vita economica e sociale, si basava sull'incremento massimo delle politiche di emigrazione forzata fino a rendere la Germania "libera da ebrei". Il comandante della Gestapo, Heinrich Müller, divenne il responsabile dell'Agenzia centrale per emigrazione ebraica di Berlino, mentre un ruolo fondamentale nel programma di emigrazione forzata venne assunto dal tenente colonnello SS Anno 1 numero 4 Adolf Eichmann già distintosi in precedenza per i suoi successi. Eichmann, attivo nella sezione II-112 dell'SD e poi responsabile dell'"dipartimento giudaico" delle SS (Judenreferat), esperto di questioni ebraiche, aveva partecipato dal 1937 al programma di emigrazione degli ebrei tedeschi in Palestina (attivato fin dal 1933 con l'Haavara Agreement) e poi nell'ottobre 1938 aveva diretto con successo la sezione emigrazione costituita a Vienna dopo l'Anschluss che aveva forzato la partenza di 50.000 ebrei austriaci. L'inizio della seconda guerra mondiale e l'invasione della Polonia provocarono un radicale cambiamento della "questione ebraica" e l'attivazione da parte del Reich di nuove iniziative sempre più dure; nello spazio di poche settimane la Germania occupò territori in cui vivevano quasi 3 milioni di ebrei, già in precedenza soggetti a forti restrizioni ed esposti a fenomeni di antisemitismo da parte delle autorità polacche. Nei territori della Polonia che la Germania annesse direttamente (il cosiddetto Warthegau) erano presenti 603.000 ebrei, mentre nel costituendo Governatorato Generale vivevano oltre 2 milioni di ebrei. Le prime misure contro questa numerosa popolazione ebraica furono immediate: nel corso dell'operazione Tannenberg sette "gruppi operativi speciali" delle SS (Einsatzgruppen) si incaricarono dell'individuazione e soppressione violenta delle "élite" polacche (potenziali oppositori politici e intellettuali in grado di salvaguardare la cultura polacca) e degli ebrei. In questa fase i polacchi furono particolarmente colpiti e circa 39.000 persone furono uccise sommariamente dai tedeschi, mentre la persecuzione anti-ebraica fu meno sistematica anche se provocò circa 7.000 vittime. Inoltre già alla fine di ottobre 1939 ebbe inizio l'espulsione degli ebrei presenti nei territori annessi al Reich e la loro deportazione Pagina 5 nel Governatorato Generale; in un documento del 21 settembre 1939 Reinhard Heydrich, il capo dell'SD e responsabile dell'operazione Tannenberg, delineò le direttive generali della politica antiebraica. Heydrich distinse tra tempi lunghi e tempi brevi, e tra obiettivi immediati e "meta finale" (Endziel); delineò il programma di deportazione degli ebrei, riservò ai comandi subordinati la definizione delle modalità pratiche di attuazione delle misure; identificò il territorio a est di Cracovia, tra la Vistola e il Bug Occidentale, come una possibile "riserva ebraica" (Judenreservat) in cui evacuare tutti gli ebrei. In una prima fase era però necessario concentrare gli ebrei in pochi centri urbani di raccolta secondo lo schema del ghetto; anche gli ebrei delle campagne dovevano essere trasferiti in questi centri. Questa concentrazione sarebbe stata utile anche per agevolare in futuro l'esecuzione di ulteriori misure antiebraiche. In questo senso lo stesso Heydrich scrisse il 29 settembre 1939 in modo criptico, in una lettera a Kurt Daluege, che "alla fine il problema ebraico" sarebbe stato risolto "in una maniera speciale". Alcuni responsabili dell’olocausto Heinrich Himmler Pagina 6 Titolo notiziario Gli alunni dell’Istituto Comprensivo “ Vincenzo Martellotta dicono… … Adolf Eichmann Hans Frank Rudolf Höss Hermann Goring Martin Bormann Pagina 7 CHE COS’E’ UNA FOIBA LAVORO DELLA CLASSE 4 ^ c Foiba è il termine dialettale con cui, in Venezia Giulia, si indicano i grandi inghiottitoi (o caverne verticali, o pozzi), tipici della regione. Le foibe non sono quindi dei particolari tipi di caverne come viene spesso, erroneamente, affermato, ma solo il termine con cui vengono indicati, nella regione giuliana, gli inghiottitoi carsici, che in tale regione assumono spesso dimensioni spettacolari. Se ne contano circa 1700 in Istria Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo. È in quelle voragini dell'istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell?8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano 'nemici del popolo?. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l'istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l'unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l'italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce. Nel febbraio del 1947 l'italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l'istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell'uRSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l'argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati 'cittadini di serie B?, e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d'altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine Pagina 8 della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l'occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco. Per quasi cinquant'anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta 'perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo?. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. Inizia oggi l'elaborazione di una delle pagine più goscianti della nostra storia. Con l'espressione massacri delle foibe, o spesso solo foibe, si intendono gli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, occorsi durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati i corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati, appunto, "foibe". Per estensione i termini "foibe" ed il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi.Il fenomeno dei massacri delle foibe è da inquadrare storicamente nell'ambito della secolare disputa fra italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dell'Adriatico orientale, nelle lotte intestine fra i diversi popoli che vivevano in quell'area e nelle grandi ondate epurative jugoslave del dopoguerra, che colpirono centinaia di migliaia di persone in un paese nel quale andava imponendosi un regime dittatoriale di stampo comunista, con mire sui territori di diversi paesi confinanti. LE FOIBE: UN SILENZIO DURATO TROPPI ANNI LAVORO DELLA CLASSE IV^ D Aprendo un qualunque dizionario, o sfogliando una qualsiasi enciclopedia, il termine "foiba" viene indicato come "Voragine rocciosa, a forma di imbuto rovesciato, creata dall’erosione di corsi d’acqua, che può raggiungere anche i 200 metri di profondità". Per molte persone però rappresenta soprattutto il luogo dove familiari e connazionali hanno perso la vita, uccisi, prima, dai comunisti jugoslavi guidati da Tito, e, di nuovo, dal mancato ricordo della società moderna. Ma che cosa è successo nelle foibe? Per poter rispondere bisogna documentarsi autonomamente poiché su molti libri di scuola l’argomento, spesso, non è neanche citato; è per questo motivo che ho voluto effettuare una ricerca in merito. Il dramma delle foibe ha origine dal 1918, quando l’Italia ricevette l’Istria a seguito della vittoria nella guerra del ’15-’18. Ma il fenomeno iniziò praticamente nell’autunno del 1943, quando i soldati italiani abbandonarono la regione: la massima intensità ci fu nei 40 giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste e Gorizia, dall’Aprile fino a metà giugno del 1945, anche se la vicenda si protrasse fino al 1947. Molte persone, circa 10.000 (da quanto si apprende da statistiche non precise), furono arrestate e condannate a morte dai comunisti jugoslavi, dopo aver subito sevizie e torture. La loro unica colpa era di essere italiani: fascisti, antifascisti, liberali, socialisti, gente di ogni credo politico… Erano italiani: questo è il motivo per cui furono uccisi. Il progetto degli uomini di Tito era quello di distruggere il potere italiano e di sostituirlo con il contropotere partigiano, portatore di un disegno annessionistico della regione alla Croazia e, quindi, alla Jugolavia. Pagina 9 Le vittime dei "titini" venivano condotte nei pressi delle foibe: venivano loro bloccati i polsi e i piedi con il fil di ferro e, dopo, venivano legati gli uni agli altri, sempre tramite fil di ferro. Spesso i massacratori gettavano gli innocenti vivi o si divertivano a sparare alla prima persona del gruppo che ruzzolava rovinosamente nella foiba, trascinando con sé anche le altre vittime. Viene perciò spontaneo porsi delle domande: perché ancora non si parla di questa tragica questione? chi ha voluto che restasse un argomento sconosciuto per 60 anni? Al secondo quesito, gli storici rispondono evidenziando due motivi: il primo è per l’interesse degli anglo-americani, che vedevano in Tito un prezioso alleato contro l’URSS poiché il maresciallo jugoslavo aveva avuto una rottura con Mosca. Il secondo è relativo al governo italiano ,con De Gasperi, e al Partito Comunista; sottolineando questo fenomeno, essi avrebbero dovuto riconoscere gli errori commessi nel legarsi con Mosca, perciò era meglio tacere. La verità, ogni verità, è qualcosa di rivoluzionario e tenerla nascosta è un "reato" che si commette nei confronti di tutti coloro che amano la libertà e la giustizia. Spesso viene usata la frase "Per non dimenticare…" verso i 6.000.000 di morti della Shoah. Io non limiterei questo assunto solo nei confronti delle vittime dell’Olocausto; piuttosto la rivolgerei a tutte le persone che sono state uccise a causa di un ideale, di una fede o semplicemente per l’appartenenza ad una nazione o ad una religione. Non si possono fare distinzioni tra morti di serie A e morti di serie B, tra stragi principali, stragi meno importanti o " danni collaterali": ci deve essere la stessa dignità umana per tutti e le verità devono essere raccontate a 360°. La reale vergogna è che per 60 anni nessuno ha osato parlare; in un Paese democratico ciò è molto grave e il fatto che ancora oggi questo fenomeno non viene riportato sulla gran parte dei testi scolastici lo rende ancora di più scandoloso. Le 10.000 vittime della foibe meritano un ricordo: il silenzio, durato troppi anni, è giusto che finisca… "Quando si guarda la verità solo di profilo o di tre quarti, la si vede sempre male. Sono pochi quelli che sanno guardarla in faccia." MISSIONE “MARE NOSTRUM” DIARIO DI BORDO A CURA DEL MARESCIALLO APICELLA SALVATORE GENITORE DELL’ALUNNA APICELLA INES CLASSE 4^ D Operazione “MARE NOSTRUM”: il tutto inizia ha inizio alcuni mesi fa, il 3 ottobre, quando al largo delle acque antistanti l’isola siciliana di Lampedusa, il mare si prendeva la vita di più di 300 persone, migranti in cerca di un futuro migliore per sé e per i propri figli. A seguito di quella tragedia è nata l’operazione Mare Nostrum, voluta fortemente dal nostro Paese con l’impiego di un dispositivo navale nazionale, affinchè tali sciagure non si ripetessero più e per garantire la sorveglianza ed il soccorso nel Mediterraneo. La partenza per noi, equipaggio di nave Aliseo, era prevista per lunedì 20 gennaio. Dopo una settimana di preparativi, tra imbarchi viveri e di materiale da utilizzare per un eventuale soccorso ai profughi, lasciamo il porto di Taranto con rotta sud verso le acque del mar Mediterraneo, in quella porzione che separa la nostra bella Italia dallo sfortunato continente Africano. Già dalle prime miglia percorse mi accorgo che l’inizio non è dei più incoraggianti, troviamo un mare molto mosso che ci accompagnerà per gran parte del nostro trasferimento; almeno pensavo tra me: questo maltempo scoraggerà gli scafisti nel traghettare i profughi in mare aperto. Giunti in area di operazione iniziamo subito con il compito assegnatoci e cioè pattugliare la zona assegnata alla nostra nave e controllare il traffico dei mercantili che transitano in zona. I primi giorni trascorrono in tutta tranquillità: il lavoro di routine giornaliero e le nostre esercitazioni, svolte quotidianamente per mantenerci addestrati, scandiscono il trascorrere delle giornate. Ma è solo una calma apparente, fino a quando improvvisamente arriva una segnalazione di avvistamento di un barcone con alcune persone a bordo, forse scafisti, poiché in precedenza i nostri satelliti li avevano intercettati mentre trainavano un’altra imbarcazione stracarica di persone. L’adrenalina sale: ci dirigiamo immediatamente verso l’imbarcazione sospetta e una volta raggiunta alle prime ore del pomeriggio cerchiamo di stabilire un contatto radiofonico con loro. Nel frattempo i nostri fucilieri del Reggimento San Marco si sono già schierati a difesa della nostra Unità e per scoraggiare eventuali atti ostili nei nostri confronti. Dopo i Pagina 10 li convinciamo a fermarsi e a consentirci di procedere all’ispezione del peschereccio ed al riconoscimento del suo equipaggio. Per fortuna si dimostrano collaborativi e dopo aver ultimato tutte le procedure del caso li trasferiamo a bordo della nostra nave. Eccoli, vengono fatti salire uno per volta sulla scaletta della nave e dopo essere stati perquisiti, vengono riuniti in un angolo del ponte di volo sempre sotto l’occhio vigile dei nostri “Fucilieri”. Li vedo passare uno ad uno sotto i miei occhi ed in loro avverto un senso di spaesatezza e paura. Occhi grandi di chi non sa cosa li attende. Infatti, terminate le operazioni, facciamo rotta verso il porto di Catania, trainando il peschereccio sequestrato, per assicurare questi trafficanti di morte alla Giustizia Italiana. Una breve sosta a Catania e riprendiamo il mare per riportarci nel nostro settore di competenza e continuare il pattugliamento dell’area. Dopo alcuni giorni, dove il mare la fa da padrone incontrastato, il maltempo lascia posto al tempo sereno. Poter stare nuovamente sull’aletta di plancia a godere finalmente dei colori dell’alba, del sole che con i suoi caldi raggi riscalda il mio corpo per poi tramontare in questo splendido mare, vedere un branco di delfini tagliare la nostra prora come per gioco: sensazioni indescrivibili. Ma tutto ciò è solo il preludio di quello che avverrà nei prossimi giorni. Il mare calmo favorisce le partenze in massa dei profughi che da giorni attendono sulle coste libiche ed egiziane di potersi imbarcare su qualsiasi mezzo galleggiante che li possa portare verso un’esistenza migliore e più dignitosa.E’ il 15 feb- braio, mancano ormai pochi giorni al nostro rientro a Taranto, ma dalla sala operativa del Comando in Capo della Squadra Navale arriva l’ordine a tutto il dispositivo navale di dirigere verso le coste libiche: ci sono numerosi gommoni , con centinaia di persone a bordo in evidenti difficoltà e che devono essere soccorse. La mia mente torna indietro a quel triste giorno di ottobre, a tutte quelle persone finite in fondo al mare con i propri figli e pensavo che questa volta non sarebbe finita allo stesso modo, quell’orrore oggi non deve, non deve ripetersi. Ci dirigiamo alla massima velocità sul punto indicatoci e in prossimità dello stesso avvistiamo un’imbarcazione alla deriva con a per il salvataggio ed un gommone per avvicinarci meglio a loro e stabilire un primo contatto con i profughi; sono tanti, tantissimi, tra loro anche donne e bambini, tutti stipati su questa imbarcazione e privi di dotazioni di sicurezza (salvagenti). Le prime ad essere trasportate sono le donne con i loro bambini, alcune di queste sono anche in stato di gravidanza avanzato. Il via vai delle nostre motobarche è incessante. Salgono le prime donne incinte, con gli abiti bagnati, il viso pallido e le mani sul pancione come a voler proteggere le loro creature. Insieme a loro ci sono anche i bambini, alcuni ancora piccolissimi, uno addirittura sembra aver poco più di 2 mesi. Le mani di un nostro marinaio erano visibilmente tremolanti nel passare questo piccolo fagottino, avvolto nelle sue coperte, tra le sue e quelle di un altro collega posizionato a bordo della nave. Il trasbordo continua incessante, dopo le donne tocca agli uomini, alla fine ne abbiamo contato 298. Sono siriani, interi nuclei familiari che scappano dalla guerra civile che attanaglia il loro paese e che non permette a queste persone di dare un futuro alle nuove generazioni. Ormai le operazioni sono ultimate e tutti sono a bordo. Dopo le perquisizioni previste, posizioniamo le donne ed i bambini all’interno dell’hangar, per il salvataggio ed un gommone per avvicinarci meglio a loro e stabilire un primo contatto con i profughi; sono tanti, tantissimi, tra loro anche donne e bambini, tutti stipati su questa imbarcazione e privi di dotazioni di sicurezza (salvagenti). Le prime ad essere trasportate sono le donne con i loro bambini, alcune di queste sono anche in stato di gravidanza avanzato. Il via vai delle nostre motobarche è incessante. Salgono le prime donne incinte, con gli abiti bagnati, il viso pallido e le mani sul pancione come a voler proteggere le loro creature. Insieme a loro ci sono anche i bambini, alcuni ancora piccolissimi, uno addirittura sembra aver poco più di 2 mesi. Le mani di un nostro marinaio erano visibilmente tremolanti nel passare questo piccolo fagottino, avvolto nelle sue coperte, tra le sue e quelle di un altro collega posizionato a bordo della nave. Il trasbordo continua incessante, dopo le donne tocca agli uomini, alla fine ne abbiamo contato 298Sono siriani, interi nuclei familiari che scappano dalla guerra civile che attanaglia il loro paese e che non permette a queste persone di dare un futuro alle nuove generazioni. Ormai le operazioni sono ultimate e tutti sono a bordo. Pagina 11 Dopo le perquisizioni previste, posizioniamo le donne ed i bambini all’interno dell’hangar, portato degli abiti da regalare, altri invece donano alcuni gadgets personali ai più piccoli come cappellini, portachiavi e tante altre cose e quando salta fuori un pallone è stata festa per tutti i bambini. Ormai è sera e vengono distribuite “le metalline” (coperte termiche) per tutti perché il freddo si farà sentire. Domani si va a Lampedusa dove li attende un futuro migliore…..si spera. Di li a pochi giorni nave Aliseo rientra a Taranto il 20 gennaio. Sono stati giorni di riflessione per tutti noi, ci scambiavamo impressioni e sentimenti provati da ognuno di noi in quella giornata diversa dalle solite. Nel mio piccolo cercavo di raccogliere ogni singolo momento vissuto e di mettere insieme tutti i miei pensieri, ma ogni volta che ci provavo mi venivano i brividi e i miei occhi cominciavano ad inumidirsi nel ripensare a quanto sia stata meravigliosa questa esperienza. Maresciallo Apicella Salvatore FOTOGALLERY Pagina 12 MARTELLOTTA NEWS REFERENTE INS. BUTTARI GIANFRANCO ARTICOLI SCRITTI DAGLI ALUNNI DELLE CLASSI 3^ SEZ. A - C - D 4^ SEZ. C - D 5^ SEZ. A - C ALUNNI SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO IMPAGINAZIONE GRAFICA: L A B O R A TO R I O MULTIMEDIALE “VINCENZO MARTELLOTTA” UN GRAZIE AL DIRIGENTE DOTT. ANTONIO CERNO’ I . C. SCOLASTICO
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