Omelia del nostro Abate - Abbazia Greca di Grottaferrata

20.I.2015
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
(Gv 4,1-2)
“Dammi da bere!” (Gv 4,7). Gesù chiede un bicchiere d’acqua alla donna samaritana. Il
Signore è assetato dopo ore di cammino: cerca la pecora perduta. Adesso l’ha trovata e chiede a
lei di dargli il poco che può dare, un po’ d’acqua. Non si impone, si fa mendicante.
Forse la sete del Signore Gesù ha un significato più esistenziale. Avere “fame e sete della
giustizia” è una delle beatitudini proclamate da Cristo (Mt 5,6). Nella Bibbia è un modo di parlare
di un desiderio forte che si impegna con determinazione a raggiungere lo scopo fissato. Non
sarebbe che il Signore ha sete della fede e della salvezza della samaritana e del suo popolo?
Dobbiamo cercare la risposta alla questione alla fine del Vangelo secondo Giovanni, nel momento
in cui Gesù muore sulla croce.
“Dopo questo Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la
Scrittura, disse: ‘Ho sete’ . Vi era là un vaso pieno di aceto: posero perciò una spugna, imbevuta di
aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: ‘È
compiuto!’ E chinato il capo, consegnò lo spirito” (Gv 19,28-30).
Le due ultime parole di Gesù prima della morte: “Ho sete”, “È compiuto”. “Ho sete” di
salvare l’umanità, come qui al pozzo di Giacobbe ho sete della fede e della salvezza della
samaritana. “Ho compiuto” la missione affidatami di salvare l’umanità; di fatto s. Giovanni ci fa
capire che sulla croce il Signore Gesù trionfa già sulla morte e dà alla sua Chiesa lo Spirito Santo,
Signore e Vivificatore.
Ma torneremo al dialogo tra Gesù e la donna. Questo dialogo è pieno di fraintendimenti
piuttosto surrealisti. La donna capisce che il Signore potrebbe dare un’acqua da un’altra sorgente
e risparmiarle così la fatica di venire ad attingere acqua ogni giorno. Gesù parla del dono di Dio,
proprio lo Spirito Santo. Parla alla donna in maniera ancora velata, e solo poco a poco penetra nel
cuore e nella mente di lei. Da qui le osservazioni molto realistiche della samaritana: “non hai un
secchio e il pozzo è profondo …”. Ma poco a poco il mistero del suo interlocutore si fa sempre più
profondo. E la donna capisce sempre meno. Che cosa possono significare queste parole
enigmatiche: “… chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che
io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14)?
Chi è questo Gesù? Un profeta? Un inviato da Dio? Il Messia? Noi conosciamo la risposta: il
Verbo fatto carne, il Figlio di Maria, il Figlio di Dio. È lui la sorgente della vita (Ps 35,10).
La prima parte del dialogo tra il Signore e la samaritana si ferma qui. Rimangono due
interrogativi: “se tu conoscessi il dono di Dio” (Gv 4,10) e l’identità misteriosa di Gesù, il donatore.
Nel dialogo ecumenico tra le Chiese cristiane è molto importante riconoscere che il dono (e
i doni) dello Spirito Santo vive non solo nella mia Chiesa, ma anche in altre Chiese. Un solo
esempio: papa Francesco ha detto alcuni mesi fa considerando i martiri cristiani oggi: “Il sangue
dei martiri (delle Chiese divise) è il seme dell’unità dei cristiani”.
In secondo, prima di scoprire l’identità misteriosa del suo interlocutore, Gesù dice alla
donna: “Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui” (Gv 4,16).
Ma questa sarà la meditazione di domani sera.
Amen.
P. Michel Van Parys, OSB
(Abate di S. Maria di Grottaferrata)