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Poste Italiane spa - spediz. in a.p. DL.353/03 (conv.L.46/04) art. 1 comma 1, DCB Roma. Autoriz. del Trib. di Roma n. 350 del 16./06/1987. Una Copia € 0,51
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti
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LXIV anno dalla fondazione
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Foto di Frank Andiver
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Sommario
Editoriale
2 La coerenza ai tempi della crisi
Mensile per la Federazione Italiana Trasporti Cisl
Fondato nel settembre del 1950
N. 4 - Aprile 2014
LXIV anno dalla fondazione
Autorizzazione del Tribunale di Roma n.350 del 16.6.1987
Proprietà La Rotaia S.r.l.
Direttore: Giovanni Luciano
Direttore Responsabile: Giulia Dellepiane
Redazione: Gaetano Riccio, Michele Castellano, Massimo
Malvisi, Osvaldo Marinig, Salvatore Pellecchia
Impaginazione: Fabio Grassini
Segreteria di redazione e ottimizzazione grafica: Patrizia Censi
Direzione, Redazione, Amministrazione:
Via A. Musa, 4 - 00161 Roma
Tel. 06-44286307 Fax 06-44286361
e-mail: federazione_fi[email protected]
Stampa: Tipografia CSR
Via di Pietralata, 157 - 00158 Roma. Tel. 06-4182113
E’ vietata la riproduzione e traduzione, anche parziale, di articoli
senza citarne la fonte.
Chiuso in redazione il 15/04/2014
Finito di stampare nel mese di aprile 2014
Tiratura: 28.000 copie
Sindacato & Strategie
6 Il gruppo Fs tra piano industriale e riorganizzazioni
8 Il presente e il futuro della Divisione Cargo
9 La Manutenzione Rotabili non può più attendere
dei Ferrovieri: tra approssimazione
10 Pensione
e strumentalità
12 Nuove scadenze per il fondo Fasda
13 Ambiente: il protocollo di intesa
15 Tutte le iniziative della Fit in arrivo per il tpl
19 Autonoleggio e taxi: quali prospettive?
22 Professione controllore di volo
24 L’ambito di azione dei fondi sanitari
25 Il Def dell’era Renzi-Padoan
27 Jobs Act: aspettando il lavoro
Act e la conciliazione dei tempi di lavoro
29 Jobs
con le esigenze genitoriali
Fit International
31 I rischi psicosociali nel settore ferroviario
36 Che impatto avrà sui marittimi la Mlc 2006?
38 Tpl: nuovi sviluppi a Bruxelles
40 Ecco le iniziative Etf per l’Autotrasporto
Regioni
42 Liguria, Puglia, Toscana, Veneto
Opinioni & Colloqui
44 Sicurezza? Parliamone davvero
45 Elezioni europee: qual è il nostro peso?
46 Intervista all’On. Luca Squeri
48 Che cosa significa lottare per le donne
Giovanni Luciano
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La coerenza ai tempi della crisi
Coerenza come valore
Cambiare verso. Siamo d’accordo se significa cambiare, nel senso
di migliorare. Cambiare verso, se significa dismettere comportamenti poco produttivi, se non addirittura dannosi. Cambiare
verso sì, se si abbattono liturgie fumose e conventicole alimentate da lobby portatrici di interessi, che sono contrapposte al
bene comune, perché hanno lo scopo dell’interesse privato che
rappresentano. Insomma cambiare verso deve significare essere
conseguenti a quello che si dice. Non ci iscriviamo ai “gufi”, non
ne abbiamo mai fatto parte con nessun Governo. Anzi siamo stati
attaccati spesso perché ci poniamo con lo stesso atteggiamento
con qualunque Governo, guardando agli interessi che ci stanno
a cuore. Agli interessi per i quali esistiamo. Cambiare verso, per
noi significa sicuramente essere coerenti con quello che si dice.
Se si dice a qualcuno “stai sereno” il giorno dopo devi essere coerente. Se si dice che si cambiano i metodi, il giorno dopo non fai
come e peggio di prima. Ci riferiamo esplicitamente sia alla composizione della squadra dei Ministri che alle nomine dei manager
delle aziende in possesso dello Stato. In entrambi i casi il manuale
Cencelli è stato ancora il metodo usato e la lottizzazione politicopartitica-confindustriale è talmente evidente che non vale nemmeno la pena di descriverla.
Altro che metodo nuovo. Il metodo è sempre lo stesso, c’è da
chiedersi se sia giustificato o giustificabile solo per avere conquistato la maggioranza nella direzione nazionale di un partito.
Altro che rottamazione. A poco a poco si rischia di rottamare la
democrazia. Soprattutto se la legge elettorale sarà riformata per
come si sente dire. Dal Porcellum all’Italicum? Se non posso scegliermi il mio candidato perché, seppur con liste accorciate, decidono Renzi, Grillo, Berlusconi, Alfano, Vendola e Co. e,
soprattutto, se si passa dall’eccesso del bicameralismo perfetto
all’eccesso opposto di un’unica Camera dove il premio di maggioranza è di chi piglia qualche milione di voti, magari con
un’astensione massima, rischiamo il Fascismum. Ovviamente
speriamo di essere in errore e che le cose vadano diversamente,
ma il colpire a prescindere i corpi intermedi e le rappresentanze
sociali dei lavoratori, non quelle dei padroni, visto come assegna
ministeri e presidenze di aziende pubbliche il nostro eroe, ci allarma.
Nel maneggiare la cosa pubblica questo Governo, dicevamo, ha
rinnovato i vertici delle grandi aziende pubbliche. Eni, Enel, Poste,
Finmeccanica e a seguire verranno Terna e Ferrovie.
Di manager si è parlato molto per il tetto agli stipendi e di cambio
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dei vertici anche perché occorre cambiare. Parola d’ordine cambiare. Anche se uno ha fatto bene va cambiato sull’altare della
furia rottamante che deve dare in pasto al popolo teste per sfamare la sete populistico-demagogica della semplificazione e della
banalizzazione di tutto. Esempio Poste Italiane, da carrozzone a
azienda ricca. Cambiati tutti. Certo nessuno è eterno ma la
logica è un’altra cosa.
Dalle parti nostre
Mauro Moretti viene
designato alla guida di
Finmeccanica.
Tralasciamo volutamente le facili battute
del “Renzi saprà convincermi”, che Moretti
ha rilasciato nella fase
calda della polemica
sulle sue recriminazioni sul tetto degli stipendi.
Ferrovie, è finita
l’era Moretti
Moretti adesso è stato
promosso manager,
nel senso vero del termine. Non è più il ferroviere, non è più l’ex
sindacalista. Siamo
convinti che dimostrerà la sua competenza anche in un
mondo, importante
per il Paese, che ha bisogno di essere rimesso in piedi come è
quello di Finmeccanica. Gli facciamo
tanti auguri e per
molti versi lo ringraziamo, per molti altri
no, ma, si sa, nessuno
è perfetto, però con-
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sporti
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VOCE
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centriamoci su cosa voglia dire per noi
questo fatto.
del trasporto pendolare non lo abbiamo
gradito.
Innanzitutto finisce un’epoca. Dobbiamo
dire anche che le Ferrovie oggi sono più
deboli di ieri. Abbiamo sempre espresso il
nostro disaccordo con Moretti sulla sua logica d’azione. Il fare servizio solo dove c’è
redditività, l’abbandono sostanziale del
servizio merci, la mortificazione del servizio universale e, soprattutto, del servizio
E’ indubbio, però che ha trasformato un
colabrodo in un’azienda sana. Con modi
ruvidi e sempre antipatici, ma la sostanza
è che abbiamo, dal punto di vista dei conti,
una situazione a posto.
Ci siamo scontrati spesso ma abbiamo
anche trovato molti punti d’intesa per rad-
drizzare quella “Costa Concordia” che era
l’azienda che aveva ereditato dai Cimoli e
dai Catania. Non è tutto merito suo. Il Sindacato confederale, Fit Cisl in testa, ha saputo gestire la cosa da molti anni a questa
parte. Le premesse non sono state messe
con Moretti al vertice, ma prima, quando
lui era ancora in Rfi. Gli accordi che fecero
nascere il Fondo per la gestione degli esuberi furono antesignani di meccanismi di
Frank Andiver
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tutela delle persone che molte categorie
solo oggi provano a fare sulla spinta delle
previsioni della Legge Fornero. Ricordiamoci gli accordi del 23 novembre del 1999
e tutto quello che è seguito dopo. E’ stata
gestita una lunga fase di risanamento e
nessuno è andato a casa. Nelle Ferrovie c’è
il problema che occorre assumere gente,
specialmente nelle manutenzioni, non che
dobbiamo gestire mobilità, casse integrazioni o contratti di solidarietà. Certe cose
non succedono per caso ma si programmano guardando avanti con orizzonti pluriennali. Avessero fatto così anche nel
trasporto pubblico locale non saremmo
nel disastro in cui siamo. Ma questa è una
cosa di cui ci occupiamo tra qualche riga.
Moretti ha fatto complessivamente bene,
ma la cosa che più ci sentiamo di riconoscergli è stata la difesa che ha saputo ergere contro i continui tentativi di
sgretolare il Gruppo, inteso come azienda
integrata. Ci sarà la stessa energia e determinazione, oltre che lungimiranza, in futuro?
Dubitiamo fortemente. Temiamo che toccherà di nuovo solo a noi vigilare per evitare le incursioni di iene fameliche che
vedono le ferrovie come la città de L’Aquila
la mattina del terremoto. Un grande prato
dove pascolare per fare affari… e già ridono. Dovremo essere noi a sostenere le
ragioni dell’azienda integrata e non spappolata solo per rimettere in piedi i conti disastrati dei francesi di Italo o per quattro
scalcinate imprese che fanno cargo perdendo soldi a bocca di barile. Dovremo essere noi in prima linea per far ripartire un
servizio pendolari che è ora che venga rilanciato davvero e non solo annunciato
per questa o quella operazione mediatica.
Sarà difficile e saremo anche più soli che
prima, perché di oche starnazzanti ce ne
sono tante, ma di menti che guardano
avanti per l’interesse pubblico e per il
bene di chi con le Ferrovie ci campa le proprie famiglie ne vediamo molto poche,
spesso anche dentro casa nostra, purtroppo.
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Trasporto Pubblico Locale grande malato senza medici al capezzale
Lo stesso si dica per il Trasporto Pubblico
Locale. Dove il problema non è, solo, il
mancato rinnovo del Contratto ma la
struttura stessa di un settore che si sta distinguendo sempre di più in senso negativo, mentre dovrebbe essere un traino
per la stessa economia del Paese. Chi ne
deve prendere coscienza? Il Governo per
primo. Maurizio Lupi su questo però ci
sembra un po’ distratto. Le Regioni, sicuramente. Ma diciamolo chiaramente, tolte
Lombardia, Emilia Romagna, Puglia e Friuli
Venezia Giulia le altre non danno la sensazione di mettercisi seriamente. Mettercisi
seriamente significa innanzitutto produrre
atti che vadano oltre la semplice lotta per
avere, di più o di meno dai finanziamenti
del Fondo unico nazionale. Mettercisi seriamente significa produrre atti concreti di
riorganizzazione del servizio e di ricostruzione industriale delle aziende di proprietà
che siano cambiamenti strutturali. Le
aziende non devono perdere ma essere in
equilibrio economico a valle dei trasferimenti economici che coprono il contratto
di servizio. Banale, ma non è così quasi da
nessuna parte. Non sappiamo che fine ha
fatto il lavoro che il sottosegretario De Angelis aveva predisposto ai tempi del “Lupi
1” nel Governo Letta. Non sappiamo più
che idee abbia questo Governo per
quanto riguarda l’annunciata, ennesima,
riforma. La nostra certezza è che il t.p.l.
deve essere riorganizzato partendo dai
territori ma senza arlecchinate. In questo
senso la modifica delle competenze assegnate dal Titolo V, se fatta come si deve,
deve produrre la possibilità di dare indicazioni cogenti con leggi nazionali e obblighi
di esecuzione agli Enti Locali. Un’altra
norma confusa che si affastelli alle precedenti, se non si scioglie il nodo dei poteri
confliggenti non risolverà nulla. Siamo ansiosi di conoscere cosa ne pensa il Governo e come intenderà agire. Noi
sappiamo con chiarezza cosa vogliamo, ad
iniziare dalla esigenza di creare grossi player capaci di rompere i legami della politica locale che tanto hanno fatto danno
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alle “municipalizzate”. La festa è finita ma
i signori del t.p.l. fanno finta di non capirlo
ad iniziare dai rappresentanti datoriali, Asstra in testa. Sembra che il disastro più
volte annunciato nel t.p.l., figlio della loro
cultura, sia colpa di qualcun altro. Sia
colpa dei tagli e non dello spreco. Sia colpa
della razionalizzazione e non delle incapacità manageriali diffuse. Sia colpa degli autisti e non delle mille consulenze. Sia colpa
degli altri e per loro solo i lauti versamenti
che ricevono dalle aziende associate. Peccato che le loro aziende associate siano
quelle che pagano quell’associazione con
i soldi pubblici. Di questi tempi sarebbe il
caso di risparmiarli quei soldi. Noi non ci
sediamo a gestire esuberi e licenziamenti
nelle aziende che pagano Asstra coi soldi
pubblici. Per noi Asstra può anche chiudere, visto quello che ha prodotto finora.
Grossi danni prodotti da una controparte
dai comportamenti incomprensibili, quasi
che pensasse solo alla propria esistenza
quale associazione e non agli interessi di
chi dovrebbe rappresentare. Noi non demordiamo sul Contratto e stiamo lavorando seriamente su come sbloccare una
situazione che, se necessario, risolveremo
senza Asstra e Anav. Non sono solo loro a
rappresentare aziende che applicano il
contratto a lavoratori del t.p.l. che sono in
aziende non associate ad Asstra e Anav.
Anzi crescono sempre di più i lavoratori
che sono in aziende non associate a nessuna delle due.
C’è tanto da fare col Ministro dei Trasporti
Trasporto locale, futuro delle Ferrovie,
piano degli aeroporti, privatizzazione
dell’Enav e riforma della portualità sono le
questioni più urgenti che dobbiamo confrontare con le controparti e, soprattutto,
con il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Su questi dossier siamo principalmente impegnati, complessivamente
come Federazione, anche se i media e lo
stesso Ministro hanno occhi solo per gli
sviluppi della delicata vicenda che interessa Alitalia. Vicenda dai contorni complicati, comunque. Una vicenda che si è
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sviluppata nel Far West figlio delle liberalizzazioni senza regole dove ci si è illusi che
il mercato risolvesse i problemi. A conti
fatti, visto il costo sociale che è sulle spalle
della collettività il Paese ci ha rimesso
l’osso del collo.
Noi siamo convinti che le linee guida della
riforma degli aeroporti debbano essere
velocemente portate avanti e rese operative. Così come merita di uscire dalle secche la tanto rimaneggiata riforma della
portualità italiana. Dobbiamo avere la consapevolezza che le guerre di campanile
non portano valore aggiunto ma indeboliscono complessivamente tutti. Da anni,
come Sindacato, portiamo avanti l’idea
che occorra aggregare per rafforzare e che
serva una forte integrazione tra le modalità. Il primo passo deve, però, essere, l’aggregazione nelle modalità all’interno di
contesti geografici ed economici facilmente individuabili. Se da ventiquattro autorità portuali si passa a molte meno non
è un danno se questa ristrutturazione libera maggiori risorse operative e crea economie di scala. A noi non servono
“poltronifici di campanile”, servono le infrastrutture e non le società che le gestiscono. Serve che i nostri porti siano
attrattivi del traffico e se per fare questo
si devono anche ridurre le Autorità portuali aggregandole lo si faccia di corsa. I sistemi si reggono complessivamente e non
per sommatoria di pezzi. Ne è un esempio
l’Enav, che è una voce non indifferente sui
costi di gestione di un sedime aeroportuale. Se vogliamo tenere aperti gli aeroporti minori anche i costi e l’efficienza di
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Enav devono essere coerenti ai processi di razionalizzazione. Per questo si
discute anche nel Contratto in corso di negoziazione della riduzione dei
costi negli aeroporti minori. Senza colpire i lavoratori ma evitando di
scivolare nella difesa
stolta di interessi corporativi egoistici che danneggiano il sistema. I costi di
un’azienda devono stare a
cuore anche al Sindacato per poter rivendicare diritti e occupazione. Senza le
aziende c’è poco da rivendicare. Lo stesso
dicasi, ovviamente, per un porto, un aeroporto o un interporto. Di quelli che si riempiono la bocca di diritti astratti, basati sulla
gestione dei disastri gestionali a base di
mobilità, cassa integrazione e contratti di
solidarietà, ne abbiamo le tasche piene.
Noi dobbiamo pensare ai giovani, al loro
futuro e alla possibilità di avere la cittadinanza di una vita dignitosa tramite il lavoro.
Cisl Reti e giovani, cantiere aperto
Dal 22 al 24 maggio 2014 a Chianciano
Terme terremo il primo “Retincontra”, figlio dei nostri “Fitincontra” ma, questa
volta, fatto con Flaei e Fistel, anzi, fatto da
Cisl Reti della quale siamo parte fondamentale. Parleremo di giovani e con i giovani. Lo faremo trattando tematiche che
possano sviluppare occupazione, in special modo nelle aziende che sono nell’orbita delle tre Federazioni associate in Cisl
Reti.
Una realtà che prende sempre più corpo
e che comincia a cercare gli assetti che la
porteranno al Congresso costitutivo tra un
anno.
Abbiamo deciso recentissimamente di
spostare i tre Segretari Organizzativi nella
sede comune di via Salaria, 30 a Roma. E’
un atto politico che testimonia la volontà
di concretezza nel processo di omogeneizzazione operativa, organizzativa e ammi-
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nistrativa che i Comitati Esecutivi hanno
deliberato all’unanimità con il varo delle
Linee Guida e del Regolamento per la redazione dello Statuto per la costituzione
di Cisl Reti quale nuova categoria di prima
affiliazione alla Cisl.
La famiglia cresce. La dobbiamo far crescere non per complicarci la vita ma per
essere complessivamente più forti e più
organizzati per fare il bene di chi ci affida
una parte del suo stipendio per essere tutelato. Lo dobbiamo fare per tutelare
anche chi non è ancora nelle condizioni di
poterci firmare una delega e avere una
tessera sindacale. Questa è la differenza
tra noi e altre forme di sindacato e pseudo
tale. Noi non agiamo come corporazione
ma guardando al bene complessivo pur
curando gli interessi collettivi dei nostri associati. La Cisl è un’associazione alla quale
il bene comune sta molto a cuore e rifugge
gli interessi egoistici. In questo senso,
anche per stracciare il velo di ipocrisia che
i media italiani contribuiscono a mantenere alzando i toni solo su quello che interessa ai loro proprietari, è stata lanciata la
campagna contro la “vera precarietà” rappresentata dalle false partite Iva, dalle collaborazioni a progetto e dalle
compartecipazioni che vengono utilizzate
in luogo di rapporti continuativi. L’ipocrisia
di chi disquisisce fino alla nausea del sesso
degli angeli parlando ormai della minoranza degli occupati italiani facendo finta
di non vedere che anche lo Stato, non solo
i privati, ormai fa lavorare tutti così, senza
ferie, malattie, maternità, infortuni, ecc. la
dice lunga di come si dovrebbe veramente
cambiare verso… Poi qualcuno dice: “i sindacati”, mettendoci tutti nello stesso calderone. No. Noi siamo diversi. Sempre
controcorrente, insultati, aggrediti ma poi
inseguiti perché il coraggio delle idee non
deve essere sacrificato nella ricerca improduttiva di una unitarietà a qualunque
costo. Chi ha idee le metta e chi è prigioniero di ideologia insegua. Tanto è stato
sempre così ma la memoria degli italiani è
sempre corta.
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Gaetano Riccio
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Il gruppo Fs
tra piano industriale
e riorganizzazioni
Gaetano Riccio, Coordinatore nazionale Fit per la Mobilità
ferroviaria, fa il punto sul confronto con l’azienda
alla luce delle intenzioni dichiarate del gruppo
Il confronto con il gruppo Fs è imperniato
sulla presentazione del piano industriale
2014-2017 da parte delle Società e le riunioni che avremo nei prossimi giorni con
gli Amministratori Delegati di Rfi, Trenitalia
e Ferservizi serviranno ad avere maggiori
dettagli rispetto a quanto ci è stato già illustrato dallo stesso Mauro Moretti.
Dalle pagine di questo giornale abbiamo
già anticipato le linee guida del nuovo
piano, che si caratterizza per gli investimenti che hanno un valore complessivo di
circa 24 miliardi di euro e saranno destinati allo sviluppo delle infrastrutture sui
corridoi ferroviari definiti dall’Unione europea che, per quanto riguarda il nostro
Paese sono il Mediterraneo, l’Helsinki–La
Valletta, il Genova–Rotterdam e il BalticoAdriatico.
Nel dettaglio, circa 1,7 miliardi di euro saranno destinati alla rete AV/AC, mentre
circa 15,1 miliardi saranno utilizzati per
quella convenzionale. Ciò dovrebbe portare per la durata del piano a interventi
specifici per la velocizzazione della Milano–Venezia, della Ventimiglia–Genova e
della linea da Genova fino a Roma. Sul versante adriatico gli interventi riguarderanno la velocizzazione della linea
Bologna–Bari–Lecce. Il piano prevede
anche interventi nelle aree metropolitane
per l’eliminazione dei cosiddetti colli di
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bottiglia e in particolare i lavori riguarderanno i nodi di Milano, Venezia, Roma e
Napoli.
Per i servizi di trasporto gli investimenti
previsti sono di circa 6,4 miliardi di euro e
il piano si caratterizza sia per il completamento della flotta Etr 1000 che, circa il trasporto regionale, per l’acquisto di 200
nuovi treni e il restyling di 235 convogli
media distanza e piano ribassato. La consegna dei nuovi materiali dovrebbe essere
completata entro il 2015, mentre i primi
treni saranno disponibili già dai prossimi
mesi.
della logistica con strutture dedicate e una
specializzazione della produzione per corridoi: internazionale, nazionale e corto
raggio. Sulle intenzioni del gruppo rispetto
al futuro del trasporto merci su ferrovia
occorrerà fare ulteriori approfondimenti in
quanto a regime, in base alle dichiarazioni
dell’Ad, vi sarebbe la creazione di una
nuova società che metterebbe assieme le
varie strutture oggi presenti sia in Trenitalia che nelle società partecipate e controllate come Serfer, Cemat, Fs logistica e Tx
logistik. A tale nuova società si dovrebbe
arrivare entro il 2016 e ne vanno ben definite le tappe di avvicinamento, per cui
auspichiamo che venga fatta maggiore
chiarezza.
Sul lato del trasporto pubblico locale, il
piano è fortemente orientato a una più efficace integrazione ferro/gomma e alla
messa a punto di nuovi modelli di offerta,
più aderenti alle caratteristiche della domanda, da proporre ai committenti pubblici, vale a dire Comuni, Province e
Regioni. È evidente l’ambizione del gruppo
Fs di espandersi, oltre che nel settore
dell’alta velocità, anche in quello del trasporto locale e in questa ottica è prevista
l’ulteriore penetrazione da parte della
controllata Busitalia nel settore del tpl con
ulteriori investimenti previsti per l’acquisto di circa 500 nuovi bus.
Dalle slide presenti sul sito del gruppo Fs
“Linea diretta” che illustrano le linee principali del piano industriale, verifichiamo
che la specializzazione per corridoi per il
settore merci ha come conseguenza la
creazione di una produzione “long haul
nord-sud” che copre da un lato la linea
adriatica fino alla Puglia e dall’altro la dorsale arrivando fino alla Sicilia. Vi è poi una
“long haul est-ovest” e, infine, una produzione “short haul” che copre i collegamenti a corto raggio all’interno delle
regioni dell’area padana.
Altro settore in cui Fs cerca di attuare una
profonda inversione di tendenza è quello
Nelle stesse slide relative alla logistica
merci, vi sono dei riferimenti anche all’or-
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sporti
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ganizzazione del lavoro e anticipazioni su
ipotesi di modifiche contrattuali rispetto
alle normative di lavoro (accade solo per
questo settore specifico), che andranno discusse sui tavoli di confronto con il Sindacato. In particolare si fa riferimento
all’estensione dell’equipaggio misto a tutti
treni, all’incremento della produttività di
guida per il macchinista, alla riorganizzazione del reticolo manutentivo e alla razionalizzazione del personale con specifico
riferimento agli indiretti e staff.
Non vogliamo in questa fase anticipare i
nostri giudizi al riguardo, ma vogliamo
semplicemente sottolineare che in questi
anni, alle tante disponibilità del sindacato
a rivedere le norme di utilizzo all’interno
del settore merci, non ha fatto seguito
alcun serio rilancio dell’attività produttiva
da parte di Trenitalia e le ragioni non
vanno certamente ricercate solo nella crisi
economica che ha interessato il settore.
Adesso ci vengono anticipate nuove richieste di revisione della normativa e su
questo aspetto, francamente un po’ singolare, aspettiamo di capire fino in fondo
tutto il progetto relativo al settore della logistica e delle merci che, se attuato nella
prospettiva della creazione di un grande
soggetto societario, può rappresentare
una grande opportunità produttiva e occupazionale. Vanno verificate, innanzitutto, le garanzie per i lavoratori in ragione
dell’effettivo rilancio del settore, in modo
da non doverci trovare di fronte all’ennesima richiesta di modifica normativa che
non porti a nessun risultato, come già avvenuto in questi anni. Vedremo nei prossimi mesi quali sono le reali intenzioni del
gruppo Fs.
Il piano si caratterizza anche per una profonda rivisitazione dei modelli di business,
con una ancor più chiara specializzazione
in servizi a mercato e universali, creando
in questo modo delle vere e proprie business unit con separazione netta dei centri
di costo e dei relativi bilanci.
Sulla struttura dell’azienda nell’arco di
piano, abbiamo avuto importanti novità
sporti
dei Tra
VOCE
La
dal voto del Parlamento europeo che ha
“frenato” le proposte della Commissione
Europea circa la separazione tra il gestore
dell’infrastruttura e le imprese ferroviarie,
il cosiddetto “unbundling”. In questa importante vicenda la posizione del sindacato italiano all’interno dell’Etf è stata
fondamentale e ha permesso questo
primo importante successo. La strada da
fare è ancora lunga e impegnerà la nostra
organizzazione all’interno dell’Etf ancora
nei prossimi mesi: va posta grande attenzione alle questioni del mercato unico e
del cosiddetto binario unico europeo, in
quanto non vi sono ancora condizioni di
parità per la presenza di “asimmetrie competitive”.
Il trasporto passeggeri nazionale e quello
passeggeri regionale/locale non hanno lo
stesso livello di apertura nei Paesi europei
per cui, mentre in Italia già dal 2000 abbiamo una piena liberalizzazione, in Francia vi è un’apertura solo formale del
trasporto internazionale, così come pure
non vi è ancora apertura nel traporto passeggeri nazionale e regionale, in quanto
vige il monopolio di Sncf sia nel trasporto
pubblico che nei servizi a mercato.
Situazioni differenti vi sono in Germania in
cui si è parzialmente messo a gara il servizio pubblico locale, lasciando alla DB i servizi nelle grandi aree metropolitane.
Tornando al piano industriale, come abbiamo visto, sono presenti investimenti sia
per il potenziamento dell’infrastruttura
che per l’acquisto di nuovi treni, ma vi è
l’impostazione ormai consolidata da parte
di Moretti dell’investimento selettivo, per
cui si fa servizio e si potenzia dove c’è un
ritorno in termini di guadagno, come nel
caso delle frecce, mentre non si investe
dove non c’è profitto. Francamente, per
un gruppo che si chiama Ferrovie dello
Stato italiane, questa logica non può essere accettata.
un lato alzano la voce contro i disservizi di
Trenitalia, dall’altro hanno un debito verso
l’azienda di circa un miliardo e duecento
milioni di euro.
Altra questione di cui non si fa proprio
cenno nelle slide di illustrazione del piano
industriale è quella relativa alla consistenza della forza lavoro, cioè agli incrementi occupazionali dei ferrovieri.
Sosteniamo da tempo la necessità di nuovi
apporti di personale visto che i ferrovieri,
dopo le ulteriori uscite di fine anno con
l’attivazione del Fondo di sostegno, sono
ormai attorno ai 60mila. Lo stesso accordo
di fine luglio 2013 prevede il ricambio generazionale e sono state anche accantonate specifiche risorse per fare nuove
assunzioni. Questa è la vera emergenza e
la vera sfida dei prossimi mesi.
Sappiamo che, al momento, il Fondo di sostegno è sospeso perché si attende il Decreto di attuazione del Ministero
dell’Economia - il Ministero del Lavoro ha
già provveduto - per attivare il nuovo
Fondo armonizzato alla legge Fornero, che
prevede fino a un massimo di 60 mesi di
permanenza, ma la questione dovrebbe
essere risolta in breve tempo.
Intanto Rfi e Trenitalia, assieme alle riorganizzazioni, pianifichino e si presentino ai
tavoli di confronto con un programma di
assunzioni soprattutto nelle manutenzioni, dove ci sono grosse carenze, ma
anche nel bordo, nell’assistenza e nei profili specialistici di staff, dove vi è bisogno
di un vero ricambio generazionale che
tenga conto delle nuove tecnologie.
Ciò rappresenterebbe una vera inversione
di tendenza e ci permetterebbe di guardare ai prossimi anni con ottimismo,
anche in considerazione dell’elevata età
media della categoria.
È altresì evidente che lo stesso Stato committente e “proprietario” non può girarsi
dall’altra parte e far finta di niente. Stesso
discorso va fatto per le Regioni che, se da
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Massimo Malvisi
Il presente e il futuro
della Divisione Cargo
Alla vigilia dell’incontro con l’Ad di Trenitalia Vincenzo Soprano sul piano industriale
societario e dopo l’incontro con l’Ad di
Gruppo Fs Mauro Moretti sul piano d’impresa, risulta opportuno, come si suol dire,
fare il punto sulla situazione complessa
che sta vivendo la Divisione Cargo di Trenitalia.
È utile ricordare che nel gennaio del 2013
vi sono stati alcuni incontri sull’ipotesi di
riorganizzazione messa a punto dai vertici
societari. Tale ipotesi razionalizzava in maniera pesante le Gestioni Merci e interveniva comunque su tutti gli ambiti della
Divisione, come ad esempio i Cot, rendendo come fulcro territoriale l’Impianto
Treno e spingendo nel contempo molto
sull’utilizzo del modulo di equipaggio composto da un Agente di Condotta (usando i
termini codificati dall’Agenzia nazionale
per la Sicurezza delle Ferrovie) e da un Tpt.
Il progetto di riorganizzazione prevedeva
una importante riduzione di personale.
Quello che mancava era lo sviluppo, le
prospettive per il domani e questo come
Fit-Cisl lo abbiamo sottolineato più volte.
8
L’impegno del
progetto
era
riassumibile nel
cercare di confermare i volumi
di produzione
del 2012, anche
se una grossissima incognita
era rappresentata dall’ulteriore impatto
derivante dall ’a n d a m e n t o
economico dell’industria e dell’economia - italiana ed europea - senza dimenticarsi della
problematica, in sede europea, della presunta violazione delle norme per quanto
riguarda il Contratto di Servizio che permette la realizzazione dei collegamenti
ferroviari merci Sud-Nord e viceversa, che
è svolto in esclusiva da Cargo.
Le richieste da parte del Sindacato, e in
particolar modo della Fit-Cisl, alla Dirigenza non hanno però riguardato esclusivamente i contenuti e gli effetti del
progetto di riorganizzazione, ma anche la
dovuta e necessaria chiarezza sui rapporti
e il ruolo svolto da società di proprietà del
Gruppo Fs, quali Tx Logistik e Serfer, senza
dimenticare tutto il corpus dedicato al business del merci e della logistica contenuto
all’interno del Gruppo Fs. Temi, questi, che
subito si sono dimostrati scomodi per la
dirigenza societaria e della Divisione
Cargo, le quali hanno a più riprese tentato
di riportare la discussione all’interno del
perimetro della Cargo stessa e di demandare il resto a un successivo momento di
confronto con i vertici di gruppo e societari.
N. 4 - Aprile 2014
Sebbene nel frattempo il dialogo sulla riorganizzazione si sia interrotto, non sono
mancate le azioni unilaterali da parte della
dirigenza territoriale e, conseguentemente, non sono mancate le azioni di protesta.
Se si esclude un timido tentativo di approccio nell’inverno scorso, ad oggi il confronto non è ripreso e tutto è stato
demandato a dopo l’incontro con l’Ad di
Trenitalia. Nel frattempo però vi è stata la
presentazione del Piano industriale del
Gruppo Fs in cui una parte significativa è
assegnata al settore delle merci e logistica,
inteso come riconfigurazione degli asset
all’interno del Gruppo; si parla inoltre di
specializzazione delle attività, con una focalizzazione particolare sui valichi e su i
principali porti e interporti, tenendo a riferimento anche l’aspetto dei corridoi ferroviari europei che interessano l’Italia e le
politiche sul trasporto ferroviario merci
che si stanno sviluppando a livello comunitario - vedi ad esempio i green freight
corridors.
I prossimi incontri con i vertici di Trenitalia
e della Divisione Cargo, oltre a esplicitare
in maniera esaustiva i contenuti del Piano
industriale e le conseguenti ricadute, saranno il termometro dello stato delle relazioni industriali. Sicuramente il quadro che
si sta presentando non sarà semplice, ma
questo non può assolutamente ridurre la
determinazione che come Fit-Cisl abbiamo
sempre portato avanti nel difendere il lavoro, l’occupazione, le professionalità e i
diritti dei lavoratori, non abdicando certamente al ruolo propositivo che da sempre
contraddistingue questo Sindacato.
sporti
dei Tra
VOCE
La
Michele Castellano
La Manutenzione Rotabili
non può più attendere
Dopo due mesi dall’approvazione del
piano industriale del gruppo Fs da parte
del Consiglio di Amministrazione avvenuta
lo scorso 19 febbraio, si riuscirà finalmente
ad avere l’auspicato incontro con ì l’Ad di
Trenitalia per conoscere i dettagli previsti
da quello specifico della Società.
Come già avevamo anticipato nel precedente numero non è stato possibile ottenere incontri per affrontare le numerose
problematiche presenti nelle diverse articolazioni della società in quanto, ci è stato
detto, si doveva attendere necessariamente l’approvazione del piano industriale
di società dal rispettivo cda.
Per il settore della Manutenzione Rotabili
alla mancanza da svariati mesi di un confronto nazionale - l’ultimo si è tenuto lo
scorso novembre - ha corrisposto invece a
livello territoriale una sorprendente attività relazionale, manifestatasi attraverso la
realizzazione di una serie di incontri. In
questi, sostanzialmente, oltre ai dati consuntivi della produzione e della produttività realizzata negli impianti lo scorso,
anno sono stati illustrati i piani di attività
per il 2014. In alcune realtà sono stati presporti
dei Tra
VOCE
La
sentati progetti di modifica
dell’organizzazione del lavoro
o dei turni, prevedendo persino, in qualche caso, la prossima chiusura di impianti e il
conseguente trasferimento
delle lavorazioni ad altre officine. È confermata da parte
della Direzione tecnica, nelle
riunioni negli impianti di appartenenza, la ferma volontà
di ridurre i tempi accessori
stabiliti in ingresso per indossare gli abiti da lavoro per recuperare “capacità produttiva”, ossia
personale, vincolando ogni sorta di possibile accordo al conseguimento di tale recupero.
Il quadro risultante da questi incontri è
molto sconfortante, emergendo in maniera chiara, dagli elementi che sono stati
forniti dai diversi rappresentanti aziendali,
una linea totalmente diversa da quella più
volte dichiarata dall’Ad di Trenitalia di riportare le lavorazioni all’interno delle nostre officine. Infatti, dai piani di attività
illustrati, anche in quegli impianti dove
erano state previste internalizzazioni come risulta da documentazione consegnata in sede di trattativa nazionale - non
solo sono sparite le ore d’impegno prestabilite per far rientrare le lavorazioni, ma
addirittura queste sono state di recente
affidate a imprese esterne.
Unica eccezione di internalizzazione, non
condivisa e contestata dal sindacato, vede
protagonista la Divisione Passeggeri regionale che con sempre maggior frequenza
sta riassegnando ai nostri manutentori
quelle lavorazioni definite accessorie le
quali, essendo state in precedenza catalo-
N. 4 - Aprile 2014
gate “non core”, erano state affidate alle
società di appalti ferroviari, operanti nella
quasi totalità nell’ambito delle pulizie, con
l’obiettivo di poter utilizzare maggiormente i ferrovieri in attività pregiate e a
elevato valore economico.
Invece accade proprio il contrario: i ferrovieri sono impegnati ad ripristinare livelli
di olio e acqua, rifornimento sabbia, sostituzione ceppi, cambio batterie e così via,
mentre negli stessi ambienti sempre più
numerosi operatori di altre imprese sono
dediti ad operazioni di manutenzione a
tutte le componenti e i sistemi fondamentali dei rotabili, in particolare di quelli
nuovi. Il materiale più datato è invece affidato alle cure dei nostri operai che, con la
grande professionalità che li contraddistingue, riescono anche in carenza di parti di
ricambio e di attrezzatura a renderlo efficiente e disponibile per garantire il servizio.
Anche se quest’ultimo aspetto rappresenta solo un piccolo spaccato del sistema
manutentivo, è emblematico del livello di
grande confusione in cui versa l’intero settore, in cui si ravvisa l’esigenza di una regia
che sia di guida ed indirizzo per tutte le articolazioni societarie, per poter conseguire
al meglio l’obiettivo della realizzazione di
un servizio importante per la collettività.
L’indirizzo aziendale che auspichiamo e ci
attendiamo dall’imminente incontro con
l’Ad sul piano industriale è quello che consenta di avere concrete conferme di piani
di rientro delle nostre officine di quote importanti di attività, insieme a conseguenti
e adeguate immissioni di nuovo personale.
9
Osvaldo Marinig
Pensione dei Ferrovieri:
tra approssimazione
e strumentalità
L’abitudine di informarsi e aggiornarsi attraverso i 140 caratteri di Twitter o il passaparola di Facebook può avere degli
effetti perniciosi sulle capacità di analisi e
approfondimento dei singoli, soprattutto
se si trattano materie delicate e complesse
come, ad esempio, quella delle pensioni.
La frenesia e l’incessante sovrapporsi di
“cinguettii” e di brevi risposte talvolta diventano più importanti dei contenuti che
si trasmettono; inoltre molto spesso, non
verificando la veridicità della notizia, si
possono generare effetti potenzialmente
pericolosi per il destinatario del messaggio.
Un esempio emblematico di quanto sopra
affermato ce lo offre la vicenda collegata
alla pubblicazione del messaggio Inps n.
3380\14 relativo alla concessione dei benefici pensionistici al personale mobile
della Ferrovie dello Stato. Ricostruiamo
brevemente l’accaduto per poi fornire informazioni più corrette sullo stato dell’arte.
Sull’autorevole quotidiano Il Sole 24 Ore,
due giorni dopo uno sciopero proclamato
contro la parte della legge Fornero che ha
tolto al personale mobile del gruppo Fs i
benefici dei vecchi requisiti pensionistici,
viene pubblicato un sunto del messaggio
n. 3380/14 dell’Inps. Il giornalista, evidentemente, non avendo né approfondito
bene il pregresso né valutato i possibili risvolti del contenuto poco chiaro del messaggio, involontariamente ha indotto
all’equivoco favorendo la strumentalizzazione della notizia.
L’effetto ambiguità è stato quello di far cre-
10
dere che ci fosse un collegamento causaeffetto tra lo sciopero e il contenuto del
messaggio Inps. Cavalcando l’onda emotiva, facendo leva sull’autorevolezza della
fonte, venivano ripresi i contenuti dell’articolo e pubblicati dei volantini che, giocando sull’incertezza, inducevano a
credere che fossero stati ripristinati dei
benefici pensionistici solo per bordo e
macchina.
Non vogliamo innescare polemiche, ma ci
preme segnalare che sulla materia si
stanno ripetendo, con troppa frequenza,
dei comportamenti “dubbi” dal punto
dell’esposizione di importanti informazioni
in materia pensionistica, solo per intestarsi
il merito di aver raggiunto in solitaria dei
risultati sulla modifica della legge Fornero
nella parte che penalizza i diritti pensionistici di alcune categorie di ferrovieri. L’ultimo esempio a cui ci riferiamo è quello
del novembre-dicembre del 2013 sugli
emendamenti presentati nelle Commissioni - che avrebbero risolto il problema che non hanno superato il vaglio del Parlamento.
Purtroppo viviamo in tempi in cui l’approssimazione, anche in campo istituzionale,
ha preso il sopravvento sulla precisone e
il mettersi in mostra conta molto di più di
tutto il resto. In questa vicenda l’Inps non
si è dimostrata immune dal virus della superficialità, che peraltro aveva già contagiato l’estensore della legge Fornero.
Infatti, chi ha scritto la legge, nella frase
chiave della norma che riguardava l’armonizzazione dei requisiti pensionistici dei
ferrovieri, ha utilizzato il termine “articolo” al posto di “comma”, provocando
così la cancellazione dei benefici pensioni-
N. 4 - Aprile 2014
stici in capo ai possessori di alcuni profili
professionali dei dipendenti del gruppo Fs.
Il seguito della vicenda fa registrare la puntualizzazione dell’Inps. Con il messaggio n.
3816/14 l’ente ha provveduto a correggere e precisare il contenuto del messaggio n. 3380/14 ribadendo quanto
ampiamente noto a tutti i sindacati, ovvero che, a seguito dell’innalzamento del
limite di età pensionabile a 66 anni a decorrere dal 1 gennaio 2012, data di entrata
in vigore della legge n. 214/2011, anche il
personale viaggiante e di macchina (manovra e formatore treno ndr), se adibito a
lavoro notturno di cui all’art. 1, comma 1,
lettera b del d.lgs. n. 67/2011, ha la facoltà
di accedere ai benefici previsti dal decreto
in oggetto, che in precedenza non trovavano applicazione, in quanto l’ordinamento pensionistico prevedeva norme di
miglior favore per l’accesso al pensionamento (58, 60 o 62 anni).
L’Inps ha voluto chiarire le previsioni del
comma 8 dell’articolo 1 del d.lgs.
n.67/2011, in cui è stabilita l’incumulabilità o integrabilità tra i benefici di tale
legge e eventuali condizioni di miglior favore già presenti nei regimi pensionistici
di alcune categorie di lavoratori.
Proseguendo con l’approfondimento, vale
la pena ricordare che il d.lgs. n. 67\2011 e
smi ha un carattere di generalità, per cui
era già fruibile da tutti i lavoratori che rientrano nelle quattro fattispecie citate nel
suo articolo 1 che ricordiamo essere: lavoratori notturni (senza distinzione di categoria o professione); lavoratori alla catena
di montaggio; lavoratori impegnati in
mansioni particolarmente usuranti di cui
sporti
dei Tra
VOCE
La
all’articolo 2 del dm del lavoro 19.05.1999
(minatori, cavatori e così via); conducenti
di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico
di trasporto collettivo.
Purtroppo la concessione dei benefici è
soggetta ai limiti del finanziamento della
legge, stabiliti annualmente, che sono
piuttosto restrittivi. Pertanto i benefici
della legge erano sono fruibili da tutti i lavoratori, compresi i dipendenti del gruppo
Fs indipendentemente dal profilo professionale posseduto, purché abbiano svolto
lavoro notturno e lo possano certificare
come previsto dalle procedure approvate
da Inps che, per renderle più celeri, ha stipulato un apposito accordo con Fs. Con il
nuovo messaggio l’Inps dice apertamente
che anche il personale di macchina e viaggiante, se ha svolto lavoro notturno nei limiti e nelle modalità previste dalla legge,
può beneficiare dei benefici del d.lgs. n.
67\2011, mentre fino a ora era in dubbio
la possibilità di tale concessione al personale di bordo e macchina di Fs, che godevano già degli “scivoli”, fino al 31 dicembre
2011.
Per completezza di informazione rammentiamo che il d.lgs. n. 67\2011, come beneficio, prevede la possibilità di andare in
pensione non appena si raggiunge il valore
della “quota” (minimo di anzianità anagrafica più almeno 35 anni di contributi) a cui
si devono aggiungere sia le vecchie finestre che l’adeguamento alle aspettative di
vita. Pertanto per il 2014 i requisiti minimi
per ottenere il beneficio, al netto della finestra di uscita, sono i seguenti: chi ha
svolto 78 o più notti all’anno dovrà raggiungere quota 97,3 da calcolarsi sommando almeno 61 anni e 3 mesi e 35 anni
di contributi; chi ha svolto da 72 a 77 notti
all’anno dovrà raggiungere quota 98,3 da
calcolarsi sommando almeno 62 anni e 3
mesi e 35 anni di contributi; chi ha svolto
da 64 a 71 notti all’anno dovrà raggiungere
quota 99,3 da calcolarsi sommando almeno 63 anni e 3 mesi e 35 anni di contributi.
Già che siamo in tema, forniamo ulteriori
sporti
dei Tra
VOCE
La
elementi di riflessione rispolverando il
dettato del comma 11 art. 24 d.l.
6.12.2011, convertito con modificazioni
dalla l. 22.12.2011, n. 214 (in SO n. 276,
relativo alla G.u. 27.12.2011, n. 300), ovvero legge Fornero, che porta una grossa
novità ancora poco conosciuta.
Forse non ci si ricorda, o non si vuole far
sapere, che la legge Fornero ha già previsto (a partire dal primo gennaio 2012) la
possibilità di accedere alla pensione anticipata (quella che oggi si può ottenere
senza vincolo di età anagrafica alla maturazione di 41 anni e 6 mesi, se donne, e 42
e 6 mesi, se uomini) al compimento del
63esimo anno per coloro che hanno iniziato a lavorare (versare il primo contributo) dopo il 1 gennaio 1996 di età, a
patto cha risultino versati almeno 20 anni
di contributi e l’importo della pensione
non risulti inferiore a 2,8 volte l’assegno
sociale.
Ciò significa che un giovane che ha iniziato
la sua carriera lavorativa dopo il 1 gennaio
1996, indipendentemente dal profilo professionale posseduto e dalla società di appartenenza, potrà andare in pensione al
compimento del 63esimo anno, quindi
prima di un qualsiasi ferroviere di Fs oggi
anziano, anche se questo potesse sfruttare i benefici accordati per i lavoratori impiegati in lavori faticosi o particolarmente
usuranti. Se poi rileggiamo il recente regolamento di armonizzazione dei requisiti
pensionistici dei “cugini” autoferrotranvieri, a cui ci si può ispirare, vediamo che
per loro l’età di pensionamento viene cal-
N. 4 - Aprile 2014
colata togliendo 5 anni da quella prevista
per la generalità di tutti i lavoratori (oggi
66 anni e 3 mesi, che dal 2021 dovrà per
forza essere di almeno 67 anni), salvaguardando alcune condizioni legate alla perdita del titolo abilitante a guidare
l’autobus. Per cui, al momento, gli unici
esclusi da qualsiasi beneficio pensionistico
e riconoscimento di usura della lavoro
svolto sono i possessori delle qualifiche di
macchina, bordo, manovra, formatore
treno che risultano iscritti al Fondo speciale presso l’Inps.
Un’ultima precisazione, prima di concludere, non di secondaria importanza per
l’equità dei trattamenti, riguarda il fatto
che il beneficio era concesso ai possessori
della qualifica indipendentemente se
avessero effettivamente svolto il lavoro
usurante o fossero inidonei e\o utilizzati
in altre mansioni.
Morale: è giusto che si concentrino gli
sforzi per risolvere il problema a chi è
stato effettivamente penalizzato, nonché
per avanzare proposte per un’equa armonizzazione, in favore di tutti i lavoratori dei
trasporti che svolgono mansioni faticose e
particolarmente usuranti, dei requisiti per
andare in pensione, come anche la nostra
organizzazione sta continuando a fare
nelle sedi deputate (anche senza grossi
clamori mediatici e, al momento, con gli
stessi risultati di chi si mette in mostra); un
po’ meno è giusto che si divulghino informazioni approssimative che lasciano spazio a interpretazioni ambigue nonché a
strumentalizzazioni.
11
Angelo Curcio
Nuove scadenze
per il fondo Fasda
Angelo Curcio, Coordinatore nazionale della Fit per l’Ambiente,
spiega i contenuti del nuovo accordo
sul fondo firmato da parti sociali e datoriali
Il 24 marzo a Roma Federambiente e Assoambiente e Fp-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti
e Fiadel hanno siglato un accordo che prevede il differimento delle scadenze - previste dal contratto collettivo nazionale di
lavoro e dai successivi accordi – relativo al
versamento dei contributi ordinari e straordinari e, conseguentemente, dell’erogazione delle prestazioni sanitarie
integrative.
Il versamento al fondo Fasda del contributo straordinario una tantum e dei contributi ordinari è a carico totalmente delle
imprese che applicano il ccnl Federambiente e il ccnl Fise Assoambiente ed è attribuito a ogni lavoratore dipendente con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
non in prova, compreso il personale apprendista, in misura equivalente sia per i
lavoratori a tempo pieno che a tempo parziale.
L’Accordo in oggetto, come detto, fissa criteri e tempi nuovi per il versamento al
fondo sia del contributo straordinario una
tantum (2 euro) sia del contributo ordinario annuale (170 euro) suddiviso in quattro
rate trimestrali (42,50 euro), nonché chiarisce l’iter per l’erogazione delle prestazioni sanitarie integrative.
In sintesi, si è stabilito che il contributo
straordinario una tantum procapite di
euro 2, destinato a coprire le spese di avviamento del fondo, dovrà essere versato
entro l’8 maggio 2014 - e non più alla data
del 1 aprile 2014 - sul conto corrente bancario i cui estremi saranno resi noti dal
fondo entro il 15 aprile 2014.
12
Lo stesso sarà dovuto per i lavoratori dipendenti che siano in forza all’azienda alla
data del 1 aprile 2014 e, pertanto, l’obbligo del versamento del contributo straordinario è in capo all’impresa che in ogni
caso abbia in forza i lavoratori alla data del
1 aprile 2014, anche come primo giorno di
lavoro.
Inoltre il contributo ordinario annuale pro
capite di 170 euro, suddiviso in quattro
rate trimestrali di 42,50 euro, dovrà essere
versato a regime alle scadenze del 16
aprile, del 16 luglio, del 16 ottobre e 16
gennaio di ogni anno, avendo a riferimento il trimestre precedente.
Per l’anno 2014 si dovrà iniziare a versare
non più dalla data del 1 aprile 2014, ma
dalla data che sarà in seguito indicata dal
fondo e, comunque, non oltre la scadenza
della seconda rata, prevista il prossimo 16
luglio 2014.
Anche nel caso del versamento del contributo ordinario, l’obbligo sarà a carico all’impresa che ha
in forza i lavoratori alla data indicata
per
il
versamento e che
sarà indicata dal
fondo Fasda.
rio è a carico dell’azienda che ha in forza il
lavoratore al momento della scadenza del
versamento e non per l’azienda cedente,
seppur il versamento sia riferito al trimestre precedente.
Infine, le prestazioni sanitarie integrative
non potranno essere assicurate dal 1
aprile ma nel corso del 2014 (come previsto dal comma 12 dell’accordo) con i
tempi, i criteri e le modalità che dovranno
essere necessariamente concordate con i
soggetti assicurativi prescelti e al completamento dell’iter burocratico, attraverso
l’iscrizione del fondo all’Anagrafe dei fondi
sanitari integrativi presso il Ministero della
Salute.
È importante prestare la massima attenzione per quanto concerne il versamento
del contributo straordinario, in quanto lo
stesso permetterà al fondo Fasda la concretizzazione dell’anagrafe degli aventi diritto alle prestazioni sanitarie integrative.
Alla presenza di
passaggi di appalto, esternalizzazioni
o
internalizzazioni, il
contributo ordina-
N. 4 - Aprile 2014
sporti
dei Tra
VOCE
La
Ambiente:
il protocollo di intesa
Addì, 24 marzo 2014 in Roma
daci;
Federambiente, rappresentata dal Coordinatore dell'Area Politiche del lavoro Gianfranco Grandaliano, dal Direttore della Federazione Gianluca Cencia e da Alma Maria Caputi del Servizio
Lavoro
con il Protocollo di intesa 26.11.2013, hanno concordato in particolare, l'attribuzione delle cariche di Presidente e di Vice Presidente del Fondo nonché di Presidente del Collegio dei sindaci nel
periodo 1.3.2014/30.4.2015 di avviamento del Fondo stesso;
e
in data 28.2.2014, hanno costituito in sede notarile il Fondo
FASDA;
Assoambiente, rappresentata al Presidente Monica Cerroni, con
l'assistenza di Fise nelle persone di Giancarlo Cipullo, Responsabile per le Relazioni Industriali, e di Donatello Miccoli
e
le Segreterie nazionali delle Organizzazioni nazionali
Fp Cgil, rappresentata da Adriano Sgrò e Massimo Cenciotti
Fit Cisl, rappresentata da Paquale Paniccia e Angelo Curcio
Uiltrasporti, rappresentata da Claudio Tarlazzi e Paolo Modi
Fiadel, rappresentata da Francesco Garofalo e Luigi Verzicco
nell'ambito delle distinte, autonome competenze contrattuali
hanno convenuto quanto segue.
LE PARTI STIPULANTI
PREMESSO CHE
con gli Accordi Federambiente 17.6.2011 e 5.6.2012 e con l'Accordo Fise Assoambiente 21.3.2012, hanno rispettivamente convenuto di dare vita, nell'ambito dell'intero comparto dei servizi
ambientali, a un sistema unico di prestazioni sanitarie integrative;
con i Protocolli di intesa 8.4.2013 e 28.10.2013, hanno definito
la disciplina del Fondo sanitario integrativo nazionale dei servizi
ambientali, in conformità a quanto previsto dal Decreto del Ministero della salute 27.10.2009;
con il Verbale di intesa 22.11.2013, hanno stipulato lo Statuto del
Fondo di Assistenza Sanitaria per i Dipendenti dei servizi Ambientali - denominato FASDA - e hanno individuato i criteri ai quali la
parte datoriale e quella sindacale debbono attenersi nella composizione del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sin-
sporti
dei Tra
VOCE
La
CONSIDERATO CHE
sono in corso di definizione: la procedura per la selezione dei soggetti deputati alla gestione amministrativo-contabile dei contributi ordinari e di quelli deputati all'erogazione delle prestazioni
sanitarie integrative rientranti nelle previsioni del Decreto del
Ministero Salute 27.10.2009; la convenzione con l'INPS per la riscossione dei contributi; l'iscrizione del Fondo FASDA all'Anagrafe
dei Fondi sanitari integrativi;
la gestione del Fondo rende urgente la disponibilità di adeguate
risorse economiche per sostenere le spese correnti;
CONVENGONO QUANTO SEGUE.
Quanto premesso e quanto considerato sono parte integrante
del presente Protocollo di intesa.
A integrale sostituzione di quanto previsto dal comma 6 del Protocollo di intesa 28.10.2013 nonché dagli artt. 68, comma 7, e
65, lettera B), comma 7 rispettivamente del ccnl Assoambiente
e del ccnl Federambiente, le imprese che applicano detti contratti, a copertura delle spese di avviamento del Fondo FASDA,
sono tenute a versare l'importo straordinario una tantum di 2,00
(due) euro per ogni lavoratore con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato pieno o parziale, non in prova, compreso il personale apprendista, che risulti alle dipendenze dell'azienda alla data
dello aprile 2014.
Il predetto versamento dovrà essere effettuato entro 1'8 maggio
2014 sul conto corrente bancario intestato al Fondo FASDA, con
la specifica causale indicata, i cui estremi saranno resi noti dal
Fondo entro ill5 aprile 2014.
Nelle more del versamento di cui sopra, Assoambiente e Federambiente provvederanno pariteticamente ad anticipare le
somme necessarie per le spese correnti. Tali anticipazioni sa-
N. 4 - Aprile 2014
13
ranno restituite dal Fondo entro 60 giorni dal primo versamento
del contributo ordinario.
In considerazione di quanto previsto dai commi 10 e 11, resta comunque fermo:
A integrale sostituzione di quanto previsto dal comma 8 del Protocollo di intesa 8.4.2013 e dagli artt. 68, comma 8, e 65, lettera
B), comma 8 rispettivamente del ccnl Assoambiente e del ccnl
Federambiente, viene confermato che l'eventuale somma residua del versamento del contributo di cui al precedente comma
2, non utilizzata, sarà destinata a copertura di future spese per
l'operatività del Fondo.
a) l'obbligo delle imprese di versare il contributo ordinario complessivamente dovuto per l'anno 2014, secondo i criteri, le modalità e i tempi che saranno comunicati dal Fondo;
Il finanziamento delle prestazioni sanitarie integrative a favore
dei lavoratori dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato pieno o parziale, non in prova, compreso il personale
apprendista, è assicurato dalle imprese che applicano rispettivamente il ccnl Assoambiente e il ceni Federambiente attraverso il
versamento di un contributo ordinario trimestrale, secondo
quanto stabilito dal Fondo FASDA.
Il contributo ordinario trimestrale è pari a 42,50 (quarantadue/50) euro per ogni lavoratore dipendente come individuato
dal precedente comma 6, ed è versato alle date del 16 gennaio,
16 aprile, 16 luglio, 16 ottobre di ogni anno, con riguardo ai lavoratori dipendenti in forza alla fine dei singoli mesi di ogni trimestre immediatamente precedente quello nel quale è dovuto
il contributo stesso.
Nessun altro onere, diretto o indiretto, può essere posto a carico
delle aziende oltre quanto stabilito dai precedenti commi 2 e 7.
In caso di mancato versamento di quanto dovuto a termini dei
precedenti commi 2 e 7, è in capo all’azienda inadempiente la
piena responsabilità verso il lavoratore dipendente per la perdita
delle prestazioni sanitarie; ferma restando la facoltà del dipendente di chiederle il risarcimento del danno subìto.
b) il diritto dei lavoratori dipendenti alle prestazioni sanitarie integrative che verranno stabilite dal Fondo a partire dall'anno
2014, secondo la decorrenza, i criteri e le modalità che saranno
resi noti dal Fondo stesso, in particolare, in relazione al perfezionamento degli accordi con i soggetti terzi deputati all'erogazione
delle prestazioni predette e con i soggetti terzi deputati alla gestione amministrativo-contabile dei contributi ordinari.
Per le imprese che applicano il ccnl Federambiente o il ccnl Assoambiente, che hanno aziendalmente convenzioni e/o contratti
collettivi di assistenza sanitaria integrativa, le parti si impegnano
a concludere la procedura prevista dal comma 5 rispettivamente
dell'art. 68 del ccnl Assoambiente e dell'art. 65, lett. B) del ccnl
Federambiente entro il30 aprile 2014.
Federambiente
Fp-Cgil
Assoambiente
Fit-Cisl
Fise
UilTrasporti
Fiadel
L'inizio del versamento del contributo ordinario di cui al comma
7, già previsto a partire dall'1.4.2014, è differito a data, comunicata dal Fondo, successiva al perfezionamento degli accordi e
degli adempimenti di cui al precedente "CONSIDERATO". L'inizio
del versamento non avverrà comunque oltre la scadenza della
rata del16 luglio 2014.
Sono pertanto abrogati i commi 9 e 10 del Protocollo di intesa
8.4.2013 e i commi 9 e 10 degli artt. 68 e 65, lettera B) rispettivamente del ccnl Assoambiente e del ccnl Federambiente.
L'inizio dell'erogazione delle prestazioni sanitarie integrative, già
previsto a partire dall'1.4.2014, è correlativamente differito per
effetto di quanto previsto al successivo comma 12, lettera b).
Sono pertanto abrogati il comma 11 del Protocollo di intesa
8.4.2013 e il comma 11 degli artt. 68 e 65, lettera B) rispettivamente del ccnl Assoambiente e del ccnl Federambiente.
14
N. 4 - Aprile 2014
sporti
dei Tra
VOCE
La
Francesca Di Felice
Tutte le iniziative della Fit
in arrivo per il tpl
Testo unico sulla rappresentanza,
vertenza per il rinnovo contrattuale, disegno di legge per la riforma del settore, negoziato
Busitalia, impianti a fune. Sono
questi i principali argomenti affrontati in occasione della riunione
del
rinnovato
Coordinamento nazionale di area
contrattuale Mobilità tpl.
Il 9 e il 10 aprile a Roma il nuovo
Coordinamento, composto dalle
persone che vivono l’area contrattuale nei territori a stretto
contatto con i lavoratori, si è ritrovato per confrontarsi sui temi
caldi del settore. Antonio Piras,
Coordinatore nazionale, ha
aperto i lavori con una relazione
completa che ha offerto grandi
spunti di riflessione ai presenti. Il
tema centrale non poteva che
essere la vertenza per il rinnovo contrattuale, atteso ormai da
troppo tempo.
Il 19 marzo scorso si è svolto l’ennesimo sciopero nazionale. A
nulla ha portato l’ultimo incontro con i Ministri del Lavoro e dei
Trasporti, perché ancora una volta le Associazioni datoriali hanno
mantenuto il solito incomprensibile atteggiamento di negazione.
Hanno continuato a sostenere la mancanza di risorse e la possibilità di arrivare al rinnovo solo con l’autofinanziamento e i recuperi di produttività, sfasciando la contrattazione aziendale.
Inspiegabilmente, non hanno rivisto questa assurda posizione neanche di fronte alla proposta del Governo di anticipare i pagamenti inevasi dalle amministrazioni locali in modo da sollevare
le aziende dall’enorme peso degli interessi passivi nei confronti
delle banche. Ciò fa sorgere il sospetto che non si tratti soltanto
di una questione economica, ma che dietro ci sia ben altro: posizioni ideologiche e autoreferenzialità.
Non hanno concesso un briciolo di opportunità per scongiurare
sporti
dei Tra
VOCE
La
lo sciopero e il prossimo sarà il quattordicesimo oltre che, per ciò
che ci riguarda, senza fasce. L’unico strumento di lotta che è rimasto e che, così come è permesso per i servizi pubblici essenziali, penalizza solo i lavoratori e i cittadini, mentre le aziende ci
guadagnano con il risparmio di gasolio e, alcune, con la non restituzione del quantum ricevuto per il servizio non effettuato. Tra
l’altro in questa situazione il rischio è che il giorno dopo lo sciopero le cose non mutino.
Per questo si è pensato di cambiare strategia con due nuove
azioni: promuovere un disegno di legge di iniziativa popolare per
far pagare le aziende in caso di sciopero e scrivere una lettera
che i Segretari regionali e territoriali autoferro invieranno ai presidenti delle aziende aderenti ad Asstra e agli enti proprietari.
Per quanto riguarda la prima iniziativa, lo scopo è quello di richiamare la responsabilità delle aziende in caso di sciopero per
incentivarle a risolvere le controversie in modo rapido ed esaustivo per tutti, attraverso soluzioni contrattuali condivise. Secondo la proposta le aziende, in caso di sciopero indetto per il
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rinnovo del contratto di lavoro dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, verserebbero una
somma a favore del fondo di solidarietà bilaterale di categoria e
rimborserebbero gli abbonamenti degli utenti per il mancato servizio. Inoltre, si prevedono importanti sanzioni in caso di inadempienza.
L’altra iniziativa proposta all’attenzione del Coordinamento, la lettera da inviare ai presidenti delle aziende e agli enti proprietari,
rappresenta solo un esempio per spingerle a prendere una posizione chiara e decisa finalizzata a rimuovere gli ostacoli politici
sostenuti da Asstra. Si sostiene infatti che questa situazione di
stallo sia dannosa per tutti, non solo cittadini e lavoratori, ma
anche enti proprietari e aziende che versano per l’adesione ad
Asstra somme notevoli, provenienti dalla contribuzione pubblica.
Si tratta di due iniziative che forse non produrranno molto nell’immediato, ma solleveranno l’attenzione dell’opinione pubblica
sul tema.
«Non possiamo rimanere nell’immobilismo e pensare che non ci
sia il problema – ha dichiarato nel suo intervento il Segretario generale della Fit Giovanni Luciano – e non possiamo pensare di
mobilitarci solo con un nuovo sciopero, per stare peggio il giorno
dopo. Dobbiamo cambiare strategia con una proposta sostenibile
da condividere, a partire dalla quantificazione degli arretrati che
si ingigantiscono sempre di più. Il sistema sta crollando, le
aziende falliscono o trovano il modo di cedere dei pezzi di attività.
Finalmente abbiamo il fondo a sostegno dell’occupazione, ma
non abbiamo nessuna forma di welfare. Anche bloccare le città
ormai non fa più effetto. Dobbiamo portare i consumatori dalla
nostra parte con una nuova strategia coinvolgendo più persone
possibili e offrendo una soluzione compatibile alle istituzioni».
Altro tema importante su cui si sono concentrati i lavori del Coordinamento è stato quello della riforma o riorganizzazione del
settore, che potrebbe svilupparsi attraverso due disegni di legge
delega.
Il primo, presentato da un gruppo di Senatori, prevede quattro
linee di intervento atte a riformare il settore: la ridefinizione dei
livelli essenziali di servizio universale da garantire attraverso il
sussidio delle risorse pubbliche e la conseguente determinazione
dei loro costi standard; il recupero di efficienza ed efficacia del
sistema, superando sovrapposizioni e parallelismi e realizzando
l’integrazione tra le diverse modalità di trasporto; il completamento del processo di liberalizzazione del trasporto su gomma e
la programmazione dei processi di liberalizzazione del trasporto
ferroviario universale, nazionale e regionale; l’individuazione di
nuovi sistemi di reperimento delle risorse e di certezza e continuità delle stesse. Il tutto in vista della riforma quanto mai essenziale del titolo V della Costituzione per la ridefinizione
profonda dell’assetto delle competenze per superare le conflit-
16
tualità emerse fino ad oggi.
L’altro ddl è quello di iniziativa del Ministero dei Trasporti. Nasce
su iniziativa della cabina di regia coordinata dall’ex Sottosegretario Erasmo D’Angelis e sembra che continuerà la sua evoluzione
anche con l’attuale Governo. Il documento presentato all’attenzione delle parti coinvolte - associazioni datoriali, organizzazioni
sindacali e Regioni - si basa sul presupposto di rafforzare il Fondo
nazionale trasporti con lo scopo di dotare il settore di regole e risorse certe ed esigibili. Di notevole interesse sono: gli interventi
volti ad alimentare il Fondo con l’aliquota addizionale Irpef, riconoscendo l’inadeguatezza dell’accisa sulla benzina e l’incertezza
delle risorse attribuite alle singole regioni; l’esclusione dai vincoli
derivanti dal patto di stabilità interno delle risorse destinate al
tpl; la detraibilità delle spese per gli abbonamenti; l’introduzione
di provvedimenti atti a contrastare l’evasione tariffaria; gli incentivi alla liberalizzazione del settore e all’affidamento dei servizi,
secondo criteri di economia di scala, con l’introduzione di penalità relative alla non erogazione delle risorse alle regioni inadempienti e/o non osservanti i criteri di bacino di traffico richiesti,
con il conseguente versamento delle somme relative a favore del
Fondo di solidarietà bilaterale; la previsione di una formula di
clausola sociale che garantisce il trasferimento di tutto il personale dipendente dal precedente gestore all’impresa subentrante,
con l’assicurazione della conservazione del trattamento economico e normativo
derivante dal contratto collettivo
nazionale di lavoro. Questi solo
alcuni dei contenuti del corposo
documento che
ha stimolato la
partecipazione al
dibattito
delle
due giornate di lavoro.
Questo disegno di
legge rappresenta
una grande occasione di partecipazione anche
per il sindacato,
per contribuire
alla riforma del
settore e per
mantenere
in
piedi un tavolo
istituzionale che
si ponga come ga-
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sporti
dei Tra
VOCE
La
rante anche per la risoluzione della vertenza contrattuale attraverso il coinvolgimento di tutte le parti i gioco, Regioni incluse.
L’esame del testo unico sulla rappresentanza e l’aggiornamento
sul negoziato Busitalia hanno dominato i lavori della seconda
giornata. Pasquale Paniccia, Segretario nazionale Fit con delega
contrattuale, ha descritto le nuove regole alla base delle relazioni
industriali a cui ci si dovrà attenere.
Il nutrito dibattito, stimolato dagli autorevoli interventi, ha approvato e contribuito a rafforzare le linee strategiche proposte
dalla Segreteria nazionale per portare avanti la vertenza contrattuale.
Michele Imperio ha chiuso i lavori della due giorni degli autoferrotranvieri. Il Segretario nazionale, ringraziando lo staff di via
Musa, ha ribadito la natura di provenienza dei componenti del
Coordinamento neocostituito, composto dalle persone che vivono l’area contrattuale nei territori. È un organismo che ha lo
scopo di svolgere la funzione contrattuale a cui è deputato e con
cui condividere e costruire le linee politiche contrattuali da portare avanti a livello nazionale.
Cambiare strategia per colpire le associazioni datoriali sugli
aspetti che più interessano loro: limiti agli appalti, introduzione
dei costi standard, vincolo alle risorse. Faremo così sentire la no-
stra voce nell’elaborazione di confronto del disegno di legge, con
la legge d’iniziativa popolare e stimolando l’emersione di quel
malcontento che esiste tra gli associati ad Asstra per restituire il
giusto rispetto a 110 mila addetti del trasporto pubblico locale
che attendono il rinnovo contrattuale da troppo tempo.
Impianti a fune: siglato il Testo unico contrattuale coordinato con l’accordo nazionale di rinnovo
Il 28 marzo scorso, presso il Centro Congressi di Chiesa Valmalenco (SO), è stato sottoscritto il Testo unico contrattuale coordinato con l'accordo nazionale di rinnovo del 10 dicembre 2013
degli addetti degli impianti di risalita. L'elaborazione ha impegnato le organizzazioni sindacali e l'Anef, l’Associazione datoriale
firmataria del ccnl, in un lavoro di svecchiamento e coerenza degli
accordi nazionali per la creazione di un unico testo di riferimento
epurato dalle abrogazioni legislative e contrattuali.
Il rinnovo contrattuale era stato siglato il 10 dicembre scorso e vi
si è giunti senza non poche difficoltà. La crisi economica e l’aumento dei costi di gestione sostenuti dalle imprese, che operano
in un settore posto a metà tra il tpl e il turismo, avevano messo
a rischio il rinnovo dietro la minaccia delle aziende di revocare la
propria adesione all’Anef. L’impegno di tutti ha consentito di giungere a una risoluzione condivisa, che ha permesso di rendere il
contratto nazionale più flessibile alle esigenze delle imprese, garantendo la conservazione dei posti di lavoro e lo sviluppo potenziato della contrattazione di secondo livello. Non un solo
giorno di sciopero, un rinnovo economico pari a 107 euro e il lavoro di elaborazione che ha raccolto tutte le norme contrattuali
in un unico testo di riferimento: sono i risultati del lavoro dell’impegno comune delle organizzazioni sindacali e dell’Anef.
Assunzione di personale straniero nelle aziende di tpl
Il d.lgs. n. 40/2014, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale (Serie Generale n.68 del 22-3-2014) abroga espressamente l’articolo del
r.d. n. 148/1931, norma in palese contrasto con la giurisprudenza
europea, che impediva l'assunzione di personale straniero nelle
imprese del trasporto pubblico.
Il disposto normativo, che è in vigore dal 6 aprile scorso, darà attuazione alla direttiva 2011/98 Ue relativa la quale, tra le altre
cose, riconosce diritti specifici per i lavoratori di Paesi terzi che
soggiornano regolarmente in uno Stato membro. In tale ambito
è espressamente prevista l’abrogazione dell’ articolo 10, n. 1, dell'allegato A del regio decreto, che prevedeva il requisito della cittadinanza italiana per i lavoratori delle aziende
autoferrotranviarie. Tale norma era stata estesa anche al settore
del trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, per effetto
delle leggi n. 628/1952, e n. 1054/1960.
La previsione di una riserva di posti di lavoro solo per cittadini
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VOCE
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italiani non è conforme al diritto europeo, al semplice principio
di civiltà e a quello, più generale e autorevole, di uguaglianza formale e sostanziale sancito dalla nostra Costituzione prima che da
altro. Sono limiti anacronistici non più giustificati, secondo cui la
cittadinanza italiana sarebbe il requisito necessario per assicurarsi la fedeltà del dipendente e per guidare bene un tram o un
autobus, come se il fatto di essere un lavoratore modello dipendesse dalla nazionalità. Motivazioni che non hanno più ragione
di esistere. Peraltro, rammentiamo che si tratta di norme varate
nel 1931, periodo in cui il trasporto di persone e merci nelle ferrovie concesse era di vitale importanza per lo Stato (ricordiamo
il trasporto del carbone sardo) che aveva instaurato un modello
autarchico, quindi i trasporti interni avevano un’importanza strategica sia per l’economia sia a fini militari.
Il decreto legislativo non fa altro che confermare l’abrogazione
tacita della previsione del regio decreto, avvenuta con l’entrata
in vigore del T.u. sull’immigrazione e sostenuta dal principio di
parità di trattamento tra lavoratori migranti e nazionali, non rispettato dalla maggior parte delle aziende di tpl, che continuavano a richiedere come requisito per l’assunzione la cittadinanza
italiana.
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Ciò ha determinato il sorgere di un contenzioso giudiziario e le
pronunce favorevoli al principio di parità di trattamento del Tribunale di Milano (ordinanza 20 luglio 2009) e del Tribunale di Torino, (ordinanza del 13 ottobre 2013). Il primo caso era stato
sollevato da Mohamed Hailoua, marocchino di 18 anni, regolarmente residente e diplomato in una scuola professionale per
elettricisti, che si è visto rifiutare la domanda per lavorare come
operaio in Atm, proprio per mancanza del requisito della cittadinanza italiana. I giudici riconobbero il diritto del giovane di concorrere al bando. Stesso riconoscimento con sentenza a Torino
per un cittadino congolese, rifugiato da 10 anni e sposato con
una cittadina italiana, che aveva richiesto di partecipare alla selezione indetta da Gtt negatagli per gli stessi motivi.
Con l’abrogazione espressa di tale norma le aziende non potranno più escludere cittadini di Stati terzi non membri dell’Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia dalle
selezioni per l’assunzione di personale (autisti, meccanici, impiegati e così via).
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sporti
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Marino Masucci
Autonoleggio e taxi:
quali prospettive?
Marino Masucci, Coordinatore nazionale Fit,
fa il punto su un settore in trasformazione
Nel mese di marzo si sono svolti, su iniziativa della Federazione, due importanti appuntamenti inerenti le
problematiche dei settori autonoleggio
e quello dei taxi.
A Milano si è tenuto un incontro con i
dirigenti sindacali regionali che saranno impegnati nei prossimi mesi sul
comparto autonoleggio. Un buon numero di lavoratori addetti è presente
all’interno degli aeroporti e stazioni
ferroviarie nonché sul territorio metropolitano con numerose agenzie di rent
a car e di noleggio a lungo termine.
Dopo una disamina del contesto economico-finanziario del settore, con
l’analisi dei dati relativi agli anni
2012/2013, si può percepire una moderata tenuta occupazionale con circa
8mila addetti diretti e una seppur live
inversione di tendenza per quanto riguarda il volume dei ricavi, arrivando alla
considerevole cifra di circa 5 miliardi di
euro complessivi.
Il noleggio nel 2013 è arrivato alla ragguardevole quota del 17% delle vetture nuove
immatricolate in Italia; ovvero su dieci
auto nuove di fabbrica, quasi due vengono
utilizzate per attività di noleggio a breve e
lungo termine.
tratto viene rinnovato con cadenze regolari così come previsto dagli accordi interconfederali vigenti; importanti istituti
contrattuali sono stati definiti negli ultimi
rinnovi: il Fondo pensione complementare
Astri, la polizza sanitaria, l’Ente bilaterale
nazionale dell’Autonoleggio (Eban).
I tre comparti - noleggio a breve termine,
quello a lungo termine e il fleet management - nonostante la grave crisi economica
danno segnali nei primi mesi dell’anno
2014 di un moderato ottimismo.
Il Fondo Pensione , al quale hanno aderito
un discreto numero di lavoratori del settore, ha dato ottimi risultati negli ultimi
anni e recentemente è stato condiviso il
raddoppio del contributo aziendale; è
stata inoltre approvata la modifica statutaria che consente l’iscrizione dei familiari
a carico , il contributo una tantum, la prosecuzione del versamento in caso di pensionamento.
La giornata è proseguita con l’analisi delle
ultime conquiste sindacali in sede di contrattazione collettiva; innanzi tutto il con-
La polizza sanitaria, con un contributo a
solo carico aziendale di 240 euro, ha reso
possibile per tutti i lavoratori del settore e
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i loro familiari coperture assicurative e sanitarie competitive e importanti come il
chek up, il pacchetto maternità, il contributo per gli occhiali.
L’Ente bilaterale nazionale ha finanziato
recentemente una ricerca tramite alcuni
professori universitari su:” I driver di competitività sul settore autonoleggio”, che ha
visto protagonisti alcuni dirigenti sindacali
e aziendali ai quali è stato sottoposto un
questionario, attraverso il quale sono state
elaborate interessanti idee e analisi su
come sviluppare la competitività delle imprese e la valorizzazione delle risorse
umane.
Altre interessanti innovazioni sono state il
part-timer reversibile, la banca ore, l’elevazione del valore dei buoni pasto a 5,29
e il minimo di 550 euro di rimborso spese
per il contratto di stage.
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La riunione si è conclusa con l’idea di rivedersi nei prossimi mesi per fare il punto
della situazione sul settore e con il contratto di lavoro finalmente ristampato con
all’interno tutti gli accordi sottoscritti negli
ultimi anni.
Il 25 marzo, presso il Centro studi Fit di via
degli Anamari, si è svolta una riunione
sulle problematiche dei taxi, alla quale
hanno partecipato quasi tutte le associazioni di categoria con i relativi rappresentanti sindacali.
La Cisl ha tenuto la relazione introduttiva
svolgendo una analisi del difficile contesto
in cui si trova la categoria, sottoposta a
pressioni notevoli da nuove forme organizzative innovative del servizio taxi, come
Uber o My Driver, Car Sharing, Carpooling
e così via.
La situazione dei taxi è resa ancor più delicata dalla situazione normativa; infatti,
anche se recentemente una sentenza
della Corte di Giustizia europea sembra
aver dato ragione alle aspettative della categoria, confermando l’impianto normativo della legge 21/1992, appare chiaro
che ormai con l’evoluzione tecnologica,
con la creazione delle città metropolitane
si è creato di fatto un vuoto normativo che
va necessariamente colmato.
Al fine di evitare di essere sempre percepiti come una corporazione che si difende
da tutto e da tutti, la Cisl ha lanciato una
proposta, che è stata accolta, di costituire
due gruppi di lavoro: il primo che si occupi
degli aspetti, normativi, legali e contrattuali ed elabori una proposta da sottoporre al confronto, nei prossimi mesi, con
le istituzioni; il secondo che si occupi delle
innovazioni tecnologiche e della qualità
del servizio.
Occorre passare dalla protesta alla proposta con un ruolo proattivo che dia un immagine della categoria più consona a un
sindacato moderno e propositivo.
Entro la fine di Aprile le proposte dei due
gruppi di lavoro saranno discusse e analizzate all’interno del parlamentino e portate
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al confronto con tutti i lavoratori della categoria.
Per il primo gruppo quello degli aspetti
normativi, abbiamo il piacere di pubblicare l’elaborato redatto dal collega Alessandro Nordio, Presidente Taxi di
Confartigianato.
Il trasporto pubblico
non di linea
Rigidità dell’offerta e la sfida di una
domanda senza regole
Il trasporto pubblico non di linea opera su
una domanda eterogenea e varia che sempre più frequentemente sceglie quale tipologia di servizio utilizzare in funzione
delle esigenze degli utenti/clienti e non di
quelle degli operatori, siano questi regolati (TAXI), parapubblici (car sharing) o totalmente deregolamentati e a forte
utilizzo di tecnologia dedicata, (car polling,
servizi di condivisione delle spese di trasporto, di cortesia, di trasporto sociale di
prossimità, servizi che valorizzano economicamente l’asimmetria informativa ecc.).
Le imprese devono operare in un quadro
di regole certe per poter programmare il
proprio futuro e garantire la sostenibilità
economica del settore. Il passato può darci
degli elementi di valutazione e suggerire
che le regole attuali, pur giuste e coerenti,
hanno prodotto una rigidità dell’offerta a
fronte di una domanda variabile e alla
quale non sembra interessare il quadro
normativo, ma solo il miglior servizio possibile al minor costo possibile e di semplice accesso, in quanto è sempre più
facile utilizzare tecnologia a basso costo
attraverso il clouding. Questo fattore ci
deve vedere soggetti attenti e propositivi.
Un atteggiamento passivo ci renderà marginali e nel medio lungo periodo “politicamente” di scarso interesse.
La legge 21/92 non ha strumenti per fronteggiare la diminuzione della domanda
dovuta alla crisi economica e allo sconsiderato aumento dei contingenti. Per tali
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ragioni vanno recuperati spazi nell’offerta
di trasporti in quei settori affini che sono
proliferati senza regole, sulla base di una
domanda di mobilità diversificata che non
sempre si è saputo intercettare.
La riflessione suggerisce di trovare un piattaforma partecipata, individuando degli
obiettivi utili per avere una possibilità di
intercettare le nuove esigenze di mobilità.
Si propone di costruire un confronto sulla
base dei seguenti elementi:
Obiettivo 1: Contrastare gli operatori di
altri paesi della Ce con veicoli M1 (9 posti
compreso il conducente) che stazionano
quotidianamente presso le stazioni ferroviarie, porti, aeroporti e zone a traffico limitato, che si procacciano servizi in
stazionamento su luogo pubblico, senza
commessa e senza rimessa o sede stabile
nel territorio. In mancanza di norme comunitarie attivare il rispetto delle norme
nazionali (legge 21/92, leggi regionali, regolamenti comunali e C.d.S.);
Obiettivo 2: Regolare l’utilizzo (a titolo
gratuito e a titolo oneroso) di veicoli M1,
per lo svolgimento di servizi di cortesia,
immatricolati ad uso proprio trasporto
persone da parte di soggetti o persone
giuridiche che svolgono in via principale
altra attività commerciale o imprenditoriale. Il servizio di trasporto a titolo oneroso da parte di questi soggetti è
sanzionato. Avviene però che detto servizio è ceduto a titolo gratuito come benefit
di altra prestazione soggetta a fattura. La
fattispecie potrebbe essere adeguatamente disciplinata per garantire la tutela
della concorrenza. In prima istanza si propone che i veicoli adibiti a tali servizi devono essere immatricolati a uso di terzi, ai
sensi dell’art. 82 del decreto legislativo 30
aprile 1992 n. 285, per effettuare il trasporto di persone esclusivamente nell’interesse della attività svolta dal soggetto
alla quale sono rilasciati eventuali titoli autorizzativi annotati sulla carta di circolazione;
Obiettivo 3: Individuare norme per regolare le persone fisiche/giuridiche che,
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senza titolo amministrativo (licenza/autorizzazione) o incarico (mancanza di titolo
di viaggio specifico o motivi di cura e/o famigliare/personale), stazionano nei punti
di interscambio modale offrendo servizi
con le modalità più disparate (anche in via
telematica) per il trasporto di persone a titolo gratuito, a titolo di condivisione dei
costi di trasporto, a titolo di trasporto sociale di prossimità destinato a fasce deboli
dell’utenza. Si tratta di fenomeni distorsivi
della concorrenza in quanto tali soggetti
sono privi di titolo professionale (patenti
ed abilitazioni specifiche), requisiti di accesso al mercato, senza garanzia finanziaria (idonee Rca e fidejussioni), idoneità
morale (precedenti penali), requisito di
stabilimento, di documento di regolarità
contributiva e fiscale Durc, di regolarità
tecnica dei veicoli prevista dal C.d.S. (visita
e prova annuale);
Obiettivo 4: Applicare il codice del consumo e contrastare l’utilizzo di forme pubblicitarie e commerciali ingannevoli a
danno delle micro imprese applicando
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quanto previsto dal d.l. 1/2012 art. 7;
Obiettivo 5: Numero imprese conosciute,
codici Ateco. Il dumping fiscale consentito
dalla possibilità di allocare le imprese in
altri Stati non può essere combattuto con
fenomeni interni di poca trasparenza. I
dati dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero del Lavoro sembrano far trasparire
un settore che sulle quantità non è tale, rispetto alla programmazione numerica conosciuta. Per garantire una concorrenza
equa va fatta un’azione di monitoraggio e
conoscenza puntuale, al fine di garantire
quella maggioranza di imprese che assolvono con grandi sacrifici ai propri obblighi
fiscali e contributivi;
Obiettivo 6: Art. 29 uno quater. Il Tavolo
Tecnico istituito presso il Ministero dei Trasporti nel 2010 aveva prodotto alcune
convergenze. Va recuperato quel lavoro e,
a partire da quello che si era condiviso, costruire una prospettiva percorribile su quei
pochi punti che erano da definire. Non
farlo oggi che la tecnologia può dare solu-
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zioni non ipotizzate all’epoca, come ad
esempio la posta certificata, significa consegnare il settore ad agenzie sovranazionali. Tali agenzie applicano logiche
mercatistiche, che valorizzano economicamente l’asimmetria informativa a danno
della domanda e dell’offerta e alle quali
non è opponibile, anzi ne viene scardinato,
il concetto di servizio pubblico regolato,
che è all’origine della normativa nazionale
(21/92);
Obiettivo 7: Proporre che gli enti regolatori dispongano adeguati strumenti (disciplinari di servizio) ai quali si devono
conformare i titolari di società che erogano servizi al trasporto pubblico non di
linea, attraverso l’utilizzo di tecnologia associata a strumenti di telecomunicazione
e geolocalizzazione, che consentano l’assegnazione di prestazioni di trasporto
dove viene valorizzata economicamente
l’asimmetria informativa tra domanda e
offerta.
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Marcello Di Giulio
Professione controllore di volo
La s.a.s. assistenza al volo della Fit-Cisl
da molto tempo ha attivato una proficua collaborazione con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale,
guidato dal professor Maurizio Catino,
dell’Università di Milano Bicocca.
Tale collaborazione si svolge principalmente sull’analisi di alcuni aspetti legati alla safety e alla just culture, due
temi che ci vedono impegnati da anni
in un’attività di ricerca, studio e promozione nell’ambito del trasporto
aereo, ma che sicuramente sono di interesse anche di altre realtà interne
alla Fit.
La professione del controllore del traffico aereo (Atco) è forse quella meno
conosciuta all’interno del sistemo del
trasporto aereo e, sebbene il lavoro
sia universalmente noto ai ricercatori
e agli addetti ai lavori come molto
stressante, molte dinamiche sociali e
comportamentali presenti all’interno di questa professione non
sono mai state studiate a fondo.
La professione del controllore presenta sicuramente forti similitudini con altre che operano in contesti di emergenza-urgenza
come, ad esempio, la professione medica e altre che operano in
contesti ad alta affidabilità come i marittimi o i ferrovieri; tuttavia
ha al proprio interno delle peculiarità che meritano sicuramente
degli approfondimenti.
L’Atco, infatti, in un lasso di tempo ristretto deve operare assicurando sia l’affidabilità e la sicurezza delle operazioni, sia l’efficienza dei processi, gestendo situazioni inattese all’interno di un
complesso sistema operativo e normativo che lo vede interagire
spesso anche con più di 30/40 aerei ogni ora.
Mancava, ad oggi, purtroppo, una descrizione realistica della professione e delle pratiche di lavoro concrete dell’Atco, dei processi
decisionali e operativi che avvengono in contesti altamente sfidanti sia dal punto di vista umano sia tecnologico. Questa mancata conoscenza porta a rappresentazioni mediatiche - e talvolta
anche giudiziarie - inadeguate e riduttive della complessità cognitiva, organizzativa, comunicativa e decisionale della profes-
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sione dell’Atco.
Quanto premesso ha portato a valutare l’opportunità di dotarsi
di nuovi strumenti di analisi volti a comprendere meglio l'attività
del controllore del traffico aereo e le interazioni con il sistema in
cui è inserito, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e il benessere dei lavoratori.
Un ambiente di lavoro sano, che tenga conto delle condizioni fisiche e mentali dei lavoratori, è importante per garantire una
buona qualità del lavoro e servizi di alto livello. Il benessere lavorativo è essenziale anche per garantire la produttività e lo standard delle prestazioni.
Partendo da questi presupposti la s.a.s. assistenza al volo della
Fit-Cisl, in collaborazione con Enav e con il supporto del gruppo
di lavoro "La responsabilità nelle attività a rischio consentito",
fondato insieme alle altre Organizzazioni sindacali e all’associazione di categoria professionale Anacna, ha commissionato uno
studio etnografico all'Università degli Studi di Milano Bicocca, Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, allo scopo di approfondire e migliorare la conoscenza della professione dell’Atco e
l'ambiente di lavoro che gli appartiene.
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sporti
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Lo studio, guidato dal professor Maurizio Catino, è sicuramente
unico nel panorama mondiale e si propone, tra le altre cose, di
analizzare, descrivere e individuare quelle che vengono considerate delle best practices, al fine di poter migliorare sia l’ambiente
e il sistema all’interno del quale il controllore opera sia il servizio
offerto agli utenti del servizio, che sono in primis le compagnie
aeree e i passeggeri che tutti i giorni affollano gli aeroporti del
mondo.
Lo svolgimento pratico dello studio avverrà su quattro siti operativi scelti per la loro rappresentatività – Fiumicino, Malpensa e i
centri di controllo regionale di area di Milano e Roma – tramite
la presenza sul campo dei ricercatori dell'università che interagiranno direttamente con il personale di front line per sei mesi durante i vari turni di lavoro.
La ricerca etnografica consisterà quindi nell’osservazione diretta
da parte del ricercatore delle pratiche di lavoro degli Atco nell’ambito dell’ambiente naturale di svolgimento di tali attività. Il
ricercatore avrà così la possibilità di produrre anche una descrizione dettagliata dell’attività e di intercettare le specificità e i
meccanismi della conoscenza che consente al controllore di individuare e controllare possibili eventi ambigui.
A questo proposito le peculiarità della professione dell’Atco sembrano sovrapporsi ai principi di funzionamento che la letteratura
internazionale individua come elementi caratterizzanti e distintivi
dell’operato di organizzazioni che perseguono alti livelli di affidabilità. Nello specifico, in un contesto di safety, l’attività dell’Atco
sembra essere caratterizzata dal costante riferimento a due principi: l’anticipazione e il contenimento.
L’anticipazione consiste non solo nella prefigurazione di uno scenario potenzialmente negativo per l’efficienza o l’affidabilità delle
operazioni, ma anche nell’intervento volto a correggere il corso
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La
di eventi perché tale situazione anomala non si verifichi. Il contenimento, invece, consiste nel prevenire il verificarsi di una situazione potenzialmente negativa, non prevedendo il possibile
verificarsi di eventi inattesi, ma agendo prontamente per ripristinare una situazione efficiente e affidabile dopo che l’evento inaspettato si è manifestato.
In sintesi, l’anticipazione avviene mediante un approccio strategico basato su una pianificazione che tiene conto degli elementi
che compongono lo scenario operativo in essere e nell’imminente divenire; il contenimento è invece operato attraverso un
intervento tattico al fine di adeguare la pianificazione effettuata
in sede di anticipazione all’evolversi dello scenario operativo.
Inoltre, come altre professioni che operano in contesti di emergenza-urgenza, l’Atco è costantemente impegnato a garantire un
alto grado di resilienza nell’ambito di unità di tempo limitate, ovvero garantire l’ordinario funzionamento del sistema nonostante
numerose possibili fonti di disturbo sia interne che esterne al sistema stesso. Nello specifico, l’attività dell’Atco si svolge, di
norma, in un lasso di tempo molto ridotto: turni di otto ore. Tali
limitazioni di tempo e fonti di variabilità rendono particolarmente
importante descrivere e analizzare in maniera dettagliata in che
modo il controllore di volo “intercetta” e corregge eventuali anomalie e fonti di disturbo, assicurando il regolare funzionamento
del sistema di gestione e controllo del traffico aereo.
Questo studio dunque ci permetterà di approfondire le conoscenze della professione che finora abbiamo a disposizione e
potrà costituire una solida base di partenza per conoscere meglio
altri settori dove l’affidabilità e la competenza sono fondamentali,
come ad esempio il già citato ambito dei ferrovieri o dei marittimi.
N. 4 - Aprile 2014
23
Paolo Pioppini
L’ambito di azione
dei fondi sanitari
Così come nella previdenza integrativa,
per quanto riguarda la sanità del nostro
Paese si possono individuare tre pilastri: la
sanità pubblica basata sul principio dell’universalità, dell’uguaglianza e della solidarietà, la sanità collettiva integrativa
(mutualità volontaria) e la sanità individuale, dove il cittadino si rivolge al mercato sanitario attraverso polizze
assicurative.
-
deliberazioni assunte da società di
mutuo soccorso;
-
atti assunti da soggetti pubblici e privati, purché non adottino politiche di
selezione dei rischi o discriminazioni
nei confronti di gruppi o singoli.
In pratica i fondi forniscono:
-
Con il decreto legislativo 421 del 1992
vengono istituiti i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. Tali fondi nascono con l’obiettivo di costituire il
secondo livello di assistenza sanitaria.
Successivi decreti legislativi (n. 517 del
1993, n. 229 del 1999, decreto Turco del
2008 e decreto Sacconi del 2009) hanno
delineato le caratteristiche dei fondi sanitari integrativi, il cui fine è quello di preservare le caratteristiche di solidarietà e
universalismo della sanità pubblica e, al
contempo, di incoraggiare la copertura di
quei servizi che non rientrano nei livelli essenziali di assistenza (cd. Lea) in tutto o in
parte.
I fondi non sono altro che forme mutualistiche caratterizzate da tre elementi: la
non selezione dei rischi, la non discriminazione dei premi da pagate e la non concorrenza con il Servizio sanitario nazionale.
-
-
contratti e accordi collettivi, anche
aziendali;
-
accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro
sindacati o da associazioni di rilievo almeno provinciale;
-
regolamenti di Regioni, Enti territoriali
ed Enti locali;
24
prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale, comprese nei Lea, per la
sola quota a carico dell’assistito (ticket), inclusi gli oneri per l’accesso alle
prestazioni erogate in regime di libera
professione intramuraria (intramoenia) e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell’assistito;
prestazioni socio-sanitarie erogate in
strutture accreditate residenziali o semiresidenziali o in forma domiciliare,
per la quota posta a carico dell’assistito;
-
prestazioni socio sanitarie e sociali erogate nell’ambito di programmi finalizzati a garantire tutela ai non
autosufficienti;
-
prestazioni finalizzate al recupero della
salute di soggetti temporaneamente
inabilitati da malattia o infortunio per
la parte non garantita dalla normativa
vigente, quali ausili o dispositivi per disabilità temporanee, cure termali e
altre prestazioni riabilitative rese da
strutture sanitarie autorizzate;
I fondi vengono istituiti sulla base di:
-
prestazioni aggiuntive non comprese
nei livelli essenziali di assistenza (Lea),
erogate da professionisti e strutture
accreditate, ivi comprese le prestazioni
di medicina non convenzionale e le
cure termali (limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale);
N. 4 - Aprile 2014
-
prestazioni di assistenza odontoiatrica
non comprese nei livelli essenziali di
assistenza per la prevenzione, la cura
e la riabilitazione di patologie odontoiatriche, compresa la fornitura di protesi dentarie.
A partire dal 2010 almeno il 20% delle risorse deve essere destinato agli ultimi tre
punti. I fondi sanitari sono registrati in una
specifica Anagrafe presso il Ministero della
Sanità e sono gestiti in modo paritetico
dalle parti che lo hanno istituito.
Dal punto di vista fiscale i fondi sanitari godono di particolari vantaggi. Tra tutti il più
significativo è la deducibilità fiscale (non
concorrono a formare reddito imponibile)
dei contributi versati al fondo sanitario integrativo, compresa l’estensione della copertura per i familiari, per un importo
massimo di 3.615,20 euro annui.
Le somme destinate al Fondo sanitario garantiscono al dipendente la copertura di
prestazioni sanitarie, di valore molto maggiore al versato, mentre l’azienda avrà un
costo maggiorato del 10% solo del contributo di solidarietà all’Inps, più il costo di
iscrizione e la quota annuale prevista dal
Fondo.
In ambito Fit è di recente istituzione il
fondo Fasda per il settore Servizi Ambiente. Attualmente sono in corso tutti gli
adempimenti necessari per la sua attivazione.
sporti
dei Tra
VOCE
La
Salvatore Pellecchia
Il Def dell’era Renzi-Padoan
Il Documento di economia e finanza, approvato dal Consiglio dei Ministri l’8 aprile
2014, è composto da tre sezioni articolate
in sei capitoli per un totale di 1.226 pagine. A questi si aggiungono 6 allegati con
ulteriori 270 pagine.
Il Premier, nel corso della conferenza
stampa convocata per illustrare i gli atti
destinati ad assicurare i provvedimenti annunciati nell’arco degli ultimi due mesi, ha
dichiarato: «Siamo stati seri e rigorosi». Si
tratta di un Def che taglia le stime di crescita del Paese e rivede al rialzo il deficit,
che comunque resta sotto il tetto del 3%
del Pil imposto dall'Unione europea, mentre, secondo le stime contenute nel documento, il Pil crescerà dello 0,8%
quest'anno per arrivare al +1,3% l'anno
prossimo. Per quanto attiene al debito le
previsioni indicano una decrescita progressiva: 133,3% nel 2015 fino a arrivare a
120,5% nel 2018.
Ma vediamo quali sono le principali previsioni del Def 2014 sul fronte dei trasporti.
sporti
dei Tra
VOCE
La
Concorrenza e liberalizzazioni
Riordino della normativa sui servizi pubblici locali (rifiuti, trasporto urbano, illuminazione e acqua) in funzione di una
maggiore apertura del mercato e dell’aggregazione degli stessi in ambiti territoriali
più ampi. Si studieranno anche meccanismi di valorizzazione delle imprese municipalizzate e delle utilities locali. Puntare
sull’implementazione delle norme esistenti, a partire dal varo di un testo unico
e della legge annuale per la Concorrenza
prevista dal nostro ordinamento e non ancora attuata.
Coinvolgere i privati
nelle grandi opere infrastrutturali
Creare una disciplina speciale per il Ppp
(partenariato pubblico privato), esterna al
Codice dei contratti pubblici, composta da
poche, chiare e stabili regole. Allocare risorse “ad hoc” per finanziare la realizzazione di studi di fattibilità delle opere da
parte delle pubbliche amministrazioni interessate ridefinendo, secondo gli stan-
N. 4 - Aprile 2014
dard internazionali, requisiti e
contenuti necessari degli studi di
fattibilità. Creare una struttura
centrale di selezione delle opere
idonee all’attrazione di capitali
privati e di supporto alle stazioni
appaltanti. Favorire l’ingresso di
investitori esteri nelle operazioni
di Ppp. Istituire un fondo nazionale per la progettazione di opere
in Ppp (Fondo equity per progetti
greenfield), istituito al fine di consentire alle amministrazioni di definire progetti di qualità sul piano
sia della sostenibilità economicofinanziaria sia della maturazione
tecnica. Assicurare certezza dei
tempi per la chiusura dei contratti di finanziamento delle opere realizzate in Ppp. Incrementare il coinvolgimento di capitali
privati nel sostegno alla continuità funzionale dell’offerta ferroviaria AV/AC, nell’applicazione delle misure di compensazione
fiscale ai nuovi assi autostradali a prevalente capitale privato, nel rifinanziamento
dei programmi di intervento riguardanti la
manutenzione della rete ferroviaria e stradale, nella riqualificazione delle aree urbane, nella realizzazione di infrastrutture
per il trasporto pubblico locale e nella realizzazione di portualità commerciale e turistica.
Completare l’infrastrutturazione
del Paese secondo il disegno
delle reti europee
L'Italia è impegnata nel completamento
delle sezioni italiane delle tratte transfrontaliere e delle opere nazionali lungo la rete
centrale e complementare dei corridoi europei finanziati dall'Unione europea a valere sulla "Connecting Europe Facility"
(Cef).
25
In parallelo con il percorso di riforma del
titolo V della Costituzione, sarà necessario
realizzare alcuni interventi di riforma
quali: a) la riforma del Cipe e delle procedure per l’approvazione dei progetti; b) la
riforma della “legge obiettivo” per rendere più fluido il rapporto fra i diversi livelli
istituzionali e per assicurare una provvista
regolare di risorse ai programmi infrastrutturali; c) la riorganizzazione delle procedure speciali della legge obiettivo sulla
nuova direttrice di sviluppo del sistema infrastrutturale del Paese focalizzata sui nodi
di interconnessione delle reti; d) estensione alle reti telematiche delle misure di
agevolazione e compensazione fiscale già
vigenti, ma finora limitate alle sole infrastrutture “tradizionali”.
Trasporto aereo e marittimo
Adozione e attuazione del Piano nazionale
degli aeroporti, al fine di dare impulso e
competitività al settore. Incentivare la realizzazione di reti aeroportuali nei bacini regionali o pluriregionali definiti dal Piano.
Promuovere l’integrazione modale. Subordinare l’eventuale realizzazione di nuovi
scali a una verifica oggettiva sull’evoluzione della domanda. Individuare le priorità infrastrutturali, sia per eventuali
realizzazioni di nuovi scali, che per garantire l’accessibilità agli stessi. Verificare e
monitorare adeguatamente la sussistenza
delle risorse necessarie alla realizzazione
delle infrastrutture, prima dell’avvio delle
procedure di realizzazione. Verificare la sostenibilità economico finanziaria degli aeroporti di interesse nazionale. Ricondurre
ai livelli europei i parametri qualitativi di
offerta dei servizi a terra e quelli di navigazione aerea. Definizione e utilizzo dei
costi standard per la tariffazione del sistema di concessione. Riforma del settore
marittimo mediante la definizione di un
Piano della portualità e della logistica. Individuazione di distretti portuali e logistici,
nell’ambito dei corridoi europei Ten-T,
comprendenti i nodi portuali della rete
Ten, gli interporti e le infrastrutture di collegamento stradali e ferroviarie. Individuazione di una Autorità portuale e logistica
26
di interesse nazionale per ciascun distretto. Completamento del processo di
conseguimento dell’autonomia finanziaria
delle Autorità portuali. Completamento
delle azioni di defiscalizzazione e riduzione
delle tasse portuali e di ancoraggio, per
aumentare la competitività dei nostri
porti.
Trasporto pubblico locale
e ferroviario
Recupero del ruolo dello Stato attraverso
un processo di riforma e riorganizzazione
del comparto. Modifica del titolo V della
Costituzione per rafforzare alcuni indirizzi,
necessariamente unitari, in materia di regolazione e organizzazione del tpl. Definizione del processo di riorganizzazione dei
servizi, con criteri omogenei sul territorio
nazionale, applicazione dei costi standard
e individuazione di soluzioni efficienti e rispettose dell’ambiente, atte a garantire la
mobilità dei cittadini. Semplificazione
delle procedure di gestione del Fondo nazionale per il tpl; ripartizione delle risorse
pubbliche con criteri di premialità/penalità sulla base di affidamento dei servizi
con procedure di evidenza pubblica e attivazione di sistemi efficaci di monitoraggio.
Implementazione dell’utilizzo dei sistemi
Its (bigliettazione elettronica integrata).
Definire interventi di defiscalizzazione per
gli abbonamenti ai servizi di tpl. Prevedere
ammortizzatori sociali e di strumenti atti a
risolvere i possibili aspetti occupazionali,
conseguenti alla riprogrammazione dei
servizi. Istituzione di un fondo per il cofinanziamento di progetti integrati di mobilità (Pum) superando la logica del
finanziamento per singole opere. Ottimizzazione degli interventi per la mobilità secondo indirizzi che, nel disegno del
raccordo fra grandi reti ferroviarie e tpl,
tengano conto della Strategia aree interne
e assicurino un miglioramento dell’accessibilità di tali aree indispensabile al loro
sviluppo e all’inversione delle negative
tendenze demografiche in atto.
viario) che garantisca un processo efficace
e misurabile di separazione verticale nella
holding Fsi, sia in termini di bilanci che di
contabilità regolatoria. Ridefinizione del
perimetro dei servizi universali nazionali e
regionali, al fine di ottimizzare i collegamenti e aumentare l’efficienza dei servizi
all’utenza. Avvio di un progressivo processo di affidamento dei servizi, con procedure di evidenza pubblica.
Trasporto stradale, autotrasporti e Its
Riforma del Codice della strada, attraverso
la delegificazione delle norme sui veicoli e
conducenti e una semplificazione delle disposizioni del Codice, in coerenza con la
normativa nazionale e comunitaria vigente. Trasformazione del bollo auto in
tassa di circolazione e rimodulazione dell’Ipt per i passaggi di proprietà, rendendola proporzionale al valore commerciale
del veicolo. Attuazione del Piano Its (sistema di trasporti intelligenti). Una seria
ed efficace azione di regolazione della materia – già in atto grazie al Decreto interministeriale 1 febbraio 2013, n. 39 –
comporterà l’effetto di massimizzare l’efficacia della vasta e “spontanea” diffusione
di apparecchiature di tracciamento (scatole nere) installate a bordo dei veicoli nell’ultimo decennio. Superamento della
logica di erogazione annuale di risorse al
settore degli autotrasporti, definendo risorse strutturali, atte a consentire una finalizzazione più efficace dei fondi,
destinandoli alla crescita delle imprese e
a spese per investimenti in veicoli ecologici, compatibili con i vincoli comunitari;
una programmazione degli interventi e
una formazione permanente degli addetti.
Diffusione delle applicazioni degli Its agli
autotrasporti, attraverso lo sviluppo di una
piattaforma telematica nazionale, integrata con servizi diffusi e efficienti di infomobilità. Avvio di una fase propositiva
presso la Commissione Ue per misure di
sostegno all’intermodalità con la ferrovia
e con la navigazione marittima.
Completamento dell’attuazione della normativa Ue (cosiddetto IV Pacchetto ferro-
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sporti
dei Tra
VOCE
La
Jobs Act: aspettando il lavoro
Il 1 aprile scorso l’Istat ha
diffuso la pubblicazione
“Occupati e disoccupati” rilevando che, a febbraio
2014, gli occupati erano 22
milioni 216mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al
mese precedente (-39mila)
e dell’1,6% su base annua
(-365mila), con un tasso di
occupazione pari al 55,2%
mentre il numero di disoccupati nel nostro Paese era
pari a 3 milioni 307mila, in
aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente
(+8 mila) e del 9,0 % su
base annua (+272mila).
Rispetto al mese di gennaio 2014, secondo
l’Istituto nazionale di statistica «la disoccupazione cresce per la componente maschile (+1,6%) ma diminuisce per quella
femminile (-1,4%). In termini tendenziali il
numero di disoccupati cresce sia per gli
uomini (+12,3%) sia per le donne (+5,0%)»
e il tasso di disoccupazione si è attestato
al 13%. Se poi si prende in considerazione
il dato dei disoccupati tra i 15 e i 24 anni
di età, si scopre che i giovani senza lavoro
sono 678mila con un tasso di disoccupazione pari al 42,3 %.
stati oltre 14mila, il 12% in più rispetto al
2012), il blocco del turn-over e la razionalizzazione dei cicli produttivi messi in
campo da tante imprese per incrementare
i livelli di produttività e competitività, la
delocalizzazione della produzione (negli
ultimi 10 anni, quasi 11mila aziende
hanno trasferito la produzione all’estero).
La crudezza di questi numeri rende superfluo qualsiasi commento: le occasioni di lavoro in Italia si sono drasticamente ridotte.
Si potrebbero analizzare anche ulteriori
elementi ma le conclusioni sarebbero
sempre le stesse: se la nostra Repubblica
è fondata sul lavoro (come è stabilito al
primo articolo della nostra Costituzione),
visti i drammatici dati di disoccupazione,
la stabilità del Sistema Italia rischia di essere seriamente compromessa.
Le cause del taglio delle posizioni di lavoro
sono molteplici: la crisi economica e finanziaria che negli anni ha determinato la
chiusura delle di aziende (secondo i dati
diffusi dal Cerved nel 2013 si sono registrate 111mila chiusure aziendali, il 7,3%
in più rispetto al 2012, e i fallimenti sono
A fronte di tale situazione anche il governo
Renzi, ravvisando la necessità e l’urgenza
di «favorire il rilancio dell’occupazione» e
la «semplificazione degli adempimenti a
carico delle imprese», ha messo in campo
la propria ricetta adottando, il 20 marzo
scorso, i provvedimenti contenuti nel de-
sporti
dei Tra
VOCE
La
N. 4 - Aprile 2014
creto legge n. 34, meglio conosciuti come
Jobs Act.
I contenuti del decreto
Il nuovo decreto è composto di sei articoli,
di cui uno relativo all’entrata in vigore, per
semplificare le disposizioni in materia di
contratto a termine; le disposizioni in materia di contratto di apprendistato; il documento di regolarità contributiva e per
prevedere i criteri per l’individuazione dei
datori di lavoro che beneficiano della riduzione contributiva in occasione di ricorso
ai contratti di solidarietà.
Contratti a termine
Viene elevata da 12 a 36 mesi la durata del
primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della cosiddetta causalità (il motivo
dell’assunzione) e viene fissato il limite
massimo del numero di contratti attivabili
da ciascun datore di lavoro nel 20% del-
27
l’organico complessivo. Inoltre è possibile
prorogare i contratti a termine fino a un
massimo di otto volte.
Apprendistato
Sono previsti meno vincoli e la retribuzione, per la parte riferita alle ore di formazione, è pari al 35% della retribuzione
del livello contrattuale di inquadramento.
Durc
Il documento unico di regolarità contributiva viene “smaterializzato” e, pertanto,
chiunque vi abbia interesse verifica con
modalità esclusivamente telematiche ed
in tempo reale la regolarità contributiva
nei confronti dell'Inps, dell'Inail.
Contratti di solidarietà
Si prevede un rilancio dello strumento
contrattuale che può avere finalità di mantenere (in caso di crisi aziendale) mantenere e quindi evitare la riduzione del
personale oppure favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro e
della retribuzione (tipologia che fino a
oggi ha avuto scarsissima applicazione).
Le prime valutazioni sul provvedimento
In prima battuta i contenuti del Jobs Act
sembrano essere stati concepiti per prolungare ulteriormente la condizione di
precariato più che per rilanciare l’occupazione.
La domanda che tutti si pongono è: nel nostro Paese non si assume perché non c’è
lavoro o perché la normativa che disciplina
i contratti di lavoro è inadeguata? E il lavoro manca perché non c’è domanda oppure le aziende delocalizzano la loro
produzione fuori dall’Italia a causa dell’elevato costo del lavoro?
Anche se i salari dei lavoratori italiani risultano essere in linea con quelli di altri
Paesi europei quando non più bassi, il
costo di un singolo lavoratore incide molto
28
sul bilancio aziendale. Soprattutto per le
aziende di dimensioni medie che caratterizzano l’industria nel nostro Paese. Se a
questo poi si aggiunge il costo dell’energia
(l'Italia è tra i Paesi europei che registra i
prezzi dell'energia più elevati del continente) e, spesso, l’inefficacia della Pubblica Amministrazione, si capisce (ma non
può essere una giustificazione) perché il
fenomeno delocalizzazione ha preso tanto
piede. Si stima che negli ultimi dieci anni
l’Italia ha perso qualcosa come 27mila
aziende, che si sono trasferite all’estero
delocalizzando parzialmente o totalmente
la loro produzione. Sempre secondo le
stime il fenomeno avrebbe comportato la
perdita di 1 milione e 600mila posti di lavoro nel nostro Paese che invece si sono
generati altrove.
E, dopo che le imprese italiane trasferiscono parte o tutta la loro produzione,
prevalentemente in Serbia, Brasile, Cina,
Vietnam, Tunisia, India, Croazia, Bulgaria,
Romania, Albania, Turchia e chi più ne ha
più ne metta, i lavoratori finiscono in cassa
integrazione e i costi sono a carico della
collettività. Per non parlare poi delle società di servizi che stabiliscono i loro call
center dove è più conveniente.
Il Jobs Act pone un rimedio a questo fenomeno? A prima vista no. Già altri governi,
in passato, hanno assunto provvedimenti
analoghi.
Ricordiamo il “pacchetto Treu” (legge
196/1997), che ha istituito il tirocinio e ha
regolato apprendistato e lavoro interinale,
la riforma Biagi (decreto legislativo
276/2003) e la riforma Fornero (legge
92/2012).
Il Jobs Act può essere quindi salutato
come un “primo atto” - si auspica - di provvedimenti che dovranno andare a ridurre
quella grande “forbice”, che negli anni si è
creata, fra il costo del lavoro a carico delle
imprese e il netto percepito in busta dai lavoratori.
duzione del numero delle proroghe previste per il contratto a termine che, se applicato correttamente, potrebbe evitare il
ricorso ad altre forme contrattuali meno
tutelate come le cosiddette “false Partite
Iva”, l’abuso delle co.co.pro. (collaborazione coordinata a progetto) e così via.
La semplificazione non fa mai male. C’è chi
si è esercitato a contare oltre 2.100 norme
che interessano la materia del lavoro fra
le quali ci sono “solo” 37 leggi che disciplinano il ricorso alla cassa integrazione. La
semplificazione migliora la qualità di una
democrazia. Quando però si rendono ulteriormente flessibili i contratti di lavoro
bisogna anche porsi il problema dell’accesso al credito e individuare i percorsi che
lo garantiscano.
Occorrerà quindi che di pari passo si metta
mano a quella riforma fiscale che da anni
la Cisl sta chiedendo.
Occorrerà soprattutto agire sul versante
degli investimenti. A partire dal miglioramento della capacità di spesa del Sistema
Italia in quanto, come ha dichiarato all’Ansa recentemente il portavoce del Commissario Ue alle Politiche regionali
Johannes Hahn, quando ha presentato i risultati della gestione dei Fondi per lo sviluppo regionale per il periodo 2007-2013,
in Italia «ci sono stati progressi, ma resta
ancora molto da fare». Secondo Hahn i
«rallentamenti sono provocati soprattutto
da problemi nella capacità di gestione dei
fondi». L’Italia è riuscita ad assorbire solo
il 49,63% dei fondi accordati contro il
66,29% dei restanti Paesi.
In sintesi non siamo neppure capaci di
spendere quando le risorse ci sono. Senza
contare che i malfunzionamenti di carattere amministrativo stanno costando al
Paese miliardi di euro a causa dell'interruzione dei pagamenti decisa da Bruxelles
fino a quando non saranno rafforzati i sistemi di controllo.
SP
Un primo atto che contiene una serie di
aspetti migliorabili, come ad esempio la ri-
N. 4 - Aprile 2014
sporti
dei Tra
VOCE
La
Jobs Act e la conciliazione
dei tempi di lavoro
con le esigenze genitoriali
Francesca Di Felice, Coordinatrice nazionale delle donne Fit,
spiega le conseguenze della riforma renziana
sulla popolazione femminile
In occasione della conferenza stampa dello
scorso 12 marzo, il Governo ha presentato
la proposta di riforma del Lavoro, il famigerato "Jobs Act".
L’ultima pagina della scheda di sintesi della
legge delega prevede interventi importanti, alcuni dei quali discutibili, in materia
di conciliazione dei tempi di lavoro con le
esigenze genitoriali. Nello specifico si
vuole evitare la scelta obbligata delle
donne fra avere figli oppure lavorare.
La scheda sintetica individua principi generali e criteri di indirizzo nell’ambito dei
quali dovrà esercitarsi la delega. Tra questi, rilevanti interventi sono volti a introdurre misure estensive della tutela alla
maternità, come quella che assegna carattere universale all’indennità di maternità includendo anche le lavoratrici che versano contributi alla gestione separata - e
la garanzia del diritto alla prestazione per
le lavoratrici parasubordinate anche nel
caso di mancato versamento dei contributi
dovuti dal datore di lavoro. In tal modo potranno essere eliminate le ingiustificate
sporti
dei Tra
VOCE
La
differenze di trattamento tra lavoratrici
con contratti di lavoro a tempo indeterminato e quelle con tipologie di lavoro meno
garantito e sarà evitata la possibilità di una
penalità derivante dal comportamento
inadempiente del datore di lavoro.
Altrettanto interessanti sono le indicazioni
dirette a promuovere l’integrazione dell’offerta di servizi per la prima infanzia forniti dalle realtà aziendali in ambito
pubblico/privato dei servizi alla persona,
anche sponsorizzandone il miglior utilizzo
da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel medesimo territorio in cui operano.
Di particolare interesse per l’azione sindacale risultano essere l’incentivo alla produzione di accordi collettivi diretti a
favorire la flessibilità dell’orario lavorativo
e l’utilizzo dei premi di produttività, per
promuovere la conciliazione dell’attività
lavorativa con l’esercizio delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti. Ciò potrebbe
dare continuità e riproporre, attraverso
N. 4 - Aprile 2014
l’integrazione tra incentivazioni e servizi
sociali da una parte e contrattazione collettiva dall'altra, la formula sostenuta
dall’avviso comune del 7 marzo 2011
Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro. Il documento, firmato presso il Ministero del
Lavoro da tutte le organizzazioni sindacali
e datoriali, si collocava nel programma del
governo di allora per l'inclusione delle
donne nel mercato del lavoro e individuava, a partire dalla contrattazione vigente, linee guida e buone pratiche per
diffondere maggiormente, tramite la contrattazione stessa, le politiche aziendali di
conciliazione, riconoscendo a queste la
possibilità di beneficiare dei sistemi di detassazione e decontribuzione del salario di
produttività allora vigenti.
In tal modo la previsione di indirizzo del
Jobs Act riconferma, tra le soluzioni per
promuovere l’occupazione femminile, lo
sviluppo e la diffusione di misure di conciliazione lavoro-famiglia, riconoscendo
l’importanza della contrattazione come indiscutibile veicolo di realizzazione.
Fonte di discussione è invece l’altra linea
di indirizzo, secondo la quale l’abolizione
delle detrazioni per il coniuge a carico e
l’introduzione del tax credit dovrebbero
incentivare il lavoro delle donne, anche
autonome, con figli minori al di sotto di
una specifica soglia di reddito e favorire la
loro assunzione da parte delle imprese
che godrebbero di una serie di vantaggi fiscali. In tal modo si intende spingere le
29
donne a lavorare e a non restare a casa a
prendersi cura di figli o anziani.
Il provvedimento suscita non poche riflessioni di natura anche ideologica oltre che
di merito. Se infatti si tratta di una penalizzazione modesta - 800 euro l’anno per i
redditi medio-bassi, riconosciuti al marito
o alla moglie che lavora, mentre l’altro coniuge rimane a casa - non si riconosce
come lavoro l’impegno tra le mura domestiche delle donne. In altre parole si propone di eliminare una detrazione che ha
lo scopo di sostenere le famiglie monoreddito in difficoltà, immaginando un incentivo al lavoro femminile marginale se non
di dubbia efficacia.
Inoltre, in questo periodo di crisi, molti uomini che hanno perso il lavoro rientrano
nella categoria di coniuge a carico, per il
quale s’intende quindi marito o moglie
non legalmente o effettivamente separati,
con un reddito inferiore a 2.840,51 euro
lordi. Una posizione che consente all’altro
coniuge di richiedere uno sgravio fino a
800 euro all’anno per i redditi fino a
15.000 euro. Si tratta dunque di uno strumento che non funziona solo da ammortizzatore sociale, ma anche per diminuire
la pressione fiscale con uno sconto sull’Irpef da pagare attraverso le trattenute in
busta paga o in sede di dichiarazione dei
redditi.
nuovo governo. Ma a questa positiva
scelta iniziale, non si può dire che si sia
dato buon seguito. Forse si è pensato che
in tal modo si fossero raggiunte le pari opportunità al punto da non doverne più
prevedere un ministero deputato. Magari
fosse così. Basti pensare alla successiva
delusione inerente la vicenda della riforma elettorale.
Nel nostro Paese, in cui è ancora molto
forte la presenza di una cultura sessista,
mancano politiche integrate dirette alla
realizzazione delle pari opportunità, per
l’incentivazione dell’occupazione femminile, per il miglioramento dei servizi e lo
sviluppo di strumenti di welfare attraverso
l’integrazione di pubblico e privato.
E la mancanza è ancora più evidente se
pensiamo alle politiche di genitorialità e di
condivisione delle responsabilità familiari.
Politiche, trasversali a tutti i Ministeri, che
se fossero messe in campo potrebbero eliminare la necessità di un Ministero ad
esse dedicate. A questa grave mancanza
consegue l’assenza ad oggi dell’emanazione dei decreti per il rinnovo del Comitato pari opportunità del Ministero del
Lavoro e della relativa previsione dei finanziamenti di cui alla legge n. 125/1991
in tema di azioni positive per la realizzazione delle pari opportunità uomo-donna
nel lavoro.
Per non parlare dell’emergenza della violenza sulle donne. Nell’estate scorsa il Parlamento aveva ratificato la Convenzione di
Istanbul; il Governo, dopo l’approvazione
della cosiddetta legge sul femminicidio,
aveva avviato il percorso per elaborare il
nuovo Piano Nazionale Antiviolenza e
stanziato 17 milioni di euro da distribuire
ai centri antiviolenza e alle case rifugio per
il 2013 e il 2014. Ad oggi non si parla nemmeno di questi argomenti.
In una nota Liliana Ocmin, Segretario confederale della Cisl, consegna al Governo
una richiesta concreta: «Come donne
della Cisl, chiediamo che non vengano rottamate le politiche di pari opportunità, di
dare coerenza e continuità alla promozione e al rispetto del principio di parità e
di pari opportunità con l'obiettivo di rendere le donne protagoniste nel lavoro
come nella società e nella politica, lontane
da ogni forma di discriminazione».
Francesca Di Felice
In conclusione, se non fosse per tale
aspetto, apprezzabile più per il fine che
si propone che per l’efficacia che avrà, gli
interventi in tema di conciliazione previsti dalle proposte governative si pongono in una posizione di continuità con
l’impegno passato più volte riconfermato anche dalla Cisl. Attendiamo quelli
che saranno gli esiti dell’esercizio della
delega augurandoci che in tale ambito si
possa riaprire una stagione concertativa
almeno per ciò riguarda l’occupazione
femminile.
Alla ricerca delle politiche
di pari opportunità
Numerose sono le donne presenti nel
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sporti
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I rischi psicosociali
nel settore ferroviario
Parlare di rischi psicosociali in ambito lavorativo in un Paese come l’Italia, in cui
una delle frasi più pronunciate è “ringrazia
che hai un lavoro”, potrebbe innescare
una grassa risata e far ritenere chi affronta
il tema un visionario sconnesso dalla realtà. Però, se si analizzano le performance
economiche e si confrontano i dati sulla
produttività dei Paesi europei dove i dipendenti (le risorse umane) sono tenuti in
debita considerazione, i nostrani sostenitori della tesi che i lavoratori – e i ferrovieri
in particolare - sono da ritenere come dei
meri costi e nulla più molto probabilmente
dovrebbero ricredersi.
tive, se non addirittura le eliminano. Potremmo citare casi di imprese nelle quali
si monitora il clima organizzativo aziendale
e se ne previene il peggioramento. Ad
esempio, se la causa è stata individuata
nel deterioramento dei rapporti interpersonali tra responsabile e sottoposti o tra
colleghi di un’unità produttiva, entrano in
azione psicologi o facilitatori della comunicazione che esaminano le criticità, ne
parlano con gli interessati e assieme a loro
concordano una via per superare il problema.
Molti di quelli che hanno tale visione sicuramente non hanno mai avuto delle esperienze lavorative al di fuori del Paese natio.
Nel Nord Europa, Germania in testa, la statistica ci dice che il singolo lavoratore presta, in media all’anno, un numero di ore di
lavoro inferiore a quella di un omologo italiano pur guadagnando di più. In Italia la
disoccupazione è in crescita ma le ore lavorate pro-capite (per quelli che rimangono all’interno del processo produttivo)
aumentano e il salario rimane, quando va
bene, stabile.
In Italia, in casi analoghi, ben che vada riscontreremo che la valutazione del rischio
da stress lavoro-correlato è formalmente
riportata all’interno del documento di valutazione dei rischi (Dvr), ma nel concreto
nessuno si occuperà delle ricadute o di gestire la situazione. Molto probabilmente
l’eventuale distonia relazionale verrà gestita con l’emanazione di provvedimenti
disciplinari per ripristinare la gerarchia o a
parolacce, in presenza di minore formalità
o gravità, e con il medesimo risultato finale: il clima organizzativo rimane compromesso e la produttività va sotto i
tacchi.
Ciò che fa la differenza, al netto della qualità dei prodotti e dei servizi (che non dipendono dalle scelte dei lavoratori, ma
sono il frutto della capacità imprenditoriale), sta principalmente nella migliore organizzazione del lavoro, che consente un
più efficiente e efficace utilizzo dei dipendenti, ricompensati a loro volta da un
maggior salario. Può sembrare fantascienza, ma al di là delle Alpi ci sono
aziende che tengono conto dei rischi psicosociali a cui vanno incontro i propri dipendenti e mettono in atto processi e
azioni che ne limitano le influenze nega-
Seppur in quantità diverse, i problemi persistono in tutta Europa, tanto che la Ue
lancia l’allarme stress. Secondo recenti
studi, oltre a diminuire la produttività, lo
stress provoca un danno di 240 miliari di
euro all’anno; poco meno della metà di
questa somma è investita in cure mediche.
È il secondo problema di salute collegato
al lavoro dopo quelli derivanti da lesioni
muscolo-scheletriche. Il 28% dei lavoratori
Ue negli ultimi nove anni è stato esposto
a danni psicologici che hanno avuto pesanti conseguenze sul benessere psico-fisico. Un recente sondaggio europeo ha
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stimato che le cause più comuni di stress
lavoro correlato sono rappresentate dalla
riorganizzazione o dalla precarietà del lavoro (72% degli intervistati), dal lungo orario lavorativo o dall’eccessivo carico di
lavoro (66%). Sono molto numerose anche
le conseguenze di atti di bullismo o molestie sul luogo di lavoro (59%).
L’Agenzia Ue per la sicurezza e salute sul
lavoro ha lanciato una campagna “Healty
workplaces” con l’obiettivo di sensibilizzare i dirigenti e i capiufficio per prevenire
il fenomeno. L’Ue investirà quattro milioni
di euro in due anni per una campagna di
prevenzione.
In sintonia con gli indirizzi della Ue, Cer
(Community of European Railway and Infrastructure Companies) ed Etf nel 2013
hanno presentato un progetto che aveva
come obiettivi l’analisi e l’identificazione
dei rischi psicosociali specifici a cui sono
esposti i lavoratori in possesso di alcune
determinate professionalità del settore
ferroviario, nonché l’elaborazione di possibili azioni da intraprendere per evitare
tali rischi e individuare le possibili soluzioni. Questo progetto è giunto ad una positiva conclusione con la sottoscrizione
nello scorso mese di marzo di raccomandazioni congiunte ed è stata anche prodotta la guida dal titolo Psr Rail - Per
l'identificazione e la prevenzione dei rischi
psicosociali sul lavoro nel settore ferroviario, che dà un quadro teorico per capire
meglio quali sono i rischi psicosociali e
comprende alcuni esempi di piani di
azione che possono essere messi in atto
per affrontarli. Particolare attenzione è dedicata ai rischi psicosociali derivanti da
processi di ristrutturazione.
Auspichiamo che si arrivi anche nel settore
ferroviario in Italia a implementare le pro-
31
l
poste contenute nelle raccomandazioni congiunte per iniziare a
scalfire l’attuale, domestica, visione del mondo di lavoro che si
ispira più a parametri cinesi che europei: lavoriamo meglio, lavoriamo tutti!
Raccomandazioni congiunte delle parti sociali
e datoriali europee per identificare e prevenire
i rischi psicosociali (Psr) nel settore ferroviario
1 . Contesto delle raccomandazioni e delle intenzioni delle
parti sociali e datoriali
Le parti sociali e datoriali europee nel settore ferroviario sono
del parere che i rischi psicosociali (Prs) incidono sulla sicurezza e
la salute sul lavoro dei dipendenti del settore. Affrontare questo
problema non potrà che avere vantaggi per entrambi: aziende e
lavoratori. Per le imprese, la riduzione dei rischi psicosociali permetterà di ridurre i costi nascosti che ne derivano; per i dipendenti, migliorerà la qualità delle condizioni di lavoro ed eviterà
gravi problemi di salute. Nel 2002, la Commissione europea ha
stimato che, in Europa, i costi aggiuntivi derivanti dallo stress sul
lavoro sono pari a 20 miliardi di euro all'anno. Questi costi possono essere spiegati attraverso diversi fattori: perdita di produzione, assenteismo, “presenteismo” (neologismo che indica la
presenza fisica sul posto di lavoro del dipendente, ma che in realtà non si traduce in effettiva prestazione perché assorto da altre
problematiche; produce effetti simili a quelli dell’assenteismo).
Oggi, tra il 50 % e il 60% dei giorni di lavoro persi in Europa è legato ai rischi psicosociali.
Le parti sociali e datoriali sono particolarmente attaccate agli
aspetti di prevenzione e alle possibilità di migliorare le condizioni
di lavoro, nonché al benessere dei lavoratori. L'Agenzia europea
per la sicurezza e la salute sul lavoro definisce i rischi psicosociali
come segue: «Tali rischi sono legati al modo in cui il lavoro è stato
progettato, organizzato e gestito, nonché al contesto economico
e sociale del lavoro, fattori che portano ad un aumento dello
stress e possono causare un grave deterioramento della salute
fisica e mentale». Questi problemi, se non sono trattati rapidamente, a lungo andare possono diventare patologici.
In generale si può affermare che ci sono tre tipi di fattori di rischio: lo stress, la violenza interna (bullismo, aggressioni, molestie verbali o sessuali, conflitti, problemi di comunicazione e così
via), la violenza esterna causata da terzi (minacce, insulti, aggressioni verbali o fisiche).
2 . Obiettivi e raccomandazioni comuni
Un ambiente di lavoro sano, che tenga conto delle condizioni fisiche e mentali dei lavoratori, è importante per garantire una
buona qualità del lavoro e servizi di qualità. Il benessere lavorativo è essenziale anche per garantire la produttività e la qualità
dei servizi.
L'obiettivo generale di
queste raccomandazioni
comuni è quello di contribuire al miglioramento
delle condizioni di lavoro
nel settore ferroviario,
affrontando il problema
dei rischi psicosociali e
prevedendo specifiche
misure per mitigarli. Gli
obiettivi specifici sono di
sensibilizzare i datori di
lavoro, i lavoratori e i loro
rappresentanti sui rischi
psicosociali presenti nei
luoghi di lavoro, per attirare la loro attenzione sui
segnali premonitori di
tali rischi. Le parti sociali
e datoriali vogliono sollecitare sindacati e imprese a porre in essere
strategie di intervento
per prevenire e gestire i
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rischi psicosociali.
Sia il diritto europeo che quelli nazionali pongono in capo ai datori di lavoro l’obbligo di garantire la salute e la sicurezza, nei luoghi di lavoro, dei lavoratori. Le parti sociali e datoriali condividono
l'opinione che la lotta contro i rischi psicosociali dovrebbero essere non solo parte integrante della politica aziendale in materia
di salute e sicurezza, ma interessare tutte le politiche aziendali.
Le parti sociali e datoriali puntano sulla nascita di una cultura
aziendale basata sulla cooperazione, che serva effettivamente a
far adottate misure per prevenire efficacemente i rischi psicosociali e risolvere i problemi ad essi collegati. Questo compito potrebbe essere integrato in un processo globale di valutazione dei
rischi, attraverso politiche specificamente pensate per tale scopo
o attraverso misure specifiche per taluni fattori di rischio. Le parti
sociali e datoriali europee sottolineano che la soluzione più efficace sarebbe quella di adottare un approccio comune.
3 . Fattori e indicatori di rischio
Nel corso del progetto " Prs - Rail", lo studio condotto congiuntamente da Cer ed Etf ha identificato alcuni importanti fattori di
rischio (situazioni, condizioni) che possono presentarsi nei settori
del trasporto ferroviario, quali:
3.1 Requisiti del lavoro
Mancanza di risorse umane. Problemi relativi alla forza lavoro
che invecchia. Conseguenze del lavoro straordinario sulla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia. Allargamento delle squadre di
lavoro con incremento crescente delle responsabilità.
3.2 Esigenze emotive
Confronto verso l'esterno
Aggressività e violenza da parte dei passeggeri, paura di essere
attaccati. L'esposizione alla vista di suicidi sui binari o di conseguenze per incidenti gravi. Obbligo di essere sempre gentili e mostrare sempre una faccia sorridente che non favorisca
l'espressione delle emozioni.
Confronto verso l’interno
Ampia gamma di responsabilità. Decisioni che incidono sulla salute e la sicurezza, gestione delle crisi, lavoro esteso su un’area
geografica più ampia, maneggio di denaro, rischio di sanzioni in
caso di errori o incidenti indipendenti dalla volontà del lavoratore. Doppia pressione esercitata sia da superiori che da subordinati. Riduzione del personale. Impressione di non offrire un
adeguato servizio di qualità, senso di spreco degli sforzi.
3.3 Autonomia/margine di manovra nel processo decisionale
Struttura e comunicazione
Tecnologia
Pressione per il rispetto dell’orario di inizio della prestazione
causa del traffico (es. il lavoro deve essere concluso entro la mattinata); le scadenze e i vari ritardi che impediscono l'installazione
o la manutenzione di infrastrutture; perturbazioni alla circolazione o incidenti che causano ritardo; manutenzione delle strade
ferrate durante le ore di circolazione dei treni.
Interdipendenza derivante dall’organizzazione del lavoro interpretata come una catena di responsabilità. Tensione creata dallo
scollamento tra poteri e livelli operativi. Mancanza di risorse: informazione, formazione, attrezzature, personale. Complessità
delle procedure e mancanza di una chiara organizzazione. Ristrettezza di vedute e margini limitati per risolvere i problemi. Dipendenza dalla tecnologia e dalle informazioni esterne.
Difficoltà/contenziosi con le decisioni prese dai superiori gerarchici. Incremento del numero e della complessità delle procedure, riduzione del sostegno interno dell’impresa. Attività
controllata attraverso i dispositivi di sorveglianza. Mancanza di
autorità e di mezzi per reagire.
Struttura e comunicazione
3.4 Legami sociali, rapporti di lavoro
Incremento del personale appartenente a diverse imprese ferroviarie che si interfaccia con i gestori del traffico ferroviario: turni
notturni e loro cambiamenti repentini all'ultimo minuto, ridotta
trasparenza e limiti alla prevedibilità degli orari. Alti carichi di lavoro durante le ore di punta, eccessiva estensione dei turni di lavoro. Eccessiva pressione per raggiungere gli obiettivi assegnati.
Sicurezza per il maneggio denaro (riscossione, biglietterie e via
dicendo). Polifunzionalità delle mansioni assegnate, frequenti interruzioni.
Confronto verso l'esterno
Passaggio alle nuove tecnologie, competenze legate all’informatizzazione, inadeguate informazioni sui nuovi strumenti, attrezzature difettose o obsolete, risorse tecniche limitate.
Carichi di lavoro e pressione per il rispetto dell’orario di lavoro
Risorse umane
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Percezione da parte dei clienti di un’immagine sempre più negativa dell’impresa e del lavoratore. Problemi di comunicazione a
causa del crescente numero di soggetti con cui ci si deve interfacciare.
Confronto verso l’interno
Responsabilità per la sicurezza e la protezione delle linee ferroviarie. Lavoro in solitaria sui treni. Situazioni difficili con colleghi
e supervisori. Responsabili poco presenti in esercizio (supporto
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a distanza), difficoltà di incontro con il personale per incoraggiarlo e mantenere delle buone relazioni con i dipendenti. Stazioni impresenziate, insufficiente sostegno al personale a bordo
treno. Assenteismo (non presentarsi al lavoro). Presenteismo (rimanere al lavoro più a lungo del necessario pur essendo improduttivo).
3.5 Conflitto di valori
Contrasti tra i valori commerciali e quelli personali. Obblighi di
servizio in contrasto con gli obiettivi finanziari. Cultura della sanzione in contrasto con quella di riconoscimento degli errori (“cultura equa”, “just culture”, “no blame culture”). Rispetto delle
regole di sicurezza e qualità in contrasto con la produttività e gli
interessi commerciali. Sicurezza delle infrastrutture in contrasto
con la puntualità. Risolvere i problemi a breve termine in contrasto con il miglioramento a lungo termine. Disponibilità in contrasto con le ore di riposo.
3.6 L'insicurezza socio-economica
Da un punto di vista strutturale
Incertezza dovuta alla molteplicità dei livelli decisionali (regionale, nazionale ed europeo). Riorganizzazione e cambiamenti
strutturali nelle imprese ferroviarie. Paura di perdere il lavoro o
di essere trasferito. Mancanza di personale e di investimenti.
Scomparsa di alcune professionalità. Spostamento del posto di
lavoro lontano dalla propria abitazione a causa di ristrutturazioni
e cambiamenti dell'organizzazione del lavoro (pendolarismo, assenza dalla famiglia per lungo tempo).
Dal punto di vista personale
Scarsa comprensione delle procedure, mancanza di informazioni.
Paura di diventare inidoneo al servizio. Competizione individuale.
Possibili indicatori di rischio sono: elevati livelli di assenteismo,
elevato turnover del personale, frequenti conflitti interpersonali,
denunce dei lavoratori e via discorrendo.
4 . Misure per individuare, prevenire e gestire i rischi psicosociali
L'obiettivo di una procedura di prevenzione dei rischi psicosociali
è quello di prevenire o ridurre tali rischi e il loro impatto, di regolarli individuandone le cause, di analizzare e definire azioni comuni per rimediarli. Per oggettivare i fattori di rischio è
necessario disporre di strumenti specifici. Le parti sociali e datoriali raccomandano un approccio in quattro fasi: Identificazione
e valutazione dei Prs; Piano di Prevenzione contro Prs (compresa
l'introduzione della problematica nella politica aziendale); gestione dei Prs (attuazione delle misure per eliminare o ridurre l
rischi attraverso un’attiva e minuziosa gestione delle procedure);
valutazione (delle azioni, delle procedure e dei risultati attesi).
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4.1 Identificare i fattori di rischio
Le parti sociali e datoriali, innanzi tutto, devono mettere in luce
i fattori di rischio nell’organizzazione del lavoro così come le categorie di lavoratori più esposti. Lo devono fare concentrandosi
su una parte dei dipendenti su un luogo di lavoro o su un insieme
di operazioni ben specificati. La valutazione dei rischi deve essere
imperativamente inclusa nel piano di prevenzione, al fine di identificare la natura del problema e le sue cause sottostanti.
4.2 Sviluppare un piano d'azione
L'attuazione concreta di azioni di prevenzione all'interno delle
imprese deve essere adeguatamente pianificata e le decisioni politiche prese per indicare la direzione devono applicarsi secondo
una precisa pianificazione. L'impresa deve definire i propri obiettivi rispetto ai Psr e al ruolo affidato agli operai.
La direzione dell’impresa deve fornire un adeguato supporto sia
alle squadre che ai singoli dipendenti. Il piano d'azione dovrebbe
mirare a migliorare l'organizzazione, le procedure, le condizioni
e l'ambiente di lavoro. Essa deve includere azioni concrete per
conseguire risultati commerciali misurabili. Il piano d'azione può
essere fatto in questo modo:
Perché: spiegazione, scopi, obiettivi;
Cosa: quali azioni dovrebbero essere attuate?
Quando: pianificazione e, se del caso, la frequenza;
Dove: quali reparti, quali gruppi di lavoratori, in quali luoghi sono
a rischio?
Chi: quali dipendenti sono responsabili per ciascuna azione proposta?
Come: con quali strumenti, processi o meccanismi d'azione possono essere attuate?
Il piano dovrebbe dare la priorità alle azioni e comprendere le
modalità del loro controllo e valutazione. Si devono operare meccanismi di controllo dell’applicazione, possibilmente aggiustando
le misure messe in atto. Devono essere definiti i criteri per la valutazione delle diverse azioni. Il piano di azione e il suo sviluppo
dovrebbero coinvolgere per primi i rappresentanti dei lavoratori
nel rispetto delle norme e prassi utilizzate in ogni singola nazione.
I lavoratori non dovrebbero considerare il piano d'azione come
qualcosa che viene imposto loro dal management della società:
affinché il piano abbia successo i rappresentanti dei lavoratori
devono essere coinvolti e fatti parte attiva durante tutte le fasi
dell’attuazione del progetto.
4.3 Designare una specifica unità
Serve identificare una specifica unità, designata all'interno del-
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l'azienda, incaricata ufficialmente di analizzare e attuare le misure concordate. Questo lavoro potrebbe essere assegnato al dipartimento di salute e sicurezza. Questo specifica unità dovrebbe
lavorare a stretto contatto con gli uffici del personale e le unità
di lavoro in questione. Gli incidenti dovrebbero essere esaminati
con mezzi appropriati, secondo la legislazione vigente e in funzione delle risorse disponibili. L'unità può diventare il punto di
contatto in caso di incidenti o problemi. Questa opzione dovrebbe essere resa possibile per risolvere gli incidenti in modo
confidenziale.
4.4 Consapevolezza
Le misure da prendere per identificare, prevenire e gestire i rischi
psicosociali possono essere di natura individuale o collettiva. La
loro introduzione può essere fatta sotto forma di misure specifiche, registrando i fattori effettivamente riscontrati o come parte
di una politica integrata, comprese le misure di prevenzione e di
intervento. Nel caso in cui ci sia insufficiente competenza all'interno di un’unità di lavoro, si potrebbe ricorrere a competenze
esterne, in accordo con la legislazione europea e nazionale, i contratti di lavoro e le prassi.
4.5 Comunicazione e misure di sensibilizzazione
Gli indicatori dei rischi già presenti (come gli alti tassi di assenteismo, elevato turnover del personale, frequenti conflitti interpersonali, denunce dei lavoratori e così via) devono essere
identificati. I rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori
devono avere una buona conoscenza e una visione critica delle
situazioni di rischio ed essere in grado di individuarli. Dovranno
poi proporre o iniziare qualsiasi azione per migliorare la situazione in questione e assicurarsi che sia operativa. Le informazioni
sul piano d'azione e la discussione con i dipendenti sono essenziali per prevenire i fattori di rischio. I dipendenti e i loro rappresentanti devono essere inclusi nella definizione delle procedure
per la valutazione dei rischi e l'attuazione delle misure preventive. I dipendenti devono essere informati sui risultati delle
azioni.
4.6 Formazione
La formazione dei responsabili, dei lavoratori e dei loro rappresentanti è essenziale per aumentare la consapevolezza dei rischi
psicosociali e per far loro capire da dove vengono, quali sono le
loro cause, come gestirli e come adattarsi al cambiamento. Tale
formazione deve tener conto del contesto della società e deve
concentrarsi sui fattori di rischio prima di agire sulle loro implicazioni. La formazione deve essere parte di un approccio globale
alla prevenzione e alla gestione dei rischi psicosociali.
stenuti e supportati. A seconda delle circostanze, questo supporto sarà di natura medica, giuridica, pratica o finanziaria.
4.8 Utilizzo delle buone pratiche
Buone pratiche per l'identificazione, la prevenzione e la gestione
dei rischi psicosociali esistono già in qualche impresa ferroviaria.
Le misure previste dovrebbero tener conto di dimensioni e tipologia delle singole imprese e la loro applicazione validata. Le migliori pratiche sono descritte nella sezione della giuda per
l'identificazione e la prevenzione dei rischi psicosociali nel settore
ferroviario.
4.9 Dialogo sociale
Le parti sociali e datoriali devono affrontare congiuntamente
questa problematica. La consultazione con i lavoratori e i loro
rappresentanti - in conformità con la legislazione europea e nazionale, i contratti collettivi e le pratiche - è essenziale per garantire il successo delle azioni. I dipendenti devono partecipare allo
sviluppo degli approcci da adottare verificando l’operatività delle
azioni preventive dei Psr. Stipulare accordi sindacali in materia è
considerato utile, a qualsiasi livello intervengano (aziendale o di
settore). Le proposte avanzate dai dipendenti per migliorare i
punti deboli della prevenzione dei Psr devono essere esaminate
e possibilmente accettate.
4.10 Valutazione
Le misure preventive dovrebbero essere regolarmente valutate
per giudicarne l'efficacia, per verificare il corretto uso delle risorse e se siano ancora appropriate o necessarie. È consigliata
una valutazione che riguardi principalmente due aspetti: controllo della conformità delle azioni concordate, ovvero confronto
delle azioni annunciate con quelle effettivamente intraprese, ed
efficacia delle azioni, ovvero i loro effetti diretti o indiretti. Le persone incaricate del coordinamento devono riferire regolarmente
sui loro progressi ad altri soggetti interessati.
5 . Attuazione e monitoraggio
La Cer e gli affiliati all’Etf sono impegnati a perseguire gli obiettivi
delineati in queste raccomandazioni comuni e ad adottare le misure necessarie in accordo con le procedure e le prassi delle relazioni sindacali presenti nelle rispettive nazioni di appartenenza.
Le organizzazioni aderenti riferiranno in merito all'attuazione di
tali raccomandazioni al Comitato per il dialogo sociale. Dopo tre
anni dalla firma di questo documento, i sottoscrittori valuteranno
la loro applicazione dandosi atto di sottoporle a revisione nel caso
di richiesta avanzata da una delle parti.
4.7 Supporto medico legale
I dipendenti affetti da patologie psicosociali devono essere so-
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Remo Di Fiore
Che impatto avrà sui marittimi
la Mlc 2006?
Nel maggio del 1990 la Itf di Londra trasmise alla Fit-Cisl Marittimi, allora con
sede in via Boncompagni, la richiesta di
aiuto dell’equipaggio della nave sovietica
Novorossiysk in arrivo a Fiumicino. Assieme al collega Enrico Cevaro la raggiungemmo e salimmo a bordo.
Era il periodo in cui iniziava il dissolvimento dell’Unione Sovietica e la società
di Stato, proprietaria di questa e di altre
navi, decise di usare come sede per gestire la flotta Cipro, paese in cui i sovietici
avevano grandi interessi economici e
bancari. La nave a questo punto cambiò
bandiera in un porto del Nord Europa
inalberando quella cipriota e diventando
per la Itf nave Foc e quindi “open to action”; di conseguenza l’equipaggio aveva
titolo a reclamare i salari Itf in Usd, certamente superiori a quelli nazionali sovietici.
L’equipaggio inoltre era fortemente preoccupato per il proprio
futuro e certo non poteva affidarsi al sindacato nazionale controllato dallo Stato. L’equipaggio, pur essendo la nave alla boa,
volle entrare in sciopero garantendo tutti i servizi ma non scari-
cando il carico. Con Cevaro restammo a bordo poiché, com’e facile immaginare, le pressioni sull’equipaggio da parte delle autorità furono enormi. La vertenza si risolse positivamente e
l’equipaggio ricevette la differenza salariale dal momento del
cambio di bandiera oltre ad un documento che bloccava ogni
forma di ritorsione.
È interessante sottolineare che la Novossiysk è stata
la prima nave di fatto sovietica a entrare in sciopero
e non a caso molti dei componenti l’equipaggio sono
oggi dirigenti del sindacato russo Sur. Con gli anni ‘90
cominciava la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la
nascita di stati indipendenti all’interno dei quali nascevano sindacati marittimi autonomi. Nel contempo
però i vari sindacati decisero di mantenere il loro collegamento attraverso l’istituzione di una Confederazione con sede a Mosca, il cui Presidente è oggi
Georgy Stoliarenko. Questa Confederazione internazionale dei sindacati dei lavoratori dei trasporti marittimi e fluviali (Icwtwu) non ha un grande potere
operativo e si dedica soprattutto ad alimentare il collegamento tra le varie oo.ss. attraverso seminari e
conferenze su argomenti di interesse per il comparto marittimo.
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Per questo da anni ha stretto rapporti con la Fit-Cisl ritenendolo
un sindacato in grado di dare un forte contributo conoscitivo.
Ai seminari partecipano oo.ss. di vari Paesi ex sovietici con sindacalisti tra l’altro facenti parte di organismi Itf e quindi da noi
ben conosciuti. In passato abbiamo organizzato diversi incontri
di questo tipo, tra gli ultimi uno a Livorno, a Genova e quest’anno
a Roma, organizzato materialmente grazie alla collaborazione di
Maria Teresa Leone e Ksenia Kuznetsova. Il tema trattato nell’ultimo incontro è stato quello della Convenzione Mlc 2006, che diventerà operativa in Italia a novembre di quest’anno. Si sono
quindi riuniti a Roma per tre giorni i rappresentanti di Russia, Georgia e Lettonia; mancavano solo gli Ucraini che sono stati trattenuti nel loro paese a causa degli ultimi sviluppi politici. Al
seminario hanno partecipato anche due dei componenti dell’equipaggio della Novorosiysk.
Tra i relatori ricordiamo:
per il Comando Generale il
Capitano di Fregata Giovanni Greco, per le Agenzie marittime Ivo Guidi
dell’Enterprise Shipping
Agency (Esa) di Genova,
per Confitarma la dottoressa Laurence Martin, Responsabile del servizio
relazioni internazionali, e
infine il dottor Paolo Cavanna, consulente per
l'Opera dell'Apostolato del
Mare e della Federazione
nazionale Stella Maris.
Per la Fit-Cisl, è intervenuto il Segretario nazionale Pasquale Paniccia, che ha fatto l’intervento introduttivo al seminario, e poi,
oltre a Remo Di Fiore, hanno relazionato i Coordinatori nazionali
per la Portualità Ugo Milone e per i Marittimi Giovanni Olivieri,
che hanno parlato rispettivamente di organizzazione del lavoro
nei porti italiani e dei riflessi della Mlc 2006 nella trattativa per il
rinnovo del ccnl italiano, ed Emanuela Colandrea del Dipartimento marittimo, che ha parlato dei claims gestiti dall’ufficio di
Roma dell’Itf.
I componenti della delegazioni sono stati molto interessati a conoscere i meccanismi di gestione delle vertenze e il collegamento
che esiste tra il Port State Control - e quindi gli ufficiali di capitaneria - e l’ispettore Itf. Come precedentemente sottolineato, la
Convenzione già operativa potrà essere verificata in termini applicativi nei porti italiani soltanto dopo un anno dalla ratifica e
quindi, nel caso dell’Italia, il nostro Port State Control potrà intervenire soltanto a partire da novembre di quest’anno.
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È stato chiarito ai colleghi sindacalisti che, dovendo ogni nave essere certificata dallo stato di bandiera, la nostra Amministrazione
ha provveduto già da tempo a rilasciare dopo aver visitato la nave
un certificato provvisorio che a partire da novembre potrà diventare definitivo. Ciò al fine di accelerare i tempi, visto che dovranno essere complessivamente certificate circa 800 navi.
Le posizioni di Confitarma e degli Agenti marittimi sono state di
fatto coincidenti, ovvero di forte sostegno alla nuova convenzione, che permette di eliminare dal mercato non solo le navi
sub-standard ma anche quelle numerose agenzie ne mondo che
di fatto lucrano sull’offerta di marittimi fornendo spesso certificati
fasulli.
Per quanto attiene il Comando generale, sono stati illustrati gli
sforzi che vengono fatti
per costruire un sistema
ispettivo funzionale ed efficiente, a vantaggio naturalmente anche dei
marittimi. La novità per
quanto riguarda i lavoratori del mare è che il Port
State Control potrà entrare nel merito dei contenuti contrattuali previsti
dal contratto di impiego e
quindi i vari operatori dovranno conoscere molto
bene tutta la contrattualistica Itf sia per la parte dei
Tcc che per quella degli
Ibf.
Per i porti, l’interesse dei partecipanti è stato rivolto in particolare
sulle famose compagnie e sui meccanismi di privatizzazione che
hanno portato di fatto al loro ridimensionamento e in molti casi
alla loro scomparsa. I riflessi della Mlc sul contratto nazionali italiano in via di rinnovo sono abbastanza consistenti, così come
Giovanni Olivieri ha illustrato; le vere difficoltà e quindi i ritardi
sono in massima parte da addebitarsi non solo all’armamento
ma anche in parte al sindacato, talvolta poco propenso ai cambiamenti.
A parte i temi previsti in agenda, la parte forse più interessante
del seminario ha riguardato tutta una serie di questioni riferite
al sistema pensionistico dei marittimi italiani, la tassazione del
lavoro marittimo. In altre parole tutte questioni conoscitive per
poter fare un raffronto con la condizione dei marittimi nei singoli
Paesi intervenuti all’incontro. In questo senso si è parlata anche
della Athen Policy e della Black Sea Policy, visto che tra i partecipanti vi era anche il responsabile dei marittimi georgiani.
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Francesca Di Felice
Tpl: nuovi sviluppi a Bruxelles
Il 18 marzo si è svolta a Bruxelles la riunione della sezione Etf
Urban Public Transport Committee.
Dopo aver approvato il verbale dell’ultimo incontro del 27 marzo
2013, sono stati affrontati i seguenti punti all’ordine del giorno:
effetti del IV Pacchetto ferroviario sul sistema di trasporto pubblico locale; stato dell’arte sulla futura costituzione e realizzazione di uno specifico comitato di dialogo sociale europeo per il
tpl; raccomandazione comune per l’occupazione femminile nel
tpl e per la formazione dei conducenti di autobus; presentazione
di Epsu relativa al report sulla tendenza di rimunicipalizzazione
dei servizi pubblici europei; presenza delle multinazionali in Europa.
Il IV Pacchetto ferroviario ha subito diversi emendamenti e proposte di riformulazione. L’obiettivo che si pone è quello di liberalizzare le ferrovie estendendo il modello anglosassone a tutte
le realtà imprenditoriali, comprese le aziende stabilizzate. Ciò,
sotto alcuni aspetti, va a toccare anche il settore del tpl. L’Etf ha
intrapreso un’azione strategica di lobbing e una campagna che
(il 9 ottobre scorso con la giornata di azione decentralizzata e il
giorno antecedente alla discussione in parlamento con una manifestazione che ha generato grande interesse mediatico a Bruxelles) mai come in questa occasione ha coinvolto un numero
così grande di persone. Si continuerà a seguire la stessa strategia
in modo di essere sempre più efficaci con gli europarlamentari
considerando che siamo a ridosso delle elezioni.
Inizialmente, la Commissione europea aveva concentrato la sua
attenzione solo sulle ferrovie, ma poi nel documento sono stati
inseriti interventi rilevanti anche per il tpl. Nello specifico la proposta della Commissione tenta di recepire un principio di limitazione gestionale degli enti locali per i servizi pubblici. L’Etf
attraverso la sua azione sta cercando di far valere la posizione del
trattato di Lisbona che evidenzia la libertà degli enti locali competenti a gestire il tpl.
Di riflesso e per tali motivi il Parlamento non ha recepito la proposta della Commissione che voleva intervenire anche sulla procedura degli appalti di gara. L’Etf è riuscita ad influenzare il
Parlamento sulla parte relativa alla clausola sociale secondo la
quale si prevede la possibilità di un passaggio dei lavoratori da
un soggetto imprenditoriale all’altro in caso di processi di liberalizzazione. La sezione avrebbe voluto far recepire l’obbligatorietà
del passaggio, ma si è riusciti ad ottenere solo la possibilità e non
l’obbligatorietà. Ciò rappresenta comunque un importante passo
in avanti verso possibili miglioramenti futuri da poter promuo-
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vere in questa legislazione. L’obiettivo della sezione è lavorare
per spingere la Commissione a cambiare impostazione, anche
sulla base della posizione che assumeranno i singoli Paesi su tale
argomento, definendo una corrispondente azione strategica.
Altro argomento di rilevanza per il settore è stata la proposta di
direttiva per il riconoscimento dei servizi minimi garantiti in caso
di sciopero. Tale proposta ha suscitato segnali di accoglimento
positivo da parte della Commissione Trasporti. Per l’Etf tale impostazione invece può creare grandi problemi di limitazione dell’
esercizio del diritto di sciopero; per questo la sezione ha ostacolato, riuscendo nell’intento per il momento, con una forte azione
di lobbing l’accoglimento della proposta che, se dovesse diventare legge, determinerebbe grandi stravolgimenti in tutti i paesi
europei. Risultati sono stati ottenuti, ma è molta ancora la strada
da fare per incidere sui singoli Ministri dei Trasporti prima del
prossimo Consiglio che si svolgerà in giugno.
Sul tema del dialogo sociale europeo, per quanto riguarda la sezione del trasporto pubblico locale, a oggi c’è solo un gruppo di
lavoro che si incontra una volta l’anno. A tale proposito l’Etf ha
richiesto la costituzione di un vero comitato di dialogo sociale per
il tpl con Uitp (l’organizzazione datoriale europea) come controparte sociale. L’accettazione della richiesta è imminente. Al momento il gruppo di lavoro si è concentrato sull’occupazione
femminile, sulla formazione dei conducenti e su un possibile progetto futuro Etf/Uitp.
Il lavoro comune sul primo argomento ha condotto all’ elaborazione di una raccomandazione che ha lo scopo di migliorare le
condizioni occupazionali delle donne nel tpl. Il documento, che
si basa su uno studio fatto ad hoc, indica le azioni da mettere in
atto per sostenere le condizioni minime di lavoro per le donne e
ha ottenuto il sostegno che consentirà di sottoscrivere la raccomandazione. La firma ufficiale avrà luogo il prossimo 8 aprile a
Bruxelles in occasione di un’iniziativa pubblica in cui saranno presenti diversi europarlamentari.
Per quanto riguarda la formazione degli autisti di autobus, urbano ed extraurbano, si sta lavorando a un progetto nell’ambito
del Comitato di dialogo sociale delle merci. Attualmente la Commissione europea ha avviato il processo di consultazione delle
parti coinvolte per emendare la direttiva europea sulla formazione per gli autisti su gomma urbano/extraurbano e merci. La
sezione Etf del Tpl con Uitp si sta impegnando politicamente per
l’elaborazione di una dichiarazione congiunta rivolta agli Stati
membri, alla Commissione e al Parlamento europeo, definendo
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La
la propria posizione sul tema. Nello specifico, la formazione iniziale e continua non deve essere considerata come un costo, ma
come investimento e conseguente vantaggio per le aziende. Le
proposte di modifica sulla direttiva europea si concentrano non
solo sulla obbligatorietà, ma anche sulla qualità e sui target minimi e gli standard della formazione e dei formatori; sulla premialità per le aziende che investono in formazione in termini di
punteggio in più per acquisire un servizio o un appalto; sul carattere aziendale o pubblico del finanziamento della formazione.
hanno liberalizzato e quelle che sono rimaste pubbliche. L’obiettivo è quello di mettere a confronto le condizioni dei lavoratori
in caso di appalti e quelle dei lavoratori di aziende pubbliche. Si
vuole dimostrare che tutele sociali e qualità del servizio possono
essere garantiti e coesistere anche in aziende pubbliche, questo
anche sulla base di un recente studio dell’Epsu (unione dei servizi
pubblici europei) che riporta una tendenza alla ri-municipalizzazione dei servizi pubblici in Europa con riduzione dei costi e miglioramento dei servizi in termini qualitativi e quantitativi.
Dal punto di vista sindacale la responsabilità della formazione
deve essere economicamente a carico delle aziende e non degli
autisti e deve essere pagata e somministrata durante l’orario di
lavoro. Chiaramente su questo l’Uitp sta facendo delle resistenze.
L’associazione dei datori di lavoro ha emendato la proposta di
modifica della direttiva, richiedendo un’analisi costi benefici nelle
aziende che investono nella formazione e affermando che tali investimenti non devono essere motivo di concorrenza sleale tra
aziende.
Ultimo argomento affrontato durante i lavori della sezione è stato
l’affermarsi sempre più importante delle multinazionali nei Paesi
europei. Alcune di queste (Veoila Transdev, Ratp) nell’ultimo periodo sono state accusate di comportamenti antisindacali nei
confronti dei quali l’Etf ha avviato gli opportuni provvedimenti
attraverso il Cae (Comitato aziendale europeo). Si è osservato che
molte aziende che entrano nel mercato americano cominciano
a comportarsi poi di conseguenza facendo propri i comportamenti qualificati come antisindacali in Europa, ma consentiti dalla
legge americana. A tale proposito si è deciso di chiedere la collaborazione dei colleghi delle organizzazioni sindacali nordamericane e nordafricane affiliate, al fine di avere una loro
rappresentativa partecipazione in ogni comitato aziendale europeo e nella sezione dell’Etf.
Sempre nell’ambito del gruppo di lavoro sul dialogo sociale si sta
pensando di avviare un progetto congiunto, sostenuto da un possibile finanziamento europeo, per lo studio dei modelli di mercato liberalizzato analizzando e confrontando le aziende che
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VOCE
La
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Maurizio Diamante
Ecco le iniziative Etf
per l’Autotrasporto
Il 5e il 6 marzo si è svolta presso la sede dell’Etf a Bruxelles la riunione della sezione del Trasporto su strada.
L’incontro è iniziato con una relazione da parte della Segretaria
Etf Cristina Thilling in merito alle posizioni politiche adottate dalle
parti sociali e da alcuni governi (Danimarca, Francia e Belgio) contro il dumping sociale. È inoltre stata presentata la conferenza
che si terrà il 16 aprile a Parigi alla presenza del Presidente di
turno dell’Unione europea. Da segnalare soprattutto le posizioni
raggiunte in Francia e in Belgio contro il dumping sociale. In Francia sono previsti:
La corresponsabilità totale della committenza dell’azienda di autotrasporto in merito alla corretta applicazione della normativa
europea;
La possibilità di andare in giudizio come organizzazioni sindacali
anche in assenza del mandato del lavoratore;
Il datore di lavoro ha la responsabilità dell’organizzazione del
viaggio nel pieno rispetto della normativa durante la sua esecuzione (comprese le previsioni del cabotaggio);
La violazione della normativa deve avere, oltre che ripercussioni
civili, anche sanzioni penali con inasprimenti che possono portare
all’incarcerazione del datore di lavoro.
In Belgio sono tre le iniziative principali:
In caso di grave infrazione alla normativa sul cabotaggio (ad
esempio contraffazione Cmr), 1000 euro di multa da pagare all’atto contestuale oppure il fermo del mezzo;
Preavviso al governo (anche 24 ore prima) di qualsiasi operazione
in regime di cabotaggio (norma fortemente criticata dalla Commissione europea, alla quale però il Belgio ha risposto che è una
decisione in favore della libera circolazione e del libero mercato).
L’obiettivo è quello di richiedere per gli autisti in regime di cabotaggio l’applicazione del trattamento economico e normativo pari
a quello del Paese dove il cabotaggio è effettuato, assimilando il
principio già presente nella direttiva distacchi transazionali (direttiva Eu 96/71);
La previsione di trascorrere il riposo regolare lungo (45 ore) obbligatoriamente lontano dal mezzo. Anche in questo caso come
sanzione è previsto il fermo del mezzo. Anche la Francia ha preso
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un analogo provvedimento.
L’iniziativa del 16 aprile vedrà la costituzione di due importanti
gruppi di lavoro: uno dedicato all’armonizzazione dei trattamenti
e l’altro alla politica dei controlli sull’applicazione delle normative.
Lo spirito che s’intende richiamare come Etf è quello della cooperazione transfrontaliera tra i vari Paesi (ai sensi del Regolamento europeo 1302/2013 che modifica il 1082/2006). Questo
acquista una grande importanza, anche rapportato all’applicazione della direttiva Ue 96/71 sul distacco e la somministrazione
di lavoro transfrontaliera, in quanto il fenomeno di dumping sociale più diffuso è quello del mancato pagamento dei contributi
assistenziali, fiscali e sanitari nel Paese di residenza del lavoratore
e l’impossibilità allo stato attuale di effettuare controlli e di avere
riscontri da alcuni Paesi. Le conclusioni di questa iniziativa non
potranno essere che fortemente politiche.
L’ordine del giorno della riunione ha previsto anche l’aggiornamento sullo stato dell’arte della direttiva Pesi e Misure 96/53/Ec,
le cui questioni primarie, per l’Etf, erano fondamentalmente
quattro:
Le dimensioni e il comfort della cabina dell’autista sui nuovi progetti di fabbrica;
Il forte contrasto all’inserimento nel progetto di due alettoni posteriori removibili lunghi due metri, che, posti nell’ottica del recupero aerodinamico, comporterebbero un aggravio di carico di
lavoro e sicurezza dell’autista;
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Sensori di peso, che permetterebbero di rilevare il sovraccarico
del mezzo in tempo reale;
In alternativa al sensore, piattaforme di peso lungo le strade.
La discussione in Commissione europea è ferma e rinviata; nessun compromesso è stato raggiunto; la posizione generale degli
Stati membri è di negare qualsiasi aumento di spesa nazionale.
In tutto questo l’importanza della vivibilità della cabina non è neanche presa in considerazione e se la decisione non verrà presa
entro aprile, lo sarà dal nuovo Parlamento, con il conseguente
procrastinarsi dei tempi.
Il punto seguente all’ordine del giorno riguardava l’applicazione
del regolamento europeo 1071/2009 (licenza comunitaria di
esercizio dell’attività di trasporto su strada) relativamente alla
questione della perdita di onorabilità e, di conseguenza, della sospensione della licenza e quindi dell’attività. La discussione sull’allegato tecnico delle infrazioni e delle gravità delle stesse è in
pieno svolgimento. È molto importante per i sindacati poiché le
più gravi infrazioni possono portare automaticamente a una ispezione presso l’azienda con alta probabilità di perdita o sospensione della licenza comunitaria.
Relativamente ai controlli sulla corretta applicazione del cabotaggio, si è fatto presente che l’Etf dovrebbe sostenere fin da ora,
come stiamo cercando di fare come Fit-Cisl in Italia, che i documenti a bordo del mezzo debbano essere messi in relazione con
le informazioni estrapolate dal tachigrafo digitale (Paese di partenza imputato dal conducente, chilometri percorsi, date dei
viaggi e così via), sanzionando le eventuali discrepanze dal Cmr.
Tutto questo assumerebbe una rilevanza fondamentale anche
alla luce del nuovo regolamento sui tachigrafi cosiddetti “intelligenti” (regolamento Ue 165/2014), tachigrafi di nuova generazione che andranno a regime non prima del 2020 e che
prevedranno il collegamento satellitare obbligatorio, con accesso
remoto alla partenza, all’arrivo e ogni tre ore di viaggio.
Detto questo l’unico sistema noto ed efficace di piena applicazione della normativa in tal senso è quello francese: la Commissione delle Sanzioni amministrative, divisa per regioni della
Francia e composta pariteticamente da Parti sociali e rappresentanti del Governo, effettua regolarmente ispezioni che, una volta
fornite le prove e i dossier, si commutano concretamente in sospensioni e/o ritiri della licenza comunitaria (per fare un esempio,
negli ultimi anni nella regione di Parigi sono state sospese tra le
50 e 100 licenze). Il sindacato francese ha evidenziato che, rispetto alla chiusura di attività illecite o irregolari, gli autisti trovano comunque piena occupazione nelle aziende sane,
smentendo in tal senso le strumentali posizioni padronali.
Olanda, Belgio, Romania e Bulgaria) e sedici organizzazioni sindacali di quei Paesi. I due temi principali del progetto pilota saranno l’accesso all’assistenza sociale e sanitaria degli autisti non
residenti e l’accesso alla formazione e al diritto in merito alla sicurezza sul lavoro.
Il mese scorso, spiega la rappresentante Itf, è stata fatta un’indagine/inchiesta con le oo.ss. dei Paesi dell’Est per capire quali fossero le loro richieste sindacali più importanti. È emersa una
grande necessità di informazioni sulle condizioni di lavoro (contrattuali, legali e retributive) negli altri Paesi in modo da consentire alle oo.ss. dell’Est di poterle usare per attrarre e iscrivere
autisti residenti nei loro Paesi.
Abbiamo proseguito con la relazione sul lavoro svolto dal gruppo
di approfondimento legale nella riunione del 14 febbraio alla
quale eravamo presenti.
Il gruppo di lavoro alla presenza del dipartimento legale dell’Etus
ha fatto un’analisi sui livelli e i fori di competenza in materia di
vertenza transfrontaliera. L’idea generale è quella di procedere
ad un approfondimento delle Linee guida di rappresentanza sindacale legale transfrontaliera in particolare sui temi giuslavoristici, di assistenza sociale e sanitaria. Da un’analisi svolta sui
contenziosi risulterebbe che la Corte di Giustizia europea riconosca più favorevolmente ragione al lavoratore nelle cause inerenti
le condizioni di lavoro (ad esempio orario di lavoro, carico e scarico) e meno favorevolmente decida sulle questioni retributive.
La Commissione europea sta discutendo la possibilità di stipulare
due differenti patti bilaterali: uno con la Turchia e uno con
l’Ucraina per l’accesso degli autisti provenienti da tali Paesi nel
mercato europeo; in questo caso si fa presente che in entrambi
i Paesi non esiste né una legislazione sui tempi di guida né un sistema di diritto del lavoro efficace.
La riunione della sezione si è chiusa affrontando l’importante
tema della settimana internazionale dell’azione Itf, che come ogni
anno si svolgerà nella seconda settimana di ottobre. È una manifestazione fondamentale, tenuto conto del fatto che avremo un
nuovo Parlamento e nuovi interlocutori da conoscere, e per questo motivo diventa essenziale far passare un messaggio politico
chiaro con obiettivi strategici da realizzarsi nei prossimi anni.
Cogliendo l’opportunità della discussione in atto sulla revisione
della direttiva Pesi e Misure, l’Etf pone come argomento possibile
della settimana di azione le condizioni di lavoro degli autisti rapportato e la cabina di guida. Tra gli strumenti, una brochure da
realizzarsi attraverso un dossier ricavato dalla somministrazione
di questionari e raccolta di fotografie e materiale vario realizzato
con il contributo di tutti i sindacati.
L’ordine del giorno è proseguito con la presentazione del progetto
pilota Cross Road 2, che consta di cinque Paesi (Danimarca,
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i
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gio
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R
La Fit ligure in piazza contro
il dumping nell’Autotraspor to
1996, che permette la libera circolazione delle persone e la libera
prestazione di servizi da parte di
società site in qualsiasi Paese della
Comunità europea, creando un
grave dumping sociale soprattutto
tra i lavoratori del settore Autotrasporto-merci Logistica.
La Fit-Cisl Liguria ha manifestato con FiltCgil e UilTrasporti contro la somministrazione intracomunitaria prevista dalla
direttiva n. 96/71/CE del 16 dicembre
Troppe aziende usano società di
paravento per avere accordi al ribasso salariale, danneggiando lavoratori e concorrenti onesti. Le
segreterie Fit, Filt e Uilt della Liguria hanno
deciso di “lanciare il sasso nello stagno” e
su nostra esplicita richiesta molte Aziende
hanno messo a disposizione i mezzi per la
manifestazione. Iniziative simili devono
partire anche in altre regioni di confine
che devono uscire dalla sudditanza dalle
grandi aziende di trasporto.
Le Segreterie nazionali devono continuare
a farsi carico della drammatica situazione
del trasporto merci su gomma, rompendo
la rincorsa agli accordi al ribasso salariale.
Alberto Gila
Responsabile Logistica, Trasporto merci
e Spedizioni Fit-Cisl Liguria
Bilateralità e sussidiarietà:
seminario in Puglia
La Segreteria interregionale della Fit-Cisl
Reti Puglia-Basilicata ha organizzato un seminario sul tema “Bilateralità e sussidiarietà”.
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Carlo Costa, Segretario generale
territoriale della Fit Basilicata, ha
aperto i lavori. A seguire sono intervenuti Rosanna Ruscito e
Osvaldo Marinig della Segreteria
nazionale. Ruscito ha relazionato
su bilateralità e welfare contrattuale e su Enti bilaterali e fondi di
solidarietà. Marinig invece ha parlato di previdenza complementare.
“Caso Astri: la previdenza complementare
in Autostrade”, parlando delle conoscenze
e competenze necessarie al servizio dei
nuovi bisogni del lavoratore.
È stata poi la volta di Marino Masucci, Coordinatore nazionale Fit Cisl nonché presidente Astri ha relazionato sul tema
Maria Carmela Cafaro
Responsabile Coordinamento Donne
Fit-Cisl Puglia-Basilicata
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Il Segretario generale Fit Cisl Puglia-Basilicata Pietro Vasco ha concluso ricordando
che «il sindacalista del terzo millennio
dovrà essere sempre più vicino ai lavoratori per un welfare più attento ai cambiamenti del mondo moderno».
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Fir mato accordo
con l’Ataf di Firenze
Il 10 marzo è stato siglato l’accordo tra
Ataf Gestioni la cui proprietà è composta
da: BusItalia Sita Nord; Cap Autolinee Pratesi e Autoguidovie di Brescia, e Filt-Cgil,
Fit-Cisl, UilTrasporti, Faisa-Cisal e
UglTrasporti.
mille euro ad addetto, da erogare nel
mese di marzo 2014.
Il tema principale a cui abbiamo
mirato come Fit è stato la salvaguardia di tutti i posti di lavoro e,
una volta messo questo punto in
sicurezza, abbiamo concordato
con l’azienda la normativa e l’orario di lavoro da applicare ai lavoratori,
per
poi
sottoporre
unitariamente la bozza di accordo
a referendum fra i lavoratori con
risultati più che soddisfacenti.
È un accordo a cui siamo arrivati con sacrifici e difficoltà. Nonostante ciò, come Fit
siamo soddisfatti, in quanto abbiamo cercato di ridare serenità ai lavoratori interessati sia attraverso la certezza del posto di
lavoro che della salvaguardia del salario e
della normativa.
Paolo Panchetti
Responsabile Area Tpl Firenze
Inoltre abbiamo confermato il premio di
risultato 2013 con un importo medio di
Un caso di successo collettivo:
Etra spa
Da sempre sosteniamo con convinzione
che il welfare aziendale e alcune buone
prassi sono in grado di fruttare grandi vantaggi a 360 gradi, rendendo non solo più
forte l’attaccamento tra azienda e lavoratore, ma migliorando la vita delle persone
e dunque la produttività.
L’azienda Etra spa è una multiutility del Veneto che vede come soci 75 amministrazioni comunali suddivise nelle tre province
di Padova, Vicenza e Treviso. Etra, per partecipare al bando di finanziamento, promosso a fine 2011 dalla Presidenza del
Consiglio - Dipartimento per le Politiche
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della Famiglia, ha formato una squadra
vincente (Direzione, l’U.O. Risorse umane
e organizzazioni sindacali Rsa/Rsu dei due
comparti di igiene ambientale e del ciclo
idrico integrato). Si trattava di concorrere
all’ambito avviso di finanziamenti per progetti a valere sull’articolo 9 della legge
53/2000, che promuoveva azioni positive
volte a conciliare tempi di lavoro e di cura
della famiglia.
Con il raggiungimento di un ottimo terzo
posto ecco quindi la realizzazione di molteplici desideri: l’assegnazione di otto parttime biennali e la contemporanea
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assunzione di sei risorse a copertura dell’orario residuale, oltre all’investimento di
un tutor di sostegno per le lavoratrici e i
lavoratori che per vari motivi si assentano
per tempi prolungati dall’azienda e la realizzazione di un primo progetto di telelavoro.
Lara Alberton
Fit-Cisl Veneto
Componente Rsu di Etra spa
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Filippo Mirabelli
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O
Sicurezza? Parliamone davvero
In questi ultimi mesi abbiamo presentato
alcuni argomenti strettamente legati alla
cultura della sicurezza e in particolare allo
human factor, proposti da molti anni in
ambito aeronautico. Abbiamo toccato in
maniera semplice e attraverso degli
esempi argomenti come la sicurezza di sistema, la motivazione, l’errore e la situation awareness.
Nel numero del mese scorso abbiamo introdotto l’esposizione di un modello che è
al centro del tema legato allo human factor, il modello Shel(l), rendendo sempre
più esteso il ragionamento che stavamo
facendo.
Essendo convinti che questa materia sia
ampiamente esportabile e applicabile con
successo in qualsiasi ambito professionale
in cui gli errori possono essere fatali, ci
siamo proposti di entrare maggiormente
nel dettaglio di questi temi per fare un lavoro utile da conservare e da consultare
come primo approfondimento su un argomento così complesso.
Dal 1977, infatti, con l’introduzione dello
human factor nei percorsi addestrativi e
formativi dei piloti - e in particolare con il
crew resource management, ovvero un
modulo di formazione di cui parleremo nei
prossimi numeri de La Voce - i risultati riferiti all’eccellenza del servizio in termini
di prevenzione di incidenti e di incidenti
gravi nel settore del trasporto aereo si
sono dimostrati eccellenti.
La Fit-Cisl ha condiviso la necessità di divulgare il più possibile la cultura legata a
questa materia e ci ha consentito di ampliare questa rubrica dove svilupperemo
le fondamenta teoriche dello human factor, cercando di arrivare al lettore in ma-
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niera semplice e diretta. Molti argomenti
dovranno necessariamente essere sviluppati e spiegati, poiché la maggior parte dei
modelli che presenteremo ha carattere
scientifico: per arrivare a usarli con dimestichezza vanno compresi e fatti propri.
L’obiettivo che ci prefissiamo è quello di
creare uno strumento che serva a comprendere quanto sia possibile modificare
quei pochi atteggiamenti che rendono
qualsiasi tipo di interazione uomo-procedure (S), uomo-macchina (H), uomo-ambiente (E), uomo-uomo (L) meno esposto
al rischio di errore e più capace di creare
un processo decisionale ottimale.
È necessario comprendere, infatti, che
ogni decisione presa potrebbe essere migliorabile e che, soprattutto in quegli ambienti quali sono i settori del Trasporto,
dove l’errore si paga spesso a caro prezzo,
è fondamentale inserire materie come lo
human factor.
crei quell’interesse che auspichiamo.
Della redazione di questa nuova veste
della rubrica si occuperanno Giulio Di Lodovico, Stefano Romagnoli, Alessandro
Soldati.
Al fine di rendere più interattiva questa iniziativa e per comprendere se l’argomento
suscita interesse, invitiamo tutti coloro
che avranno l’esigenza di chiarimenti e di
approfondimenti a darci dei feed-back,
scrivendoci ai seguenti indirizzi:
fi[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
Gli argomenti della rubrica saranno:
Human and performance limitation: ovvero quali sono i limiti che l’uomo ha dal
punto di vista fisiologico e che egli stesso
sottovaluta o non conosce?
I modelli dello human factor e i motivi
dello sviluppo di questa materia;
La situation awareness: quanto siamo presenti e consapevoli e come possiamo capire a che livello di consapevolezza siamo?
Gli errori e le violazioni: siamo sicuri che
gli errori non siano gestibili ed evitabili con
semplici meccanismi di prevenzione?
Altri argomenti, come lo studio sulla leadership e sul tipo di comunicazione ottimale, saranno proposti qualora la rubrica
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Elezioni europee:
qual è il nostro peso?
Il 25 maggio si vota per il Parlamento europeo. Le chance e i propositi di cambiamento dei Paesi membri si spostano a
Bruxelles. Nel rapporto “Un bilancio del
‘dare e avere’ con l’Europa per ritrovare un
nuovo protagonismo dell’Italia”, il Censis
ci aiuta a capire meglio i rapporti economici che ci sono tra i vecchi Stati nazione
di ottocentesca memoria e la grande Comunità europea del ventunesimo secolo.
Se è vero che lo scenario di un’uscita dell’Italia dall’euro appare nei fatti non praticabile e non auspicabile – afferma il Censis
– è anche vero che una diversa rappresentazione del ruolo e del peso dell’Italia
nell’Ue, che vada oltre i freddi meccanismi
di determinazione degli obiettivi di finanza
pubblica, potrebbe condurre a una più
chiara identificazione del potenziale di
crescita complessivo dell’Unione europea.
L’Italia è il terzo contribuente netto dell’Ue. Il budget annuale dell’Unione europea è di circa 140 miliardi di euro, ovvero
poco più dell’1% del Pil complessivo degli
Stati membri. Il contributo italiano alla formazione del bilancio comunitario è pari a
circa il 12% del totale. Le risorse versate
dall’Italia all’Ue sono aumentate dai 14
miliardi di euro del 2007 ai 16,4 miliardi
del 2012, mentre gli accrediti effettuati
dall’Unione nel periodo si sono aggirati intorno ai 9-11 miliardi all’anno, determinando così un consistente saldo a nostro
svantaggio: 6,6 miliardi nel 2011, 5,7 miliardi nel 2012. Sono 12 i Paesi che versano
più di quanto ricevono. Il maggiore contribuente netto è la Germania, con un valore
cumulato nel periodo 2007-2012 di 52,7
miliardi di euro e un saldo medio annuo
negativo per quasi 9 miliardi. Al secondo
posto c’è la Francia, con un valore negativo
cumulato pari a 33 miliardi di euro e un
sporti
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VOCE
La
saldo medio annuo negativo di
5,5 miliardi. L’Italia è il terzo contribuente netto, con 26,7 miliardi
di euro cumulati nel periodo e in
media 4,5 miliardi all’anno, nonostante noi occupiamo il 12° posto
in Europa in termini di Pil pro-capite (25.600 euro per abitante rispetto ai 31.500 euro dei
tedeschi e ai 27.700 dei francesi).
Nel 2012, in particolare, abbiamo
versato 16,4 miliardi di euro e abbiamo ricevuto indietro 10,7 miliardi, con
un saldo negativo di 5,7 miliardi. Fra i percettori netti si collocano ai primi posti la
Polonia (con 47 miliardi di saldi cumulati
nel periodo 2007-2012 e una media di 8
miliardi all'anno), la Grecia (con 27,6 miliardi complessivi e un dato medio annuo
di 4,6 miliardi), la Spagna (18,7 miliardi in
totale e 3,1 miliardi in media all'anno).
Restiamo un mercato molto appetibile.
Un rafforzamento del potere contrattuale
dell’Italia nei confronti dell’esecutivo europeo e degli altri Paesi potrebbe provenire da un’attenta ricognizione di ciò che
significa per l’Europa comprendere al proprio interno un territorio il cui peso economico e produttivo va al di là del mero
rapporto dare-avere registrato dal budget
finanziario dell’Ue. Essendo in termini di
prodotto interno lordo la quarta economia
europea, l’Italia rappresenta il 12,6% dei
consumi finali delle famiglie nei 27 Paesi
membri, per un ammontare di circa 1.000
miliardi di euro. E siamo al quinto posto
per numero di passeggeri del traffico
aereo, con una quota sul totale europeo
pari all’11,3% e un valore assoluto che supera i 116 milioni di passeggeri. Questa
domanda si riflette in un rilevante livello
di importazioni interne all’Unione, pari a
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200 miliardi di euro, ovvero il 7,3% del totale delle importazioni interne (si tratta di
una cifra vicina all'intero Pil della Grecia e
superiore a quello della Danimarca o della
Finlandia).
E diamo un forte contributo alla competitività europea. L’Italia si conferma la seconda economia manifatturiera europea
in termini di valore aggiunto (216 miliardi
di euro nel 2012) e in base al numero di
imprese: 422mila, pari al 19,9% di tutte le
imprese manifatturiere europee, che occupano quasi 4 milioni di addetti, preceduti solo dai tedeschi, con poco più di 7
milioni di addetti. Con circa 370 miliardi di
euro esportati nel 2012, il manifatturiero
italiano si pone al quarto posto nell’export
in Europa. E l’Italia realizza il quinto saldo
positivo della bilancia commerciale nell’Unione europea, con un valore vicino a
11 miliardi di euro. Siamo terzi per produzione lorda di energia da fonti rinnovabili.
Mentre siamo al primo posto nei prodotti
agroalimentari di qualità, disponendo di
248 marchi certificati (la Francia è seconda, con un numero di prodotti di qualità molto inferiore: 192), e terzi per
numero di aziende biotecnologiche.
Geivù
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Intervista all’On. Luca Squeri
“Sì al piano nazionale
degli aeroporti”
Luca Squeri, milanese, 52 anni, imprenditore, laureato, è dinamico e apprezzato Segretario della IX Commissione Trasporti della Camera dei Deputati.
Questa intervista è stata realizzata prima della nomina di
Mauro Moretti ad Ad di Finmeccanica.
MINISTERO. Un giudizio sull’attività ministeriale del Ministro
Maurizio Lupi, confermato anche nel nuovo Governo. È stata
premiata la continuità. Come valuta?
Penso che sia un bene. Nel settore dei Trasporti e delle Infrastrutture la continuità nelle politiche e nelle riforme rappresenta un
indubbio valore, un requisito di metodo da dover rispettare.
Venendo poi al merito, sui principali dossier aperti del Dicastero,
penso che il Ministro abbia ben operato e sia stata, dunque, positiva la sua riconferma.
FERROVIE ITALIANE. Fs ha raggiunto indubbi risultati con i treni
Frecciarossa nei collegamenti ad Alta Velocità. Ora però i Presidenti di quattro Regioni vorrebbero disdire i contratti con Trenitalia per il trasporto locale e procedere a nuove gare. L'accusa
è di privilegiare i più prestigiosi treni ad Av a scapito dei lavoratori pendolari. L’Ad Mauro Moretti sostiene che la tariffa degli
abbonamenti ferroviari dei pendolari è troppo bassa. Chi ha ragione?
Non c'è dubbio che il costo del biglietto per i servizi pendolari in
Italia è particolarmente basso, ma altrettanto bassa è la qualità
del servizio. Moretti fa impresa e la citata esperienza dell'Alta Velocità dimostra che quando è nelle condizioni la fa anche bene.
Il problema è, dunque, nel decisore pubblico che deve indirizzare
e controllare l'operato delle imprese. Da questo punto di vista
spero che la neonata Autorità dei Trasporti sappia dare nuovo
spirito al processo di liberalizzazione ferroviaria in Italia.
PIANO INDUSTRIALE FS 2014-2017. Moretti, forte del settimo
utile in bilancio consecutivo, ha predisposto un impegnativo
piano industriale con investimenti complessivi per 24 miliardi
di euro. Il fatturato crescerebbe al ritmo annuo del 3,5% mediante una forte selettività negli investimenti per creare valore.
È ottimistico?
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Ritengo che sia doveroso esserlo anche perché i numeri sono oggettivamente confortanti.
PRIVATIZZAZIONI FS. Nel quadro di una politica generale volta
a fare cassa, non si profila più solo la vendita ai privati di una
quota rilevante di Grandi Stazioni, ma si profila addirittura la
quotazione in Borsa dello stesso Gruppo, che porterebbe 6 miliardi di euro nelle casse del Tesoro in cambio del 50% del capitale.
Il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sembra spingere
molto in questa direzione, mentre Lupi sembra più cauto. Come
andrà a finire?
Francamente non saprei. Ciò che mi permetto di auspicare è che
per l'ansia di fare cassa non si finisca con lo svendere un altro
asse strategico del Paese.
Si provveda, dunque, prioritariamente alla piena separazione del
gestore dell'infrastruttura dall'impresa ferroviaria attuando una
linea di intervento “trasportistica” e soltanto a valle di questa si
ragioni su eventuali benefici per le casse dello Stato.
AUTORITÀ PER I TRASPORTI. Il Presidente Andrea Camanzi in
una recente intervista ha preannunciato una relazione sull'
eventuale “divorzio” tra Trenitalia e Rfi per meglio garantire un
accesso equo e non discriminatorio alla rete ferroviaria da parte
di tutti i concorrenti. Ma una separazione tra le due già c'è. All'
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sporti
dei Tra
VOCE
La
estero una linea iperliberista ha dato esiti disastrosi anche per
la sicurezza. Come valuta?
La relazione da parte dell'Autorità sull'assetto ferroviario è prevista dalla legge istitutiva e, a onor del vero, le esperienze estere
di separazione tra gestore della rete e fornitori di servizi ferroviari
non sono affatto disastrose in sé.
In realtà la piena separazione e indipendenza è il naturale corollario del processo di apertura alla concorrenza dei servizi ferroviari, con benefici per i consumatori nel momento in cui avviene
in condizione di parità tra i diversi operatori.
IV PACCHETTO FERROVIARIO. Il Parlamento europeo, in una recente votazione a Strasburgo, ha “frenato” rispetto alle posizioni iperliberiste del Commissario ai Trasporti Siim Kallas. Le
modifiche approvate consentono il perdurare del legame tra
l'operatore ferroviario e il gestore delle infrastrutture. Chi ha
ragione?
Effettivamente l' approvazione in plenaria del IV Pacchetto ha registrato una significativa battuta d'arresto nel processo di liberalizzazione del settore.
In particolare si è resa più “facile” la soluzione delle imprese integrate e sono state rese meno vincolanti e posticipate le gare
per l' affidamento dei servizi.
Ecco, su questi aspetti, alla luce di quanto esposto, preferirei che
fosse recuperata, invece, l'originaria formulazione proposta dalla
Commissione.
PIANO NAZIONALE AEROPORTI. Lupi ne ha predisposto uno
nuovo basato su un accorpamento degli scali in 10-11 bacini di
traffico, in ognuno dei quali ne viene individuato uno come
“strategico” e gli altri “di secondo livello”. Cosa succederà ora?
Senza dubbio c'è stato un cambiamento nell'approccio alla riorganizzazione del sistema degli aeroporti; ora è importante monitorare il processo di attuazione del piano nazionale avendo la
massima attenzione affinché si realizzi nel modo più efficiente.
RISIKO AEROPORTI. Enrico Marchi, Presidente della Save di Venezia, mediante l' acquisizione del 35% del pacchetto azionario
della Società Catullo (aeroporto di Verona) si è fatto promotore
di un polo aeroportuale del Nordest. Come valuta?
Ogni sforzo che ha come obbiettivo una maggiore sinergia tra le
realtà aeroportuali esistenti va incoraggiato e considerato positivamente.
AEROPORTO DI FIUMICINO. Nei mesi scorsi è arrivato il via libera per l'ampliamento di Fiumicino Sud.
Per Fiumicino Nord, il cosiddetto Grande Leonardo con quarta
pista e seconda aerostazione, con investimenti per 12,5 miliardi,
invece ci sono ostacoli per opposizioni a livello locale e ambientale. I problemi occupazionali dei lavoratori sembrano interessare di meno. Chi ha ragione?
Come sempre l'opzione tra interessi divergenti, ancorché en-
sporti
dei Tra
VOCE
La
trambi legittimi, è la ricerca della miglior sintesi possibile.
VETTORI AEREI. Il matrimonio tra Alitalia ed Etihad sembra andare avanti. È vero che una delle conseguenze sarebbe nella valorizzazione dell'Aeroporto di Milano-Linate a discapito di
Malpensa ? Il Governatore della Lombardia Roberto Maroni minaccia di fare le barricate.
Maroni fa bene a mettere le mani avanti rivendicando la volontà
di difendere nella sua completezza il sistema aeroportuale gestito
da Sea; ciò non vuol dire che l'interesse di un’importante compagnia aerea come Etihad per l'Alitalia sia da considerare negativamente.
AUTOSTRADE. I rincari dei pedaggi autostradali sono scattati
puntualmente dal 1 gennaio 2014. Il Mit e il Mef hanno concesso un aumento medio del 3,9% alle società di gestione autostradali, sostenendo di essere riusciti a contenere richieste
dei gestori del 4,8%.
Ci sono state polemiche di metodo e di merito. Poi sono stati
decisi anche degli sconti per i lavoratori pendolari.
Il meccanismo che regola i rapporti tra Stato e concessionari autostradali, di fatto proprietari della rete autostradale, potrebbe
essere rivisto?
Direi che una rivisitazione complessiva delle regole nell' ambito
del rapporto tra Stato e concessionari autostradali sia opportuna
quanto necessaria, mantenendo prioritario l'utente cittadino che
non può vedersi aumentare costantemente i costi del pedaggio
spesso a fronte di un servizio che invece peggiora.
RIFORMA DEI PORTI. Sembrava in dirittura d'arrivo la revisione
della legge 84/94. Assoporti (ora divisa al suo interno) sollecitava la cosiddetta “autonomia finanziaria”, portandola al 3% del
gettito Iva generato dai porti. Lupi ha approntato un piano (cosiddetta maxi-riforma) basato su un accorpamento delle 24 Autorità portuali in 8 distretti logistici. Il Senatore Marco Filippi,
lavora su un testo parlamentare (cosiddetta mini-riforma). Non
c'è un rischio di conflitto tra testo governativo e testo parlamentare col risultato di vanificare l'operazione?
In questo frangente c'è un rifiorire di iniziative sul tema. Probabilmente, tenuto conto degli approfondimenti fatti e dello sforzo
unitario portato avanti dai gruppi parlamentari, sarebbe preferibile portare a rapida approvazione definitiva il testo maturato
nella Commissione Lavori pubblici del Senato.
Il tutto nelle more di un più organico e radicale intervento sul settore, che richiederà inevitabilmente più tempo.
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A cura di Chiara Campanella
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Giulia Dellepiane
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Che cosa significa
lottare per le donne
questa, sia un programma di formazione che uno di informazione. Formiamo sia gli operatori sociosanitari
che le mediatrici culturali su come relazionarsi con le donne che sono
state vittime della pratica nei loro
Paesi - e quindi hanno conseguenze
sulla salute fisica o psicologica - e su
come prevenire la mutilazione.
«La nostra mission? È molto semplice: per
i diritti, la dignità e la libertà di scelta delle
donne». A parlare è Daniela Colombo,
Presidente di Aidos, Associazione italiana
Donne per lo Sviluppo, realtà che opera
principalmente nel sud del mondo, ma
anche in Italia, perché «oggi persino in Europa c’è un arretramento, un attacco
molto forte delle forze più conservatrici al
concetto di “genere” e ai diritti sessuali e
riproduttivi».
È difficile convincere gli immigrati ad
abbandonare questa pratica?
Secondo noi i dati non sono così preoccupanti. Ci saranno 30-35mila
donne provenienti da Paesi a tradizione mutilatoria che hanno quindi
dei postumi, però essenzialmente gli
immigrati e le immigrate in Italia
hanno la tendenza a integrarsi e ad
abbandonarla, anche perché non è
un precetto religioso come, per
esempio, la circoncisione.
«Mi sono convinta a lottare per la depenalizzazione dell’aborto quando nel 1972
in Afghanistan ho visto come le donne
abortiscono».
Come fanno?
Fanno sdraiare la donna su un tappeto e
le buttano una pietra sulla pancia: come
va, va.
Orrore puro.
L’aborto si può contrastare solo con servizi
di contraccezione moderna: le donne
abortiscono comunque anche là dove è
proibito e lo fanno nelle situazioni più allucinanti. La depenalizzazione dell’aborto
garantisce la salvezza almeno della donna.
Aidos partecipa a reti internazionali di associazioni che lavorano per difendere i diritti delle donne e quindi facciamo un
lavoro di tipo politico, soprattutto in ambito Onu e Ue.
Voi operate anche nel sud del mondo.
Interveniamo dalla Russia alla Tanzania
passando per i Paesi arabi. Cooperiamo
con organizzazioni locali, creando centri
per la salute sessuale e riproduttiva con un
approccio integrato olistico, ma anche assistenza psicologica, sociale e legale, oltre
agli incubatori di imprenditoria femminile.
La Cisl ha cofinanziato un nostro pro-
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gramma antiviolenza in Venezuela e per
noi e stato importante: è un Paese in cui
la violenza contro le donne sta crescendo.
Quindi non operate direttamente sul territorio.
No, troviamo finanziamenti e facciamo attività di rafforzamento istituzionale e di
formazione al personale locale di una organizzazione o una istituzione. È un'assistenza tecnica e interveniamo su richiesta.
E in Italia, oltre al lavoro “politico”, cosa
fate?
Lavoriamo con le donne immigrate sul
tema delle mutilazioni genitali femminili.
Abbiamo cominciato a occuparcene nell’
’86 in Africa. Dal 2008 abbiamo iniziato a
lavorare anche in Friuli e Veneto grazie ai
fondi del Ministero per le Pari Opportunità
facendo ricerca qualitativa e, sulla base di
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In Italia cosa occorrerebbe per fare
un salto qualitativo nella parità tra i
sessi?
Domanda da un milione di dollari. L’accesso all’istruzione c’è e anzi le donne primeggiano e possono aspirare a qualsiasi
tipo di carriera. Inoltre abbiamo uno dei
diritti di famiglia tra i più avanzati del
mondo.
Ci sono ancora il problema della discriminazione indiretta sul posto di lavoro e forti
condizionamenti culturali dati in parte
anche dai mezzi di comunicazione di
massa. Comincerei a intervenire dalle
scuole e dai mass media, in particolare
dalla pubblicità.
[email protected]
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