Editoriale ntrati nella seconda metà dell’anno scolastico, è naturale porsi delle domande sul proprio lavoro in rapporto al tempo: Abbiamo utilizzato bene il tempo nella prima parte dell’anno? Abbiamo perso del tempo, ovvero abbiamo accelerato su passaggi e questioni che avrebbero meritato un ritmo più rilassato? Sto proponendo ai miei alunni attività e uso di competenze adeguate all’età? Sto anticipando ovvero ritardando qualcosa? Domande, si diceva, inevitabili, ma che ogni volta riportano il nostro lavoro a misurarsi con la questione tempo. Le questioni legate al tempo – oggi come oggi soprattutto il tempo da non perdere –, che la pedagogia ha condensato in formule quali “il E 44 Il “giusto” tempo giusto momento” o “il tempo necessario” –, rappresentano un punto di costante interesse, all’interno del quale si profila con particolare intensità la tendenza, di matrice cognitivista, a rendere sollecita l’attivazione dei processi formativi riguardanti le attività di pensiero. L’idea di cominciare presto può essere assunta come l’indicatore essenziale dell’indirizzo più esplicito al riguardo. Coltivare il “pensiero critico” Esaminiamolo sotto il profilo dell’introduzione dell’alunno al pensiero critico. Il “pensiero critico” nei bambini assomiglia all’indagine scientifica ne- OtGFCCSBJPtBOOP gli adulti. Si può costatare, infatti, che i bambini hanno in mente uno scopo, scelgono materiali e azioni, osservano e riflettono sulle loro azioni, formulano delle spiegazioni sul perché qualcosa funziona, o non funziona, come si credeva, provvedono agli aggiustamenti necessari e continuano ad agire e a fare valutazioni fino a che non hanno risolto la questione in maniera soddisfacente per loro (che può non essere, ovviamente, la stessa degli adulti). La predisposizione dei bambini a esplorare, a porre domande, a cogliere problemi, a cercare spiegazioni, a scoprire, a verbalizzare le esperienze di cui sono protagonisti, va alimentata e coltivata dalla scuola attraverso strategie di- dattiche che stimolino un atteggiamento di curiosità cognitiva. Ecco l’esigenza di prestare attenzione ai perché attraverso i quali si manifesta la curiosità infantile. La curiosità diventa quindi un motore per la conoscenza. I perché esprimono le esigenze del bambino di costruire significati; non è semplice curiosità: è un vero e proprio interesse consapevole a conoscere e capire. Naturalmente, si tratta di un dato di fatto che può/deve venire trasformato in una linea di trattamento educativo. Perché gli alunni diventino dei pensatori critici, gli insegnanti devono non soltanto incoraggiare questi comportamenti, ma anche strutturare essi stessi il “pensiero critico”. Educare a pensare criticamente La strada consiste nel coltivare il pensiero intenzionale nelle forme e nei modi compatibili all’età e al suo specifico gradiente evolutivo. Si tratta, in altri termini, di incoraggiare a progettare le proprie azioni e a riflettere su di esse… Chi sa pensare criticamente progetta e riflette. Utilizzando questi due processi gemelli per dar luogo a esperienze impegnative di istruzione, gli insegnanti possono dotare i loro alunni delle abitudini intelligenti di cui hanno bisogno per riuscire nella scuola e nella vita. La prima condizione necessaria è che gli insegnanti dimostrino di essere loro stessi consapevoli nell’agire e diligenti nel valutare i loro risultati; sarebbe poi preferibile che lavorino in team purché siano disposti a scambiarsi continuamente le osservazioni oggettive sugli alunni. Seguono poi alcune indicazioni circa la coltivazione del “pensiero critico” nelle attività di aula: UÊ `>ÀiÊ VV>ÃÊ «iÀÊ «À}iÌÌ>ÀiÊ e riflettere – progettare e riflettere non sono attività scontate e usuali, ma vanno stimolate e provocate in maniera opportuna (con osservazioni, richieste, precisazioni); UÊ ÌiÀÀ}>ÀÃÊ ÃiiÊ >Ê L>L ni – incoraggiare il pensiero con domande come Che cosa succederebbe se? Supponiamo che potresti fare così… e lasciare tempo per riflettere se le soluzioni e le previsioni fatte funzionano; UÊVÀ>}}>ÀiÊ>Êi>LÀ>ÀiÊiÊ«À prie idee – aiutare ad arrivare a conclusioni personali (Come hai raccolto e collegato queste informazioni? Perché pensi in questo modo?). Sarà più facile che i bambini applichino anche ad altre situazioni questo modo di ragionare; UÊVi`iÀiÊ`ÊÀÃÛiÀiÊ`iÊ«ÀLi mi – mostrare dei problemi che gli alunni possano non avvertire e incoraggiarli a dire quello che per loro è un problema. Ascoltare le loro soluzioni e accettarle, anche se sono diverse dalle nostre. Incoraggiarli a vedere se le loro idee funzionano e a prendere in considerazione altre possibilità nel caso che questo non avvenga; UÊVÀ>}}>Ài]ÊÊ`>Ài – incoraggiare i bambini ascoltando le loro idee, ponendo domande aperte…, osservando e commentando quello che stanno facendo e condividendone i pensieri con i loro compagni e i loro genitori. Questo atteggiamento è più utile che lodarne i lavori e le idee, perché quando si dice “che bel lavoro” o “che grande idea” una volta, si potrebbe introdurre senza volerlo una disapprovazione se si trascura di dirlo un’altra volta. Ma c’è di più, e vale la pena di segnarselo: quando la lode diventa un fine per se stessa può far finire la conversazione. zioni, stupirsi, godere delle scoperte fatte – sono parte costitutiva della “scienza del bambino”. David Hawkins1 lamenta che non si dia ai bambini il tempo “di girellare e di annusare il vento”, che non si lascino “liberi di scoprire da soli”, che non si consenta loro “di andare a velocità un po’ diverse” e che non si incoraggi “la diversità dei modi in cui (…) impiegano il tempo a scuola”, tutte forzature che inibiscono la learning readiness, cioè la prontezza ad apprendere che è propria del bambino incentivato a sviluppare curiosità, motivazione a conoscere, autostima. La famiglia, la scuola e le istituzioni educative dovrebbero limitarsi a motivare continuamente il dispiegamento del “pensiero critico”, senza cedere alla tentazione dell’adultismo: negare al bambino, attraverso comodi surrogati dell’esperienza, l’emozione legata alla “mostruosa” scoperta della realtà, rallenta l’elaborazione di un pensiero “magico” che fa leva sull’attività dell’emisfero cerebrale destro e sulla dimensione emotivo-affettiva in generale e che è costitutivo dell’espressione immaginifico-fantastica delle idee che sottendono alla risoluzione di problemi vari (particolarmente, nonostante possa apparire paradossale, quelli scientifici). La logica di riferimento è quella pragmatistica; si può parlare di “pensiero critico” anche in altri modi. I suggerimenti non sono però improvvidi e, soprattutto, non comportano rischi. Learning readiness C’è un rischio nel percorso sin qui delineato, come in ogni attività della scuola: l’eccesso di programmazione, cioè di “didatticismo” (non tanto di buona didattica, ma della sua distorsione in senso efficientista). Esplorare, osservare accuratamente, ricercare, descrivere ciò che si è osservato e, soprattutto, congetturare – ma anche provare emoOtGFCCSBJPtBOOP La Redazione di Scuola Italiana Moderna 1 D. Hawkins, Imparare a vedere. Saggi sull’apprendimento e sulla natura umana, Loescher, Torino 1979 5
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