www.rcinews.it ISSN 2039-4225 • Mensile - anno XLI • Poste Italiane SpA – Spedizione in abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano progettare rinnovabiliriscaldamentoclimatizzazioneidronica L’involucro e gli impianti del grattacielo passivo Le regole fondamentali per l’installazione di un impianto solare Cogenerazione a biogas: emissioni e incentivi Sistemi e procedure per la pressurizzazione degli edifici giugno 2014 VISITA IL NUOVO SITO giacomini.com 163 80% milioni di € fatturati nel 2013 di esportazioni all’estero 130.000 m2 di stabilimenti produttivi 65 tonnellate d’ottone lavorate ogni giorno 1951 anno di fondazione 927 dipendenti 17 Filiali, Uffici di rappresentanza e Partner in esclusiva OGGI COME DOMANI, L’IMPIANTISTICA HA UN NOME SU CUI PUOI CONTARE. NORMATIVA Il problema delle emissioni nelle piccole centrali di cogenerazione a biogas Un efficace contenimento delle emissioni di centrali di cogenerazione a biogas è stato per lungo tempo trascurato: tuttavia, il nuovo assetto nazionale delle incentivazioni premia in modo significativo il trattamento degli inquinanti, sotto determinati limiti, nelle centrali di potenza inferiore a 300 kWe, purtroppo imponendo dei requisiti al momento quasi insostenibili. Cristiano Vergani 54 RCI n.6/2014 Nel recente passato, lo sfruttamento del biogas a fine energetico ha vissuto un momento di grande interesse come essenziale integrazione all’attività di numerose aziende agricole e di allevamento, anche in funzione del bilancio favorevole nell’emissione globale dei gas ad effetto serra e nella nitrificazione ambientale rispetto alla pratica della dispersione dei liquami sui terreni agricoli. Ormai, la sagoma dei grandi digestori anaerobici è diventata familiare e normale parte integrante del panorama delle zone a vocazione agricola e zootecnica del nostro Paese. Il biogas prodotto viene prevalentemente utilizzato come combustibile in motogeneratori destinati alla cogenerazione di energia elettrica, ceduta alla rete, ed energia termica, utilizzata prevalentemente per l’autoconsumo aziendale. Lo sviluppo di questi impianti è stato in gran parte determinato dalle incentivazioni basate sulla remunerazione dell’energia elettrica ceduta, ad una tariffa che per il periodo 2009-2012 è stata di 280 €/MWe per potenze < 1 MW, taglia prevalente in questa tipologia di applicazioni. Allo stato attuale, questi incentivi non esistono più: per il periodo 2013-2015, la Digestori anaerobici e generatori sono ormai parte stabile del panorama di molte regioni italiane a vocazione agro-zootecnica, con uno sviluppo di settore secondo in Europa alla sola Germania. nuova politica di incentivazione stabilita dal DM 06/07/2012 “Incentivi per energia da fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche” prevede, per gli impianti che rispettino determinate caratteristiche, degli incentivi differenziati che possono raggiungere, nel caso più favorevole (impianti di taglia inferiore a 300 kWe) un valore massimo di 306 €/MWe, compreso un “premio” supplementare per il rispetto dei limiti emissivi degli inquinanti riportati in un apposito allegato (Allegato 5), aspetto che da solo comporta una quota aggiuntiva di 30 €/MWh. In teoria, in quest’ultimo caso, sembrerebbe che la nuova politica di incentivi possa essere anche più premiante di quella passata ma, come al solito, non è tutto oro quello che riluce … L’intenzione di favorire gli impianti di piccola taglia e più rispettosi dell’ambiente sembra evidente nelle intenzioni del legislatore, però occorre vedere nel dettaglio le problematiche da affrontare per raggiungere questo traguardo, ovvero un percorso che nasconde alcuni aspetti problematici da valutare con grande attenzione: a prescindere dall’analisi dei vari “paletti” inseriti nel DM citato per rendere più difficile l’accesso agli incentivi, il rischio è quello di dovere affrontare, una volta superate tutte le difficoltà burocratiche, un processo di gestione costoso e complicato tale da mettere a forte rischio la convenienza dell’impresa. Insomma, se a prima vista le condizioni “tecniche” possono sembrare fattibili, ad un esame più approfondito appare abbastanza chiaro che il fine ultimo del decreto ministeriale è in realtà quello di scoraggiare la realizzazione degli impianti che finge di volere sovvenzionare, purtrop- po ancora una volta nel solco ben collaudato dei bizantinismi legislativi all’italiana. Gli inquinanti caratteristici I motogeneratori impiegati in questi impianti emettono allo scarico degli inquinanti che sono sostanzialmente i prodotti di combustione del metano, frammisti ad una quota di contaminanti presenti all’origine nel biogas utilizzato, che presenta una composizione tipica come riportato in tabella 1. La combustione naturalmente non è mai completa come potrebbe avvenire solo in un motore ideale, si tratta in realtà di un processo di ossidazione incompleta che genera, oltre a CO2 ed acqua, una serie di composti organici considerati complessivamente come COT (Carbonio Organico Totale). Tale quota comprende vari idrocarburi ed anche la formaldeide che, come vedremo, è un inquinante che riveste una particolare importanza. Il processo di combustione genera inoltre monossido di carbonio (CO) ed ossidi di azoto (NOx) e una quantità in genere limitata (per quanto riguarda il biogas) di particolato. La presenza di sostanze solforate (come H2S) nel comTab. 1 - Composizione del biogas prodotto da digestione anaerobica. Metano (CH4) 50-75% Anidride carbonica (CO2) 25-45% Idrogeno (H2) 1-10% Azoto (N2) 0,5-3% Monossido di Carbonio (CO) 0,1% Idrogeno solforato (H2S) 0,02-0,2% Acqua (H2O) Saturazione Tab. 2 –- Limiti di emissione degli inquinanti Allegato 5 DM 06/07/2012 per impianti di PTN ≤ 6 MWt. Inquinante Valori (mg/Nm3) NOx (espressi come NO2) 200 NH3 5 CO 200 SO2 150 COT 30 Polveri 10 bustibile comporta inoltre l’emissione di SO2 (diossido di zolfo o anidride solforosa). Il COT può essere inteso come COTNM, ovvero Carbonio Organico Totale Non Metanico, oppure come comprensivo anche del metano: questo è un aspetto controverso e di importanza decisiva al fine dei rispetto dei limiti di emissione previsti per questa tipologia di impianti. Limiti imposti Al fine di ottenere la quota supplementare di incentivi prevista dal DM 06/07/2012, è necessario il rispetto dei limiti indicati nel relativo Allegato 5, qui riportati in tabella 2, solo per quanto riguarda la classe di potenza termica nominale ≤ 6 MWt in cui ricadono gli impianti che stiamo considerando. L’Allegato 5, oltre a prescrivere questi limiti, obbliga all’installazione di un sistema SAE (Sistema di Analisi Emissioni), comprensivo di uno specifico analizzatore per ammoniaca (NH3) nel caso in cui sia installato un sistema SCR per l’abbattimento degli ossidi di azoto; il motivo è che tali sistemi utilizzano ammoniaca o precursori dell’ammoniaca come reagenti e possono comportare la presenza di residui ammoniacali al camino, tanto maggiori quanto più l’efficienza del reattore catalitico diminuisce in seguito a fenomeni di progressivo avvelenamento del catalizzatore da parte di sostanze contaminanti (come lo zolfo e il fosforo, comunemente presenti nel biogas). I limiti effettivi da rispettare nell’esercizio degli impianti sono imposti in sede di autorizzazione dalle Province o dalle Regioni di competenza, che hanno il potere di stabilire dei valori meno restrittivi rispetto a quelli del DM 06/07/2012 (ma non inferiori a quelli riportati dal T.U. Ambiente Dlgs 152/2006 e successivi aggiornamenti, che fissa i valori minimi delle emissioni in vigore sul territorio nazionale), oppure pari o persino più restrittivi. In pratica, in Italia esiste una situazione a “macchia di leopar- 55 RCI n.6/2014 Tipico gruppo motogeneratore alimentato a biogas, assemblato in container e dotato di un semplice catalizzatore ossidante per abbattimento del CO (non visibile in quanto installato internamente). Un eventuale trattamento completo delle emissioni richiederebbe una maggiorazione del catalizzatore ossidante e l’installazione di un catalizzatore SCR ed un post-combustore. do”, nella quale alcune amministrazioni “guida”, dove l’inquinamento è più elevato o la sensibilità ambientale è maggiore, pongono per prime dei limiti più restrittivi, mentre altre seguono gli stessi indirizzi a distanza anche di molti anni oppure si limitano ad applicare la normativa nazionale. Il risultato è che centrali di cogenerazione poste a pochi chilometri di distanza possono trovarsi a dover rispettare dei limiti di emissione diversi, il che può avere delle conseguenze decisive sul bilancio di gestione. Ad ogni modo, questo comporta l’esistenza di Province nel cui territorio i limiti imposti sono già tali da quasi soddisfare i requisiti dell’Allegato 5, mentre nella grande maggioranza dei casi i livelli minimi richiesti sono decisamente più alti. Nel tentativo di comprendere l’attuale situazione presente sul territorio, si può vedere nella tabella 3 il panorama dei limiti di emissione per il biogas previsti in alcune Regioni più avanzate sotto questo punto di vista. Per quanto riguarda NOx e CO, i limiti in vigore nelle province di Ferrara e Cuneo (e in tutta la Lombardia per il CO), richiedono necessariamente l’installazione di un reattore catalitico per essere rispettati, di tipo SCR (catalitico selettivo riducente) per gli NOx e di tipo OXI (catalitico ossidante) per il CO. Indipendentemente dai requisiti previsti dal DM 06/07/2012, quando viene richiesta l’installazione di un reattore SCR, questa deve essere accompagnata da un sistema di analisi in continuo per NOx, CO e ammoniaca. I reattori SCR comprendono sempre al loro interno anche uno stadio catalitico di tipo OXY, permettendo così di trattare simultaneamente gli ossidi di azoto ed il monossido di carbonio. Come si può vedere, l’entità dei valori limite richiesti nei casi più restrittivi si avvicina a quelli previsti per soddisfare i requisiti dell’Allegato 5, perlomeno in riferimento a NOx e CO; quindi, sembrerebbe opportuno Tab. 3 - Limiti attualmente imposti sulle emissioni dei motogeneratori a biogas. Regioni Lombardia Emilia Romagna ARPA sez. locale Piemonte ARPA sez. locale 56 RCI n.6/2014 Provincia Ferrara Cuneo Limiti imposti (mg/Nm3 riportati al 5% di O2) CO COT NOx NH3 400 5 250 100 350 650 150 250 100 200 (NOx+NH3) 250 300 250 300 150 dimensionare il reattore catalitico in modo tale da ridurre ancora un poco le concentrazioni, al fine di rientrare così, in modo relativamente semplice, negli impianti aventi diritto all’incentivazione supplementare. Questo ragionamento si regge anche sul fatto che i reattori catalitici possono ridurre in modo significativo anche la frazione di COT, anche se scendere sotto i 30 mg/Nm3 previsti dall’Allegato 5 non è cosa semplice. Occorre tenere presente che l’installazione di un reattore catalitico SCR + OXI ha un costo che si avvicina a quello del motogeneratore stesso e che il recupero di tale costo (e dei costi di gestione, composti da manutenzione del catalizzatore e consumo del reagente riducente) è reso possibile solo dalla presenza degli incentivi, come nel caso, già ampiamente sperimentato in Italia, dei motogeneratori ad olio vegetale, che si reggevano economicamente grazie alla quota di 280 €/MW prevista dal passato programma di sostegno alle energie rinnovabili. Il caso del biogas è purtroppo decisamente più complesso, a causa di alcuni aspetti specifici legati alla tipologia delle emissioni, che portano ancora più in alto i costi di installazione e di gestione rispetto, ad esempio, all’olio vegetale; per cui, anche ammettendo di riuscire ad accedere ad una quota di incentivi vicina a quella passata (cosa oggi assai più difficile), il rischio è quello di non raggiungere un livello di remunerazione sufficiente che giustifichi l’impresa (fatto salvo il caso del completo autoconsumo, ma si tratta di un’ipotesi non realistica considerando i consumi elettrici delle attività agro-zootecniche che utilizzerebbero questi impianti di cogenerazione). Il problema dei contaminanti Come riportato in precedenza, questi sono legati alla composizione delle emissio- ni, e dipendono da fattori diversi sia di tipo tecnico (fattori di processo), sia da alcune ambiguità, in tema di limiti da imporre, del panorama normativo e legislativo italiano, che sta attraversando una fase di tentennamento sulle politiche di incentivazione delle energie rinnovabili, sia per le pressioni delle varie fazioni in grado di fare lobbying in senso favorevole o contrario, sia per l’oggettiva mancanza di fondi disponibili (impossibile gravare ulteriormente sulla nostra bolletta elettrica, già molto più onerosa della media europea). Per quanto riguarda i fattori di processo, il primo dipende dalla presenza nei gas da trattare di alcuni contaminanti (zolfo, fosforo) che sono in grado di accorciare sensibilmente la vita operativa dei catalizzatori impiegati: ciò si traduce in una manuten- zione molto più onerosa, dato che il catalizzatore deve essere sostituito con maggiore frequenza. Si tratta dello stesso fattore che sta rendendo antieconomica la gestione degli impianti ad olio vegetale, passati in massa, per motivi di mercato, dall’utilizzo di oli raffinati o semi-raffinati ad oli grezzi o di recupero. Il secondo importante fattore di questo tipo dipende in qualche modo dal primo, cioè dall’elevato tenore di contaminanti che, fin dal primo giorno di esercizio, provoca una progressiva caduta di efficienza del reattore SCR. Questo inconveniente costringe ad aumentare il rapporto stechiometrico di dosaggio del reagente riducente (soluzione acquosa di urea o ammoniaca), il che può comportare il precoce superamento dei limiti di emissione di ammoniaca al camino, che sono molto restrittivi (5 mg/Nm3) e quindi, richiedere anche in questo caso la sostituzione prematura del catalizzatore. Il problema della formaldeide e del metano La presenza di formaldeide e di metano incombusto nelle emissioni del biogas rappresenta un grosso problema potenziale, per ora non completamente emerso perché oggetto di diverse interpretazioni a livello di imposizione dei limiti. Per quanto riguarda la formaldeide (CH2O), si tratta del composto organico più abbondante tra i residui di combustione del gas metano (fino al 60% del totale). Attualmente non viene imposto un limite specifico sugli impianti alimentati a biogas, in quanto esiste il limite sul COT (Carbonio Organico Totale) che si riferisce all’insieme di tutti i composti organici. In Germania Una possibile soluzione per il trattamento globale delle emissioni provenienti da un motogeneratore a biogas è rappresentata da un ossidatore termico rigenerativo flameless con funzione SNCR integrata. 57 RCI n.6/2014 invece viene imposto un limite specifico (TA-LUFT 2002) pari a 60 mg/Nm3. In realtà, anche in Italia esiste un limite specifico (ben più restrittivo), stabilito del Dlgs 152, pari a 20 mg/Nm3, attualmente non imposto su questa classe di impianti: se lo fosse, sarebbe ben arduo rispettarlo, visto che richiederebbe un dimensionamento molto più abbondante dei catalizzatori ossidanti OXI usati per l’abbattimento, molto maggiore di quelli usati attualmente sul mercato tedesco, già difficilmente gestibili dal punto di vista dei costi. Dato che la formaldeide è un cancerogeno accertato per la specie umana, è presumibile che tale “svista” nell’imposizione dei limiti non possa durare ancora a lungo. Il metano invece, oltre ad essere il maggiore costituente del biogas, è sorprendentemente anche uno dei maggiori costituenti dei suoi residui di combustione allo scarico: l’importanza del metano come gas serra è notevole, quindi il fenomeno del rilascio abbondante in atmosfera da parte dei motori alimentati in tutto o in parte con questo gas sta attirando velocemente l’attenzione del legislatore. Attualmente, il metano non viene considerato come parte della quota di COT, viene semplicemente escluso e non esiste un limite specifico di emissione. Tuttavia, sono molto forti le pressioni affinché anche la quota dei composti metanici entri a far parte del COT, il che renderebbe molto problematico il suo trattamento per rientrare nei limiti (in questo momento, le fazioni favorevole e contraria all’incorporamento del metano nel COT si stanno combattendo a colpi di sentenze dei TAR di Regioni diverse). Senza entrare eccessivamente nello specifi- Centralina di dosaggio del reagente riducente (ammonio idrato NH4OH) utilizzato nel dispositivo RTO+SNCR per l’abbattimento simultaneo di CO, COT, NOx. 58 RCI n.6/2014 co, la causa della presenza massiccia di metano allo scarico (da centinaia a migliaia di mg/Nm3) nei motori a gas, dipende principalmente da motivi strutturali, la cui soluzione richiederebbe una riprogettazione del parco motoristico, un’opzione attualmente non sostenibile per il mercato della cogenerazione, considerato una piccola nicchia marginale dai produttori di grandi motori stazionari: ciò porta all’esclusione delle possibili misure di abbattimento primarie (all’origine). Le misure di abbattimento secondarie (delle emissioni) sono purtroppo molto difficili da applicare (praticamente impossibili) con i reattori catalitici attualmente in uso: ciò non vuol dire che un intervento efficace sia tecnicamente non fattibile, ma ciò significherebbe dover installare un ulteriore dispositivo specifico a valle dei reattori catalitici, una soluzione che rischierebbe di rendere l’impianto non sostenibile economicamente. Infatti, l’unica soluzione disponibile per l’abbattimento del metano negli scarichi consiste nella sua combustione, il che richiede la presenza di un bruciatore (post-combustore). Il problema è che per alimentare questo combustore servirebbe una quota non indifferente del biogas disponibile, con un aumento notevole dei consumi e quindi un sensibile calo del rendimento energetico complessivo dell’impianto. Oppure, si potrebbe utilizzare un dispositivo molto meno energivoro, ovvero un combustore rigenerativo (RTO), in grado di recuperare gran parte del calore di combustione del metano per pre-riscaldare il metano stesso a monte della zona di combustione. In questo caso si avrebbe addirittura un incremento del rendimento energetico complessivo, ma a spese di un deciso aumento dei costi di installazione: alla fine, il treno dei dispositivi di trattamento (SCR+OXI+RTO) finirebbe per costare più del solo motogeneratore (in pratica è come se la marmitta catalitica costasse più di tutto il resto dell’automobile). Senza contare il fatto che ci si troverebbe a Grande centrale tedesca a biogas con trattamento finale delle emissioni con ossidatore termico rigenerativo (a sinistra). La sfida aperta è quella di portare questa tecnologia alla portata delle centrali di piccola potenza, penalizzate da limiti di emissione più restrittivi e minori possibilità di investimento. dover gestire un insieme di impianti complessi, ognuno bisognoso di attenzioni e manutenzioni specifiche. Possibili soluzioni Sembrerebbe quindi che realizzazione di impianti cogenerativi a biogas in grado di rispettare i limiti più restrittivi, quindi idonei ad accedere a degli incentivi che ne rendano profittevole la gestione, sia una specie di missione impossibile: di fatto, il mercato di questa tipologia di impianti si è “congelato”, con gravissimi danni a tutto il comparto industriale che se ne occupa: se questo era l’intento di chi ha redatto il piano vigente di incentivazione, bisogna dire che c’è riuscito in pieno. Ma noi siamo ottimisti e preferiamo credere che, in realtà, il vero intento sia stato quello di voler sospingere i costruttori di impianti di trattamento delle emissioni verso una maggiore innovazione. In effetti, questa sembra l’unica strada percorribile per uscire da questa impasse, ovvero la messa a punto di un nuovo dispositivo creato appositamente per le esigenze specifiche dei mo- togeneratori a biogas. Purtroppo l’impresa appare assai difficoltosa, vista la piccola taglia di potenza (≤ 300 kWe) degli impianti maggiormente candidati ad essere favoriti dal mercato data la maggiore incentivazione prevista, per cui questo dispositivo dovrebbe essere sì molto efficiente ma, allo stesso tempo, comportare bassi costi di installazione e di gestione, due aspetti ben difficilmente conciliabili tra loro. Dopo un primo tentativo di seguire la strada percorsa in Germania (ovvero l’uso di catalizzatori OXI dimensionati anche per la formaldeide e l’aggiunta di un combustore rigenerativo all’esistente reattore SCR+OXI) ci si è resi conto che il diverso regime di incentivi e l’incertezza sui limiti di prossima applicazione, che rischiano di essere più restrittivi di quelli tedeschi, avrebbe reso inapplicabile tale soluzione: allora non rimane che una sola possibilità, cioè l’installazione di un solo dispositivo in grado di abbattere a largo spettro, con elevata efficienza e limitate esigenze energetiche, tutti quanti gli inquinanti coinvolti. In pratica, si tratta di realizzare un com- bustore rigenerativo, di per sé in grado di ossidare CO, COT (formaldeide e metano compresi) che sia in grado di abbattere efficacemente anche gli ossidi di azoto. Tale dispositivo esiste come prototipo di un costruttore nazionale, ed è stato possibile realizzarlo integrando nella struttura di un RTO la tecnologia SNCR, ovvero una riduzione selettiva non catalitica, meno efficiente della tecnologia catalitica SCR, ma decisamente meno costosa e complessa. Di fatto, i motori a biogas sono caratterizzati da un’emissione di ossidi di azoto inferiore a quella tipica di altri combustibili, permettendo così l’impiego di una tecnologia meno efficiente, ma altrettanto affidabile dell’alternativa più costosa abitualmente impiegata. Ora, se tale promettente soluzione si rivelerà all’altezza delle aspettative, non rimane che sperare che gli incentivi possano essere effettivamente erogabili, altrimenti il solerte legislatore dovrà inventarsi ancora qualcosa per renderli di nuovo irraggiungibili! © RIPRODUZIONE RISERVATA 59 RCI n.6/2014
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