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Ultime dal clima
Le notizie più importanti dal Quinto Rapporto di Valutazione (2°parte)
Un breve riassunto
Freddo polare negli USA, giornate quasi estive a marzo, tifoni violentissimi… Il clima globale sembra impazzito! Cosa
sta succedendo al Pianeta?
Il clima, come sai, è una cosa ben complicata e non dobbiamo confonderlo con la meteorologia, da cui è ben distinto. E
allora come si fa? Ti sei mai chiesto come gli scienziati spieghino al pubblico ciò che sanno sul clima e i cambiamenti
climatici e come si relazionano con i governi per informarli delle loro scoperte?
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Per scoprire cosa sta succedendo, ogni 6-7 anni circa gli scienziati dell’IPCC comunicano al mondo tutto ciò che sanno
di significativo attraverso un documento molto importante: il Rapporto di Valutazione sul Clima, o Assessment Report
(AR). In sostanza, il Rapporto di Valutazione sul Clima (da qui in poi AR) è un rapporto, che contiene tutto ciò che
sappiamo sul clima del nostro Pianeta, sugli impatti e la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici, e sulle
possibile vie di mitigazione.
Il Rapporto venne pubblicato per la prima volta nel 1990 e a questa prima edizione seguirono quella del 1995, 2001,
2007 e infine l’ultima del 2014, la quinta (AR5). Come i rapporti precedenti, l’AR5 è suddiviso in tre parti, ognuna gestita
da un gruppo di lavoro (Working Group: WG I, WG II, WG III), che studia e approfondisce un particolare aspetto sul
tema. Abbiamo parlato della sua storia e della parte del Rapporto dedicata alle evidenze scientifiche e fisiche del clima
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qualche tempo fa , adesso non ci resta che scoprire la seconda e la terza parte del Rapporto, AR5 WGII e WGIII.
AR5 WGII, impatti, adattamento e vulnerabilità
Ora che sappiamo cosa accadrà dal punto di vista fisico, dobbiamo conoscere anche
quali saranno gli impatti dei cambiamenti climatici sul nostro territorio. Te ne viene in
Come già accennato, Il secondo volume, curato dal WGII, si occupa degli impatti dei
cambiamenti climatici a livello globale e regionale, delle vulnerabilità dei sistemi umani
e naturali e delle opzioni di adattamento, ovvero le possibili modifiche dei sistemi
naturali o umani in risposta al riscaldamento globale o ai suoi effetti, allo scopo di
ridurre i potenziali danni. Lo scopo del Rapporto è quello di fornire una guida ai governi
per adottare le future decisioni e contrastare al meglio gli effetti dei cambiamenti
climatici, che saranno per lo più negativi, sia dal punto di vista ambientale, sia sociale,
sia economico.
In totale il Rapporto è formato da 2562 pagine, 1000 di più dell’AR5 WGI e pesa circa 7
kg: davvero una grande mole di lavoro! Per evidenziare i diversi aspetti trattati, è stato
diviso in due parti: un primo volume, composto da 20 capitoli, che analizza la questione a livello globale e che si
concentra sugli aspetti dei diversi settori analizzati (dalle risorse delle acque dolci, agli ecosistemi marini e terrestri, a
coste, cibo, aree rurali e urbane, energia e industria, salute umana e sicurezza, insediamenti umani e povertà). Il
secondo volume, diviso in 10 capitoli, valuta i rischi e le opportunità di risposta regione per regione, analizzandoli sulle
diverse aree geografiche (Africa, Europa, Asia, Australasia, Nord America, America Centrale, Sud America, Regioni
Polari, Piccole Isole e Oceani). Il riassunto per i decisori politici è già stato accettato, approvato e presentato a fine
marzo 2014, mentre il Rapporto completo deve essere ancora approvato da tutte le parti, ma è già stato accettato il 29
marzo 2014 a Yokohoma, in Giappone (qui a sinistra la copertina di AR5 WG II, volume 1).
1 Per sapere cos’è e cosa fa l’IPCC visita la pagina di eniscuola http://www.eniscuola.net/it/aria/contenuti/cambiamenticlimatici/left/effetto-serra/che-cos-lipcc/
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Che clima fa? http://www.eniscuola.net/it/aria/speciali/che-clima-fa/#title
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Quali sono i punti più importanti in relazione a impatti, adattamento e vulnerabilità? Dal punto di vista dagli impatti, è già
un’evidenza che ad essere in pericolo non sono solo gli ecosistemi naturali e le specie animali e vegetali che li popolano,
ma anche il benessere e la sopravvivenza degli esseri umani sono minacciati! Ad esempio, dal punto di vista dei
sistemi naturali, è stato osservato che molte specie marine, di acqua dolce o terrestre, hanno cambiato i loro percorsi
migratori e le aree geografiche di riproduzione e crescita e che lo scioglimento dei ghiacci sta influenzando i sistemi
idrogeologici e la disponibilità di risorse idriche. Anche noi esseri umani iniziamo a sperimentare le difficoltà di vivere in
un mondo dal cattivo stato di salute: dobbiamo o dovremo affrontare la diminuzione nella disponibilità di acqua dolce,
problemi nel settore alimentare, l’innalzamento del livello del mare e l’erosione delle coste, tutti impatti che potrebbero
implicare costi e politiche di adattamento molto onerosi. In particolare, questa edizione si è focalizzata molto sui rischi
legati alla sicurezza alimentare, dovuti a cali nella produzione globale e regionale, con conseguenti perdite economiche
specie per le comunità agricole e per chi risiede in aree urbane del Sud del mondo. Nemmeno noi in Europa siamo
immuni: come ricorderai dallo speciale sull’impronta idrica, la diminuzione della disponibilità d’acqua dovuta ai
cambiamenti climatici porterà a una forte diminuzione delle rese agricole in Italia.
Oltre a quelli già citati, è previsto un forte impatto negativo sulla biodiversità e la qualità degli ecosistemi naturali, sulle
precipitazioni (in alcune aree più intense, in altre sempre più rarefatte), ma anche una probabilità (proporzionale
all’aumento di temperatura) di raggiungere i cosiddetti tipping point, ovvero eventi catastrofici innescati da un aumento
della temperatura maggiore di +4°C.
Se ci concentriamo sull’Europa, alcuni degli impatti principali previsti oltre a quelli già citati sono:
•
l’aumento delle temperature in tutte le regioni, accompagnato da un aumento marcato delle precipitazioni nel
Nord Europa e una diminuzione significativa nel Sud Europa; aumento di eventi estremi (ad esempio ondate di
calore) e fenomeni correlati (come incendi);
•
l’aumento dei rischi associati a inondazioni con possibile perdita di vite umane, erosione costiera e danni alle
infrastrutture; il rischio può comunque essere ridotto entro limiti accettabili grazie a misure di adattamento quali
opere di difesa del territorio, piani di allerta e rafforzamento protezione civile, strategie di pianificazione
urbanistica e territoriale;
•
l’innalzamento del livello dei mari, che potrà portare alla degradazione di molti beni culturali e siti di rilevanza
storica; inoltre alcuni beni paesaggistici potranno essere persi per sempre.
Fortunatamente l’Europa possiede una capacità di adattamento maggiore rispetto ad altre regioni del pianeta, ma
esistono comunque limiti alla possibilità di adattamento per molti dei rischi individuati dagli scienziati, soprattutto per
aumenti di temperatura maggiori di 4°C. La regione mediterranea (di cui fa parte anche l’Italia) però è individuata come
una delle aree europee più a rischio a causa dei molteplici fattori che vengono impattati: turismo, agricoltura, attività
forestali, infrastrutture, energia, salute della popolazione, introducendo ulteriori disparità economiche all'interno
dell'Europa.
Allontanandoci dal nostro continente, non dobbiamo dimenticare che nel mondo esistono altri problemi che pongono in
situazioni di rischio: povertà, disuguaglianze, urbanizzazione, globalizzazione del settore alimentare, conflitti, sono alcuni
tra gli elementi che contribuiscono a definire differenti gradi di vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Come spesso
accade, sono le regioni più povere e le classi sociali più svantaggiate a essere più vulnerabili al cambiamento climatico e
anche le meno capaci di sviluppare le risposte di adattamento.
Le regioni del mondo più povere, le classi sociali meno abbienti, le persone discriminate per motivi sociali risultano più
vulnerabili e meno capaci di sviluppare adeguate risposte di adattamento, ma anche chi vive nelle regioni con elevati
tassi di sviluppo è in pericolo. Quali sono i rischi che corriamo in futuro? Proprio perché il rischio dipende da molti fattori,
porta con sé anche una certa dose di incertezza: è certo però che alcuni impatti sono già in corso e sono inevitabili,
quindi adattarsi non è più una possibilità, ma una necessità.
Preso atto che il cambiamento climatico è in atto, che noi siamo responsabili e che siamo tutti più o meno esposti alle
sue conseguenze, cosa ci resta da fare? L’aspetto più innovativo dell’AR5 rispetto al precedente è l’aggiunta di un’analisi
approfondita delle misure di adattamento che sono state già messe in atto o che potranno essere messe in atto per
adattarsi al cambiamento climatico nelle diverse regioni del mondo. Molte di queste strategie in realtà, sono misure che
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dovrebbero essere intraprese a prescindere e per le quali vale la pena investire, perché i benefici futuri saranno
maggiori dei costi iniziali. Quali sono queste strategie? Ad esempio, misure per il dissesto idrogeologico e la tutela
della biodiversità, la riforestazione, la tutela dei parchi, misure per la tutela delle specie terrestri e marine, ecc...
Vale la pena fare questi sforzi economici preventivi? Gli scenari proposti dall’IPCC dicono chiaramente che il nostro
investimento è a lungo termine e che per i primi 15-16 anni non vedremo sostanziali differenze tra uno scenario e l’altro a
causa delle resistenze alle variazioni (inerzie) del sistema climatico. Man mano però che ci allontaniamo dal 2030-2040,
sarà sempre più evidente quanto sarà stato significativo il nostro cambiamento di rotta: se ci saremo comportati bene e
avremo ridotto le nostre emissioni, ci troveremo negli scenari più ottimisti di innalzamento della temperatura, altrimenti
andremo incontro agli scenari più pessimisti con conseguenze molto preoccupanti.
Come reagire di fronte a questa situazione rischiosa e problematica? Per poter vedere il bicchiere mezzo pieno, potremo
pensare al riscaldamento globale come a un’opportunità per ridurre la nostra pressione sul Pianeta: possiamo
concentrarci sui potenziali benefici, perché, anche se non siamo totalmente certi della gravità degli impatti futuri, azioni
che possano ridurre la nostra vulnerabilità gioveranno comunque sulla salute umana e degli ecosistemi, aumenteranno
la qualità dell’ambiente e quindi il nostro benessere.
Non possiamo conoscere il futuro, ma sappiamo con certezza che tutto dipende dalle nostre scelte, presenti e
future, e dal percorso di opportunità che decideremo di affrontare.
AR5 WGIII, mitigazione dei cambiamenti climatici
A questo punto conosciamo le evidenze scientifiche e conosciamo gli impatti, quindi
cosa fare? Quali sono le possibili vie per la mitigazione? Ce lo dice il terzo volume, l’AR5
WGIII! In fatto di numeri, l’ultima fatica dell’IPCC non è da meno rispetto alle altre: la
redazione del volume ha coinvolto circa 400 autori ed esaminato quasi 10000
pubblicazioni scientifiche; a questi si aggiungono 900 revisori, che hanno contribuito con
38000 commenti al rapporto. Il volume comprende 16 capitoli divisi in tre parti principali
che riguardano l’inquadramento delle questioni, i diversi percorsi per la mitigazione e
infine la valutazione delle politiche, del quadro istituzionale e dei finanziamenti necessari
per un totale di più di 2000 pagine (a sinistra la copertina).
Dal terzo gruppo di lavoro il quadro emerso non è particolarmente roseo. Purtroppo,
nonostante le misure di riduzione attuate, le emissioni di gas serra stanno
continuando a crescere a un ritmo senza precedenti.
La maggior parte di queste emissioni (il 78%) deriva dall’uso dei combustibili fossili e dai processi industriali, mentre
l’unico settore che in cui si sta verificando una diminuzione è il settore forestale, grazie alla minore deforestazione degli
ultimi anni. Se sono già disponibili e visibili scelte politiche e tecnologiche per ridurre queste emissioni come si spiega
l’aumento? Anche se l’Europa si è impegnata concretamente per la riduzione, molti paesi emergenti o che fino a poco
tempo fa erano considerati tali (ad esempio Cina, India e Brasile adesso cosiddetti “a reddito medio”) hanno aumentato
notevolmente le loro emissioni di gas serra.
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Fig.1 Emissioni antropogeniche di gas a effetto serra dal 1970 al 2010, suddivisi per gas: CO2 da combustibili fossili e processi
industriali (arancione); CO2 da foreste e altri usi del suolo (rosso); metano CH4 (azzurro chiaro); protossido di azoto N2O (turchese); gas
fluorurati (blu).
La causa principale dell'aumento delle emissioni è stata la rapida urbanizzazione e l’impiego di combustibili fossili con
alte emissioni di CO2 nell’industria di questi paesi. All’aumento delle emissioni per i paesi emergenti si uniscono le già
alte emissioni dei paesi industrializzati. Questo significa che è molto importante che gli sforzi siano congiunti
affinché la riduzione delle emissioni in un paese non venga vanificata dall’aumento in un altro. I cambiamenti climatici
sono un problema e una sfida globali perché la maggior parte dei gas serra si accumula nel tempo e si mescola a
livello planetario.
Fig.2 Variazione delle emissioni per quattro fattori principali: intensità di carbonio, emissioni di CO2 per unità di energia (rosso),
intensità di energia del PIL (giallo), PIL pro-capite (blu), popolazione (azzurro). Dalla figura è possibile notare l’aumento delle emissioni
dovuto alla crescita della popolazione e all’utilizzo di combustibili fossili con maggiori emissioni di CO2
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Dove intervenire? I settori chiave di intervento per la mitigazione sono: la produzione e l’uso dell’energia, i trasporti,
l’edilizia, le industrie, l’uso del suolo e gli insediamenti umani e molteplici sono le possibile soluzioni e le
combinazioni. Si va ad esempio da interventi nel settore dei rifiuti, alle azioni di efficienza energetica e utilizzo delle
energie rinnovabili, alla gestione delle foreste; non esiste una sola soluzione o una sola combinazione di soluzioni
possibili, ma una serie di interventi e misure ad hoc che ogni paese dovrà intraprendere a seconda delle sue
caratteristiche ed esigenze.
Se queste azioni non verranno portate avanti e continueremo ad emettere gas serra a questo ritmo è previsto un
aumento della temperatura media globale nel 2100 compresa tra i 3,7 e i 4,8 °C: molto lontana dall’obiettivo dei 2°C
auspicato dagli scienziati per non interferire pericolosamente con il sistema climatico! C’è qualcosa che possiamo fare
per rimanere nell’obiettivo? Qualcosa c’è, ma si tratta di uno sforzo quasi titanico: un taglio sostanziale delle emissioni di
gas serra (40-70% rispetto ai livelli del 2010) da attuarsi entro il 2050 e emissioni nulle di gas serra entro il 2100. Agire
adesso, per quanto impegnativo, rimane comunque importante perché più rimandiamo il taglio delle emissioni, più ci
allontaniamo dalla prospettiva di creare un’economia pulita e più aumentano i costi futuri necessari per mitigare gli
impatti! L’anno chiave indicato dagli scienziati come possibile punto di svolta (positiva o negativa) è il 2030: se le
emissioni continueranno a crescere, poter rimanere entro il limite dei 2°C sarà molto difficile e saranno necessari sforzi
molto grandi, se invece riusciremo a ridurre le nostre emissioni lo sforzo sarebbe la metà.
Fig. 3 Scenari futuri di aumento della temperatura in relazione alle emissioni di gas serra e concentrazioni in atmosfera
È necessario agire quindi, ma quanto ci costerebbe? Meno di quello che potremmo pensare e abbiamo tutto da
guadagnarci! L’IPCC ha calcolato che rimanere nello scenario di aumento di temperatura di 2° C porterebbe a una
riduzione del PIL (Prodotto Interno Lordo, un indice economico che misura il valore dei beni e servizi di un paese) tra
l’1% e il 4% entro il 2030 e tra il 2% e il 6% entro il 2050, senza contare però i benefici che otterremmo in termini di
ecosistemi, qualità dell’aria, e molto altro! Per la prima volta infine sono stati calcolati anche gli investimenti necessari: gli
investimenti nelle tecnologie di produzione di energia pulita dovranno aumentare del doppio, mentre gli investimenti in
fonti fossili diminuiranno del 20%.
Insomma, ne vale la pena? Sicuramente sì, un ottimo investimento a lungo termine per tutti noi!
Autore: Nadia Mirabella, redazione eniscuola
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Fonti e approfondimenti: IPCC, Fifth Assessment Report (AR5), http://www.ipcc.ch/report/ar5/
Climate Central, Le stranezze del clima, Chiavi di lettura – Zanichelli. ISBN 978-88-0816290-8
Climalteranti, Blog di formazione e discussione sul tema dei cambiamenti climatici - http://www.climalteranti.it/
Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, IPCC AR5 – Working Group I
http://www.cmcc.it/it/article/comunicazione-i-195-paesi-membri-dellipcc-hanno-approvato-il-nuovo-rapporto-sulle-basi-fisiche-dei-cambiamenti-climatici
Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Clima2014/IPCC AR5 – Working Group II http://www.cmcc.it/it/politica-climatica/ipcc-ar5-workinggroup-ii
Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Clima2014/ Mitigazione dei cambiamenti climatici: politiche, strumenti e misure per ridurre le
emissioni di gas serra, http://www.cmcc.it/it/scienza-della-comunicazione-climatica/ipcc-ar5-wg-iii
Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Tutto quello che dovete sapere sul 5° Rapporto di Valutazione dell’IPCC http://www.cmcc.it/it/politicaclimatica/everything-you-need-to-know-about-the-ipcc-fifth-assessment-report-wg3-mitigation-of-climate-change-2
NASA, Six decades of a Warming Earth, https://www.youtube.com/watch?v=gaJJtS_WDmI