Non sono quello che dovrei essere

ISI “E. Fermi” – LUCCA - Area EDUCAZIONE ALLA SALUTE
PROGETTO “LA SCUOLA CHE NUTRE”
“GENITORI FIGLI….bello, difficile, importante”
PER DARE di più…, per dare di meno- PER ESSERCI.. PER dire NO!
PER STARE MEGLIO NOI e LORO - PER CONOSCERSI...e CAPIRLI…
Corso GENITORI 2014
Libri, articoli, spunti che possiamo somministrarci come ricostituenti:
Daniele Novara, Dalla parte dei genitori, Ed. Franco Angeli, 2009, € 17
Sperando di fare cosa gradita, pubblichiamo una sintesi dell’intervento di Daniele
Novara (pedagogista, direttore del Cpp - Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti)
che è stato nostro ospite e
INTERVENTO DI DANIELE NOVARA – 11 aprile 2011
sintesi a cura di Gabriella De Pietro e Angelo Albero
I problemi dell’adolescenza provengono sempre dall’infanzia, non esiste l’adolescenza in quanto
tale… 90 su cento sono stati adolescenti da lettone tardivo, sono stati bambini che
comandavano sui genitori, hanno passato troppo tempo davanti ai video schermi
Il periodo dell’adolescenza è un periodo equivoco dal punto di vista educativo. Nell’infanzia i
bambini si modellano sugli adulti, il bambino ama i genitori e cerca di modellarsi su di lui.
A partire dalla preadolescenza, dalla prima media il ragazzo/ragazza tende ad allontanarsi dai
genitori: un congedo dal nido familiare e l’ingresso nel mondo sociale, in particolare nel
gruppo dei coetanei.
La presa dei genitori sul ragazzo è molto diversa da quella che aveva nell’infanzia….i genitori
sono anche spaesati, improvvisamente si trovano un ragazzo/a che prima era attratto dai
genitori e ora manco vuole andare in vacanza con loro. Nell’infanzia questo non può succedere,
a 17 anni, se va volentieri con i genitori gatta ci cova…
E’ normale che un adolescente si allontani dal mondo dei genitori, entri in rotta di collisione
con loro, a volte mi preoccupano i genitori che dicono di avere rapporti bellissimi, intesa con i
figli….
I genitori si lamentano che i figli non li ascoltano: un adolescente che ascolta i genitori è una
rarità… anche a scuola hanno imparato l’ascolto catatonico. Quello che usavate nell’infanzia
non funziona più. Nell’adolescenza ci vuole una strategia più raffinata. Gli adolescenti non
rispondono alle nostre domande: “com’è andata a scuola”…”bene”.
Due avvertenze: il tema del dialogo diventa spesso il tema del discussionismo.
Dibattiti interminabili (il tema dei soldi ad esempio, sulla vita sessuale, sentimentale) che non
hanno una attinenza strettamente educativa.
Il genitore è l’educatore dei figli, non è l’amico dei figli…bisogna mantenere il proprio ruolo e il
ruolo si mantiene con la distanza. C’è la necessità di tenere uno spazio di rispetto e di dialogo
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educativo. Io non sono favorevole al genitore amico, gli amici li devono cercare fra i coetanei,
importantissimo questo fin dall’infanzia, devono stare tantissimo con i coetanei, si impara
tantissimo dai coetanei, l’apprendimento è soprattutto un fatto sociale. Quindi non c’è nessun
vantaggio nella figura dei genitori amici, il vantaggio è nella figura dei genitori educativi, quelli
di poche parole ma che mettono i paletti giusti.
Da una ricerca “Gli adolescenti e gli insulti ai genitori”. La risposta è stata interessante la
stragrande maggioranza ha risposto che insultano i genitori: solo il 23% dichiara di non
insultare i genitori, poi lavorando con dei giovani qui in Toscana è emerso che il termine
“scema” rivolto alla madre non è considerato un insulto, ma ha chiaramente una valenza
denigratoria.
Che vantaggio ha un genitore a farsi insultare, nessuno! Che vantaggio ha un ragazzo ad
insultare i propri genitori, nessuno perché perde il rispetto, la stima e la distanza del
genitore allora cosa facciamo: gli diamo una risposta stratosferica, gli spieghiamo tutto quello
che c’è da spiegare, gli parliamo del rispetto….ecco che comincia il discussionismo.
La questione centrale non è riavvicinarsi al figlio che ti ha insultato, ma allontanarsi. Da
parte del figlio è stato uno sconfinamento molto grosso, un comportamento che non gli serve.
Per fargli capire che è un comportamento inadeguato occorre fargli una segnalazione, non
tanto di carattere esortativo, moralistico, una sorta di predica dal pulpito, ma staccare la
spina, non parlargli più per almeno mezza giornata, una giornata. Con gli adolescenti si deve
attivare una sanzione affettiva basata sulla distanza, non avvicinarsi di più…
Non può funzionare attivare il discussionismo con ragazzi che rispetto a questo sono anche
piuttosto attrezzati.
Allora è anche un problema di gestione del conflitto….l’arrabbiatura segnala un elemento di
debolezza, il genitore che perde le staffe, che non riesce ad avere autocontrollo. Ti ha
insultato, devi cercare di gestire il conflitto, non lasciarti andare a tutte le tue emozioni,
oppure addirittura passare alle maniere forti.
Gestire il conflitto, stabilire una distanza, recuperare il proprio ruolo….ma questo non va fatto
in una dimensione individuale, non c’è nessuna possibilità di ottenere qualcosa dagli adolescenti
se non è una decisione presa nella coppia genitoriale. Evitate di prendere decisioni individuali.
La coesione educativa fra i due genitori che consente di costruire un sistema regolativo.
L’adolescente è un fiume, se non ha delle sponde non riesce ad arrivare fino al mare….si perde
prima.
Oggi più che un fiume gli adolescenti sembrano passeggeri in attesa in una stazione
aspettando un treno che non arriverà mai…sono bloccati in questa sala d’attesa…il treno della
vita tarda ad arrivare. Gli elementi depressivi tendono a prevalere rispetto agli elementi
energetici. Gli adolescenti di oggi sono stati troppo anestetizzati con la frequentazione dei
video schermi e principalmente la televisione… sono flosci. L’età media di uscita da casa è 30
anni e mezzo per i maschi e 29 e mezzo per le donne, in media 5 anni superiore al resto
dell’Europa.
La resistenza dei genitori è estremamente importante, non servono genitori inconsistenti dal
punto di vista educativo, che si aspettano l’amicizia dei figli piuttosto che essere dei punti di
riferimento. Lo scenario: adolescenti flosci e genitori peluches.
E anche la modalità dei comandi, che forse nell’infanzia poteva anche funzionare un
po’….diventa grottesca con gli adolescenti perché il mondo dei comandi non funziona più.
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E non funziona nemmeno attaccare sempre la persona (non combinerai mai niente, hai
sbagliato tutto, chissà dove andrai a finire….…) Invece di stare sul problema si attacca la
persona.
Sulla gestione del conflitto abbiamo un sacco di informazioni e di cultura nuova che potremmo
anche utilizzare…. innanzi tutto prendere tempo e non stare sulle provocazioni degli
adolescenti, la loro comunicazione è tutta una provocazione!
1. Prendere tempo
2. Stare sul problema
3. e non attaccare l’adolescente che paradossalmente poi vi mette in buca facendo l’offeso,
facendovi sentire in colpa, e ci riesce quasi sempre.
4. Creare uno spazio in cui si possa affrontare la questione.
5. Dare regole, regole negoziate ma chiare!
Le regole sono un elemento importantissimo, sono queste sponde che dicevamo.
La regola non è un comando, non è un’esortazione, è un concetto organizzativo: “sei qua, vivi
con noi, dobbiamo organizzarci”. (Eviterei di lasciare il computer nella loro camera,
consiglierei di mettere il computer in una zona open della casa, e lascerei la televisione
spenta).
Non dobbiamo avere paura dei conflitti con gli adolescenti, come direbbe Kant:
“è la resistenza dell’aria che consente il volo!”
DOMANDE
- Le punizioni servono a 16/17 anni?
- Il silenzio, un ragazzo che non parla con i propri genitori, come ristabilire un colloquio.
- Come comportarsi con l’adolescente che non vuole ascoltare
- Insulti….dopo la distanza, chi si avvicina?
- Come si fa a negoziare le regole senza diventare incoerenti
- Come si fa a condividere le regole fra genitori?
- Come parlare ai ragazzi, dare loro informazioni senza discussionismo?
- Negoziare le regole come non cadere nel discussionismo o nel comando
- Li abbiamo fatti noi così…in che cosa stiamo sbagliando?
Il tema della comunicazione, comune a molte domande, è un tema scottante e difficile.
Bisogna partire da una posizione educativa non legata alla “pretesa” comunicativa ma
all’orientamento educativo.
Se non ci sono segnali di disagio particolari, perché preoccuparsi del fatto che il ragazzo non
ti parla?
Ai genitori di solito parlano gli psicologi che sono assolutamente nella linea “bisogna parlare
con gli adolescenti”. Io sono controcorrente e non sono assolutamente di quest’idea, lo dico
senza mezzi termini. Io sono dell’opinione che non ci debbano essere segnali di disagio. Se
avete un ragazzo che è stato in coma etilico un paio di volte e vi parla molto….che vantaggio
avete?
Cosa ci interessa, che il ragazzo faccia la sua vita o che faccia la nostra?
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Arrivati all’adolescenza c’è lo snodo: nell’infanzia il bambino fa la nostra vita, non c’è dubbio,
nell’adolescenza cominciamo ad avere i dubbi che non faccia la nostra vita, quindi lo teniamo in
casa fino a 30 anni. Complimenti!
Oggi i ragazzi hanno una riluttanza ad affrontare la vita, dalla generazione precedente
vogliono un po’ di soldi, restare a casa più che possono…dove sono i nostri ragazzi?
Noi ci dobbiamo occupare di educare questi ragazzi o ci interessa che stiano con noi?
L’adolescente gradevole è improbabile, non ha senso aspettarsi l’adolescente gradevole, noi
dobbiamo aspettarci l’adolescente che si rimbocchi le maniche, che a scuola faccia il suo
dovere, che socializzi con i suoi compagni che d’estate pensi anche a lavorare, è
importantissimo, che cominci ad organizzarsi per la vita adulta, e non pensi che l’adolescenza
durerà per sempre.
Che è quello che rischia di succedere. Rischiano di restare in una sala d’attesa troppo lunga.
Un ragazzo su 4 non studia e non lavora, e non credo che il problema sia solo lo scarso
ricambio generazionale, penso che ci sia anche un deficit educativo in tutto questo:
preferiamo tenerli vicini piuttosto che sappiano affrontare la vita. Attenzione, ci possono
anche stare vicini, ma questo non è necessariamente un vantaggio. Quello che a loro serve è
stare nella realtà concreta, rimboccarsi le maniche, acquisire le competenze in un’età della
vita in cui acquisire competenze è di una rapidità impressionante. I nostri adolescenti
guardano di più all’infanzia che non all’età adulta, e questo atteggiamento consolatorio un po’
“peluche” di noi genitori non aiuta a farli diventare adulti. Più li teniamo appiccicati e più
rischiamo di farli restare dei bambinoni.
Le punizioni privative non servono assolutamente a nulla, non si capisce di cosa li si può
privare….hanno tutto. Sulla questione dei soldi si può lavorare. I soldi rappresentano il legame
affettivo fra i genitori e i figli e per questo che i soldi diventano il trait d’union di una
adolescenza interminabile.
“Non vogliono ascoltare”: il tema dell’ascolto è molto ambiguo. Il mio slogan, provocatorio,
meno dialogo con i figli e più dialogo fra i genitori, perché in questo momento la priorità è
riuscire ad organizzarci in funzione di un progetto educativo.
Ad esempio la scelta dell’università, siccome è molto complessa dovete metterci anche voi
qualcosa, non invito i genitori a scegliere per i loro figli ma neanche che perdano il primo anno
di università come fanno il 50% dei nostri ragazzi. Mandiamoli da qualcuno che faccia un po’ di
orientamento, evitiamo soluzioni particolarmente eccentriche…
Sul dialogo con i ragazzi bisogna anche saper aspettare, saper trovare le modalità, quando
bisogna farlo che non sia un interrogatorio. L’interrogatorio non funziona con gli adolescenti,
bisogna avere pazienza, trovare l’occasione e lo spazio giusti, non pretendere di entrare nei
temi più intimi dei nostri figli. Non vorrei che il tema dell’ascolto diventasse l’unico tema nel
rapporto fra genitori e figli perché poi rischia di mancare tutto il background educativo
formato soprattutto da regole per creare una organizzazione della convivenza che è
importantissima in quest’età.
Il tema degli insulti, quando c’è un insulto occorre esplicitare che si tratta di un’offesa, che
c’è qualcosa che non va. Una volta esplicitato è meglio tenere più distanza possibile, non
lasciarsi prendere dall’ingorgo della provocazione. Più si riesce a tenere distanza e più si
ottiene un risultato significativo.
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La negoziazione funziona se è un processo condiviso da entrambi i genitori, altrimenti diventa
un tira e molla poco utile. Una volta negoziata una regola, ad esempio un orario, poi i genitori
devono presidiare questa regola. L’organizzazione familiare e i rituali sono importantissimi, ad
esempio il pasto della domenica è un momento di riunificazione familiare, va organizzato.
Passare informazioni utili, fatelo! Senza pretendere di fare tante discussioni, se ci sono dei
contenuti che ritenete importanti, passateli. Non c’è nessun problema ad esprimere le proprie
opinioni, ma questa non deve diventare un’occasione per tiranneggiare o essere tiranneggiati
dei figli, diventa un modo per comunicare qual è il punto di vita dei genitori. E’ sempre meglio
un genitore che ha una posizione, con questa generazione di adolescenti, un genitore che non
ha una posizione. E’ meglio rischiare di avere una posizione, anche se poi non si rivela la cosa
migliore di questo mondo….è meglio rischiare. Volete mandarlo a lavorare d’estate? Fatelo, è
meglio che si confronti con un’idea, con una posizione che con il nulla. Siete contrari ai vestiti
firmati, non dategli i soldi. Siete contrari al fumo…esprimete una posizione. E se c’è qualche
conflitto, è meglio che nulla.
Negoziare con l’adolescente per trovare un accordo, un punto comune. Se questo è possibile
va bene, quando non è possibile, i genitori hanno la responsabilità educativa. E’ chiaro che un
genitore da solo non ce la fa, ma in due sì, in due ce la facciamo. E’ necessaria la presenza
educativa di entrambi i genitori.
“Cosa abbiamo sbagliato”. Penso che questa generazione di genitori sia una generazione
interessata, importante. I genitori oggi sono sempre coinvolti nell’imparare qualcosa di nuovo.
Oggi c’è un po’ la mancanza di questi elementi educativi, però poco alla volta ce la possiamo
fare. Anche voi qui stasera siete coinvolti in un progetto interessante. Non dobbiamo
dimenticare che i conflitti con i ragazzi ci sono, non si possono affrontare con la violenza,
saper stare nei conflitti è quello che ci chiedono. Saper stare nella resistenza, mantenere la
posizione educativa. Questo li porterà ad uscire di casa prima dei 30 anni, dovete decidere se
lo volete o non lo volete. Io penso che sia questo il vero problema dei genitori italiani: hanno
paura che il figliolo se ne vada.
Con gli adolescenti occorre saper gestire il conflitto perché sono provocatori, però il
conflitto lo gestiamo, prendendo tempo, evitando l’esplosione emotiva, evitando di attaccare la
persona, cercando di parlarne con il coniuge. E’ importante trovare uno spazio di decantazione
emotiva. I nostri ragazzi conoscono le nostre emozioni meglio di noi e quindi riescono sempre a
raggiungerci nei nostri punti deboli. Proprio per questo bisogna farsi aiutare stando nella
coppia genitoriale. Quando siamo in presenza di coppie separate, magari conflittuali, questa
istanza coesiva viene meno e il genitore solo deve fare sia da padre che da madre, non può
avere un atteggiamento consolatorio e compiacente con i figli, e neanche un atteggiamento
troppo duro, deve avere un atteggiamento dove prevale il paterno, perché a questa età deve
prevalere il paterno, ma che compenetri anche il materno. Una mamma che resta da sola non
può fare solo la mamma, deve fare anche il papà. Non è semplicissimo ma questo è lo sforzo
che si richiede..
Non sono quello che dovrei essere
E nemmeno quello che ho intenzione di essere
Però non sono quello di prima
(Scritta sulla parete di un pub in Germania)
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