Intervista

LA STAMPA
SABATO 20 SETTEMBRE 2014
In quello che apparentemente potrebbe essere
un noir, Pynchon fa muovere la protagonista Maxine, di origini ebraiche, madre di due figli e figlia di
due ex appartenenti al movimento antagonista degli
anni ’60. A lei si contrappone il ricchissimo Gabriel
Ice, uomo di potere e dunque assai opaco, AD di una
società di sicurezza informatica, la «hashslingrz»,
su cui Maxine deve indagare per conto del documentarista ed ex piratatore di film Reg Despard,
convinto che Ice abbia una missione sulla Terra
«scritta in un codice che nessuno di noi sa leggere. A
parte il numero 666, che sembra ricorrente». Ice,
che ha trovato il modo di trasferire fondi all’estero
eludendo i controlli bancari, pare a libro paga dei Federali. Ma è, per così dire, una persona complessa.
Forse è ebreo, o forse no. Forse è il proprietario del
Desert Building, da cui forse sono stati sparati razzi
FRANCESCA SFORZA
Horst Loeffer, che ha un ufficio proprio al Wtc, e in
passato ha avuto la tentazione di convertirsi all’ebraismo salvo rinunciarvi per paura della circoncisione, dall’infiltrato in hashslingrz Eric Outfield, vero ragazzo prodigio in fatto di informatica,
alla web-designer Driscoll Padgett, una convinta
che hashslingrz sia molto, molto, molto più potente di Microsoft. E poi agenti Cia e integralisti
ebrei, ex portenti della Silicon Valley e guardie del
corpo, oltre a Shawn, il guru e terapista di Maxine,
convinto che esista una relazione tra l’abbattimento dei Buddha a opera dei talebani e l’attentato alle Torri Gemelle, convinto che sia necessario
cambiare l’attuale sistema occidentale, improntato a un capitalismo liberista che sfrutta in modo
suicida un Pianeta allo stremo.
Tra misteriosi dvd che immortalano presunti
Alaa Al-Aswani
«Cairo
automobile
Club»
Feltrinelli
pp. 496, € 19
“Nel mio Egitto
continua a soffiare
il vento della libertà”
Il nuovo romanzo ai tempi dell’occupazione inglese:
“C’era lo stesso clima dell’odierna primavera araba
purtroppo è calato il tasso di idealismo collettivo”
terroristi e oscuri avatar incontrati nel Web
Sommerso (hacker anarchici o fantasmi delle
vittime dell’11 Settembre?), vendite anomale di
opzioni azionarie delle compagnie aeree coinvolte nell’attentato nei giorni che lo precedono e sospetti (o certezze) sul fatto che la Rete non significhi affatto libertà ma al contrario controllo totale, bizzarri spacciatori e nostalgici hitleriani,
Pynchon dissemina il romanzo di riferimenti alla
cultura pop a cominciare dalla sit-com Friends e
gioca da par suo con i generi letterari, confondendo a più riprese il lettore. E anziché dare risposte alle domande suscitate dalla paranoia dilagante, fornisce nuove domande, se possibile ancora più inquietanti.
GIUSEPPE CULICCHIA
L’anticipazione
Quella mattina
che cambiò il mondo
THOMAS PYNCHON
SEGUE DA PAGINA I
suo filo conduttore con la
contemporaneità: così come
fra la fine dell’Ottocento e il
«Racconto donne libere ma, ahimè,
in questi tempi devono subire
un’ondata di terribili violenze»
primo ventennio del Novecento l’occupazione britannica scatenò l’emergere di un
inevitabile nazionalismo, oggi la diffidenza nei confronti
degli americani ha raggiunto
livelli altissimi: «La maggior
parte degli egiziani – dice Al
Aswani – non si fida degli
Stati Uniti, perché hanno
chiuso gli occhi sulle violazioni dei diritti umani e hanno
sempre sostenuto regimi dittatoriali. Allo stesso tempo –
aggiunge - l’opposizione alle
politiche americane non si
traduce mai davvero in odio
per gli americani, un po’ come nel libro il giovane Kamel,
«La violenza si può
fermare. Spetta
agli intellettuali
e agli scrittori fare
una proposta forte»
Tra i sentimenti descritti
con maggiore intensità spicca
l’orgoglio di essere egiziani, in
cui si mescolano la consapevolezza di un passato glorioso
e la ricchezza di una società
tradizionalmente multietnica. Italiani, francesi, greci, armeni, tedeschi: i «khawagas»
sono quegli stranieri che hanno contribuito a sviluppare la
realtà egiziana e che gli egiziani rispettano senza ambiguità. «La xenofobia non appartiene al mio popolo – precisa Al Aswani – ma c’è un tipo di straniero che da sempre
costituisce un problema, ed è
l’occupante». Qui, di nuovo,
Cairo Automobile Club salda il
III
INTERVISTA CON ALAA AL-ASWANI
M
a come? Proprio adesso che
tutti vogliono
capire cosa sta
succedendo
nell’Egitto contemporaneo, il
grande Alaa Al Aswani – l’autore di Palazzo Yacubian –
manda in stampa Cairo Automobile Club, un romanzo ambientato all’epoca dell’occupazione britannica, quando il sultano si chiamava ancora Re
dell’Egitto e del Sudan? «Ci sono alcune domande che appartengono all’essere umano, non
ad un’epoca – ci risponde lo
scrittore raggiunto telefonicamente nella sua abitazione al
Cairo – E i caratteri che descrivo nel mio ultimo libro
(edito in Italia da Feltrinelli)
appartengono a ogni Egitto
possibile».
Il razzista, il ribelle, il buon
padre, l’amante idealista, la
moglie esperta nell’arte di legare a sé un uomo grazie alle
arti del sesso e della cucina,
l’anziana inglese che non sa
contenere il desiderio verso
un giovane egiziano ingenuo, il
servitore sottomesso reso forte dalla propria omosessualità, e persino il crudele ciambellano capace di tutto in nome del calcolo e del mantenimento dello status quo. Il campionario dei personaggi messi
in scena da Al Aswani in Cairo
Automobile Club è molto più di
«ogni Egitto possibile», e allo
stesso tempo è davvero un libro che aiuta a capire proprio
quel Paese e non un altro. Ad
esempio nelle atmosfere rivoltose che circondano la rischiosa impresa di Kamel, scelto
dal gruppo per diffondere volantini anti-britannici: come
non riconoscere il vento che
soffiava su Piazza Tahrir durante la Primavera Araba? «E’
vero – ammette Al Aswani – il
clima è lo stesso, la ricerca della libertà ha un sapore inconfondibile, come anche il prezzo
che si è disposti a pagare per
essa. Con una sola differenza –
osserva – che riguarda forse il
tasso di idealismo: nel romanzo è più forte di quanto non sia
nella società egiziana attuale».
la mattina dell’11 settembre. E i soldi, a chi li manda?
Agli arabi anti-integralisti o ai terroristi? Chissà.
Poi c’è Nicholas Windurst, uno che dice di lavorare per l’FBI, ma che in realtà opera per conto della
TANGO, ovvero di un’altra agenzia del governo degli Stati Uniti, per cui ha agito sotto copertura in paesi dell’America Latina. E c’è anche la suocera di Gabriel Ice, ovvero March Teller, storica paladina della
sinistra conosciuta da Maxine una quindicina di anni prima in occasione di un sit-in nonché moderatrice di un blog in cui si paragona l’attentato dell’11 settembre all’incendio del Reichstag, che diede modo a
Hitler di inasprire la repressione anti-comunista.
Quanto ai personaggi più o meno minori, non si
contano: dall’ex agente segreto sovietico Igor
Daskov, diventato ambasciatore di una cricca di
oligarchi russi, al divertente ex marito di Maxine,
.
JOHANN ROUSSELOT/LAIF/CONTRASTO
Alaa Al-Aswani (1957), di professione dentista, è uno dei fondatori del
movimento di opposizione Kifaya («Basta così»). «Palazzo Yacoubian», la
sua prima opera (Feltrinelli), suscitò grande scalpore ed è il romanzo più
venduto nel mondo arabo (ne è stato tratto anche un film). Feltrinelli ha
pubblicato anche «Chicago», «Se non fossi egiziano», « La rivoluzione
egiziana». Al-Aswani sarà a Torino per «Salone Off 365» lunedì 13 ottobre,
alla Biblioteca Natalia Ginzburg, Via Cesare Lombroso, ore 18
che detestava il dominio inglese alla fine si innamora di
Miss Mitzie, britannica a sua
volta filo-egiziana».
Quante donne ci sono in
questo romanzo: giovani, anziane, belle, brutte, dolci,
aspre, e in ognuna di volta in
volta tutte queste caratteristiche si rimescolano insieme. Certo si fatica a trovare
nei ritratti schizzati da Al
Aswani il profilo della donna
sottomessa che l’immaginario occidentale troppo spesso
coltiva nelle sue rappresentazioni. «E’ una tipica costruzione maschile – dice Al
Aswani –, probabilmente legata al fatto che gli uomini temono le donne». Difficile però
non pensare all’ondata di violenza sulle donne che l’Egitto
sta conoscendo in questi ultimi anni, con i racconti impressionanti dei cerchi di maschi che stringono corpi di ragazze per poi lasciarli brutalizzati sul selciato. Al Aswani
lo riconosce: su questo fronte
è guerra aperta. «Nel mio Paese si stanno sfidando un
principio reazionario condiviso dai fondamentalisti e dai
sostenitori del governo autoritario, che riduce le donne a
non più dei loro corpi, e uno
progressista che considera le
donne come cittadine aventi
pari diritti. La rivoluzione
guarda al futuro – ci dice per
semplificare - mentre la prospettiva reazionaria si rifà al
passato: non è difficile capire
da che parte stare».
Malgrado tutto Al Aswani
si dice ottimista sul futuro
dell’Egitto, «perché l’esperienza della rivoluzione ha
fortificato gli animi». Ma quali sono le armi più efficaci per
contrastare questo nuovo e
più crudele fondamentalismo
che sta soffocando lo spirito
del cambiamento arabo?
«Ogni fondamentalismo, che
poi sfocia nel terrorismo, consiste prevalentemente di due
aspetti: la violenza, e un’idea
fascista del mondo. La violenza si può fermare, ma per
contrastare un’idea fascista
l’uso della forza è inutile. Bisogna proporre un’idea che
sia più forte ancora. Questo –
Al Aswani non ha dubbi al
proposito - è un compito che
spetta agli scrittori e agli intellettuali».
automobilista la cui idea di svago sia sbucare
all’improvviso e investirti.
Il sole riflesso dalle finestre degli
appartamenti esposti a est ha cominciato a
mostrarsi in forme confuse sulle facciate dei
palazzi di fronte. Autobus a soffietto, nuovi
sulle rotte, costeggiano piano gli isolati del
centro come insetti giganti. Le saracinesche
vengono tirate su, i primi furgoni parcheggiano
in doppia fila, c’è fuori gente con la canna
dell’acqua a lavare il suo pezzo di marciapiede.
I senzatetto dormono sotto i portoni, i
frugabidoni coi grossi sacchi di plastica pieni
di lattine vuote di birra e di bibite vanno ai
mercati a venderle, crocchi di operai aspettano
davanti agli edifici che si presenti il
caposquadra. I podisti saltellano sul ciglio del
marciapiede in attesa che venga il verde. I
poliziotti sono nelle tavole calde alle prese con
la penuria di bagel. Bambini, genitori e tate, su
ruote e a piedi, puntano nelle direzioni di tutte
le varie scuole del quartiere. A occhio, metà
degli scolari viaggia sui nuovi monopattini
Razor: perciò all’elenco delle cose da cui
tenersi in guardia aggiungiamo gli agguati
dell’alluminio su ruote.
La Otto Kugelblitz School occupa tre
palazzine in brownstone attigue tra
Amsterdam Avenue e Columbus Avenue, in
una traversa dove quelli di Law & Order sono
riusciti a non fare riprese, almeno finora. La
scuola prende il nome da un pioniere della
psicanalisi espulso dalla cerchia piú intima di
Freud per avere elaborato una sua teoria della
ricapitolazione. A lui sembrava chiaro che il
corso della vita umana attraversi le varietà di
disturbi mentali come ai suoi tempi intese – il
solipsismo dell’infanzia, le isterie sessuali
dell’adolescenza e della prima età adulta, la
paranoia degli anni maturi, la demenza senile –
tutti diretti verso la morte, che alla fine si
rivela come una cosa – sana.
«Proprio il momento giusto per scoprirlo!»
Freud, schiccherando contro Kugelblitz la
cenere del sigaro mentre gli ordinava di
prendere la porta di Berggasse 19 e non
tornare piú. Kugelblitz fece spallucce, emigrò
negli Stati Uniti, prese casa nello Upper West
Side e avviò uno studio, mettendo insieme in
breve tempo una rete di Vip che in momenti di
dolore o di crisi gli avevano chiesto aiuto. Nel
corso degli eventi sociali super sciccosi cui
partecipava sempre piú spesso, ogni volta che
presentava questi individui tra di loro
definendoli suoi «amici», ciascuno riconosceva
un’altra mente riattata.
copyright 2013 Thomas Pynchon;
2014 Giulio Einaudi editore SpA Torino;
Published in Agreement
with Roberto Santachiara Literary Agency