Scarica il periodico!

dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
3
_______________________________________________________________________________________________________________________
In questo numero
Cosa abbiamo fatto
Drio l’aga .......................................................................................................................... 4
Il concerto a Villa Zilli ...................................................................................................... 5
Forcate .............................................................................................................................. 6
Programmi futuri
Lucciolata .......................................................................................................................... 8
Cena di Natale................................................................................................................... 9
Il presepe Pro loco e non solo… ..................................................................................... 10
Concerto di Natale .......................................................................................................... 11
Da Tutankhamon a Caravaggio e Van Gogh .................................................................. 12
Viaggio di primavera ...................................................................................................... 13
Cure termali a Bibione .................................................................................................... 14
Poesia
4° Concorso di poesia “I sapori dell’Acqua” ................................................................ 15
Attualità
Il fumo e i giovani ........................................................................................................... 16
La crisi della paternità .................................................................................................... 17
Vita di scuola
Quel radioso sorriso ....................................................................................................... 18
Un’idea tira l’altra .......................................................................................................... 19
Pollice verde
I grandi alberi europei .................................................................................................... 20
Dal baule di famiglia
L’albero di Natale della mia infanzia ............................................................................. 22
Persone e personaggi
Sagra nos, polenta e feda ................................................................................................ 24
Dai Soci
Giovani, forza dai! .......................................................................................................... 26
“Made in Italy” in miscellanea....................................................................................... 27
Dalle Associazioni
Giornata europea per la donazione degli organi ........................................................... 30
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
4_______________________________________________________________________________________________________________________
Cosa abbiamo fatto
Drio l’aga
Per chi non conosce la parlata di Fontanafredda: “Seguendo l’acqua”
È stata una delle iniziative organizzate per “I Sapori dell’Acqua” 2014, alla quale solo una ventina di
persone, purtroppo, ha avuto il piacere di partecipare.
Un percorso naturale rigenerante soprattutto dal
punto di vista conoscitivo ed emozionale che ci ha
fatto riemergere nell’animo sensazioni, ricordi e
nostalgie che passo dopo passo procuravano benessere.
Dove? Nel territorio di Fontanafredda a due
passi da casa nostra.
È bastato lasciare l’auto e la strada asfaltata, dove
ormai trascorriamo troppo tempo della nostra vita,
ed incamminarci tra i campi sull’erba ancora bagnata
di rugiada.
Raggiunta e scoperta la “Busa de Nart”, una polla di acqua risorgiva, abbiamo seguito il percorso del
rio Rizzioli da essa generato.
La nostra guida Bruno Spinato, con la sua particolare dialettica, ci invitava a focalizzare l’attenzione
su piante, erbe, terra e quant’altro i nostri occhi
vedevano, arricchendo quelle percezioni con conoscenze legate alla tradizione locale, ma anche di tipo
scientifico, storico, mitologico o di altro genere.
Abbiamo incontrato il salice, il platano, l’acacia,
l’ontano, il ligustro, il pioppo bianco, il pioppo nero,
il sambuco e tanti altri tipi di piante.
Ascoltando e osservando, in noi emergevano vaghe conoscenze sedimentate dal tempo e tanti
ricordi, ad esempio: la competenza e l’efficienza
legate al bastone di sambuco di Edi; i ricordi
d’infanzia riguardanti la costruzione e l’uso delle
cerbottane di Anto; la tradizione familiare di non
uccidere il maiale il giorno di S. Antonio abate e
tante altre ancora.
Continuando a camminare lungo il percorso,
ognuno di noi perdeva l’orientamento spaziotemporale ma si ritrovava sempre più radicato in se
stesso. Ognuno approfondiva la propria passione
per le piante, ammirando i grandiosi pioppi o il
salice secolare; per gli animali, notando gli splendidi
riflessi blu delle libellule; per i rapporti umani,
apprezzando la piacevole compagnia; per i funghi o
per la natura in genere.
Abbiamo incontrato l’intervento umano soprattutto nel punto in cui una strada supera il rio mediante un ponte costruito in epoca fascista.
Anche chi ha percorso più volte la via Rizzioli ha
potuto vedere quel ponte da una prospettiva completamente diversa ed osservare uno scenario inaspettato. Da sotto, infatti, è possibile vedere la bella
cascatella che si forma e ascoltare, ad occhi chiusi, il
rilassante scrosciare dell’acqua.
Alla fine del nostro percorso, quando il rio Rizzioli cede le sue acque al rio Guizza di maggior
portata che ha la sua sorgente nei pressi della stazione di Fontanafredda, è arrivato il momento del
pranzo.
Anch’esso è stato un’esperienza unica, non tanto
per il cibo gustoso e genuino che di solito ricerchiamo in ristoranti di fiducia, ma soprattutto per la
“location”.
La sala da pranzo, costruita dall’architetto più
capace ed esclusivo che opera da millenni: Madre
Natura, aveva un soffitto di cielo velato da nubi
leggere con raggi di sole che filtravano tra le fronde
dei pioppi; un pavimento di terra umida coperta da
erbe spontanee e pareti verdi di cespugli e foglie con
lo scorrere fresco e rilassante del rio.
Oltre alla parte architettonica, alcuni arredatori e
fedeli collaboratori di Madre Natura avevano allestito l’efficiente cucina e la comoda sala da pranzo.
Il tutto, com’era comparso all’alba, è svanito nel
pomeriggio lasciando sul posto solo erba falciata di
fresco e terra calpestata come unica traccia di un
momento di vita che resterà sicuramente a lungo
nell’animo di chi l’ha vissuto.
Fernanda Vendrame
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
5
_______________________________________________________________________________________________________________________
Il concerto a Villa Zilli
Tanti aspetti hanno concordato a fare di questo
concerto un evento indimenticabile.
Innanzi tutto la professionalità dei concertisti, la
dolce potenza vocale del soprano Paola Crema,
quella melodiosa e a volte struggente di Francesca
Smiraglia, la giovane ragazza di cui tutti siamo, in
modo diverso, innamorati e a fare di tutti un Unicum…Arno Barzan che pare dotato della capacità di
superare ogni volta se stesso senza averne consapevolezza.
Il tutto innescato in un terreno tematico che
sempre commuove: “La Grande Guerra”; il concerto avvalorato anche dal titolo: “Note dal fronte”.
La caratteristica di questi incontri musicali è stata
da sempre il raffronto tra la musica dotta, classica e
la musica moderna. Da questa unicità il loro fascino.
Per me, il giudizio è personale, quest’anno c’è
stata solo musica “dotta”, diversamente dotta.
In quale altro modo definire la canzone d’inizio
“Fili d’oro” e poi “Cara piccina”? Francesca a trasportarci in un mondo lontano, ma sempre attuale,
vagheggiato con pudore nostalgico.
La voce soave e vibrante, accompagnata dallo
sguardo carezzevole di occhi limpidi e dolci, dal
movimento delle piccole mani che seguono le note
con la levità di petali di ninfee che si muovono
seguendo il tremolio della superficie del piccolo
lago. Gli strumentisti a creare un’atmosfera di sogno
e un po’ da fiaba con la loro gestualità pacata e
misurata a ispessire ulteriormente la melodia dei
loro strumenti.
E sull’altro fronte il brano “Cuori veneziani” a far
sentire sulla pelle il tremendo soffio del vento di
guerra.
E successivamente la Serenata di Mascagni a far
provare intenso lo struggimento della lontananza.
Subito dopo la suggestione che il pianista, Matteo Andri, aveva diffuso andava tramutandosi in
accorata tensione mentre le mani volavano sulla
tastiera con la levità di piume che si portavano
appresso la sapienza del cuore.
Al brano “Ai preat la biele stele” ho pregato con la
voce del cuore il Signore, solo a lui in questo tragico
momento credo ci si possa appellare, che faccia
scendere su chi comanda e chi subisce la sua voce
“che atterra e suscita, che affanna e che consola”.
A chiudere “Stelutis Alpinis” ha velato gli occhi e
fatto sentire al tatto la vellutata consistenza dei
petali che sulle montagne palpitano del sanc di chi è
morto senza fama e senza nome sacrificato
dall’orgoglio feroce (o ferocia orgogliosa?) di chi
comanda.
Anche il tramonto si è attardato, aggrappato come noi ad un’atmosfera evocativa struggente che la
musica, quella musica, aveva creato.
Lidia Sfreddo
FOTO
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
6_______________________________________________________________________________________________________________________
Forcate
In occasione dei festeggiamenti per i 60 anni
dall’arrivo delle famiglie pioniere a Forcate, Olivo
Durigon (Ivo) è intervenuto raccontandoci la nostra
storia, in particolare quella del Club 3P.
“Se siamo qui oggi a ricordare i 60 anni trascorsi
a Forcate è merito della Proloco di Fontanafredda, e
al suo presidente, sempre così attento alla ricorrenze. Dieci anni fa in occasione della Mostra Regionale del Kiwi abbiamo festeggiato i 50 anni, diciamo,
delle nuove Forcate. Tra le altre cose fatte in quella
manifestazione, riuscita molto bene (a parte il vento
e la pioggia), è stato inaugurato il cippo a ricordo di
quell’anniversario e la presentazione del libro “Le
Forcate, da brughiera a campi coltivati”.
Ora 60 anni ci separano da quel lontano 1954.
Il presidente Della Flora non voleva che questo
passaggio fosse dimenticato. Ha parlato con alcuni
di noi, e sentito l’interesse che c’era, ha organizzato
una riunione “al Faro”, invitando le famiglie di
Forcate per organizzare tutti assieme questo evento.
In quella riunione Edi Della Flora ha fatto delle
proposte, e mentre stavamo discutendo per capire
come meglio si poteva svolgere quella giornata,
entrarono due balde e brave ragazze, con tanta
voglia di fare e sapere cos’era stato per noi giovani
di allora il Club 3P (tre P sta per PROVARE
PRODURRE per PROGREDIRE).
Tanto ne hanno sentito parlare, visto delle foto e
letto il libro, che chiesero perché non si facesse
qualcosa che raccontasse quello che il Club 3P ha
fatto in quegli anni. Queste due ragazze sono Beatrice Stella e Valentina Scorzato. Tra i presenti a
quell’incontro c’erano alcuni ex 3P, tutti entusiasti
della proposta fatta dalle ragazze. Da subito loro
con il presidente iniziarono a dire: “Facciamo così,
facciamo colà! Io faccio questo tu fai quello!” e
chiedere la disponibilità e i ricordi di quegli anni nel
3P ai presenti. A Berto, a Egidio, a Paolino, a Remigio, a Onorino Miotti, al sottoscritto, chiedendo
aiuto a Paolo Lot, che è sempre presente disponibile
e bene informato. Vollero vedere altre foto, vollero
sapere perché e come è sorto, cos’era in pratica
questo 3P. A me hanno dato questo compito. Come
spesso accade entra il gentil sesso e giustamente le
cose cambiano quasi sempre in meglio, danno dei
consigli e noi maschi li eseguiamo! E così è stato
anche questa volta.
Il Club 3P è stato costituito nel mese di ottobre
nel 1967. La Coldiretti di Pordenone organizzò un
incontro tra tutti i giovani agricoltori del comune di
Fontanafredda. A Forcate la proposta era di creare
un
gruppo
con
l’aiuto
dell’Ispettorato
dell’Agricoltura di Pordenone che avrebbe messo a
diposizione un tecnico agricolo, tale Rino Pandolfo,
che ci potesse guidare tecnicamente nel lavoro.
Subito si formò il gruppo, al quale aderirono 17
giovani.
L’attività di questo gruppo era: la sperimentazione e la ricerca tecnico-economica in agricoltura, tra
cui viticoltura, frutticoltura, zootecnia, cerealicoltura; incoraggiare la realizzazione di forme associative
volte a colmare le inefficienze tecnico produttive e
una realistica presa di coscienza che poteva portare
a una crescita dell’agricoltura; l’assistenza tecnica, la
cui importanza ne fa un fattore di produttività e
qualità essenziale in ogni tempo, soprattutto in
tempi di rapido avanzamento tecnologico come il
nostro.
La prima riunione del Club è stata fatta nel febbraio 1968 presso la Cooperativa di Forcate, lì era la
nostra sede. Il tecnico Rino Pandolfo tra le altre
cose ci propose di fare un campo prova mais, ci
avrebbero fornito il seme e i concimi chimici.
Abbiamo preso un ettaro di terreno in affitto e
domenica 23 aprile 1968 17 baldi giovani con 17
trattori e 17 rimorchi di letame (oggi si direbbe 17
trattorini e 17 rimorchietti) incominciarono a spargere il letame con la forca a mano; poi c’era chi
arava, chi spargeva concime, altri seminavano,
rullavano, diserbavano, così a mezzogiorno tutto era
finito. Erano bravi ragazzi quelli! Quella prima
prova diede ottimi risultati per quei tempi, ed è
rimasto ancora nei ricordi dei componenti di quel
gruppo di 17 il tipo di seme piantato, i quintali
prodotti. Era un sogno arrivare ai 100 ql/ha
all’epoca, ma li abbiamo superati, di poco, ma
superati. Il numero di piante per m2, dicevano gli
anziani di allora, erano troppo fitte e che non ci
sarebbe stata una buona produzione. Rileggendo i
risultati di quella prova, dopo 46 anni, due sono i
dati che più mi hanno colpito: il costo del seme
incideva del 3,5% sul totale della positività, oggi
invece siamo sul 18-20%, questi sono i benefici
delle multinazionali; l’altro dato è l’utile netto di
162.386 lire, sono circa 85€ di oggi (per avere
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
7
_______________________________________________________________________________________________________________________
un’idea del valore dei 162.386 lire di allora mia
madre nel 1968 prendeva 15.000 lire di pensione al
mese). Quel gruppo forte di queste prime prove con
un ottimo risultato si riunì molte volte, discusse
anche animatamente, informò altri giovani che si
aggiunsero al Club, altre prove si fecero su mais, su
grano duro, su frumento, su vigneto, su soia, che
pur avendo ottenuto un buon risultato non siamo
riusciti a venderla perché nessuno la voleva e non
sapevano come trattarla e cosa farne (forse avevamo
anticipato troppo i tempi) e di conseguenza non c’è
il risultato economico. Il Club 3P oltre alla sperimentazione organizzava a Forcate il “Panevin”, la
giornata del Ringraziamento, cena annuale, squadre
di calcio, fece il primo campo sportivo, i carri
mascherati, Mostra del Vino, gimkane di trattori,
gimkane automobilistiche, corse ciclistiche. Organizzammo viaggi di studio in Italia e all’estero, corsi
di aggiornamento, visite a fiere, incontri con tecnici
agricoli, dibattiti, visite a campi prova, lo ha ricordato bene anche l’assessore Franco Anese in un
recente incontro nella sala del Municipio a Vigonovo.
Il Club 3P in collaborazione con la Commissione
Comunale dell’Agricoltura e il Circolo Culturale ha
fatto un’inchiesta (o censimento) per conoscere la
situazione agricola del comune. I dati emersi sono
serviti per preparare la conferenza comunale che si è
svolta nella sala a Vigonovo. Con la presenza
dell’assessore all’agricoltura del tempo Del Gobbo.
Tutte queste attività si sono fatte per una decina
di anni. Si è trattato di una fase molto intensa e
partecipata, che intendeva rispondere alla qualificazione professionale e al contributo al cambiamento
di prospettiva importante per la nostre aziende.
Certo i componenti del 3P si ricorderanno quante serate passate assieme, quante braciolate, quante
angurie mangiate, quante birre e Coca Cola bevute
nel lavoro dei campi prova, nei carri mascherati, e in
tutte le altre attività.
Tutte queste attività assicuravano la vitalità del
gruppo!
Credo qualsiasi persona fosse passata di qua negli anni ‘50-’60 e si trovasse per caso a ripercorrere
oggi le strade che da Vigonovo, Talmasson o Fontanafredda portano a Forcate troverebbe il cartello
con la scritta Forcate, da prateria a terra di sapori, e
avrebbe difficoltà a dare lo stesso nome a due
paesaggi così diversi.
Questo dimostra quali cambiamenti sono avvenuti in questa zona. Certo il Club 3P ha contribuito
a questi cambiamenti. In quel periodo aveva assunto
ruolo di area pilota nel circondario per la quantità e
qualità di prove, e per le altre attività che si facevano.
Beatrice e Valentina, a grandi linee questo era il
Club 3P. Vi ringrazio per aver voluto che ricordassimo e per averci spronato a rivivere quegli anni.
Ora che abbiamo voluto questa festa non possiamo sfuggire ai quesiti che essa sempre reca, forse
non occorre ripetere quanto fragile sia diventato il
piedistallo della sapienza tradizionale che il padre
trasmette al figlio, ma quando una comunità riflette
sul suo passato operoso diventa un momento
importante, che forse permette di ritrovare
l’entusiasmo che i giovani hanno disperso”.
1954 – arrivo a Forcate delle 29 famiglie totali 201
persone
17/3/1955 – costruzione Cooperativa con una
tettoia di legno e diversi attrezzi agricoli lasciati
dall’Ente Nazionale per le Tre Venezie
1956 – costruzione capannone
1957 – prima mostra bovina
1958 – aperture spaccio generi alimentari e altre
piccole cose
1960 – prima Mostra del Vino
1962 – arrivo acquedotto
1965 – le Forcate erano collegate con il telefono
pubblico nello spaccio della cooperativa
1967 – è sorto il Club 3P
1972 – prima strada asfaltata, via Baracca
1973 – asfaltatura via Gortani
1974 – asfaltatura strada Canal Maggiore
1975 – asfaltatura via Bellini
2004 – 50° anniversario delle Forcate e mostra
regionale del kiwi
2014 – 12 ottobre, 60° anniversario delle Forcate e
ricordo del Club 3P
Molti durante e dopo queste parole si sono
commossi. Grazie Ivo per aver ricordato la nostra
storia. GRAZIE!
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
8_______________________________________________________________________________________________________________________
Programmi futuri
Lucciolata
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
9
_______________________________________________________________________________________________________________________
Cena di Natale
sabato 13 dicembre 2014 – ore 20.00
Ristorante “Cial de Brent”
Polcenigo
Menù
Aperitivo del benvenuto con calice di prosecco, verdure dorate,
olive ascolane
Culatello di Sauris, girello di manzo marinato agli agrumi e
crostino ai funghi chiodini e brie
Risotto radicchio, noci e taleggio
Crespelle ai carciofi
Tagliata di manzo all’aceto balsamico e rucola
Sorbetto al limone
Millefoglie con crema chantilly e scaglie di cioccolato
Acqua minerale
Vini “Selezione Cial”
Moscato con il dolce
Caffè
Digestivo
Quota di partecipazione: € 33,00
Iscrizioni, preferibilmente, entro il 9 dicembre presso:
- Pro loco
- Edicola Da Pieve - Fontanafredda
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
10
_______________________________________________________________________________________________________________________
Il presepe Pro loco e non solo…
Il presepe che per la VIIª edizione la Proloco di
Fontanafredda realizzerà grazie al gruppo “Amici
del presepe” quest’anno verrà esposto presso la sede
“Ca’ Anselmi” (via Grigoletti, 11).
L’inaugurazione si terrà domenica 21 dicembre
alle ore 17.00
Gli orari di apertura per la visita saranno esposti
sulla porta d’ingresso o consultabili sul sito della
Proloco www.prolocofontanafredda.com (sezione
news).
Ricordiamo inoltre che nel nostro territorio sono
visitabili il presepe della parrocchia S. Giorgio
Martire a Fontanafredda, il presepe della parrocchia
S. Maria Assunta a Vigonovo e il presepe della
parrocchia Beata Vergine della salute a Ceolini,
ubicati nelle rispettive chiese parrocchiali.
A Vigonovo il 24 dicembre dalle ore 21.00 alle
24.00 viene proposto da alcuni anni il Presepe
vivente.
Tutte queste “opere uniche”, fanno parte del
progetto “Giro Presepi in Friuli Venezia Giulia”,
progetto che promuove la ricca tradizione presepiale
del nostro territorio regionale.
Maria Antonia Guadagnin
…Sul filo della storia
Quest’anno presso la “Sala polifunzionale ex latteria turnaria” di Ranzano troverà collocazione un
originale presepe dedicato a Lucia Savio dal titolo
“Sul filo della storia”.
La signora Savio, classe 1928, oltre ad essersi occupata con il fratello della conduzione della famosa
azienda tessile locale, maturò anche una passione
personale per la lavorazione della lana iniziando un
progetto, quello del presepe di famiglia PuragliesiSavio, che portò avanti per vent’anni.
Il presepe è costruito interamente in filo di lana,
dai molteplici e brillanti colori, lavorato a maglia.
Molte sono state le ore di lavoro impiegate dalla
signora Lucia per raggiungere tale complessità
esecutiva, pezzo dopo pezzo: dalla Capanna alle
statuine, dall’ambientazione pavimentale con prati e
fiori agli alberi e agli animali, cammelli compresi!
Nel complesso si contano ben 137 figuranti di cui si
ha una descrizione minuziosa in un manoscritto
lasciato dalla stessa autrice.
Alla morte della signora Savio e del Cav. Puragliesi il presepe è stato donato all’Associazione
Organizzatori Ranzano che, data la magnificenza e
la laboriosità dell’opera, ha deciso di esporlo durante le festività natalizie perché tutti ne possano
ammirare la creatività e l’originalità. L’iniziativa
rientrerà anche nell’XI ed. “Giro Presepi in Friuli
Venezia Giulia 2014-2015”.
L’inaugurazione avverrà sabato 13 dicembre alle
ore 18:00. L’esposizione sarà aperta al pubblico fino
al 18 gennaio 2015. Tutti gli orari saranno consultabili nel sito www.ranzano.org.
Natale 2014 senza luminarie
Quest’anno Fontanafredda non sarà illuminata da decorazioni luminose. Si interrompe così una consuetudine
nata nel 1987 per iniziativa fortemente voluta dalla Pro loco sin dalla sua costituzione, e da allora sempre realizzata in occasione delle Festività natalizie.
Come ogni fine anno eravamo pronti a fare la nostra parte: messa a disposizione delle figure luminose e dei
festoni di luci, capillare manutenzione preventiva degli stessi, installazione e collegamento, direttamente ove
possibile, diversamente in aiuto al personale del Comune.
A seguito di domanda di autorizzazione alla messa in opera degli addobbi e richiesta di disponibilità dell’autocesta con manovratore ed elettricista, l’Amministrazione comunale ha risposto in modo negativo adducendo le
seguenti motivazioni:
- al momento l’impiego del personale dipendente deve far fronte ad altre priorità; di conseguenza non potrà
svolgere la prestazione richiesta;
- l’attivazione della fornitura straordinaria di energia elettrica atta ad alimentare le luminarie dalla rete pubblica
sarebbe costata non poco; denari che, nell’attuale situazione economica, l’Amministrazione ritiene opportuno
non spendere.
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
11
_______________________________________________________________________________________________________________________
Concerto di Natale
sabato 20 dicembre ore 21:00
Chiesa San Giorgio Martire
Messiah
di Georg Friedrich Händel
Orchestra giovanile AKROAMA - Pordenone
Ensemble A. B. Michelangeli – Conegliano
Direttore: Alberto Pollesel
Programma musicale
- Ouverture
- O thau that tellest
- For unto us a Child is born
- The Lord gave the word
- Since by man came death
- Glory to God
Seguiranno altri brani della tradizione natalizia.
Presentazioni:
L’Orchestra d’Archi Giovanile Akroama nasce a Pordenone nel 2001 dall’incontro di giovani studenti uniti
dalla curiosità di mettere a frutto i propri studi musicali nell’ambito di una dimensione collettiva.
Il repertorio spazia dalla musica classica alla musica da film e cartoon, alle favole musicali, allo swing e alla
musica leggera. Frequenti sono inoltre le esecuzioni di musica sacra e non, con la partecipazione di cantanti
solisti e di gruppi corali tra i quali il Coro "Vincenzo Ruffo" di Sacile, l'Insieme Vocale Città di Conegliano, ed il
Midway Chorus di Cordenons.
L’Ensemble Arturo Benedetti Michelangeli è formata da ragazzi dell’Istituto Musicale, con la partecipazione di studenti provenienti da altri Istituti e la collaborazione attiva con l’orchestra giovanile d’archi “Akroama” di Pordenone.
Ha un organico stabile di 20 elementi, al quale si aggiungono altri strumenti in base al repertorio. Affianca
studi dei grandi autori classici a musica leggera del ‘900 e musica da film, a seconda delle occasioni.
Il M° Alberto Pollesel, musicista e direttore d’orchestra di fama internazionale, dirige entrambe le orchestre
con l’entusiamo e col pensiero che la musica trasforma in note tutte le esperienze quotidiane e ci regala emozioni
che persino noi stessi talvolta pensiamo di non poter vivere.
Ingresso libero
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
12
_______________________________________________________________________________________________________________________
Da Tutankhamon a Caravaggio e Van Gogh
La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento
Vicenza – sabato 14 febbraio 2015
Centoquindici opere che racconteranno l'immagine della sera e della notte nell’intera storia dell’arte, partendo
dagli Egizi per giungere fino alle esperienze pittoriche più recenti. Questa sarà l’audace proposta espositiva 2015
della città di Vicenza firmata da Marco Goldin.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta: reperti e statue egiziane, tra i quali spicca la testa del Re bambino Tutankhamon; molti capolavori di Giorgione e Caravaggio, Tiziano, El Greco e Tintoretto che indugeranno sulla
suggestiva atmosfera delle figure collocate in ambienti notturni; per poi passare ai paesaggi serali del XIX con
Turner e Friederich, Corot e Millet, Van Gogh e Mondrian, fino all’astrattismo della seconda metà del Novecento con Morris Louis, Rothko e De Staël… solo per citarne alcuni.
Insomma una mostra che promette essere un’interessante passeggiata “al chiaro di luna” nella storia dell’arte.
Cosa




visiteremo:
Mostra “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh”, Basilica Palladiana
Il dipinto “La cena di San Gregorio Magno” del Veronese nel Santuario della Madonna di Monte Berico
La Villa di Valmarana “Ai Nani”, interno ed esterno
Vista panoramica della Villa “La Rotonda”
La mostra e i luoghi visitati verranno illustrati da guide locali.
Programma:
 Partenza dalla Piazza Saint Jean (affianco al Campanile) di Fontanafredda: ore 7:30
 All’arrivo a Vicenza: visita al dipinto del Veronese, alla Villa Valmarana “Ai nani” e visita esterna alla Villa
“La Rotonda”
 Pranzo libero
 Entrata alla mostra: 1° gruppo, max 25 persone, ore 14:15 circa
2° gruppo, max 25 persone, ore 14:30 circa
 Un’ora circa di tempo libero (shopping, ecc.)
 Partenza da Vicenza ore 17:00-17:30
Costo: € 43,00
La quota di partecipazione comprende: viaggio in pullman; le guide; biglietto di ingresso alla mostra; visita al
dipinto del Veronese, alla Villa Valmarana e visita esterna a “La Rotonda”.
Iscrizioni:
Le iscrizioni sono aperte fino ad esaurimento posti prenotati e preferibilmente entro il 30 dicembre 2014.
Ci riserviamo di annullare la visita, qualora non si raggiunga il numero minimo di 40 partecipanti.
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
13
_______________________________________________________________________________________________________________________
Viaggio di primavera
Viaggio
in Südtirol
Venerdì 1 maggio
1-2-3 maggio 2015
Convocazione dei partecipanti in piazza St. Jean a Fontanafredda e partenza ore 6:00 con bus granturismo via
Belluno, Valsugana, Trento, sino a Merano. Visita ai Giardini di Castel Trauttmansdorff: 12 ettari annoverati tra i
migliori parchi e giardini a livello mondiale, un anfiteatro di ambienti botanici provenienti da tutto il mondo. Il
versante meridionale dei Giardini ricrea l'inconfondibile immagine del sud. L’area dei “Boschi del mondo”
raccoglie invece le specie di quasi tutti gli ambienti boschivi del pianeta. E ancora, giardini acquatici e terrazzati,
scalinate e rivoli d’acqua, giardini dei sensi con effluvi profumati… e un tripudio di fiori! Pranzo al ristorante del
parco. La visita ai giardini continua con il museo dei costumi dell’Alto Adige. Nel tardo pomeriggio passeggiata
nel centro storico di Merano, lungo il Passirio, Kursaal e i sentieri dell’imperatrice Sissi. Sistemazione in hotel,
cena e pernottamento.
Sabato 2 maggio
Visita alle Miniere di Monteneve. A un’altezza di 2000 fino a 2500 m nella montagna che divide la Val Ridanna dalla Val Passirio, seguiremo un percorso alla scoperta di uno tra i più vasti e antichi complessi minerari
d’Europa per l’estrazione dell’argento e della galena. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita al centro storico
di Bolzano e al museo di “Ötzi - l’Uomo venuto dal ghiaccio”. Ötzi è una delle mummie più famose e importanti
del mondo. Il suo ritrovamento è unico e particolare perché quest’uomo – improvvisamente strappato alla vita –
si è conservato perfettamente, con tanto di vestiario ed equipaggiamento completo. Cena e pernottamento in
Hotel.
Domenica 3 maggio
Visita ai famosi meleti della Val di Non e al Santuario di Romedio definito il più caratteristico santuario
d’Europa per la sua aspra bellezza: rappresenta il simbolo del Trentino, arrampicato su un ardito scoglio calcareo
nel mezzo di una forra selvaggia, isolato e lontano dai centri abitati. Da lontano si scorgono le sagome dei luoghi
dove si svolsero i maggiori processi di stregoneria del Trentino, ma soprattutto ammireremo lo splendido panorama delle “strade del vino”. Pranzo in ristorante. Pomeriggio visita al Muse: questo museo della scienza di
Trento, avveniristico progetto di Renzo Piano, aperto il 27 luglio 2013, è un’ardita costruzione di ferro e legno,
con spazi dedicati alla multimedialità e all’interattività. Nella sala centrale gli animali sono “sospesi nel vuoto” e
disposti in base alla quota in cui vivono, dalle vette alpine alla pianura.
COSTO
€ 340,00 TUTTO COMPRESO (suppl. singola € 60,00)
Iscrizioni e acconto € 100,00 entro il 28 febbraio 2015. Saldo entro il 10 aprile.
Numero minimo partecipanti 40. Il mancato raggiungimento del numero minimo comporterà l’annullamento
dell’iniziativa e la restituzione dell’importo versato.
Info: tel. e fax 0434 998532 – e-mail [email protected]
N.B.: Per chi fosse interessato sin d’ora, confermiamo l’intenzione di far visita all’EXPO di Milano a fine
agosto-inizi di settembre, in ogni caso prima dell’inizio dell’attività scolastica.
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
14
_______________________________________________________________________________________________________________________
Cure termali a Bibione
Presso il Centro Termale di Bibione, aperto tutti i giorni da domenica 23 marzo a sabato 29 novembre 2015,
viene praticato ogni tipo di trattamento terapeutico: fangoterapia, massoterapia e riabilitazione cardiovascolare,
cure inalatorie, riabilitazione respiratoria, cure otorinolaringoiatriche.
Ritenendo di fare un servizio ai nostri iscritti che possano essere interessati, la Pro Fontanafredda si propone
di organizzare un primo ciclo di cure termali con trasporto a mezzo pullman, completo di visita medica di
ammissione (obbligatoria) e 12 sedute di cure continuative.
Periodo:
- visita medica mercoledì 13 maggio 2015;
- ciclo di 12 cure da domenica 17 maggio a venerdì 29 (sabato escluso).
Orario (con numero di fangoterapie non superiore a 25):
- partenza in pullman da Ca’ Anselmi
ore 9:00
- inizio cura
ore 10:30
- fine cura
ore 12:30
- rientro a Fontanafredda
ore 13:30 circa
Condizioni: 13 viaggi di andata e ritorno; quota pro capite € 95,00; cure a pagamento sconto 15% sui prezzi
di listino del Centro Termale.
Precisazioni:
- l’iniziativa avrà luogo solo al raggiungimento di 50 adesioni;
- ogni interessato dovrà sottoscrivere un modulo di iscrizione, disponibile in sede Pro loco, nel quale dovrà
indicare il tipo di prestazione termale richiesta;
- le prenotazioni dovranno pervenire entro il 30 gennaio 2015. La conferma definitiva, o l’annullamento, dovrà avvenire entro il 30 marzo.
- per fruire di cicli di cura convenzionati (uno all’anno) è sufficiente la ricetta/prescrizione rilasciata dal medico di famiglia. Rimangono a carico dell’interessato il costo della visita medica, l’eventuale pagamento di ticket e le prestazioni di massoterapia.
N.B.: ci riserviamo di comunicare agli interessati ulteriori dettagli e/o possibili variazioni di programma.
Per ogni chiarimento o informazione potrete contattare la segreteria della Pro Fontanafredda:
Tel. 0434 998532 - Orari di apertura LUN-GIO dalle 15:00 alle 19:00, MAR-MER-VEN dalle 9:00 alle 13:00
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014
15
_______________________________________________________________________________________________________________________
Poesia
4° Concorso di poesia “I sapori dell’Acqua”
“Acqua arrabbiata”
Poesia prima classificata sezione junior
Il rap dell’acqua arrabbiata
Acqua arrabbiata
che sei come un ladro,
rubi la vita delle persone.
Sei scura e violenta,
con le tu onde
piangi, mugoli
senza mai pace,
a grandi e bambini,
fai molta paura,
infliggi dolore,
sconvolgi la natura.
Con forza e violenza
sei costretta ad ingoiare
in gorghi e mulinelli
tutto ciò che fa inquinare.
Sei acqua arrabbiata,
anche per questo…
ci pensi, ogni uomo…
e lo faccia presto!
Angelica Fedrigo, Andrea Spimpolo,
Sara Tonello, Ludovico Vincenzi
della Scuola Primaria di Pravisdomini
dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014
16
________________________________________________________________________________________________________________________
L’anno scorso, al nostro concorso di poesia, al
poeta Orfeo Mazzi è stato attribuito il terzo
premio.
Tempesta sul mare
Le onde irritate, convulse,
cavalcano sul mare,
Quest’anno è stato lui a volerci premiare (celebrazioni concluse) con una poesia che è un
fiotto dell’anima. La pubblichiamo per condividerne l’emozione con i nostri affezionati e sensibili lettori.
Il tema del concorso era “Acqua arrabbiata”.
con lunghi sogghigni di neve.
E’ un gregge impazzito che avanza,
si gonfia ai morsi del vento,
con cupo fragore s’infrange
sulla scogliera che trema.
Orfeo Mazzi
Attualità
Il fumo e i giovani
Da ex-fumatore, ma che ha smesso tanti anni fa, mi
sento di fare un appello ai giovani contro questo
vizio, come è universalmente denominato.
Fumare non “serve” a nulla, non ha il minimo
vantaggio, ma solo svantaggi e controindicazioni. Il
mio vecchio insegnante di coltivazioni erbacee
all’Università di Padova, professor Toniolo, teneva
sempre a fine corso la trattazione del tabacco e dato
che esordiva con la descrizione della utilità intrinseca di ogni coltura, del tabacco diceva: non so dirvi a
cosa serve, ma io se la mattina non bevo due caffè e
fumo tre sigarette, non riesco a lavorare.
In realtà la pianta del Tabacco importata dalle
Americhe durante i viaggi di Colombo, trovò anche
un impiego con l’estratto dalle foglie, quale insetticida, soppiantato successivamente dai prodotti di
sintesi.
Ma il fumo, appunto non serve a niente, solo a far
male. Si impara, si comincia a fumare quasi sforzandoci, non se ne avverte il bisogno, lo si fa per
sentirci “grandi”, più adulti. Vedo ragazzi e ragazze
giovanissime che sono alle prime sigarette, lo si
capisce da come le tengono in mano, in modo
maldestro perfino ridicolo e da come sbuffano il
fumo dal naso senza aspirarlo. Ma è lì che il tabacco
ti frega, la nicotina infatti forma rapidamente dei
legami chimici a livello dei neuroni, così forti e
potenti, tanto da scalzare i naturali legami endorfinici, ai quali poi resistere è molto difficile.
Si crea cioè una dipendenza che diventerà la chiave
per fumare ancora, per vincere l’astinenza, per
soddisfare la richiesta di nicotina che sempre più
prepotente parte dal cervello drogato, perché di vera
e propria droga si tratta.
La potenza di questi legami, a livello neuro ormonale, è superiore a quelli che i neuroni hanno con le
altre sostanze dedicate naturalmente al funzionamento del cervello, questo spiega la difficoltà a
controllare, anche a distanza di tempo la voglia di
fumare.
Diceva Oscar Wilde: smettere di fumare è la cosa
più facile del mondo, io stesso ci riesco tutti i giorni.
Appunto!
Tornando anni fa da Londra con un volo su Venezia, scese davanti a me una signora inglese che era in
preda ad una vera e propria crisi di panico: era
agitatissima, al limite del pianto, stravolta. Le chiesi
se potevo fare qualcosa: mi mostrò trionfante una
sigaretta. Avevano appena proibito il fumo a bordo
degli aerei e lei non fumava da più di due ore!
Da giovani con il fisico al massimo delle sue potenzialità, si pensa che il fumo non faccia niente, invece
il fumo invecchia, lentamente mina l’organismo e
alla fine presenta sempre il conto!
Anto Zilli
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
17
________________________________________________________________________________________________________________________
La crisi della paternità
La “crisi” è una dimensione che caratterizza la
nostra realtà e che spesso è ricondotta solo ad
argomenti di ordine economico e finanziario. La
crisi economica però non è che l’effetto di una crisi
ben più profonda che interessa l’uomo e di cui
hanno scritto recentemente autori del calibro di
Martha Nussbaum, Zygmunt Bauman, degli italiani
Ducio Demetrio, Ferruccio Capelli e Sergio
Tramma.
L’adultità è oggi caratterizzata da precarietà ed
incertezza, individualismo, mancanza di certe
prospettive future, timore di ricoprire ruoli di
responsabilità, come quella educativa.
Uno dei ruoli adulti certamente più vulnerabile
risulta essere quello paterno. La paternità è al centro
di profondi cambiamenti come dimostrano le
numerose pubblicazioni che negli ultimi anni hanno
studiato il ruolo del padre. A questo proposito
ricordiamo due recenti opere di Massimo Recalcati,
nelle quali lo psicanalista italiano denuncia proprio il
venir meno della funzione educativa del genitore
maschio e del suo ruolo di testimone, parlando di
una vera e propria “crisi della paternità” in atto.
Parlare di paternità implica però anzitutto “volgere lo sguardo indietro” al ruolo che il padre ha
rivestito nella storia dell’uomo.
Per prima cosa ci chiediamo: il padre è sempre
esistito? Alcuni storici, come Jacques Dupuis e
Dieter Lenzen, ipotizzano che la figura del padre
non sia sempre esistita a causa di una presunta
ignoranza del nesso tra atto sessuale e fecondazione
e che la scoperta della paternità sia avvenuta tra il V
e il IV millennio a.C.
La paternità sarebbe stata una scoperta rivoluzionaria che cambiò l’assetto delle comunità e
accentrò nel padre il potere politico, economico e
religioso.
Se sulla preistoria possono essere fatte però solo
ipotesi, dati più certi giungono sulla paternità in
epoca romana: il pater familias comandava con
autorità assoluta su parenti, schiavi, figli legittimi e
illegittimi (riconosciuti), sui quali esercitava svariati
diritti di vita e di morte. L’autorità paterna era
esercitata non solo nella famiglia ma anche nella vita
politica ove il padre era riconosciuto socialmente
come indiscussa figura di potere.
Anche se più tardi, con l’avvento del Cristianesimo, il potere assoluto del padre iniziò ad essere
messo in discussione, il suo ruolo mantenne tali
connotati anche nel Medioevo, periodo in cui sono
celebri gli accordi tra capi famiglia per il destino dei
figli, come accadeva per i matrimoni combinati.
Si dovrà aspettare il Rinascimento (XVII e
XVIII secolo) perché il potere paterno inizi ad
attenuarsi, accompagnato dal diffondersi di una
nuova concezione di famiglia - che da allargata si fa
coniugale - e di una maggior attenzione per la
protezione e la cura dell’infanzia.
Nonostante ciò, per secoli il padre non ha mai
cessato di esercitare un ruolo autoritativo su tutti i
membri della famiglia, mantenendo il ruolo di
“capo” indiscusso e di responsabile nell’educazione
dei figli.
È solo con la rivoluzione industriale che ha inizio il tramonto del padre tradizionale.
Tre sono gli eventi che innescano il lungo ma
determinante cambiamento di questo ruolo:
- la rivoluzione industriale che costringe il padre
ad allontanarsi dalle mura domestiche incrementando l’incidenza della madre nell’educazione dei figli;
- le guerre mondiali che allontanano definitivamente i padri dal focolare domestico per un lungo
arco di tempo in cui le madri devono ricoprirne il
ruolo in famiglia divenendo la figura educativa per
eccellenza;
- gli anni della contestazione e del femminismo
che ne indeboliscono il ruolo autoritario sulla scia
delle correnti permissive che rivendicavano alla
persona libertà d’azione, capacità di farsi norma da
sé e liberazione dalla tradizione; gli anni della contestazione coincidono con la deistituzionalizzazione
del matrimonio e l’introduzione del divorzio.
La rapidità dei cambiamenti e la nuova posizione
assunta dalla donna nella famiglia e nella società
hanno portato ad un rimodellamento dei ruoli
coniugali e genitoriali. In tutto questo i padri hanno
ereditato uno schema di paternità tradizionale che
non era più adatto alle trasformazioni in atto, ritrovandosi il compito di tracciare una nuova strada.
Tale prospettiva ha lasciato spazio a diversi modi
di fare il padre. In generale si rileva come la paternità oggi oscilli tra l’assenza e l’eccessiva presenza. Da
una parte ci sarebbero infatti i padri assenti,
dall’altra i cosiddetti “mammi”, surrogati della
presenza femminile, in mezzo una nuova paternità
in costruzione testimoniata soprattutto dai padri soli
(separati o divorziati).
[continua nel prossimo numero]
Barbara Sgorlon
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
18
________________________________________________________________________________________________________________________
Vita di scuola
Quel radioso sorriso
Molti, moltissimi hanno conosciuto la maestra
Carmen: per molti anni aveva insegnato inglese, in
varie sezioni, poi, causa restrizioni, era passata al
percorso didattico curricolare.
Le sono stata collega per una ventina d’anni.
Aveva un carattere spigoloso, rude o forse semplicemente si sfogava brontolando: contro il Ministro dell’istruzione per primo colpevole di chiedere
sempre ulteriori incombenze burocratiche che non
portavano nessun utile all’utenza, ma gravavano noi
insegnanti di ulteriori impegni; contro i direttori che
si sono succeduti nel tempo cui, diceva lei, risultava
antipatica per la sua schiettezza. Brontolava anche
con noi colleghi incolpandoci di essere troppo
accondiscendenti e remissivi nei riguardi delle
autorità. Con me ce l’aveva perché non aderivo mai
(quasi) agli scioperi. Però l’unica volta che mi sono
ammalata e sono stata ricoverata trascorreva il
pomeriggio a tenermi compagnia.
Parlavamo soprattutto di viaggi: passione comune molto più realizzata da parte sua.
Ogni estate mi facevano sognare le sue cartoline:
un tempio birmano immerso nella foresta, spettacolari complessi archeologici dello Yucatan, moschee
dell’India, perfino del Vietman.
Aveva una sua teoria: avrebbe lasciato i posti più
accessibili per quando fosse diventata vecchia.
Anche con i suoi alunni brontolava, ma loro
avevano tutta l’aria di non sentirla.
Perfino alla ricreazione, nel momento del caffè,
arrivavano in tre o quattro a chiederle di dirimere
una questione o organizzare una gara.
Stessa cosa in classe quando mi capitava qualche
volta di entrare per una circolare o una comunicazione di servizio: sempre un’atmosfera serena, ma
regolarmente qualcuno le si avvicinava, lei con le
braccia tese in avanti e sventolando le mani nel
gesto di allontanarli:
“Mi lasciate un attimo in pace, petulanti!”.
Loro, imperterriti, si fermavano accanto in attesa
di essere ascoltati.
Poi io sono andata in pensione, ma ci vedevamo
con una certa regolarità.
Aspettava anche lei ansiosamente la pensione.
Arrivata a sessant’anni si prospettava la possibilità
che gliela rinviassero. Era furiosa, poi l’ha spuntata.
Ma assieme alla conferma di pensionamento le è
stata comunicata la terribile diagnosi: un cancro
all’endometrio. Maria Rosa, pure lei mia amica ed
unica sua parente, oltre alla mamma novantenne, mi
aveva riferito che sembrava si fosse già esteso ad
altri organi.
Ne abbiamo avuto conferma quando al C.R.O.
l’hanno aperta e solo richiusa. A lei era stato detto
che prima dell’intervento vero e proprio sarebbe
stata necessaria una terapia chemioterapica per
ridurne le dimensioni. Non so quanto ci avesse
creduto.
Nell’ora di visita eravamo sempre alcune nella
sua stanza.
Manifestava solo una rabbia irrefrenabile: contro
i medici troppo lenti a diagnosticare la malattia,
contro gli oncologi pressappochisti, i chirurghi
frettolosi e superficiali.
Dopo la terapia è tornata a casa senza capelli, ma
in condizioni discrete. Andavamo da lei a turno
perché non si sentisse sola.
Io e lei ancora a parlare di viaggi: di quella galleria di orchidee che in Tailandia accompagna
dall’aeroporto al centro città, delle spiagge di Cuba
con le amache in riva all’oceano, del complesso della
Lalibela in Etiopia…
Io che conosco bene l’Italia, un giorno le propongo:
“Appena ti sentirai in grado ti farò da cicerone a
Roma!”.
E lei:
“Guarda che ti prendo in parola, ma non prenotazioni in alberghi a quattro stelle, solo all’avventura
come faccio di solito. Si spende la metà e ci si
diverte il doppio”.
“D’accordo!”.
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
19
________________________________________________________________________________________________________________________
Ma in breve, preannunciata da una stanchezza
estenuante, è arrivata la fine.
Gli ultimi giorni è stata ricoverata all’ospedale
civile di Pordenone.
L’ultima volta che l’ho vista, già sedata, lo stato
di sopore lasciava qualche momento di lucidità.
Ha allungato le braccia fuori dalle lenzuola, le ha
protese verso di me e mi ha rivolto un sorriso
luminoso, dolcissimo.
Pensava a Roma? Il giorno dopo le ultime due
righe dell’annuncio funebre mi hanno chiarito tutto
facendomi scoppiare in un pianto irrefrenabile: non
fiori, ma eventuali offerte saranno devolute alla
scuola primaria di Fontanafredda. Quanto l’aveva
amata! La sua scuola.
L’ultimo radioso sorriso era rivolto all’ultima
classe che aveva lasciata e che con grembiuli e
camicette nere e colletti bianchi seguiva il feretro
muta in un dolore cupo, teso, denso come solo certi
pittori della scuola fiamminga sanno esprimere.
Lidia Sfreddo
Un’idea tira l’altra
“Niente è più pericoloso di un’idea, quando questa è l’unica che si possiede”.
Mi ha ricordato questa frase Silvia Anese nel suo
articolo “Indignatevi” (periodico n. 39).
L’ho apprezzato in modo particolare, perché affermato da una ragazza così giovane.
L’ho sempre pensato e sostenuto.
A scuola, in una quinta, avevo aggiunto:
“Tante idee liberano, una sola opprime”.
Ma poi tutti erano stati colpiti da questo esempio:
“Se tu hai un biglietto da mille lire e il tuo compagno ha pure un biglietto da mille lire e ve li scambiate, ognuno di voi rimane ancora con mille lire.
Ma se tu hai una bella idea e il tuo compagno
un’altrettanta bella idea e ve le scambiate ognuno di
voi due ha due belle idee”.
Lo scopo mio d’insegnante era far capire che si
discute, si fanno proposte, si danno giudizi e valutazioni facendo appello solo al nostro patrimonio di
idee. E chi ha più idee ha più testa, più anima.
Idolatrando una sola idea si rischia di chiuderci, di
vivere in una bolla personalizzata.
Per farmi capire che il ragionamento gli era chiaro un ragazzo aveva proposto di celebrare il Natale
in modo nuovo, diverso: intanto niente albero,
niente presepe, niente addobbi alle finestre.
Siamo arrivati fin qui con la prima idea, come
proseguire? Ognuno si era impegnato a pensarci.
Dopo qualche giorno la proposta che io avevo
ritenuta straordinaria in una ragazzina di non ancora
undici anni: ricordare il Natale che Gesù non vorrebbe, insomma un “non Natale”.
Intanto un albero spoglio, nudo. Corali entusiasmo e partecipazione.
Abbiamo infilato in un cilindro di cartone una
dozzina di bacchette di platano: così pallido il colore
del legno, così levigata la scorza ci era sembrato il
più adatto a dare l’idea di “nudità”.
Addobbo? Cartelli appesi: i più abili con un disegno; tutti gli altri con immagini ritagliate da riviste,
rifiniti con nastro adesivo e personalizzati da una
didascalia.
Sopra l’albero un cartello: “Dove non c’è Natale”.
Tra immagini e didascalie, ricordo: - “Dove si
soffre” “Dove c’è la guerra” “Dove non c’è giustizia” “Dove si pensa solo a divertirsi…a mangiare”.
Qualcuno ne aveva appesi perfino tre. Il cartello
di un alunno appartenente a famiglia ricca: una
sfilata di pellicce; la sua didascalia? Dove c’è troppo
lusso.
Lidia Sfreddo
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
20
________________________________________________________________________________________________________________________
Pollice verde
I grandi alberi europei
La Quercia (Quercus Robur), Dial. Ròver
Chiudiamo questa rassegna sulle principali essenze
arboree che millenni fa e per millenni hanno costituito la grandi foreste planiziali europee, con la
regina degli alberi, la Quercia o Farnia o Rovere a
seconda delle varie specie. Ne sono state classificate
più di 150 e quindi è poco importante una descrizione puntuale, ma conviene sottolineare che già
uno dei nomi scientifici “Robur” in latino “forza”,
ben illustra l’immagine che questa imponente e
longeva pianta trasmette di sè.
Celebrata dai popoli antichi, dai Romani che nella
classificazione delle onorificenze, avevano istituito
la “corona di quercia”, conferita alla persona che
aveva salvato la vita ad uno o più cittadini romani,
con i quali si instaurava poi una sorta di vincolo di
sangue.
Nelle remote civiltà, era considerata il simbolo della
vita, nei boschi di querce i Druidi emettevano
oracoli, nella tradizione giudaico-cristiana le querce
sono più volte citate in vari capitoli delle Sacre
Scritture, nella mitologia greca la Quercia era identificata con Giove o con suo figlio Ercole e nella
mitologia germanica con divinità come Thor o
Wotan.
Una delle più alte decorazioni militari dell’esercito
tedesco durante la seconda guerra mondiale, era
costituita dalla croce di guerra con spade e fronde di
quercia.
Cantata da Giovanni Pascoli ne “La Quercia Morta”, “né più coi turbini tenzona, or vedo era pur grande”, la
Quercia è sinonimo di tenacia, robustezza e longevità. Di quercia erano le navi degli antichi navigatori e
delle flotte inglesi e francesi, le travi, i portali degli
antichi castelli.
Mobili, imposte, pavimenti in legno che si voleva
durassero per generazioni, erano di quercia. Per la
sua eccezionale durezza e compattezza in tempi più
moderni, il suo legno è stato impiegato per farne
traversine ferroviarie.
Da sempre le migliori botti da vino per
l’invecchiamento, sono di quercia. Anche i “barriques” di scuola francese sono fatti usando una
particolare varietà di quercia, anticamente selezionata in Francia per crescere dritta ed uniforme per la
costruzione, un tempo, degli alberi maestri delle
navi.
Inutile sottolineare che è anche un ottimo combustibile.
La quercia è molto longeva e robusta e assume
portamento maestoso e imponente. In condizioni
favorevoli raggiunge i 40 mt di altezza, tronco fino a
2 mt di diametro e diversi secoli di vita. In Europa
sono catalogati esemplari di oltre mille anni. Il suo
areale copre praticamente tutta l’Europa occidentale, dal Portogallo agli Urali, in Italia è assente nelle
Isole nelle varietà principali, ma ben presente come
Quercia da sughero (Quercus suber) specialmente in
Sardegna con la relativa preziosa produzione.
Come già descritto in precedenti note di questa
rubrica “Pollice verde”, l’apparato radicale di Quercus
pubescens – Roverella – vive in simbiosi con dei
funghi sotterranei. Questi associano ai capillari
radicali dell’albero la ragnatela delle loro ife, le quali,
nell’insieme, costituiscono il micelio o corpo vegetativo del fungo. Da questo micelio si originano i
corpi fruttiferi noti come tartufi, dal sapore e dal
profumo particolarissimo, molto apprezzati in
gastronomia.
Conviene precisare che col termine tartufo vengono genericamente indicate le differenti specie del
fungo Ascomicete del genere Tuber, tutti commestibili, anche se più o meno pregiati.
Il rappresentante più prestigioso dei Tartufi è il
Tuber magnatum o tartufo bianco o trifola, presente
nei boschi di Roverella, come in quelli di altre
querce, nei noccioleti, nelle faggete, come ai piedi di
pioppi e salici.
Utilissimo alla fauna selvatica è il frutto della
quercia, la ghianda, apprezzatissima da cinghiali,
scoiattoli e dalla ghiandaia.
Le Querce sono piante monoiche che portano
cioè sullo stesso esemplare fiori maschili e femmini-
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
21
________________________________________________________________________________________________________________________
li, sono a foglia caduca, solo il Leccio (Quercus ilex) e
la già citata Quercia da sughero sono sempreverdi e
anche la quercia coccifera sulla quale è interessante
una nota. Si tratta di una pianta a sviluppo molto
lento che arriva intorno ai 3 mt di altezza, coccifera
significa portatrice di cocciniglia e in effetti vive su
di essa come parassita un piccolo insetto “Kermococcus vermilio” la cui femmina nutrendosi della linfa si
riempie di una sostanza colorata. L’ insetto raccolto,
seccato al sole e macinato si trasforma in una materia colorante scarlatta – chiamata in arabo Kermes –
apprezzata un tempo dai tintori. Dai Romani il
colore era chiamato vermiglio.
Le Querce non hanno uso ornamentale, anche
per la lentezza di accrescimento, ma i Lecci vengono usati per alberature in filare. A scopo ornamentale viene usata una varietà americana, Quercus rubra,
Quercia rossa per il particolare tono rossastro che la
foglia assume in autunno, prima di cadere. Ma è una
varietà che predilige terreni tendenzialmente acidi e
profondi.
Anche se non appartengono al novero dei grandi
alberi europei, per la loro importanza e diffusione
nel Vecchio Continente, meritano una veloce citazione la Robinia Pseudoacacia (dial. Càssia) e il
Platanus Orientalis (dial. Plàtin).
Il genere Robinia fa parte della grande famiglia
botanica delle Papilionacee, cioè con i fiori a farfalla.
Il suo areale spontaneo è l’America settentrionale e
centrale. I semi furono inviati in Europa nei primi
anni del 1600 dal botanico francese Jean Robin,
erborista del re Enrico IV. Furono per molti anni
coltivate a scopo ornamentale e classificate nel
genere Acacia, che oggi in realtà individua scientificamente la varie specie di Mimose, ma è ancora
comune chiamare la “Robinie” Acacie, anche se già
tre secoli or sono, Linneo aveva puntualizzato
trattarsi di Robinia pseudoacacia.
E’ un albero elegante soprattutto in età adulta,
raggiunge i 20 mt. di altezza, con chioma frondosa
un po’ rada e abbondante produzioni di eleganti
fiori bianchi raccolti in grappoli, particolarmente
appetiti dalle api che ne ricavano un miele leggero e
color paglierino chiaro. Dotata di un potente e
sviluppato apparato radicale la Robinia è perfetta
per il consolidamento di scarpate e declivi, adattan-
dosi a quasi tutti i terreni. Pressoché priva di nemici
naturali, in Italia si è sviluppata ovunque e nel
passato nel mondo rurale ha dimostrato grande
versatilità per la realizzazione di componenti per
carri agricoli, pali per vigneti, che opportunamente
trattati, raggiungevano durata e solidità eccezionali.
Il Platano, Platanus orientalis dal greco platýs “largo”, ha trovato larga diffusione in Italia e nel resto
dell’Europa continentale, e alcuni autori lo considerano originario dall’ Oriente, qui arrivato tramite i
greci e i romani, ma il Bembo nel 1500 segnalava la
presenza di numerosi platani nella Sicilia orientale,
nel salernitano e in Calabria; si può quindi ammettere l’origine di questo platano nell’ estremo sud della
Penisola. E’ pianta imponente, robusta con chioma
rotondeggiante, molto longeva. Supera i 30 mt di
altezza, con fusto cilindrico verdognolo nelle piante
giovani, nelle adulte diventa grigiastra e si sfalda in
placche irregolari, che scoprono zone molto chiare
quasi bianche, che negli esemplari più vecchi assumono toni bruno rossastri. Le foglie sono ampie,
palmate. Abbondantemente utilizzato in parchi e
giardini, ben si presta a potature anche pesanti con
formazione di strutture vegetali preordinate. Caratteristici nel panorama italiano i doppi filari di platani
lungo le strade per creare un ambiente ombreggiato
e rilassante per la guida, ma rivelatesi con l’aumento
del traffico, pericolosi e ingombranti in caso di
soccorso.
Produce un buon legno da brucio e ancora oggi
nello sfruttamento a ceduo, fornisce con una crescita abbastanza rapida, una apprezzabile produzione
di legno.
Scarsamente utilizzato in falegnameria, è usato
per imballi e contenitori industriali.
Molto simile il Platanus occidentalis, originario del
Nord America, che presenta dimensioni maggiori
arrivando anche a 40 mt di altezza con diametri alla
base di 2 mt e oltre.
Il Platano ben si adatta a diversi terreni, eccetto
quelli molto umidi e pesanti e può arrivare fino a
600-800 mt di quota, anche se esemplari coltivati si
possono registrare a quote superiori.
Anto Zilli
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
22
________________________________________________________________________________________________________________________
Dal baule di famiglia
L’albero di Natale della mia infanzia
Il magico Natale
S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti…
GIANNI RODARI
Quando si avvicinano le feste natalizie, ogni anno, nei centri commerciali e nelle vetrine dei negozi,
vengono esposti gli alberi di Natale “finti”.
Alti, bassi, verdi, bianchi, innevati, con aghi lunghi o corti e chi ne ha più ne metta.
Mi soffermo ad osservarli e, nella mia mente, affiorano ricordi della mia infanzia, quando in casa, si
allestiva l’albero di Natale.
Ogni anno, con l’aiuto mio e di mio fratello e le
considerazioni immancabili di mia madre, veniva
realizzato l’albero. Non so dove mio padre avesse
imparato o visto questa tecnica, ma la sua costruzione era veramente un’impresa che, a parte tutto,
per noi bambini era un momento magico e di
grande felicità.
La sera dell’antivigilia di Natale, nella spaziosa
cucina, riscaldata dalla stufa alla quale non veniva
lesinata legna, noi bambini eravamo pronti a dare
una mano.
Nella legnaia, mio padre, cercava un pezzo di legno dritto, robusto e di una certa altezza.
Con un ferro rovente alternava dei fori lungo il
bastone che servivano per infilare i rami d’abete
donati da un amico di famiglia che, ogni anno, ci
concedeva di tagliare da una delle tante specie di
conifere troneggianti nel suo parco.
Iniziando dalla parte bassa venivano infilati i rami più lunghi, poi mano a mano che ci si avvicinava
alla punta quelli più corti. L’albero, sotto gli occhi
vigili di mia madre, doveva avere una bella forma
altrimenti non risparmiava le sue osservazioni.
“None (Zenone) no ’lè bel come l’ano pasà, me
par che quel ran ’lè massa longo, scurtelo un
poc…”.
Mio padre, pazientemente, cercava di accontentarla perché, se la sua forma non l’avesse soddisfatta, durante tutto il periodo natalizio l’avrebbe sentita
rimuginare: “L’ano pasà l’era pi bel, ma n’altro ano
dovemo farlo meio”.
Finita l’impresa, l’abete veniva infilato in un vaso
di coccio pieno di terra coperta con del muschio
raccolto nei giorni precedenti da noi bambini nei
campi. Subito, il profumo di resina si diffondeva
nella stanza e ci faceva entrare nel clima natalizio.
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
23
________________________________________________________________________________________________________________________
Da una vecchia scatola di latta, io e mio fratello, con
le raccomandazioni di nostra madre - “Ste atenti de
non farli caier” – scartavamo i pochi gingilli che essa
conteneva.
Il pupazzo di neve con la sciarpa rossa e il berretto azzurro, Babbo Natale con le guance rosse e la
lunga barba, il fiasco di vino rosso e giallo, la pigna
dorata, le campane argentate… ogni ninnolo era per
noi una sorpresa, i nostri commenti e le nostre facce
gioiose e felici facevano sorridere mamma e papà.
Dei mandarini, che si potevano mangiare solo negli
ultimi giorni del periodo natalizio, completavano
l’addobbo.
Ah dimenticavo! Ai tempi della mia infanzia non
c’erano le luci bianche o colorate che oggigiorno
illuminano gli alberi di Natale. Alle estremità dei
rami, delle piccole, sottili e colorate candele venivano fissate con apposite mollette di ferro. Naturalmente i piccoli ceri non venivano mai accesi per
timore che l’albero si trasformasse in un piccolo
falò.
Maria Antonia Guadagnin
Il friulano
Il Zuf
È una polentina poco densa di farina e latte o, più nobile, di semolino e latte, piatto tipico delle zone montane e
collinari del Friuli, ma anche del Veneto e Trentino Alto Adige. Mia nonna paterna, che era di Basaldella di Vivaro,
d’inverno lo preparava almeno una volta alla settimana e io lo apprezzavo moltissimo, anche zuccherato.
“A buinore, tal vierzi i barcons, Melie ‘e cjate la sorprese: une biele neveade, almancul miez metro. Come simpri, la jemple di
morbin la viste di chel mont vignût di bot cujèt e fof, e come ogni volte si sovèn dai nevôz e dal zuf. ‘E jè tradizion di famee
che a la prime neveade ‘e càpitin duc’ alì, e gnagne Melie senze che nissun la visi si fâs cjatâ pronte. Svelte ‘e impie il fuc, ‘e
met su la cjalderie de polente e a’ vise Tavie di tigni indaûr un pôc di plui làt che no si sâ mai. I frus lu puartin di bessoi ma
non d’è mai avonde. No à nancje tacât a butâ la farine che già ju sint rivâ ridint e vosant e batint j zuculons sul pedrât par
spacâju”.
Di mattina presto, aprendo le imposte, Amelia trova la sorpresa: una bella nevicata, almeno mezzo metro. Come
sempre la riempie di voglia di fare la vista di quella montagna diventata di colpo quieta e soffice, e come ogni volta si
ricorda dei nipoti e del “zuf”. E’ tradizione di famiglia che alla prima nevicata, capitino tutti lì, e zia Amelia senza che
nessuno glielo ricordi si fa trovare pronta.
Svelta accende il fuoco, mette su il paiolo della polenta e avvisa Ottavio di tenere da parte un po’ più di latte che non
si sa mai. I ragazzi lo portano da soli, ma non è mai abbastanza. Non ha nemmeno cominciato a buttare la farina,
che già li sente arrivare ridendo e vociando e battendo gli zoccoli sull’ acciottolato come per romperlo.
Anto Zilli
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
24________________________________________________________________________________________________________________________
Persone e personaggi
Sagra nos, polenta e feda
La terza domenica di settembre ed i suoi protagonisti
Traduciamo subito alla buona l'arcano del titolo,
nel rispetto dell'insieme simpatico di latinorum e
componente dialettale: “C'è (abbiamo) la sagra,
polenta e pecora”.
Non so se questa frase potrà dire ancora qualcosa
a qualcuno, ma io la conosco da sempre e l'ho sentita
pronunciare puntualmente, fino ad una ventina di
anni fa, dallo zio Valentino, soprattutto quando per
lui si avvicinava la conclusione delle vacanze estive,
trascorse qui in paese, e doveva far ritorno a Taranto,
dove la sua carriera nella Marina Militare l'aveva
portato a stabilirsi: probabilmente, sentendosi ancora
profondamente fontanafreddese nonostante il giro del
mondo compiuto a bordo della nave in varie missioni
e la cittadinanza pugliese acquisita da molto tempo,
era riuscito a conservare questo antico detto, che
accompagnava con un'espressione particolarmente
compiaciuta, affidandosi al ricordo di epoche diverse
e di altre abbondanze, quando aver la carne sul piatto
era già una festa di per sé.
Di pecora o di agnello, poi, doveva trattarsi di festa grande, e l’unica circostanza paesana che si poteva
prestare ad un lusso del genere, almeno fino ai primi
anni ’60, era legata ai nostri festeggiamenti parrocchiani della Madonna Immacolata, spostati dall' 8
dicembre, data vera della ricorrenza, alla terza domenica di settembre, per poter contare sulle giornate
ancora tiepide e luminose dell'ultimo scampolo
d'estate.
La macchina organizzativa si metteva in moto presto, ancora in primavera, con un manipolo di volontari che si suddivideva i compiti più disparati, il più
delicato dei quali era senza dubbio il reperimento dei
fondi per finanziare gli eventi.
Partiva subito anche il parroco, Don Paolo Colussi, forte del potere persuasivo della sua investitura,
che riusciva con una certa facilità a far allargare i
cordoni della borsa dei parrocchiani più facoltosi, ma
non si perdeva d'animo nemmeno con le sue cono-
scenze forestiere, quelle che potevano garantirgli
qualche busta extra.
Altre figure, invece, lavoravano di fino i contabili
delle nostre aziende locali, uno per tutti "Genio"
(Eugenio) Pivetta, vera volpe argentata del mondo
degli affari (“C'è il ragioniere?” – “Chi lo vuole?” –
“Pivetta”), abile nel mettere a frutto l'esperienza di
una vita per spuntare un contributo anche al più
ritroso dei soggetti, che si beccava un “pelagròso!”,
sibilato tra i denti, se la cifra concessa non era
all’altezza delle aspettative.
Alla spicciolata, andava per le case anche “Mèto”,
Giacomo Pierozan, sacrestano storico e maestro
cerimoniere delle funzioni liturgiche, che, in questo
caso, si faceva accompagnare da qualche collaboratore del momento, chierichetto o seminarista, per
trasformare la questua in una specie di zingarata, con
la gente che li faceva entrare in cucina per il caffè e
quattro risate, magari dopo esser saliti al piano di
sopra dall’anziana di famiglia, allettata da un bel po’:
“Agna, ma no levèìt sù?!” – “Ah, Meto, me tòcja morì!”.
Poi, logicamente, il passo del ritorno a casa era reso
piuttosto incerto dall'accumularsi dei bicchieri, bevuti
durante le visite.
I mesi estivi, giugno, luglio, agosto, trascorrevano
in preparativi ed allestimenti, con annate più ricche
del solito, 1960-70, in cui si riusciva ad organizzare
addirittura un “Festival della Canzone”, conosciuto
anche fuori dal paese, avendo a disposizione la vecchia sala del cinema, poi demolita per far posto a non
si sa che cosa, ed ora quasi rimpianta per la mancanza
di un'altra struttura simile.
La gara si svolgeva in tre serate, la prima dedicata
ai bambini, la successiva agli adulti e la finale con la
proclamazione e premiazione dei vincitori; ma non
c'era tanto da scherzare, né per i più piccoli, che si
trovavano a far prove col pianoforte in oratorio o in
casa della maestra Clara Vianello, appassionata dello
Zecchino d' Oro ed in grado di assegnare le parti ai
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
25
________________________________________________________________________________________________________________________
solisti, che suscitavano sempre una qualche invidia a
chi era destinato solo al coro, né tanto meno per gli
adulti, che provavano direttamente col maestro
Ferruccio Da Pieve, allora giovanissimo musicista e
vero artefice dell'evento, e con la sua orchestra: per
quanto scafati nelle canzoni di Celentano, Morandi,
Caterina Caselli etc., erano pur sempre sottoposti al
verdetto di una giuria “di qualità”, ma soprattutto al
gusto del pubblico, stipato all'inverosimile con vere e
proprie tifoserie che applaudivano sì, ma fischiavano
anche, se qualcuno stonava o s'impappinava con le
parole della canzone, un'onta che ci si portava dietro
per mesi.
Intanto, l’arrivo delle roulottes e dei carrozzoni dei
giostrai era il segnale inequivocabile che mancava
poco, con frotte di ragazzi a seguire il montaggio della
giostra a catene e della pista degli autoscontri, pronti
anche a dare una mano pur di sentire al più presto la
voce inconfondibile della signora Gherardini, la
padrona, lanciare al microfono il suo “Avanti, giovani!”, un richiamo irresistibile per chi si divertiva da
matti a dare e prendere un sacco di botte, guidando
quei mezzi micidiali, sotto le scintille della rete elettrica che li faceva funzionare.
A bordo della pista, invece, gli interessi erano di
tutt'altro genere, dato l'incrociarsi di sguardi intensi,
carichi di promesse, col braccio timidamente appoggiato sulla spalla e la speranza di potersi magari
prendere per mano davanti a tutti, la domenica della
sagra, ufficializzando un nuovo amore.
Perché in quel giorno tutto diventava ufficiale già
dalla mattina presto, nel profumo del croccante e
dello zucchero filato, che si sentiva in piazza e per le
vie del centro transennato e chiuso al traffico per far
allineare tutte le bancarelle, quella dei Del Tedesco di
Vigonovo per prima, immancabile anche adesso.
Richiamati dal rintocco delle campane, anticamente battute col martello (scampanotà) da qualche esperto volonteroso, ci si preparava eleganti per la Messa
solenne celebrata in terzo, sacerdote più due diaconi,
nella chiesa tirata a lucido coi candelabri brillanti e le
tovaglie inamidate, mentre all’organo non poteva
sicuramente mancare “Puti”, Giuseppe Pivetta,
sorprendente per la sua bravura da autodidatta, che
pochi avrebbero immaginato in quelle mani segnate
dal lavoro dei campi.
Curiosando in canonica, avremmo trovato la Pia,
sorella del parroco, indaffarata in cucina tra i sughi, i
bolliti e gli arrosti del pranzo per la Fabbriceria e
qualche invitato illustre, aiutata da sua sorella Rita ed
altre donne fidate, le stesse che avevano anche lavato,
il giorno prima, con gesto delicato e rispettoso, la
statua della Madonna, pronta per uscire in processione.
Quello era il momento in cui subentrava il languore tipico della festa che volge al termine, con la sensazione che anche le note della banda di Porcia o di
Sacile, disposta poi sul palco allestito sul sagrato della
Chiesa o sulla strada stessa, avessero qualcosa di
malinconico, nascosto tra le marce e le arie d’opera.
Allora, bisognava affrettarsi a prendere gli ultimi
vassoi di paste o a tentare ancora la fortuna alla
lotteria delle bambole, scegliendo mentalmente quella
col vestito che piaceva di più, da portare eventualmente a casa e distendere a ruota al centro del letto.
Chi si attardava fino a mezzanotte, magari coi
bambini addormentati in braccio, risvegliati dai fuochi
d'artificio che allora riuscivano ancora a stupirli o
spaventarli un po’ con la cascata dal campanile ed i tre
botti finali, sapeva di dover attendere un altro anno
perché la magia si potesse ripetere.
Mariarosa Da Pieve
dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014
26________________________________________________________________________________________________________________________
Dai Soci
Giovani, forza dai!
Ho letto con molto interesse l’articolo della signorina Silvia Anese “Una giovane socialità” dove nei
vari punti si porta in evidenza vari aspetti sui giovani,
sulla società e sulle istituzioni che potrebbero fare di
più per loro.
Se, come di solito si dice, “I giovani d’oggi sono
sfaticati e inconcludenti” è una frase “fatta”, è altrettanta frase fatta dire “Cosa fa la società per i giovani”.
Dato che giovane io non lo sono più mi permetto,
con molta umiltà, di dare alcuni punti di riflessione ai
giovani e far notare alcune cosette che la società ha
fatto a suo tempo e continua a fare tutt’ora per loro.
La mia generazione è uscita da una guerra devastante e da un’ulteriore emigrazione avvilente durata
decine d'anni, entrambi hanno segnato profondamente la nostra giovinezza.
Eravamo allo sbando in tutti i settori: lavoro, sanità, istruzione, famiglia divisa appunto per
l’emigrazione, ricostruzione del paese e naturalmente
anche in politica perché dovevamo scrollarci di dosso
il ventennio di dittatura.
A quel tempo eravamo noi giovani e non siamo
andati a chiedere alle istituzioni di allora cosa avrebbero fatto per noi, ci siamo rimboccate le maniche e
abbiamo lavorato dall’alba al tramonto cambiando
pian piano tutto quello che era possibile in tempi
relativamente brevi e lottando strenuamente per i
cambiamenti radicali ottenuti con tremendi sacrifici.
Infine piano piano abbiamo prodotto ricchezza
che si è distribuita in tutti i ceti sociali del nostro
paese e di conseguenza l’abbiamo riversata sui nostri
figli, appunto i giovani.
Siamo stati talmente bravi che n’abbiamo data
troppa a mio avviso, noi non avevamo niente e quindi
non abbiamo privato loro di nulla; ci siamo resi conto
troppo tardi che i nostri giovani prendevano tutto
questo per “cosa dovuta”, dimenticando che è costato
a noi giovani di allora sacrifici e privazioni di ogni
genere.
Il proverbio dice “Sbagliare è lecito” ma purtrop-
po noi stiamo ancora sbagliando, perché continuiamo
nello stesso errore aggiungendo ai giovani anche i
nipoti.
Con quanto detto sopra siamo riusciti a costruire
questa società, naturalmente non è senz’altro perfetta,
ci sono tantissime cose che non vanno e che possono
e devono essere cambiate, ma questo lo devono fare i
giovani, sono loro che devono costruire la società
migliore del domani.
Dunque il giovane non deve aspettare che
l’istituzione o la società produca idee o incontri per
loro, sono loro che devono dire alle istituzioni, abbiamo queste priorità, abbiamo proposte da discutere,
ci siamo riuniti e abbiamo lavorato per questo progetto; vediamo se c’è la possibilità di attuarlo, voglio
portare le mie idee a conoscenza dei cittadini per
proporre una migliore gestione politica del paese e
così di seguito.
Come si nota le cose da fare sono tante, sono giovani, hanno istruzione, hanno possibilità d'impegno
notevole, cosa attendono? la mia imbeccata per
muoversi; perché mi danno l’impressione che siano
seduti ad aspettare.
Io società d'oggi ho fatto e dato tutto il possibile, è
ora che qualcuno rilevi il testimone e sono ben contento di lasciarlo, da alcuni anni ho anche allungato la
mano per una più facile presa di chi volesse prenderlo, ma se devo essere sincero ho visto ben poche
mani protese per afferrarlo.
Gentile signorina Anese, io rispetto quanto Lei ha
scritto e se bisogna sempre guardare al bicchiere
mezzo pieno io purtroppo lo vedo un po’ scarsetto;
intendiamoci, non ho perso la fiducia nei giovani ma
li vorrei un po’ più indipendenti, interessati e dinamici.
Con molta presunzione spero di aver dato ai lettori del nostro giornale motivo di riflessione e ai giovani
uno sprone in più.
Un cordiale saluto a tutti.
Edoardo Pezzutti
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
27
________________________________________________________________________________________________________________________
“Made in Italy” in miscellanea
Trascorsi oltre duemila anni di storia D.C., con
quante dizioni, definizioni, citazioni e configurazioni
è possibile qualificare/definire la frase: “Made in
Italy”?. La stessa è da tempo entrata nell’immaginario
collettivo delle genti italiche e non solo. Diremmo in
molti modi e non basterebbe il presente periodico per
elencarne pregi sublimi/mirabolanti, difetti indicibili/disastrosi, comunque unici nella storia. Non vogliamo riferirci semplicemente alle classiche “4/A” di
un tempo (Abbigliamento, Agroalimentare, Arredo e
Automobili), ma intendiamo estendere il concetto a
tutto il percorso italiano in senso estensivo ovvero nel
più ampio e globale significato del termine.
Sia pur in sintesi e modestamente tentiamo di estrarre
un sunto del nostro pensiero al riguardo. In altre
parole senza la pretesa d’inventare l’acqua calda o
l’uovo di Colombo ben s’intenda. Per fare un esempio calcistico, a noi più confacente, diciamo di essere
presuntuosamente tra i 60 milioni d’italiani che si
reputano 60 milioni di tecnici e, parimenti, su qualsiasi altro argomento in discussione (chi blatera e sa
parlare nel nostro mondo è, purtroppo, un vincente a
prescindere dai contenuti). Sostanzialmente e amaramente sono le note del classico e disdicevole adagio:
“conta di più l’apparire che l’essere”.
Nel nostro Made in Italy contempliamo la storia, le
scienze, le arti, la cultura, le scoperte, la fantasia,
l’intraprendenza, il lavoro e chi ne ha più ne metta a
piene mani.
Nella storia conosciuta ha avuto il secondo Senato di
sempre dopo quell’Ellenico. Il Diritto Romano,
padre del Diritto Giudiziario mondiale da tutti sostanzialmente
adottato.
L’arte
e
scienza
dell’oratoria/retorica sempre di epoca greco/romana
con i nostri Empedocle, Plinio il Vecchio, Catone,
Seneca, Cicerone. Si noti che quando quel “Made in
Italy” era imperante, il restante mondo conosciuto si
trovava ancora in era barbarica o quasi, escludendo il
periodo egiziano, ancora oggi avvolto da diverse e
fantasiose interpretazioni. Nelle arti primeggiava
nettamente con Leonardo Da Vinci (il più grande
genio assoluto di ogni epoca). Nella letteratura: Il
sommo Dante, Virgilio, Petrarca, Boccaccio, Ariosto,
Leopardi, e i più vicini Nobel Carducci, Pirandello.
Nella pittura: Cimabue, Giotto, Michelangelo, Leo-
nardo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Caravaggio,
Tiepolo. Nell’ architettura: lo stesso Michelangelo, il
Canova, il Brunelleschi, il Vasari, il Bernini, il Palladio. Nella musica, il monaco Guido d’Arezzo, nella
splendida basilica di Pomposa (FE), inventò la musica
ovvero il pentagramma. (prima si suonava solo a
orecchio). Per completezza culturale, entrando in
questo magnifico complesso abbaziale romanico, tra
l’altro tornato all’antico splendore dopo un radicale
restauro, vi è la scritta: “Qui Giotto dipinse, Dante
pregò e Guido D’Arezzo inventò la musica”. Nelle
scoperte: C. Colombo scoprì il nuovo mondo, Marco
Polo la via della seta e la Cina, Amerigo Vespucci
circumnavigò l’America tutta, poi Caboto e altri.
Nella matematica e fisica: Archimede, i recenti Nobel
Rubbia, R.L. Montalcini, R. Dulbecco. Torricelli
inventò il barometro. G. Galilei, con lo studio dei
pianeti: “Eppur si muove!”rivoluzionò il concetto
dell’universo, inventò il cannocchiale/telescopio, il
termometro e tanto altro da esser classificato eretico.
F. Matteucci ed E. Bersanti firmarono il primo motore a scoppio. Degli Armati Salvino inventò gli occhiali. La prima università pubblica del mondo in Bologna
(Alma Mater Studiorum). Nell’Economia la prima
banca: il Banco S. Giorgio di Genova. S. Bandini o F.
Dandini inventarono la cambiale. Nelle scienze, lo
stesso Leonardo Da Vinci, G. Galilei, poi L.Galvani,
A. Volta, A. Meucci (l’invenzione del telefono gli fu
riconosciuta dal Congresso Americano solo nel 2002
dopo ben 153 anni, mentre al Sig. Bell si permetteva
di crearsi un impero ancora oggi esistente con
l’appropriato brevetto – che vergogna!), il Nobel E.
Fermi, che insieme ai ragazzi di Via Panisperna fece la
prima fissione nucleare, i Nobel E. Segrè, C. Rubbia,
R.Giacconi, S.Luria, G.Natta,G. Marconi e altri.
A Guglielmo Marconi crediamo opportuno dedicargli
maggior spazio. Forse (o senza forse) l’inventore più
grande dell’era moderna. Subì anche lui l’arroganza
del vento americanizzante e non solo, che tendeva ad
attribuire alla genialità del serbo l’ing. Tesla (anche lui
espatriato in America), in collaborazione con
T.Edison, l’invenzione principe dell’Italiano che
avrebbe cambiato il nostro modo di vivere. In quest’
occasione, diversamente dal Meucci, l’intento fallì. La
querelle Marconi/Tesla/Edison, ebbe questa conclu-
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
28________________________________________________________________________________________________________________________
sione: T. Edison, anche per lo straripante potere
economico americano, depositò decine di brevetti
sull’elettricità di ogni genere e divenne famoso quanto
Bell. Il serbo Ing. Tesla, probabilmente, non un genio,
poichè certi testi lo dipingono come “il genio”,
secondo solo a L. Da Vinci, ma sognante, etico e
teorico, pur avendo successivamente inventato e
depositato il brevetto della corrente alternata, finì in
rovina, morì povero, boicottato e abbandonato dai
presunti amici Edison e Westingouse che lo sfruttarono solamente.
Guglielmo Marconi a sua volta subì il boicottaggio
della scienza ufficiale, soprattutto italiana, poiché era
solo un autodidatta (noi riteniamo che il talento non
debba necessariamente essere surrogato da una laurea
specifica - se l’hai dentro, è perché ci sei nato). Vi fu
poi l’ingerenza del russo Popov che si attribuiva
l’invenzione senza però dimostrarla in termini pratici.
Marconi allora ruppe gli indugi e in quel di Londra,
dover’era altamente considerato e stimato, depositò il
brevetto del SOS (si ricordi quelli dei transatlantici
Republic e Titanic che salvarono rispettivamente
1.700 e 705 vite), della radio senza fili e accese con un
semplice clic le luci di Sidney da Radio Elettra a
22.000 chilometri di distanza.
Questi sono fatti concreti e a nulla valgono le diatribe
ancora in essere. Conseguentemente ebbe giustamente il Nobel, n.16 lauree honoris causa da Università di
ogni dove, decine di riconoscimenti a livello mondiale
e quello ufficiale universale della sua invenzione
ponendola chiaramente in pratica/in atto e a disposizione del mondo intero e, quindi, non solo tentativi,
paventati o teorizzati.
Marconi, pertanto, è da considerarsi, con certezza, il
padre delle telecomunicazioni moderne. Senza quel
clic senza fili, non vi sarebbe l’SOS, la radio, la televisione, i radar, i satelliti, lo sbarco sulla luna, non
potrebbero comunicare le navi, gli aerei, i centri
meteorologici, apparati medici quali la tac e la risonanza magnetica, i computer (qui anche i tecnici
dell’Olivetti hanno avuto un’importanza determinante), internet, i pad, i fon, i tableau e persino gli inseparabili cellulari. Invenzioni queste che derivavano da
quella primordiale del genio bolognese. Ci sa proprio
che gli Steve Jobs e i Bill Gates avrebbero fatto solo
delle lampadine (ovviamente è una battuta anche se
non del tutto campata in aria). Tutte scoperte che in
ogni caso sarebbero poi arrivate, ma dopo e non
prima delle nostre basi scientifiche/inventive. Resta il
fatto incontrovertibile che quest’ uomo, dalla sua
piccola imbarcazione “Radio Elettra”, riuscì a dare il
là a tutta la telecomunicazione moderna. A questo
punto ci viene spontanea una domanda presuntuosa:
ma gli altri popoli cos’hanno inventato? Altre cose e
indubbiamente grandissime, ma considerando il poco
spazio disponibile le elencheremo in altra circostanza.
Ci limitiamo a citare doverosamente le menti che ci
sono sfuggite all’Europa: Einstein, Meucci, Fermi,
Tesla, Segrè quindi, Freud, Von Braun, Sabin, Pontecorvo, Rasetti, Szilard, Teller, Weisskopf, Von Neumann, ecc. ecc. Si pensi che, l’eccetera eccetera, si
quantifica, secondo la bibliografia ufficiale, in circa
600 mila Cervelli/Scienziati/Studiosi che nella prima
metà del novecento espatriarono dalle loro terre per
motivi politici o per acquisire fondi di ricerca, da noi e
in Europa colpevolmente mal stanziati, approdando
in America. Oseremmo dire una vera e propria rivoluzione scientifica ben sfruttata.
Il Made in Italy annovera anche momenti contraddittori. Roma fu guerrafondaia e imperialista, anche se
dobbiamo disquisire nel senso che dove è passata ha
lasciato un evidente segno di civiltà, cultura e monumenti ancor oggi importanti e ben visibili (questo a
onor del vero, diversamente, dagli altri grandi imperi
successivi). Il medio evo, peraltro splendido sotto
molti aspetti, ha avuto un potere temporale discutibile, le sante crociate e la santa inquisizione (una santificazione diametralmente opposta ai dettami del Vangelo). In tempi più recenti, la colonizzazione per aver
il posto al sole, le leggi razziali, la guerra a rimorchio
di Hitler, l’esportazione della mafia organizzata nel
mondo intero, il terrorismo di Stato, l’indirizzo di
produrre armi e anche mine (si pensi) per partecipare
alla corte/mensa dei guerrafondai d’istituzione (la
cosa è di attualità). Anche questi aspetti fanno, ovviamente e spiacevolmente parte del Made in Italy,
ma come diceva il principe dei profeti “chi è senza
peccato scagli la prima pietra”.
Da quanto precede dobbiamo in tutti i modi affermare che nessun’altra Nazione conosciuta abbia espresso
nel tempo tante cose splendide e d’importanza eccelsa, ma l’italiano, anziché esserne fiero, con le sue
innumerevoli: etnie, razze, disuguaglianze, disquisizioni bizantine, furbate machiavelliche, pseudo feudi
gattopardiani tuttora in essere (stiamo vinculi e non
sparpagliati diceva una celebre frase del comico
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
29
________________________________________________________________________________________________________________________
Peppino De Filippo), è riuscito a rovinare se non
tutto, senz’altro parecchio. Dopo la seconda guerra
mondiale abbiamo avuto l’altrettanto deprecabile idea
di salire con immediatezza e a scatola chiusa sul carro
dei vincitori, barattando tutto questo patrimonio
millenario in cambio di un pugno di dollari, diventando dei semplici lacchè dei potenti (anzi malfamati dai
vinti e non considerati dai vincitori), non sfruttando e
non apprendendo nulla da un passato inarrivabile,
splendente e unico. Ahi! Ahi! Ahi! Made in Italy.
D’altro canto, ci sa tanto però che il mondo “moderno” e i presunti migliori / miliardari / lobbistici /
burattinai, nel voler affermare la propria presunta
superiorità, dietro l’artefatta vernice del soldo fuggente e spesso virtuale, in diverse circostanze abbiano
perso la bussola. Bussola? Guarda caso, c’è chi dice
l’abbia inventato ancora un italiano: Flavio Gioia (per
equità noi poniamo comunque una riserva, considerando i molti pareri che attribuiscono la scoperta alla
Cina e, addirittura, che Flavio Gioia sia mai esistito?).
Ora il Made in Italy, per mancanza di fondi e cattive
amministrazioni, ha fatto scappare all’estero altre
potenziali menti, si è ridotto a essere esperto nelle
manifatture, nelle arti culinarie (a Parma è stata
istituita recentemente la prima università di scienze
culinarie), nell’arte dei vini, nella moda, nel design,
nell’arte orafa, nello stile, nei motori ecc.. Cose minori, ma il perché, come recentemente ha detto il primo
ministro Renzi in quel di Strasburgo: “Manchiamo di
autostima e ci siamo adagiati in un torpore da cui
dobbiamo uscirne al più presto senza continuare a
essere dei subalterni”. Nonostante se ne dica, i soldi ci
sono, ma l’italiano li tiene nascosti, in forme più o
meno fraudolente, sottraendoli al nostro tessuto
economico con gli evidenti danni. Opere d’arte
abbandonate, non ristrutturate. Fondazioni Bancarie
ed Enti preposti che non funzionano, anzi si occupano di situazioni illecite non proponendosi positivamente, grandi imprenditori che pur avendo ampie
possibilità pensano solo al profitto personale e a
delocalizzare nel mondo le nostre aziende migliori.
Amministratori, funzionari statali e non, manager
super pagati che nulla danno alla comunità, anzi la
sfruttano/speculando, pensionati d’oro intoccabili,
vitalizzi di ogni risma, pastette a ogni appalto, costante evasione fiscale/previdenziale, politici doppiolavoristi (poi parlano di disoccupazione) che pur ricevendo l’enorme appannaggio si assentano a proprio
piacere dal seggio parlamentare per partecipare a
inutili e nocivi salotti televisivi con giornalisti di parte,
a loro volta super pagati e sopravalutati dai lobbisti di
turno (Ah! I Vergani, i Montanelli, i Biagi, i Buzzati).
Ma quanti danni abbiamo sciaguratamente creato?
Recentemente siamo andati a Lecce, anch’essa in
parte abbandonata, ma durante il giro turistico si è
scoperto che nel Medio Evo, erano i signorotti e i
possidenti del posto che contribuivano ai restauri.
Ora cosa avviene a parte i contributi del magnate
Della Valle che ha posto a disposizione milioni per
recuperare parte del Colosseo? Molti al riguardo
dovrebbero prenderne esempio. Per Della Valle: un
encomio solenne o un 110 e lode sarebbe poco; per
l’enorme platea restante: la grande vergogna!! Proprio
non possediamo al riguardo la successiva cultura
anglosassone di salvaguardare questi tesori e i danni di
quello che potrebbe essere un momento di risorsa
eccezionale e fondamentale del paese, si vedono e
ricadono su un’economia ormai sterile. La filantropia
poi è un pregio, un vanto di un tempo e chi dice
d’aver etica e onestà (e siamo in tanti!) dimostra
un’ipocrisia disdicevole se non di più.
Da ricordare che L’Italia, tra le altre cose, vanta il
maggior numero di siti del mondo dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO e che la Banca d’Italia
possiede riserve auree immense, da grande paese.
Dalla su estesa carrellata, come abbiamo detto in
miscellanea (per noi sarebbe stato difficile essere più
precisi e razionali su un argomento tanto vasto),
abbiamo inteso citare l’eccellenza dei grandi del
nostro passato e, quindi, di quel “Made in Italy”
secondo noi. Lo stesso dovrebbe riempirci d’orgoglio,
magari l’abbiamo illustrato con incompletezza, spaziando in situazioni collaterali e, forse, con un pizzico
di parzialità. Si è espressa una corrente di pensiero
come si addice alla libertà di parola, anche non condivisibile, da correggere ovvero sviluppare. Ad altri ora,
quindi, la necessità o il compito di valutare ed esprimere momenti diversi, a noi sconosciuti, più concreti,
magari su questo stesso periodico, non per innescare
futili polemiche da cortile per diversità d’idee, ma per
ricercare una dialettica utile/costruttiva che possa
contribuire a riportare un po’ di cose al loro posto.
Chi ci governa, chi decide, chi detta i tempi legislativi,
devono concretizzare, devono porre in essere una
globale e seria inversione di tendenza. La storia del
nostro amato “Made in Italy” dobbiamo riprendercela
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
30________________________________________________________________________________________________________________________
con la consapevolezza di non essere secondi a nessuno e, tanto meno, dei modesti travet/lacchè. E’ un
dovere morale e materiale anche di noi piccolini,
senza se e senza ma, com’è ora usuale dire: “In questo
momento depressivo sarebbe senz’altro una delle
carte vincenti della nostra addormentata inventiva/economia onde riportarci all’antico splendore”.
Luigi Pandini
L’uomo vitruviano di Leonardo,
studio di proporzionalità di un corpo umano
Marconi mentre accende le luci del Municipio
di Sidney dall’imbarcazione Radio Elettra
all’ancora del Golfo di Genova
Dalle Associazioni
Giornata europea per la donazione degli organi
Roma, 11 ottobre 2014
Di seguito si vuole riportare l’esperienza di una
giovane trapiantata che ci aiuta meglio a capire
l’importanza del dono; questo è uno dei motivi
che spinge il Gruppo Comunale A.I.D.O. di
Fontanafredda a continuare con gli interventi
informativi presso le Scuole Medie degli Istituti
di Aviano, Brugnera, Budoia, Caneva, Fontanafredda, Polcenigo e Sacile con il 3° Concorso
Progetto Scuola 2014-2015.
Il concorso si propone principalmente di stimolare i giovani studenti alla realizzazione di strumenti di comunicazione adeguati a un pubblico
di giovani come loro al fine di agevolare la
diffusione della coltura del dono. Con i disegni
premiati del 1° e 2° concorso abbiamo realizzato vari gadget quali il righello della foto (pagina
successiva), delle locandine esposte in tutti gli
ambulatori e farmacie della Provincia di Pordenone e presto sarà disponibile il calendario
2015.
Articolo tratto dal periodico ARCOBALENO
“per una cultura della donazione”:
“La salute è un dono veramente prezioso.
Quando stiamo bene tutto procede con una
metodica indifferenza. Ogni giorno che passa
diventa solo una cifra del calendario, una pagina
di agenda; ma poi, all’improvviso, accade qualcosa che rompe questa routine, cominci a
soffrire, perché scopri di avere un problema
fisico molto serio. Allora, in quello stesso attimo, riesci a ripercorrere mentalmente tutta
l’esistenza, pensi a quello che hai fatto e a
quello che avresti voluto fare. Comincia così
una vita fatta di momenti di angoscia, paura,
tristezza, dolore, ma da questa situazione si può
uscire, bisogna concentrarsi e convincersi che
ciò che davvero conta è innanzitutto la “vita
stessa” e non il dolore, la gioia, la felicità, la
dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014
31
________________________________________________________________________________________________________________________
tristezza, l’egoismo, l’indifferenza.
Io questa forza per arrivare al traguardo l’ho
investita con tenace costanza. Sono una insegnante elementare di 33 anni, sposata e madre
di Emanuele, 7 anni, che all’improvviso ed in
modo molto occasionale, scopre di avere un
tumore epatico neuroendocrino. Oggi la parola
tumore terrorizza sempre più, perché quando ti
viene diagnosticato si pensa sempre e solo
all’impossibilità di guarire e ai casi estremi.
Invece no per me l’iter è stato lungo e tortuoso,
ma alla fine siamo arrivati alla meta. Dico siamo, perché io ho lottato in questa vicenda
assieme alla dottoressa gastroenterologa del
reparto di Medicina, che è stata l’artefice delle
indicazioni positive da seguire, la persona della
quale mi sono fidata. Da lei ho avuto chiarezza,
serenità ed incoraggiamento, su di lei ho anche
scaricato le mie paure e perplessità. Lungo il
mio percorso ho trovato poi anche un centro
specializzato dove con un trapianto di fegato ho
trovato la soluzione ai miei problemi. Trapianto, sì, è così che alla fine ho potuto dire “ora
davvero è finita, ora davvero sto bene e sono
sicura che un futuro, anche lungo, posso cominciare a riprogrammarlo. Al trapianto sono
arrivata dopo solo sei giorni di lista di attesa,
che comunque erano bastati a caricarmi di
ansia, vivendo sempre con il pensiero che lo
squillo del telefono fosse solo per me. Dopo ho
pensato a coloro che da questa attesa si vedono
rubare i giorni, i mesi, a volte anche gli anni,
senza riuscire concretamente ad organizzare le
proprie cose, perché la vita si affronta in funzione di una chiamata, dell’essere pronti psicologicamente a lasciare tutto e partire in qualsiasi
momento ed ovunque ti trovi.
Anche se l’Italia ha un numero elevato di potenziali donatori iscritti all’Aido, le donazioni
non sono sufficienti a far fronte alle nostre
lunghe liste d’attesa. Io sono iscritta a questa
associazione da quando ho compiuto 18 anni:
un gesto istintivo verso un’amica deceduta
dopo un incidente in motorino. I suoi genitori
ne donarono gli organi e tutti noi amici, senza
forse capire fino in fondo l’importanza di una
donazione, firmammo l’atto olografo dell’Aido.
Una cosa della quale eravamo però certi era che
la decisione di donare gli organi dopo la morte
avrebbe potuto aiutare eventualmente gli altri.
Non ci sfiorava minimamente l’idea che forse
anche noi avremmo potuto essere un giorno un
ipotetico ricevente. Poi sulla tua strada ti trovi
ad affrontare anche questa realtà, un’esperienza
estrema, che coinvolge tutta la persona fisicamente e psicologicamente.
Dal momento del trapianto sono ormai trascorsi quattro mesi, sto bene, non ho nemmeno
sofferto molto, sono tornata a casa dopo solo
ventinove giorni di degenza ospedaliera, le mie
condizioni generali sono buone e psicologicamente mi sono lasciata coinvolgere nuovamente
dalla vita, dalla voglia di fare agli altri ciò che è
stato fatto a me, diffondendo questo messaggio
augurio. E per questo sto anche scrivendo un
libro sulla mia esperienza. A tutti coloro che
vivono questi momenti fatti di paura e incertezza consiglio di non lasciarsi prendere troppo da
queste sensazioni che escono anche dalla pelle
in certi momenti. Bisogna farcela, perché la vita
è bella e dopo lo è ancora di più; potrò essere
riconoscente e ringraziare dal più intimo del
cuore il mio donatore, di cui non conosco
l’identità, che con il suo atto d’amore mi ha
fatto nascere di nuovo. Bisogna far tesoro di
questi valori, del coraggio di chi è consapevole
che in questa vita non si è da soli e che bisogna
sempre cercare di fare qualcosa per aiutare chi
soffre, anche dopo la morte, altrimenti inutile.
A coloro che soffrono dono “un sorriso” che
rende felice il cuore e nel ricordo”.
Il Presidente A.I.D.O. Fontanafredda
Edi Fadelli
dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014
32________________________________________________________________________________________________________________________
Il concerto di Natale
sabato 20 dicembre – ore 21:00
Chiesa parrocchiale San Giorgio M. di Fontanafredda
Orchestra giovanile AKROAMA - Pordenone
Ensemble A. B. Michelangeli – Conegliano
Direttore: Alberto Pollesel
Info: tel. e fax 0434 998532 - e-mail [email protected]
orario ufficio: lun. gio. 15:00/19:00 - mar. mer. ven. 9:00/13:00