Data: 20/01/2015 | Fonte: Corriere del Trentino | Pagina: 13 | Categoria: unibz «CONVIVIA» INTERVISTA AL PRESIDENTE Al Cristallo Domani alle ore 20.30 al Teatro Cristallo di Bolzano, il governatore Arno Kompatscher con Guido De Nicolò, avvocato di Stato e presidente di «Conviviai», nella foto, inaugurano il primo dibattito del percorso «Identità» a cura del Cristallo, di Teatro La Ribalta e della Libera Università di Bolzano Prossimo incontro il 4 febbraio con Christian Tommasini, vicepresidente della Provincia di Bolzano, Philipp Achammer, assessore all’istruzione e cultura tedesca e Peter Bossman, sindaco di Pirano di Erica Ferro Z ygmunt Bauman l’ha definita «un vestito che si usa finché serve». Guido De Nicolò, presidente dell’associazione Convivia e avvocato dello Stato, si spinge oltre: «È un’uniforme, e come tale intende omologare, far apparire una moltitudine come una persona sola». Di identità si parla spesso di questi tempi, soprattutto dopo gli attentati terroristici che hanno insanguinato il cuore di Parigi. Se ne discuterà anche domani alle 20.30 a Bolzano, al teatro Cristallo, nel primo appuntamento del percorso «Identità» ideato dallo stesso teatro, da Teatro «La Ribalta» e dalla Libera università di Bolzano: protagonisti della serata, moderata da Massimiliano Boschi, il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher e Guido De Nicolò con cui abbiamo parlato di nuove prospettive identitarie. De Nicolò, la carta d’identità è il documento principale di identificazione, ma ha assunto oggi un valore relativo, tanto che alcune voci sono state anche abolite. Ma le identità sono di carta? «Non ha mai avuto senso, perché identità è un concetto coltivato con intendimenti puramente ideologici. Come la stessa carta d’identità esprime, ognuno può essere identico solo a se stesso: quando si fanno discorsi identitari rispetto ad altri, essi sono inevitabilmente ideologici. Il radunarsi attorno a un’identità che dovrebbe essere collettiva, andare oltre l’individuo, non può esistere se non in termini concettuali: in questo senso l’identità è di carta. Peccato che la carta sia un materiale altamente infiammabile, anzi, incendiario». Bauman ne parla come di «un vestito che si usa finché serve: sessuale o politica, religiosa o nazionale, è precaria come tutto della nostra vita». «Altro che un vestito: è un’uniforme. Il vestito ha un senso pratico, tiene caldo oppure esprime il gusto personale. L’identità invece è una vestizione rituale, come ogni uniforme vuole omologare, far apparire una moltitudine come una persona sola, ed è impossibile. È praticabile, inoltre, solo con la coercizione e la violenza nei confronti di chi deve essere omologato e soprattutto verso gli altri che sono esclusi da una data identità.L’identità è un concetto che esclude, perché non esiste se non in contrapposizione con chi ne è privo». La situazione dell’Alto Adige è peculiare: l’identità veniva spesso evocata contro l’ibridismo del plurilinguismo e della multiculturalità. È ancora così? «Per fortuna sta perdendo peso, ma ciò avviene in rapporto proporzionale e diretto all’aumento della libertà e quindi dell’individualità. L’identità è omologazione e costrizione, ha sempre sottinteso un elemento punitivo nei confronti di chi non corrisponde al proprio metro, Identità di carta Il senso dei confini, anagrafici e culturali De Nicolò: «Attenzione all’omologazione» dunque meno si parla di identità, più ciò è segno di un’accresciuta individualità, quindi di libertà. L’identità è come la salute: quando si comincia a parlarne o si è malati o si è ipocondriaci. Il discorso pubblico sull’identità è una forma di ipocondria». I grandi cambiamenti in atto, dall’immigrazione alla globalizzazione, come stanno influendo su un Alto Adige dallo schema identitario molto forte? «Ci si accorge dell’esistenza della diversità, che dell’identità è esattamente l’opposto ed è un elemento della libertà. Quando le diversità vengono accettate significa che una società ha fatto progressi in termini di libertà individuale, che è l’unica che rileva perché una libertà collettiva non esiste. L’irrompere di molte diversità in una realtà come quella altoatesina poteva portare a gravi conflitti oppure attutire l’importanza del discorso identitario, ed è ciò che sta avvenendo perché i sudtirolesi stanno scoprendo se stessi sempre più come individui e sempre meno come sudtirolesi. È un’evoluzione assolutamente positiva che meno persone valutino se stesse e chi le circonda sulla base dell’immagine dell’altro». Documento generato da Marta Colasanti il 20/01/2015 alle 08:56:28 Powered by TCPDF (www.tcpdf.org) Il dibattito L’avvocato dello Stato domani si confronterà con il governatore Arno Kompatscher Oggi più che mai, dopo i fatti di Parigi, sono in molti a riempirsi la bocca del concetto di identità. «Ciò che è avvenuto è la quintessenza del discorso identitario: alla fine c’è il kalashnikov, non solo puntato, ma usato contro chi è diverso. L’intolleranza e la negazione dell’altro sono il termine finale di ogni discorso di questo tipo». All’alba del terzo millennio, dunque, di che identità si può parlare? «Solo di identità individuale e dell’accettazione della diversità, ovvero delle altre identità individuali. Non è possibile parlare pubblicamente di identità senza porre confini verso qualcuno. Quella identitaria è un’idea delimitativa ed esclusiva, quindi pericolosa e potenzialmente violenta». In quest’ottica che Alto Adige si immagina fra dieci o vent’anni? «Fatto di tanti individui quanti sono gli abitanti, di tante persone soddisfatte di se stesse e rispettose dell’identità individuale altrui. Ma soprattutto sviluppano la curiosità verso la diversità. Spero inoltre che il discorso pubblico sull’identità sarà sparito, anzi dimenticato». © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 1/1
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