diritto e pratica amministrativa EDILIZIA IL SOLE 24 ORE IL PUNTO Abusi edilizi: quella ‘normalizzazione’ dovuta S’impone un intervento legislativo che permetta di legittimare le opere edilizie conformi al sopraggiunto Piano per il governo del territorio, escluse quelle in contrasto con vincoli prevalenti, salva l’esecuzione di opere di mitigazione prescritte dall’autorità preposta alla tutela del vincolo. di GIANLUIGI ROTA Avvocato Capita spesso nella professione di im battersi nell’impossibilità legale di met tere a posto degli abusi edilizi di epo che anche remote perché, pur essendo legittimi dal punto di vista urbanistico, non lo erano all’epoca in cui i lavori furono ultimati. La conseguenza è che i proprietari non hanno potuto accatastarli né ottenere il certificato di agibilità e che i comuni hanno subito un danno erariale per il mancato introito degli oneri di urba nizzazione primaria e secondaria e del contributo correlato al costo di co struzione. L’art. 36 del Dpr n. 380 del 6 giugno 2001 (Accertamento di conformità) A chi chiedesse in giro cosa impedisca una postuma legittimazione a effetti sananti di tali opere, una persona in formata dei fatti e dei diritti gli cite rebbe l’art. 36 (Accertamento di con formità) del Dpr n. 380 del 6 giugno 2001 (Testo unico dell’edilizia privata): “1. In caso di interventi realizzati in as senza di permesso di costruire, o in dif formità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività ... o in difformi tà da essa, fino ... all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’im mobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vi 56 gente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presen tazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformi tà, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permes so. 3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del compe tente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.”. I problemi sono due: per la legge non basta che le opere siano regolari quan do viene chiesta la “sanatoria”, doveva no esserlo anche quando furono rea lizzate, fa niente se legittimate anni dopo dal Pgt (c’è la legittimità urbani stica, ma non quella edilizia?!); il se condo problema è che gli illeciti edilizi non si prescrivono mai: la mia propo sta è che dopo 10 anni dall’ultimazione dei lavori, il comune decade da un po tere repressivo mai esercitato (una sorta di prescrizione amministrativa quando da anni ci sono già state le prescrizioni penali, fiscali ecc.). In entrambi i casi si tratta di tutelare MAGGIO 2014 diritto e pratica amministrativa EDILIZIA IL SOLE 24 ORE IL PUNTO l’affidamento indotto (a) dall’attuale strumento urbanistico (Pgt); (b) dalla tolleranza ultradecennale dell’abuso. La certezza del diritto e la sicurezza degli scambi immobiliari ne guadagne rebbero. L’art. 36 s’intitola sì “Accertamento di conformità” (di una ‘doppia’ conformi tà), ma poi dichiara di disciplinare il rilascio del permesso in sanatoria do mandato dal responsabile dell’abuso, creando confusione: quel che manca all’inizio dei lavori è solo il titolo for male (semmai verrà dopo e a caro prezzo), ma per ogni altro aspetto so stanziale, al tempo della domanda, l’opera è riconosciuta legittima (il tut to si riduce infatti a un’inversione pro cedimentale). La confusione linguistica e concettuale è purtroppo ricorrente in ambito legi slativo, ma la differenza in questo caso è piuttosto netta perché il condono mette a posto gli abusi edilizi che im plicano responsabilità anche penali, pertanto richiede una legge dello Stato (non basta un atto amministrativo), materia preclusa alle regioni dall’art. 117 della Costituzione. Non è una sanatoria neppure quella dell’art. 38 del Dpr n. 380 del 2001 (“Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato”), la cui applica zione segue per l’appunto l’annulla mento del solo permesso edilizio, non anche delle dichiarazioni (ad es. la Dia) e delle segnalazioni (ad es. la Scia), trattandosi di scritture private e non di provvedimenti. Siccome l’annullamento è sempre re troattivo succede che per la legge il permesso edilizio non è mai esistito e quindi che le opere sono senza titolo. D’altra parte per un comune annullare o revocare un atto illegittimo è dove roso, come per un’azienda ritirare dal mercato un prodotto difettoso. La normativa purtroppo tutela poco l’affi damento del privato, ordinando (ma gari senza crederci) la demolizione delle opere non più sorrette dal titolo. MAGGIO 2014 Secondo il Consiglio di Stato la sana toria è un istituto generale e perma nente, che lascia intatta la responsabi lità penale: “La concessione in sanatoria è istituto dedotto dai principi attinenti al buon an damento e all’economia dell’azione am ministrativa e consiste nell’obbligo di rila sciare la concessione quando sia regolar mente richiesta e conforme alle norme urbanistiche vigenti al momento del rila scio, anche se l’opera alla quale si riferi sce sia già stata realizzata abusivamente; pertanto tale generale istituto resta fer mo anche successivamente alla previsione espressa della concessione in sanatoria” (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 238 del 1995). Nel parere al Governo l’Adunanza ge nerale aveva osservato che: “Pur non potendosi, in astratto, contesta re la necessità del duplice accertamento di conformità, nella prassi l’applicazione del principio viene disattesa, ritenendosi illogico ordinare la demolizione di un quid che, allo stato attuale, risulta conforme alla disciplina urbanistica vigente e che, pertanto, potrebbe legittimamente otte nere, a demolizione avvenuta, una nuova concessione”; e aveva perciò suggerito all’amministrazione di valutare “se non fosse opportuno in casi del genere preve dere una forma di sanatoria che, ferma restando la sanzione penale per l’illecito commesso, sia subordinata al pagamento di un’oblazione maggiore rispetto a quel la che si richiede nell’ipotesi di duplice conformità” (Atti normativi, n. 52 del 29 marzo 2001). I contrari a questa “sanatoria di crea zione giurisprudenziale” (come si chia ma per esteso) ritengono che in tal modo verrebbe meno il brivido (quan do mai?) e cioè il rischio della demoli zione, con la conseguenza che gli illeci ti ne sarebbero incoraggiati. A mio avviso si tratta peraltro di una trepidazione insincera. Diciamo la verità: quando si demoli sce? Quando le telecamere devono fil mare per ragioni mediatiche l’esplo 57 diritto e pratica amministrativa EDILIZIA IL SOLE 24 ORE IL PUNTO sione dell’ecomostro di turno. La so ciologia criminale ci ha spiegato che i supplizi suppliscono, l’esecuzione te levisiva della pena di morte edilizia supplisce alla mancanza di una politica nazionale del territorio. Alla scala co munale non c’è nessuno che condivida la necessità della demolizione di un immobile che lo strumento urbanisti co generale abbia nel frattempo inclu so in un ambito di trasformazione e che dunque potrebbe essere ricostru ito la mattina dopo essere stato de molito. La diversità di atteggiamento tra la sezione di Milano e quella di Bre scia del Tar Lombardia Mi pare interessante la diversità di at teggiamento tra la sezione di Milano e quella di Brescia del Tar per la Lombar dia: “In sede di accertamento di conformità ex art. 13 legge n. 47/1985 (e ora art. 36, Dpr n. 380/2001), non può essere accolta l’istanza di sanatoria per dei manufatti che potrebbero ben essere re alizzati sulla base della disciplina urba nistica attualmente vigente, ancorché non conformi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione, in no me di un preteso rispetto del principio del buon andamento della PA consi stente nell’esigenza di evitare uno spre co di attività inutili, sia dell’amministra zione (il successivo procedimento ammi nistrativo preordinato alla demolizione dell’opera abusiva), sia del privato (la nuova edificazione), sia ancora dell’am ministrazione (il rilascio del titolo per lo nuova edificazione) in quanto non sus siste l’antinomia che si vorrebbe creare con l’affermazione della c.d. sanatoria giurisprudenziale e quindi con il so stanziale ripudio dell’esigenza della doppia conformità, a onta della sua esplicita previsione negli art. 13 e 36 cit. tra i principi di legalità e di buon andamento della PA, con assegnazione della prevalenza a quest’ultimo, in nome di una presunta logica efficientista.” 58 (Milano, sez. II, n. 1352 del 9 giugno 2006). “Nell’attuale panorama normativo deve essere evidenziata l’asimmetria che si re alizza tra la valutazione dell’abuso sul piano urbanisticoedilizio (dove potrebbe risultare ammissibile la sanatoria ordina ria mediante verifica di conformità ai sensi dell’art. 36 del Dpr n. 380 del 2001) e la valutazione dello stesso abu so sul piano paesisticoambientale (dove la mancanza formale dell’autorizzazione paesistica preventiva rappresenta un ostacolo insormontabile alla sanatoria). Ove non sussista alcun danno ambienta le, o addirittura sia possibile ottenere un guadagno ambientale con l’assunzione da parte del trasgressore di specifiche obbligazioni nell’interesse del vincolo, non vi sono ragioni per non estendere anche all’autorizzazione paesistica lo strumento della sanatoria formale analo gamente a quanto previsto dall’art. 36 del Dpr n. 380 del 2001, in quanto la soluzione opposta sarebbe irragionevol mente gravosa per il privato e inutile (o controproducente) per l’interesse pubbli co.” (Brescia, sez. I, n. 733 del 12 feb braio 2010). Di solito le sentenze in materia sono in implicito disaccordo sull’efficacia da riconoscere o meno allo spauracchio delle misure repressive (ordinanze di demolizione) che i comuni dovrebbero improvvisamente adottare, pur non avendolo mai fatto in passato. Riteniamo di poter dedurre che se il diniego sarà ritenuto dissuasivo della ripetizione di illeciti (perché le opere abusive saranno demolite senza pietà, a futuro monito di chi intendesse ripro varci), allora per chi giudica sarà prefe ribile l’interpretazione letterale della norma (verifica intransigente della dop pia conformità); chi invece ritenesse che sia stata negativa anche l’esperien za dell’identico art. 13 della legge n. 47 del 1985 (30 anni di nessuna applica zione), si orienterà per un’interpreta zione che permetta di estrarre dalla normativa almeno un effetto utile e MAGGIO 2014 diritto e pratica amministrativa EDILIZIA IL SOLE 24 ORE IL PUNTO cioè la sufficienza della conformità del le opere al tempo della domanda. Per ‘effetto utile’ intendo non poco: l’iscrizione in catasto (art. 24, comma 4, del Tu n. 380 del 2001), il possesso dei requisiti per ottenere il certificato di agibilità, il documento che “attesta la sussistenza delle condizioni di sicurez za, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati” (art. 24 cit., comma 1); e la possibilità per i comuni di introitare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e il contributo correlato al costo di costruzione (art. 16, Tu cit.). Ci si potrebbe chiedere se per gli abu si edilizi e più in generale per gli illeci ti amministrativi non operi un termine di prescrizione. La giurisprudenza non ha dubbi: gli illeciti vanno perseguiti senza limiti di tempo La giurisprudenza non ha dubbi: gli illeciti devono essere perseguiti senza limiti di tempo e senza neppure la necessità di motivare sulla persistenza (da qui all’eternità) di un pubblico in teresse concreto attuale e prevalente alla riduzione in pristino stato dei luo ghi: “Gli illeciti in materia urbanistica, edili zia e paesistica, ove consistano nella rea lizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno ca rattere di illeciti permanenti, che si pro traggono nel tempo e vengono meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni [impossibili con una lettura restrittiva l’art. 36]; segue da ciò che, per quanto riguarda la decorren za della prescrizione dell’illecito ammini strativo permanente, trova applicazione il principio relativo al reato permanente, secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza; pertanto, per gli illeciti am ministrativi in materia paesistica, urbani stica ed edilizia la prescrizione quin quennale inizia a decorrere solo dalla MAGGIO 2014 cessazione della permanenza, con la conseguenza che il potere amministrati vo repressivo, come la determinazione di applicare la sanzione pecuniaria, può es sere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell’esercizio del potere; più in particolare, per quanto concerne il mo mento in cui può dirsi cessata la perma nenza per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere per manente, caratterizzato dall’omissione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ri pristinare lo stato dei luoghi” (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2160 del 16 aprile 2010. Identicamente: Tar Lombardia, Milano, sez. IV, n. 1593 del 20 giugno 2013). La punibilità persiste fin che l’immobi le sta in piedi o meglio: finché non arriva l’ennesimo condono con il qua le i politici assolvono anche sé stessi. Conclusioni S’impone dunque un intervento legi slativo che permetta di legittimare le opere edilizie conformi al sopraggiun to piano per il governo del territorio, escluse quelle in contrasto con vincoli prevalenti, salva l’esecuzione di opere di mitigazione prescritte dall’autorità preposta alla tutela del vincolo. La presa d’atto della sopraggiunta con formità urbanisticoedilizia delle opere non deve incidere sulla responsabilità penale e non deve pregiudicare i diritti dei terzi. Per le somme riscosse si possono pre vedere destinazioni di bilancio vincola te alla tutela del territorio, non più come ora per l’acquisto dei detersivi. La prova documentale che le opere furono ultimate almeno dieci anni pri ma dalla proposizione della domanda di ‘normalizzazione’ (di questo si tratta infatti più che di una sanatoria), produ ce la decadenza delle autorità locali dalla perseguibilità dell’illecito edilizio: propongo forse l’introduzione della prescrizione amministrativa degli ille citi edilizi? Sì, certo. 59
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