dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 3 _______________________________________________________________________________________________________________________ In questo numero Cosa abbiamo fatto Drio l’aga .......................................................................................................................... 4 Il concerto a Villa Zilli ...................................................................................................... 5 Forcate .............................................................................................................................. 6 Programmi futuri Lucciolata .......................................................................................................................... 8 Cena di Natale................................................................................................................... 9 Il presepe Pro loco e non solo… ..................................................................................... 10 Concerto di Natale .......................................................................................................... 11 Da Tutankhamon a Caravaggio e Van Gogh .................................................................. 12 Viaggio di primavera ...................................................................................................... 13 Cure termali a Bibione .................................................................................................... 14 Poesia 4° Concorso di poesia “I sapori dell’Acqua” ................................................................ 15 Attualità Il fumo e i giovani ........................................................................................................... 16 La crisi della paternità .................................................................................................... 17 Vita di scuola Quel radioso sorriso ....................................................................................................... 18 Un’idea tira l’altra .......................................................................................................... 19 Pollice verde I grandi alberi europei .................................................................................................... 20 Dal baule di famiglia L’albero di Natale della mia infanzia ............................................................................. 22 Persone e personaggi Sagra nos, polenta e feda ................................................................................................ 24 Dai Soci Giovani, forza dai! .......................................................................................................... 26 “Made in Italy” in miscellanea....................................................................................... 27 Dalle Associazioni Giornata europea per la donazione degli organi ........................................................... 30 dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 4_______________________________________________________________________________________________________________________ Cosa abbiamo fatto Drio l’aga Per chi non conosce la parlata di Fontanafredda: “Seguendo l’acqua” È stata una delle iniziative organizzate per “I Sapori dell’Acqua” 2014, alla quale solo una ventina di persone, purtroppo, ha avuto il piacere di partecipare. Un percorso naturale rigenerante soprattutto dal punto di vista conoscitivo ed emozionale che ci ha fatto riemergere nell’animo sensazioni, ricordi e nostalgie che passo dopo passo procuravano benessere. Dove? Nel territorio di Fontanafredda a due passi da casa nostra. È bastato lasciare l’auto e la strada asfaltata, dove ormai trascorriamo troppo tempo della nostra vita, ed incamminarci tra i campi sull’erba ancora bagnata di rugiada. Raggiunta e scoperta la “Busa de Nart”, una polla di acqua risorgiva, abbiamo seguito il percorso del rio Rizzioli da essa generato. La nostra guida Bruno Spinato, con la sua particolare dialettica, ci invitava a focalizzare l’attenzione su piante, erbe, terra e quant’altro i nostri occhi vedevano, arricchendo quelle percezioni con conoscenze legate alla tradizione locale, ma anche di tipo scientifico, storico, mitologico o di altro genere. Abbiamo incontrato il salice, il platano, l’acacia, l’ontano, il ligustro, il pioppo bianco, il pioppo nero, il sambuco e tanti altri tipi di piante. Ascoltando e osservando, in noi emergevano vaghe conoscenze sedimentate dal tempo e tanti ricordi, ad esempio: la competenza e l’efficienza legate al bastone di sambuco di Edi; i ricordi d’infanzia riguardanti la costruzione e l’uso delle cerbottane di Anto; la tradizione familiare di non uccidere il maiale il giorno di S. Antonio abate e tante altre ancora. Continuando a camminare lungo il percorso, ognuno di noi perdeva l’orientamento spaziotemporale ma si ritrovava sempre più radicato in se stesso. Ognuno approfondiva la propria passione per le piante, ammirando i grandiosi pioppi o il salice secolare; per gli animali, notando gli splendidi riflessi blu delle libellule; per i rapporti umani, apprezzando la piacevole compagnia; per i funghi o per la natura in genere. Abbiamo incontrato l’intervento umano soprattutto nel punto in cui una strada supera il rio mediante un ponte costruito in epoca fascista. Anche chi ha percorso più volte la via Rizzioli ha potuto vedere quel ponte da una prospettiva completamente diversa ed osservare uno scenario inaspettato. Da sotto, infatti, è possibile vedere la bella cascatella che si forma e ascoltare, ad occhi chiusi, il rilassante scrosciare dell’acqua. Alla fine del nostro percorso, quando il rio Rizzioli cede le sue acque al rio Guizza di maggior portata che ha la sua sorgente nei pressi della stazione di Fontanafredda, è arrivato il momento del pranzo. Anch’esso è stato un’esperienza unica, non tanto per il cibo gustoso e genuino che di solito ricerchiamo in ristoranti di fiducia, ma soprattutto per la “location”. La sala da pranzo, costruita dall’architetto più capace ed esclusivo che opera da millenni: Madre Natura, aveva un soffitto di cielo velato da nubi leggere con raggi di sole che filtravano tra le fronde dei pioppi; un pavimento di terra umida coperta da erbe spontanee e pareti verdi di cespugli e foglie con lo scorrere fresco e rilassante del rio. Oltre alla parte architettonica, alcuni arredatori e fedeli collaboratori di Madre Natura avevano allestito l’efficiente cucina e la comoda sala da pranzo. Il tutto, com’era comparso all’alba, è svanito nel pomeriggio lasciando sul posto solo erba falciata di fresco e terra calpestata come unica traccia di un momento di vita che resterà sicuramente a lungo nell’animo di chi l’ha vissuto. Fernanda Vendrame dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 5 _______________________________________________________________________________________________________________________ Il concerto a Villa Zilli Tanti aspetti hanno concordato a fare di questo concerto un evento indimenticabile. Innanzi tutto la professionalità dei concertisti, la dolce potenza vocale del soprano Paola Crema, quella melodiosa e a volte struggente di Francesca Smiraglia, la giovane ragazza di cui tutti siamo, in modo diverso, innamorati e a fare di tutti un Unicum…Arno Barzan che pare dotato della capacità di superare ogni volta se stesso senza averne consapevolezza. Il tutto innescato in un terreno tematico che sempre commuove: “La Grande Guerra”; il concerto avvalorato anche dal titolo: “Note dal fronte”. La caratteristica di questi incontri musicali è stata da sempre il raffronto tra la musica dotta, classica e la musica moderna. Da questa unicità il loro fascino. Per me, il giudizio è personale, quest’anno c’è stata solo musica “dotta”, diversamente dotta. In quale altro modo definire la canzone d’inizio “Fili d’oro” e poi “Cara piccina”? Francesca a trasportarci in un mondo lontano, ma sempre attuale, vagheggiato con pudore nostalgico. La voce soave e vibrante, accompagnata dallo sguardo carezzevole di occhi limpidi e dolci, dal movimento delle piccole mani che seguono le note con la levità di petali di ninfee che si muovono seguendo il tremolio della superficie del piccolo lago. Gli strumentisti a creare un’atmosfera di sogno e un po’ da fiaba con la loro gestualità pacata e misurata a ispessire ulteriormente la melodia dei loro strumenti. E sull’altro fronte il brano “Cuori veneziani” a far sentire sulla pelle il tremendo soffio del vento di guerra. E successivamente la Serenata di Mascagni a far provare intenso lo struggimento della lontananza. Subito dopo la suggestione che il pianista, Matteo Andri, aveva diffuso andava tramutandosi in accorata tensione mentre le mani volavano sulla tastiera con la levità di piume che si portavano appresso la sapienza del cuore. Al brano “Ai preat la biele stele” ho pregato con la voce del cuore il Signore, solo a lui in questo tragico momento credo ci si possa appellare, che faccia scendere su chi comanda e chi subisce la sua voce “che atterra e suscita, che affanna e che consola”. A chiudere “Stelutis Alpinis” ha velato gli occhi e fatto sentire al tatto la vellutata consistenza dei petali che sulle montagne palpitano del sanc di chi è morto senza fama e senza nome sacrificato dall’orgoglio feroce (o ferocia orgogliosa?) di chi comanda. Anche il tramonto si è attardato, aggrappato come noi ad un’atmosfera evocativa struggente che la musica, quella musica, aveva creato. Lidia Sfreddo FOTO dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 6_______________________________________________________________________________________________________________________ Forcate In occasione dei festeggiamenti per i 60 anni dall’arrivo delle famiglie pioniere a Forcate, Olivo Durigon (Ivo) è intervenuto raccontandoci la nostra storia, in particolare quella del Club 3P. “Se siamo qui oggi a ricordare i 60 anni trascorsi a Forcate è merito della Proloco di Fontanafredda, e al suo presidente, sempre così attento alla ricorrenze. Dieci anni fa in occasione della Mostra Regionale del Kiwi abbiamo festeggiato i 50 anni, diciamo, delle nuove Forcate. Tra le altre cose fatte in quella manifestazione, riuscita molto bene (a parte il vento e la pioggia), è stato inaugurato il cippo a ricordo di quell’anniversario e la presentazione del libro “Le Forcate, da brughiera a campi coltivati”. Ora 60 anni ci separano da quel lontano 1954. Il presidente Della Flora non voleva che questo passaggio fosse dimenticato. Ha parlato con alcuni di noi, e sentito l’interesse che c’era, ha organizzato una riunione “al Faro”, invitando le famiglie di Forcate per organizzare tutti assieme questo evento. In quella riunione Edi Della Flora ha fatto delle proposte, e mentre stavamo discutendo per capire come meglio si poteva svolgere quella giornata, entrarono due balde e brave ragazze, con tanta voglia di fare e sapere cos’era stato per noi giovani di allora il Club 3P (tre P sta per PROVARE PRODURRE per PROGREDIRE). Tanto ne hanno sentito parlare, visto delle foto e letto il libro, che chiesero perché non si facesse qualcosa che raccontasse quello che il Club 3P ha fatto in quegli anni. Queste due ragazze sono Beatrice Stella e Valentina Scorzato. Tra i presenti a quell’incontro c’erano alcuni ex 3P, tutti entusiasti della proposta fatta dalle ragazze. Da subito loro con il presidente iniziarono a dire: “Facciamo così, facciamo colà! Io faccio questo tu fai quello!” e chiedere la disponibilità e i ricordi di quegli anni nel 3P ai presenti. A Berto, a Egidio, a Paolino, a Remigio, a Onorino Miotti, al sottoscritto, chiedendo aiuto a Paolo Lot, che è sempre presente disponibile e bene informato. Vollero vedere altre foto, vollero sapere perché e come è sorto, cos’era in pratica questo 3P. A me hanno dato questo compito. Come spesso accade entra il gentil sesso e giustamente le cose cambiano quasi sempre in meglio, danno dei consigli e noi maschi li eseguiamo! E così è stato anche questa volta. Il Club 3P è stato costituito nel mese di ottobre nel 1967. La Coldiretti di Pordenone organizzò un incontro tra tutti i giovani agricoltori del comune di Fontanafredda. A Forcate la proposta era di creare un gruppo con l’aiuto dell’Ispettorato dell’Agricoltura di Pordenone che avrebbe messo a diposizione un tecnico agricolo, tale Rino Pandolfo, che ci potesse guidare tecnicamente nel lavoro. Subito si formò il gruppo, al quale aderirono 17 giovani. L’attività di questo gruppo era: la sperimentazione e la ricerca tecnico-economica in agricoltura, tra cui viticoltura, frutticoltura, zootecnia, cerealicoltura; incoraggiare la realizzazione di forme associative volte a colmare le inefficienze tecnico produttive e una realistica presa di coscienza che poteva portare a una crescita dell’agricoltura; l’assistenza tecnica, la cui importanza ne fa un fattore di produttività e qualità essenziale in ogni tempo, soprattutto in tempi di rapido avanzamento tecnologico come il nostro. La prima riunione del Club è stata fatta nel febbraio 1968 presso la Cooperativa di Forcate, lì era la nostra sede. Il tecnico Rino Pandolfo tra le altre cose ci propose di fare un campo prova mais, ci avrebbero fornito il seme e i concimi chimici. Abbiamo preso un ettaro di terreno in affitto e domenica 23 aprile 1968 17 baldi giovani con 17 trattori e 17 rimorchi di letame (oggi si direbbe 17 trattorini e 17 rimorchietti) incominciarono a spargere il letame con la forca a mano; poi c’era chi arava, chi spargeva concime, altri seminavano, rullavano, diserbavano, così a mezzogiorno tutto era finito. Erano bravi ragazzi quelli! Quella prima prova diede ottimi risultati per quei tempi, ed è rimasto ancora nei ricordi dei componenti di quel gruppo di 17 il tipo di seme piantato, i quintali prodotti. Era un sogno arrivare ai 100 ql/ha all’epoca, ma li abbiamo superati, di poco, ma superati. Il numero di piante per m2, dicevano gli anziani di allora, erano troppo fitte e che non ci sarebbe stata una buona produzione. Rileggendo i risultati di quella prova, dopo 46 anni, due sono i dati che più mi hanno colpito: il costo del seme incideva del 3,5% sul totale della positività, oggi invece siamo sul 18-20%, questi sono i benefici delle multinazionali; l’altro dato è l’utile netto di 162.386 lire, sono circa 85€ di oggi (per avere dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 7 _______________________________________________________________________________________________________________________ un’idea del valore dei 162.386 lire di allora mia madre nel 1968 prendeva 15.000 lire di pensione al mese). Quel gruppo forte di queste prime prove con un ottimo risultato si riunì molte volte, discusse anche animatamente, informò altri giovani che si aggiunsero al Club, altre prove si fecero su mais, su grano duro, su frumento, su vigneto, su soia, che pur avendo ottenuto un buon risultato non siamo riusciti a venderla perché nessuno la voleva e non sapevano come trattarla e cosa farne (forse avevamo anticipato troppo i tempi) e di conseguenza non c’è il risultato economico. Il Club 3P oltre alla sperimentazione organizzava a Forcate il “Panevin”, la giornata del Ringraziamento, cena annuale, squadre di calcio, fece il primo campo sportivo, i carri mascherati, Mostra del Vino, gimkane di trattori, gimkane automobilistiche, corse ciclistiche. Organizzammo viaggi di studio in Italia e all’estero, corsi di aggiornamento, visite a fiere, incontri con tecnici agricoli, dibattiti, visite a campi prova, lo ha ricordato bene anche l’assessore Franco Anese in un recente incontro nella sala del Municipio a Vigonovo. Il Club 3P in collaborazione con la Commissione Comunale dell’Agricoltura e il Circolo Culturale ha fatto un’inchiesta (o censimento) per conoscere la situazione agricola del comune. I dati emersi sono serviti per preparare la conferenza comunale che si è svolta nella sala a Vigonovo. Con la presenza dell’assessore all’agricoltura del tempo Del Gobbo. Tutte queste attività si sono fatte per una decina di anni. Si è trattato di una fase molto intensa e partecipata, che intendeva rispondere alla qualificazione professionale e al contributo al cambiamento di prospettiva importante per la nostre aziende. Certo i componenti del 3P si ricorderanno quante serate passate assieme, quante braciolate, quante angurie mangiate, quante birre e Coca Cola bevute nel lavoro dei campi prova, nei carri mascherati, e in tutte le altre attività. Tutte queste attività assicuravano la vitalità del gruppo! Credo qualsiasi persona fosse passata di qua negli anni ‘50-’60 e si trovasse per caso a ripercorrere oggi le strade che da Vigonovo, Talmasson o Fontanafredda portano a Forcate troverebbe il cartello con la scritta Forcate, da prateria a terra di sapori, e avrebbe difficoltà a dare lo stesso nome a due paesaggi così diversi. Questo dimostra quali cambiamenti sono avvenuti in questa zona. Certo il Club 3P ha contribuito a questi cambiamenti. In quel periodo aveva assunto ruolo di area pilota nel circondario per la quantità e qualità di prove, e per le altre attività che si facevano. Beatrice e Valentina, a grandi linee questo era il Club 3P. Vi ringrazio per aver voluto che ricordassimo e per averci spronato a rivivere quegli anni. Ora che abbiamo voluto questa festa non possiamo sfuggire ai quesiti che essa sempre reca, forse non occorre ripetere quanto fragile sia diventato il piedistallo della sapienza tradizionale che il padre trasmette al figlio, ma quando una comunità riflette sul suo passato operoso diventa un momento importante, che forse permette di ritrovare l’entusiasmo che i giovani hanno disperso”. 1954 – arrivo a Forcate delle 29 famiglie totali 201 persone 17/3/1955 – costruzione Cooperativa con una tettoia di legno e diversi attrezzi agricoli lasciati dall’Ente Nazionale per le Tre Venezie 1956 – costruzione capannone 1957 – prima mostra bovina 1958 – aperture spaccio generi alimentari e altre piccole cose 1960 – prima Mostra del Vino 1962 – arrivo acquedotto 1965 – le Forcate erano collegate con il telefono pubblico nello spaccio della cooperativa 1967 – è sorto il Club 3P 1972 – prima strada asfaltata, via Baracca 1973 – asfaltatura via Gortani 1974 – asfaltatura strada Canal Maggiore 1975 – asfaltatura via Bellini 2004 – 50° anniversario delle Forcate e mostra regionale del kiwi 2014 – 12 ottobre, 60° anniversario delle Forcate e ricordo del Club 3P Molti durante e dopo queste parole si sono commossi. Grazie Ivo per aver ricordato la nostra storia. GRAZIE! dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 8_______________________________________________________________________________________________________________________ Programmi futuri Lucciolata dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 9 _______________________________________________________________________________________________________________________ Cena di Natale sabato 13 dicembre 2014 – ore 20.00 Ristorante “Cial de Brent” Polcenigo Menù Aperitivo del benvenuto con calice di prosecco, verdure dorate, olive ascolane Culatello di Sauris, girello di manzo marinato agli agrumi e crostino ai funghi chiodini e brie Risotto radicchio, noci e taleggio Crespelle ai carciofi Tagliata di manzo all’aceto balsamico e rucola Sorbetto al limone Millefoglie con crema chantilly e scaglie di cioccolato Acqua minerale Vini “Selezione Cial” Moscato con il dolce Caffè Digestivo Quota di partecipazione: € 33,00 Iscrizioni, preferibilmente, entro il 9 dicembre presso: - Pro loco - Edicola Da Pieve - Fontanafredda dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 10 _______________________________________________________________________________________________________________________ Il presepe Pro loco e non solo… Il presepe che per la VIIª edizione la Proloco di Fontanafredda realizzerà grazie al gruppo “Amici del presepe” quest’anno verrà esposto presso la sede “Ca’ Anselmi” (via Grigoletti, 11). L’inaugurazione si terrà domenica 21 dicembre alle ore 17.00 Gli orari di apertura per la visita saranno esposti sulla porta d’ingresso o consultabili sul sito della Proloco www.prolocofontanafredda.com (sezione news). Ricordiamo inoltre che nel nostro territorio sono visitabili il presepe della parrocchia S. Giorgio Martire a Fontanafredda, il presepe della parrocchia S. Maria Assunta a Vigonovo e il presepe della parrocchia Beata Vergine della salute a Ceolini, ubicati nelle rispettive chiese parrocchiali. A Vigonovo il 24 dicembre dalle ore 21.00 alle 24.00 viene proposto da alcuni anni il Presepe vivente. Tutte queste “opere uniche”, fanno parte del progetto “Giro Presepi in Friuli Venezia Giulia”, progetto che promuove la ricca tradizione presepiale del nostro territorio regionale. Maria Antonia Guadagnin …Sul filo della storia Quest’anno presso la “Sala polifunzionale ex latteria turnaria” di Ranzano troverà collocazione un originale presepe dedicato a Lucia Savio dal titolo “Sul filo della storia”. La signora Savio, classe 1928, oltre ad essersi occupata con il fratello della conduzione della famosa azienda tessile locale, maturò anche una passione personale per la lavorazione della lana iniziando un progetto, quello del presepe di famiglia PuragliesiSavio, che portò avanti per vent’anni. Il presepe è costruito interamente in filo di lana, dai molteplici e brillanti colori, lavorato a maglia. Molte sono state le ore di lavoro impiegate dalla signora Lucia per raggiungere tale complessità esecutiva, pezzo dopo pezzo: dalla Capanna alle statuine, dall’ambientazione pavimentale con prati e fiori agli alberi e agli animali, cammelli compresi! Nel complesso si contano ben 137 figuranti di cui si ha una descrizione minuziosa in un manoscritto lasciato dalla stessa autrice. Alla morte della signora Savio e del Cav. Puragliesi il presepe è stato donato all’Associazione Organizzatori Ranzano che, data la magnificenza e la laboriosità dell’opera, ha deciso di esporlo durante le festività natalizie perché tutti ne possano ammirare la creatività e l’originalità. L’iniziativa rientrerà anche nell’XI ed. “Giro Presepi in Friuli Venezia Giulia 2014-2015”. L’inaugurazione avverrà sabato 13 dicembre alle ore 18:00. L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 18 gennaio 2015. Tutti gli orari saranno consultabili nel sito www.ranzano.org. Natale 2014 senza luminarie Quest’anno Fontanafredda non sarà illuminata da decorazioni luminose. Si interrompe così una consuetudine nata nel 1987 per iniziativa fortemente voluta dalla Pro loco sin dalla sua costituzione, e da allora sempre realizzata in occasione delle Festività natalizie. Come ogni fine anno eravamo pronti a fare la nostra parte: messa a disposizione delle figure luminose e dei festoni di luci, capillare manutenzione preventiva degli stessi, installazione e collegamento, direttamente ove possibile, diversamente in aiuto al personale del Comune. A seguito di domanda di autorizzazione alla messa in opera degli addobbi e richiesta di disponibilità dell’autocesta con manovratore ed elettricista, l’Amministrazione comunale ha risposto in modo negativo adducendo le seguenti motivazioni: - al momento l’impiego del personale dipendente deve far fronte ad altre priorità; di conseguenza non potrà svolgere la prestazione richiesta; - l’attivazione della fornitura straordinaria di energia elettrica atta ad alimentare le luminarie dalla rete pubblica sarebbe costata non poco; denari che, nell’attuale situazione economica, l’Amministrazione ritiene opportuno non spendere. dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 11 _______________________________________________________________________________________________________________________ Concerto di Natale sabato 20 dicembre ore 21:00 Chiesa San Giorgio Martire Messiah di Georg Friedrich Händel Orchestra giovanile AKROAMA - Pordenone Ensemble A. B. Michelangeli – Conegliano Direttore: Alberto Pollesel Programma musicale - Ouverture - O thau that tellest - For unto us a Child is born - The Lord gave the word - Since by man came death - Glory to God Seguiranno altri brani della tradizione natalizia. Presentazioni: L’Orchestra d’Archi Giovanile Akroama nasce a Pordenone nel 2001 dall’incontro di giovani studenti uniti dalla curiosità di mettere a frutto i propri studi musicali nell’ambito di una dimensione collettiva. Il repertorio spazia dalla musica classica alla musica da film e cartoon, alle favole musicali, allo swing e alla musica leggera. Frequenti sono inoltre le esecuzioni di musica sacra e non, con la partecipazione di cantanti solisti e di gruppi corali tra i quali il Coro "Vincenzo Ruffo" di Sacile, l'Insieme Vocale Città di Conegliano, ed il Midway Chorus di Cordenons. L’Ensemble Arturo Benedetti Michelangeli è formata da ragazzi dell’Istituto Musicale, con la partecipazione di studenti provenienti da altri Istituti e la collaborazione attiva con l’orchestra giovanile d’archi “Akroama” di Pordenone. Ha un organico stabile di 20 elementi, al quale si aggiungono altri strumenti in base al repertorio. Affianca studi dei grandi autori classici a musica leggera del ‘900 e musica da film, a seconda delle occasioni. Il M° Alberto Pollesel, musicista e direttore d’orchestra di fama internazionale, dirige entrambe le orchestre con l’entusiamo e col pensiero che la musica trasforma in note tutte le esperienze quotidiane e ci regala emozioni che persino noi stessi talvolta pensiamo di non poter vivere. Ingresso libero dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 12 _______________________________________________________________________________________________________________________ Da Tutankhamon a Caravaggio e Van Gogh La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento Vicenza – sabato 14 febbraio 2015 Centoquindici opere che racconteranno l'immagine della sera e della notte nell’intera storia dell’arte, partendo dagli Egizi per giungere fino alle esperienze pittoriche più recenti. Questa sarà l’audace proposta espositiva 2015 della città di Vicenza firmata da Marco Goldin. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: reperti e statue egiziane, tra i quali spicca la testa del Re bambino Tutankhamon; molti capolavori di Giorgione e Caravaggio, Tiziano, El Greco e Tintoretto che indugeranno sulla suggestiva atmosfera delle figure collocate in ambienti notturni; per poi passare ai paesaggi serali del XIX con Turner e Friederich, Corot e Millet, Van Gogh e Mondrian, fino all’astrattismo della seconda metà del Novecento con Morris Louis, Rothko e De Staël… solo per citarne alcuni. Insomma una mostra che promette essere un’interessante passeggiata “al chiaro di luna” nella storia dell’arte. Cosa visiteremo: Mostra “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh”, Basilica Palladiana Il dipinto “La cena di San Gregorio Magno” del Veronese nel Santuario della Madonna di Monte Berico La Villa di Valmarana “Ai Nani”, interno ed esterno Vista panoramica della Villa “La Rotonda” La mostra e i luoghi visitati verranno illustrati da guide locali. Programma: Partenza dalla Piazza Saint Jean (affianco al Campanile) di Fontanafredda: ore 7:30 All’arrivo a Vicenza: visita al dipinto del Veronese, alla Villa Valmarana “Ai nani” e visita esterna alla Villa “La Rotonda” Pranzo libero Entrata alla mostra: 1° gruppo, max 25 persone, ore 14:15 circa 2° gruppo, max 25 persone, ore 14:30 circa Un’ora circa di tempo libero (shopping, ecc.) Partenza da Vicenza ore 17:00-17:30 Costo: € 43,00 La quota di partecipazione comprende: viaggio in pullman; le guide; biglietto di ingresso alla mostra; visita al dipinto del Veronese, alla Villa Valmarana e visita esterna a “La Rotonda”. Iscrizioni: Le iscrizioni sono aperte fino ad esaurimento posti prenotati e preferibilmente entro il 30 dicembre 2014. Ci riserviamo di annullare la visita, qualora non si raggiunga il numero minimo di 40 partecipanti. dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 13 _______________________________________________________________________________________________________________________ Viaggio di primavera Viaggio in Südtirol Venerdì 1 maggio 1-2-3 maggio 2015 Convocazione dei partecipanti in piazza St. Jean a Fontanafredda e partenza ore 6:00 con bus granturismo via Belluno, Valsugana, Trento, sino a Merano. Visita ai Giardini di Castel Trauttmansdorff: 12 ettari annoverati tra i migliori parchi e giardini a livello mondiale, un anfiteatro di ambienti botanici provenienti da tutto il mondo. Il versante meridionale dei Giardini ricrea l'inconfondibile immagine del sud. L’area dei “Boschi del mondo” raccoglie invece le specie di quasi tutti gli ambienti boschivi del pianeta. E ancora, giardini acquatici e terrazzati, scalinate e rivoli d’acqua, giardini dei sensi con effluvi profumati… e un tripudio di fiori! Pranzo al ristorante del parco. La visita ai giardini continua con il museo dei costumi dell’Alto Adige. Nel tardo pomeriggio passeggiata nel centro storico di Merano, lungo il Passirio, Kursaal e i sentieri dell’imperatrice Sissi. Sistemazione in hotel, cena e pernottamento. Sabato 2 maggio Visita alle Miniere di Monteneve. A un’altezza di 2000 fino a 2500 m nella montagna che divide la Val Ridanna dalla Val Passirio, seguiremo un percorso alla scoperta di uno tra i più vasti e antichi complessi minerari d’Europa per l’estrazione dell’argento e della galena. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita al centro storico di Bolzano e al museo di “Ötzi - l’Uomo venuto dal ghiaccio”. Ötzi è una delle mummie più famose e importanti del mondo. Il suo ritrovamento è unico e particolare perché quest’uomo – improvvisamente strappato alla vita – si è conservato perfettamente, con tanto di vestiario ed equipaggiamento completo. Cena e pernottamento in Hotel. Domenica 3 maggio Visita ai famosi meleti della Val di Non e al Santuario di Romedio definito il più caratteristico santuario d’Europa per la sua aspra bellezza: rappresenta il simbolo del Trentino, arrampicato su un ardito scoglio calcareo nel mezzo di una forra selvaggia, isolato e lontano dai centri abitati. Da lontano si scorgono le sagome dei luoghi dove si svolsero i maggiori processi di stregoneria del Trentino, ma soprattutto ammireremo lo splendido panorama delle “strade del vino”. Pranzo in ristorante. Pomeriggio visita al Muse: questo museo della scienza di Trento, avveniristico progetto di Renzo Piano, aperto il 27 luglio 2013, è un’ardita costruzione di ferro e legno, con spazi dedicati alla multimedialità e all’interattività. Nella sala centrale gli animali sono “sospesi nel vuoto” e disposti in base alla quota in cui vivono, dalle vette alpine alla pianura. COSTO € 340,00 TUTTO COMPRESO (suppl. singola € 60,00) Iscrizioni e acconto € 100,00 entro il 28 febbraio 2015. Saldo entro il 10 aprile. Numero minimo partecipanti 40. Il mancato raggiungimento del numero minimo comporterà l’annullamento dell’iniziativa e la restituzione dell’importo versato. Info: tel. e fax 0434 998532 – e-mail [email protected] N.B.: Per chi fosse interessato sin d’ora, confermiamo l’intenzione di far visita all’EXPO di Milano a fine agosto-inizi di settembre, in ogni caso prima dell’inizio dell’attività scolastica. dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 14 _______________________________________________________________________________________________________________________ Cure termali a Bibione Presso il Centro Termale di Bibione, aperto tutti i giorni da domenica 23 marzo a sabato 29 novembre 2015, viene praticato ogni tipo di trattamento terapeutico: fangoterapia, massoterapia e riabilitazione cardiovascolare, cure inalatorie, riabilitazione respiratoria, cure otorinolaringoiatriche. Ritenendo di fare un servizio ai nostri iscritti che possano essere interessati, la Pro Fontanafredda si propone di organizzare un primo ciclo di cure termali con trasporto a mezzo pullman, completo di visita medica di ammissione (obbligatoria) e 12 sedute di cure continuative. Periodo: - visita medica mercoledì 13 maggio 2015; - ciclo di 12 cure da domenica 17 maggio a venerdì 29 (sabato escluso). Orario (con numero di fangoterapie non superiore a 25): - partenza in pullman da Ca’ Anselmi ore 9:00 - inizio cura ore 10:30 - fine cura ore 12:30 - rientro a Fontanafredda ore 13:30 circa Condizioni: 13 viaggi di andata e ritorno; quota pro capite € 95,00; cure a pagamento sconto 15% sui prezzi di listino del Centro Termale. Precisazioni: - l’iniziativa avrà luogo solo al raggiungimento di 50 adesioni; - ogni interessato dovrà sottoscrivere un modulo di iscrizione, disponibile in sede Pro loco, nel quale dovrà indicare il tipo di prestazione termale richiesta; - le prenotazioni dovranno pervenire entro il 30 gennaio 2015. La conferma definitiva, o l’annullamento, dovrà avvenire entro il 30 marzo. - per fruire di cicli di cura convenzionati (uno all’anno) è sufficiente la ricetta/prescrizione rilasciata dal medico di famiglia. Rimangono a carico dell’interessato il costo della visita medica, l’eventuale pagamento di ticket e le prestazioni di massoterapia. N.B.: ci riserviamo di comunicare agli interessati ulteriori dettagli e/o possibili variazioni di programma. Per ogni chiarimento o informazione potrete contattare la segreteria della Pro Fontanafredda: Tel. 0434 998532 - Orari di apertura LUN-GIO dalle 15:00 alle 19:00, MAR-MER-VEN dalle 9:00 alle 13:00 dimensione Pro loco Fontanafredda – 42 – dicembre 2014 15 _______________________________________________________________________________________________________________________ Poesia 4° Concorso di poesia “I sapori dell’Acqua” “Acqua arrabbiata” Poesia prima classificata sezione junior Il rap dell’acqua arrabbiata Acqua arrabbiata che sei come un ladro, rubi la vita delle persone. Sei scura e violenta, con le tu onde piangi, mugoli senza mai pace, a grandi e bambini, fai molta paura, infliggi dolore, sconvolgi la natura. Con forza e violenza sei costretta ad ingoiare in gorghi e mulinelli tutto ciò che fa inquinare. Sei acqua arrabbiata, anche per questo… ci pensi, ogni uomo… e lo faccia presto! Angelica Fedrigo, Andrea Spimpolo, Sara Tonello, Ludovico Vincenzi della Scuola Primaria di Pravisdomini dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014 16 ________________________________________________________________________________________________________________________ L’anno scorso, al nostro concorso di poesia, al poeta Orfeo Mazzi è stato attribuito il terzo premio. Tempesta sul mare Le onde irritate, convulse, cavalcano sul mare, Quest’anno è stato lui a volerci premiare (celebrazioni concluse) con una poesia che è un fiotto dell’anima. La pubblichiamo per condividerne l’emozione con i nostri affezionati e sensibili lettori. Il tema del concorso era “Acqua arrabbiata”. con lunghi sogghigni di neve. E’ un gregge impazzito che avanza, si gonfia ai morsi del vento, con cupo fragore s’infrange sulla scogliera che trema. Orfeo Mazzi Attualità Il fumo e i giovani Da ex-fumatore, ma che ha smesso tanti anni fa, mi sento di fare un appello ai giovani contro questo vizio, come è universalmente denominato. Fumare non “serve” a nulla, non ha il minimo vantaggio, ma solo svantaggi e controindicazioni. Il mio vecchio insegnante di coltivazioni erbacee all’Università di Padova, professor Toniolo, teneva sempre a fine corso la trattazione del tabacco e dato che esordiva con la descrizione della utilità intrinseca di ogni coltura, del tabacco diceva: non so dirvi a cosa serve, ma io se la mattina non bevo due caffè e fumo tre sigarette, non riesco a lavorare. In realtà la pianta del Tabacco importata dalle Americhe durante i viaggi di Colombo, trovò anche un impiego con l’estratto dalle foglie, quale insetticida, soppiantato successivamente dai prodotti di sintesi. Ma il fumo, appunto non serve a niente, solo a far male. Si impara, si comincia a fumare quasi sforzandoci, non se ne avverte il bisogno, lo si fa per sentirci “grandi”, più adulti. Vedo ragazzi e ragazze giovanissime che sono alle prime sigarette, lo si capisce da come le tengono in mano, in modo maldestro perfino ridicolo e da come sbuffano il fumo dal naso senza aspirarlo. Ma è lì che il tabacco ti frega, la nicotina infatti forma rapidamente dei legami chimici a livello dei neuroni, così forti e potenti, tanto da scalzare i naturali legami endorfinici, ai quali poi resistere è molto difficile. Si crea cioè una dipendenza che diventerà la chiave per fumare ancora, per vincere l’astinenza, per soddisfare la richiesta di nicotina che sempre più prepotente parte dal cervello drogato, perché di vera e propria droga si tratta. La potenza di questi legami, a livello neuro ormonale, è superiore a quelli che i neuroni hanno con le altre sostanze dedicate naturalmente al funzionamento del cervello, questo spiega la difficoltà a controllare, anche a distanza di tempo la voglia di fumare. Diceva Oscar Wilde: smettere di fumare è la cosa più facile del mondo, io stesso ci riesco tutti i giorni. Appunto! Tornando anni fa da Londra con un volo su Venezia, scese davanti a me una signora inglese che era in preda ad una vera e propria crisi di panico: era agitatissima, al limite del pianto, stravolta. Le chiesi se potevo fare qualcosa: mi mostrò trionfante una sigaretta. Avevano appena proibito il fumo a bordo degli aerei e lei non fumava da più di due ore! Da giovani con il fisico al massimo delle sue potenzialità, si pensa che il fumo non faccia niente, invece il fumo invecchia, lentamente mina l’organismo e alla fine presenta sempre il conto! Anto Zilli dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 17 ________________________________________________________________________________________________________________________ La crisi della paternità La “crisi” è una dimensione che caratterizza la nostra realtà e che spesso è ricondotta solo ad argomenti di ordine economico e finanziario. La crisi economica però non è che l’effetto di una crisi ben più profonda che interessa l’uomo e di cui hanno scritto recentemente autori del calibro di Martha Nussbaum, Zygmunt Bauman, degli italiani Ducio Demetrio, Ferruccio Capelli e Sergio Tramma. L’adultità è oggi caratterizzata da precarietà ed incertezza, individualismo, mancanza di certe prospettive future, timore di ricoprire ruoli di responsabilità, come quella educativa. Uno dei ruoli adulti certamente più vulnerabile risulta essere quello paterno. La paternità è al centro di profondi cambiamenti come dimostrano le numerose pubblicazioni che negli ultimi anni hanno studiato il ruolo del padre. A questo proposito ricordiamo due recenti opere di Massimo Recalcati, nelle quali lo psicanalista italiano denuncia proprio il venir meno della funzione educativa del genitore maschio e del suo ruolo di testimone, parlando di una vera e propria “crisi della paternità” in atto. Parlare di paternità implica però anzitutto “volgere lo sguardo indietro” al ruolo che il padre ha rivestito nella storia dell’uomo. Per prima cosa ci chiediamo: il padre è sempre esistito? Alcuni storici, come Jacques Dupuis e Dieter Lenzen, ipotizzano che la figura del padre non sia sempre esistita a causa di una presunta ignoranza del nesso tra atto sessuale e fecondazione e che la scoperta della paternità sia avvenuta tra il V e il IV millennio a.C. La paternità sarebbe stata una scoperta rivoluzionaria che cambiò l’assetto delle comunità e accentrò nel padre il potere politico, economico e religioso. Se sulla preistoria possono essere fatte però solo ipotesi, dati più certi giungono sulla paternità in epoca romana: il pater familias comandava con autorità assoluta su parenti, schiavi, figli legittimi e illegittimi (riconosciuti), sui quali esercitava svariati diritti di vita e di morte. L’autorità paterna era esercitata non solo nella famiglia ma anche nella vita politica ove il padre era riconosciuto socialmente come indiscussa figura di potere. Anche se più tardi, con l’avvento del Cristianesimo, il potere assoluto del padre iniziò ad essere messo in discussione, il suo ruolo mantenne tali connotati anche nel Medioevo, periodo in cui sono celebri gli accordi tra capi famiglia per il destino dei figli, come accadeva per i matrimoni combinati. Si dovrà aspettare il Rinascimento (XVII e XVIII secolo) perché il potere paterno inizi ad attenuarsi, accompagnato dal diffondersi di una nuova concezione di famiglia - che da allargata si fa coniugale - e di una maggior attenzione per la protezione e la cura dell’infanzia. Nonostante ciò, per secoli il padre non ha mai cessato di esercitare un ruolo autoritativo su tutti i membri della famiglia, mantenendo il ruolo di “capo” indiscusso e di responsabile nell’educazione dei figli. È solo con la rivoluzione industriale che ha inizio il tramonto del padre tradizionale. Tre sono gli eventi che innescano il lungo ma determinante cambiamento di questo ruolo: - la rivoluzione industriale che costringe il padre ad allontanarsi dalle mura domestiche incrementando l’incidenza della madre nell’educazione dei figli; - le guerre mondiali che allontanano definitivamente i padri dal focolare domestico per un lungo arco di tempo in cui le madri devono ricoprirne il ruolo in famiglia divenendo la figura educativa per eccellenza; - gli anni della contestazione e del femminismo che ne indeboliscono il ruolo autoritario sulla scia delle correnti permissive che rivendicavano alla persona libertà d’azione, capacità di farsi norma da sé e liberazione dalla tradizione; gli anni della contestazione coincidono con la deistituzionalizzazione del matrimonio e l’introduzione del divorzio. La rapidità dei cambiamenti e la nuova posizione assunta dalla donna nella famiglia e nella società hanno portato ad un rimodellamento dei ruoli coniugali e genitoriali. In tutto questo i padri hanno ereditato uno schema di paternità tradizionale che non era più adatto alle trasformazioni in atto, ritrovandosi il compito di tracciare una nuova strada. Tale prospettiva ha lasciato spazio a diversi modi di fare il padre. In generale si rileva come la paternità oggi oscilli tra l’assenza e l’eccessiva presenza. Da una parte ci sarebbero infatti i padri assenti, dall’altra i cosiddetti “mammi”, surrogati della presenza femminile, in mezzo una nuova paternità in costruzione testimoniata soprattutto dai padri soli (separati o divorziati). [continua nel prossimo numero] Barbara Sgorlon dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 18 ________________________________________________________________________________________________________________________ Vita di scuola Quel radioso sorriso Molti, moltissimi hanno conosciuto la maestra Carmen: per molti anni aveva insegnato inglese, in varie sezioni, poi, causa restrizioni, era passata al percorso didattico curricolare. Le sono stata collega per una ventina d’anni. Aveva un carattere spigoloso, rude o forse semplicemente si sfogava brontolando: contro il Ministro dell’istruzione per primo colpevole di chiedere sempre ulteriori incombenze burocratiche che non portavano nessun utile all’utenza, ma gravavano noi insegnanti di ulteriori impegni; contro i direttori che si sono succeduti nel tempo cui, diceva lei, risultava antipatica per la sua schiettezza. Brontolava anche con noi colleghi incolpandoci di essere troppo accondiscendenti e remissivi nei riguardi delle autorità. Con me ce l’aveva perché non aderivo mai (quasi) agli scioperi. Però l’unica volta che mi sono ammalata e sono stata ricoverata trascorreva il pomeriggio a tenermi compagnia. Parlavamo soprattutto di viaggi: passione comune molto più realizzata da parte sua. Ogni estate mi facevano sognare le sue cartoline: un tempio birmano immerso nella foresta, spettacolari complessi archeologici dello Yucatan, moschee dell’India, perfino del Vietman. Aveva una sua teoria: avrebbe lasciato i posti più accessibili per quando fosse diventata vecchia. Anche con i suoi alunni brontolava, ma loro avevano tutta l’aria di non sentirla. Perfino alla ricreazione, nel momento del caffè, arrivavano in tre o quattro a chiederle di dirimere una questione o organizzare una gara. Stessa cosa in classe quando mi capitava qualche volta di entrare per una circolare o una comunicazione di servizio: sempre un’atmosfera serena, ma regolarmente qualcuno le si avvicinava, lei con le braccia tese in avanti e sventolando le mani nel gesto di allontanarli: “Mi lasciate un attimo in pace, petulanti!”. Loro, imperterriti, si fermavano accanto in attesa di essere ascoltati. Poi io sono andata in pensione, ma ci vedevamo con una certa regolarità. Aspettava anche lei ansiosamente la pensione. Arrivata a sessant’anni si prospettava la possibilità che gliela rinviassero. Era furiosa, poi l’ha spuntata. Ma assieme alla conferma di pensionamento le è stata comunicata la terribile diagnosi: un cancro all’endometrio. Maria Rosa, pure lei mia amica ed unica sua parente, oltre alla mamma novantenne, mi aveva riferito che sembrava si fosse già esteso ad altri organi. Ne abbiamo avuto conferma quando al C.R.O. l’hanno aperta e solo richiusa. A lei era stato detto che prima dell’intervento vero e proprio sarebbe stata necessaria una terapia chemioterapica per ridurne le dimensioni. Non so quanto ci avesse creduto. Nell’ora di visita eravamo sempre alcune nella sua stanza. Manifestava solo una rabbia irrefrenabile: contro i medici troppo lenti a diagnosticare la malattia, contro gli oncologi pressappochisti, i chirurghi frettolosi e superficiali. Dopo la terapia è tornata a casa senza capelli, ma in condizioni discrete. Andavamo da lei a turno perché non si sentisse sola. Io e lei ancora a parlare di viaggi: di quella galleria di orchidee che in Tailandia accompagna dall’aeroporto al centro città, delle spiagge di Cuba con le amache in riva all’oceano, del complesso della Lalibela in Etiopia… Io che conosco bene l’Italia, un giorno le propongo: “Appena ti sentirai in grado ti farò da cicerone a Roma!”. E lei: “Guarda che ti prendo in parola, ma non prenotazioni in alberghi a quattro stelle, solo all’avventura come faccio di solito. Si spende la metà e ci si diverte il doppio”. “D’accordo!”. dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 19 ________________________________________________________________________________________________________________________ Ma in breve, preannunciata da una stanchezza estenuante, è arrivata la fine. Gli ultimi giorni è stata ricoverata all’ospedale civile di Pordenone. L’ultima volta che l’ho vista, già sedata, lo stato di sopore lasciava qualche momento di lucidità. Ha allungato le braccia fuori dalle lenzuola, le ha protese verso di me e mi ha rivolto un sorriso luminoso, dolcissimo. Pensava a Roma? Il giorno dopo le ultime due righe dell’annuncio funebre mi hanno chiarito tutto facendomi scoppiare in un pianto irrefrenabile: non fiori, ma eventuali offerte saranno devolute alla scuola primaria di Fontanafredda. Quanto l’aveva amata! La sua scuola. L’ultimo radioso sorriso era rivolto all’ultima classe che aveva lasciata e che con grembiuli e camicette nere e colletti bianchi seguiva il feretro muta in un dolore cupo, teso, denso come solo certi pittori della scuola fiamminga sanno esprimere. Lidia Sfreddo Un’idea tira l’altra “Niente è più pericoloso di un’idea, quando questa è l’unica che si possiede”. Mi ha ricordato questa frase Silvia Anese nel suo articolo “Indignatevi” (periodico n. 39). L’ho apprezzato in modo particolare, perché affermato da una ragazza così giovane. L’ho sempre pensato e sostenuto. A scuola, in una quinta, avevo aggiunto: “Tante idee liberano, una sola opprime”. Ma poi tutti erano stati colpiti da questo esempio: “Se tu hai un biglietto da mille lire e il tuo compagno ha pure un biglietto da mille lire e ve li scambiate, ognuno di voi rimane ancora con mille lire. Ma se tu hai una bella idea e il tuo compagno un’altrettanta bella idea e ve le scambiate ognuno di voi due ha due belle idee”. Lo scopo mio d’insegnante era far capire che si discute, si fanno proposte, si danno giudizi e valutazioni facendo appello solo al nostro patrimonio di idee. E chi ha più idee ha più testa, più anima. Idolatrando una sola idea si rischia di chiuderci, di vivere in una bolla personalizzata. Per farmi capire che il ragionamento gli era chiaro un ragazzo aveva proposto di celebrare il Natale in modo nuovo, diverso: intanto niente albero, niente presepe, niente addobbi alle finestre. Siamo arrivati fin qui con la prima idea, come proseguire? Ognuno si era impegnato a pensarci. Dopo qualche giorno la proposta che io avevo ritenuta straordinaria in una ragazzina di non ancora undici anni: ricordare il Natale che Gesù non vorrebbe, insomma un “non Natale”. Intanto un albero spoglio, nudo. Corali entusiasmo e partecipazione. Abbiamo infilato in un cilindro di cartone una dozzina di bacchette di platano: così pallido il colore del legno, così levigata la scorza ci era sembrato il più adatto a dare l’idea di “nudità”. Addobbo? Cartelli appesi: i più abili con un disegno; tutti gli altri con immagini ritagliate da riviste, rifiniti con nastro adesivo e personalizzati da una didascalia. Sopra l’albero un cartello: “Dove non c’è Natale”. Tra immagini e didascalie, ricordo: - “Dove si soffre” “Dove c’è la guerra” “Dove non c’è giustizia” “Dove si pensa solo a divertirsi…a mangiare”. Qualcuno ne aveva appesi perfino tre. Il cartello di un alunno appartenente a famiglia ricca: una sfilata di pellicce; la sua didascalia? Dove c’è troppo lusso. Lidia Sfreddo dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 20 ________________________________________________________________________________________________________________________ Pollice verde I grandi alberi europei La Quercia (Quercus Robur), Dial. Ròver Chiudiamo questa rassegna sulle principali essenze arboree che millenni fa e per millenni hanno costituito la grandi foreste planiziali europee, con la regina degli alberi, la Quercia o Farnia o Rovere a seconda delle varie specie. Ne sono state classificate più di 150 e quindi è poco importante una descrizione puntuale, ma conviene sottolineare che già uno dei nomi scientifici “Robur” in latino “forza”, ben illustra l’immagine che questa imponente e longeva pianta trasmette di sè. Celebrata dai popoli antichi, dai Romani che nella classificazione delle onorificenze, avevano istituito la “corona di quercia”, conferita alla persona che aveva salvato la vita ad uno o più cittadini romani, con i quali si instaurava poi una sorta di vincolo di sangue. Nelle remote civiltà, era considerata il simbolo della vita, nei boschi di querce i Druidi emettevano oracoli, nella tradizione giudaico-cristiana le querce sono più volte citate in vari capitoli delle Sacre Scritture, nella mitologia greca la Quercia era identificata con Giove o con suo figlio Ercole e nella mitologia germanica con divinità come Thor o Wotan. Una delle più alte decorazioni militari dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale, era costituita dalla croce di guerra con spade e fronde di quercia. Cantata da Giovanni Pascoli ne “La Quercia Morta”, “né più coi turbini tenzona, or vedo era pur grande”, la Quercia è sinonimo di tenacia, robustezza e longevità. Di quercia erano le navi degli antichi navigatori e delle flotte inglesi e francesi, le travi, i portali degli antichi castelli. Mobili, imposte, pavimenti in legno che si voleva durassero per generazioni, erano di quercia. Per la sua eccezionale durezza e compattezza in tempi più moderni, il suo legno è stato impiegato per farne traversine ferroviarie. Da sempre le migliori botti da vino per l’invecchiamento, sono di quercia. Anche i “barriques” di scuola francese sono fatti usando una particolare varietà di quercia, anticamente selezionata in Francia per crescere dritta ed uniforme per la costruzione, un tempo, degli alberi maestri delle navi. Inutile sottolineare che è anche un ottimo combustibile. La quercia è molto longeva e robusta e assume portamento maestoso e imponente. In condizioni favorevoli raggiunge i 40 mt di altezza, tronco fino a 2 mt di diametro e diversi secoli di vita. In Europa sono catalogati esemplari di oltre mille anni. Il suo areale copre praticamente tutta l’Europa occidentale, dal Portogallo agli Urali, in Italia è assente nelle Isole nelle varietà principali, ma ben presente come Quercia da sughero (Quercus suber) specialmente in Sardegna con la relativa preziosa produzione. Come già descritto in precedenti note di questa rubrica “Pollice verde”, l’apparato radicale di Quercus pubescens – Roverella – vive in simbiosi con dei funghi sotterranei. Questi associano ai capillari radicali dell’albero la ragnatela delle loro ife, le quali, nell’insieme, costituiscono il micelio o corpo vegetativo del fungo. Da questo micelio si originano i corpi fruttiferi noti come tartufi, dal sapore e dal profumo particolarissimo, molto apprezzati in gastronomia. Conviene precisare che col termine tartufo vengono genericamente indicate le differenti specie del fungo Ascomicete del genere Tuber, tutti commestibili, anche se più o meno pregiati. Il rappresentante più prestigioso dei Tartufi è il Tuber magnatum o tartufo bianco o trifola, presente nei boschi di Roverella, come in quelli di altre querce, nei noccioleti, nelle faggete, come ai piedi di pioppi e salici. Utilissimo alla fauna selvatica è il frutto della quercia, la ghianda, apprezzatissima da cinghiali, scoiattoli e dalla ghiandaia. Le Querce sono piante monoiche che portano cioè sullo stesso esemplare fiori maschili e femmini- dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 21 ________________________________________________________________________________________________________________________ li, sono a foglia caduca, solo il Leccio (Quercus ilex) e la già citata Quercia da sughero sono sempreverdi e anche la quercia coccifera sulla quale è interessante una nota. Si tratta di una pianta a sviluppo molto lento che arriva intorno ai 3 mt di altezza, coccifera significa portatrice di cocciniglia e in effetti vive su di essa come parassita un piccolo insetto “Kermococcus vermilio” la cui femmina nutrendosi della linfa si riempie di una sostanza colorata. L’ insetto raccolto, seccato al sole e macinato si trasforma in una materia colorante scarlatta – chiamata in arabo Kermes – apprezzata un tempo dai tintori. Dai Romani il colore era chiamato vermiglio. Le Querce non hanno uso ornamentale, anche per la lentezza di accrescimento, ma i Lecci vengono usati per alberature in filare. A scopo ornamentale viene usata una varietà americana, Quercus rubra, Quercia rossa per il particolare tono rossastro che la foglia assume in autunno, prima di cadere. Ma è una varietà che predilige terreni tendenzialmente acidi e profondi. Anche se non appartengono al novero dei grandi alberi europei, per la loro importanza e diffusione nel Vecchio Continente, meritano una veloce citazione la Robinia Pseudoacacia (dial. Càssia) e il Platanus Orientalis (dial. Plàtin). Il genere Robinia fa parte della grande famiglia botanica delle Papilionacee, cioè con i fiori a farfalla. Il suo areale spontaneo è l’America settentrionale e centrale. I semi furono inviati in Europa nei primi anni del 1600 dal botanico francese Jean Robin, erborista del re Enrico IV. Furono per molti anni coltivate a scopo ornamentale e classificate nel genere Acacia, che oggi in realtà individua scientificamente la varie specie di Mimose, ma è ancora comune chiamare la “Robinie” Acacie, anche se già tre secoli or sono, Linneo aveva puntualizzato trattarsi di Robinia pseudoacacia. E’ un albero elegante soprattutto in età adulta, raggiunge i 20 mt. di altezza, con chioma frondosa un po’ rada e abbondante produzioni di eleganti fiori bianchi raccolti in grappoli, particolarmente appetiti dalle api che ne ricavano un miele leggero e color paglierino chiaro. Dotata di un potente e sviluppato apparato radicale la Robinia è perfetta per il consolidamento di scarpate e declivi, adattan- dosi a quasi tutti i terreni. Pressoché priva di nemici naturali, in Italia si è sviluppata ovunque e nel passato nel mondo rurale ha dimostrato grande versatilità per la realizzazione di componenti per carri agricoli, pali per vigneti, che opportunamente trattati, raggiungevano durata e solidità eccezionali. Il Platano, Platanus orientalis dal greco platýs “largo”, ha trovato larga diffusione in Italia e nel resto dell’Europa continentale, e alcuni autori lo considerano originario dall’ Oriente, qui arrivato tramite i greci e i romani, ma il Bembo nel 1500 segnalava la presenza di numerosi platani nella Sicilia orientale, nel salernitano e in Calabria; si può quindi ammettere l’origine di questo platano nell’ estremo sud della Penisola. E’ pianta imponente, robusta con chioma rotondeggiante, molto longeva. Supera i 30 mt di altezza, con fusto cilindrico verdognolo nelle piante giovani, nelle adulte diventa grigiastra e si sfalda in placche irregolari, che scoprono zone molto chiare quasi bianche, che negli esemplari più vecchi assumono toni bruno rossastri. Le foglie sono ampie, palmate. Abbondantemente utilizzato in parchi e giardini, ben si presta a potature anche pesanti con formazione di strutture vegetali preordinate. Caratteristici nel panorama italiano i doppi filari di platani lungo le strade per creare un ambiente ombreggiato e rilassante per la guida, ma rivelatesi con l’aumento del traffico, pericolosi e ingombranti in caso di soccorso. Produce un buon legno da brucio e ancora oggi nello sfruttamento a ceduo, fornisce con una crescita abbastanza rapida, una apprezzabile produzione di legno. Scarsamente utilizzato in falegnameria, è usato per imballi e contenitori industriali. Molto simile il Platanus occidentalis, originario del Nord America, che presenta dimensioni maggiori arrivando anche a 40 mt di altezza con diametri alla base di 2 mt e oltre. Il Platano ben si adatta a diversi terreni, eccetto quelli molto umidi e pesanti e può arrivare fino a 600-800 mt di quota, anche se esemplari coltivati si possono registrare a quote superiori. Anto Zilli dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 22 ________________________________________________________________________________________________________________________ Dal baule di famiglia L’albero di Natale della mia infanzia Il magico Natale S'io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l'alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all'Upim: un vero abete, un pino di montagna, con un po' di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti… GIANNI RODARI Quando si avvicinano le feste natalizie, ogni anno, nei centri commerciali e nelle vetrine dei negozi, vengono esposti gli alberi di Natale “finti”. Alti, bassi, verdi, bianchi, innevati, con aghi lunghi o corti e chi ne ha più ne metta. Mi soffermo ad osservarli e, nella mia mente, affiorano ricordi della mia infanzia, quando in casa, si allestiva l’albero di Natale. Ogni anno, con l’aiuto mio e di mio fratello e le considerazioni immancabili di mia madre, veniva realizzato l’albero. Non so dove mio padre avesse imparato o visto questa tecnica, ma la sua costruzione era veramente un’impresa che, a parte tutto, per noi bambini era un momento magico e di grande felicità. La sera dell’antivigilia di Natale, nella spaziosa cucina, riscaldata dalla stufa alla quale non veniva lesinata legna, noi bambini eravamo pronti a dare una mano. Nella legnaia, mio padre, cercava un pezzo di legno dritto, robusto e di una certa altezza. Con un ferro rovente alternava dei fori lungo il bastone che servivano per infilare i rami d’abete donati da un amico di famiglia che, ogni anno, ci concedeva di tagliare da una delle tante specie di conifere troneggianti nel suo parco. Iniziando dalla parte bassa venivano infilati i rami più lunghi, poi mano a mano che ci si avvicinava alla punta quelli più corti. L’albero, sotto gli occhi vigili di mia madre, doveva avere una bella forma altrimenti non risparmiava le sue osservazioni. “None (Zenone) no ’lè bel come l’ano pasà, me par che quel ran ’lè massa longo, scurtelo un poc…”. Mio padre, pazientemente, cercava di accontentarla perché, se la sua forma non l’avesse soddisfatta, durante tutto il periodo natalizio l’avrebbe sentita rimuginare: “L’ano pasà l’era pi bel, ma n’altro ano dovemo farlo meio”. Finita l’impresa, l’abete veniva infilato in un vaso di coccio pieno di terra coperta con del muschio raccolto nei giorni precedenti da noi bambini nei campi. Subito, il profumo di resina si diffondeva nella stanza e ci faceva entrare nel clima natalizio. dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 23 ________________________________________________________________________________________________________________________ Da una vecchia scatola di latta, io e mio fratello, con le raccomandazioni di nostra madre - “Ste atenti de non farli caier” – scartavamo i pochi gingilli che essa conteneva. Il pupazzo di neve con la sciarpa rossa e il berretto azzurro, Babbo Natale con le guance rosse e la lunga barba, il fiasco di vino rosso e giallo, la pigna dorata, le campane argentate… ogni ninnolo era per noi una sorpresa, i nostri commenti e le nostre facce gioiose e felici facevano sorridere mamma e papà. Dei mandarini, che si potevano mangiare solo negli ultimi giorni del periodo natalizio, completavano l’addobbo. Ah dimenticavo! Ai tempi della mia infanzia non c’erano le luci bianche o colorate che oggigiorno illuminano gli alberi di Natale. Alle estremità dei rami, delle piccole, sottili e colorate candele venivano fissate con apposite mollette di ferro. Naturalmente i piccoli ceri non venivano mai accesi per timore che l’albero si trasformasse in un piccolo falò. Maria Antonia Guadagnin Il friulano Il Zuf È una polentina poco densa di farina e latte o, più nobile, di semolino e latte, piatto tipico delle zone montane e collinari del Friuli, ma anche del Veneto e Trentino Alto Adige. Mia nonna paterna, che era di Basaldella di Vivaro, d’inverno lo preparava almeno una volta alla settimana e io lo apprezzavo moltissimo, anche zuccherato. “A buinore, tal vierzi i barcons, Melie ‘e cjate la sorprese: une biele neveade, almancul miez metro. Come simpri, la jemple di morbin la viste di chel mont vignût di bot cujèt e fof, e come ogni volte si sovèn dai nevôz e dal zuf. ‘E jè tradizion di famee che a la prime neveade ‘e càpitin duc’ alì, e gnagne Melie senze che nissun la visi si fâs cjatâ pronte. Svelte ‘e impie il fuc, ‘e met su la cjalderie de polente e a’ vise Tavie di tigni indaûr un pôc di plui làt che no si sâ mai. I frus lu puartin di bessoi ma non d’è mai avonde. No à nancje tacât a butâ la farine che già ju sint rivâ ridint e vosant e batint j zuculons sul pedrât par spacâju”. Di mattina presto, aprendo le imposte, Amelia trova la sorpresa: una bella nevicata, almeno mezzo metro. Come sempre la riempie di voglia di fare la vista di quella montagna diventata di colpo quieta e soffice, e come ogni volta si ricorda dei nipoti e del “zuf”. E’ tradizione di famiglia che alla prima nevicata, capitino tutti lì, e zia Amelia senza che nessuno glielo ricordi si fa trovare pronta. Svelta accende il fuoco, mette su il paiolo della polenta e avvisa Ottavio di tenere da parte un po’ più di latte che non si sa mai. I ragazzi lo portano da soli, ma non è mai abbastanza. Non ha nemmeno cominciato a buttare la farina, che già li sente arrivare ridendo e vociando e battendo gli zoccoli sull’ acciottolato come per romperlo. Anto Zilli dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 24________________________________________________________________________________________________________________________ Persone e personaggi Sagra nos, polenta e feda La terza domenica di settembre ed i suoi protagonisti Traduciamo subito alla buona l'arcano del titolo, nel rispetto dell'insieme simpatico di latinorum e componente dialettale: “C'è (abbiamo) la sagra, polenta e pecora”. Non so se questa frase potrà dire ancora qualcosa a qualcuno, ma io la conosco da sempre e l'ho sentita pronunciare puntualmente, fino ad una ventina di anni fa, dallo zio Valentino, soprattutto quando per lui si avvicinava la conclusione delle vacanze estive, trascorse qui in paese, e doveva far ritorno a Taranto, dove la sua carriera nella Marina Militare l'aveva portato a stabilirsi: probabilmente, sentendosi ancora profondamente fontanafreddese nonostante il giro del mondo compiuto a bordo della nave in varie missioni e la cittadinanza pugliese acquisita da molto tempo, era riuscito a conservare questo antico detto, che accompagnava con un'espressione particolarmente compiaciuta, affidandosi al ricordo di epoche diverse e di altre abbondanze, quando aver la carne sul piatto era già una festa di per sé. Di pecora o di agnello, poi, doveva trattarsi di festa grande, e l’unica circostanza paesana che si poteva prestare ad un lusso del genere, almeno fino ai primi anni ’60, era legata ai nostri festeggiamenti parrocchiani della Madonna Immacolata, spostati dall' 8 dicembre, data vera della ricorrenza, alla terza domenica di settembre, per poter contare sulle giornate ancora tiepide e luminose dell'ultimo scampolo d'estate. La macchina organizzativa si metteva in moto presto, ancora in primavera, con un manipolo di volontari che si suddivideva i compiti più disparati, il più delicato dei quali era senza dubbio il reperimento dei fondi per finanziare gli eventi. Partiva subito anche il parroco, Don Paolo Colussi, forte del potere persuasivo della sua investitura, che riusciva con una certa facilità a far allargare i cordoni della borsa dei parrocchiani più facoltosi, ma non si perdeva d'animo nemmeno con le sue cono- scenze forestiere, quelle che potevano garantirgli qualche busta extra. Altre figure, invece, lavoravano di fino i contabili delle nostre aziende locali, uno per tutti "Genio" (Eugenio) Pivetta, vera volpe argentata del mondo degli affari (“C'è il ragioniere?” – “Chi lo vuole?” – “Pivetta”), abile nel mettere a frutto l'esperienza di una vita per spuntare un contributo anche al più ritroso dei soggetti, che si beccava un “pelagròso!”, sibilato tra i denti, se la cifra concessa non era all’altezza delle aspettative. Alla spicciolata, andava per le case anche “Mèto”, Giacomo Pierozan, sacrestano storico e maestro cerimoniere delle funzioni liturgiche, che, in questo caso, si faceva accompagnare da qualche collaboratore del momento, chierichetto o seminarista, per trasformare la questua in una specie di zingarata, con la gente che li faceva entrare in cucina per il caffè e quattro risate, magari dopo esser saliti al piano di sopra dall’anziana di famiglia, allettata da un bel po’: “Agna, ma no levèìt sù?!” – “Ah, Meto, me tòcja morì!”. Poi, logicamente, il passo del ritorno a casa era reso piuttosto incerto dall'accumularsi dei bicchieri, bevuti durante le visite. I mesi estivi, giugno, luglio, agosto, trascorrevano in preparativi ed allestimenti, con annate più ricche del solito, 1960-70, in cui si riusciva ad organizzare addirittura un “Festival della Canzone”, conosciuto anche fuori dal paese, avendo a disposizione la vecchia sala del cinema, poi demolita per far posto a non si sa che cosa, ed ora quasi rimpianta per la mancanza di un'altra struttura simile. La gara si svolgeva in tre serate, la prima dedicata ai bambini, la successiva agli adulti e la finale con la proclamazione e premiazione dei vincitori; ma non c'era tanto da scherzare, né per i più piccoli, che si trovavano a far prove col pianoforte in oratorio o in casa della maestra Clara Vianello, appassionata dello Zecchino d' Oro ed in grado di assegnare le parti ai dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 25 ________________________________________________________________________________________________________________________ solisti, che suscitavano sempre una qualche invidia a chi era destinato solo al coro, né tanto meno per gli adulti, che provavano direttamente col maestro Ferruccio Da Pieve, allora giovanissimo musicista e vero artefice dell'evento, e con la sua orchestra: per quanto scafati nelle canzoni di Celentano, Morandi, Caterina Caselli etc., erano pur sempre sottoposti al verdetto di una giuria “di qualità”, ma soprattutto al gusto del pubblico, stipato all'inverosimile con vere e proprie tifoserie che applaudivano sì, ma fischiavano anche, se qualcuno stonava o s'impappinava con le parole della canzone, un'onta che ci si portava dietro per mesi. Intanto, l’arrivo delle roulottes e dei carrozzoni dei giostrai era il segnale inequivocabile che mancava poco, con frotte di ragazzi a seguire il montaggio della giostra a catene e della pista degli autoscontri, pronti anche a dare una mano pur di sentire al più presto la voce inconfondibile della signora Gherardini, la padrona, lanciare al microfono il suo “Avanti, giovani!”, un richiamo irresistibile per chi si divertiva da matti a dare e prendere un sacco di botte, guidando quei mezzi micidiali, sotto le scintille della rete elettrica che li faceva funzionare. A bordo della pista, invece, gli interessi erano di tutt'altro genere, dato l'incrociarsi di sguardi intensi, carichi di promesse, col braccio timidamente appoggiato sulla spalla e la speranza di potersi magari prendere per mano davanti a tutti, la domenica della sagra, ufficializzando un nuovo amore. Perché in quel giorno tutto diventava ufficiale già dalla mattina presto, nel profumo del croccante e dello zucchero filato, che si sentiva in piazza e per le vie del centro transennato e chiuso al traffico per far allineare tutte le bancarelle, quella dei Del Tedesco di Vigonovo per prima, immancabile anche adesso. Richiamati dal rintocco delle campane, anticamente battute col martello (scampanotà) da qualche esperto volonteroso, ci si preparava eleganti per la Messa solenne celebrata in terzo, sacerdote più due diaconi, nella chiesa tirata a lucido coi candelabri brillanti e le tovaglie inamidate, mentre all’organo non poteva sicuramente mancare “Puti”, Giuseppe Pivetta, sorprendente per la sua bravura da autodidatta, che pochi avrebbero immaginato in quelle mani segnate dal lavoro dei campi. Curiosando in canonica, avremmo trovato la Pia, sorella del parroco, indaffarata in cucina tra i sughi, i bolliti e gli arrosti del pranzo per la Fabbriceria e qualche invitato illustre, aiutata da sua sorella Rita ed altre donne fidate, le stesse che avevano anche lavato, il giorno prima, con gesto delicato e rispettoso, la statua della Madonna, pronta per uscire in processione. Quello era il momento in cui subentrava il languore tipico della festa che volge al termine, con la sensazione che anche le note della banda di Porcia o di Sacile, disposta poi sul palco allestito sul sagrato della Chiesa o sulla strada stessa, avessero qualcosa di malinconico, nascosto tra le marce e le arie d’opera. Allora, bisognava affrettarsi a prendere gli ultimi vassoi di paste o a tentare ancora la fortuna alla lotteria delle bambole, scegliendo mentalmente quella col vestito che piaceva di più, da portare eventualmente a casa e distendere a ruota al centro del letto. Chi si attardava fino a mezzanotte, magari coi bambini addormentati in braccio, risvegliati dai fuochi d'artificio che allora riuscivano ancora a stupirli o spaventarli un po’ con la cascata dal campanile ed i tre botti finali, sapeva di dover attendere un altro anno perché la magia si potesse ripetere. Mariarosa Da Pieve dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014 26________________________________________________________________________________________________________________________ Dai Soci Giovani, forza dai! Ho letto con molto interesse l’articolo della signorina Silvia Anese “Una giovane socialità” dove nei vari punti si porta in evidenza vari aspetti sui giovani, sulla società e sulle istituzioni che potrebbero fare di più per loro. Se, come di solito si dice, “I giovani d’oggi sono sfaticati e inconcludenti” è una frase “fatta”, è altrettanta frase fatta dire “Cosa fa la società per i giovani”. Dato che giovane io non lo sono più mi permetto, con molta umiltà, di dare alcuni punti di riflessione ai giovani e far notare alcune cosette che la società ha fatto a suo tempo e continua a fare tutt’ora per loro. La mia generazione è uscita da una guerra devastante e da un’ulteriore emigrazione avvilente durata decine d'anni, entrambi hanno segnato profondamente la nostra giovinezza. Eravamo allo sbando in tutti i settori: lavoro, sanità, istruzione, famiglia divisa appunto per l’emigrazione, ricostruzione del paese e naturalmente anche in politica perché dovevamo scrollarci di dosso il ventennio di dittatura. A quel tempo eravamo noi giovani e non siamo andati a chiedere alle istituzioni di allora cosa avrebbero fatto per noi, ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo lavorato dall’alba al tramonto cambiando pian piano tutto quello che era possibile in tempi relativamente brevi e lottando strenuamente per i cambiamenti radicali ottenuti con tremendi sacrifici. Infine piano piano abbiamo prodotto ricchezza che si è distribuita in tutti i ceti sociali del nostro paese e di conseguenza l’abbiamo riversata sui nostri figli, appunto i giovani. Siamo stati talmente bravi che n’abbiamo data troppa a mio avviso, noi non avevamo niente e quindi non abbiamo privato loro di nulla; ci siamo resi conto troppo tardi che i nostri giovani prendevano tutto questo per “cosa dovuta”, dimenticando che è costato a noi giovani di allora sacrifici e privazioni di ogni genere. Il proverbio dice “Sbagliare è lecito” ma purtrop- po noi stiamo ancora sbagliando, perché continuiamo nello stesso errore aggiungendo ai giovani anche i nipoti. Con quanto detto sopra siamo riusciti a costruire questa società, naturalmente non è senz’altro perfetta, ci sono tantissime cose che non vanno e che possono e devono essere cambiate, ma questo lo devono fare i giovani, sono loro che devono costruire la società migliore del domani. Dunque il giovane non deve aspettare che l’istituzione o la società produca idee o incontri per loro, sono loro che devono dire alle istituzioni, abbiamo queste priorità, abbiamo proposte da discutere, ci siamo riuniti e abbiamo lavorato per questo progetto; vediamo se c’è la possibilità di attuarlo, voglio portare le mie idee a conoscenza dei cittadini per proporre una migliore gestione politica del paese e così di seguito. Come si nota le cose da fare sono tante, sono giovani, hanno istruzione, hanno possibilità d'impegno notevole, cosa attendono? la mia imbeccata per muoversi; perché mi danno l’impressione che siano seduti ad aspettare. Io società d'oggi ho fatto e dato tutto il possibile, è ora che qualcuno rilevi il testimone e sono ben contento di lasciarlo, da alcuni anni ho anche allungato la mano per una più facile presa di chi volesse prenderlo, ma se devo essere sincero ho visto ben poche mani protese per afferrarlo. Gentile signorina Anese, io rispetto quanto Lei ha scritto e se bisogna sempre guardare al bicchiere mezzo pieno io purtroppo lo vedo un po’ scarsetto; intendiamoci, non ho perso la fiducia nei giovani ma li vorrei un po’ più indipendenti, interessati e dinamici. Con molta presunzione spero di aver dato ai lettori del nostro giornale motivo di riflessione e ai giovani uno sprone in più. Un cordiale saluto a tutti. Edoardo Pezzutti dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 27 ________________________________________________________________________________________________________________________ “Made in Italy” in miscellanea Trascorsi oltre duemila anni di storia D.C., con quante dizioni, definizioni, citazioni e configurazioni è possibile qualificare/definire la frase: “Made in Italy”?. La stessa è da tempo entrata nell’immaginario collettivo delle genti italiche e non solo. Diremmo in molti modi e non basterebbe il presente periodico per elencarne pregi sublimi/mirabolanti, difetti indicibili/disastrosi, comunque unici nella storia. Non vogliamo riferirci semplicemente alle classiche “4/A” di un tempo (Abbigliamento, Agroalimentare, Arredo e Automobili), ma intendiamo estendere il concetto a tutto il percorso italiano in senso estensivo ovvero nel più ampio e globale significato del termine. Sia pur in sintesi e modestamente tentiamo di estrarre un sunto del nostro pensiero al riguardo. In altre parole senza la pretesa d’inventare l’acqua calda o l’uovo di Colombo ben s’intenda. Per fare un esempio calcistico, a noi più confacente, diciamo di essere presuntuosamente tra i 60 milioni d’italiani che si reputano 60 milioni di tecnici e, parimenti, su qualsiasi altro argomento in discussione (chi blatera e sa parlare nel nostro mondo è, purtroppo, un vincente a prescindere dai contenuti). Sostanzialmente e amaramente sono le note del classico e disdicevole adagio: “conta di più l’apparire che l’essere”. Nel nostro Made in Italy contempliamo la storia, le scienze, le arti, la cultura, le scoperte, la fantasia, l’intraprendenza, il lavoro e chi ne ha più ne metta a piene mani. Nella storia conosciuta ha avuto il secondo Senato di sempre dopo quell’Ellenico. Il Diritto Romano, padre del Diritto Giudiziario mondiale da tutti sostanzialmente adottato. L’arte e scienza dell’oratoria/retorica sempre di epoca greco/romana con i nostri Empedocle, Plinio il Vecchio, Catone, Seneca, Cicerone. Si noti che quando quel “Made in Italy” era imperante, il restante mondo conosciuto si trovava ancora in era barbarica o quasi, escludendo il periodo egiziano, ancora oggi avvolto da diverse e fantasiose interpretazioni. Nelle arti primeggiava nettamente con Leonardo Da Vinci (il più grande genio assoluto di ogni epoca). Nella letteratura: Il sommo Dante, Virgilio, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Leopardi, e i più vicini Nobel Carducci, Pirandello. Nella pittura: Cimabue, Giotto, Michelangelo, Leo- nardo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Caravaggio, Tiepolo. Nell’ architettura: lo stesso Michelangelo, il Canova, il Brunelleschi, il Vasari, il Bernini, il Palladio. Nella musica, il monaco Guido d’Arezzo, nella splendida basilica di Pomposa (FE), inventò la musica ovvero il pentagramma. (prima si suonava solo a orecchio). Per completezza culturale, entrando in questo magnifico complesso abbaziale romanico, tra l’altro tornato all’antico splendore dopo un radicale restauro, vi è la scritta: “Qui Giotto dipinse, Dante pregò e Guido D’Arezzo inventò la musica”. Nelle scoperte: C. Colombo scoprì il nuovo mondo, Marco Polo la via della seta e la Cina, Amerigo Vespucci circumnavigò l’America tutta, poi Caboto e altri. Nella matematica e fisica: Archimede, i recenti Nobel Rubbia, R.L. Montalcini, R. Dulbecco. Torricelli inventò il barometro. G. Galilei, con lo studio dei pianeti: “Eppur si muove!”rivoluzionò il concetto dell’universo, inventò il cannocchiale/telescopio, il termometro e tanto altro da esser classificato eretico. F. Matteucci ed E. Bersanti firmarono il primo motore a scoppio. Degli Armati Salvino inventò gli occhiali. La prima università pubblica del mondo in Bologna (Alma Mater Studiorum). Nell’Economia la prima banca: il Banco S. Giorgio di Genova. S. Bandini o F. Dandini inventarono la cambiale. Nelle scienze, lo stesso Leonardo Da Vinci, G. Galilei, poi L.Galvani, A. Volta, A. Meucci (l’invenzione del telefono gli fu riconosciuta dal Congresso Americano solo nel 2002 dopo ben 153 anni, mentre al Sig. Bell si permetteva di crearsi un impero ancora oggi esistente con l’appropriato brevetto – che vergogna!), il Nobel E. Fermi, che insieme ai ragazzi di Via Panisperna fece la prima fissione nucleare, i Nobel E. Segrè, C. Rubbia, R.Giacconi, S.Luria, G.Natta,G. Marconi e altri. A Guglielmo Marconi crediamo opportuno dedicargli maggior spazio. Forse (o senza forse) l’inventore più grande dell’era moderna. Subì anche lui l’arroganza del vento americanizzante e non solo, che tendeva ad attribuire alla genialità del serbo l’ing. Tesla (anche lui espatriato in America), in collaborazione con T.Edison, l’invenzione principe dell’Italiano che avrebbe cambiato il nostro modo di vivere. In quest’ occasione, diversamente dal Meucci, l’intento fallì. La querelle Marconi/Tesla/Edison, ebbe questa conclu- dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 28________________________________________________________________________________________________________________________ sione: T. Edison, anche per lo straripante potere economico americano, depositò decine di brevetti sull’elettricità di ogni genere e divenne famoso quanto Bell. Il serbo Ing. Tesla, probabilmente, non un genio, poichè certi testi lo dipingono come “il genio”, secondo solo a L. Da Vinci, ma sognante, etico e teorico, pur avendo successivamente inventato e depositato il brevetto della corrente alternata, finì in rovina, morì povero, boicottato e abbandonato dai presunti amici Edison e Westingouse che lo sfruttarono solamente. Guglielmo Marconi a sua volta subì il boicottaggio della scienza ufficiale, soprattutto italiana, poiché era solo un autodidatta (noi riteniamo che il talento non debba necessariamente essere surrogato da una laurea specifica - se l’hai dentro, è perché ci sei nato). Vi fu poi l’ingerenza del russo Popov che si attribuiva l’invenzione senza però dimostrarla in termini pratici. Marconi allora ruppe gli indugi e in quel di Londra, dover’era altamente considerato e stimato, depositò il brevetto del SOS (si ricordi quelli dei transatlantici Republic e Titanic che salvarono rispettivamente 1.700 e 705 vite), della radio senza fili e accese con un semplice clic le luci di Sidney da Radio Elettra a 22.000 chilometri di distanza. Questi sono fatti concreti e a nulla valgono le diatribe ancora in essere. Conseguentemente ebbe giustamente il Nobel, n.16 lauree honoris causa da Università di ogni dove, decine di riconoscimenti a livello mondiale e quello ufficiale universale della sua invenzione ponendola chiaramente in pratica/in atto e a disposizione del mondo intero e, quindi, non solo tentativi, paventati o teorizzati. Marconi, pertanto, è da considerarsi, con certezza, il padre delle telecomunicazioni moderne. Senza quel clic senza fili, non vi sarebbe l’SOS, la radio, la televisione, i radar, i satelliti, lo sbarco sulla luna, non potrebbero comunicare le navi, gli aerei, i centri meteorologici, apparati medici quali la tac e la risonanza magnetica, i computer (qui anche i tecnici dell’Olivetti hanno avuto un’importanza determinante), internet, i pad, i fon, i tableau e persino gli inseparabili cellulari. Invenzioni queste che derivavano da quella primordiale del genio bolognese. Ci sa proprio che gli Steve Jobs e i Bill Gates avrebbero fatto solo delle lampadine (ovviamente è una battuta anche se non del tutto campata in aria). Tutte scoperte che in ogni caso sarebbero poi arrivate, ma dopo e non prima delle nostre basi scientifiche/inventive. Resta il fatto incontrovertibile che quest’ uomo, dalla sua piccola imbarcazione “Radio Elettra”, riuscì a dare il là a tutta la telecomunicazione moderna. A questo punto ci viene spontanea una domanda presuntuosa: ma gli altri popoli cos’hanno inventato? Altre cose e indubbiamente grandissime, ma considerando il poco spazio disponibile le elencheremo in altra circostanza. Ci limitiamo a citare doverosamente le menti che ci sono sfuggite all’Europa: Einstein, Meucci, Fermi, Tesla, Segrè quindi, Freud, Von Braun, Sabin, Pontecorvo, Rasetti, Szilard, Teller, Weisskopf, Von Neumann, ecc. ecc. Si pensi che, l’eccetera eccetera, si quantifica, secondo la bibliografia ufficiale, in circa 600 mila Cervelli/Scienziati/Studiosi che nella prima metà del novecento espatriarono dalle loro terre per motivi politici o per acquisire fondi di ricerca, da noi e in Europa colpevolmente mal stanziati, approdando in America. Oseremmo dire una vera e propria rivoluzione scientifica ben sfruttata. Il Made in Italy annovera anche momenti contraddittori. Roma fu guerrafondaia e imperialista, anche se dobbiamo disquisire nel senso che dove è passata ha lasciato un evidente segno di civiltà, cultura e monumenti ancor oggi importanti e ben visibili (questo a onor del vero, diversamente, dagli altri grandi imperi successivi). Il medio evo, peraltro splendido sotto molti aspetti, ha avuto un potere temporale discutibile, le sante crociate e la santa inquisizione (una santificazione diametralmente opposta ai dettami del Vangelo). In tempi più recenti, la colonizzazione per aver il posto al sole, le leggi razziali, la guerra a rimorchio di Hitler, l’esportazione della mafia organizzata nel mondo intero, il terrorismo di Stato, l’indirizzo di produrre armi e anche mine (si pensi) per partecipare alla corte/mensa dei guerrafondai d’istituzione (la cosa è di attualità). Anche questi aspetti fanno, ovviamente e spiacevolmente parte del Made in Italy, ma come diceva il principe dei profeti “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Da quanto precede dobbiamo in tutti i modi affermare che nessun’altra Nazione conosciuta abbia espresso nel tempo tante cose splendide e d’importanza eccelsa, ma l’italiano, anziché esserne fiero, con le sue innumerevoli: etnie, razze, disuguaglianze, disquisizioni bizantine, furbate machiavelliche, pseudo feudi gattopardiani tuttora in essere (stiamo vinculi e non sparpagliati diceva una celebre frase del comico dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 29 ________________________________________________________________________________________________________________________ Peppino De Filippo), è riuscito a rovinare se non tutto, senz’altro parecchio. Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo avuto l’altrettanto deprecabile idea di salire con immediatezza e a scatola chiusa sul carro dei vincitori, barattando tutto questo patrimonio millenario in cambio di un pugno di dollari, diventando dei semplici lacchè dei potenti (anzi malfamati dai vinti e non considerati dai vincitori), non sfruttando e non apprendendo nulla da un passato inarrivabile, splendente e unico. Ahi! Ahi! Ahi! Made in Italy. D’altro canto, ci sa tanto però che il mondo “moderno” e i presunti migliori / miliardari / lobbistici / burattinai, nel voler affermare la propria presunta superiorità, dietro l’artefatta vernice del soldo fuggente e spesso virtuale, in diverse circostanze abbiano perso la bussola. Bussola? Guarda caso, c’è chi dice l’abbia inventato ancora un italiano: Flavio Gioia (per equità noi poniamo comunque una riserva, considerando i molti pareri che attribuiscono la scoperta alla Cina e, addirittura, che Flavio Gioia sia mai esistito?). Ora il Made in Italy, per mancanza di fondi e cattive amministrazioni, ha fatto scappare all’estero altre potenziali menti, si è ridotto a essere esperto nelle manifatture, nelle arti culinarie (a Parma è stata istituita recentemente la prima università di scienze culinarie), nell’arte dei vini, nella moda, nel design, nell’arte orafa, nello stile, nei motori ecc.. Cose minori, ma il perché, come recentemente ha detto il primo ministro Renzi in quel di Strasburgo: “Manchiamo di autostima e ci siamo adagiati in un torpore da cui dobbiamo uscirne al più presto senza continuare a essere dei subalterni”. Nonostante se ne dica, i soldi ci sono, ma l’italiano li tiene nascosti, in forme più o meno fraudolente, sottraendoli al nostro tessuto economico con gli evidenti danni. Opere d’arte abbandonate, non ristrutturate. Fondazioni Bancarie ed Enti preposti che non funzionano, anzi si occupano di situazioni illecite non proponendosi positivamente, grandi imprenditori che pur avendo ampie possibilità pensano solo al profitto personale e a delocalizzare nel mondo le nostre aziende migliori. Amministratori, funzionari statali e non, manager super pagati che nulla danno alla comunità, anzi la sfruttano/speculando, pensionati d’oro intoccabili, vitalizzi di ogni risma, pastette a ogni appalto, costante evasione fiscale/previdenziale, politici doppiolavoristi (poi parlano di disoccupazione) che pur ricevendo l’enorme appannaggio si assentano a proprio piacere dal seggio parlamentare per partecipare a inutili e nocivi salotti televisivi con giornalisti di parte, a loro volta super pagati e sopravalutati dai lobbisti di turno (Ah! I Vergani, i Montanelli, i Biagi, i Buzzati). Ma quanti danni abbiamo sciaguratamente creato? Recentemente siamo andati a Lecce, anch’essa in parte abbandonata, ma durante il giro turistico si è scoperto che nel Medio Evo, erano i signorotti e i possidenti del posto che contribuivano ai restauri. Ora cosa avviene a parte i contributi del magnate Della Valle che ha posto a disposizione milioni per recuperare parte del Colosseo? Molti al riguardo dovrebbero prenderne esempio. Per Della Valle: un encomio solenne o un 110 e lode sarebbe poco; per l’enorme platea restante: la grande vergogna!! Proprio non possediamo al riguardo la successiva cultura anglosassone di salvaguardare questi tesori e i danni di quello che potrebbe essere un momento di risorsa eccezionale e fondamentale del paese, si vedono e ricadono su un’economia ormai sterile. La filantropia poi è un pregio, un vanto di un tempo e chi dice d’aver etica e onestà (e siamo in tanti!) dimostra un’ipocrisia disdicevole se non di più. Da ricordare che L’Italia, tra le altre cose, vanta il maggior numero di siti del mondo dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO e che la Banca d’Italia possiede riserve auree immense, da grande paese. Dalla su estesa carrellata, come abbiamo detto in miscellanea (per noi sarebbe stato difficile essere più precisi e razionali su un argomento tanto vasto), abbiamo inteso citare l’eccellenza dei grandi del nostro passato e, quindi, di quel “Made in Italy” secondo noi. Lo stesso dovrebbe riempirci d’orgoglio, magari l’abbiamo illustrato con incompletezza, spaziando in situazioni collaterali e, forse, con un pizzico di parzialità. Si è espressa una corrente di pensiero come si addice alla libertà di parola, anche non condivisibile, da correggere ovvero sviluppare. Ad altri ora, quindi, la necessità o il compito di valutare ed esprimere momenti diversi, a noi sconosciuti, più concreti, magari su questo stesso periodico, non per innescare futili polemiche da cortile per diversità d’idee, ma per ricercare una dialettica utile/costruttiva che possa contribuire a riportare un po’ di cose al loro posto. Chi ci governa, chi decide, chi detta i tempi legislativi, devono concretizzare, devono porre in essere una globale e seria inversione di tendenza. La storia del nostro amato “Made in Italy” dobbiamo riprendercela dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 30________________________________________________________________________________________________________________________ con la consapevolezza di non essere secondi a nessuno e, tanto meno, dei modesti travet/lacchè. E’ un dovere morale e materiale anche di noi piccolini, senza se e senza ma, com’è ora usuale dire: “In questo momento depressivo sarebbe senz’altro una delle carte vincenti della nostra addormentata inventiva/economia onde riportarci all’antico splendore”. Luigi Pandini L’uomo vitruviano di Leonardo, studio di proporzionalità di un corpo umano Marconi mentre accende le luci del Municipio di Sidney dall’imbarcazione Radio Elettra all’ancora del Golfo di Genova Dalle Associazioni Giornata europea per la donazione degli organi Roma, 11 ottobre 2014 Di seguito si vuole riportare l’esperienza di una giovane trapiantata che ci aiuta meglio a capire l’importanza del dono; questo è uno dei motivi che spinge il Gruppo Comunale A.I.D.O. di Fontanafredda a continuare con gli interventi informativi presso le Scuole Medie degli Istituti di Aviano, Brugnera, Budoia, Caneva, Fontanafredda, Polcenigo e Sacile con il 3° Concorso Progetto Scuola 2014-2015. Il concorso si propone principalmente di stimolare i giovani studenti alla realizzazione di strumenti di comunicazione adeguati a un pubblico di giovani come loro al fine di agevolare la diffusione della coltura del dono. Con i disegni premiati del 1° e 2° concorso abbiamo realizzato vari gadget quali il righello della foto (pagina successiva), delle locandine esposte in tutti gli ambulatori e farmacie della Provincia di Pordenone e presto sarà disponibile il calendario 2015. Articolo tratto dal periodico ARCOBALENO “per una cultura della donazione”: “La salute è un dono veramente prezioso. Quando stiamo bene tutto procede con una metodica indifferenza. Ogni giorno che passa diventa solo una cifra del calendario, una pagina di agenda; ma poi, all’improvviso, accade qualcosa che rompe questa routine, cominci a soffrire, perché scopri di avere un problema fisico molto serio. Allora, in quello stesso attimo, riesci a ripercorrere mentalmente tutta l’esistenza, pensi a quello che hai fatto e a quello che avresti voluto fare. Comincia così una vita fatta di momenti di angoscia, paura, tristezza, dolore, ma da questa situazione si può uscire, bisogna concentrarsi e convincersi che ciò che davvero conta è innanzitutto la “vita stessa” e non il dolore, la gioia, la felicità, la dimensione Pro loco Fontanafredda – 42– dicembre 2014 31 ________________________________________________________________________________________________________________________ tristezza, l’egoismo, l’indifferenza. Io questa forza per arrivare al traguardo l’ho investita con tenace costanza. Sono una insegnante elementare di 33 anni, sposata e madre di Emanuele, 7 anni, che all’improvviso ed in modo molto occasionale, scopre di avere un tumore epatico neuroendocrino. Oggi la parola tumore terrorizza sempre più, perché quando ti viene diagnosticato si pensa sempre e solo all’impossibilità di guarire e ai casi estremi. Invece no per me l’iter è stato lungo e tortuoso, ma alla fine siamo arrivati alla meta. Dico siamo, perché io ho lottato in questa vicenda assieme alla dottoressa gastroenterologa del reparto di Medicina, che è stata l’artefice delle indicazioni positive da seguire, la persona della quale mi sono fidata. Da lei ho avuto chiarezza, serenità ed incoraggiamento, su di lei ho anche scaricato le mie paure e perplessità. Lungo il mio percorso ho trovato poi anche un centro specializzato dove con un trapianto di fegato ho trovato la soluzione ai miei problemi. Trapianto, sì, è così che alla fine ho potuto dire “ora davvero è finita, ora davvero sto bene e sono sicura che un futuro, anche lungo, posso cominciare a riprogrammarlo. Al trapianto sono arrivata dopo solo sei giorni di lista di attesa, che comunque erano bastati a caricarmi di ansia, vivendo sempre con il pensiero che lo squillo del telefono fosse solo per me. Dopo ho pensato a coloro che da questa attesa si vedono rubare i giorni, i mesi, a volte anche gli anni, senza riuscire concretamente ad organizzare le proprie cose, perché la vita si affronta in funzione di una chiamata, dell’essere pronti psicologicamente a lasciare tutto e partire in qualsiasi momento ed ovunque ti trovi. Anche se l’Italia ha un numero elevato di potenziali donatori iscritti all’Aido, le donazioni non sono sufficienti a far fronte alle nostre lunghe liste d’attesa. Io sono iscritta a questa associazione da quando ho compiuto 18 anni: un gesto istintivo verso un’amica deceduta dopo un incidente in motorino. I suoi genitori ne donarono gli organi e tutti noi amici, senza forse capire fino in fondo l’importanza di una donazione, firmammo l’atto olografo dell’Aido. Una cosa della quale eravamo però certi era che la decisione di donare gli organi dopo la morte avrebbe potuto aiutare eventualmente gli altri. Non ci sfiorava minimamente l’idea che forse anche noi avremmo potuto essere un giorno un ipotetico ricevente. Poi sulla tua strada ti trovi ad affrontare anche questa realtà, un’esperienza estrema, che coinvolge tutta la persona fisicamente e psicologicamente. Dal momento del trapianto sono ormai trascorsi quattro mesi, sto bene, non ho nemmeno sofferto molto, sono tornata a casa dopo solo ventinove giorni di degenza ospedaliera, le mie condizioni generali sono buone e psicologicamente mi sono lasciata coinvolgere nuovamente dalla vita, dalla voglia di fare agli altri ciò che è stato fatto a me, diffondendo questo messaggio augurio. E per questo sto anche scrivendo un libro sulla mia esperienza. A tutti coloro che vivono questi momenti fatti di paura e incertezza consiglio di non lasciarsi prendere troppo da queste sensazioni che escono anche dalla pelle in certi momenti. Bisogna farcela, perché la vita è bella e dopo lo è ancora di più; potrò essere riconoscente e ringraziare dal più intimo del cuore il mio donatore, di cui non conosco l’identità, che con il suo atto d’amore mi ha fatto nascere di nuovo. Bisogna far tesoro di questi valori, del coraggio di chi è consapevole che in questa vita non si è da soli e che bisogna sempre cercare di fare qualcosa per aiutare chi soffre, anche dopo la morte, altrimenti inutile. A coloro che soffrono dono “un sorriso” che rende felice il cuore e nel ricordo”. Il Presidente A.I.D.O. Fontanafredda Edi Fadelli dimensione Pro loco Fontanafredda – 41– settembre 2014 32________________________________________________________________________________________________________________________ Il concerto di Natale sabato 20 dicembre – ore 21:00 Chiesa parrocchiale San Giorgio M. di Fontanafredda Orchestra giovanile AKROAMA - Pordenone Ensemble A. B. Michelangeli – Conegliano Direttore: Alberto Pollesel Info: tel. e fax 0434 998532 - e-mail [email protected] orario ufficio: lun. gio. 15:00/19:00 - mar. mer. ven. 9:00/13:00
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