Sezione giurisdizionale per il Veneto ( PDF, 320 kB )

Repubblica Italiana
N. 136/2014
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale per il Veneto
Composta dai Sigg.ri Magistrati
Angelo Buscema
Presidente
Giovanni Comite
Giudice relatore
Giuseppina Mignemi
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 29652 del registro di
segreteria, promosso dalla Procura Regionale della Corte dei conti
per il Veneto nei confronti dei sigg.ri:
1. Marcon Aldo Luciano, nato il 07 gennaio 1950 a Canal San Bovo
(TN), residente a Padova (PD), in Corso Milano n. 74, scala A, int.
16, C.F. MRC LLC 50A07 B577W, rappresentato e difeso dal Prof.
Avv. Pagliarin Carola e dall’Avv. Barzazi Guido, elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, a Venezia - Mestre
(VE), in via Torino n. 186: all’epoca dei fatti Direttore Generale e
Dirigente ad interim dell’Area Gestionale dell’Azienda Territoriale
per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Venezia (A.T.E.R. di
Venezia);
2. Zane Giampaolo, nato il 22 settembre 1959 a Venezia (VE),
residente a Venezia – Mestre (VE), in viale San Marco n. 82/D,
C.F. ZNA GPL 59P22 L736F, rappresentato e difeso dall’Avv.
2
Marchi Giuliano, elettivamente domiciliato presso lo studio del
medesimo a Venezia (VE), sestiere San Polo n. 2237: al tempo
Responsabile del Servizio Attività Immobiliari di A.T.E.R. Venezia;
3. Contarin Domenico, nato il 24 gennaio 1952 a San Donà di Piave
(VE), ivi residente, in via Chiesanuova n. 109, C.F. CNT DNC
52A24 H823P, rappresentato e difeso dall’Avv. Grimani Pier
Vettor, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo a
Venezia (VE), sestiere Santa Croce n. 466/G: all’epoca Dirigente
dell’Area Tecnica dell’A.T.E.R. della città lagunare;
4. Spiazzi Stefania, nata il 15 maggio 1961 a Badia Polesine (RO),
residente a Venezia (VE), sestiere Santa Croce n. 1146/A, C.F.
SPZ SFN 61E55 A539S, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Duse
Valter e Orlandi Roberta, elettivamente domiciliata presso lo studio
degli stessi, a Venezia – Mestre (VE), Corso del Popolo n. 81: al
tempo Responsabile del Servizio Manutenzione dell’Area Tecnica
dell’A.T.E.R. di Venezia.
Visto l’atto introduttivo del giudizio, le memorie di costituzione, gli altri
atti e i documenti tutti di causa;
uditi, nella pubblica udienza del 15 maggio 2014 e con l’assistenza del
segretario sig.ra Bruni Elisabetta, il Giudice relatore dott. Comite
Giovanni,
il
Pubblico
Ministero,
nella
persona
del
Sostituto
Procuratore Generale dott.ssa Imposimato Chiara, l’Avv. Marchi
Giuliano, in rappresentanza di 1) Zane Giampaolo, l’Avv. Duse
Valter, in difesa di 2) Spiazzi Stefania, l’Avv. Barzazi Guido e la Prof.
Avv. Pagliarin Carola, in rappresentanza di 3) Marcon Aldo Luciano,
3
l’Avv. Grimani Pier Vettor, in difesa di 4) Contarin Domenico.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato il 1° agosto 2013, ritualmente
notificato, la Procura Regionale della Corte dei conti per il Veneto
evocava, dinanzi questa Sezione Giurisdizionale, i convenuti in
epigrafe indicati per sentirli condannare al ristoro del nocumento
patrimoniale di € 34.956,81, asseritamente cagionato all’A.T.E.R. di
Venezia, e da attribuire nella misura del 30%, cadauno, ai sigg.ri
Marcon, Zane e Contarin, e del 10% alla sig.ra Spiazzi, oltre
rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, interessi di legge e
spese di giudizio.
A – La segnalazione.
All’origine della vertenza è l’esposto prodotto alla Procura
Regionale, il 30 dicembre 2011, dal Presidente in carica (Prof. Alberto
Mazzonetto) dell’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della
Provincia di Venezia (d’ora in avanti A.T.E.R.), che chiedeva fosse
accertata la sussistenza di un presunto danno erariale in relazione
alle modalità di conduzione, da parte di dipendenti, dirigenti e
funzionari del suddetto ATER, del procedimento amministrativo volto
alla concessione in locazione dell’immobile individuato con la sigla
“u.i. 0067-0045”, in favore del sindacato FIADEL.
In breve, era chiesto di accertare se le somme, per le quali Ater si era
esposta, determinate nel decreto autorizzativo della locazione, siano
state il frutto di criteri oggettivi riconducibili alle norme generali in
materia di stima immobiliare o non piuttosto di criteri discrezionali
4
contrari al buon andamento dell’Ente.
Rilevava, l’esponente, che l’A.T.E.R. di Venezia, istituito con legge
regionale n. 10, del 09 marzo 1995, mediante trasformazione degli
Istituti Autonomi Case Popolari (I.A.C.P.) in Aziende Territoriali per
l’Edilizia Residenziale, svolge attività di supporto alla Regione Veneto,
agli Enti locali ed ai privati in ordine alla progettazione e all’attuazione
di interventi di edilizia residenziale inseriti in programmi di recupero o
di riqualificazione edilizia ed urbanistica previsti dalla vigente
normativa. Tra le attività dell’Ente, regolamentate dall’art. 5 della
legge istitutiva, vi erano anche quelle individuate con legge regionale
n. 10, del 02 aprile 1996, disciplinante “l’assegnazione e la fissazione
dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, che ne
rimarcavano
le
finalità
sociali.
Conseguentemente,
lo
statuto
dell’A.T.E.R. di Venezia, approvato con deliberazione del Consiglio di
Amministrazione n.111 del 05 aprile 2004, modificato con successiva
determina n. 154 dell’8 giugno seguente, all’art. 3, comma 1, lett. a),
affidava al medesimo l’onere di occuparsi della creazione, all’interno
del mercato edilizio, di condizioni più favorevoli per consentire una
corretta soluzione al problema della casa.
Fatte tali premesse, il Presidente deducente rappresentava che, sin
dal suo insediamento e in ossequio alle funzioni di indirizzo e di
impulso statutariamente assegnategli, si era attivato, con atti di
indirizzo, del 28 luglio e 03 agosto 2011, rivolti al Responsabile del
Servizio Affari Legali e Contratti, per conoscere la situazione gestoria
delle locazioni in essere, compresa quella riguardante l’immobile sito
5
in Venezia, sestiere Cannaregio, località “Sacca San Girolamo”, Calle
del Ferau n. 917/A (U.I. n. 0067/0045), di cui alla “Macelleria
restaurata e affidata senza contratto al sindacato FIADEL – CISAL”.
Non ricevendone adeguato riscontro, incaricava il Dirigente dell’Area
Servizi Generali e Risorse Umane, Avv. Roberta Carrer, di svolgere le
necessarie attività di analisi.
In risposta, al medesimo deducente, era riportato (come da relazione
riservata del 28 settembre 2011):
1) che con deliberazione del Consiglio di Amministrazione, n. 83,
del 31 maggio 2010, Ater si determinava “...alla vendita del
patrimonio ad uso non abitativo sfitto, in situazioni di
condominio,
non
più
ritenuto
rilevante
sotto
l’aspetto
patrimoniale, né meritevole per un riutilizzo locativo sotto
l’aspetto economico, quale indicato nell’elenco predisposto dal
Servizio Attività Immobiliari”, che recava in testa lista l’immobile
tutt’ora occupato da FIADEL: il Direttore, nella circostanza, era
incaricato di ogni conseguente adempimento, necessario
all’attuazione del provvedimento medesimo;
2) che il suddetto immobile, dopo tre mesi era eliminato dal piano
di vendita senza un formale provvedimento di revoca da parte
del C. di A.;
3) che in ragione della proposta pervenuta il 04 agosto 2010 dalla
ditta “Fiadel”, nella persona del suo segretario provinciale, sig.
Contavalli Maurizio, relativa alla locazione dell’immobile sito in
Venezia, Calle del Ferau n. 917/A, bene sfitto dal 1° maggio
6
2006 e necessitante di lavori di ristrutturazione, indicati nel
preventivo, ricevuto il 02 agosto precedente dalla “Cooperativa
Meolese”, nella misura di € 58.000,00, in data 25 agosto 2010 il
Servizio Attività Immobiliari comunicava a “Fiadel” l’importo del
canone di locazione mensile, determinato in € 555,00, più IVA
e adeguamento ISTAT, per anni 12 (ossia 6 + 6);
4) che, a seguire, con nota del 31 agosto 2010, la predetta
organizzazione sindacale comunicava la propria disponibilità a
versare € 06.000,00 a titolo di contributo alla ristrutturazione del
negozio con relativa riduzione del canone, che l’ufficio Ater
preposto rideterminava in € 400,00 più IVA;
5) che, in ragione di tanto, il Direttore Marcon, con decreto n. 429,
del 06 settembre 2010, disponeva di concedere in locazione
l’u.i. n. 0067 – 0045, al canone di € 400,00 più IVA, previa
esecuzione di lavori di ristrutturazione “...tramite impresa
aggiudicataria
straordinaria
dell’appalto
del
di
mandamento
manutenzione
Venezia
ordinaria
centro
–
storico
Cannaregio – Castello”;
6) che con successivo Decreto del Direttore, n. 614, del 29
novembre 2010, venivano disposti, ad avviso dell’esponente,
ulteriori lavori urgenti per la sostituzione dei serramenti, per una
spesa aggiuntiva di € 14.200,00 oltre I.V.A.;
7) che in seguito, con deliberazione n. 3222, del 21 dicembre
2010, della Giunta Regionale Veneto, formalmente ribadita con
nota prot. n. 45509, del 31 gennaio 2011, i Consigli di
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amministrazione di Ater venivano invitati ad avviare la vendita
degli immobili di pregio, non soggetti alla disciplina di cui alla
legge regionale 2 aprile 1996, n. 10, precisando, peraltro, che
l’eventuale inosservanza avrebbe costituito un insanabile
contrasto, a mente di quanto previsto dall’art. 10, comma 1, lett.
b) che della L.R. n. 53 del 1993, con conseguente applicazione
dei provvedimenti in tale legge previsti (nel senso che la Giunta
Regionale procede, previa diffida, allo scioglimento del
Consiglio di Amministrazione dell’Ater in ipotesi di insanabile e
ripetuto contrasto tra le direttive fissate dagli atti della
programmazione regionale e l’attività complessiva dell’ente);
8) che con comunicazione dell’11 febbraio 2011, indirizzata, per
competenza, agli Uffici interni e, per conoscenza, al Presidente
Ater, il Direttore Marcon informava che la procedura di
alienazione di immobili sfitti e affittati ad uso diverso da
abitazione era sospesa con riguardo agli immobili situati nel
centro storico di Venezia;
9) che, in ogni caso, vi era stata una immissione nel possesso
dell’immobile in questione di FIADEL, nel mese di febbraio
2011, in carenza di sottoscrizione del relativo contratto, come,
altresì, reso palese dal sistema informatico che classificava i
versamenti effettuati dal suddetto conduttore come “non
accreditati”,
e
senza
effettuare,
nei
termini
di
legge,
l’obbligatoria comunicazione di cessione del fabbricato alla
competente Questura;
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10) che il precedente contratto di locazione dell’immobile, stipulato
prima dei lavori di ristrutturazione, prevedeva un canone pari a
€ 550,00 oltre I.V.A. per l’anno 2006, mentre il canone di
locazione applicato a FIADEL, di cui è cenno nel Decreto n.
429 del 2010, era pari a € 400,00 oltre IVA, pur a fronte di un
immobile integralmente ristrutturato;
11) che tale riduzione del canone avveniva a fronte di un
contributo, indicato nel provvedimento autorizzativo, sui lavori
di ristrutturazione, pari a € 06.000,00, peraltro mai corrisposto
da parte di FIADEL;
12) che i lavori di ristrutturazione sono stati calcolati in un importo
di € 57.704,70, oltre I.V.A., ai quali aggiungere € 14.200,00,
oltre I.V.A., per una spesa totale di € 71.904,70, oltre IVA del
20%, per un totale complessivo di € 84.285,64;
13) che con Decreto n. 112, del 25 febbraio 2011, seguente la email del 18 febbraio 2011 con la quale il Segretario provinciale
e legale rappresentante della FIADEL diffidava l’Ente a dar
corso alla locazione, il Direttore di Ater Venezia (Ing. Marcon)
ha revocato quanto disposto con la determinazione n. 429 del
2010, in ordine alla sottoscrizione del contratto di locazione,
ordinando ai competenti servizi di provvedere agli adempimenti
conseguenti;
14) che inoltre la predetta organizzazione sindacale, immessa
nella detenzione dell’immobile in febbraio 2011, aveva
effettuato un bonifico, in favore di Ater, per € 1.702,80, a titolo
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di deposito cauzionale, spese contrattuali e per canoni di
locazione, in data 20 settembre 2010.
In conclusione, gli accertamenti amministrativi disposti, lasciavano
trasparire, ad avviso dell’esponente, possibili profili di responsabilità
amministrativa che avrebbero potuto coinvolgere lo stesso qualora
non si fosse attivato.
B - I fatti come accertati all’esito dell’attività istruttoria disposta
dalla Procura Regionale.
In ragione di quanto segnalato, la Procura Erariale disponeva i
necessari approfondimenti istruttori tesi alla conferma dei fatti e alla
ricerca di eventuali responsabilità, esitati nella nota a riscontro, in data
23 luglio 2012, del Dirigente dell’Area Servizi Generali e Risorse
Umane, Avv. Roberta Carrer.
Tale documento chiariva che per l’attività di “locazione o vendita di
unità immobiliari ad uso residenziale, a prezzi concorrenziali”,
secondo criteri di economicità finalizzati a produrre effetti calmieratori
e perequativi sul mercato, erano intervenute talune delibere del
Consiglio di Amministrazione di Ater Venezia, che ne regolavano
l’attività operativa. In specie, con deliberazioni n. 24, dell’11 febbraio
2002, e n. 320, del 28 ottobre 2005, si provvedeva a disciplinare, tra
le altre cose, le modalità di calcolo dei canoni di locazione, con
l’intento di pervenire a un più possibile oggettivo risultato medio di
mercato. Le suddette risultanze istruttorie riferivano, per ciò, che Ater
aveva ricevuto dalla locazione in oggetto una parziale utilità rispetto a
quella che avrebbe potuto conseguire applicando correttamente la
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normativa suindicata, atteso che l’Ente è stato onerato di un
consistente contributo per interventi di ristrutturazione per un totale di
€ 69.245,64 (ossia € 57.704,70 + I.V.A. del 20%) che riguardava
anche opere non strettamente necessarie, come l’impianto di
riscaldamento autonomo (costo preventivato € 05.804,98) posto che
ne esisteva uno centralizzato, il rifacimento totale dei sevizi igienici
(costo preventivato € 07.256,22), la fornitura e posa di serramenti in
alluminio con sovrapprezzo antisfondamento (complessivo costo
preventivato € 13.138,93), volti a rendere l’unità immobiliare idonea
ad un uso diverso, ossia “uso ufficio direzionale” – categoria catastale
A 10 - di maggior valore patrimoniale rispetto a quello formalmente
assegnato, “uso negozio” – categoria catastale C 1 - con tutte le
conseguenze derivanti dal cambio di destinazione d’uso in assenza
dei titoli autorizzativi. Altro onere finanziario conseguiva, ad avviso del
deducente, al Decreto n. 614 del 2010, con il quale il Direttore Ater
affidava l’intervento “urgente ed indifferibile di sostituzione dei
serramenti di vetrine pericolanti con infissi in alluminio anodizzato
vetro camera con taglio termico e di tipo antisfondamento” per un
importo, definito in tale atto, ulteriore e pari a € 14.210,50 più I.V.A.,
con un totale di € 16.200,00, alla ditta “Agostinetto di Musile di Piave”.
Gli accertamenti confermavano, inoltre, che l’immobile, destinatario di
tali interventi, ritenuti non tutti necessari, era inserito in uno specifico
piano di vendita ed era stato valutato dall’Agenzia del Territorio, in
data 1° ottobre 2007, in € 179.400,00. Riguardo, invece, alla
determinazione del canone di locazione delle unità immobiliari ad uso
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non abitativo, quali negozi (come in specie), uffici, magazzini e
garage, l’Ater di Venezia vi provvedeva sulla base delle delibere n. 24,
dell’11 febbraio 2002, e n. 320, del 28 ottobre 2005, statuenti che “il
canone di locazione sarà quello di mercato, determinato con perizia di
stima
sintetica
predisposta
dal
competente
Servizio
Attività
Immobiliari, che indicherà un valore minimo, un valore massimo e il
canone medio da assumere a canone base. Ove il canone di
locazione minimo sia superiore ad € 2.000,00, si farà ricorso al parere
di congruità dell’Agenzia del Territorio. I valori minimi, massimi e medi
dei canoni sono approvati con provvedimenti del Direttore”.
In specie, gli esiti istruttori affermavano che non risultava rispettata
alcuna procedura di evidenza pubblica e il canone determinato in €
400,00, più IVA, con un abbattimento del 30%, non risultava conforme
né alla normativa primaria, né ai regolamenti interni dell’Ater o alle
delibere del Consiglio di Amministrazione, né ai valori desumibili dai
listini dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare della zona di
riferimento a destinazione residenziale. Inoltre, alla data del 27 luglio
2012, di deposito delle predette risultanze, l’organizzazione sindacale
FIADEL risultava ancora inadempiente alla manifestata disponibilità di
versare il contributo di € 06.000,00, come emergente dalla tabella
aggiornata dal competente settore che <<...collocava la posizione
FIADEL tra gli “sconosciuti” non essendo stata aperta nessuna
posizione contabile nel sistema informatico aziendale Gelim 8, né in
GePat>>. In conclusione, in specie, erano ravvisate ricorrenti tre poste
di danno: 1) un danno, da omesso recupero del contributo FIADEL,
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per € 06.000,00; 2) un danno da ristrutturazione non strettamente
necessaria, atteso che a fronte della complessiva somma di €
86.285,64 al lordo di IVA, sostenuta dall’Ater di Venezia, sussisteva
un preventivo computo dei lavori necessari di € 17.612,61,
predisposto in data 12 dicembre 2006; 3) un pregiudizio da canone di
locazione non congruo e ridotto, dappoiché la totale ristrutturazione
del bene non poteva che comportare un aumento del suo valore e,
quindi, un necessario riflesso sull’importo del canone, in precedenza,
ossia senza intervento manutentivo, determinato in € 550,00.
Un corretto canone poteva, per ciò, determinarsi, tenendo conto
dell’incremento di valore dell’immobile per effetto della ristrutturazione,
con riferimento ai valori oggettivi O.M.I. relativi alla zona di riferimento,
calcolati dall’Agenzia del Territorio per immobili ad uso residenziale,
comunque inferiori alle quotazioni di mercato degli immobili
commerciali. Onde si aveva: Min. € 11,00/mq/Max € 18,00/mq, media
€ 14,50 che moltiplicato per i 46mq dell’immobile ristrutturato in
questione dava un canone base medio di € 667,00, con una
differenza, accertata alla data del 23 luglio 2012, tra il canone
effettivamente percepito, € 400,00, oltre IVA, e quello dovuto, €
667,00, oltre IVA, pari a € 267,00, che moltiplicata per il periodo di 18
mesi, determinava in € 04.806,00 l’asserito danno da canone non
adeguato.
C - Invito a dedurre.
I fatti dianzi esposti inducevano il P.M. a notificare invito a produrre
deduzioni ed eventuali documenti (entro trenta giorni), con facoltà di
13
essere auditi nello stesso termine, 1) all’Ing. Marcon Aldo Luciano
(l’11 dicembre 2012), 2) al Rag. Zane Giampaolo (il 19 dicembre
2012), 3) all’Ing. Contarin Domenico (il 13 dicembre 2012), e 4)
all’Arch. Spiazzi Stefania (il 12 dicembre 2012).
Nel predetto atto, il Requirente contestava ai convenibili, in ragione
del ruolo da ognuno svolto e come correlabile alle Aree, Servizi e
Uffici ai quali erano preposti, un complessivo danno patrimoniale di €
73.234,99, di cui € 06.000,00 per contributo non acquisito dal
sindacato FIADEL, € 61.627,99, quale danno da lavori non necessari,
stimato equitativamente atteso che <<Nel caso di specie è, peraltro,
molto difficile verificare quali lavori si rendevano assolutamente
necessari e quali non lo erano>>, ed € 05.607,00, quale differenza tra
il canone di locazione di fatto percepito e quello dovuto, come
rapportato a mesi 21, ossia computato sino al mese di ottobre 2012,
di occupazione dell’immobile.
Il pregiudizio ravvisato, era imputato nella misura del 40%, cadauno,
ai sigg.ri Marcon e Zane, e nell’entità del 10%, ognuno, ai sigg.ri
Contarin e Spiazzi.
Tutti i convenibili producevano difese preliminari che, con diverse
motivazioni, instavano per l’archiviazione della vertenza. I sigg.ri.
Zane, Contarin e Spiazzi chiedevano e venivano altresì auditi.
In data 03 maggio 2013 la Sezione Giurisdizionale Veneto, adìta dalla
Procura Regionale, autorizzava, “inaudita altera parte”, con ordinanza
n. 3/2013 (debitamente notificata) la proroga di giorni 90 del termine
per il deposito dell’atto di citazione, in quanto l’Inquirente, in data 25
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marzo 2013, aveva incaricato la Guardia di Finanza di effettuare
approfondimenti sulla locazione e sui lavori svolti nell’immobile de
quo, in particolar modo con riguardo alla effettività dei pagamenti, per
le spese di straordinaria manutenzione, di Ater e in favore delle ditte
esecutrici dei lavori medesimi.
Per ciò, in data 14 giugno 2013 il Nucleo Polizia Tributaria di Venezia
dimetteva al Requirente gli esiti di quanto acquisito.
Il documento precisava quanto segue: i lavori di manutenzione
ordinaria – straordinaria del mandamento veneziano in oggetto erano
stati aggiudicati all’Impresa Edile Catto s.n.c., di Catto Giampaolo e
Catto Omar, con sede a San Stino di Livenza, in forza del contratto di
appalto stipulato con Ater in data 19 febbraio 2009; all’art. 3, il
contratto sanciva, oltre al corrispettivo in € 01.195.810,99, che la
misura del quantum da pagare all’Appaltatore è soggetta alla
liquidazione finale effettuata dal Direttore dei Lavori o Collaudatore, in
ordine alle diminuzioni, alle aggiunte, o alle modificazioni tutte
eventualmente apportate all’originale progetto; all’art. 11 – bis, il
negozio stabiliva che la stazione appaltante poteva autorizzare
l’Appaltatore ad effettuare eventuali subappalti nel rispetto delle
disposizioni di legge in materia ed in particolare dell’art. 118 del d.lgs
n. 163 del 2006; che per ciò, in data 18 marzo 2009 l’Ater aveva
autorizzato la Catto s.n.c. a subappaltare lavori per specifiche
categorie e valori alla Cooperativa Meolese, la quale, in data 02
agosto 2010, inviava un preventivo inerente i lavori da essa ritenuti
necessari per la ristrutturazione dell’immobile, contenente tuttavia
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alcuni “nuovi prezzi”, per le voci relative alla demolizione della cella
frigorifera e all’installazione di un impianto di climatizzazione con
pompa di calore, atteso che il D.L. riteneva più oneroso un intervento
sul preesistente impianto, per un importo di € 57.704,70 IVA al 20%
esclusa e pari a € 11.540,94; che i suddetti lavori dovevano avere
inizio il 27 ottobre 2010 e termine il 15 dicembre 2010, poi
procrastinato ai primi giorni di febbraio 2011 per impossibilità di
completare alcune opere a causa della indisponibilità temporanea di
energia elettrica; che terminati i lavori la Catto s.n.c. inviava la relativa
“nota spese” di € 49.686,05, IVA 20% esclusa, afferente le opere
eseguite sull’immobile in questione - ad eccezione della sostituzione
dei serramenti, inizialmente inseriti nel preventivo lavori della
Cooperativa Meolese dell’agosto 2010, poi, invece, affidati nel
novembre 2011 a ditta diversa da quella aggiudicataria dell’appalto e
diversa anche da quella intervenuta in subappalto a ragione di
certificata urgenza e con affidamento diretto, affidamento avvenuto, a
seguito del relativo decreto autorizzativo, da parte del Direttore dei
Lavori Geometra Evandro Fogarin, del Servizio Manutenzione di Ater,
previa consultazione con il RUP (Ing. Contarin), in favore della ditta
Agostinetto Serramenti.
La nota spese ricevuta dal direttore dei lavori Fogarin, proseguiva la
Guardia
di
Finanza,
era
nello
specifico
dal
medesimo
significativamente rettificata, giacché l’importo, al lordo del ribasso
d’asta, di € 49.686,05, IVA esclusa, era ridotto a € 39.563,91, sempre
IVA esclusa”, ossia a € 31.393,96 al netto del ribasso d’asta.
16
Con integrazione istruttoria, prodotta il 18 luglio 2013, la Guardia di
Finanza segnalava che l’attività presumibilmente svolta nell’immobile,
qualora non rientrante nelle “Associazioni di promozione Sociale”,
costituiva cambio di destinazione d’uso da negozio (cat. catastale C/1)
ad “ufficio direzionale” (cat. catastale A/10), soggetto all’ottenimento
del preventivo permesso di costruire o a deposito di D.I.A. edilizia
trattandosi di immobile ubicato in Zona Omogenea Territoriale “A”.
D - Evocazione in giudizio.
Gli argomenti svolti nelle controdeduzioni erano ritenuti dalla Procura
Regionale non dirimenti ai fini dell’archiviazione della vertenza: onde
l’evocazione dei predetti deducenti, che ha incardinato il presente
processo.
Le difese preliminari, gli atti documentali prodotti dai convenibili e le
risultanze
della
successiva
attività
istruttoria
disposta
hanno
consentito al Requirente di meglio ricostruire la vicenda di causa e di
ritagliarne, con maggiore precisione, l’asserita responsabilità degli
stessi, ai quali, rispetto all’invito a dedurre, imputava un complessivo
danno di € 34.956,81 da addossare nella misura del 30%, cadauno, ai
sigg.ri Marcon Aldo Luciano, Zane Giampaolo e Contarin Domenico, e
nell’importo del 10%, alla sig.ra Spiazzi Stefania.
Preliminarmente, confermava la giurisdizione di questa Corte nei
confronti di amministratori e dipendenti di ente pubblico economico,
quale era l’Ater di Venezia, giacché, come chiarito dalla Corte
Regolatrice nell’ordinanza n. 19667/2003, “l’Amministrazione svolge
attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e
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poteri autoritativi ma anche quando persegue le proprie finalità
istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto
privato...”. E il ruolo svolto dagli odierni convenuti in seno
all’Amministrazione,
che
il
medesimo
asseriva
essere
stata
danneggiata, determinava per tabulas la soggezione degli stessi alla
giurisdizione del Giudice contabile, atteso il sussistente rapporto di
servizio.
Quanto alle singole condotte censurate rilevava che: a) l’Ing. Marcon,
al tempo dei fatti Direttore Generale dell’Ente e Dirigente ad interim
dell’Area Gestionale, all’interno della quale è collocato il Servizio
Attività Immobiliari, a mente dell’art. 14 dello Statuto Ater, è organo di
amministrazione attiva e, nell’ambito degli obiettivi fissati e degli
indirizzi ricevuti, agisce discrezionalmente nella scelta dei mezzi
economicamente più efficienti ed assume, nei limiti delle previsioni di
bilancio e degli stanziamenti di spesa deliberati, tutti gli impegni e gli
atti necessari per dare esecuzione alle determinazioni e ai programmi
del Consiglio di Amministrazione. In tale qualità, ha sottoscritto il
decreto n. 429, del 06 settembre 2010, che impartiva disposizioni in
ordine alla formalizzazione di un contratto di locazione con la FIADEL,
relativamente all’immobile sito in Venezia, Calle del Ferau, n. 917/A,
previo intervento manutentivo per un importo iniziale di € 57.704,70,
oltre IVA al 20%; sottoscriveva, altresì, il decreto n. 614, del 29
novembre 2010, con il quale si ordinavano ulteriori lavori urgenti per la
sostituzione dei serramenti, per una spesa aggiuntiva di € 14.200,00,
oltre IVA al 20%; redigeva e sottoscriveva la comunicazione dell’11
18
febbraio 2011, che disponeva la sospensione della procedura di
vendita degli immobili situati nel centro storico di Venezia, disposta
con deliberazione del C.di A. di Ater n. 83, del 31 maggio 2010; era
autore e sottoscrittore del decreto n. 112, del 25 febbraio 2011, con il
quale revocava quanto in precedenza disposto per la sottoscrizione
del contratto di locazione con FIADEL.
b) Il Rag. Zane, era il responsabile del Servizio Attività Immobiliari e
per la gestione dei rapporti con i condomini e le autogestioni
dell’ATER di Venezia. In tale qualità, proseguiva il P.M., ha
coadiuvato il Direttore nella gestione dell’unità immobiliare in
discussione, come emergente dal parere favorevole di regolarità
tecnica apposto sia sul decreto n. 429, del 06 settembre 2010, sia sul
decreto n. 112, del 25 febbraio 2011, di revoca di quello dianzi
descritto. Rilevava, l’Accusa che il “Servizio Attività Immobiliari”, come
da decreto n. 844, del 14 dicembre 2007, si occupava della gestione
del patrimonio immobiliare, residenziale e commerciale – aziendale e
non – non soggetto alla legge E.R.P. ed, in particolare, dà avvio alla
locazione degli immobili, dalla stesura dell’avviso, fino alla redazione
dei contratti di locazione, ed è attivo nel recupero delle morosità nelle
locazioni. E’ definito dal Requirente, un “lavoratore con funzioni
direttive che, collaborando attivamente con la direzione di Area e la
Direzione aziendale...garantisce il conseguimento degli obiettivi
aziendali. Assicura il rispetto delle normative, dei contratti e dei
regolamenti vigenti, la loro corretta interpretazione ed applicazione”.
c) L’Ing. Contarin, quale Dirigente dell’Area Tecnica di Ater Venezia,
19
che si occupa degli “Interventi per le nuove costruzioni, delle
ristrutturazioni e della manutenzione del patrimonio edilizio aziendale
e del patrimonio edilizio in gestione per conto di altri enti”, è chiamato
a rispondere per avere coadiuvato il direttore di Ater nella
manutenzione della unità immobiliare per cui è causa, come evincibile
dal parere di regolarità tecnica apposto sul decreto n. 614, del 29
novembre 2010, con il quale venivano ordinati lavori urgenti per la
sostituzione dei serramenti, per una spesa aggiuntiva di € 14.200,00,
oltre IVA al 20%.
d) L’Arch. Spiazzi, Responsabile del Servizio Manutenzione, quale
“lavoratore con funzioni direttive”, è chiamato a rispondere per avere
coadiuvato
il
Direttore
Marcon
nella
manutenzione
dell’unità
immobiliare di cui si discute, come evincibile dal decreto n. 614, del 29
novembre 2010, che ha ordinato ulteriori lavori urgenti per la
sostituzione dei serramenti. Tuttavia, soggiungeva il PM, <<...non si
può
omettere
di
considerare
che
nell’indicato
decreto
si
è
espressamente richiamato il decreto di assegnazione n. 429/2010 e
dunque la piena consapevolezza che con un precedente decreto
erano stati autorizzati lavori per circa € 58.000,00>>.
Per tutti, in ragione delle descritte condotte, il PM riconosceva
sussistenti: il nesso di causalità tra i comportamenti, asseritamente
contra legem, e il danno cagionato ad ATER di Venezia, atteso che
ognuno dei convenuti, pur con differenti modalità, ha contribuito a
gestire in senso ampio, e, quindi, anche con riferimento ai lavori
eseguiti sul medesimo, l’immobile de quo nell’esercizio delle proprie
20
funzioni; sussisteva, per ciò, la gravità della colpa per la manifesta
divergenza sussistente tra la condotta che i convenuti hanno
effettivamente tenuto e quella che era da attendersi dagli stessi sulla
base delle loro specifiche condizioni. In breve, ad avviso del PM si era
in presenza di una “deviazione ragguardevole rispetto all’agire
appropriato definito dalle regole di azione”.
In sostanza, ai convenuti era richiesta una diligenza e coscienziosità,
comportante un grande rigore in relazione alla materia della gestione
dei beni pubblici, posto che il legislatore ha ripetutamente tracciato i
confini di tale materia, sul rilievo che la gestione di un bene
palesemente contra legem, viola i principi cardine della legittimità,
oltre che della efficienza ed economicità, parametri, peraltro, penetrati
anche normativamente nell’ordinamento vigente attraverso la legge 7
agosto 1990, n. 241.
Soggiungeva, ancora la Pubblica Accusa, che non costituiva
espressione di una scelta discrezionale insindacabile la condotta di
funzionari che hanno assunto determinazioni in ordine alla gestione di
un bene pubblico, posto che si trattava di attività tecnico – gestionali
rientranti nelle attribuzioni dell’apparto burocratico. Per ciò, la Corte
dei conti non violava il limite giuridico della riserva di amministrazione
nel controllare anche la giuridicità sostanziale dell’esercizio del potere
discrezionale, verificando non solo se l’Amministrazione aveva
compiuto l’attività per il perseguimento delle finalità istituzionali
dell’Ente, ma anche se nell’agire amministrativo, aveva rispettato i
criteri di legalità sostanziale e quelli giuridici di economicità, efficacia e
21
buon andamento.
Da ultimo, in relazione al “quantum” precisava quanto segue: una
prima posta di danno riguardava l’importo di € 06.000,00 che FIADEL
avrebbe dovuto versare e che ad oggi non risultava versato né
tampoco recuperato da parte dei competenti Uffici dell’ATER di
Venezia; una seconda posta, riguardava “indubbiamente gli importi
della ristrutturazione non strettamente necessaria”. Sul punto, il
Requirente sosteneva che “la ristrutturazione non doveva essere
realizzata posto che la stessa è intervenuta nel momento in cui era
vigente la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’ATER,
la quale...aveva imposto la vendita dei beni al fine di evitare le spese
relative alle opere di ristrutturazione sui beni in parola”. In ogni caso, il
PM rilevava “che una parte della ristrutturazione è stata, comunque,
utile all’ATER”. Per ciò, proseguiva, atteso che Ater “ha...sopportato
un onere per i lavori di ristrutturazione di € 31.393,96, oltre IVA, ai
quali devono aggiungersi € 14.210,50, oltre IVA, per un importo totale
di € 45.604,46, oltre IVA, a fronte di un onere preventivato, in data 12
dicembre 2006 (quattro anni prima rispetto all’inizio effettivo dei
lavori), in un importo di € 17.612,61, oltre IVA”, che, “nel caso di
specie è, peraltro, molto difficile verificare quali lavori si rendevano
assolutamente necessari e quali non lo erano”, determinava il
pregiudizio da ristrutturazione non strettamente necessaria sottraendo
all’importo di € 45.604,46, oltre IVA, l’importo di € 17.612,61 e
l’importo aggiuntivo di € 07.045,04, quale maggiorazione equitativa
per adeguamento in relazione al decorso del tempo, per una
22
differenza di € 20.946,81, da risarcire da parte dei convenuti.
La terza posta di danno, che non subiva riguardo alla modalità di
computo alcuna variazione rispetto a quanto in precedenza esposto,
era individuata nell’importo complessivo di € 08.010,00, quale
risultante della differenza di € 267,00, tra il canone dovuto e quello
pagato, per 30 mesi decorrenti dal febbraio 2011 e sino al luglio 2013,
essendo stato depositato l’atto di citazione il 1° agosto seguente.
E - Scritti a difesa.
Con memoria congiunta a documenti, in atti al 23 aprile 2014, si
costituiva in giudizio Contarin Domenico (generalizzato in epigrafe),
rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della stessa,
dall’Avv. Grimani Pier Vettor, C.F. GRM PVT 48H16 L736I, p.e.c.
[email protected],
fax
041/2776819,
con
domicilio eletto presso lo studio del medesimo, a Venezia (VE),
sestiere Santa Croce n. 466/G, che concludeva per il rigetto di ogni
domanda con rifusione delle spese.
Il patrono, dopo aver precisato che il proprio assistito era Dirigente
dell’Area Tecnica sin dal 1° luglio 1987, osservava che “nessuna
funzione egli ha svolto né poteva svolgere...in relazione alla gestione
dell’immobile, ed in particolare alla locazione dello stesso, la sua
competenza essendo riferita invece alla esecuzione dei lavori”.
A tal riguardo, i lavori da eseguire nell’immobile de quo sono stati
individuati e decisi dal decreto n. 429/2010, del 06 ottobre 2010, del
Direttore, in dipendenza della determinazione assunta in merito alla
locazione dell’immobile stesso, decreto sottoscritto, oltre che dal
23
Direttore medesimo (Ing. Marcon), anche dal responsabile del
Servizio Attività Immobiliari Rag. Zane, ma non dall’Ing. Contarin. Di
tutta evidenza, per ciò, che il Dirigente dell’Area Tecnica si era limitato
a dare esecuzione alla determinazione dirigenziale n. 429/2010,
affidando i lavori all’impresa (Catto) già affidataria dell’appalto annuale
in essere per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria
nell’ambito territoriale interessato, e per i prezzi di cui al contratto
stesso, e non all’impresa di cui al preventivo indicato nel decreto n.
429/2010. In breve, la ristrutturazione dell’immobile è stata assegnata
all’impresa scelta a seguito di procedura ad evidenza pubblica. Inoltre,
le opere realizzate, necessarie a dare esecuzione alla determina
dirigenziale, sono state ridimensionate, giacché sono state affidate
per un importo inferiore a quello preventivato, e sono state poi
controllate riducendo la contabilità presentata dall’impresa: infatti, la
spesa è stata di € 31.393,96, oltre IVA, e non di € 57.704,70, oltre
IVA. In sostanza, non si era tenuto conto del preventivo della
Cooperativa Meolese, acquisito dal Direttore, bensì del contratto
annuale di appalto dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria
del patrimonio dell’Azienda, quindi dei minori prezzi da esso previsti
nei rapporti con la Ditta Catto, oggetto di accurato controllo.
Rilevava, quindi, il difensore, che la differenza di stima dei costi di
lavori per ristrutturazione, di cui alla scheda redatta il 12 dicembre
2006, per l’importo di € 17.612,61, è data dal fatto che in tale sede si
era ipotizzato un intervento di minore rilevanza (circa cinque anni
prima), mantenendo la destinazione commerciale dell’immobile,
24
mentre le opere poi eseguite ne hanno comportato la ristrutturazione
con cambio della destinazione d’uso. In sostanza, le opere eseguite,
diversamente
da
quanto
sostenuto
dalla
Procura,
“erano
indispensabili per poter vendere, o locare, l’immobile”, non senza
soggiungere che il bene, che recava impianti sanitari ed elettrici non a
norma, che conteneva all’interno un impianto frigorifero lasciato dal
precedente conduttore e da smantellare preventivamente per poterlo
cedere, era rimasto invenduto, malgrado le aste predisposte, per molti
anni. Inoltre, sin dall’anno 2006 l’immobile non si era riusciti neanche
a locarlo, con la conseguenza che i lavori in discorso erano necessari
anche per poter trovare un locatario.
Di tutta evidenza, quindi, che l’azione amministrativa era informata ai
principi di efficacia, efficienza ed economicità, mentre il merito non era
sindacabile dal Giudice, come, invece, occorso nell’operazione
condotta dal Requirente tesa ad indicare quali opere di manutenzione
erano necessarie e quali non. Ciò avveniva nel momento in cui la
Procura osservava, ad es., “che non era necessario rendere
autonomo l’impianto di riscaldamento ovvero rifare il bagno”,
dimenticando, comunque, che tali requisiti sono oggi indispensabili
per essere competitivi sul mercato della vendita e della locazione.
Il patrono, quanto alla sostituzione dei serramenti, precisava che essa
è dipesa dalla obbligatorietà di dotare l’immobile di vetrate
antisfondamento ed evitare, così, eventuali pericoli per i terzi che
potevano subìre lesioni dalla rottura delle vetrate fatiscenti, mentre la
ditta fornitrice è stata individuata direttamente con il decreto n.
25
614/2010 del Direttore, conformemente a quanto previsto dall’art.8 del
Regolamento per l’esecuzione dei lavori in economia dell’Azienda,
statuente, in caso di urgenza e fino all’importo di € 20.000,00,
l’affidamento in via diretta.
Onde, alcun danno poteva, in specie, configurarsi, atteso che
l’affidamento dei lavori è avvenuto secondo normativa, i lavori sono
stati eseguiti e la spesa sopportata non poteva certo dirsi eccessiva,
traducendosi, il tutto, in un incremento di valore del patrimonio
dell’Azienda e nella possibilità di locare l’immobile altrimenti
improduttivo.
Quanto poi alla contestata mancata acquisizione del contributo, che il
locatario si era obbligato a versare, a fronte dei lavori eseguiti
nell’immobile, il difensore osservava l’estraneità alla problematica del
proprio assistito in quanto “coinvolge altro Dirigente”, e tuttavia, in
specie, il danno non si era verificato giacché “l’Azienda può ancora
chiedere
e
pretendere
il
pagamento
della
somma
in
forza
dell’impegno di cui alla scrittura del locatario richiamata nel decreto n.
429/2010, dato che il diritto non è certo prescritto”.
Da ultimo, riguardo all’asserito danno da minor canone di locazione,
osservava che la Procura per poter chiedere tale danno doveva dare
la prova che effettivamente l’immobile sarebbe stato locato, reperendo
un locatario, ad un canone maggiore rispetto a quello percepito, cosa
non avvenuta neanche a livello indiziario, atteso che l’immobile era
sfitto dal 2006 e nonostante ogni sforzo per locarlo, non risultando,
per ciò, configurabile alcun danno.
26
In conclusione, nella vicenda di causa non è ravvisabile alcun danno
che possa supportare la domanda e, comunque, di esso non può
essere ritenuto responsabile l’Ing. Contarin, anche per insussistenza
della colpa grave, giacché non poteva pretendersi dal deducente un
comportamento diverso da quello tenuto.
Con memoria congiunta a documenti, in atti al 23 aprile 2014, si
costituiva in giudizio Spiazzi Stefania (generalizzata in epigrafe),
rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce alla stessa, dagli
Avv.ti
Duse
Valter,
C.F.
DSU
[email protected],
Roberta,
C.F.
RLN
RRT
VTR
fax
59M10
A465H,
041/980516,
64R57
p.e.c.
e
Orlandi
L736W,
p.e.c.
[email protected], fax 041/980516, del foro di
Venezia, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi a Venezia
– Mestre (VE), Corso del Popolo n. 81, che terminavano, nel merito,
per il rigetto delle domande tutte formulate dal Procuratore Regionale,
con rifusione integrale delle spese a mente dei parametri ministeriali
vigenti.
In sede istruttoria chiedevano ammettersi prova testimoniale del
geometra Fogarin Evandro e del geometra Cesaro, sui capitoli che
provvedevano a formulare, nonché “...C.T.U. sul preventivo del
geometra Cesaro e su quello della ditta Meolese, sui lavori svolti e
sulla loro congruità rispetto ad un uso di tipo direzionale dell’immobile
e sui costi di mercato dei medesimi all’epoca dei fatti”.
Preliminarmente, i patroni, precisavano che la loro assistita,
Responsabile del Servizio Manutenzione di Ater Venezia, è chiamata
27
in correità per aver apposto il visto di regolarità tecnica sul Decreto n.
614 del 2010, afferente il rinnovo dei serramenti, e <<...in qualche
modo per aver prestato collaborazione tecnica, nell’espletamento
degli appalti per cui è causa, al R.U.P. e al D.L., nella veste di
Responsabile del Servizio Manutenzione>>. Si trattava, quindi, di un
ruolo con minore incidenza sull’asserito danno, come riconosciuto
dalla stesso Requirente in diversi passaggi dell’atto di citazione.
Tuttavia, sostenevano i difensori, la Procura Regionale non poteva far
discendere tale ruolo partecipativo, anche se meritevole di una minore
considerazione, dall’affermazione che l’Arch. Spiazzi rivestiva il ruolo
di funzionaria, che aveva sottoscritto il decreto n. 614 del 2010 e che,
in tale qualità, era in grado di poter esercitare un controllo sull’atto
medesimo, avvalorandone la legittimità, atteso che non ha assolto
all’onere di provare quali norme attribuiscano “ad una impiegata di 8^
livello il potere di rendere legittimo un decreto direttoriale apponendo il
visto di regolarità tecnica quale elemento costitutivo della validità
dell’atto in esame...”.
I difensori, rilevavano che l’art. 25 dello Statuto Ater rinviava per la
disciplina del rapporto di lavoro al codice civile e alle leggi speciali, in
specie ad un normale CCNL di tipo privatistico: il riferimento era al
Contratto Collettivo del personale delle Aziende Municipalizzate di
Igiene Ambientale e dei relativi Istituti, i quali non menzionano al loro
interno il termine funzionario con riguardo alle funzioni svolte dalla
propria assistita.
Il livello ricoperto da quest’ultima era, infatti, quello di un impiegato
28
apicale di 8^ livello professionale, svolgente le funzioni di “Capo
servizio”, descritte dalla normativa contrattuale in termini di “lavoratore
responsabile del coordinamento di più settori e con pluralità di
compiti”, non di impiegato titolare di un potere di controllo sulle
direttive del datore di lavoro. E ciò era da far valere anche per la
figura sovraordinata all’impiegato, quella del “Quadro”, che pure non è
un dirigente, figura che forse si avvicinava a quella delineata dal
Pubblico Ministero, ma neanche esso poteva esercitare poteri inibitori
sulle determinazioni direttoriali. Di tutta evidenza, proseguivano i
patroni, che l’attestazione di regolarità apposta dalla propria assistita,
in calce al decreto di cui si discute, non costituisce condizione
necessaria al perfezionamento/operatività del medesimo, atteso che
si trattava di ente pubblico economico non soggetto al d.lgs n. 165 del
2001, mentre le norme disciplinanti le funzioni del direttore generale
(art.11, comma 5, lett. a, L.R. Veneto 09 marzo 1995, n. 10) e quelle
del direttore di Ater (art. 14 comma 2, dello Statuto) prevedono che
costoro
agiscono
discrezionalmente,
“non
necessitando
certo
dell’approvazione dei suoi impiegati”. Soggiungevano, inoltre, i patroni
che in atti non vi era prova di alcuna formale richiesta di
collaborazione e di affidamento attività da parte del RUP, Ing.
Contarin, all’Arch. Spiazzi, la cui attività di supporto sarebbe stata,
comunque, di natura meramente esecutiva/attuativa delle disposizioni
del RUP, pertanto di assoluta irrilevanza sotto il profilo eziologico. I
difensori rilevavano, altresì, la correttezza del sopralluogo, presso
l’immobile in questione, effettuato dall’Arch. Spiazzi congiuntamente
29
al D.L. geometra Fogarin, volto a verificare quali fossero i lavori minimi
indispensabili, a stralciare alcune opere ritenute non strettamente
necessarie (escludendo la sostituzione di pavimenti e piastrelle), a
verificare la necessità di rimuovere una cella frigorifera presente nel
locale prima adibito a macelleria, unitamente alla valutazione della
tenuta dei serramenti sotto il profilo della sicurezza per i terzi. I lavori
di ristrutturazione, come da intese tra R.U.P. e D.L., furono scissi e
affidati all’impresa Catto, per quanto riguardava le parti edili, mentre
riguardo i serramenti furono affidati a ditta specializzata e per questo
di fatto a un costo più economico. A tal riguardo l’Arch. Spiazzi era a
conoscenza che l’art.8 del regolamento dei lavori in economia
consentiva l’affidamento diretto sino a 20.000,00 euro, ritenendo per
ciò regolare quanto disposto dal direttore con decreto n. 614 del 2010
in materia di serramenti. In ogni caso, e diversamente da quanto
riferito dal Procuratore, con la lettera del 06 ottobre 2010, precedente
l’emissione del decreto 614, del 29 novembre 2010, l’Arch. Spiazzi
ebbe a rappresentare, al R.U.P. e al D.L., che “la suddetta
ristrutturazione non era prevista in alcun programma annuale di
manutenzione straordinaria, derivando tutto dalle disposizioni del
direttore”. Anche la contabilizzazione dei lavori, ossia lo Stato Finale
di Avanzamento dei lavori preordinato alla liquidazione degli importi
da appalto era di competenza del Direttore dei Lavori e per ciò ogni
eventuale ritardo allo stesso era imputabile e non alla propria
assistita. Da ultimo, i patroni rilevavano che la spesa per i serramenti
contenuta nel decreto n. 614 del 2010 non era aggiuntiva rispetto ai
30
lavori di ristrutturazione previsti dal decreto n. 429 del 2010, come
dimostra il fatto che il preventivo della ditta Meolese, nel prevedere “la
fornitura e posa in opera di serramenti...”, indicava un importo di €
14.122,20, oltre IVA al 20%, a fronte di un costo uguale di € 14.
200,00, oltre IVA, proposto da altra ditta, ma specializzata, presente in
loco, quale la ditta Agostinetto. Il decreto n. 614 del 2010 ha, per ciò,
operato solamente una sostituzione dell’impresa ritenuta idonea a tale
attività, alla quale l’appalto di lavori è stato, come la disciplina
consentiva, direttamente conferito, mentre la liquidazione di tale
spesa doveva essere fatta a firma direttamente del direttore dei lavori.
Con memoria congiunta a documenti, in atti al 24 aprile 2014, si
costituiva in giudizio Zane Giampaolo (generalizzato in epigrafe),
rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della stessa,
dall’Avv. Marchi Giuliano, C.F. MRC GLN 60L15 L736M, p.e.c.
[email protected],
fax
041/722326,
con
domicilio eletto presso lo studio del medesimo, a Venezia (VE),
sestiere San Polo n. 2237, che concludeva, nel merito e in via
principale, per il rigetto di ogni richiesta come formulata dalla Procura
Regionale, per l’assenza di un danno concreto e attuale in capo ad
Ater, per mancanza di nesso causale tra l’attività svolta dall’odierno
convenuto e l’asserito danno derivato all’erario, per insussistenza
dell’illecito
sia
sotto
l’aspetto
oggettivo
sia
per
mancanza
dell’elemento soggettivo della colpa grave; in via subordinata, nella
denegata ipotesi di riconoscimento di profili dannosi e colposi in capo
al Rag. Zane, instava per il rigetto della quantificazione e ripartizione
31
del danno come operata dall’Attore Pubblico, poiché immotivata e
priva di riscontri probatori.
In primis, la difesa del Rag. Zane contestava l’oggettiva sussistenza di
un danno erariale conseguente alla locazione dell’immobile de quo. A
tal riguardo, dopo aver evidenziato che il proprio assistito rivestiva la
qualifica di “Quadro”, ossia di funzionario sottoposto gerarchicamente
sia al Dirigente di Area sia al Direttore Ater, tenuto, per ciò, ad attuare
le direttive che di volta in volta pervengono all’Ufficio, chiariva che il
medesimo “...non ha avuto la possibilità di interagire in relazione alle
determinazioni, prese da Ater nella persona del Direttore, volte a
locare o meno l’immobile di cui trattasi a Fiadel piuttosto che porre lo
stesso in stato di vendita o mantenerlo sfitto: egli ha esclusivamente
dato corso alla stima del canone di locazione da ritenersi equo e
verosimilmente applicabile al rapporto locatizio che doveva essere
instaurato fra l’Azienda e il sindacato Fiadel”, canone in ogni caso
sottoposto al vaglio degli organi responsabili, che lo hanno recepito.
Per ciò, in specie, il Rag. Zane svolgeva una “...funzione preparatoria
degli atti e nessuna autonomia, né in ordine alla scelta di contrarre,
né, tantomeno, in ordine alla scelta del contraente” era ascrivibile al
medesimo. Inoltre, la stima operata si discostava lievemente dai
parametri O.M.I., ai quali, tuttavia, doveva riconoscersi una valenza
meramente orientativa, atteso che la determinazione del canone di
locazione, relativamente ad unità immobiliare, va effettuata in
concreto e non con riferimento a mere situazioni di potenzialità
locativa. Per ciò, contestava la valutazione presa a riferimento dalla
32
Procura regionale per non avere valutato, e correttamente, la
particolare ubicazione dell’unità immobiliare in questione, collocato in
una parte del sestiere Cannaregio che non poteva certo definirsi “di
pregio”, e senza considerare, come del resto sarebbe emerso da una
CTU, qualora disposta dal PM, che in specie era stato attribuito
maggior valore locatizio ai negozi, piuttosto che agli appartamenti, in
una zona, “...dove attualmente non vi è alcun negozio aperto e
funzionante”. Inoltre, lo stato dell’immobile, decisamente vetusto e
carente dal punto di vista della manutenzione generale, anche perché
sfitto da anni, valutato alla data del 31 agosto 2010, ai fini della
determinazione del corretto canone, “...ha influito sulla stima del
canone adeguato di locazione”. Soggiungeva, quindi, che il canone
determinato sulla base della normativa Ater era da ritenere congruo
sia perché l’immobile era rimasto sfitto dal 1° maggio 2006, per
disdetta dei precedenti conduttori dovuta a difficoltà economico
finanziarie, e benché avviata la procedura di evidenza pubblica per la
locazione in data 20 marzo 2006, la stessa non era andata a buon
fine, perché le offerte prodotte erano di gran lunga inferiori al canone
di asta di € 475,00, sia perché anche le tre procedure di evidenza
pubblica, avviate nel 2008, 2009 e 2010 per la vendita, erano andate
deserte. Quanto, all’immissione nel possesso dell’immobile di Fiadel,
pur in assenza di un contratto di locazione, la cui redazione spettava
alla dott.ssa Boscolo Marchi, sosteneva il patrono che la materiale
consegna delle chiavi è avvenuta ad opera del sig. “Fogarin,
dipendente dell’Area Tecnica” e non del Servizio Attività Immobiliari al
33
quale apparteneva il Rag. Zane. Ora, atteso che si versava in materia
di occupazione sine titulo, era in potere di Ater attivare tutte le azioni a
tutela dei propri diritti, in particolare quelle di rivendica, restituzione e
risarcitorie, “tant’è che l’Azienda ha promosso specifica azione in tal
senso”, con conseguente insussistenza di un danno concreto ed
attuale.
Quanto, infine, al profilo afferente l’effettuazione dei lavori di
manutenzione, il patrono, nell’evidenziare l’assoluta estraneità del
Servizio al quale era preposto il proprio assistito a tali determinazioni,
rilevava anche in tale ipotesi l’insussistenza del danno erariale,
giacché vi era assoluta necessità di eseguire i lavori di manutenzione
straordinaria per rimuovere le celle frigorifere ivi esistenti e per
trasformare l’immobile al fine di poter continuare ad avere un reddito
dallo stesso e/o comunque per mantenere all’unità immobiliare un, pur
contenuto, valore di mercato; i lavori hanno, comunque, incrementato
il valore del bene e la loro esecuzione consentirà allo stesso di
ricevere la nuova e più pregiata destinazione ad uso ufficio. Da ultimo,
il patrono escludeva la ricorrenza anche della colpa grave, giacché
nell’ipotesi di causa non risultava comprovato un contegno improntato
a spregio dei principi di buona amministrazione e delle direttive
ricevute, giacché il convenuto ha posto in essere quanto era in suo
potere al fine di determinare il canone di locazione e di provvedere ad
allocare utilmente un immobile che non solo era sfitto da anni, ma che
non presentava nemmeno utili prospettive di alienazione a prezzo di
mercato. Il ruolo ricoperto dal Rag. Zane nella vicenda de qua
34
escludeva, per ciò, ogni responsabilità sotto il profilo oggettivo e
soggettivo, mentre nella denegata ipotesi del riconoscimento di un
qualche
apporto
causale
esso
andava
valutato
in
misura
notevolmente inferiore rispetto a quella contestata dal PM.
Con memoria congiunta a documenti, in atti al 24 aprile 2014, si
costituiva in giudizio Marcon Aldo Luciano (generalizzato in
epigrafe), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della
stessa, dal Prof. Avv. Pagliarin Carola, del foro di Padova, C.F. PGL
CRL 72H62 F241R, e dall’Avv. Barzazi Guido, del foro di Venezia,
C.F.
BRZ
GDU
67M18
L736X,
p.e.c.
[email protected], fax 040/365598, con domicilio
eletto presso lo studio del secondo, a Venezia – Mestre (VE), in via
Torino n. 186, che terminavano, in via pregiudiziale, per la
improponibilità della domanda per carenza di giurisdizione; nel merito,
per il rigetto dell’atto introduttivo con assoluzione del convenuto dagli
addebiti contestati; in via subordinata di merito, nella ipotesi di
condanna, per l’imputazione del quantum di danno che residua
all’esercizio del potere di riduzione, con vittoria di spese.
I patroni, dopo circostanziata ricostruzione della vicenda in fatto,
opponevano, in rito, la carenza di giurisdizione in capo alla Corte dei
conti, atteso che la Procura Regionale, nella fattispecie di causa,
aveva esercitato “un sindacato sul merito di scelte discrezionali di
ATER”, che si poneva in contrasto con la normativa vigente in
materia.
Infatti, dalla natura di ente pubblico economico, con impronta
35
aziendalistica, riconosciuta anche dal PM ad ATER, deve trarsi la
conclusione che la giurisdizione della Corte dei conti deve
necessariamente considerare le particolari caratteristiche di tali enti e,
in particolare, la peculiarità dell’attività svolta da essi. In sostanza,
tenendo conto che il sindacato del giudice contabile può riguardare
anche le scelte discrezionali dell’amministrazione, al fine di verificarne
la loro coerenza con i principi di imparzialità e buon andamento e che,
invece, è precluso al medesimo giudice ogni apprezzamento che
investa valutazioni di convenienza e di opportunità compiute
dall’autorità deliberante, l’ambito di ingerenza nei confronti dell’attività
della predetta Azienda, in quanto ente pubblico economico, era da
ritenere più limitato rispetto al principio dianzi affermato, proprio in
ragione dell’autonomia imprenditoriale e gestionale riconosciuta a tale
tipologia di enti dalla vigente legislazione. In sostanza, osservavano i
patroni, tale autonomia imprenditoriale andava ad incidere sui margini
di sindacato normalmente spettanti al giudice erariale e, in particolare,
nella valutazione dell’osservanza dei canoni di economicità e di
efficacia nell’attività di tali enti, governati da principi aziendalistici. Per
ciò, le censure avanzate dal Requirente che ha ripetutamente
affermato la non convenienza della locazione dell’immobile al canone
convenuto, delineando anche il comportamento alternativo che
sarebbe stato legittimo tenere, integrato da una ulteriore procedura di
vendita, ovvero dal mantenimento dell’immobile sfitto, la scelta del tipo
di opere da eseguire all’interno dell’immobile, contestandone la
necessarietà, anche quando prescritta dal rispetto delle norme di
36
sicurezza, dimostrano che il Requirente ha ampiamente esorbitato
dalla corretta delimitazione dell’alveo della giurisdizione contabile. Da
tali ragioni conseguiva la carenza di giurisdizione del Giudice adìto.
In via preliminare, invece, i patroni contestavano l’inammissibilità della
domanda per inattualità del pregiudizio azionato, atteso che non
constava che fosse stata chiusa in contraddittorio la contabilità dei
lavori oggetto di causa, così come era anche da dirsi per la posta di
asserito danno di € 06.000,00, corrispondente al promesso contributo
per i lavori di ristrutturazione, importo che essendo ancora esigibile,
con i previsti mezzi di tutela patrimoniale a disposizione dell’Ente, non
induceva l’esistenza di un danno attuale.
Nel merito, i difensori contestavano la sussistenza dell’elemento
oggettivo dell’illecito nell’ipotesi tratta a giudizio, ove il convenuto
Direttore, che dispone di poteri gestionali ma non dispone di poteri
istruttori ed esecutivi, ha necessariamente fatto affidamento sulla
correttezza dell’attività istruttoria svolta dagli altri odierni resistenti e
che erano a ciò preposti. A tal riguardo, chiariva che l’immobile non
rientrava tra quelli di pregio, non essendo ricompreso nel relativo
elenco di cui alla Delibera di Giunta Regionale n. 1495, del 20
settembre 2011; inoltre, lo stesso è stato oggetto di tre procedure di
vendita nel corso del 2008, del 2009 e del 2010, andate deserte,
mentre la prova che il bene non fosse appetibile, in applicazione del
principio dell’onere della prova, era a carico dell’Attore. Tuttavia,
fermo tale assorbente motivo, i patroni non vedono quali ulteriori
attività avrebbe potuto porre in essere l’Azienda per acclarare
37
adeguatamente la non appetibilità del bene da parte del mercato
immobiliare, atteso che una ulteriore asta (l’ultima era del 10 febbraio
2010) avrebbe comportato un nuovo ribasso di certo diseconomico
per l’Ente.
Riguardo, invece, alla conclusione del contratto di locazione, il
convenuto, dopo aver premesso che l’immobile in discorso è stato
oggetto di un avviso al pubblico per la locazione nel marzo 2006 che
non andava a buon fine in quanto a fronte di una base di asta di €
475,00 erano presentate offerte di gran lunga inferiori, precisava che
“la sua concreta determinazione rientrava nelle competenze delle
strutture preposte, in applicazione della deliberazione del C.di A. n.
320 del 28 ottobre 2005”. In ogni caso, veniva rilevato che il “canone
di mercato era tale solamente in quanto l’offerta di un bene incontri la
domanda che, in specie, non sussisteva”, né tampoco la Procura
attrice ha fornito prova dell’effettiva esistenza di un interessato
disposto a pagare una somma superiore a quella concretamente
pagata. Per ciò, tale posta di danno risultava priva del necessario
supporto probatorio, mentre le quotazioni O.M.I. dell’Agenzia delle
Entrate non servivano a supportare la tesi della Procura Regionale, in
quanto i valori contenuti in tale banca dati “...non possono intendersi
sostitutivi della stima, ma soltanto di ausilio di essa”. Quanto ai lavori
di ristrutturazione, gli stessi si sono resi necessari in quanto l’Ater non
era riuscito, in alcuna delle procedure attivate, ad alienare l’immobile
in questione, lavori che in ogni caso incrementavano il valore dello
stesso. Ad ogni buon conto, giacché la Procura Regionale dichiarava
38
che “..nel caso di specie è, peraltro, molto difficile verificare quali
lavori si rendevano assolutamente necessari e quali non lo erano...”, a
tale affermazione non poteva che conseguire l’impossibilità, per lo
stesso Requirente, di provare l’an del pregiudizio all’erario. In
conclusione, l’operato dell’Ing. Marcon è stato sempre ispirato alla
massima correttezza, diligenza e professionalità nell’esercizio della
sua attività, sia per avere esperito specifiche aste pubbliche, andate
deserte ovvero, per la locazione, con offerte al di sotto del canone
base, sia per avere scelto di accettare, in assenza di altre offerte, la
proposta di locazione FIADEL, ad un canone comunque ritenuto
congruo dalla struttura tecnica dell’Azienda, piuttosto che lasciare il
bene sfitto con pagamento, in ogni caso, di oneri diretti e indiretti.
Diligenza ed efficacia usate anche con riguardo ai lavori eseguiti, la
cui valutazione non era affidata al convenuto Marcon ma alla struttura
tecnica preposta, la quale aveva, comunque, evidenziato la necessità
della messa a norma del bene. Nella denegata ipotesi di condanna, i
patroni chiedevano farsi applicazione del principio della “compensatio
lucri cum damno”, poiché danno e vantaggio conseguivano alla
medesima condotta, nonché del potere di riduzione, a mente di
quanto già precisato sull’elemento soggettivo.
In data 30 aprile e 06 maggio 2014 la Procura Regionale produceva,
rispettivamente, e-mail della Guardia di Finanza, del 29 aprile
precedente, che riferiva che ATER aveva chiesto un permesso per
costruire in sanatoria, rigettato dal Comune per carenza di
documentazione
e
assenza
dell’accertamento
di
compatibilità
39
paesaggistica, e per il quale l’Ente si stava attivando per depositare
quanto richiesto, nonché nota dell’Agenzia delle Entrate del 10 aprile
2014, nella quale si chiariva che la predetta Agenzia aveva emesso
due avvisi di liquidazione (di cui non è precisata l’entità) per omessa
registrazione del contratto di locazione dell’immobile in questione,
rimasti, allo stato insoluti e quindi prenotati a ruolo negli importi
medesimi (atti comunicati alle parti via e-mail).
F - Udienza dibattimentale.
Alla pubblica udienza odierna, il Sostituto Procuratore Generale,
dott.ssa Chiara Imposimato, era a confermare il contenuto dell’atto di
citazione e le conclusioni, in termini di condanna, in esso rassegnate.
Precisava, in replica a quanto dedotto dalle difese dei prevenuti, che
non vi era, in ipotesi, carenza di giurisdizione, atteso che il sindacato
della Corte dei conti incideva sia su attività discrezionali di natura
tecnica sia sulla verifica di taluni parametri giuridicizzati, conformanti
l’azione delle Amministrazioni pubbliche e, in specie, dell’A.T.E.R. di
Venezia; inoltre, l’appalto aggiudicato alla ditta “Catto” riguardava solo
lavori e interventi di ordinaria manutenzione, mentre quelli di
straordinaria manutenzione, edili e dei serramenti disposti ed eseguiti,
sono stati affidati direttamente e, quindi, senza seguire alcuna
procedura di evidenza pubblica; riguardo l’attualità del danno, nel
richiamare l’autonomia del giudizio contabile rispetto a qualsivoglia
azione civile intrapresa da Ater, ne evidenziava l’infondatezza,
giacché “la ristrutturazione è stata posta in essere, il canone
continuava, ancora oggi, ad essere pagato da FIADEL in misura non
40
congrua e il c.d. contributo di € 06.000,00 non risultava ancora
versato”: a supporto, invocava una decisione della Sezione Sardegna
(la n. 56/2014); infine, rilevava che la D.G.R. n. 1495 del 20 settembre
2011, si riferiva esclusivamente ad immobili ad uso abitativo. Si
opponeva, inoltre, sia all’uso del potere di riduzione, sia alla
escussione di testi, sia alla C.T.U., quali rivendicate dalle difese dei
convenuti.
L’Avv. Giuliano Marchi, in rappresentanza di Giampaolo Zane, nel
riportarsi alle conclusioni formulate ribadiva, invece, che i valori O.M.I.
erano solo un ausilio alla stima effettuata dal proprio assistito, retta da
criteri scientifici, mentre l’esistenza di procedimenti civili o penali a
carico di taluno o di alcuni dei soggetti oggi evocati, quale adombrata
in udienza dal P.M., era da ritenere del tutto ininfluente sulle sorti
dell’odierno giudizio e non idonea, per ciò, a validare in alcun modo le
tesi attoree.
L’Avv. Valter Duse, in difesa di Stefania Spiazzi, nel rinviare agli atti
già dimessi, confermava il ruolo del tutto marginale avuto dalla
medesima nella gestione del bene in denuncia, da ascrivere, qualora
“contra legem”, alle responsabilità di altri, non risultando ad essa
intestato alcun potere di mutare le decisioni dei propri superiori.
L’Avv. Guido Barzazi, in rappresentanza di Aldo Luciano Marcon, nel
riportarsi alle argomentazioni difensive in atti, ribadiva che il contratto
aggiudicato alla ditta “Catto” riguardava sia la manutenzione ordinaria
che quella straordinaria, mentre l’immobile de quo, sfitto dal 2006,
necessitava di interventi atti a recuperarlo alla vendita o a una
41
locazione diversa da quella di negozio, opere per le quali la stessa
Procura asseriva, ad avviso del medesimo in termini dirimenti per
l’insussistenza dell’an del danno, non essere in grado di discernere tra
quelle che erano necessarie e quelle che non lo erano; inoltre,
l’importo di € 6.000,00 non era stato versato poiché non si era
addivenuti alla stipulazione del contratto di locazione: per ciò, l’Ing.
Marcon si era conformato ai canoni del buon padre di famiglia. L’Avv.
Pagliarin, intervenendo per il medesimo prevenuto, riproponeva la
carenza di giurisdizione, poiché le valutazioni della Procura attrice
erano andate oltre la discrezionalità, sconfinando nel merito delle
scelte gestionali operate da ATER.
L’Avv. Pier Vettor Grimani, per Domenico Contarin, nel richiamare
quanto già dedotto nella memoria di costituzione, riconfermava che il
proprio assistito ha tenuto, nella vicenda di causa, una condotta di
mera esecuzione delle disposizioni del Direttore, che nel proprio
decreto indicava, altresì, quali lavori erano da effettuarsi, mentre
l’indicazione di € 1.800,00, data dal medesimo in ordine al canone di
locazione mensile, non poteva che essere un mero refuso.
Al termine della discussione la causa, ritenuta matura, è stata
trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
[1] Rileva il Collegio che la valutazione dello sconfinamento delle
attribuzioni giurisdizionali, da parte del Requirente e, quindi, del
Giudice adìto, quale eccezione formulata espressamente dalle difese
del Direttore Marcon e implicitamente dal patrono dell’Ing. Contarin,
42
rivesta carattere di assoluta pregiudizialità nello scrutinio dell’odierna
trama di danno, e anche con riguardo alla posizione degli altri
convenuti, in quanto trattasi di questione rilevabile ex officio e, per ciò,
incidente sull’ammissibilità della domanda nella sua intierezza, che
verrebbe ad essere travolta qualora dovesse ravvisarsi la fondatezza
di censure involgenti il merito delle scelte operate.
In breve, le suddette difese affermavano che la Procura Regionale, in
specie, aveva esercitato “un sindacato sul merito di scelte
discrezionali di ATER”, che si poneva in contrasto con la normativa
vigente in materia.
Infatti, nel chiarire che il sindacato del giudice contabile può
riguardare anche le scelte discrezionali dell’amministrazione, al fine di
verificarne la loro coerenza con i principi di imparzialità e buon
andamento, e che, invece, è precluso al medesimo giudice ogni
apprezzamento
che
investa
valutazioni
di
convenienza
e
di
opportunità compiute dall’autorità deliberante, osservavano che
l’ambito di ingerenza nei confronti dell’attività della predetta Azienda,
in quanto ente pubblico economico, era da ritenere più limitato rispetto
al principio dianzi affermato, proprio in ragione dell’autonomia
imprenditoriale e gestionale riconosciuta a tali enti.
Per ciò, osservavano i patroni dell’Ing. Marcon, le censure avanzate
dal Requirente che ha ripetutamente affermato la non convenienza
della locazione dell’immobile al canone convenuto, delineando anche
il comportamento alternativo che sarebbe stato legittimo tenere,
integrato da una ulteriore procedura di vendita, ovvero dal
43
mantenimento dell’immobile sfitto, la scelta del tipo di opere da
eseguire all’interno dell’immobile, contestandone la necessarietà,
anche quando prescritta dal rispetto delle norme di sicurezza,
dimostrano che il medesimo ha ampiamente esorbitato dalla corretta
delimitazione dell’alveo della giurisdizione contabile.
Non diversamente il patrono dell’Ing. Contarin, che osservava come la
Procura Regionale, al fine di poter muovere una qualche critica
all’operato del proprio assistito, era “...costretta ad entrare nel merito
delle scelte dell’Azienda...” con riguardo ad es. alla necessarietà o
non di rendere autonomo l’impianto di riscaldamento, ovvero a quella
di rifare il bagno.
L’Ufficio del P.M. era, invece, ad avversare tali conclusioni, sia perché
il sindacato della Corte dei conti impingeva su attività discrezionale di
natura tecnica, sia perché l’Amministrazione, come reso evidente
nell’itinerario che ha portato la Corte di Cassazione a riconoscere la
giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli Enti pubblici
economici (e di cui all’ordinanza a SS.UU. n. 19667, del 22 dicembre
2003), svolge attività amministrativa, giustiziabile dinanzi al Giudice
adìto, anche quando persegue le proprie finalità istituzionali attraverso
attività disciplinate in tutto o in parte da norme privatistiche.
[1.1] La ricostruzione operata dalle parti convenute, quand’anche
suggestiva, è fuor di segno, perché trascura l’aspetto prodromico alle
scelte operate, ossia il rispetto delle procedure legislative e
regolamentari ad effetto conformativo dell’azione esitante nelle
stesse, la cui violazione, ferma ogni valutazione in ordine alla loro
44
fondatezza, è oggetto di denuncia nell’atto introduttivo.
Rileva, il Collegio, che l’eccezione sollevata riguarda non tanto o non
solo la copertura giurisdizionale delle conseguenze dei comportamenti
di amministratori e dipendenti dell’Ente pubblico economico Ater di
Venezia in quanto tale, ma anche e sopra tutto l’incidenza che, ad
avviso dei patroni, eserciterebbe sul sindacato della Corte dei conti,
che sarebbe più limitato (o forse più contratto), rispetto a quello
imperniato sul modello discrezionalità amministrativa – scelte di merito
delle
Amministrazioni
pubbliche,
l’autonomia
imprenditoriale
e
gestionale riconosciuta a tale tipologia di enti dalla vigente
legislazione.
In principalità, la Sezione deve, per ciò, confermare, a supporto della
propria riserva di giurisdizione, l’orientamento della Corte Regolatrice
che con l’arresto di legittimità del 2003 (ordinanza a SS.UU. n. 19667,
del 22 dicembre 2003), in seguito ulteriormente ribadito, ha escluso,
con riguardo alla responsabilità degli amministratori e dei dipendenti
di Enti pubblici economici, quali sono, in specie, gli A.T.E.R., di dover
continuare a discettare del sindacato della Corte dei conti, per le
questioni connesse all’esercizio di poteri autoritativi o di funzioni
pubbliche, e della giurisdizione del Giudice ordinario, per tutte le
questioni ricadenti nell’attività gestionale, id est nello svolgimento di
attività di natura imprenditoriale dell’Ente, indirizzo, sino a tale
pronunciamento, seguito dalla Suprema Corte.
Il mutato orientamento portava, quest’ultima, ad attribuire alla
<<...Corte dei conti i giudizi di responsabilità amministrativa, per fatti
45
commessi dopo l’entrata in vigore dell’art.1, ultimo comma, della legge
14 gennaio 1994, n.20, anche nei confronti di amministratori e
dipendenti di enti pubblici economici (restando invece per tali enti
esclusa la responsabilità contabile), essendo irrilevante il fatto che
detti
enti
–
soggetti
pubblici
per
definizione,
istituiti
per
il
raggiungimento di fini del pari pubblici attraverso risorse di eguale
natura – perseguano le proprie finalità istituzionali mediante un’attività
disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato>>.
Quindi, la Corte Regolatrice è pervenuta a riconoscere in capo alla
Corte dei conti anche i giudizi di responsabilità nei confronti di
amministratori e dipendenti di enti pubblici economici, muovendo dalla
evoluzione del concetto di amministrazione pubblica - che individua
l’attività Amministrativa non solo in quella che si estrinseca in funzioni
pubbliche e nell’esercizio di pubblici poteri, ma anche nell’attività che
persegue, nei limiti consentiti dall’ordinamento, finalità istituzionali in
forme privatistiche, quali conseguenti all’esercizio del diritto di impresa
- e dal mutato quadro normativo di riferimento, in particolare con
riguardo all’innovazione dell’art.1, ultimo comma, della legge n.
20/1994, aggiunta dal d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, secondo cui la
Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli
amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato
cagionato ad amministrazioni ed enti pubblici diversi da quelli di
appartenenza, espressione comprensiva sia degli enti pubblici non
economici che di quelli economici.
Orientamento, questo, ribadito nella sentenza n. 14102/06, del 20
46
giugno 2006, ove si afferma, in modo ancora più incisivo, che oggi
<<...è...l’evento verificatosi in danno di un’amministrazione pubblica il
dato essenziale dal quale scaturisce la giurisdizione contabile, e non,
o non più, il quadro di riferimento (diritto pubblico o privato) nel quale
si colloca la condotta produttiva del danno stesso>>, confermato di
recente, nel senso che <<Spettano alla giurisdizione della Corte dei
conti i giudizi di responsabilità amministrativa promossi nei confronti di
amministratori e dipendenti di enti pubblici economici per i fatti
commessi dopo l’entrata in vigore dell’art.1, ultimo comma, della legge
14 gennaio 1994 n. 20; nell’attuale assetto normativo, infatti il dato
essenziale che radica la giurisdizione contabile è rappresentato
dall’evento dannoso verificatosi a carico di una P.A. e non più il
quadro di riferimento – pubblico o privato – nel quale si colloca la
condotta produttiva del danno>> (cfr. Corte di Cass. SS.UU. n. 8492,
del 14 aprile 2011, fattispecie pertinente l’Azienda A.N.A.S., e anche
SS.UU. n. 3367, del 15 febbraio 2007).
Nell’ipotesi di causa, trattandosi di condotte causative di asserito
danno erariale poste in essere da dipendenti di ATER Venezia nel
corso dell’anno 2010, perpetuate, talune, anche per gli anni a seguire,
di tutta evidenza che delle stesse è chiamata a conoscere la Corte dei
conti, il cui sindacato non incontra, tuttavia (e come di seguito), un
maggior limite nell’esercizio della discrezionalità solo perché espressa
in scelte gestionali di tipo manageriali.
Ora, un tale itinerario teorico giuridico, che ha consentito di far
chiarezza sui limiti esterni della giurisdizione contabile, impone, al
47
Collegio, di verificare, altresì, il rispetto della c.d. riserva di
amministrazione, che si traduce anch’essa, in ragione dell’interazione
tra
giurisdizione
e
merito,
in
un
limite
alla
responsabilità
amministrativa: in tale evenienza, infatti, l’interferenza sulla scelta di
merito operata potrebbe tradursi in un travalicamento dei limiti,
obbligante l’adita Corte a una declaratoria dì inammissibilità del libello,
poiché la materia sarebbe coperta da una riserva in favore
dell’amministrazione, che potrebbe meglio descriversi come difetto di
attribuzione, non appartenendo la conoscibilità del merito stesso ad
alcun ambito giurisdizionale, incluso quello contabile.
Detto diversamente, la riserva amministrativa prevede che solo la P.A.
può valutare il modo in cui curare concretamente l’interesse pubblico
e, quindi, il giudice non può sostituirsi ad essa nel valutare quali siano
le migliori scelte gestionali e i migliori strumenti da utilizzare per
perseguire i fini istituzionali.
A tal riguardo, l’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 14 gennaio
1994, come modificato dall’art.3, della legge 23 ottobre 1996, n. 543,
ha previsto che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla
giurisdizione della Corte dei conti è personale e limitata ai fatti e alle
omissioni commessi con dolo o colpa grave, <<…ferma restando
l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali…>>.
L’innovazione legislativa in predicato è stata introdotta nell’ottica di
evitare che il magistrato, attraverso il sindacato delle scelte
discrezionali, realizzi una valutazione nel merito e si trasformi in
amministratore, seppure giusto e ponderato, travalicando così lo
48
spazio di azione definibile come riserva di amministrazione (così Atti
seduta della Camera dei Deputati 18 dicembre 1996, n. 109, nonché
Corte dei conti, Sezione 1^, sent. n. 292/A, del 23 settembre 2005,
Cass. SS.UU. 29 gennaio 2001, n. 33).
Sostanzialmente,
quindi,
l’agire
libero
degli
amministratori
e
dipendenti pubblici (in cui rientrano anche gli odierni convenuti, quali
dipendenti
di
Ente
pubblico
economico),
entro
gli
spazi
normativamente assentiti, si traduce in una condotta giuridicamente
consentita o per lo meno non vietata dalle norme, quindi in una sorta
di requisito positivo del comportamento, finalizzato a tradurre una
scelta, tra più opzioni di merito tutte ugualmente lecite e legittime, in
un provvedimento decisorio destinato all’attuazione di un determinato
fine di pubblico interesse, rispondente alla causa del potere esercitato
(anche di tipo imprenditoriale).
Ciò, tuttavia, non ha comportato la creazione di un’area di sostanziale
deresponsabilizzazione erariale nell’adozione di atti, provvedimenti
ma anche di negozi a rilievo privatistico, conseguenti alla <<scelta>>
operata, specialmente per le ipotesi in cui la stessa poteva apparire,
<<ab initio>>, portatrice di possibili conseguenze perniciose per l’Ente
pubblico economico per l’errata valutazione comparativa degli
interessi protetti, frutto ad es. di macroscopica negligenza.
Prova ne era che i limiti al sindacato della Corte dei conti, ma sarebbe
meglio dire al sindacato di qualunque giudice, sulle scelte
discrezionali, esistevano già in via d’interpretazione (diritto vivente) in
quanto immanenti nella Carta Fondamentale e fondati sul principio di
49
legalità dell’amministrazione e sul controllo di quest’ultima (controllo
che non poteva, comunque, trasformare il Giudice in amministrazione
attiva nelle scelte da operare), limiti che la novella del 1996 ha
provveduto a esplicitare senza, quindi, soluzione di continuità nel
dispiegarsi della giurisdizione contabile sulle scelte discrezionali, con
l’intento d’impedire effetti dirompenti e lesivi dei principi d’imparzialità
e di buon andamento dell’azione amministrativa.
Ora, la giurisprudenza consolidata ritiene che il Magistrato contabile
possa sindacare la legittimità dell’operato amministrativo non solo alla
luce di regole giuridiche ben individuate ma anche in ragione di
parametri non giuridici permeabili il divenire dell’azione (cfr. ex
plurimis Corte dei conti, sez. 1° d’app. sent. n.292/2005/A, del 23
settembre 2005, Sezione Lazio sent. n.1726, del 12 settembre 2005,
Sezione Veneto, sent. n. 166 del 18 febbraio 2009).
Onde, l’esame della scelta effettuata deve essere condotto alla
stregua di taluni <<…parametri obiettivi valutabili ex ante e rilevabili
anche dalla comune esperienza>> (cfr. Corte dei Conti, Sez. III, 21
gennaio 2004, n. 30/A, Sez. Lazio, 12 ottobre 2006, n. 1791), quali
l’incongruità, l’illogicità, l’irrazionalità, l’inefficacia, l’antieconomicità e
la non proporzionalità, tutte espressioni della non coerenza della
scelta rispetto ai fini di pubblico interesse imposti.
E tale maggiore penetrazione del sindacato di questa Corte ha trovato
avallo giuridico interpretativo nella decisione n.7024, del 28 marzo
2006, delle Sezioni Unite della Cassazione, il cui orientamento è stato
ribadito da Cassazione SS. UU. n. 4283, del 21 febbraio 2013, e n.
50
10416, del 14 maggio 2014.
La precedente e pluriennale impostazione della Corte Regolatrice
limitava, infatti, l’area della discrezionalità al rispetto dei fini
istituzionali dell’Ente (ossia alla cura degli specifici interessi pubblici
ad esso affidati), senza possibilità, per il Giudice contabile, di
estendere
il
controllo
alle
concrete
articolazioni
dell’agire
amministrativo (cfr. Cass. SS.UU. 29 gennaio 2001 n. 33 e 06 maggio
2003 n. 6851).
In seguito, la Corte di legittimità (cfr. Cass, sent. n.29 settembre 2003,
sent. n. 14488), ha abbandonato tale indirizzo osservando come
<<…la nozione di discrezionalità è unitaria, e non può subire
allargamenti nel caso specifico del giudizio di responsabilità, nel quale
il controllo della conformità a legge dell’azione amministrativa deve
riguardare anche l’aspetto funzionale di quest’ultima, vale a dire con
riguardo alla congruenza dei singoli atti rispetto ai fini imposti, in via
generale o in modo specifico, dal Legislatore>>.
La Corte, in sintesi, ha ritenuto che la disposizione dell’art. 1, della
legge n.20/1994, doveva essere posta in correlazione con l’art.1, della
la legge 7 agosto 1990, n. 241, ossia con i criteri di economicità ed
efficacia (ma anche con gli altri principi ivi indicati), quali criteri che
assumevano, nel divenire dell’azione amministrativa, rilevanza sul
piano della legittimità e non della mera opportunità.
Il primo, quale diretta attuazione del canone costituzionale e
comunitario di buona amministrazione, vincola la P.A. all’uso accorto,
immune da sprechi, delle proprie risorse (in definitiva di pertinenza
51
della collettività in senso ampio), traducendosi nell’obbligo di
perseguire i propri obiettivi con il minor dispendio di mezzi personali,
finanziari, procedimentali.
Analogamente, il principio di efficacia indica il rapporto tra risultati
ottenuti
e
obiettivi
prestabiliti
ed
esprime
l’esigenza
che
l’amministrazione adotti tutte le misure che appaiono più idonee a
conseguire i propri obiettivi.
I suddetti principi, a loro volta, costituiscono corollario del canone
consacrato
nell’art.
Amministrazioni
97
della
Pubbliche
il
Costituzione,
che
conseguimento
impone
degli
alle
obiettivi
legislativamente prefissati, agendo con il minor dispendio di mezzi,
come buona amministrazione.
La decisione n.7024/2006, nel far proprio tale ultimo indirizzo, è
andata oltre, rilevando che non era <<…imposto da alcuna ragione di
ordine sistematico che il controllo di legalità nel giudizio di
responsabilità amministrativa dinanzi al giudice contabile debba avere
un contenuto meno ampio e debba essere meno penetrante di quanto
avviene nel giudizio di legittimità sugli atti amministrativi, affidato al
giudice amministrativo e, in via incidentale, al giudice ordinario…>>.
Soggiungeva, la Corte di legittimità, come il <<…sindacato della
Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilità (ma anche in
sede di giurisdizione di conto) non deve limitarsi a verificare se
l’agente abbia compiuto l’attività per il perseguimento di finalità
istituzionali, ma deve estendersi alle singole articolazioni
dell’agire amministrativo, escludendone soltanto quelle in relazione
52
alle quali la legge attribuisce all’amministrazione una scelta elettiva tra
diversi comportamenti, negli stretti limiti di tale attribuzione>>.
Pertanto, le scelte elettive degli amministratori e dipendenti,
dovendosi conformare ai suddetti criteri di legalità e a quelli normati di
economicità, di efficacia e di buon andamento <<...sono soggette al
controllo della Corte dei conti perché assumono rilevanza sul piano
della
legittimità
e
non
della
mera
opportunità
dell’azione
amministrativa. Per ciò, non eccede la giurisdizione contabile non
solo la verifica se l’amministrazione abbia compiuto l’attività per
il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente, ma anche se
nell’agire amministrativo ha rispettato dette norme e principi
giuridici e dunque la Corte dei conti non viola il limite giuridico
della
“riserva di
amministrazione”
–
da intendere
come
preferenza tra alternative, nell’ambito della ragionevolezza, per il
soddisfacimento dell’interesse pubblico – sancito dall’art.1,
comma 1, della legge n. 20 del 1994 ...- nel controllare anche la
giuridicità sostanziale – e cioè l’osservanza dei criteri di
razionalità, nel senso di correttezza e adeguatezza dell’agire,
logicità e proporzionalità tra costi affrontati e obiettivi perseguiti,
costituenti
al
amministrativo
contempo
indici
e
del
confini
di
misura
sindaco
del
potere
giurisdizionale
–
dell’esercizio del potere discrezionale>> (così Corte di Cass.
SS.UU. n. 4283, del 21 febbraio 2013).
Ora, la questione sulla sindacabilità delle scelte discrezionali, che
involge, come detto, un’interazione tra giurisdizione e merito, può
53
riguardare sia l’agire pubblicistico dell’Ente pubblico economico Ater,
sia il suo agire con strumenti privatistici (ad es. con accordi,
convenzioni, proposte, contratti), ben valorizzati oggi dall’art.1, comma
1- bis della legge 7 agosto 1990 n, 241, atti che, certamente, sono
connotati da ampia discrezionalità, poiché richiedenti valutazioni di
carattere manageriale, e che, tuttavia, non possono mai andare a
scapito della liceità comportamentale.
Di tal ché, il principio enunciato nell’art. 1, comma 1 cit. esclude che la
Corte dei conti possa conoscere condotte discrezionali che violano
regole non scritte di opportunità e convenienza, mentre dalla stessa
sono conosciute condotte discrezionali che si pongono in contrasto
con norme espresse o principi giuridicizzati, nei quali devono
ricomprendersi, come detto, i principi di buon andamento dell’azione
amministrativa, di efficacia, efficienza della stessa, di razionalità e di
proporzionalità, ed anche di imparzialità, quale espressamente
contemplato dall’art.97 della Carta Fondamentale, inteso come
equidistanza tra soggetti pubblici o privati che vengono a contatto con
la P.A., finalizzato ad assicurare, con riferimento alla fattispecie di
causa, la predeterminazione dei criteri di massima per affidare lavori e
concedere in locazione beni pubblici, e così sviare quei sospetti su
perniciose forme di gestioni clientelari e disutili della “res publica”.
In breve, il sindacato giudiziale contabile, che si esercita nei confronti
dei pubblici poteri e della discrezionalità amministrativa, nonché dei
frequenti
interventi
di
natura
privatistica
delle
Pubbliche
amministrazioni e, quindi, anche degli Enti pubblici economici come gli
54
Ater, non è limitato alla mera verifica della conformità dell’azione alla
legislazione vigente, ma si esprime anche nella direzione di un
controllo sull’eccesso, dell’abuso e dello sviamento di potere, giacché
ogni potere, compreso quello dell’imprenditore, va esercitato in
maniera funzionale, corretta, coerente con i principi generali
dell’ordinamento giuridico e con quelli speciali della singola disciplina
per potersi dire non destinatario di censure. Per ciò, il Giudice
contabile è chiamato a verificare la pratica compatibilità dell’agire
amministrativo – imprenditoriale (in specie degli Enti pubblici
economici) non solo rispetto ai limiti c.d. “espliciti” posti dalle singole
disposizioni ma anche ai limiti c.d. “impliciti” o “interni”, tesi a far sì che
l’azione si svolga in maniera corretta, equilibrata (c.d. proporzionalità),
funzionale o altrimenti detto secondo buona fede e correttezza.
E tali considerazioni escludono, altresì, che possa costituire una
scelta discrezionale insindacabile l’operato di quel personale di Ater
che nell’ambito dell’attività di gestione del bene pubblico, per cui è
causa, abbia esaminato fatti o situazioni rilevanti nell’ambito della
stessa, ricorrendo a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere
specialistico (come nell’operazione di stima tesa a determinare il
valore locativo dell’immobile), integranti la c.d. discrezionalità tecnica,
che esula dalla nozione di merito, esprimente, quest’ultimo, la
conformità della scelta discrezionale alle regole giuridiche di buona
amministrazione volte a guidare l’Ente verso la scelta più conveniente
ed opportuna, in grado, cioè, di soddisfare l’interesse pubblico nella
situazione
concreta,
scelta
chiaramente
preceduta
dalla
55
comparazione tra interesse pubblico primario e interessi secondari
coinvolti, in cui si esprime la discrezionalità amministrativa (cfr. Corte
dei conti, Sez. III di appello n. 36, del 07 febbraio 2000).
Un tanto premesso, occorre verificare le ricadute di tali principi
sull’ipotesi tratta a giudizio, in cui, tuttavia, la disamina della legittimità
dell’azione amministrativa esige che si operi una disaggregazione
delle condotte e dei conseguenti asseriti danni, come descritte nel
libello, al fine di evincerne, in relazione ad ognuna di esse, l’eventuale
invasione della c.d. riserva di amministrazione e, quindi, l’avvenuto
travalicamento dei limiti esterni del proprio potere discrezionale, come
ribadito in Cassazione n 4956, dell’8 marzo 2005.
Orbene, in specie, il Requirente porta all’attenzione del Giudicante: a)
un asserito danno da mancata entrata, per € 06.000,00, quale
contributo alla ristrutturazione, che il sindacato FIADEL aveva dato la
disponibilità a versare, a fronte di una riduzione del canone mensile;
b) un asserito danno da spesa non necessaria, determinato in €
20.946,81; e c) un asserito danno da mancata entrata, per €
08.010,00, quali differenze per “canone di locazione” ritenuto
determinato in modo non adeguato e non congruo.
Del tutto pacifica, in giurisprudenza, la sindacabilità delle condotte
determinative del canone di locazione (ove la fattispecie possa
qualificarsi come locazione) da parte di Ater, attenendo l’applicazione
di regole di esperienza e tecnico scientifiche della disciplina di estimo
che esulano dalla nozione di merito dianzi esposta, per rientrare nella
c.d. discrezionalità tecnica della scelta operata (cfr. Corte dei conti,
56
Sez. 2^ di app., n. 334, del 17 dicembre 1999).
Anche i comportamenti involgenti, con criterio di causalità adeguata,
l’asserito danno da mancata entrata di € 06.000,00, non possono
essere sottratti alla cognizione dell’odierno giudicante, in quanto
afferenti somme per le quali l’Amministrazione, ove ricorrente la
certezza e l’attualità del (diritto di) credito in base al rapporto di
provvista, è vincolata al recupero dal carattere pubblico acquisito dalle
risorse che ne occupa e ne esclude, per ciò, ogni discrezionalità (cfr.
Corte dei conti, Sez. 1^ di app., n. 526/A, del 20 settembre 2010).
Relativamente, invece, al c.d. danno da spesa non necessaria, che
comprende i lavori edili e la sostituzione dei serramenti, con
applicazione di vetrate antisfondamento, rileva il Collegio che se è pur
vero che il Requirente nel libello si intrattiene più volte, in termini
concettuali, su condotte quali quella di vendere o non l’immobile,
tenerlo sfitto o locarlo, svolgere ulteriori aste, eseguire un bagno
secondo certe modalità oppure non, centralizzare l’impianto di
riscaldamento oppure renderlo autonomo, applicare delle pellicole
protettive o sostituire le vetrate, che di tutta ragione penetrano
l’opportunità e convenienza dell’azione di spesa, altrettanto vero è che
gli addebiti della Procura investono anche una fase prodromica alle
scelte
effettuate,
afferente
il
corretto
esercizio
del
potere
discrezionale, ossia il rispetto delle procedure di evidenza pubblica,
delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione di Ater e della
Regione Veneto, che, tra l’altro, invitava (anche se in epoca
successiva alla determinazione di locare previa ristrutturazione) i
57
Consigli di Amministrazione di Ater, in corso di costituzione, “ad
avviare la vendita degli immobili di pregio, non soggetti alla disciplina
di cui alla legge regionale 2 aprile 1996, n. 10”, (pagg. 10 – 11 e
diffusamente nell’atto di citazione), attività tutte finalizzate al
perseguimento dei fini pubblici dell’Ente, fini la cui omogeneità non
può prescindere, altresì, dalla verifica dell’adeguatezza dei mezzi, per
essere consentito al giudice di sindacare la razionalità e la
proporzionalità della spesa in ragione dello scopo perseguito in
concreto.
In tale evenienza la scelta di eseguire determinati lavori deve risultare
non solo coerente con i fini istituzionali di Ater Venezia e con le norme
di evidenza pubblica, qualora, in specie, applicabili, ma deve essere
anche finanziariamente compatibile: in senso assoluto, tenendo conto
dell’impegno finanziario che la decisione gestionale implica a
confronto delle risorse finanziarie disponibili e, in senso relativo,
considerando il fine specifico che si vuole raggiungere e la spesa
necessaria per realizzarlo.
In conclusione, nella misura in cui l’ambito di estensione del potere
discrezionale è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche
(parametri giuridici discendenti dalle norme di evidenza pubblica e
dalle disposizioni a carattere regolamentare interne ovvero esterne
della Regione Veneto), che ne segnano i confini o ne indirizzano
l’esercizio, il rispetto degli stessi costituisce un requisito di legittimità e
di validità dell’atto, sindacabile in questa sede.
Conseguentemente,
l’insindacabilità
nel
merito
delle
scelte
58
discrezionali non impinge né pregiudica la possibilità del Giudice
contabile di vagliare la conformità alla legge e alle disposizioni interne
della gestione della locazione de qua da parte degli odierni convenuti,
restando così l’odierno accertamento nell’alveo del sindacato rivolto,
in esclusiva, ad atti di gestione di cui è chiesto di verificarne la loro
giustificatezza e razionalità (ex multis, Corte dei conti, Sez. 3^ di app.,
18 luglio 2011, n. 330, id. 06 luglio 2011, n. 302).
A tali premesse non può che seguire il rigetto dell’eccezione sollevata.
[2] Un tanto disposto, nel merito la disamina, ad opera del Collegio,
dell’articolata
domanda
deve
avvenire,
come
preannunciato,
attraverso la disaggregazione del complessivo danno imputato
causalmente alle condotte degli odierni convenuti, al fine di
accertarne, in principalità, l’attualità delle specifiche poste e poi,
all’evidenza, l’asserita oggettiva illiceità dei comportamenti tenuti,
unitamente all’elemento soggettivo, quest’ultimo in termini di colpa
grave, da ritrarre non da parametri oggettivi ed automatici ma dal
rilievo del concreto comportamento serbato da chi ha agito.
Di tutta evidenza che per una tale verifica, all’esito della quale il
Collegio deve trarre le conclusioni di merito, non si ravvisa necessario
acquisire, in quanto ultroneo, né le prove testimoniali né la
Consulenza Tecnica d’Ufficio chieste dai patroni dell’Arch. Stefania
Spiazzi, giacché la documentazione rilevante per la decisione della
causa è già agli atti del fascicolo processuale, non abbisognevole,
quindi, di integrazioni di tipo istruttorio.
Di tal ché, la Sezione ritiene di non dover ammettere altri mezzi di
59
prova, per essere quelli acquisiti al processo - di natura documentale già sufficienti ai fini della sua definizione (Cass. SS.UU. 19704, del 13
novembre 2012).
La vicenda di causa, descritta dal Requirente come episodio di
“cattiva gestione”, al limite “dell’affarismo clientelare”, riguarda l’unità
immobiliare, contraddistinta dall’identificativo “0067 – 0045”, ab
origine ad uso diverso da quello poi ottenuto in concreto per
trasformazione, ossia uso negozio (categoria catastale C1), sita in
Venezia, Cannaregio, Calle del Ferau n. 917 e di proprietà
dell’A.T.E.R., assegnata in locazione – ovvero, come di seguito,
occupata sine titulo, per non essere mai stato stipulato un formale
contratto di locazione - all’organizzazione sindacale FIADEL, che ne
avrebbe concesso l’uso di una parte dei locali alle ACLI provinciali di
Venezia, parte interessata individuata a seguito dell’incontro della
domanda – della medesima - e dell’offerta – dell’Azienda Ater, poste
al di fuori delle procedure di evidenza pubblica previste per legge, in
cui l’Azienda ha assunto, altresì, un asserito “gravoso onere” per
ristrutturazioni, che avrebbe determinato un danno di € 20.946,81
(quale quota parte dei lavori), ritenute dal PM non del tutto
necessarie, a fronte, invece, dell’obbligo di dismettere il patrimonio
immobiliare di pregio previsto dalla Regione Veneto (in realtà, nella
Delibera di G.R. n. 1495, del 20 settembre 2011, rubricata “Elenco
degli immobili di pregio di proprietà dell’Ater di Venezia da avviare alla
vendita ex D.G.R. 21 dicembre 2010, n. 3322”, non figurava l’immobile
de quo), e verso il pagamento di un canone ritenuto non congruo, pari
60
a € 400,00 oltre IVA in luogo di € 667,00 oltre IVA, per un asserito
pregiudizio, alla data di deposito della citazione pari a € 08.010,00,
conseguente sia alla mancata valorizzazione dell’aumento di valore
dell’immobile (inadeguatezza), sia al mancato versamento del
contributo di € 06.000,00 che il locatario aveva promesso di versare
ad Ater.
Sintetizzato così il fatto, rileva il Collegio che le condotte degli odierni
convenuti, ove rilevanti sul piano oggettivo e soggettivo della
responsabilità erariale, verrebbero ad integrare tre distinte poste di
danno: a) un asserito pregiudizio da mancata entrata, per €
06.000,00, b) un presunto danno da irregolare ordinazione di spese
edili e per serramenti ritenute non necessarie, ammontante ad €
20.946,81, e c) un asserito pregiudizio, da mancata entrata,
conseguente al canone di locazione non adeguato al valore di
mercato e determinato in € 08.010,00.
Di tutta evidenza che di tali pregiudizi, quale risultato finale della
condotta ascritta ai predetti, Dirigenti, Quadri e Impiegati di Ater
Venezia, il Collegio è chiamato a verificare, in principalità, l’attualità,
posta in serio dubbio dai difensori dei prevenuti.
A tal riguardo, le difese dell’Ing. Marcon, rilevavano che non constava
dagli atti che la contabilità dei lavori fosse stata chiusa in
contraddittorio tra le parti, con conseguente inattualità del pregiudizio
erariale, atteso che per la giurisprudenza contabile le condizioni di
attualità del pregiudizio si verificano al momento della conclusione
delle procedure di collaudo e, in ogni caso, la certezza del danno
61
poteva compiutamente acquisirsi solo al termine dell’azione giudiziale
intentata da Ater nei confronti della locataria.
Quanto, invece, all’asserita posta di € 06.000,00 e corrispondente al
mancato versamento, da parte di FIADEL, del promesso contributo,
ne eccepivano l’assoluta inattualità, “...in quanto non ancora prescritti i
mezzi di tutela patrimoniale a disposizione dell’ente”.
Non diversamente il patrono dell’Ing. Contarin, che denunciava, con
riguardo alla mancata acquisizione del contributo, l’inattualità del
danno atteso che “l’Azienda può ancora chiedere e pretendere il
pagamento della somma in forza dell’impegno di cui alla scrittura del
locatario richiamata nel decreto n. 429/2010, dato che il diritto non è
certo prescritto”. Il difensore del Rag. Giampaolo Zane rilevava,
invece, “...la mancanza di un danno concreto e attuale per Ater”, in
quanto sono rimaste, “impregiudicate tutte le azioni a tutela dei propri
diritti, in particolare quelle di rivendica, restituzione e risarcitorie, tant’è
che l’Azienda ha promosso specifica azione in tal senso”.
Conclusioni
avversate,
in
udienza,
dal
P.M.
dappoiché
“la
ristrutturazione è stata posta in essere, il canone continuava, ancora
oggi, ad essere pagato da FIADEL in misura non congrua e il c.d.
contributo di € 06.000,00 non risultava ancora versato”.
[2.1] In primo luogo il Collegio deve chiarire che all’attualità del danno,
presupposto
indispensabile
ed
indefettibile
per
l’ammissibilità
dell’azione erariale, non è ostativa la pendenza (in specie contestuale)
dell’azione giudiziaria intentata da Ater nei confronti di Fiadel e delle
ACLI, organizzazioni sindacali locatarie ovvero occupanti sine titulo
62
l’immobile “de quo”, atteso il noto e più volte ribadito principio di
autonomia e non coincidenza della Giurisdizione ordinaria e contabile
e dell’operare, comunque, di meccanismi di procedibilità attinenti al
merito.
Infatti, è stata da sempre affermata l’azionabilità del giudizio di
responsabilità amministrativo – contabile anche in presenza di
procedure ordinarie civili, coltivate, in ipotesi, a tutela di diritti reali,
quale quello di rivendica e di restituzione, e di diritti di credito, quali
quello al risarcimento, procedure (da quanto emergente dagli atti)
promosse dall’Azienda nei confronti delle organizzazioni sindacali
Fiadel/Acli e tuttora non pervenute a conclusione, trattandosi di azioni
reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando
investono lo stesso fatto materiale, mentre l’eventuale interferenza
che potrebbe determinarsi tra i relativi giudizi pone semmai un
problema – in fattispecie non sussistente - di proponibilità dell’azione
di responsabilità avanti al giudice contabile ove il danno risulti in toto o
in parte già risarcito in sede civile o che del quantum risarcitorio
realizzato in tale ultima sede se ne possa tener conto in fase di
esecuzione della pronuncia contabile.
In fattispecie, nulla di tutto ciò è dato riscontrare, atteso che l’azione
civile di rivendica, ex art. 948 c.c., e di risarcimento di tutti i danni
subiti e subendi, intentata nei confronti di Fiadel e delle A.C.L.I.
provinciali di Venezia, preceduta dalla domanda di mediazione alla
Camera Arbitrale di Venezia
in data 20 gennaio 2014, oltre che
essere stata promossa successivamente a quella erariale (depositata
63
in cancelleria il 1° agosto 2013), si trovava ancora allo stadio iniziale e
non definita, quindi, ad alcun fine.
A tal riguardo la Corte Regolatrice, in più di un arresto, ha affermato
che la <<...giurisdizione penale e civile, da un lato, e la giurisdizione
contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili
istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e
l’eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi pone
esclusivamente
un
problema
di
proponibilità
dell’azione
di
responsabilità davanti alla Corte dei conti, senza dar luogo a
questione di giurisdizione>> (cfr. Corte di Cass. SS.UU. n. 26582, del
28 novembre 2013, id. n. 7385, del 25 marzo 2013, n. 11, del 2012, n.
6581, del 2006 e n. 4957 del 2005).
Indirizzo, questo, seguito dalla giurisprudenza contabile che si
esprime, tra l’altro, in termini di complementarietà e non di alternatività
tra le due azioni, di modo che <<...l’avvio dell’azione contabile
potrebbe
trovare
un
plausibile
arresto
solo
nella
verificata
realizzazione, da parte del Requirente e del Giudice Contabile, della
pretesa erariale, con una formazione di un giudicato sull’an e sul
quantum e conseguente liquidazione e reintegrazione del patrimonio
erariale>> (cfr. Corte dei conti, Sezione 1^ di appello, sent. n. 581 del
2009, n. 210 del 2003 e n. 109 del 2002): il che non è dato constatare,
dalla documentazione in atti, nella fattispecie tratta a giudizio.
Un tanto chiarito, è necessario ora verificare la concretezza e
l’attualità del danno, ossia la ricorrenza dell’elemento oggettivo della
responsabilità erariale, dovendosi escludere la perseguibilità di danni
64
potenziali, futuri e/o presuntivi (cfr. Corte dei conti, SS.RR. 19 giugno
1991, n. 717/A, id. Sez. 2^, 29 novembre 1990, n.408, e Sez. 1^, 23
marzo 1994, n. 68).
A) La prima posta di presunto pregiudizio riguarda l’importo di €
06.000,00, somma che “Fiadel”, con scrittura pervenuta il 31 agosto
2010 e richiamata nel decreto n. 429, del 06 settembre 2010,
assumeva l’impegno a versare, “...quale contributo alla ristrutturazione
del negozio con relativa richiesta di riduzione del canone mensile
d’affitto...”. Ravvisa, il Collegio, che la somma in questione non pare
possa considerarsi un vero contributo alla ristrutturazione, per gli
effetti in concreto esercitati, in termini riduttivi, in sede di
determinazione del canone di locazione (se così, come dianzi detto,
poteva qualificarsi). Nello specifico, si trattava di un asserito danno
da mancata entrata, della quale non risultava prescritta l’azione per
farla valere in giudizio, come ribadito da tutti i convenuti e non
contestato dal Requirente, che nella pubblica udienza si limitava ad
eccepirne l’infondatezza, giacché “...il contributo di € 06.000,00 non
risultava ancora versato”, in una con il richiamo della sent. n.
56/2014 della Sezione Sardegna su tematica asseritamente analoga.
Di tutta evidenza, quindi, che dovendo il Giudice porre a fondamento
della decisione, a mente dell’art. 115 c.p.c. (cfr. Corte di Cass. SS.UU.
civili, n. 12065, del 19 maggio 2014) i fatti allegati dalle parti
convenute e non specificamente contestati dal P.M., risultava, alla
luce della documentazione in atti, non solo che Fiadel non ha
provveduto al pagamento di un tale importo, in ragione della mancata
65
stipula e successiva registrazione del contratto di locazione, che
potrebbe aver trasformato il locatario, attesa la diatriba in corso tra le
parti, in una sorte di occupante “sine titulo” del bene, ma altresì che
l’azione a tutela del relativo diritto, se tale poteva definirsi, non si era
ancora prescritta, come attestato dall’avviata azione per risarcimento
danni promossa da Ater Venezia.
In sostanza, il P.M. non ha dato prova dell’inesigibilità del credito,
presupposto necessario perché il danno acquisisca i caratteri della
certezza ed attualità, come di norma avviene in ipotesi di prescrizione
del diritto (con applicazione della prescrizione quinquennale di cui
all’art. 2948, n. 3 c.c. per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad
anno o in termini più brevi), la quale in concreto segna la “deminutio
patrimonii” costituente l’essenza del danno erariale.
Per ciò, l’attualità del pregiudizio non consegue alla semplice
scadenza di un termine o al mero inadempimento, ma alla definitiva
inesigibilità della prestazione.
A tal riguardo, la pacifica giurisprudenza, rileva che: “nelle ipotesi di
danno derivante da mancato accertamento/riscossione di crediti, ai
fini della sussistenza del danno patrimoniale, non rileva il denaro
oggetto del credito non incassato, che ne costituisce in senso stretto
la quantificazione, bensì il credito in quanto tale”, così che,
“nell’ipotesi di responsabilità da mancata riscossione di entrate è
la perdita del diritto di credito a rendere attuale il danno erariale,
a prescindere dall’attuazione in concreto della prestazione di
denaro” (cfr. Corte dei conti, Sez. 1^ centrale di app., 796/2013/A,
66
dell’8 ottobre 2013, id. Sez. 3^, 369/2012, del 21 maggio 2012, Sez.
Umbria, sent. n. 34/2014, del 14 marzo 2014, Sez. 3^, n. 182/2007, id.
Sez. Campania, n. 290/2005, id. Sez. 1^ di app., n. 313/A/1999).
Orientamento che è seguito, malgrado la diversa interpretazione
datane dal Requirente, anche dalla Sezione Sardegna nella sent. n.
56/2014, che si è pronunciata per la condanna di amministratori di
società che avevano indebitamente utilizzato contributi pubblici
erogati a titolo di anticipazione da parte del Ministero dell’Industria
(ora Sviluppo Economico), venendo così integrata una fattispecie
dannosa da “spesa”, nella quale è l’erogazione “sine causa” delle
somme di pubblico denaro ad attualizzare il danno, ossia la
“deminutio patrimonii”, nel quale esso si compendia, così da renderne
giuridicamente necessario l’immediato accertamento e l’eventuale
condanna al relativo risarcimento, senza neanche attendere l’esito
degli eventuali recuperi intrapresi in sede amministrativa, da valutare
semmai in sede di esecuzione della sentenza di condanna stessa. Di
tal ché, nella predetta decisione si affermava (pag. 27): <<...l’esborso
delle ingenti somme c’è stato e l’inutilità della prestazione è icto oculi
evidente, mentre, invece, appare ancora incerto il procedimento di
recupero delle somme...(che) potrà essere fatta valere dai convenuti
in sede di esecuzione della presente sentenza>>.
Conseguentemente, l’omesso recupero del c.d. contributo alla
ristrutturazione, che in mancanza di un formale contratto non risultava
assoggettato
a
un
termine
di
adempimento,
non
rendeva
configurabile, allo stato, un danno patrimoniale da mancata entrata
67
connotato dai caratteri di certezza ed attualità, giacché non vi era
stata per l’Ente la perdita del diritto di credito, danno che, al limite,
potrebbe essere qualificato come meramente potenziale e, in quanto
tale, inidoneo a costituire elemento caratterizzante della responsabilità
erariale.
A tal riguardo, il Collegio ribadisce che l’impegno a versare tali somme
era contenuto in una proposta rimasta nella c.d. fase delle trattative
pre contrattuali, non formalizzata in un impegno negoziale, quindi non
certa nell’”an e nel quando”, e senza possibilità, per l’odierno
giudicante, di poter provare attraverso il rapporto erariale il c.d.
rapporto sottostante di provvista.
Onde, l’azione avviata con riguardo a tale asserita posta di danno
deve essere respinta per insussistenza dell’elemento oggettivo della
responsabilità, ossia del danno, atteso che il relativo credito non era
certo né era divenuto inesigibile (cfr. Corte dei conti, SS.RR. 22 aprile
1992, n. 764), con esonero del Collegio dal dover verificare gli altri
elementi della responsabilità erariale e assoluzione dei convenuti
dagli addebiti loro contestati.
B) La seconda posta di danno, per € 20.946,81, quale elaborazione
equitativa operata dal Requirente, sarebbe la risultante di spese
asseritamente non necessarie o diseconomiche, ordinate dal Direttore
Ater, Ing. Marcon, anche in ragione del supporto motivazionale a
carattere tecnico dell’Ing. Contarin (che era in specie anche R.U.P.) e
dell’Arch. Spiazzi (quest’ultima con riguardo ai serramenti). Si
tratterebbe, quindi, di una fattispecie dannosa “da spesa”, che, in
68
quanto flettente lavori ritenuti dall’Attore non necessari, integrerebbe
un esborso “sine titulo”. Osserva, a tal riguardo il Collegio, di dover
procedere, al fine di verificarne l’attualità, a una ripartizione ulteriore
del danno, distinguendo tra le due tipologie di lavori affidati: la prima,
relativa ad opere edili per le quali, a prescindere dal merito delle
stesse, non risultava essere stata ancora chiusa, in termini
meramente formali, la relativa procedura in contraddittorio con la Ditta
Catto, come evincibile dalla relazione della G.d.F. del 13 giugno 2013,
che (a pag. 7) afferma che la nota spese presentata dalla ditta Catto
s.n.c. per i lavori eseguiti, ammontante a € 49.686,05, IVA al 20%
esclusa, è stata rettificata dal Direttore dei Lavori, geometra Fogarin,
nell’importo di € 31.393,96, al netto del ribasso d’asta, previsto dal
contratto di manutenzione aggiudicato a tale impresa con regolare
procedura di evidenza pubblica, e dell’IVA. “Tale importo è stato
inserito in un SAL...che alla data attuale risulta ancora da formalizzare
(...) Dal Perfezionamento del S.A.L. conseguirà l’emissione del
relativo certificato di pagamento per la successiva liquidazione”.
Rileva, la Sezione adìta, che poiché la procedura di contabilità, in
contraddittorio, e di collaudo, che segna in materia di lavori pubblici, di
norma, il momento dell’attualità del danno configurante l’effettivo
interesse della Procura istante ad agire, risultavano “di fatto”
completate, aspetto, questo, non smentito dalla relazione della
Guardia di Finanza dianzi richiamata, l’emissione del relativo
certificato di pagamento, per la successiva liquidazione, costituiva un
mero atto necessitato che nulla aggiungeva di più all’impegno di
69
spesa già assunto e vincolante, atto, quest’ultimo, sufficiente a dare
certezza ed attualità alle somme in discussione, trattandosi di lavori
effettivamente eseguiti e verificati nel loro ammontare, come da nota
spesa della ditta Catto, rettificata dal direttore dei lavori in
contraddittorio con la stessa per quanto atteneva ai nuovi prezzi.
Onde, il Collegio ravvisa di dover affermare l’attualità del presunto
danno afferente gli esborsi per lavori edili e di pavimentazione,
eseguiti dalla ditta Catto nell’ambito del contratto di manutenzione
generale in essere con Ater di Venezia.
Anche con riguardo all’intervento di sostituzione dei serramenti esterni
del negozio, intervento da ritenere non aggiuntivo bensì sostitutivo di
quello originariamente compreso nell’affidamento lavori alla ditta
Catto, è indiscussa l’attualità dell’asserito danno ai fini della legittima
esperibilità
dell’azione
pubblica,
poiché
i
lavori
risultavano
regolarmente eseguiti, fatturati dalla ditta “Agostinetto Serramenti
s.r.l.” con documento n. 15, del 31 gennaio 2011, e liquidati dall’Ater
di Venezia con provvedimento n. 11, del 18 aprile 2011 (e pagamento
di € 16.200,00, IVA compresa, entro il 06 maggio 2011).
C) Riguardo, invece, alla terza posta di asserito danno di € 08.010,00,
per “canone di locazione non adeguato al bene”, determinato
ricorrendo al valore medio di locazione riferito ai valori O.M.I.
dell’Agenzia del Territorio (oggi delle Entrate), ossia € 14,50 (riferito,
tuttavia, ad abitazioni civili ad uso residenziale), da moltiplicare per la
superficie dei 46 mq del negozio - estensione che era onere del P.M.
correttamente accertare e che il Collegio ravvisa di potere
70
ragionevolmente, attesa l’autorevolezza della fonte, attingere dalla
valutazione eseguita dall’Agenzia del Territorio in data 03 agosto 2007
- e per il numero di mesi (30) di conduzione, ravvisa la Sezione di
dover fare talune precisazioni dirimenti per l’inattualità dell’asserito
danno.
Rileva, il Collegio giudicante, che una delle competenze dell’Ater di
Venezia era ed è quella di gestire le locazioni di unità immobiliari ad
uso residenziale a prezzi concorrenziali (fattispecie d’interesse),
secondo criteri di economicità tendenti ad esercitare un effetto
calmieratore e perequativo sul mercato [così art.3, comma 1, lett. a),
dello Statuto approvato con deliberazione del C di A., n. 111, del 05
aprile 2004, modificato con deliberazione del C.di A. n. 154 dell’8
giugno 2004].
Di tutta evidenza che versandosi in materia di beni di Ente pubblico, il
potere di disporre degli stessi, nella forma della vendita o della
locazione, è subordinato al rispetto delle procedure di evidenza
pubblica, volte ad individuare l’acquirente o il locatario più
conveniente per l’Azienda, a seguito di indizione di apposita gara o di
avviso al pubblico (in specie, da parte della Direzione sulla base di
schema approvato dal Consiglio di Amministrazione), contenente, per
l’ipotesi tratta a giudizio, il canone base al netto di IVA. Alla Scadenza
dell’avviso, la Commissione di gara preposta provvederà all’apertura
delle offerte pervenute per gli immobili oggetto dell’avviso e alla
formazione delle graduatorie, con aggiudicazione in favore della
migliore offerta ricevuta, procedura, questa, che consente di
71
individuare la propria controparte negoziale, con la quale stipulare,
mediante atto pubblico notarile o in forma pubblica amministrativa
ovvero mediante scrittura privata il relativo contratto, fonte di diritti e di
obblighi per le parti contraenti (tale modalità è prevista, per l’Ater di
Venezia, nella Deliberazione del C.di A. n. 320, del 28 ottobre 2005).
Pertanto, attese le ripartizioni interne ad Ater di Venezia, spettava al
Direttore di Ater, indire l’avviso pubblico di gara (in base allo schema
approvato in seno al C.di A.), e al Servizio Attività Immobiliari e per i
Rapporti con i Condomini e le Autogestioni facente Capo al rag.
Giampaolo Zane, una volta individuato il miglior offerente, di “dare
avvio alla locazione degli immobili”, attività che, comunque, iniziava
con “la stesura dell’avviso e fino alla redazione dei contratti di
locazione” (cfr. Decreto n. 844, del 14 dicembre 2007, del Direttore
Ater Venezia del tempo).
Orbene, nella fattispecie di causa risultava che il sindacato FIADEL, al
di fuori dell’indizione di un avviso di gara, faceva pervenire, in data 06
agosto 2010 (protocollata al n. ATVE0029885/2010), richiesta per
poter “...ottenere in locazione una unità immobiliare ad uso non
abitativo di proprietà di Ater sita in comune di Venezia, Cannaregio,
Calle del Ferau n. 917”.
A seguito della stessa, il Direttore Ater, ravvisando di dover procedere
a trattativa diretta in ragione dei tempi non brevi che richiedeva la
pubblicazione di un nuovo avviso di locazione, atteso che lo stesso
risultava sfitto dal maggio 2006 e malgrado fosse stato inserito in
numerosi avvisi di locazione e di vendita, disponeva per la locazione
72
dell’immobile ad un canone iniziale determinato in € 555,00, oltre IVA,
poi rideterminato in € 400,00, oltre IVA, a seguito della disponibilità
del locatario a versare un contributo alla ristrutturazione di €
06.000,00. A suggello di tali trattative pre contrattuali, con valuta al 20
settembre 2010, Fiadel faceva pervenire ad Ater la somma
complessiva di € 01.702,80 a titolo di deposito cauzionale, spese
contrattuali e canoni di locazione anticipati. Ciò malgrado, con decreto
n. 112, del 25 febbraio 2011, il Direttore Ater, Ing. Marcon, atteso che
la Regione Veneto con deliberazione di giunta n. 3322, del 21
dicembre 2010 (sopravvenuta alla determinazione di locare il bene),
invitava i Consigli di Amministrazione di Ater ad avviare la vendita
degli immobili di pregio (il cui elenco, allegato alla D.G.R. n. 1495, del
20 settembre 2011, non annovera, come dianzi detto, l’immobile de
quo) non soggetti alla disciplina di cui alla legge regionale 2 aprile
1996, n. 10, richiesta ribadita con successiva nota n. 45509, del 31
gennaio 2011, ritenendo prevalente quanto richiesto dalla Regione
rispetto ad eventuali diverse decisioni aziendali, revocava quanto
disposto con il decreto n.429, del 06 settembre 2010, in merito alla
sottoscrizione del contratto di locazione in favore di Fiadel, dando,
contestualmente, incarico ai Servizi competenti per tutti i conseguenti
adempimenti. In sostanza, il Direttore Marcon procedeva alla revoca
(a mente dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990) del
provvedimento amministrativo, di cui al Decreto n. 429, del 06
settembre 2010, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, anche
perché i lavori eseguiti sull’immobile “de quo” avrebbero potuto,
73
verosimilmente, orientare in maniera diversa una nuova asta di
vendita.
Cionostante, l’organizzazione sindacale “Fiadel” era comunque
immessa, nel corso del mese di febbraio 2011, nella detenzione
dell’immobile “de quo”, attraverso la consegna delle chiavi, effettuata,
da quanto è dato rilevare dalla documentazione in atti (si veda anche
pag. 7 della memoria di costituzione del Rag. Giampaolo Zane), da
soggetto diverso dagli odierni convenuti.
Il Pubblico Requirente non si intrattiene sul particolare della consegna
delle chiavi finalizzata all’immissione nella detenzione dell’immobile,
che in quanto avvenuta al di fuori della sottoscrizione di un formale
negozio locativo potrebbe (il condizionale è d’obbligo giacché dagli atti
non risultava alcuna proposta, sia pure informale, di acquisto ovvero
di locazione diversa da quella avviata) essa stessa risultare foriera di
effetti lesivi per gli interessi patrimoniali dell’Ente.
Nel caso di specie, per ciò, risultava violata la procedura e le
disposizioni
regolamentari
afferenti
l’assegnazione
dell’unità
immobiliare, da parte di chi ha provveduto alla consegna delle chiavi.
Di tutta evidenza che in specie, e allo stato degli atti, in mancanza di
un formale contratto di godimento della “res publica”, potrebbero
configurarsi due ipotesi giuridiche: la prima, riguardante una
occupazione “sine titulo”, per la quale non si ravvisa possa discettarsi
di “corretto canone di locazione” ma di “giusta indennità di
occupazione”, come evidenziato dall’avviata azione restitutoria, ex
art.948 c.c., e di risarcimento del danno da parte di Ater di Venezia.
74
La seconda, prevedendo l’art. 1350, n. 8 c.c., la forma scritta “ad
substantiam” solo per i contratti di locazione di durata ultranovennale
(nel caso di specie, come disposto dal Decreto n. 429, del 06
settembre 2010, il rapporto di locazione avrebbe dovuto avere una
durata di 6 anni prorogabili per altri 6), afferente l’emergere,
dall’immissione nel possesso del bene e dal pagamento contestuale
del canone, di una locazione di fatto: in tal caso la revoca verrebbe ad
incidere su un rapporto negoziale in atto con eventuali pretese di tipo
indennitario da parte del locatario ove provato il suo affidamento.
In tale evenienza, il richiamo fatto dal Requirente all’art.1, comma 346,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005),
statuente che “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono
diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni,
comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non
sono registrati”, e che ha elevato la norma tributaria al rango di norma
imperativa, principio, comunque, che poteva dirsi immanente
nell’ordinamento e di cui costituiva una specifica e puntuale
estrinsecazione già l’art. 13, della legge n. 431 del 1998 (applicabile
anche in ipotesi di causa), non pare, al Collegio, possa dirsi dirimente
per la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 c.c., atteso che la
giurisprudenza di legittimità, in conformità a quanto previsto dallo
Statuto del contribuente, di cui all’art. 10, comma 3, della legge 27
luglio 2000, n. 212, ritiene che le “Violazioni di disposizioni di rilievo
esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del
contratto” (cfr. Corte di Cass., 27 ottobre 2003, n. 16089, id. Corte
75
Cost. n. 50, del 14 marzo 2014; contra Cass., 07 ottobre 2008, n.
24769), almeno per le ipotesi, come quella odierna, in cui la causa
concreta del contratto non contempla un canone superiore rispetto
all’importo concordato nel medesimo contratto di fatto, anche se non
registrato. Per ciò, non siamo in presenza di un abuso del diritto,
finalizzato a realizzare un risultato vietato dalla norma, ossia quello di
garantire al locatore (in questo caso Ater), di ritrarre dal concesso
godimento dell’immobile un reddito superiore rispetto a quello
assoggettato ad imposta (nel caso, di registro). Conseguentemente, la
causa concreta del negozio non disvela alcuna finalità di elusione
fiscale, venendo a coincidere con quella astratta delineata dal
legislatore e, trattandosi di mera irregolarità fiscale, non depone per la
conseguente relativa nullità civilistica.
In ogni caso, pur nell’incertezza della qualificazione giuridica della
fattispecie come locazione, le maggiori somme a tale titolo richieste
dal Requirente, dovute alla verosimile incongruità della stima operata
dal Rag. Zane e fatta propria dal Direttore Marcon, stima che doveva,
ragionevolmente, intervenire o a lavori ultimati o anche prima (come
effettuato) ma tenendo conto dell’aumento di valore conseguente e,
quindi, della diversa sistemazione del bene, non integrano, allo stato,
un danno da mancata entrata per inattualità del pregiudizio, in quanto
il relativo diritto non risulta prescritto, potendo ancora l’Ater di Venezia
rivendicare nelle sedi a ciò previste ogni tutela, come in effetti
operato. In breve, anche in tale ipotesi ciò che attualizza il danno,
rendendo effettivo l’interesse dell’Attore pubblico ad agire in giudizio a
76
tutela delle ragioni dell’erario, non è la scadenza di un termine (in
specie di quello entro cui versare il giusto canone) ma la definitiva
inesigibilità del diritto di credito alle maggiori somme pretese a titolo di
locazione o di indennità di occupazione (in tale ultima evenienza, Ater
non ha mai registrato le somme mensili rimesse da Fiadel quale
canone locativo).
Soggiunge, il Collegio, che nell’ipotesi di causa la mancanza della
prova della effettiva esistenza di un interessato, disposto a pagare
l’importo differenziale determinato dalla Procura istante, non è
ostativa alla corretta determinazione della stima, in quanto se è vero
che le quotazioni O.M.I. dell’Agenzia delle Entrate “...non possono
intendersi sostitutive della stima, ma soltanto di ausilio ad essa...”
(come dichiarato dall’Amministrazione finanziaria nel proprio sito
web), altrettanto vero è che la Corte di legittimità ha affermato più
volte il principio secondo cui <<...l’onere di provare l’esistenza di ben
determinate
proposte
di
aspiranti
locatari
deve
essere
opportunamente adeguato alle circostanze del caso ed alla natura del
soggetto locatore; sicché, nel caso che quest’ultimo sia una P.A., è
inesigibile la dimostrazione da parte sua dell’esistenza di concrete
proposte provenienti da aspiranti locatori (posto che l’esperimento
della procedura pubblica per la locazione presuppone la libertà
dell’immobile), mentre è sufficiente e necessaria la prova altrimenti
data dell’ammontare del canone concretamente conseguibile sul
mercato per immobili delle medesime caratteristiche>> (cfr. Corte di
Cass., 3^ Sez. civ., 08 luglio 2010, n.16143, id. 20 maggio 2013, n.
77
12248).
In ogni caso, come dianzi esposto, l’azione avviata con riguardo a tale
posta di danno deve essere, ex officio, rilevata e respinta per
insussistenza dell’elemento oggettivo della responsabilità, ossia del
danno, atteso che il relativo diritto di credito non era divenuto
inesigibile (cfr. Corte dei conti, SS.RR. 22 aprile 1992, n. 764), con
esonero, così, del Collegio dal dover verificare gli altri elementi della
responsabilità ed assoluzione dei convenuti dagli addebiti loro
imputati.
[3] Un tanto disposto, il Collegio ritiene che anche per la posta relativa
ai lavori edili e alla sostituzione dei serramenti di € 20.946,81, unica
voce di cui è possibile predicare l’attualità e la concretezza, non
ricorrano i requisiti di legge per imputarne il relativo risarcimento agli
odierni convenuti, in specie all’Ing. Marcon, al quale va attribuita la
paternità sia del decreto n. 429, del 06 settembre 2010, con cui ha
deciso di avviare, al di fuori delle previste procedure di evidenza
pubblica, la cui infrazione non è di per sé fonte di danno, la locazione
ad uso diverso da quello abitativo, previa esecuzione di lavori di
ristrutturazione, affidati alla ditta Catto, in precedenza individuata con
gara pubblica per gli interventi di manutenzione (come di seguito, sia
ordinari che straordinari), sia del decreto n. 614, del 29 novembre
2010, che decideva l’affidamento diretto, conformemente a quanto
assentito dalla disciplina interna (art. 8 del Regolamento per
l’esecuzione dei lavori in economato, approvato con Deliberazione del
C. di A. di Ater n. 233, del 30 agosto 2004, esecutivo a seguito del
78
provvedimento del 1° ottobre seguente della Giunta Regionale
Veneto) ma anche dalla disciplina generale sugli appalti pubblici (art.
125, comma 8, ult. parte, del d.lgs n. 163, del 12 aprile 2006), dei
lavori per sostituzione dei serramenti, interventi sulla cui necessità
concordavano vuoi l’Ing. Domenico Contarin, nella qualità di Dirigente
dell’Area Tecnica, con competenze per l’esecuzione dei lavori, e di
Responsabile Unico del Procedimento (R.U.P.), vuoi l’Arch. Stefania
Spiazzi, responsabile del Servizio Manutenzione dell’Area Tecnica,
che in sede di sopralluogo, eseguito unitamente al Direttore dei
Lavori, geometra Fogarin, in specie non evocato, valutava la
necessità di intervenire sui serramenti a tutela della integrità dei terzi,
giacché si trattava di vetrate prive dei requisiti di sicurezza previsti
dalla normativa a tutela dell’integrità pubblica, in specie, si faceva
riferimento a “...vetrine di ampia metratura con affaccio sulla pubblica
via, che, pertanto, devono avere caratteristiche antisfondamento”.
Onde, una eventuale responsabilità di questi ultimi, ma anche del
Rag. Zane, che, oltre ad avere determinato il “canone locativo”, ha
apposto il visto di regolarità tecnica sul primo Decreto n. 429, del 06
settembre 2010, è da correlare non tanto all’attestazione, mediante
sottoscrizione, della regolarità tecnica dei decreti in questione, bensì
al concreto comportamento causalmente rilevante tenuto nella
vicenda. E ciò, in quanto, non vi è nella normativa di Ater, come
rilevato dalle parti convenute e non smentito con valide e convincenti
argomentazioni dal PM, una norma simile all’art. 49 del Tuel (d.lgs n.
267/2000), che dispone che su ogni proposta di deliberazione,
79
sottoposta alla giunta ed al consiglio, “deve essere richiesto il parere
in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio
interessato”, teso a certificare la regolarità dell’atto sotto il profilo del
corretto svolgimento dell’istruttoria e dell’idoneità dello stesso a
raggiungere gli obiettivi dell’azione amministrativa dell’Ente. In breve,
il funzionario comunale che rende tali pareri non è estraneo, ma
pienamente
partecipe
al
procedimento
di
formazione
della
deliberazione considerata, discendendone, per ciò, una sua piena
responsabilità amministrativa proprio perché il parere di regolarità
tecnica attiene a tutti gli aspetti dell’azione: merito, efficacia ed
efficienza.
Ciò chiarito, rileva il Collegio che sia la non corretta applicazione della
regola di evidenza pubblica sull’avviso di locazione, che ha portato il
Direttore ad avviare una procedura di assegnazione diretta, in
mancanza comunque di altre idonee offerte, sia l’eventuale irregolare
ordinazione di una spesa non configurano di per sé un danno
illegittimo alle finanze dell’Ater di Venezia, dovendosi a tal fine
dimostrare
l’inutilità
della
procedura
ovvero
della
spesa,
la
diseconomicità della stessa, nonché la sua estraneità ai fini
istituzionali dell’Ente o quanto meno l’insussistenza di un pubblico
interesse alla erogazione disposta.
In specie, se è vero che con delibera n. 83, del 31 maggio 2010, il
Consiglio
di
Amministrazione
di
Ater
Venezia
decideva
di
“...provvedere alla vendita del patrimonio ad uso non abitativo sfitto in
situazioni di condominio non più ritenuto rilevante sotto l’aspetto
80
patrimoniale, né meritevole per un riutilizzo locativo sotto l’aspetto
economico indicato nell’elenco predisposto dal Servizio Attività
Immobiliari”, incaricando il Direttore di “...ogni altro adempimento
necessario all’attuazione del presente provvedimento...”, delibera che
recava in allegato la lista degli immobili, tra i quali, in testa, il locale
oggetto di causa, altrettanto vero è che il Direttore, forte dei poteri di
gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, derivanti allo stesso
dall’art. 11 della legge regionale n. 10 del 1995, e dall’art. 14, dello
Statuto Aziendale, che conferisce al medesimo ogni attività gestionale
ed organizzativa che non sia espressamente attribuita dalla legge
istitutiva
o
dallo
statuto
alle
competenze
del
Consiglio
di
Amministrazione o del Presidente, ha ritenuto opportuno dover
intervenire sulla predetta deliberazione, sottraendo alla vendita, la cui
diseconomicità della scelta era palesata dalle aste di vendita andate
deserte (l’ultima delle quali conclusasi appena il 10 febbraio 2010),
l’immobile per cui è causa, scelta da ritenere, per ciò, non
irragionevole e non in contrasto con i fini istituzionali perseguiti
dall’Azienda (tra i quali quello di dismettere gli immobili di proprietà
con un realizzo che quanto meno si avvicini al prezzo di mercato e
senza, quindi, porre in essere svendite gravemente disutili e fonti di
danno).
Peraltro, con comunicazione dell’11 febbraio 2011, il Direttore Marcon
informava, gli Uffici interni di Ater e per conoscenza il Presidente,
della sospensione della delibera del C. di A. n. 83, del 31 maggio
2010, con riferimento alla alienazione degli immobili sfitti e affittati ad
81
uso diverso da abitazione situati nel centro storico di Venezia, senza
che, in atti, risulti una presa di posizione del C. di A. e del Presidente
dell’Ente atte a smentire l’operato del Direttore, ratificandone così il
concreto agire.
In specie, giova ricordare, l’immobile in questione è stato oggetto sia
di aste di vendita che di avvisi di locazione, andate deserte e con
prezzo
progressivamente
decrescente,
le
prime,
con
risultati
diseconomici rispetto al canone a base d’asta, le seconde.
Infatti, con delibera n. 151, del 09 luglio 2007, Ater si è determinato
alla vendita, mediante asta pubblica con il metodo delle offerte
segrete, del patrimonio non abitativo sfitto, comprendente anche
l’immobile sito in Venezia, Calle del Ferau n. 917, in ogni caso non
inserito tra gli immobili di pregio di cui alla Delibera di G.R. n. 1495,
del 20 settembre 2011, recante “Elenco degli immobili di pregio di
proprietà dell’Ater di Venezia da avviare alla vendita”, senza
distinzione alcuna tra immobili ad uso abitativo e non, come vorrebbe,
invece, far intendere il PM,, adibito sino al 30 aprile 2006 ad uso
negozio - tipo macelleria, sfitto dal 1° maggio 2006, vendita da
eseguire sulla base delle schede di individuazione del prezzo di
mercato, come compilate dal Servizio Attività Immobiliari, tenuto conto
del parere di congruità di competenza dell’allora Agenzia del Territorio
(ora Agenzia delle Entrate).
Orbene, l’Agenzia del Territorio, con nota n. 8058, del 03 agosto
2007, forniva il parere di congruità tecnico – economica per l’unità
immobiliare in questione, avente una superficie di 46 mq, calcolato,
82
atteso che lo stesso <<...si trova in mediocri condizioni
manutentive...>> e che <<...per un suo ripristino funzionale
necessita di ristrutturazione con rifacimento di tutti gli impianti
tecnologici>>, nella misura di € 179.400,00, e che, per ciò,
consentiva di ritenere congruo il valore assegnato da Ater in €
175.000,00.
Sulla base di tale valore è avviato il primo avviso d’asta in data 19
febbraio 2008, che si concludeva con certificazione, in data 27 marzo
2008, che “nessuna offerta” era stata presentata.
Un nuovo avviso di asta pubblica, per la vendita di 39 unità
immobiliari, compresa quella di causa, è stato pubblicato, a seguito
della Deliberazione n. 32, del 23 febbraio 2009, del C. di A., il 10
marzo 2009, con un prezzo a base di asta, per l’immobile “de quo”,
pari a € 161.000,00, che scontava una percentuale di riduzione del
valore pari all’8%, ossia di € 14.000,00, conclusasi anche questa
senza offerte.
Da ultimo, con deliberazione n. 195, del 18 dicembre 2009, si
disponeva un ulteriore avviso, pubblicato il 14 gennaio 2010, per la
vendita di 35 immobili, compreso quello odierno, per l’occasione
recante il valore di € 145.000,00 a base d’asta, con una riduzione del
17,14% rispetto al prezzo originario, procedura dichiarata, in data 09
febbraio 2010, deserta per assenza di offerte.
Anche l’avviso di locazione dell’anno 2006, di cui al Decreto n. 475,
del 22 maggio 2006, del Direttore, non aveva sortito migliori effetti per
Ater, atteso che l’immobile in questione, condotto in locazione sino al
83
marzo 2006, lasciato libero dal precedente locatario per ragioni
economiche e per il mancato rendimento della zona in termini
commerciali, era collocato sul mercato locativo a un prezzo base di €
475,00, oltre IVA, somma nettamente inferiore ad € 550,00 in
precedenza versati dal locatario, procedura di evidenza pubblica che
non giungeva a buon fine giacché erano presentate offerte di gran
lunga inferiori, ritenute dall’Azienda economicamente non percorribili.
Ora, se questa era la situazione, non può ravvisarsi alcuna scelta
irrazionale ed antieconomica, nell’operato di Ater, e del suo Direttore,
nel momento in cui dispone l’esecuzione di lavori di manutenzione,
anche straordinari (e pur se una parte delle opere non erano previste
in un piano annuale di manutenzione straordinaria, come dichiarato al
R.U.P., Ing. Contarin, e al D.L., geom. Fogarin, dall’Arch. Spiazzi,
perché imposte dall’urgenza), necessari per recuperare l’immobile in
questione alla vendita, da svolgere anche mediante trattativa privata
(come più volte sollecitata all’esito delle aste andate deserte nelle
Delibere in atti del Consiglio di Amministrazione), ovvero a una
locazione diversa da quella di negozio, atteso che il bene in denuncia
non risultava formalmente compreso nell’elenco di quelli di pregio che
la Regione Veneto indicava come quelli da vendere (cfr. la D.G.R. n.
1495, del 20 settembre 2011).
In sostanza, se è pur vero che l’Azienda aveva necessità di reperire
risorse economiche per far fronte alle esigenze di manutenzione
straordinaria del vetusto patrimonio abitativo, purtuttavia ciò non
poteva avvenire, come suggerito dal PM, spogliandosi di un bene a un
84
prezzo vile, quale poteva realizzarsi avviando una quarta asta
pubblica di vendita, che avrebbe visto il valore a base di asta, ridursi
per lo meno di un ulteriore 15%, né tampoco può sostenersi, come fa
l’Attore medesimo, che, in assenza di offerte di acquisto e locative, la
scelta di eseguire i lavori, a parere dei Giudicanti non integranti una
spesa spropositata, era da ritenere contraria ai principi di economicità,
efficacia, efficienza dell’agire dell’Azienda.
Di tutta ragione che l’opzione di tenere sfitto l’immobile de quo e
senza alcun intervento, o nella misura e per le opere indicate
dall’Attore (che in specie si surrogava all’Amministrazione nelle scelte
operate ed operabili), non avrebbe di certo reso appetibile il bene per
il mercato.
Dei lavori, come emergente dalla relazione del 13 giugno 2013 della
Guardia di Finanza, era incaricata, dal Direttore Ater, nel Decreto n.
429, del 06 settembre 2010, l’Impresa Edile Catto s.n.c., di Catto
Giampaolo e Catto Omar, in forza del contratto di appalto stipulato da
Ater il 19 febbraio 2009, avente ad oggetto “Manutenzione nel
patrimonio in gestione relativo a n. 999 alloggi e n. 29 negozi da
effettuarsi nel periodo 1° gennaio 2009 – 31 dicembre 2011 in Zona 8
–
mandamento
di
Venezia
Cannaregio
–
Castello,
Sestieri:
Cannaregio, Castello e Sant’Elena”. In breve, a mente dell’art.2,
rubricato “Oggetto dell’appalto” “La Stazione appaltante...affida
all’appaltatore...l’appalto relativo ai lavori pubblici di manutenzione del
patrimonio in gestione, relativo ai 999 alloggi e a n. 29 negozi...”,
senza operare alcuna distinzione tra interventi di ordinaria e
85
straordinaria manutenzione, prevedendo quale corrispettivo l’importo
di € 01.195.810,99, oltre I.V.A. nella misura di legge (art.3), importo
che resta fisso e invariabile, mentre è ammessa la revisione prezzi
nelle ipotesi previste dai commi da 4 a 8 dell’art. 133, del d.lgs n.
163/2006 (art. 4), ossia nelle ipotesi in cui il prezzo di singoli materiali
subisca variazioni in aumento o in diminuzione per effetto di
circostanze eccezionali.
Inoltre, l’art.11 –bis, delle norme che regolano il suddetto rapporto, ha
previsto che “la stazione appaltante può autorizzare l’Appaltatore ad
effettuare subappalti nel rispetto delle disposizioni di legge in materia
e in particolare dell’art.118 del d. lgs n. 163/2006, e nei limiti indicati
dall’Appaltatore stesso nell’offerta presentata in sede di gara per
l’affidamento dei lavori di cui al presente contratto”.
In ragione di tale previsione, in data 18 marzo 2009 l’Ater aveva
autorizzato la Catto s.n.c. a subappaltare lavori per specifiche
categorie e per valori specifici alla Cooperativa Meolese di Meolo
(VE), che in data 02 agosto 2010 inviava un preventivo inerente i
lavori da essa ritenuti necessari per la ristrutturazione dell’immobile de
quo, pari a € 57.704,70, IVA al 20% esclusa. I predetti lavori, eseguiti
da ottobre 2010 a febbraio 2011, erano oggetto della nota spese per €
49.686,05, IVA al 20% esclusa, presentata dalla Ditta Catto s.n.c.
all’Ater e contenente prezzi nuovi (“NP”) relativi ad alcune voci: la
demolizione della cella frigorifera e l’installazione di un impianto di
climatizzazione con pompa di calore; quanto alla sostituzione dei
serramenti, eseguita nel novembre 2010 da ditta diversa da quella
86
aggiudicataria dell’appalto (ditta Catto) e da quella intervenuta in
subappalto (Cooperativa Meolese), si è proceduto, invece, con
affidamento
diretto
alla
ditta
“Agostinetto
Serramenti”
(ditta
specializzata), attesa l’urgenza di sostituire vetrine fatiscenti e
pericolanti. Orbene, il direttore dei lavori, geometra Fogarin, non
evocato in giudizio dalla Procura, come emergente dalla relazione
della G.di F. del 13 giugno 2013, con dichiarazione a contenuto
tecnico
chiariva,
quanto
all’impianto
di
riscaldamento,
opera
assertivamente considerata non necessaria dal Requirente e che nel
preventivo della Cooperativa Meolese recava un costo di € 05.804,98,
“di aver ritenuto più opportuno optare per l’installazione di tale tipo di
impianto in luogo di un intervento sul preesistente impianto di
riscaldamento, ritenuto più oneroso sia dal punto di vista del costo che
dei tempi di lavoro”.
Inoltre, nel corso dei sopralluoghi effettuati presso l’immobile (ottobre
2010) dal direttore dei lavori, geometra Fogarin, e dall’Arch. Stefania
Spiazzi, Responsabile del Servizio Manutenzione di Ater, emergeva la
necessità di interventi sulle vetrate “ad elle” che “...erano pericolose
ed andavano messe in sicurezza con urgenza”.
Atteso quanto segnalato, da chi svolgeva le funzioni di direttore dei
lavori, ma anche dal Responsabile del Servizio Manutenzione,
trattandosi di vetrate non a norma che potevano rovinare sui terzi in
transito sulla pubblica via, con Decreto n. 614, del 29 novembre 2010,
quest’ultimo intervento, non più compreso nei lavori edili in
precedenza affidati alla ditta Catto, è stato affidato con procedura
87
diretta, nei limiti di spesa previsti dall’art. 8 del Regolamento per
l’Esecuzione dei Lavori in Economia.
Infatti, tale disciplina prevede che “...in caso di urgenza il dirigente di
Area può affidare ad imprese di fiducia, mediante trattativa diretta,
l’esecuzione dei lavori con un limite di spesa di € 20.000,00 per
ciascun intervento”. Nel decreto del Direttore Marcon, figuravano sia i
motivi di urgenza, sia le cause che l’hanno provocata sia i lavori
necessari per rimuovere tali motivi, atteso che “...le vetrine dei locali
sono ormai vetuste, non garantiscono più le chiusure necessarie per
contenere il costo del riscaldamento durante il periodo invernale e
presentano dei pericolosi cedimenti delle strutture”. In ragione di
tanto, si procedeva all’affidamento diretto, per € 14.200,00, oltre IVA,
alla ditta “Agostinetto Serramenti”, che come dichiarato alla Guardia di
Finanza dal direttore dei lavori, geometra Fogarin, era stata “già
utilizzata per interventi simili, nei quali si era verificata la necessità di
realizzare serramenti di ampia dimensione con l’utilizzo di profili
antisfondamento”.
La conferma di quanto precede si aveva, infatti, in sede di audizione
del Direttore dei Lavori, geometra Evandro Fogarin, da parte della
Guardia di Finanza in data 10 giugno 2013, nel corso della quale
precisava: “la necessità, tipologia e il costo dell’intervento” erano
valutati dal Servizio manutenzione, che in specie non ha utilizzato per
le valutazioni di competenza il preventivo della Cooperativa Meolese.
Per ciò, a seguito dei sopralluoghi, l’intervento era di massima
formalizzato nel buono d’ordine n. 2010/1975 recante i seguenti dati:
88
“Budget:2011 – 520703.20.08. Manutenzione ordinaria Ater Venezia
Cannaregio Castello. Lavori da eseguire: Ristrutturazione negozio con
rifacimento
bagno
vetusto,
demolizione
cella
frigorifera
con
trasformazione in stanza f. ep.o. di cartongesso per rivestimento delle
pareti e delle controsoffittature dei locali, lucidature pavimenti come
da disposizioni della D.L. nel sopralluogo odierno”.
A tali parziali nuovi lavori erano da aggiungere quelli afferenti
l’impianto di climatizzazione a pompa di calore e di sostituzione dei
serramenti.
Un tanto premesso, ritiene il Collegio di non ravvisare alcuna
anomalia in ordine alle modalità di affidamento dei lavori, giacché nel
primo caso i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione, con
presenza di prezzi nuovi per la demolizione della cella frigorifera e
l’installazione dell’impianto di riscaldamento con pompa di calore,
comunque
ammessi,
dal
Servizio
Manutenzione,
previa
predisposizione dell’atto di sottomissione sottoscritto in data 04
febbraio 2013, dal D.L., geometra Fogarin, e dall’impresa, autorizzato
dal R.U.P. (ing. Contarin), che verbalizza il concordamento di tali
nuovi prezzi, sono stati affidati alla ditta Catto, individuata con
procedura di evidenza pubblica, quale “impresa aggiudicataria
dell’appalto
di
manutenzione
ordinaria
–
straordinaria
del
mandamento Venezia centro storico Cannaregio Castello”, con
autorizzazione del subappalto alla Cooperativa Meolese in data 18
marzo 2009, da parte di Ater Venezia, per diverse specifiche di lavori:
in specie, i lavori edili rientravano nell’appalto già aggiudicato alla ditta
89
Catto, con valorizzazione, in ipotesi, dei prezzi nuovi per le opere
aggiuntive, così come reso evidente dall’applicato ribasso d’asta da
esso appalto previsto.
Quanto alla sostituzione dei serramenti, con applicazione di vetrate
antisfondamento a tutela dell’integrità dei terzi, l’affidamento avveniva
con trattativa diretta a ditta di fiducia, già utilizzata per simili interventi,
nei limiti di spesa previsti dall’art. 8, del Regolamento per l’Esecuzione
dei Lavori in Economia, e dall’art. 125 del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163,
prevedente al comma 8, ult. parte, che “Per i lavori di importo inferiore
a quarantamila euro è consentito l’affidamento diretto da parte del
responsabile del procedimento”.
Per ciò, in specie, non è dato riscontrare alcuna infrazione alle regole
di evidenza pubblica in ordine alle modalità e ai limiti di affidamento
dei lavori di ristrutturazione e di sostituzione dei serramenti, con
applicazione di vetrate antisfondamento.
Soggiunge, il Collegio, che i lavori in questione erano anche
indispensabili per potere utilmente collocare il bene sul mercato per la
vendita ovvero per la locazione, anche con diversa destinazione
urbanistica (impregiudicata ogni questione afferente la preventiva
richiesta di D.I.A. o di Permesso per costruire).
Orbene, la Procura Erariale rilevava, in specie, che non tutte le opere
erano strettamente necessarie, salvo poi affermare che: “(...) è molto
difficile verificare quali lavori si rendevano assolutamente necessari e
quali non lo erano...”, questione risolta dal medesimo Attore con
considerazioni che penetravano l’opportunità e la convenienza
90
dell’azione di spesa in denuncia. Detto altrimenti, il P.M. pur non
sostenendo l’impossibilità di provare quali opere fossero necessarie e
quali non lo fossero, espressione che, in termini sostanziali, verrebbe
ad incidere sull’an del danno escludendone la sua ontologica
sussistenza, ma solo che era molto difficile provare tale operazione,
ravvisava di poter perseguire tale intento sostituendosi all’Azienda e,
quindi, ai responsabili di Area e dei Servizi, nelle valutazioni di
opportunità e convenienza dagli stessi eseguite, quali quelle di
realizzare l’impianto bagno in una dimensione in luogo di un’altra,
ossia “non era necessario il rifacimento totale del bagno”, non era
strettamente necessario l’impianto di riscaldamento autonomo, non
era necessaria “la fornitura e posa di serramenti in alluminio con
sovrapprezzo antisfondamento”, risultando bastevole applicare delle
pellicole protettive alle vetrate (il tutto a pagg. 12 e segg. dell’atto
introduttivo), con il risultato di non fornire la prova dell’an del danno da
spese non necessarie e spropositate, se non travalicando la riserva di
amministrazione, che ravvisa, il Collegio, non essere consentito alla
Procura Regionale.
In sostanza, l’asserito danno, da ristrutturazione ritenuta non
interamente necessaria, deve essere provato (e non lo è stato)
dall’Attore in termini di “an”, secondo le regole ordinarie, atteso che
<<...l’art. 1226 c.c. conferisce al Giudice l’esercizio del potere
discrezionale di liquidare il medesimo in via equitativa, a condizione
che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che, quindi, risulti
oggettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte
91
interessata, provarne il suo preciso ammontare>> (cfr. Corte di Cass.,
2^ Sez. civ., 15 ottobre 2013, n. 23346).
Alla stessa stregua alcun ausilio reca alla fattispecie di causa
l’esistenza di un preventivo di spesa risalente al 12 dicembre 2006,
per € 17.612,61 (importo che, in versione verosimilmente attualizzata,
il Requirente ravvisava adeguato ma al minore intervento), atteso che
la cura del pubblico interesse, al fine di operare le migliori scelte
gestionali e individuare i migliori strumenti da utilizzare per perseguire
i fini istituzionali, deve essere attualizzata al momento in cui sono stati
decisi i lavori, settembre e novembre 2010, in una con la difficoltà di
vendere o locare il bene de quo con l’originaria destinazione
urbanistica.
In breve, a fine 2006 si era ipotizzato un intervento di minore rilevanza
poiché si teneva ferma la destinazione commerciale dell’immobile,
ipotesi non più ritenuta percorribile nel 2010 dal Direttore Marcon, e
neppure smentita dal Consiglio di Amministrazione di Ater, per i
risultati negativi delle aste di vendita recentemente svolte. Pertanto,
l’Ente, e per esso i Responsabili di Area e dei Servizi di interesse,
ritenevano che la ristrutturazione, con successivo mutamento della
destinazione d’uso, avrebbe potuto rendere più appetibile il bene sul
mercato della vendita e della locazione.
A tal riguardo, i lavori eseguiti andavano ad incidere su un immobile
“...in mediocri condizioni manutentive” che “...per il ripristino funzionale
necessita di ristrutturazione con rifacimento di tutti gli impianti
tecnologici” (così parere dell’Agenzia del Territorio già al 03 agosto
92
2007), compreso l’impianto di riscaldamento e la sostituzione delle
vetrate, poiché certificate, in sede di sopralluogo, come vetrate non a
norma e pericolose per l’incolumità pubblica.
In sostanza, la spesa sostenuta per i lavori edili, ridotta in virtù del
ribasso d’asta, obbligatorio nei rapporti tra la ditta Catto e l’Azienda
Ater di Venezia, a € 31.393,96, oltre IVA, in luogo di € 57.704,70, da
preventivo della Coperativa Meolese, e di € 49.686,05, oltre IVA,
come da nota spese della ditta Catto, e la spesa sostenuta per i
serramenti, pari a € 14.210,50, oltre IVA, non ravvisa il Collegio
possano ritenersi sproporzionate se raffrontate ai costi che gli
interventi di manutenzione hanno, di norma, nella città di Venezia.
Pertanto,
l’intervento
affrontato
era
da
ritenere
razionale
e
proporzionato allo scopo perseguito in concreto. Inoltre, lo stesso non
può dirsi contrario ai criteri di economicità ed efficacia, in quanto
contraddistinto da un uso accorto delle risorse, per essere stata la
spesa di maggior rilevanza inserita all’interno dell’appalto in essere
con la ditta Catto con assoggettamento al ribasso d’asta, che ha
interessato anche le somme previste in preventivo in misura più
elevata per l’impianto di riscaldamento, per il rifacimento del bagno e
la rimozione della cella frigorifera.
Di tal ché non è dato, al Collegio giudicante, ravvisare un agire di
Ater, e per esso degli odierni convenuti, contrario alle regole di buona
amministrazione, atteso il fine specifico che si intendeva raggiungere
e la spesa non spropositata per realizzarlo, id est recuperare il bene al
mercato della vendita o della locazione, quindi renderlo appetibile
93
sotto tali profili. Il concreto comportamento, serbato da chi ha agito, è
ritenuto dal Collegio tanto logico quanto congruo e proporzionato,
espressioni della coerenza della scelta di eseguire i lavori rispetto al
fine di pubblico interesse imposto di provvedere ad allocare utilmente
un immobile che non solo non si era riusciti da oltre quattro anni a
locare, ma che non presentava, rebus sic stantibus, utili prospettive di
alienazione a prezzo di mercato. Di tal ché, le condotte in denuncia
non si ravvisa possano integrare neanche la correlata colpa grave,
risultando assenti in esse macroscopiche divergenze dal modello
legale – ordinamentale.
A tanto consegue il proscioglimento dei convenuti dagli addebiti loro
contestati. In ragione dell’assoluzione nel merito, attesa la natura di
parte solo in senso formale della Procura Regionale della Corte dei
conti, che promuove e partecipa ai giudizi di responsabilità
amministrativa dei pubblici amministratori e dipendenti quale portatore
non dell’interesse particolare dell’Amministrazione, ma di quello
generale dell’Ordinamento giuridico (così Corte di Cassazione SS.UU.
civili, 02 marzo 1982, n.1282, 02 ottobre 1998, n.9780, 02 aprile 2003,
n.5105, 15 gennaio 2010, n.519/10), le spese processuali gravano (ex
art. 91 c.p.c.) sull’A.T.E.R. di Venezia, nel cui interesse, comunque,
ha agito in giudizio il Procuratore contabile, quale suo rappresentante
processuale ex lege, giacché esso è il soggetto che si assumeva leso
e a cui vantaggio è stato chiesto di devolvere gli importi da risarcire
nel caso di mancato proscioglimento dei convenuti.
In specie, il compenso dell’avvocato, rapportato all’importanza
94
dell’opera prestata, e il rimborso delle spese forfetarie nella misura del
15% sul totale della prestazione, deve avvenire secondo i parametri di
cui al recente D.M. n. 55, del 10 marzo 2014 - in Gazzetta Ufficiale n.
77, del 2 aprile 2014 - (artt. 2 e 4), recante la specifica tabella n. 11
per le spese inerenti i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, vigente dal 3
aprile seguente e applicabile alle liquidazioni successive alla sua
entrata in vigore. Quanto alla determinazione del valore della
controversia, l’art.5, comma 3, dispone che “Nelle cause davanti agli
organi di giustizia...nella liquidazione a carico del soccombente si ha
riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che riceve
tutela attraverso la decisione...”: in specie, l’entità economica
dell’interesse sostanziale ricevente tutela dall’attivazione del giudizio è
costituita, per i convenuti, con adattamento della predetta norma al
giudizio contabile, in cui è presente il PM richiedente per conto
dell’Amministrazione importi a titolo di danno, dal quantum che lo
stesso pretendeva ab origine dai medesimi, giacché ogni singola
attività difensiva era da parametrare ad esso. Per ciò, il Collegio,
considerato che le spese di lite devono liquidarsi in favore di tutti i
convenuti, attese le fasi d’interesse per il giudizio contabile (fase di
studio, introduttiva, istruttoria e di trattazione, nonché decisionale),
quanto previsto dalla tabella 11 allegata al citato D.M. n. 55/2014,
considerati gli scaglioni di riferimento con riguardo alle posizioni
dell’Ing. Marcon, dell’Ing. Contarin e del Rag. Zane, ai quali il PM
richiedeva il 30% cadauno di € 34.956,81 (danno complessivo), ossia
€ 10.487,04, e all’Arch. Spiazzi il restante 10%, ossia € 03.495,68,
95
importi tendenti verso la parte più bassa della forbice di valore e,
quindi, in applicazione dell’art. 4, comma 1, prevedente che i valori
medi corrispondenti allo scaglione possono essere aumentati, di
regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50%, per la fase
istruttoria sino al 70 per cento, liquida in favore dei difensori di 1)
Marcon Aldo Luciano, l’importo complessivo, a titolo di compenso e
per spese forfetarie, di € 02.206,28 (di cui € 01.918,50, per
compenso, ed € 287,78, per spese nella misura del 15% dell’importo
della prestazione), nell’interesse del patrono di 2) Giampaolo Zane,
l’importo di € 02.206,28 (di cui € 01.918,50, per compenso, ed €
287,78,
per
spese
nella
misura
del
15%
dell’importo
della
prestazione), in favore del difensore di 3) Domenico Contarin,
l’importo complessivo di € 02.206,28 (di cui € 01.918,50, per
compenso, ed € 287,78, per spese nella misura del 15% dell’importo
della prestazione), e in favore dei patroni di 4) Stefania Spiazzi,
l’importo complessivo di € 01.311,58 (di cui € 01.140,50, per
compenso, ed € 171,08, per spese), somme tutte da maggiorare di
I.V.A., qualora dovuta, e del contributo integrativo a titolo di Cassa
Previdenza Avvocati.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Veneto,
disattesa
ogni
contraria
istanza,
deduzione
od
eccezione,
definitivamente pronunciando, previo rigetto dell’eccezione di carenza
di giurisdizione, proscioglie, nel merito, gli odierni convenuti dagli
addebiti loro ascritti.
96
Liquida in favore dei patroni degli stessi l’ammontare onnicomprensivo
del compenso e delle spese forfetarie del 15%, da porre a carico
dell’A.T.E.R. di Venezia, nelle seguenti misure: 1) € 02.206,28, per le
difese di Marcon, 2) € 02.206,28, per il patrono di Contarin, 3) €
02.206,28, per il difensore di Zane, ed 4) € 01.311,58, per i patroni di
Spiazzi, oltre I.V.A. (se dovuta) e C.P.A.
Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di
competenza.
Così deciso in Venezia, all’esito della pubblica udienza, nelle camere
di consiglio del 15 maggio e dell’11 giugno 2014.
Il Giudice Estensore
Il Presidente
f.to(Dott. Giovanni Comite)
f.to(Dott. Angelo Buscema)
Depositata in Segreteria il 25/06/2014
Il Funzionario preposto
f.to Nadia Tonolo