Coop, i matrimoni riparatori delle 7 sorelle del mattone rosso CONIA SOLAECCEZIONE DELLA CMC DI RAVENNA, CHE TIENE GRAZIE AI LAVORI ALL'ESTERO, LE ALTRE SONO TUTTE ALLE PRESE CON FATTURATI IN CALO, DEBITI IN CRESCITA, ESUBERI DI PERSONALE. E L'UNICA SOLUZIONE È RITIRAR FUORI DAI CASSETTI TUTTE LE IPOTESI DI FUSIONE BLOCCATE DA ANNI PER RAGIONI DI CAMPANILE Bologna l mattone a marchio coop è in crisi nera. Dopo aver archiviato un 2013 da incubo, quasi tutte le grandi cooperative "rosse" delle costruzioni ora sono costrette a fare i conti con una serie di ristrutturazioni aziendali che rischiano di mandare all'aria centinaia di posti di lavoro. Dopo il taglio dei "rami secchi", la fase due prevede però un maxi processo di fusione tra i big della cooperazione per cercare di reggere la concorrenza, puntando con più forza anche sugli appalti esteri. Il baricentro della crisi è lungo la via Emilia, cuore pulsante delmovimento Legacoopesededeglistoricimarchilegati all'edilizia: le "sette sorelle" del mattone hanno tutte sede qui, dalle reggiane Unieco e Coopsettefinoalla Cesi di Imola, passando per Coop Costruzioni di Bologna e la modenese Cmb. In cima spicca la ravennate Cmc, la più grande coop di costruzioni del Paese e una delle poche che continua a macinare profitti, vincendo appalti in tutto il mondo. Specializzata in grandi infrastrutture, dai tunnel alle autostrade, oggi è terza nel mercato italiano, dietro solo a Salini-Impregilo e Astaldi, e ha appena festeggiato il miliardo di fatturato (iì 60% all'estero) e 10 milioni di utili. Le altre big, al contrario, hanno il fiato corto. Colossi, un tempo padroni del mercato, oggi si ritrovano "zavorrati" dal crollo degli appalti pubblici e paralisi delle compravendite. Una crisi che ha fatto lievitare soprattutto i debiti delle associate Legacoop, che in molti casi si sono svenate nel tentativo di salvare fatturati è dipendenti. Dai7,64 miliardi di euro, realizzati solo pochi anni fa, la produzione delle cooperative di costruzioni nel 2013 è così crollata a 6,35 miliardi. In fumo, oltre ai profitti, sono finiti più di mille posti di lavoro. Un conto che non include le decine aziende I alle prese, perlajpyima volta nella loro storia pluridecennale, cori cassa integrazione e contratti di solidarietà. Mentre ipatrimoni si assottigliano di anno in anno per far fronte ai "buchi" di bilancio. In attesa che riparta il mercato del mattone, le aspettative restano ai minimi storici: secondo un indagine Ancpl, l'associazione che raggruppa i costruttori della galassia Legacoop, una su tre ha già messo in conto di presentare ai soci un bilancio 2014 con ordini e fatturati ancora in calo. Sfiducia che si somma ai risultati dell'anno scorso con gli investimenti in edilizia residenziale crollati dell'11,5% (secondo l'Ance 0 settore è tornato ai livelli del 1967). Nell'ultimo biennio, i primi campanelli d'allarmenelmondocoopsonoarrivatida Reggio Emilia. Dove una dopo l'altra sono finite in concordato alcune storiche sigle. È il caso della Cmr, travolta da 150 milioni di euro di debiti. PojL-è stato il turno della Orion (in papste riassorbite dalla newco Cmr Edile). Infine i due colossi Coopsette e Unieco costrette al concordato preventivo dopo aver accumulato un debito monstre di 1,2 miliardi tra istituti di credito e fornitori. In un vortice che ha incluso crisi di liquidità, investimenti azzardati e appalti pubblici pagati in ritardo. Non senza responsabilità da parte dei manager, come ha ricordato in occasione della sua rielezione anche Carlo Zini, numero uno di Ancpl (che davanti a una platea di centinaia di colleghi ha parlato di «gruppi dirigenti che non hanno saputo tenere sotto controllo l'espansione del debito»). A "ballare" nel caso di Coopsette e Unieco sono oltre 2.500 posti di lavoro e un giro d'affari di quasi un miliardo. L'effettodominosièpoispostatoagli altri big del settore: in un solo semestre, a cavallo tra il 2012 e il 2013, tra i costruttori coop si sono registrati quattro fallimenti e 15 concordati, da nord a sud. AFirenze, ad esempio, è saltato per aria lo storico Consorzio Etruria, con tanto di indagine della Procura di Firenze legata al dissesto finanziario. Un tempo deus ex machina delle grandi opere a Bologna, e non solo, anche Coop Costruzioni naviga da anni in acque agitate. Il fatturato 2013 si è fermato a 170 milioni, lontano dai 229 milionLrealizzati cinque anni fa. Tanto che è iniziato un duro, e inedito, braccio di ferro con la Cgil sul destino di oltre 200 dipendenti per i quali l'azienda ha chiesto la cassa integrazione (ma i sindacati forse riusciranno a spuntare la solidarietà). Destino simile alla Cesi, dove allo studio c'è un piano per rientrare, almeno in parte, dai 378 milioni di debiti con le banche. Per migliorare i conti si puntasucassaintegrazioneperl30operai e solidarietà al 60% per gli impiegati (nel frattempo sono già saltati presidente e dg). Il giro di affari si è assottigliato anche per la modenese Cmb, altro colosso passato dai 640 milioni di euro del 2009 ai 529 milioni dell'ultimo bilancio. Pur raccogliendo commesse ai quattro angoli del Paese, l'azienda ha da poco firmato l'accordo per mettere in cig 262 lavoratori, mentre a Ravenna la coop Iter ha già depositato in tribunale la richiesta di concordato. Ma per molti non basta. Per arrestare il declino, infatti, i cooperatori "rossi" ora stanno aprendo il delicato capitolo delle fusioni. «Uniamoci o qui salta tutto» ripete quasi ogni giorno Giovanni Monti, presidente diLegacoopEmiliaRomagna. L'obiettivo è tagliare i "rami secchi" per unire in matrimonio aziende snellite nei costi e nelle strutture. In un vorticosa girandola di newco, bad company che riassorbono debiti e coop "salvatrici" che rilevano appalti e dipendenti. Gli esempi? Per sgravare la Cesi da due centri commerciali costruiti in Campania e in Sicilia è scesa in campo la cordata di cooperatori Hope. La coop toscanaL'Awenirehariassorbito soci e dipendenti dell'ex Consorzio Etruria con l'aiuto delle finanziarie "rosse" CoopFond e Finpass. Dopo le "forche caudine" del concordato, in Emilia Romagna sono iniziate invece le procedure di fusione tra Unieco e Coopsette, con un portafoglio lavori di 3 miliardi e la previsione di un taglio di 370 dipendenti nei prossimi anni. E già si ragiona di un unico polo tra Cesi, Iter e Coop Costruzioni. Piani di fusione, in realtà, pronti da anni ma finiti a lungo in soffitta a causa della crisi e le resistenze dei singoli "campanili". Progetti che le cure dimagranti, ormai avviate, stanno di colpo accelerando.
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