Note aggiuntive sui sistemi hamiltoniani 29 settembre 2014 Indice 1 Formalismo hamiltoniano 2 2 Aspetto delle hamiltonane tipiche 3 3 Flussi di fase 4 4 Teorema di Liouville 4 5 Proprietà dei sistemi hamiltoniani 4 6 Proprietà qualitative del moto 5 7 Variabili cicliche e riduzione dei gradi di libertà 6 8 Trasformazioni canoniche 8 9 Parentesi di Poisson 10 10 Funzioni generatrici 12 11 L'equazione di Hamilton-Jacobi 16 12 Il metodo di Hamilton-Jacobi 18 Queste note sono quasi solo un elenco di argomenti. Sulla meccanica hamiltoniana ( vedi i testi di meccanica (Laundau, ButtàNegrini, Esposito), e le dispense di ButtàNegrini sui Sistemi Dinamici da pp. 53 in poi. 1 1 Sia Formalismo hamiltoniano ˙ t) L(q, q, una lagrangiana a n gradi di libertà, con q ∈ Rn , q˙ ∈ Rn q (qui e q˙ sono solo i nomi delle variabili). Ricordo che le equazioni di Eulero-Lagrange a essa associate sono # ∂L d ∂L = dt ∂ q˙ q(t),q(t),t ∂q q(t),q(t),t ˙ ˙ dove ∂L ∂ q˙ è il gradiente rispetto alla variabile sono poi calcolati in Si deniscono ˙ q(t), q(t) e ∂L ∂q quello rispetto a q, e questi gradienti che stavolta sono posizione e velocità in funzione del tempo. momenti coniugati alle variabili le funzioni pi = e si chiama q˙ ∂L ˙ t) (q, q, ∂ q˙i energia generalizzata la seguente funzione delle variabili q, q˙ e t: ˙ t) p · q˙ − L(q, q, Se L ˙ q(t), q(t) non dipende dal tempo, allora l'energia generalizzata calcolata in è una costante del moto. Una lagrangiana che si ottiene da un sistema sico conservativo in un sistema di riferimento inerziale, con forze puramente posizionali e vincoli perfetti bilateri è sempre del tipo dove 1 ˙ q) = q˙ · T (q)q˙ − V (q), L(q, 2 T (q) è una matrice simmetrica e denita positiva, e lagrangiane naturali quelle di questa forma. sinteticamente scrivere come q, q˙ Rn . sono in Chiamerò Le equazioni di Euelro-Lagrange si possono ∂L d ˙ =− . (T (q)q) dt ∂q In tal caso, p = T (q)q˙ e l'energia è 1 E = q˙ · T (q)q˙ + V (q) 2 C'è un altro formalismo che permette di ottenere le equazioni del moto di un sistema meccanico, analogo a quello lagrangiano, e prende il nome di formalismo hamiltoniano. Questo diverso modo di scrivere le equazioni del moto permette di capire alcuni aspetti importanti, teorici e pratici, del moto dei sistemi meccanici. Consideriamo la relazione che denisce i momenti coninugati: p= ∂L ˙ t) (q, q, ∂ q˙ 2 Se, come è il caso delle lagrangiane naturali, la matrice ∂ 2L ∂ q˙ 2 è non singolare, si può determinare q˙ in funzione di p, q e t: ˙ q˙ = q(q, p, t) Consideriamo ora l'energia generalizzata espressa nelle variabili d'ora in poi q, p e t, che chiameremo hamiltoniana: ˙ q, t) H(q, p, t) = p · q˙ − L(q, ˙ è ora una funzione di (q q, q˙ , t). Calcoliamone il dierenziale dH = q˙ · dp + p · dq˙ − Usando che ∂L = p, ∂ q˙ ∂L ∂L ∂L · dq˙ − · dq − dt ∂ q˙ ∂q ∂t si ottiene dH = q˙ · dp − cioè ∂H ˙ = q, ∂p ∂L ∂L · dq − dt ∂q ∂t ∂H ∂L =− , ∂q ∂q ∂H ∂L =− ∂t ∂t q(t) soddisfa le equazioni di (q(t), p(t)) soddisfa le equazioni Da queste identità segue, mediante una semplice verica, che EuleroLagrange se e solo se la coppia di funzioni vettoriali di Hamilton: ∂H (q(t), p(t), t) ∂p ∂H ˙ p(t) =− (q(t), p(t), t) ∂q ˙ q(t) = 2 Aspetto delle hamiltonane tipiche Una lagrangiana che si ottiene da un sistema sico conservativo in un sistema di riferimento inerziale, con forze puramente posizionali e vincoli perfetti bilateri è sempre del tipo 1 ˙ x) = x˙ · T (x)x˙ − V (x), L(x, 2 dove T (x) è una matrice simmetrica e denita positiva, e x, x˙ sono in Rn . Il pasaggio all'hamiltoniana è semplice. Infatti il vettore degli impulsi coniugati è dato da: p= ed essendo T ∂L ˙ = T (x)x, ∂ x˙ denita positiva, in particolare è invertibile. Dunque x˙ = T (x)−1 p. 3 Ma allora l'hamiltoniana è data da: 1 1 1 ˙ ˙ (x)x+V ˙ H = p·x− x·T (x) = p·T (x)−1 p− T (x)−1 p ·T (x)T (x)−1 p+V (x) = p·T (x)−1 p+V (x). 2 2 2 Quindi per il calcolo dell'hamiltoniana è suciente calcolare l'inversa della matrice T. Nel caso di vincoli olonomi dipendenti dal tempo nella lagrangiana compaiono anche termini lineari nelle velocità: 1 ˙ x, t) = x˙ · T (x, t)x˙ + b(x, t) · x˙ − V (x). L(x, 2 La lagrangiana di una particella in un campo elettromagnetico ha anch'essa questa forma, ma senza la dipendenza temporale. Per esercizio, determinare la corrispondente hamiltoniana. 3 Flussi di fase Vedi dispense FM paragrafo 2.1 4 Teorema di Liouville Vedi dispense FM paragrafo 2.4. 5 Proprietà dei sistemi hamiltoniani Le equazioni di Hamilton per un sistema a del primo ordine in 2n variabili. n gradi di liberà sono un sistema di equazioni Per la loro struttura, il campo ha divergenza nulla, dunque, per il teorema di Liouville, il corrispondente usso conserva la misura. Proposizione 5.1 conserva la misura. Nel caso bidimensionale, un sistema è hamiltoniano se e solo se il usso Infatti se x˙ = f (x, y) y˙ = g(x, y) la condizione di divergenza nulla è ∂x f + ∂y g = 0 dunque il campo vettoriale primitiva, cioè una funzione (−g, f ) è irrotazionale, H(x, y) tale che e, almeno localmente, ammette una ∂x H = −g, ∂y H = f Questa funzione anche se f e g H è appunto l'hamiltoniana del sistema. Si noti che la stessa analisi vale dipendono esplicitamente dal tempo, e che invece in dimensione maggiore di 2 la condizione di divergenza nulla non implica che il sistema sia hamiltoniano. Esistono interessanti sistemi hamiltoniani che non provengono dalla meccanica, per esempio il sistema preda-predatore, o sistema di Volterra-Lotka (dettagli sulle dispense di Buttà Negrini di Sistemi Dinamici). 4 6 Proprietà qualitative del moto Tra le principali conseguenze del teorema di Liouville, c'è il teorema del ritorno di Poincaré, che aerma che per un usso a un parametro che conserva la misura, denito su una regione limitata, quasi ogni traiettoria ritorna arbitrariamente vicina al suo dato iniziale. Più rigorosamente, nelle dispense di ButtàNegrini di sistemi dinamici, pag. 66, è dimostrato il seguente teorema. Teorema 6.1 teorema del ritorno I. Sia Φ un omeomorsmo che conserva la misura, denito da Ω, dominio limitato, in sé. Sia A un sottoinsieme misurabile di Ω, e sia N = {x ∈ A| Φk (x) ∈ / A denitivamente in k} Allora la misura di N è nulla. In altri termini, l'insieme dei punti di di A. A che tornano innite volte in A ha la stessa misura Non riporto qui la dimostrazione. Un semplice corollario di questo teorema è il seguente. Sia ε > 0; dirò che k che ε−ritorna se per ogni n ∈ N, esiste un k > n tale che |Φ (x) − x| < ε. x è un punto Teorema 6.2 teorema del ritorno II L'insieme dei punti che non ε−ritornano ha misura nulla. Dimostrazione. B1 , B2 , . . . Poichè Ω ε−ritornano e consideriamo una delle palle Bi . Poichè quasi tutti i punti di Bi tornano in Bi per il teorema I, la misura di N ∩ Bi è nulla, infatti se x ∈ N ∩ Bi allora x non ε−ritorna, e quindi non può tornare in Bi , perché tornerebbe a distanza inferiore a ε (che è il diametro di Bi ). Ma allora [ [ N = N ∩ Bi = (N ∩ Bi ) di raggio ε/2. è limitato, è possibile ricoprirlo con un numero nito di palle Sia N l'insieme dei punti che non ha misura nulla, in quanto unione numerabile di insiemi di misura nulla. x∈Ω k Φ (x) − x < ε Inne, si può provare la seguente aermazione più forte. Dirò che ∀ε > 0, ∀n ∈ N, ∃k > n tale che ritorna se, x ritorna se ε−ritorna per ogni ε, ovvero se la triettoria che parte da x torna arbitrariamente vicino a x. Detto in parole, innite volte Teorema 6.3 teorema del ritorno II L'insieme dei punti che non ritornano ha misura nulla. Se il punto x 1/n-ritorna per ogni n ∈ N positivo. l'intersezione per n ≥ 1 degli insiemi dei punti ritorna, allora punti che ritornano è Dunque l'insieme dei che 1/n-ritornano. Il n ≥ 1 complementare è l'insieme dei punti che non ritornano, ed è dunque l'unione per dell'insieme dei punti che non 1/n-ritornano. Poiché questi insiemi hanno misura nulla, la loro unione numerabile ha misura nulla. Per commenti sui paradossi del teorema del ritorno vedi le dispense di ButtàNegrini. È da notare, comunque, che lo studio delle propietà a tempi lunghi dei sistemi conservativi (hamiltoniani) sono l'inizio dello studio che porta alla descrizione dei sistemi mediante la Maccanica Statistica (parola chiave ipotesi ergodica), ma non dirò nulla in merito. 5 7 Variabili cicliche e riduzione dei gradi di libertà Mostrerò con un esempio il diverso comportamento dei sistemi lagrangiani e di quelli hamiltoniani in presenza di variabili cicliche. Consideriamo la lagrangiana del moto centrale piano con V (r) = 1 ˙ = x˙ 2 − V (|x|) L(x, x) 2 1 , le equazioni del moto sono le corrispondenti equazioni di Eulero-Lagrange: r d ∂L ∂L ¨= =x = −∇V dt ∂ x˙ ∂x Per ottenere le equazioni in coordinate polari è suciente considerare il cambiamento di coordinate x1 = ρ cos ϑ x2 = ρ sin ϑ che genera il corrispondente cambiamento di variabili nelle velocità: x˙ 1 = ρ˙ cos ϑ − ρϑ˙ sin ϑ x˙ 2 = ρ˙ sin ϑ + ρϑ˙ cos ϑ Inne si calcola la lagrangiana nelle nuove variabili. Si ottiene ˙ = 1 ρ˙ 2 + 1 ρ2 ϑ˙ 2 − V (ρ) L(ρ, ϑ, ρ, ˙ ϑ) 2 2 Le equazioni del moto in coordinate polari sono esattamente le equazioni di Eulero Lagrange che si ottengono da questa Lagrangiana: d ∂L ∂L = ρ¨ = = ρϑ˙ 2 − V 0 (ρ) dt ∂ ρ˙ ∂ρ d d ∂L ˙ =0 = (ρ2 ϑ) ˙ dt ∂ ϑ dt 2 ˙ La seconda equazione indica che il ρ ϑ , il momento coniugato alla variabile ϑ, si conserva lungo il moto (infatti ϑ è una variabile ciclica, cioè L non dipende esplicitamente da ϑ). Si può trarre vantaggio dalla conservazione di questa quantità, riducendo il sistema a un solo grado di libertà, sostituendo il momento con una costante nell'espressione dell'energia meccanica (si riveda, sui testi di Meccanica, come si porta elle quadrature il moto centrale). Noto che per ottenere questa riduzione si esce dal formalismo lagrangiano (non si può infatti sostiture il momemento dentro la lagrangiana, verrebbero equazioni errate). La corrispondente hamiltoniana è 1 1 H = p2ρ + 2 p2ϑ + V (ρ) 2 2ρ dove pρ = ∂ρ˙ L = ρ˙ è il momento coniugato alla variabile coniugato alla variabile ρ e pϑ = ∂ϑ˙ L = ρ2 ϑ˙ ϑ. 6 è il momento Le equazioni di Hamilton corrispondenti sono ∂H = pρ ∂pρ ∂H p˙ρ = − = p2ϑ /ρ3 − V 0 (ρ) ∂ρ ∂H ϑ˙ = = pϑ /ρ2 ∂pϑ ∂H p˙ϑ = − =0 ∂ϑ ρ˙ = Questo sistema di 4 equazioni è un sistema a due gradi di libertà, con un variabile ciclica, pϑ si conserva, come aerma l'ultima equazione. Ma allora, le prime due equazioni, in ρ e pρ , sono un sistema hamiltoniano a un solo grado di libertà, in cui l'impulso pϑ è un parametro. Il fatto che la variabile ϑ sia infatti H non dipende da ϑ. Il corrisponde impulso ciclica, ha dunque una conseguenza importante: le altre equazioni sono automaticamente le equazioni del moto di un sistema con un grado di libertà in meno. Questo è un fatto generale: nel formalismo hamiltoniano, a ogni variabile ciclica corrisponde la riduzione del sistema di un grado di libertà, e non sono necessari passaggi ulteriori rispetto alla scrittura delle equazioni del moto. Ricordo che questo non accade nel formalismo Lagrangiano: la ciclicità di una variabile garantisce la conservazione del momento coniugato, ma la ridurre di un grado di libertà non è contenuta nel formalismo. Considero, come ulteriore esempio, la lagrangiana della trottola pesante J I L = (ϑ˙ 2 + φ˙ 2 sin2 ϑ) + (ψ˙ 2 + φ˙ cos θ) − mgl cos θ 2 2 dove θ è l'angolo tra l'asse della trottola e l'asse verticale, φ è un angolo che esprime la rotazione intorno all'asse verticale, ψ è un angolo che esprime la rotazione intorno all'asse della trottola; J è il momento di inerzia rispetto all'asse della trottola, I è quello rispetto a un qualunque asse ortogonale che passa per il punto di appoggio, l è la distanza del baricentro dal punto di appoggio. L'energia cinetica è ˙ ˙ ϑ ϑ I 0 0 1 ˙ 2 2 0 I sin ϑ + J cos ϑ J cos θ φ˙ φ · 2 ˙ 0 J cos θ J ψ˙ ψ L'inversa della matrice cinetica è J sin2 ϑ 0 0 1 0 J −J cos θ IJ sin2 ϑ 2 2 0 −J cos θ I sin ϑ + J + J cos ϑ dunque l'hamiltoniana è 1 1 2 Jp2φ − 2J cos ϕpφ pψ + (I sin2 ϑ + J cos2 ϑ)p2ψ + mgl cos ϑ pϑ + 2 2I 2IJ sin ϑ 1 2 1 1 2 = pϑ + (pφ − pψ cos ϑ)2 + p + mgl cos ϑ 2 2I 2J ψ 2I sin ϑ H= Anche in questo caso, si può considerare questa come l'hamiltoniana di un sistema a un grado di libertà, in cui pφ e pψ sono integrali primi ssati dai dati inziali. 7 8 Trasformazioni canoniche Nell'esempio del paragrafo precedente, ho mostrato come sia semplice, nel formalismo lagrangiano, determinare le equazioni del moto in coordinate polari: è stato suciente determinare l'espressione della lagrangiana nelle nuove coordinate, e poi scrivere le corrispondenti equazioni di Eulero-Lagrange. In questo senso, le equazioni di Eulero-Lagrange sono invarianti in forma. Ci si può chiedere se questa proprietà valga anche per i sistemi hamiltoniani. Nel caso dell'esempio precedente, l'hamiltoniana in coordinate rettangolari è 1 1 H = p21 + p22 + V (|x|) 2 2 dove pi = x˙ i sono i momenti coniugati alle coordinate cartesiane. I passaggi che abbiamo svolto nel paragrafo precedente deniscono complessivamente un cambiamento di coordinate in dimensione variabili x1 , x2 , p1 , p2 4, che permette di passa dall'hamiltoniana nelle all'hamiltoniana nelle variabili ρ, ϑ, pρ pϑ : x1 = ρ cos ϑ x2 = ρ sin ϑ p1 = x˙ 1 = ρ˙ cos ϑ − ρϑ˙ sin ϑ = pρ cos ϑ − pϑ sin ϑ/ρ p2 = x˙ 2 = ρ˙ sin ϑ + ρϑ˙ cos ϑ = pρ sin ϑ + pϑ cos ϑ/ρ Questo fatto è generale: un cambiamento di coordinate nella lagrangiana induce un cambiamento di coordinate nell'hamiltoniana. n regolare di coordinate in R , allora q˙ = e la nuova hamiltomiama è Infatti, se q = q(Q) è un cambiamento ∂q ˙ Q, ∂Q ˙ = L(q(Q), ∂Q qQ) ˙ . ˜ L(Q, Q) La corrispondente trasformazione dei momenti coniugati è ˜ ∂L P= = ˙ ∂Q ∂q ∂Q t ∂L = ∂ q˙ ∂q ∂Q t p (1) Si può facilmente provare che la nuova hamiltoniana è ˜ H(Q, P) = H(q(Q), p(Q, P)) dove p(Q, P) è l'espressione di p in fuzione di Q e P. In questo esempio ho mostrato come passando al formalismo hamiltoniano non si perda la proprietà di invarianza in forma delle equazioni del moto per cambiamento delle corrispondenti coordinate lagrangiane. In realtà le equazioni di Hamilton sono invarianti per una classe più ampia di trasformazioni, che posso coinvolgere coordinate e momenti, con n garantiscono l'invarianza in trasformazioni regolari in dimensione 2n ga- una avvertenza: tutte le trasformazioni regolari in dimensione forma delle equazioni di Lagrange, non tutte le rantiscono l'invarianza in forma delle equazioni di Hamilton. D'altra parte, le trasformazioni che conservano la struttura hamiltoniana del moto sono molte di più rispetto alle sole trasformazioni di coordinate che si possono fare per la corrispondente hamiltoniana. L'esempio 8 più semplice che si può fare è questo: data H = H(q, p), si consideri la trasformazione che scambia, a meno di un segno, momento e coordinata: P = −q Q=p è facile vericare che se ˜ H(Q, P ) = H(−P, Q), q˙ = ∂p H(q, p) p˙ = − ∂q H(q, p) ˜ −q), H(q, p) = H(p, e quindi allora ˜ Q˙ = p˙ = − ∂q H(q, p) = ∂P H(Q, P) ˙ ˜ P = −q˙ = − ∂p H(q, p) = − ∂Q H(Q, P ) se e solo se Quali sono dunque le trasformazioni che conservano la struttura hamiltoniana delle equazioni del moto? Denizione. Una trasformazione (cambio di coordinate) canonica se per ogni funzione H = H(q, p, t), Q = Q(q, p, t) e P = P(q, p, t) è K = K(Q, P, t) tali che esiste una funzione i due sistemi seguenti sono equivalenti: ∂H ∂p ∂H p˙ = − ∂q q˙ = ⇐⇒ ˙ = ∂K Q ∂P ˙ = − ∂K P ∂Q Per iniziare a esplorare il mondo delle trasformazioni canoniche, consideriamo prima un caso particolare di trasformazioni canoniche. Denizione. Una trasformazione miltoniana H = H(q, p), (q, p) ↔ (Q, P) si dice simplettica se, per ogni ha- trasforma il sistema hamiltoniano nelle variabili stema hamiltoniano nelle variabili K(Q, P, t) = H(q(Q, P), p(Q, P)), (Q, P) in cui la nuova hamiltoniana cioè l'hamiltoniana traformazioni simplettiche vengono spesso anche dette H K (q, p) in un si- è esattamente letta nelle nuove coordinate. Le completamente canoniche. Non è dicile determinare le condizioni che garantiscono che una trasformazione è simplettica. Ricordo che, indicando con hamiltoniano di hamiltoniana H z = (q, p) il complesso delle variabili, il sistema si legge z˙ = J∇H dove J è la matrice simplettica fondamentale J= 0 I −I 0 t ∂Z ˜. ˜ = H(z(Z)), così che ∇H = ∇H H ∂z t ˙Z = ∂Z z˙ = ∂Z J∇H = ∂Z J ∂Z ∇H ˜ ∂z ∂z ∂z ∂z Sia Z = Z(z), e sia variabili è Il sistema nelle nuove che coincide con ˜ Z˙ = J∇H 9 se e solo se ∂Z J ∂z Una matrice A si dice ∂Z ∂z t =J simplettica se e solo se AJAt = J Dunque una trasformazione è simplettica se e solo se il suo jacobiano è una matrice simplettica in ogni punto. Non è dicile provare che se A è simplettica allora è invertibile (basta calcolare il det n t terminate nell'uguaglianza AJA = J , notando che det J = (−1) . Inoltre anche A , infatti t moltiplicando a sinistra per A J si ottiene At JAJAt = At JJ = −At (infatti J 2 = −I). At Poiché è invertibile, moltiplicando a destra per At JAJJ = −J, e dunque t (A−1 ) J si ottiene At JA = J Calcolando l'inversa di entrambi i membri dell'uguaglianza si ottiene che anche A−1 è simplet- tica. Inne, il prodotto di matrici simplettiche è simplettico, dunque le matrici simplettiche formano un sottogruppo del gruppo delle trasformazioni non singolari. Non è agevole vericare la canonicità di una trasformazione attraverso la simpletticità dello jacobiano, ma esistono altre condizioni equivalenti. Prima di introdurle però è necessario denire le 9 parentesi di Poisson. Parentesi di Poisson Per la denzione, le proprietà, i rapporti con gli integrali primi delle note del prof. Teta sulla meccanica hamiltoniana (le vedi sezione 4, pagg. Teta.pdf 9 e 10, in questa cartella), e pagg. 6163 delle dispense di ButtàNegrini. Non è dicile vericare che le parentesi di Poisson sono intimamente legate alla matrice simplettica fondamentale: {f, g} = ∂f ∂g ∂f ∂g · − · = ∇f · J∇g ∂q ∂p ∂p ∂q ∂p sono i gradienti rispetto a q e p, mentre ∇ è il gradiente nel complesso delle variabili z = (q, p). Inoltre, considerando il cambiamento di variabile Z = Z(z), possiamo calcolare sia le parentesi di Poisson nelle variabili z, sia nelle nuove variabili Z: t ∂z ∂z ∂z ∂z ∇z f · J ∇z g = ∇z f · J ∇z g {f, g}Z = ∇Z f · J∇Z g = ∂Z ∂Z ∂Z ∂Z dove ∂q e da cui segue che la trasformazione è simplettica se e solo se conserva le parentesi di Poisson per ogni coppia di funzioni f e g. In particolare, poichè, per ogni i e j {qi , qj } = 0 = {pi , pj }, {qi , pj } = δi,j 10 ne segue che se una trasformazione è canonica, allora, considerando le parentesi di Poisson nelle vecchie varibili, {Qi , Qj } = 0 = {Pi , Pj }, {Qi , Pj } = δi,j Si può dimostrare che queste relazioni sono una condizione equivalente alla simpletticità della trasformazione. Nel caso di un solo grado di libertà la dimostrazione è semplice, e la trovate, per esempio, nelle pagg. 13 e 14 degli appunti del Prof. Teta. Consideriamo un esempio a un grado di libertà. Esempio Sia 1 P = (q 2 + p2 ) 2 q Q = arctan p In questo caso è molto semplice vericare la canonicità della trasfromazione mediante le parentesi di Poisson. Infatti, per denzione, {Q, Q} = 0 = {P, P }, dunque resta solo da vericare che {Q, P } = 1 Il semplice calcolo delle derivate mostra che eettivamente questa condizione è vericata (completare per esercizio). Consideriamo ora l'hamiltoniana dell'oscillatore armonico H = (p2 + q 2 )/2. L'hamitonia- na nelle nuove variabili è K=P per cui le equazioni del moto diventano Q˙ = ∂P K = ∂P P = 1 P˙ = − ∂Q K = − ∂Q P = 0 che sono di facile soluzione: P è costante e pari all'energia del moto, mentre Q(t) = Q0 + t. Ne segue che il moto è risolto dalle uguaglianze 1 2 (p (t) + q 2 (t)) = E 2 q(t) arctan = Q0 + t p(t) Dove E e Q0 si determinano a partire dal dato inziale. In questo esempio si porta alle quadrature (cioè si risolve il moto in termini di integrali di funzioni elementari) il moto di un oscillatore armonico (naturalmente questo moto si risolve anche utilizzando la teoria delle equazioni dierenziali lineari). Esiste un metodo generale per provare a portare alle quadrature un sistema hamiltoniano mediante una trasformazione canonica che renda semplice il sistema nelle nuove variabili. Per poterlo illustrare serve però introdurre un metodo che permette di ottenere abbastanza facilmente delle trasformazioni canoniche. 11 10 Funzioni generatrici Per prima cosa, è necessario notare che per i sistemi hamiltoniani vale un principio variazionale molto simile a quello che vale per i sistemi lagragiani, ma indipendente da esso. Il moto H hamiltoniano di hamiltoniana rende stazionaria l'azione T Z (pq˙ − H(q, p, t)) dt S= 0 con (q, p) = (q0 , p0 ) al tempo t = 0 e (q, p) = (q1 , p1 ) al tempo t = T. La verica è semplice, procedere per esercizio o consultare pagina 6 degli appunti di Teta. È importante notare che l'azione lunque curva γ S si può anche pensare come all'integrale su una quan n nello spazio delle fasi esteso R ×R ×R (cioè lo spazio prodotto dello spazio delle fase e dell'asse temporale), che unisce (q0 , p0 , 0) e (q1 , p1 , T ) della forma dierenziale p dq − H dt Infatti, se λ → (q(λ), p(λ), t(λ)) è un cammino siatto e la relazione tra λ e il tempo t è invertibile, si può usare il tempo come parametro e si ottiene Z Z T (pq˙ − H) dt (p dq − H dt) = 0 γ Inne, noto che al contrario del caso Lagrangiano, in cui si può sperare di trovare le soluzioni delle equazioni del moto direttamente dal principio variazionale, ssando le condizioni al bordo, questo è impossibile per il principio variazionale appena scritto: se si ssa al tempo 0, esiste una sola soluzione, dunque non si può ssare anche (q, p) al tempo (q, p) T. Questo principio variazionale permette di vericare in un altro modo la canonicità di una trasformazione. Infatti, se il sistema hamiltoniano di hamiltoniana sistema hamiltoniano di hamiltoniana Z K, si trasforma nel allora i due seguenti funzionali T S˜ = (pq˙ − H(q, p, t)) dt, S= H Z T ˙ − K(Q, P, t)) dt (PQ 0 0 devono avere gli stessi punti stazionari, una volta ssati i valori delle variabili agli estremi temporali. Una condizione suciente perché ciò accada è che le due forme dierenziali p dq − H dt, P dQ − K dt dove P e Q sono scritte in termini di (q, p), dieriscano per un dierenziale esatto dG. In tal caso, infatti, il valore dell'azione su una traiettoria nelle nuove variabili è S˜ = Z T ˙ − K(Q, P, t)) dt = (PQ 0 dove γ˜ Z (P dQ − K dt) γ ˜ è la corrispondente curva nello spazio delle fasi esteso. Traducendo questo integrale nelle varibili (q, p) si ottiene Z Z (P dQ − K dt) = γ ˜ Z (p dq − H dt) + γ dG γ 12 dove γ è la cuva γ˜ nelle variabili cammino nelle variabili (q, p), Z (q, p). Il primo integrale è proprio l'azione S calcolata sul mentre dG = G(q1 , p1 , T ) − G(q0 , p0 , 0) γ Ma allora S dunque una (Q, P). S˜ dieriscono per una costante che dipende solo dai valori (ssati) agli estremi, ˜ nelle variabili traiettoria rende stazionaria S se e solo se rende stazionaria S e In tal modo, abbiamo dimostrato il seguente teorema. Teorema 10.1 (Canonicità attraverso i dierenziali I) che Se la trasformazione (q, p) → (Q.P) è tale che data H esiste K e una funzione G tali p dq − H dt = P dQ − K dt + dG allora la trasformazione manda il sistema hamiltoniano di hamiltoniana H nelle variabili (q, p) nel sistema hamiltoniano di hamiltoniana K nelle variabili (Q, P). Che relazione c'è tra questo teorema e le proprietà delle trasformazioni simplettiche? Si Q = Q(q, p, t), P = P(q, p, t) è p dq − P dQ è un dierenziale esatto t G = G(q, p, t) può dimostrare che una trasformazione simplettica a ssato se e solo se a t ssato. Sia allora tale che p dq − P dQ = dG, Allora, se H a t ssato, per ogni t è un'hamiltoniana, p dq − H dt = P dQ − K dt + dG se deniamo K = H + P · ∂t Q + ∂t G (2) Abbiamo così dimostrato (parzialmente) il seguente teorema. Teorema 10.2 (Canonicità attraverso i dierenziali II) La trasformazione Q = Q(q, p, t), P = P(q, p, t) è simplettica per ogni t, se e solo se esiste G(q, p, t) tale che, p dq − P dQ = dG, a t ssato, per ogni t Ne segue che, data una qualunque H , esiste K tale che p dq − H dt = P dQ − K dt + dG quindi la trasformazione è canonica. L'uso più importante che si può fare di questa parte della teoria è che permette di costruire trasformazioni canoniche. Vediamo come. Consideriamo, come esempio, la funzione F = F (q, Q) = q · Q, che ha dierenziale dF = Q dq + q dQ 13 Chiediamoci ora se esistono due funzioni di p(q, Q) e P(q, Q) tali che p dq − P dQ = dF = Q dq + q dQ (3) La risposta è evidentemente si, e p = Q, P = −q In questo modo risulta denita la trasformazione P = −q, Q = p che è in eetti la trasformazione canonica che scambia coordinate e momenti (a meno di un segno). D'altra parte, l'uguaglianza (3) è vericata anche pensando che le variabili indipendenti siano (q, p) mentre Q, P sono date dal cambiamento di variabile. Infatti F (q, Q(q, p)) = q·p e p dq − P dQ = p dq + q dp = d(p · q) = dF Questo esempio dovrebbe rendere evidente che vale il seguente teorema Teorema 10.3 Funzione generatrice F (q, Q, t) 2 F non singolare. Allora le Sia F = F (q, Q, t) una funzione regolare, con la matrice ∂qQ equazioni p = ∂q F (q, Q, t) −P = ∂Q F (q, Q, t) deniscono un cambiamento di variabili che è simplettico per ogni t. Inoltre, data H = H(q, p, t), l'hamiltoniana per il sistema nelle nuove variabili è K = H + ∂t F Infatti, la prima equazione permette di ottenere Q in funzione di q di non singolarità della matrice delle derivate seconde incrociate). permette di determinare variabili q, Q, P in funzione di q e Q. (a questo serve l'ipotesi La seconda equazione La canonicità è garantita dal fatto che, in ovviamente vale p dq − P dQ = dF e questa stessa relazione rimane naturalmente vera anche se viene espressa in funzione di p. qe Poiché una trasformazione simplettica ha jacobiano simplettico, e le matrici simplettiche hanno determinate 1, segue che la mappa Q = Q(q, p, t) e P = P(q, p, t) è non singolare, dunque denisce eettivamente una trasformazione di coordinate. Data H, la nuova hamiltonana K si denisce imponendo l'uguaglianza p dq − H dt = P dQ − K dt + dF Dunque K = H + ∂t F Notate che questa relazione tra H e K è più semplice rispetto a quella espressa nel teorema (2), il motivo è che p dq − H dt = P dQ − K dt + dF 14 letta nelle variabili q, Q aerma che ∂t F = K − H, letta invece nelle variabili q, p aerma che ∂t F = K − H − P · ∂t Q che è appunto la (2) È possibile anche scegliere altre coppie di variabili indipendenti tra le Q = (q, p, t), P(q, p, t) simplettica G = G(q, p, t) tale che a t ssato sia per ogni t. q, p, Q, P. Allora, per i teoremi precedenti, esiste p dq − P dQ = dG Se si possono considerare indipendenti Infatti, (4) q, P, allora, aggiungendo d(P·Q) a entrambi i membri della (4), e denendo S(q, P, t) = G(q, p(q, P), t) + P · Q(q, P, t) si ha che Se si possono ∂S q= ∂p det ∂qP S 6= 0, p dq + Q dP = dS, cioè Q = ∂S ∂P considerare indipendenti p, P, allora, aggiungendo d(P · Q − p · q) a entrambi i membri della (4), e denendo F3 (p, P, t) = G(q(p, P, t), p, t) + P · Q(p, P, t) − p · q(q, P, t) si ha che det ∂pP F3 6= 0, −p dq + Q dP = dF3 , Inne, se si possono considerare indipendenti cioè q = − ∂p F 3 Q = ∂P F3 p, Q, allora, aggiungendo − d(p · q) a entrambi i membri della (4), e denendo F4 (p, Q, t) = G(q(p, Q, t), p, t) − p · q(p, Q, t) si ha che det ∂pQ F4 6= 0, −q dp − P dQ = dF4 , cioè q = − ∂p F4 P = − ∂q F4 Si noti che in dimensione maggiore di 1, è possibile considerare scelte diverse per ogni coppia di variabili coniugate. Per esempio, provate a scrivere qual è la trasformazione indotta da una funzione generatrice F = F (q1 , Q1 , q2 , P2 ). Osservazione: le varie funzioni generatrici non sono equivalenti. Per esempio, la trasformazione identica Q = q, P = p S = S(q, P) = q · P, ma non può essere generata da una funzione generatrice F = F (q, Q) (infatti non si possono scegliere q e Q come variabili indipendenti). è generata da del tipo 15 Usando le fuzioni generatrici, è semplice mostrare come un cambiamento di coordinate induca un cambiamento negli impulsi, riottenendo il risultato che abbiamo provato passando dalle lagrangiane nella (1). Esempio: sia Q(q) = x(q) x(q) un dieomorsmo da un dominio di è cambiamento regolare delle variabili q). Rn in un dominio di Rn (cioè Sia S(q, P) = P · x(q) Poiché ∂q,P S = ∂q x, che per ipotesi è non singolare, S denisce la trasformazione canonica Q = ∂P S = x(q), p = (∂q x)t P È da notare che la funzione generatrice S(q, P) = P · x(q) + g(q), dove g è una funzione scalare delle q genera la trasformazione canonica Q = ∂P S = x(q), p = (∂q x)t P + ∇q g che non coincide con la precedente. Dunque, come preannunciato, le trasformazioni canoniche sono più numerose delle trasformazioni indotte da trasformazioni delle sole 11 q. L'equazione di Hamilton-Jacobi Usando le funzioni generatrici non è troppo dicile arrivare a dimostrare che, data usso di hamiltoniana H H, il denisce una trasformazione simplettica. Dimostreremo il seguente teorema. Teorema 11.1 Sia q¯ = q¯(q, p, t) p¯ = p¯(q, p, t) (5) la soluzione delle equazioni di Hamilton di hamiltoniana H = H(q, p, t), di dato iniziale (q, p), cioè ( q¯˙ = ∂p H(¯ q , p¯, t) p¯˙ = − ∂q H(¯ q , p¯, t) con q¯(q, p, 0) = q p¯(q, p, 0) = p Allora, la trasformazione di coordinate q1 = q¯(q0 , p0 , t) p1 = p¯(q0 , p0 , t) è simplettica per ogni t, dalle variabili (q0 , p0 ) alle variabili (q1 , p1 ). Si potrebbe dimostrare questo teorema dimostrando che lo jacobiano del usso è simplettico t (più precisamente, dimostrando che se A è la matrice jacobiana al tempo t, allora AJA è t costante nel tempo, dunque è pari J = A(0)JA (0), e quindi A è simplettica; completare per esercizio). È però imporante procedere in un altro modo, cioè costruendo esplicitamente una funzione generatrice della trasformazione. Premetto un lemma tecnico. 16 Sia H un'hamiltoniana con ∂p2 H è non singolare. Allora, se t è sucientemente piccolo, l'uguaglianza q1 = q¯(q0 , p0 , t) può essere risolta in p0 , dunque si possono utilizzare, localmente, le variabili indipendenti q0 e q1 per descrivere il moto. Lemma 11.1 Si noti che se H è un'hamiltoniana che proviene da una lagrangiana naturale, H dipende quadraticamente degli impulsi tramite l'inversa della matrice cinetica, che è denita positiva, dunque non singolare. Il lemma si dimostra facilmente notando che, per t piccolo, q1 ≈ q0 + q(0)t ˙ + o(t) = q0 + ∂p H(q0 , p0 , t)t + o(t) E questa uguaglianza si può invertire in Consideriamo dunque il moto q1 , p0 per l'ipotesi di non singolarità di q¯(t), p¯(t) ∂p2 H . q¯(q0 , p0 , 0) = q0 e q¯(q0 , p0 , t) = di q0 e q1 se t è sucientemente con dati al bordo che, per il lemma precedente, esiste in opportuni intorni piccolo. Consideriamo inoltre il valore dell'azione calcolata sul moto: t Z (¯ p · q¯˙ − H(¯ q , p¯, s)) ∂s F (q0 , q1 , t) = 0 Tenendo ssato t e variando la variazione al tempo s q0 e q1 , varia naturalmente tutta la traiettoria. Sia al primo ordine, con δ q¯(0) = δq0 e δ q¯(t) = δq1 . δ q¯(s), δ p¯(s) Vale t Z (δ p¯ · q¯˙ + p¯ · δ q¯˙ − ∂q H · δ q¯ − ∂p H · δ p¯) ds + o(δq0 , δq1 ) F (q0 + δq0 , q1 + δq1 , t) − F (q, q, t) = 0 Usando le equazioni del moto che sono soddisfatte da q¯, p¯, cioè che ∂q H = −p¯˙ e che ∂p H = q¯˙, si ottiene Z F (q0 + δq0 , q1 + δq1 , t) − F (q0 , q1 , t) = 0 t d (¯ p · δ q¯) = p¯(q, p, t) · δq1 − p · δq0 + o(δq0 , δq1 ) ds Ma allora, dF = p1 dq1 − p0 dq0 Per i teoremi della sezione precedente, questa identità garantisce che la trasformazione è simplettica. È utile calcolare anche come varia e q1 , F nel tempo. Si noti che cambiando non è facile determinare la variazione di F, t e tenendo ssi q0 infatti cambia l'intera traiettoria. È invece facile mostrare che Z t d d F (q0 , q¯(q0 , p0 , t), t) = ds (¯ p · q¯˙ − H(¯ q , p¯, s)) dt dt 0 = p¯(t) · q¯˙(t) − H(¯ q (t), p¯(t), t) = p1 · q¯˙(t) − H(q1 , p1 , t) Infatti scegliendo q1 = q¯(q0 , p0 , t) con (q0 , p0 ) ssato, la traiettoria non cambia, e dunque la derivata è l'argomento dell'integrale calcolto in p¯ · q¯˙ − H = t. Poiché ∂q1 F = p1 = p¯, si ha che d F (q0 , q¯(q0 , p0 , t), t) = ∂t F + ∂q F · q¯˙ = ∂t F + p¯ · q¯˙ dt cioè ∂t F = −H(¯ q , p¯, t) = −H(q1 , p1 , t) Possiamo rivedere quanto fatto n'ora notando che abbiamo dimostrato la canonicità (q1 , p1 ), al tempo t, il corrispondente dato iniziale (q0 , p0 ) q = q1 e p = p1 , abbiamo dimostrato il seguente teorema della traformazione che associa a al tempo 0. Indicando con 17 Teorema 11.2 dierenziale L'azione calcolata sul moto di dato inziale q0 e di posizione q al tempo t ha dF = p dq − H dt + p0 dq0 Dunque la trasformazione che associa a (q, p) al tempo t il dato inziale (q0 , p0 ) è canonica. Nelle nuove variabili (q0 , p0 ) l'hamiltoniana è nulla, infatti K = H + ∂t F = H − H = 0. Poichè nelle nuove variabili l'hamiltoniana è nulla e p = ∂q F , la funzione F = F (q0 , q, t) risolve la seguente equazione H(q, ∂q F, t) + ∂t F = 0 Questa è l'equazione di Hamilton-Jacobi. Si noti che se è noto il usso hamiltoniano, la soluzione dell'equazione di Hamilton-Jacobi si ottiene mediante l'integrale di azione. Al contrario, riuscire a determinare opportune soluzioni dell'equazione di Hamilton-Jacobi permette, in un qualche senso, di trovare la soluzione delle equazioni del moto, come mostreremo nel prossimo paragrafo. 12 Il metodo di Hamilton-Jacobi Come abbiamo visto nell'esempio del paragrafo 9, una trasformazione canonica può rendere banalmente integrabile le equazioni di Hamilton. Peró, chi ci dice come trovare la trasformazione? Possiamo tentare di determinarla cercando una funzione generatrice K che la nuova hamiltoniana varibili (Q, P ) sia esattamente 0. S(q, P, t) tale In tal caso, infatti, le equazioni nelle nuove sono banali: Q˙ = 0 P˙ = 0, (6) q , p. K = 0, cioè: dunque nota la trasfomazione si può risalire al moto nelle variabili Come deve essere fatta una tale S? Deve valere: ∂q S = p e H (q, ∂q S(q, P, t), t) + ∂t S(q, P, t) = 0. Per Hamiltoniane indipendenti dal tempo, si può cercare una soluzione riabili, cioè cercando la soluzione nella forma (7) separando le va- S(q, P, t) = W (q, P ) − Pn t, impulso ed è pari all'energia. L'equazione di H.J. diventa l'equazione dove Pn è l'ultimo caratteristica di H.J.: H (q, ∂q W (q, P, t)) = Pn . (8) S dipendente dal tempo che renda nulla l'hamiltoniana, cerchiaW , indipendente da t, che rende costante l'hamiltoniana. Infatti, se W risolve l'equazione caratteristica di Hamilton, con Pn ultimo nuovo impulso, W genera una trasformazione canonica nelle nuove variabili (Q, P ), per le quali l'hamiltoniana è Pn . Nelle nuove variabili le In pratica, invece di cercare mo equazioni del moto sono banali: Q˙ i = ∂Pi K = 0 i = 1, ... n − 1 Q˙ n = ∂Pn K = 1 P˙i = − ∂Q K = 0 i = 1, ... n. (9) i Come si procede in pratica? Sempre e solo per separazione di variabili, cioè cercando la soluzione come somma di n funzioni ognuna delle quali dipende solo da una delle vecchie 18 coordinate. In alcuni rari casi ci si riesce (sistemi integrabili) in generale no. Il fatto che si riesca a trovare la soluzione dipende dal fatto che dentro separtata. H la dipendenza delle variabili è Prima di vedere come funziona la separazione di variabili, guardiamo che aspetto ha il metodo in un caso che sappiamo già risolvere, quello dell'oscillatore armonico. Esempio: il metodo di HJ per l'oscillatore armonico Considero un'oscillatore armonico di hamiltoniana 1 H = (p2 + q 2 ) 2 . L'equazione caratteristica di HJ è 1 2 dove E ∂W 2 + q2 ∂q =E (l'energia) sarà il nuovo impulso. Esplicitando rispetto alla derivata di W si ottiene q Z W (q, E) = ± dq p 2E − q 2 L'integrale si può calcolare esplicitamente, ma questo calcolo non è necessario per trovare la Q soluzione delle equazioni del moto. Infatti, se è la nuova variabile, la soluzione è Q(t) = c + t, dove c dipende dal dato iniziale, mentre la relazione tra ∂W Q= =± ∂E Z q Q e le vecchie variabili è data da dq p 2E − q 2 Dunque la soluzione delle equazioni del moto si esprime mediante la tura: Z q(t) ± dove il segno e la costante c dq p =t+c 2E − q 2 dipendo da dato inziale. Si noti che in questo caso l'integrale √ arcsin q(t)/ 2E . √ q = 2E sin(t + c). si può calcolare esplicitamente, e vale invertendo rispetto a q formula di quadra- si ottiene Sostituendo questa espressione e Il valore del metodo di HJ si comprende nei rari casi di sistemi che si risolvono per quadrature, senza che esiste un'evidente simmetria che renda ciclica qualche variabile. Faccio un esempio. Esempio: moto in un campo di dipolo, ristretto al piano In R3 , il potenziale di dipolo, con il dipolo orientato sull'asse delle V (x) = − dove e1 è il versore dell'asse x1 . x1 , è del tipo 1 x · e1 |x|3 Si noti che questo potenziale decade come rapidamente del potenziale coulombiano. 19 1/|x|2 , più Restringendoci a moti che avvengono sul piano (x1 , x2 ) la lagrangiana è x1 1 L = x˙ 2 + 3 2 |x| che in coordinate polari è 1 1 L = (ρ˙ 2 + ρ2 ϑ˙ 2 ) + 2 cos ϑ 2 ρ La corrispondente hamiltonana è H= p2ρ p2 1 + ϑ2 − 2 cos ϑ 2 2ρ ρ Come si nota facilmente, non ci sono variabili cicliche. L'equazione di HJ è 1 1 1 (∂ρ W )2 + 2 (∂ϑ W )2 − 2 cos ϑ = E 2 2ρ ρ dove E sarà uno dei nuovi impulsi. Cerco la soluzione nella forma W (ρ, ϑ) = A(ρ) + B(ϑ) Ottengo 1 1 1 (∂ρ A(ρ))2 + 2 (∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = E 2 2ρ ρ che si può riscrivere come 2 1 1 ∂ρ A(ρ)2 + 2 (∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = E 2 2ρ È abbastanza evidente che questa equazione si può risolvere solo ipotizzando che (∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = J con J che non dipende da ρ e da ϑ. In tal caso l'equazione per A diventa 2 J 1 ∂ρ A(ρ)2 + 2 = E 2 2ρ Le due equazioni sono risolte da √ dϑ J + 2 cos ϑ Z ρ s J A(ρ, J, E) = ± dρ 2E − 2 ρ Z ϑ B(ϑ, J) = ± Le nuove variabili sono Z ∂W ∂B ∂A QJ = = + =± ∂J ∂J ∂J Z ρ ∂W dρ q QE = =± ∂E 2E − ρJ2 ϑ dϑ √ −∓ 2 J + 2 cos ϑ Z ρ dρ q 2ρ2 2E − 20 J ρ2 Poiché la soluzione delle equazioni del moto è data da QE = t + c1 e QJ = c2 , le formule di quadratura sono Z ϑ(t) ± Z ± ρ(t) dϑ √ ∓ 2 J + 2 cos ϑ dρ q 2E − J ρ2 Z ρ(t) dρ q 2ρ2 2E − J ρ2 = c2 = t + c1 Abbiamo potuto portare il moto alle quadrature perché il metodo di HJ ci ha permesso di notare l'esistenza di un integrale primo, diverso dall'energia: J = p2ϑ − 2 cos ϑ In genere, l'equazioni di HJ si risolve se ci sono n integrali primi, e la loro dipendenza è separabile. 21
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