Note aggiuntive sui sistemi hamiltoniani

Note aggiuntive sui sistemi hamiltoniani
29 settembre 2014
Indice
1
Formalismo hamiltoniano
2
2
Aspetto delle hamiltonane tipiche
3
3
Flussi di fase
4
4
Teorema di Liouville
4
5
Proprietà dei sistemi hamiltoniani
4
6
Proprietà qualitative del moto
5
7
Variabili cicliche e riduzione dei gradi di libertà
6
8
Trasformazioni canoniche
8
9
Parentesi di Poisson
10
10 Funzioni generatrici
12
11 L'equazione di Hamilton-Jacobi
16
12 Il metodo di Hamilton-Jacobi
18
Queste note sono quasi solo un elenco di argomenti. Sulla meccanica hamiltoniana (
vedi
i testi di meccanica (Laundau, ButtàNegrini, Esposito), e le dispense di ButtàNegrini sui
Sistemi Dinamici da pp. 53 in poi.
1
1
Sia
Formalismo hamiltoniano
˙ t)
L(q, q,
una lagrangiana a
n
gradi di libertà, con
q ∈ Rn , q˙ ∈ Rn
q
(qui
e
q˙
sono solo
i nomi delle variabili). Ricordo che le equazioni di Eulero-Lagrange a essa associate sono
#
∂L d ∂L =
dt ∂ q˙ q(t),q(t),t
∂q q(t),q(t),t
˙
˙
dove
∂L
∂ q˙
è il gradiente rispetto alla variabile
sono poi calcolati in
Si deniscono
˙
q(t), q(t)
e
∂L
∂q
quello rispetto a
q,
e questi gradienti
che stavolta sono posizione e velocità in funzione del tempo.
momenti coniugati alle variabili le funzioni
pi =
e si chiama
q˙
∂L
˙ t)
(q, q,
∂ q˙i
energia generalizzata la seguente funzione delle variabili
q, q˙
e
t:
˙ t)
p · q˙ − L(q, q,
Se
L
˙
q(t), q(t)
non dipende dal tempo, allora l'energia generalizzata calcolata in
è una
costante del moto.
Una lagrangiana che si ottiene da un sistema sico conservativo in un sistema di riferimento inerziale, con forze puramente posizionali e vincoli perfetti bilateri è sempre del
tipo
dove
1
˙ q) = q˙ · T (q)q˙ − V (q),
L(q,
2
T (q)
è una matrice simmetrica e denita positiva, e
lagrangiane
naturali
quelle di questa forma.
sinteticamente scrivere come
q, q˙
Rn .
sono in
Chiamerò
Le equazioni di Euelro-Lagrange si possono
∂L
d
˙ =− .
(T (q)q)
dt
∂q
In tal caso,
p = T (q)q˙
e l'energia è
1
E = q˙ · T (q)q˙ + V (q)
2
C'è un altro formalismo che permette di ottenere le equazioni del moto di un sistema
meccanico, analogo a quello lagrangiano, e prende il nome di formalismo
hamiltoniano.
Questo diverso modo di scrivere le equazioni del moto permette di capire alcuni aspetti
importanti, teorici e pratici, del moto dei sistemi meccanici.
Consideriamo la relazione che denisce i momenti coninugati:
p=
∂L
˙ t)
(q, q,
∂ q˙
2
Se, come è il caso delle lagrangiane naturali, la matrice
∂ 2L
∂ q˙ 2
è non singolare, si può determinare
q˙
in funzione di
p, q
e
t:
˙
q˙ = q(q,
p, t)
Consideriamo ora l'energia generalizzata espressa nelle variabili
d'ora in poi
q, p
e
t,
che chiameremo
hamiltoniana:
˙ q, t)
H(q, p, t) = p · q˙ − L(q,
˙ è ora una funzione di
(q
q, q˙ , t).
Calcoliamone il dierenziale
dH = q˙ · dp + p · dq˙ −
Usando che
∂L
= p,
∂ q˙
∂L
∂L
∂L
· dq˙ −
· dq −
dt
∂ q˙
∂q
∂t
si ottiene
dH = q˙ · dp −
cioè
∂H
˙
= q,
∂p
∂L
∂L
· dq −
dt
∂q
∂t
∂H
∂L
=− ,
∂q
∂q
∂H
∂L
=−
∂t
∂t
q(t) soddisfa le equazioni di
(q(t), p(t)) soddisfa le equazioni
Da queste identità segue, mediante una semplice verica, che
EuleroLagrange se e solo se la coppia di funzioni vettoriali
di Hamilton:
∂H
(q(t), p(t), t)
∂p
∂H
˙
p(t)
=−
(q(t), p(t), t)
∂q
˙
q(t)
=
2
Aspetto delle hamiltonane tipiche
Una lagrangiana che si ottiene da un sistema sico conservativo in un sistema di riferimento
inerziale, con forze puramente posizionali e vincoli perfetti bilateri è sempre del tipo
1
˙ x) = x˙ · T (x)x˙ − V (x),
L(x,
2
dove
T (x)
è una matrice simmetrica e denita positiva, e
x, x˙
sono in
Rn .
Il pasaggio all'hamiltoniana è semplice. Infatti il vettore degli impulsi coniugati è dato
da:
p=
ed essendo
T
∂L
˙
= T (x)x,
∂ x˙
denita positiva, in particolare è invertibile. Dunque
x˙ = T (x)−1 p.
3
Ma allora l'hamiltoniana è data da:
1
1
1
˙
˙ (x)x+V
˙
H = p·x−
x·T
(x) = p·T (x)−1 p− T (x)−1 p ·T (x)T (x)−1 p+V (x) = p·T (x)−1 p+V (x).
2
2
2
Quindi per il calcolo dell'hamiltoniana è suciente calcolare l'inversa della matrice
T.
Nel caso di vincoli olonomi dipendenti dal tempo nella lagrangiana compaiono anche
termini lineari nelle velocità:
1
˙ x, t) = x˙ · T (x, t)x˙ + b(x, t) · x˙ − V (x).
L(x,
2
La lagrangiana di una particella in un campo elettromagnetico ha anch'essa questa forma,
ma senza la dipendenza temporale.
Per esercizio, determinare la corrispondente hamiltoniana.
3
Flussi di fase
Vedi dispense FM paragrafo 2.1
4
Teorema di Liouville
Vedi dispense FM paragrafo 2.4.
5
Proprietà dei sistemi hamiltoniani
Le equazioni di Hamilton per un sistema a
del primo ordine in
2n variabili.
n
gradi di liberà sono un sistema di equazioni
Per la loro struttura, il campo ha divergenza nulla, dunque,
per il teorema di Liouville, il corrispondente usso conserva la misura.
Proposizione 5.1
conserva la misura.
Nel caso bidimensionale, un sistema è hamiltoniano se e solo se il usso
Infatti se
x˙ = f (x, y)
y˙ = g(x, y)
la condizione di divergenza nulla è
∂x f + ∂y g = 0
dunque il campo vettoriale
primitiva, cioè una funzione
(−g, f ) è irrotazionale,
H(x, y) tale che
e, almeno localmente, ammette una
∂x H = −g, ∂y H = f
Questa funzione
anche se
f
e
g
H
è appunto l'hamiltoniana del sistema. Si noti che la stessa analisi vale
dipendono esplicitamente dal tempo, e che invece in dimensione maggiore di
2 la condizione di divergenza nulla non implica che il sistema sia hamiltoniano.
Esistono interessanti sistemi hamiltoniani che non provengono dalla meccanica, per esempio il sistema preda-predatore, o sistema di Volterra-Lotka (dettagli sulle dispense di Buttà
Negrini di Sistemi Dinamici).
4
6
Proprietà qualitative del moto
Tra le principali conseguenze del teorema di Liouville, c'è il teorema del ritorno di Poincaré,
che aerma che per un usso a un parametro che conserva la misura, denito su una regione
limitata, quasi ogni traiettoria ritorna arbitrariamente vicina al suo dato iniziale.
Più
rigorosamente, nelle dispense di ButtàNegrini di sistemi dinamici, pag. 66, è dimostrato il
seguente teorema.
Teorema 6.1 teorema del ritorno I.
Sia Φ un omeomorsmo che conserva la misura, denito da Ω, dominio limitato, in sé.
Sia A un sottoinsieme misurabile di Ω, e sia
N = {x ∈ A| Φk (x) ∈
/ A denitivamente in k}
Allora la misura di N è nulla.
In altri termini, l'insieme dei punti di
di
A.
A
che tornano innite volte in
A
ha la stessa misura
Non riporto qui la dimostrazione.
Un semplice corollario di questo teorema è il seguente. Sia ε > 0; dirò che
k
che ε−ritorna se per ogni n ∈ N, esiste un k > n tale che |Φ (x) − x| < ε.
x
è un punto
Teorema 6.2 teorema del ritorno II
L'insieme dei punti che non ε−ritornano ha misura nulla.
Dimostrazione.
B1 , B2 , . . .
Poichè
Ω
ε−ritornano e consideriamo una
delle palle Bi . Poichè quasi tutti i punti di Bi tornano in Bi per il teorema I, la misura di
N ∩ Bi è nulla, infatti se x ∈ N ∩ Bi allora x non ε−ritorna, e quindi non può tornare in Bi ,
perché tornerebbe a distanza inferiore a ε (che è il diametro di Bi ). Ma allora
[
[
N = N ∩ Bi = (N ∩ Bi )
di raggio
ε/2.
è limitato, è possibile ricoprirlo con un numero nito di palle
Sia
N
l'insieme dei punti che non
ha misura nulla, in quanto unione numerabile di insiemi di misura nulla.
x∈Ω
k
Φ (x) − x < ε
Inne, si può provare la seguente aermazione più forte. Dirò che
∀ε > 0, ∀n ∈ N, ∃k > n
tale che
ritorna se,
x ritorna se ε−ritorna per ogni ε, ovvero se la triettoria che parte da x torna
arbitrariamente vicino a x.
Detto in parole,
innite volte
Teorema 6.3 teorema del ritorno II
L'insieme dei punti che non ritornano ha misura nulla.
Se il punto
x
1/n-ritorna per ogni n ∈ N positivo.
l'intersezione per n ≥ 1 degli insiemi dei punti
ritorna, allora
punti che ritornano è
Dunque l'insieme dei
che
1/n-ritornano. Il
n ≥ 1
complementare è l'insieme dei punti che non ritornano, ed è dunque l'unione per
dell'insieme dei punti che non
1/n-ritornano.
Poiché questi insiemi hanno misura nulla, la
loro unione numerabile ha misura nulla.
Per commenti sui paradossi del teorema del ritorno vedi le dispense di ButtàNegrini.
È da notare, comunque, che lo studio delle propietà a tempi lunghi dei sistemi conservativi
(hamiltoniani) sono l'inizio dello studio che porta alla descrizione dei sistemi mediante la
Maccanica Statistica (parola chiave
ipotesi ergodica), ma non dirò nulla in merito.
5
7
Variabili cicliche e riduzione dei gradi di libertà
Mostrerò con un esempio il diverso comportamento dei sistemi lagrangiani e di quelli hamiltoniani in presenza di variabili cicliche. Consideriamo la lagrangiana del moto centrale
piano
con
V (r) =
1
˙ = x˙ 2 − V (|x|)
L(x, x)
2
1
, le equazioni del moto sono le corrispondenti equazioni di Eulero-Lagrange:
r
d ∂L
∂L
¨=
=x
= −∇V
dt ∂ x˙
∂x
Per ottenere le equazioni in coordinate polari è suciente considerare il cambiamento di
coordinate
x1 = ρ cos ϑ x2 = ρ sin ϑ
che genera il corrispondente cambiamento di variabili nelle velocità:
x˙ 1 = ρ˙ cos ϑ − ρϑ˙ sin ϑ x˙ 2 = ρ˙ sin ϑ + ρϑ˙ cos ϑ
Inne si calcola la lagrangiana nelle nuove variabili. Si ottiene
˙ = 1 ρ˙ 2 + 1 ρ2 ϑ˙ 2 − V (ρ)
L(ρ, ϑ, ρ,
˙ ϑ)
2
2
Le equazioni del moto in coordinate polari sono esattamente le equazioni di Eulero Lagrange
che si ottengono da questa Lagrangiana:
d ∂L
∂L
= ρ¨ =
= ρϑ˙ 2 − V 0 (ρ)
dt ∂ ρ˙
∂ρ
d
d ∂L
˙ =0
= (ρ2 ϑ)
˙
dt ∂ ϑ
dt
2 ˙
La seconda equazione indica che il ρ ϑ
, il momento coniugato alla variabile ϑ, si conserva
lungo il moto (infatti ϑ è una variabile ciclica, cioè L non dipende esplicitamente da ϑ).
Si può trarre vantaggio dalla conservazione di questa quantità, riducendo il sistema a un
solo grado di libertà, sostituendo il momento con una costante nell'espressione dell'energia
meccanica (si riveda, sui testi di Meccanica, come si porta elle quadrature il moto centrale).
Noto che per ottenere questa riduzione si esce dal formalismo lagrangiano (non si può infatti
sostiture il momemento dentro la lagrangiana, verrebbero equazioni errate).
La corrispondente hamiltoniana è
1
1
H = p2ρ + 2 p2ϑ + V (ρ)
2
2ρ
dove
pρ = ∂ρ˙ L = ρ˙
è il momento coniugato alla variabile
coniugato alla variabile
ρ
e
pϑ = ∂ϑ˙ L = ρ2 ϑ˙
ϑ.
6
è il momento
Le equazioni di Hamilton corrispondenti sono
∂H
= pρ
∂pρ
∂H
p˙ρ = −
= p2ϑ /ρ3 − V 0 (ρ)
∂ρ
∂H
ϑ˙ =
= pϑ /ρ2
∂pϑ
∂H
p˙ϑ = −
=0
∂ϑ
ρ˙ =
Questo sistema di 4 equazioni è un sistema a due gradi di libertà, con un variabile ciclica,
pϑ si conserva, come aerma l'ultima
equazione. Ma allora, le prime due equazioni, in ρ e pρ , sono un sistema hamiltoniano a
un solo grado di libertà, in cui l'impulso pϑ è un parametro. Il fatto che la variabile ϑ sia
infatti
H
non dipende da
ϑ.
Il corrisponde impulso
ciclica, ha dunque una conseguenza importante: le altre equazioni sono automaticamente
le equazioni del moto di un sistema con un grado di libertà in meno.
Questo è un fatto
generale: nel formalismo hamiltoniano, a ogni variabile ciclica corrisponde la riduzione del
sistema di un grado di libertà, e non sono necessari passaggi ulteriori rispetto alla scrittura
delle equazioni del moto.
Ricordo che questo non accade nel formalismo Lagrangiano: la ciclicità di una variabile
garantisce la conservazione del momento coniugato, ma la ridurre di un grado di libertà non
è contenuta nel formalismo.
Considero, come ulteriore esempio, la lagrangiana della trottola pesante
J
I
L = (ϑ˙ 2 + φ˙ 2 sin2 ϑ) + (ψ˙ 2 + φ˙ cos θ) − mgl cos θ
2
2
dove θ è l'angolo tra l'asse della trottola e l'asse verticale, φ è un angolo che esprime la
rotazione intorno all'asse verticale, ψ è un angolo che esprime la rotazione intorno all'asse
della trottola; J è il momento di inerzia rispetto all'asse della trottola, I è quello rispetto a un
qualunque asse ortogonale che passa per il punto di appoggio, l è la distanza del baricentro
dal punto di appoggio.
L'energia cinetica è
  ˙
 ˙ 
ϑ
ϑ
I
0
0
1  ˙ 
2
2


0
I
sin
ϑ
+
J
cos
ϑ
J
cos
θ
φ˙ 
φ ·
2 ˙
0
J cos θ
J
ψ˙
ψ
L'inversa della matrice cinetica è

J sin2 ϑ
0
0
1
 0

J
−J cos θ
IJ sin2 ϑ
2
2
0
−J cos θ I sin ϑ + J + J cos ϑ

dunque l'hamiltoniana è
1
1 2
Jp2φ − 2J cos ϕpφ pψ + (I sin2 ϑ + J cos2 ϑ)p2ψ + mgl cos ϑ
pϑ +
2
2I
2IJ sin ϑ
1 2
1
1 2
= pϑ +
(pφ − pψ cos ϑ)2 +
p + mgl cos ϑ
2
2I
2J ψ
2I sin ϑ
H=
Anche in questo caso, si può considerare questa come l'hamiltoniana di un sistema a un
grado di libertà, in cui
pφ
e
pψ
sono integrali primi ssati dai dati inziali.
7
8
Trasformazioni canoniche
Nell'esempio del paragrafo precedente, ho mostrato come sia semplice, nel formalismo lagrangiano, determinare le equazioni del moto in coordinate polari: è stato suciente determinare l'espressione della lagrangiana nelle nuove coordinate, e poi scrivere le corrispondenti
equazioni di Eulero-Lagrange.
In questo senso, le equazioni di Eulero-Lagrange sono
invarianti in forma.
Ci si può chiedere se questa proprietà valga anche per i sistemi hamiltoniani. Nel caso
dell'esempio precedente, l'hamiltoniana in coordinate rettangolari è
1
1
H = p21 + p22 + V (|x|)
2
2
dove
pi = x˙ i
sono i momenti coniugati alle coordinate cartesiane.
I passaggi che abbiamo svolto nel paragrafo precedente deniscono complessivamente un
cambiamento di coordinate in dimensione
variabili
x1 , x2 , p1 , p2
4,
che permette di passa dall'hamiltoniana nelle
all'hamiltoniana nelle variabili
ρ, ϑ, pρ pϑ :
x1 = ρ cos ϑ
x2 = ρ sin ϑ
p1 = x˙ 1 = ρ˙ cos ϑ − ρϑ˙ sin ϑ = pρ cos ϑ − pϑ sin ϑ/ρ
p2 = x˙ 2 = ρ˙ sin ϑ + ρϑ˙ cos ϑ = pρ sin ϑ + pϑ cos ϑ/ρ
Questo fatto è generale:
un cambiamento di coordinate nella lagrangiana induce un
cambiamento di coordinate nell'hamiltoniana.
n
regolare di coordinate in R , allora
q˙ =
e la nuova hamiltomiama è
Infatti, se
q = q(Q)
è un cambiamento
∂q ˙
Q,
∂Q
˙ = L(q(Q), ∂Q qQ)
˙ .
˜
L(Q,
Q)
La corrispondente trasformazione
dei momenti coniugati è
˜
∂L
P=
=
˙
∂Q
∂q
∂Q
t
∂L
=
∂ q˙
∂q
∂Q
t
p
(1)
Si può facilmente provare che la nuova hamiltoniana è
˜
H(Q,
P) = H(q(Q), p(Q, P))
dove
p(Q, P)
è l'espressione di
p
in fuzione di
Q
e
P.
In questo esempio ho mostrato come passando al formalismo hamiltoniano non si perda
la proprietà di invarianza in forma delle equazioni del moto per cambiamento delle corrispondenti coordinate lagrangiane.
In realtà le equazioni di Hamilton sono invarianti per
una classe più ampia di trasformazioni, che posso coinvolgere coordinate e momenti, con
n garantiscono l'invarianza in
trasformazioni regolari in dimensione 2n ga-
una avvertenza: tutte le trasformazioni regolari in dimensione
forma delle equazioni di Lagrange, non tutte le
rantiscono l'invarianza in forma delle equazioni di Hamilton. D'altra parte, le trasformazioni
che conservano la struttura hamiltoniana del moto sono molte di più rispetto alle sole trasformazioni di coordinate che si possono fare per la corrispondente hamiltoniana. L'esempio
8
più semplice che si può fare è questo: data
H = H(q, p),
si consideri la trasformazione che
scambia, a meno di un segno, momento e coordinata:
P = −q
Q=p
è facile vericare che se
˜
H(Q,
P ) = H(−P, Q),
q˙ = ∂p H(q, p)
p˙ = − ∂q H(q, p)
˜ −q),
H(q, p) = H(p,
e quindi
allora
˜
Q˙ = p˙ = − ∂q H(q, p) = ∂P H(Q,
P)
˙
˜
P = −q˙ = − ∂p H(q, p) = − ∂Q H(Q, P )
se e solo se
Quali sono dunque le trasformazioni che conservano la struttura hamiltoniana delle
equazioni del moto?
Denizione. Una trasformazione (cambio di coordinate)
canonica se per ogni funzione
H = H(q, p, t),
Q = Q(q, p, t) e P = P(q, p, t) è
K = K(Q, P, t) tali che
esiste una funzione
i due sistemi seguenti sono equivalenti:
∂H
∂p
∂H
p˙ = −
∂q
q˙ =
⇐⇒
˙ = ∂K
Q
∂P
˙ = − ∂K
P
∂Q
Per iniziare a esplorare il mondo delle trasformazioni canoniche, consideriamo prima un
caso particolare di trasformazioni canoniche.
Denizione. Una trasformazione
miltoniana
H = H(q, p),
(q, p) ↔ (Q, P)
si dice
simplettica se, per ogni ha-
trasforma il sistema hamiltoniano nelle variabili
stema hamiltoniano nelle variabili
K(Q, P, t) = H(q(Q, P), p(Q, P)),
(Q, P)
in cui la nuova hamiltoniana
cioè l'hamiltoniana
traformazioni simplettiche vengono spesso anche dette
H
K
(q, p)
in un si-
è esattamente
letta nelle nuove coordinate. Le
completamente canoniche.
Non è dicile determinare le condizioni che garantiscono che una trasformazione è simplettica.
Ricordo che, indicando con
hamiltoniano di hamiltoniana
H
z = (q, p)
il complesso delle variabili, il sistema
si legge
z˙ = J∇H
dove
J
è la
matrice simplettica fondamentale
J=
0 I
−I 0
t
∂Z
˜.
˜ = H(z(Z)), così che ∇H =
∇H
H
∂z
t
˙Z = ∂Z z˙ = ∂Z J∇H = ∂Z J ∂Z ∇H
˜
∂z
∂z
∂z
∂z
Sia
Z = Z(z),
e sia
variabili è
Il sistema nelle nuove
che coincide con
˜
Z˙ = J∇H
9
se e solo se
∂Z
J
∂z
Una matrice
A
si dice
∂Z
∂z
t
=J
simplettica se e solo se
AJAt = J
Dunque una trasformazione è simplettica se e solo se il suo jacobiano è una matrice simplettica in ogni punto.
Non è dicile provare che se A è simplettica allora è invertibile (basta calcolare il det
n
t
terminate nell'uguaglianza AJA = J , notando che det J = (−1) . Inoltre anche A , infatti
t
moltiplicando a sinistra per A J si ottiene
At JAJAt = At JJ = −At
(infatti
J 2 = −I).
At
Poiché
è invertibile, moltiplicando a destra per
At JAJJ = −J,
e dunque
t
(A−1 ) J
si ottiene
At JA = J
Calcolando l'inversa di entrambi i membri dell'uguaglianza si ottiene che anche
A−1 è simplet-
tica. Inne, il prodotto di matrici simplettiche è simplettico, dunque le matrici simplettiche
formano un sottogruppo del gruppo delle trasformazioni non singolari.
Non è agevole vericare la canonicità di una trasformazione attraverso la simpletticità dello jacobiano, ma esistono altre condizioni equivalenti. Prima di introdurle però è necessario
denire le
9
parentesi di Poisson.
Parentesi di Poisson
Per la denzione, le proprietà, i rapporti con gli integrali primi
delle note del prof. Teta sulla meccanica hamiltoniana (le
vedi sezione 4, pagg.
Teta.pdf
9 e 10,
in questa cartella), e
pagg. 6163 delle dispense di ButtàNegrini.
Non è dicile vericare che le parentesi di Poisson sono intimamente legate alla matrice
simplettica fondamentale:
{f, g} =
∂f ∂g
∂f ∂g
·
−
·
= ∇f · J∇g
∂q ∂p ∂p ∂q
∂p sono i gradienti rispetto a q e p, mentre ∇ è il gradiente nel complesso delle
variabili z = (q, p). Inoltre, considerando il cambiamento di variabile Z = Z(z), possiamo
calcolare sia le parentesi di Poisson nelle variabili z, sia nelle nuove variabili Z:
t
∂z
∂z
∂z
∂z
∇z f · J
∇z g = ∇z f ·
J
∇z g
{f, g}Z = ∇Z f · J∇Z g =
∂Z
∂Z
∂Z
∂Z
dove
∂q
e
da cui segue che la trasformazione è simplettica se e solo se conserva le parentesi di Poisson
per ogni coppia di funzioni
f
e
g.
In particolare, poichè, per ogni
i
e
j
{qi , qj } = 0 = {pi , pj }, {qi , pj } = δi,j
10
ne segue che se una trasformazione è canonica, allora, considerando le parentesi di Poisson
nelle vecchie varibili,
{Qi , Qj } = 0 = {Pi , Pj }, {Qi , Pj } = δi,j
Si può dimostrare che queste relazioni sono una condizione equivalente alla simpletticità della
trasformazione. Nel caso di un solo grado di libertà la dimostrazione è semplice, e la trovate,
per esempio, nelle pagg. 13 e 14 degli appunti del Prof. Teta.
Consideriamo un esempio a un grado di libertà.
Esempio Sia
1
P = (q 2 + p2 )
2
q
Q = arctan
p
In questo caso è molto semplice vericare la canonicità della trasfromazione mediante le
parentesi di Poisson.
Infatti, per denzione,
{Q, Q} = 0 = {P, P },
dunque resta solo da
vericare che
{Q, P } = 1
Il semplice calcolo delle derivate mostra che eettivamente questa condizione è vericata
(completare per esercizio).
Consideriamo ora l'hamiltoniana dell'oscillatore armonico
H = (p2 + q 2 )/2.
L'hamitonia-
na nelle nuove variabili è
K=P
per cui le equazioni del moto diventano
Q˙ = ∂P K = ∂P P = 1
P˙ = − ∂Q K = − ∂Q P = 0
che sono di facile soluzione:
P
è costante e pari all'energia del moto, mentre
Q(t) = Q0 + t.
Ne segue che il moto è risolto dalle uguaglianze
1 2
(p (t) + q 2 (t)) = E
2
q(t)
arctan
= Q0 + t
p(t)
Dove
E
e
Q0
si determinano a partire dal dato inziale.
In questo esempio si
porta alle quadrature (cioè si risolve il moto in termini di integrali
di funzioni elementari) il moto di un oscillatore armonico (naturalmente questo moto si risolve
anche utilizzando la teoria delle equazioni dierenziali lineari). Esiste un metodo generale
per provare a portare alle quadrature un sistema hamiltoniano mediante una trasformazione
canonica che renda semplice il sistema nelle nuove variabili. Per poterlo illustrare serve però
introdurre un metodo che permette di ottenere abbastanza facilmente delle trasformazioni
canoniche.
11
10
Funzioni generatrici
Per prima cosa, è necessario notare che per i sistemi hamiltoniani vale un principio variazionale molto simile a quello che vale per i sistemi lagragiani, ma indipendente da esso. Il moto
H
hamiltoniano di hamiltoniana
rende stazionaria l'azione
T
Z
(pq˙ − H(q, p, t)) dt
S=
0
con
(q, p) = (q0 , p0 )
al tempo
t = 0
e
(q, p) = (q1 , p1 )
al tempo
t = T.
La verica è
semplice, procedere per esercizio o consultare pagina 6 degli appunti di Teta.
È importante notare che l'azione
lunque curva
γ
S
si può anche pensare come all'integrale su una quan
n
nello spazio delle fasi esteso R ×R ×R (cioè lo spazio prodotto dello spazio
delle fase e dell'asse temporale), che unisce
(q0 , p0 , 0)
e
(q1 , p1 , T )
della forma dierenziale
p dq − H dt
Infatti, se
λ → (q(λ), p(λ), t(λ))
è un cammino siatto e la relazione tra
λ
e il tempo
t
è
invertibile, si può usare il tempo come parametro e si ottiene
Z
Z
T
(pq˙ − H) dt
(p dq − H dt) =
0
γ
Inne, noto che al contrario del caso Lagrangiano, in cui si può sperare di trovare le soluzioni delle equazioni del moto direttamente dal principio variazionale, ssando le condizioni
al bordo, questo è impossibile per il principio variazionale appena scritto: se si ssa
al tempo
0,
esiste una sola soluzione, dunque non si può ssare anche
(q, p)
al tempo
(q, p)
T.
Questo principio variazionale permette di vericare in un altro modo la canonicità di
una trasformazione. Infatti, se il sistema hamiltoniano di hamiltoniana
sistema hamiltoniano di hamiltoniana
Z
K,
si trasforma nel
allora i due seguenti funzionali
T
S˜ =
(pq˙ − H(q, p, t)) dt,
S=
H
Z
T
˙ − K(Q, P, t)) dt
(PQ
0
0
devono avere gli stessi punti stazionari, una volta ssati i valori delle variabili agli estremi
temporali. Una condizione suciente perché ciò accada è che le due forme dierenziali
p dq − H dt, P dQ − K dt
dove
P
e
Q
sono scritte in termini di
(q, p),
dieriscano per un dierenziale esatto
dG.
In tal caso, infatti, il valore dell'azione su una traiettoria nelle nuove variabili è
S˜ =
Z
T
˙ − K(Q, P, t)) dt =
(PQ
0
dove
γ˜
Z
(P dQ − K dt)
γ
˜
è la corrispondente curva nello spazio delle fasi esteso. Traducendo questo integrale
nelle varibili
(q, p)
si ottiene
Z
Z
(P dQ − K dt) =
γ
˜
Z
(p dq − H dt) +
γ
dG
γ
12
dove
γ
è la cuva
γ˜
nelle variabili
cammino nelle variabili
(q, p),
Z
(q, p).
Il primo integrale è proprio l'azione
S
calcolata sul
mentre
dG = G(q1 , p1 , T ) − G(q0 , p0 , 0)
γ
Ma allora
S
dunque una
(Q, P).
S˜ dieriscono per una costante che dipende solo dai valori (ssati) agli estremi,
˜ nelle variabili
traiettoria rende stazionaria S se e solo se rende stazionaria S
e
In tal modo, abbiamo dimostrato il seguente teorema.
Teorema 10.1 (Canonicità attraverso i dierenziali I)
che
Se la trasformazione (q, p) → (Q.P) è tale che data H esiste K e una funzione G tali
p dq − H dt = P dQ − K dt + dG
allora la trasformazione manda il sistema hamiltoniano di hamiltoniana H nelle variabili
(q, p) nel sistema hamiltoniano di hamiltoniana K nelle variabili (Q, P).
Che relazione c'è tra questo teorema e le proprietà delle trasformazioni simplettiche? Si
Q = Q(q, p, t), P = P(q, p, t) è
p dq − P dQ è un dierenziale esatto
t
G = G(q, p, t)
può dimostrare che
una trasformazione simplettica a
ssato se e solo se
a
t
ssato. Sia allora
tale che
p dq − P dQ = dG,
Allora, se
H
a
t
ssato, per ogni
t
è un'hamiltoniana,
p dq − H dt = P dQ − K dt + dG
se deniamo
K = H + P · ∂t Q + ∂t G
(2)
Abbiamo così dimostrato (parzialmente) il seguente teorema.
Teorema 10.2 (Canonicità attraverso i dierenziali II)
La trasformazione Q = Q(q, p, t), P = P(q, p, t) è simplettica per ogni t, se e solo se
esiste G(q, p, t) tale che,
p dq − P dQ = dG,
a t ssato, per ogni t
Ne segue che, data una qualunque H , esiste K tale che
p dq − H dt = P dQ − K dt + dG
quindi la trasformazione è canonica.
L'uso più importante che si può fare di questa parte della teoria è che permette di
costruire trasformazioni canoniche. Vediamo come.
Consideriamo, come esempio, la funzione
F = F (q, Q) = q · Q,
che ha dierenziale
dF = Q dq + q dQ
13
Chiediamoci ora se esistono due funzioni di
p(q, Q)
e
P(q, Q)
tali che
p dq − P dQ = dF = Q dq + q dQ
(3)
La risposta è evidentemente si, e
p = Q, P = −q
In questo modo risulta denita la trasformazione
P = −q, Q = p
che è in eetti la trasformazione canonica che scambia coordinate e momenti (a meno di un segno). D'altra parte, l'uguaglianza (3) è vericata anche pensando che le variabili indipendenti
siano
(q, p) mentre Q, P sono date dal cambiamento di variabile.
Infatti
F (q, Q(q, p)) = q·p
e
p dq − P dQ = p dq + q dp = d(p · q) = dF
Questo esempio dovrebbe rendere evidente che vale il seguente teorema
Teorema 10.3 Funzione generatrice
F (q, Q, t)
2
F non singolare. Allora le
Sia F = F (q, Q, t) una funzione regolare, con la matrice ∂qQ
equazioni
p = ∂q F (q, Q, t)
−P = ∂Q F (q, Q, t)
deniscono un cambiamento di variabili che è simplettico per ogni t.
Inoltre, data H = H(q, p, t), l'hamiltoniana per il sistema nelle nuove variabili è
K = H + ∂t F
Infatti, la prima equazione permette di ottenere
Q
in funzione di
q
di non singolarità della matrice delle derivate seconde incrociate).
permette di determinare
variabili
q, Q,
P
in funzione di
q
e
Q.
(a questo serve l'ipotesi
La seconda equazione
La canonicità è garantita dal fatto che, in
ovviamente vale
p dq − P dQ = dF
e questa stessa relazione rimane naturalmente vera anche se viene espressa in funzione di
p.
qe
Poiché una trasformazione simplettica ha jacobiano simplettico, e le matrici simplettiche
hanno determinate 1, segue che la mappa
Q = Q(q, p, t)
e
P = P(q, p, t)
è non singolare,
dunque denisce eettivamente una trasformazione di coordinate.
Data
H,
la nuova hamiltonana
K
si denisce imponendo l'uguaglianza
p dq − H dt = P dQ − K dt + dF
Dunque
K = H + ∂t F
Notate che questa relazione tra
H
e
K
è più semplice rispetto a quella espressa nel
teorema (2), il motivo è che
p dq − H dt = P dQ − K dt + dF
14
letta nelle variabili
q, Q
aerma che
∂t F = K − H,
letta invece nelle variabili
q, p
aerma che
∂t F = K − H − P · ∂t Q
che è appunto la (2)
È possibile anche scegliere altre coppie di variabili indipendenti tra le
Q = (q, p, t), P(q, p, t) simplettica
G = G(q, p, t) tale che a t ssato
sia
per ogni
t.
q, p, Q, P.
Allora, per i teoremi precedenti, esiste
p dq − P dQ = dG
Se si possono considerare indipendenti
Infatti,
(4)
q, P, allora, aggiungendo d(P·Q) a entrambi i membri
della (4), e denendo
S(q, P, t) = G(q, p(q, P), t) + P · Q(q, P, t)
si ha che
Se si possono

∂S

 q=
∂p
det ∂qP S 6= 0, p dq + Q dP = dS, cioè

 Q = ∂S
∂P
considerare indipendenti p, P, allora, aggiungendo d(P · Q − p · q)
a entrambi
i membri della (4), e denendo
F3 (p, P, t) = G(q(p, P, t), p, t) + P · Q(p, P, t) − p · q(q, P, t)
si ha che
det ∂pP F3 6= 0, −p dq + Q dP = dF3 ,
Inne, se si possono considerare indipendenti
cioè
q = − ∂p F 3
Q = ∂P F3
p, Q, allora, aggiungendo − d(p · q) a entrambi
i membri della (4), e denendo
F4 (p, Q, t) = G(q(p, Q, t), p, t) − p · q(p, Q, t)
si ha che
det ∂pQ F4 6= 0, −q dp − P dQ = dF4 ,
cioè
q = − ∂p F4
P = − ∂q F4
Si noti che in dimensione maggiore di 1, è possibile considerare scelte diverse per ogni coppia
di variabili coniugate. Per esempio, provate a scrivere qual è la trasformazione indotta da
una funzione generatrice
F = F (q1 , Q1 , q2 , P2 ).
Osservazione: le varie funzioni generatrici non sono equivalenti. Per esempio, la trasformazione identica
Q = q, P = p
S = S(q, P) = q · P, ma non può essere generata da una funzione generatrice
F = F (q, Q) (infatti non si possono scegliere q e Q come variabili indipendenti).
è generata da
del tipo
15
Usando le fuzioni generatrici, è semplice mostrare come un cambiamento di coordinate induca
un cambiamento negli impulsi, riottenendo il risultato che abbiamo provato passando dalle
lagrangiane nella (1).
Esempio: sia
Q(q) = x(q)
x(q)
un dieomorsmo da un dominio di
è cambiamento regolare delle variabili
q).
Rn
in un dominio di
Rn
(cioè
Sia
S(q, P) = P · x(q)
Poiché
∂q,P S = ∂q x,
che per ipotesi è non singolare,
S
denisce la trasformazione canonica
Q = ∂P S = x(q), p = (∂q x)t P
È da notare che la funzione generatrice
S(q, P) = P · x(q) + g(q),
dove
g
è una funzione scalare delle
q
genera la trasformazione canonica
Q = ∂P S = x(q), p = (∂q x)t P + ∇q g
che non coincide con la precedente. Dunque, come preannunciato, le trasformazioni canoniche
sono più numerose delle trasformazioni indotte da trasformazioni delle sole
11
q.
L'equazione di Hamilton-Jacobi
Usando le funzioni generatrici non è troppo dicile arrivare a dimostrare che, data
usso di hamiltoniana
H
H,
il
denisce una trasformazione simplettica. Dimostreremo il seguente
teorema.
Teorema 11.1
Sia
q¯ = q¯(q, p, t)
p¯ = p¯(q, p, t)
(5)
la soluzione delle equazioni di Hamilton di hamiltoniana H = H(q, p, t), di dato iniziale
(q, p), cioè
(
q¯˙ = ∂p H(¯
q , p¯, t)
p¯˙ = − ∂q H(¯
q , p¯, t)
con
q¯(q, p, 0) = q
p¯(q, p, 0) = p
Allora, la trasformazione di coordinate
q1 = q¯(q0 , p0 , t)
p1 = p¯(q0 , p0 , t)
è simplettica per ogni t, dalle variabili (q0 , p0 ) alle variabili (q1 , p1 ).
Si potrebbe dimostrare questo teorema dimostrando che lo jacobiano del usso è simplettico
t
(più precisamente, dimostrando che se A è la matrice jacobiana al tempo t, allora AJA è
t
costante nel tempo, dunque è pari J = A(0)JA (0), e quindi A è simplettica; completare
per esercizio). È però imporante procedere in un altro modo, cioè costruendo esplicitamente
una funzione generatrice della trasformazione.
Premetto un lemma tecnico.
16
Sia H un'hamiltoniana con ∂p2 H è non singolare. Allora, se t è sucientemente piccolo, l'uguaglianza q1 = q¯(q0 , p0 , t) può essere risolta in p0 , dunque si possono
utilizzare, localmente, le variabili indipendenti q0 e q1 per descrivere il moto.
Lemma 11.1
Si noti che se
H
è un'hamiltoniana che proviene da una lagrangiana naturale,
H
dipende
quadraticamente degli impulsi tramite l'inversa della matrice cinetica, che è denita positiva,
dunque non singolare.
Il lemma si dimostra facilmente notando che, per
t
piccolo,
q1 ≈ q0 + q(0)t
˙
+ o(t) = q0 + ∂p H(q0 , p0 , t)t + o(t)
E questa uguaglianza si può invertire in
Consideriamo dunque il moto
q1 ,
p0
per l'ipotesi di non singolarità di
q¯(t), p¯(t)
∂p2 H .
q¯(q0 , p0 , 0) = q0 e q¯(q0 , p0 , t) =
di q0 e q1 se t è sucientemente
con dati al bordo
che, per il lemma precedente, esiste in opportuni intorni
piccolo. Consideriamo inoltre il valore dell'azione calcolata sul moto:
t
Z
(¯
p · q¯˙ − H(¯
q , p¯, s)) ∂s
F (q0 , q1 , t) =
0
Tenendo ssato
t
e variando
la variazione al tempo
s
q0
e
q1 ,
varia naturalmente tutta la traiettoria. Sia
al primo ordine, con
δ q¯(0) = δq0
e
δ q¯(t) = δq1 .
δ q¯(s), δ p¯(s)
Vale
t
Z
(δ p¯ · q¯˙ + p¯ · δ q¯˙ − ∂q H · δ q¯ − ∂p H · δ p¯) ds + o(δq0 , δq1 )
F (q0 + δq0 , q1 + δq1 , t) − F (q, q, t) =
0
Usando le equazioni del moto che sono soddisfatte da
q¯, p¯, cioè che ∂q H = −p¯˙ e che ∂p H = q¯˙,
si ottiene
Z
F (q0 + δq0 , q1 + δq1 , t) − F (q0 , q1 , t) =
0
t
d
(¯
p · δ q¯) = p¯(q, p, t) · δq1 − p · δq0 + o(δq0 , δq1 )
ds
Ma allora,
dF = p1 dq1 − p0 dq0
Per i teoremi della sezione precedente, questa identità garantisce che la trasformazione è
simplettica.
È utile calcolare anche come varia
e
q1 ,
F
nel tempo. Si noti che cambiando
non è facile determinare la variazione di
F,
t e tenendo ssi q0
infatti cambia l'intera traiettoria. È invece
facile mostrare che
Z t
d
d
F (q0 , q¯(q0 , p0 , t), t) =
ds (¯
p · q¯˙ − H(¯
q , p¯, s))
dt
dt 0
= p¯(t) · q¯˙(t) − H(¯
q (t), p¯(t), t) = p1 · q¯˙(t) − H(q1 , p1 , t)
Infatti scegliendo
q1 = q¯(q0 , p0 , t)
con
(q0 , p0 )
ssato, la traiettoria non cambia, e dunque la
derivata è l'argomento dell'integrale calcolto in
p¯ · q¯˙ − H =
t.
Poiché
∂q1 F = p1 = p¯,
si ha che
d
F (q0 , q¯(q0 , p0 , t), t) = ∂t F + ∂q F · q¯˙ = ∂t F + p¯ · q¯˙
dt
cioè
∂t F = −H(¯
q , p¯, t) = −H(q1 , p1 , t)
Possiamo rivedere quanto fatto n'ora notando che abbiamo dimostrato la canonicità
(q1 , p1 ), al tempo t, il corrispondente dato iniziale (q0 , p0 )
q = q1 e p = p1 , abbiamo dimostrato il seguente teorema
della traformazione che associa a
al tempo
0.
Indicando con
17
Teorema 11.2
dierenziale
L'azione calcolata sul moto di dato inziale q0 e di posizione q al tempo t ha
dF = p dq − H dt + p0 dq0
Dunque la trasformazione che associa a (q, p) al tempo t il dato inziale (q0 , p0 ) è canonica.
Nelle nuove variabili (q0 , p0 ) l'hamiltoniana è nulla, infatti K = H + ∂t F = H − H = 0.
Poichè nelle nuove variabili l'hamiltoniana è nulla e
p = ∂q F ,
la funzione
F = F (q0 , q, t)
risolve la seguente equazione
H(q, ∂q F, t) + ∂t F = 0
Questa è l'equazione di
Hamilton-Jacobi.
Si noti che se è noto il usso hamiltoniano, la soluzione dell'equazione di Hamilton-Jacobi
si ottiene mediante l'integrale di azione.
Al contrario, riuscire a determinare opportune
soluzioni dell'equazione di Hamilton-Jacobi permette, in un qualche senso, di trovare la
soluzione delle equazioni del moto, come mostreremo nel prossimo paragrafo.
12
Il metodo di Hamilton-Jacobi
Come abbiamo visto nell'esempio del paragrafo 9, una trasformazione canonica può rendere
banalmente integrabile le equazioni di Hamilton. Peró, chi ci dice come trovare la trasformazione? Possiamo tentare di determinarla cercando una funzione generatrice
K
che la nuova hamiltoniana
varibili
(Q, P )
sia esattamente
0.
S(q, P, t) tale
In tal caso, infatti, le equazioni nelle nuove
sono banali:
Q˙ = 0
P˙ = 0,
(6)
q , p.
K = 0, cioè:
dunque nota la trasfomazione si può risalire al moto nelle variabili
Come deve essere fatta una tale
S?
Deve valere:
∂q S = p
e
H (q, ∂q S(q, P, t), t) + ∂t S(q, P, t) = 0.
Per Hamiltoniane indipendenti dal tempo, si può cercare una soluzione
riabili, cioè cercando la soluzione nella forma
(7)
separando le va-
S(q, P, t) = W (q, P ) − Pn t,
impulso ed è pari all'energia. L'equazione di H.J. diventa l'equazione
dove
Pn
è l'ultimo
caratteristica di
H.J.:
H (q, ∂q W (q, P, t)) = Pn .
(8)
S dipendente dal tempo che renda nulla l'hamiltoniana, cerchiaW , indipendente da t, che rende costante l'hamiltoniana. Infatti, se W risolve l'equazione
caratteristica di Hamilton, con Pn ultimo nuovo impulso, W genera una trasformazione canonica nelle nuove variabili (Q, P ), per le quali l'hamiltoniana è Pn . Nelle nuove variabili le
In pratica, invece di cercare
mo
equazioni del moto sono banali:
Q˙ i = ∂Pi K = 0 i = 1, ... n − 1
Q˙ n = ∂Pn K = 1
P˙i = − ∂Q K = 0 i = 1, ... n.
(9)
i
Come si procede in pratica? Sempre e solo per separazione di variabili, cioè cercando la
soluzione come somma di
n
funzioni ognuna delle quali dipende solo da una delle vecchie
18
coordinate. In alcuni rari casi ci si riesce (sistemi integrabili) in generale no. Il fatto che si
riesca a trovare la soluzione dipende dal fatto che dentro
separtata.
H
la dipendenza delle variabili è
Prima di vedere come funziona la separazione di variabili, guardiamo che aspetto ha il
metodo in un caso che sappiamo già risolvere, quello dell'oscillatore armonico.
Esempio: il metodo di HJ per l'oscillatore armonico
Considero un'oscillatore armonico di hamiltoniana
1
H = (p2 + q 2 )
2
. L'equazione caratteristica di HJ è
1
2
dove
E
∂W 2
+ q2
∂q
=E
(l'energia) sarà il nuovo impulso. Esplicitando rispetto alla derivata di
W
si ottiene
q
Z
W (q, E) = ±
dq
p
2E − q 2
L'integrale si può calcolare esplicitamente, ma questo calcolo non è necessario per trovare la
Q
soluzione delle equazioni del moto. Infatti, se
è la nuova variabile, la soluzione è
Q(t) = c + t,
dove
c
dipende dal dato iniziale, mentre la relazione tra
∂W
Q=
=±
∂E
Z
q
Q
e le vecchie variabili è data da
dq
p
2E − q 2
Dunque la soluzione delle equazioni del moto si esprime mediante la
tura:
Z
q(t)
±
dove il segno e la costante
c
dq
p
=t+c
2E − q 2
dipendo da dato inziale. Si noti che in questo caso l'integrale
√
arcsin
q(t)/
2E .
√
q = 2E sin(t + c).
si può calcolare esplicitamente, e vale
invertendo rispetto a
q
formula di quadra-
si ottiene
Sostituendo questa espressione e
Il valore del metodo di HJ si comprende nei rari casi di sistemi che si risolvono per
quadrature, senza che esiste un'evidente simmetria che renda ciclica qualche variabile. Faccio
un esempio.
Esempio: moto in un campo di dipolo, ristretto al piano
In
R3 ,
il potenziale di dipolo, con il dipolo orientato sull'asse delle
V (x) = −
dove
e1
è il versore dell'asse
x1 .
x1 ,
è del tipo
1
x · e1
|x|3
Si noti che questo potenziale decade come
rapidamente del potenziale coulombiano.
19
1/|x|2 ,
più
Restringendoci a moti che avvengono sul piano
(x1 , x2 )
la lagrangiana è
x1
1
L = x˙ 2 + 3
2
|x|
che in coordinate polari è
1
1
L = (ρ˙ 2 + ρ2 ϑ˙ 2 ) + 2 cos ϑ
2
ρ
La corrispondente hamiltonana è
H=
p2ρ
p2
1
+ ϑ2 − 2 cos ϑ
2
2ρ
ρ
Come si nota facilmente, non ci sono variabili cicliche. L'equazione di HJ è
1
1
1
(∂ρ W )2 + 2 (∂ϑ W )2 − 2 cos ϑ = E
2
2ρ
ρ
dove
E
sarà uno dei nuovi impulsi. Cerco la soluzione nella forma
W (ρ, ϑ) = A(ρ) + B(ϑ)
Ottengo
1
1
1
(∂ρ A(ρ))2 + 2 (∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = E
2
2ρ
ρ
che si può riscrivere come
2
1
1
∂ρ A(ρ)2 + 2 (∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = E
2
2ρ
È abbastanza evidente che questa equazione si può risolvere solo ipotizzando che
(∂ϑ B(θ))2 − 2 cos ϑ = J
con
J
che non dipende da
ρ
e da
ϑ.
In tal caso l'equazione per
A
diventa
2
J
1
∂ρ A(ρ)2 + 2 = E
2
2ρ
Le due equazioni sono risolte da
√
dϑ J + 2 cos ϑ
Z ρ s
J
A(ρ, J, E) = ±
dρ 2E − 2
ρ
Z
ϑ
B(ϑ, J) = ±
Le nuove variabili sono
Z
∂W
∂B ∂A
QJ =
=
+
=±
∂J
∂J
∂J
Z ρ
∂W
dρ
q
QE =
=±
∂E
2E − ρJ2
ϑ
dϑ
√
−∓
2 J + 2 cos ϑ
Z
ρ
dρ
q
2ρ2 2E −
20
J
ρ2
Poiché la soluzione delle equazioni del moto è data da
QE = t + c1
e
QJ = c2 ,
le formule di
quadratura sono
Z
ϑ(t)
±
Z
±
ρ(t)
dϑ
√
∓
2 J + 2 cos ϑ
dρ
q
2E −
J
ρ2
Z
ρ(t)
dρ
q
2ρ2 2E −
J
ρ2
= c2
= t + c1
Abbiamo potuto portare il moto alle quadrature perché il metodo di HJ ci ha permesso
di notare l'esistenza di un integrale primo, diverso dall'energia:
J = p2ϑ − 2 cos ϑ
In genere, l'equazioni di HJ si risolve se ci sono
n
integrali primi, e la loro dipendenza è
separabile.
21