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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
SEZIONE PRIMA CIVILE
composto dai Sigg. Magistrati:
Dott
Umberto Scotti
Presidente
Dott.
Vincenzo Toscano
Giudice
Dott.ssa Maria Gabriella Rigoletti
Giudice rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 25993/2011 promossa da
LUGLI FRANCO, elettivamente domiciliato in Torino, via Vassalli Eandi n. 9, presso
lo studio dell’avv. Silvia Arnaudo, che lo rappresenta e difende per procura in calce alla
comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata in data 05/04/2013
attore
contro
LUGLI ROBERTO, elettivamente domiciliato in Torino, via Ponza n. 3, presso lo
studio dell’avv. Maria Ribaldone, che lo rappresenta e difende per procura a margine
della comparsa di costituzione
convenuto
Oggetto: Azione di responsabilità
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per parte attrice:
"Nel merito, contrariis reiectis, salvo e impregiudicato ogni altro diritto e migliore
pronuncia condannare il signor Lugli Roberto ex art. 2260 secondo comma c.c., in
ragione della mala gestio, alla reintegrazione del patrimonio sociale in favore della
società Cappuccina s.a.s. di Roberto Lugli con sede a Torino in corso Re Umberto I n.
1, sino alla concorrenza di euro 1.517.600,00 pari alla differenza tra il corrispettivo
concretamente pagato dall'acquirente e quello che invece è il valore di mercato del
cespite ovvero nella somma minore o maggiore ritenuta di giustizia.
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Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa oltre rimborso forfettario, CPA e IVA
come per legge."
Per parte convenuta:
"Piaccia all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza respinta,
In via preliminare: dichiarare il difetto di legittimazione attiva del signor Franco Lugli.
In via principale: respingere la domanda avversaria infondata in fatto e diritto.
In via istruttoria: ammettere prova per interpello testi sulle circostanze dedotte con
riserva di ulteriormente dedurre, capitolare, indicare testi nei termini di legge.
Disporre c.t.u. in ordine alla situazione edilizia del terreno in contestazione ed al suo
valore alla data della cessione a Vermont S.r.l.
Con vittoria di spese di giudizio anche del procedimento cautelare."
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1.Con atto di citazione notificato in data 23/9/2011 Lugli Franco ha convenuto in
giudizio il fratello, Lugli Roberto, formulando nei suoi confronti la domanda di
condanna alla reintegrazione del patrimonio sociale della Cappuccina s.a.s., di cui alle
conclusioni in epigrafe trascritte.
Espone l'attore di essere socio accomandante della Cappuccina s.a.s. di Roberto Lugli &
C., con la quota del 50%, mentre titolare dell’altra quota del 50% è Lugli Roberto, socio
accomandatario ed amministratore unico; che Lugli Roberto è altresì socio della
Vermont S.r.l., di cui in data 20/10/2005 ha trasferito fiduciariamente alla società SerFid Italiana Fiduciaria e di Revisione S.p.A. la sua quota; che in data 22/12/2006 Lugli
Roberto, in qualità di amministratore della Cappuccina s.a.s., ha trasferito alla Vermont
S.r.l. l'unico bene immobile della società per il prezzo di euro 280.000,00; che il cespite
compravenduto è rappresentato da un'area edificabile nel Comune di Torino della
complessiva superficie catastale di mq. 6.620; che il valore del bene alla data del suo
trasferimento, e anche attualmente, è pari ad euro 1.853.600,00, come da perizia
asseverata del 28/7/2011, essendo il cespite inserito in area edificabile in ambito
collinare, in una delle posizioni più prestigiose della città, alle spalle del Monte dei
Cappuccini, inserita in ampio contesto verde e a bassa densità abitativa; che pertanto,
per effetto di tale alienazione, al patrimonio sociale della Cappuccina s.a.s. è derivato
un danno quantificabile in euro 1.517.600,00.
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Sostiene in diritto l'attore che la condotta dell'amministratore è stata chiaramente
improntata a mala gestio, avendo venduto il cespite per un valore largamente inferiore a
quello di mercato; che nelle società di persone, accanto all'azione sociale di
responsabilità disciplinata dall'art. 2260 c.c., sussiste anche un'azione individuale di
responsabilità, mediante la quale ciascun socio può pretendere il ristoro del pregiudizio
direttamente
subito
in
conseguenza
del
comportamento
doloso
o
colposo
dell'amministratore, e ciò in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c., oltre che in base
alle disposizioni generali di cui all'art. 2043 c.c., ovvero secondo le regole sulla
responsabilità contrattuale, ove si verta in tema di violazione di obblighi connessi al
mandato ad amministrare; che, avendo la condotta dell'amministratore arrecato un
danno ingente alla società, nonché al suo socio, l'attore ha inoltre la facoltà di agire in
sostituzione della società per chiedere il risarcimento del danno direttamente subito dal
patrimonio di quest'ultima; che l'art. 2260, comma 2, c.c. involge pertanto anche ipotesi
di legittimazione surrogatoria, ovvero di legittimazione straordinaria ad agire, che
trovano nella previsione di cui all'art. 2900 c.c. l’ipotesi tipica ed emblematica di
esercizio in nome proprio di un diritto altrui.
2. Si è costituito in giudizio il convenuto Lugli Roberto, chiedendo la reiezione della
domanda avversaria, in quanto infondata, sia sotto il profilo dell’ammissibilità
dell'azione, per carenza di legittimazione attiva, sia sotto il profilo della fondatezza nel
merito, difettando il presupposto dell'illiceità del comportamento dell'amministratore.
Precisa il convenuto come parte attrice abbia proposto un'azione finalizzata alla
reintegrazione non del proprio patrimonio, ma di quello della società, azione questa
tuttavia esercitabile esclusivamente dalla società e non dal singolo socio, secondo
quanto stabilito dal comma 2 dell'art. 2260 c.c.; che, se è ben vero che la
giurisprudenza, in difetto di una norma analoga a quella dettata per le società di capitali,
consente anche al socio di reagire contro gli atti di mala gestio degli amministratori,
facendo applicazione dei principi generali di cui all'art. 2043 ed applicando in via
analogica l'art. 2395 c.c., l'oggetto di tali azioni è comunque circoscritto ai soli danni,
che incidono direttamente sul patrimonio del socio; che parimenti infondata è
l'affermazione della sussistenza di una legittimazione da parte del socio accomandante
ad agire in sostituzione della società, legittimazione qualificata come surrogatoria,
ovvero straordinaria, poiché per il soddisfacimento del proprio credito il socio
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accomandante dispone di un'azione diretta nei confronti dell'amministratore, qualora il
danno sia stato a lui direttamente procurato. Osserva da ultimo il convenuto come la
domanda sia infondata anche nel merito, essendo errato il presupposto di fatto su cui la
medesima si fonda, e cioè che il cespite di proprietà della Cappuccina s.a.s. sia stato
venduto ad un valore inferiore a quello di mercato, che viene dall'attore desunto da una
perizia asseverata da lui commissionata; che la quantificazione dell’asserito valore di
mercato è frutto di un travisato esame della situazione urbanistica del cespite, poiché al
momento del trasferimento alla Vermont s.r.l. i lotti di terreno erano in sospensione di
edificabilità per problemi idrogeologici, che avevano riguardato le aree adiacenti; che
tali terreni rientravano nella variante n. 100 al PRGC, che ne avrebbe dovuto verificare,
ed eventualmente confermare o meno, l'edificabilità; che pertanto, in allora,
l'edificabilità era subordinata al suo riconoscimento da parte della variante, poi divenuta
operativa nei primi mesi del 2010, che ha confermato l'edificabilità del terreno in
contestazione, subordinando però il rilascio della licenza al rispetto da parte dei progetti
di edificazione dei regolamenti edilizi vigenti; che nel caso di specie il terreno non
dispone, secondo quanto previsto dai regolamenti edilizi vigenti, di una strada privata di
accesso della larghezza di almeno 5 metri; che era inoltre errato il criterio di calcolo del
valore del terreno, effettuato in base ai metri quadri di superficie, essendo notorio che il
valore dei terreni edificabili è calcolato in base ai metri di superficie edificabile (SLP).
3. Con ricorso cautelare in corso di causa, depositato in data 24/10/2011, Lugli Franco
chiedeva che fosse autorizzato il sequestro conservativo sui beni immobili, mobili,
quote societarie, e quant'altro risultasse di proprietà di Lugli Roberto, sino alla
concorrenza dell'importo di euro 1.517.600,00.
Instaurato il contraddittorio nella fase cautelare, si costituiva il resistente, chiedendo la
reiezione del ricorso. Lugli Roberto svolgeva nel merito le difese già sopra riassunte e
contestava inoltre la sussistenza del periculum in mora.
Con ordinanza resa in data 18/11/2011 veniva respinta la richiesta di sequestro
conservativo, riservando al merito la pronuncia sulle spese.
4. Nel giudizio di merito, prima dell’udienza di comparizione, si costituiva in data
24/10/2011 un nuovo difensore per parte attrice.
Autorizzato il deposito delle memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., il Giudice con
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ordinanza in data 27/4/2012 respingeva le istanze istruttorie, ritenendo la causa matura
per la decisione.
In data 09/01/2013 si costituivano nuovi difensori per l'attore Lugli Franco, in
sostituzione del precedente, quindi all'udienza del 6/2/2013 venivano precisate le
conclusioni ed assegnati termini di cui all'articolo 190 c.p.c.
Con il deposito della comparsa conclusionale in data 5/4/2013 si costituiva per Lugli
Franco altro difensore ed in data 10/4/2013 dimettevano il mandato i difensori
costituitisi con la comparsa in data 09/01/2013.
5. Le doglianze dell’attore si appuntano sull’operazione di compravendita intercorsa in
data 22/12/2006 tra la Cappuccina s.a.s., rappresentata dal suo amministratore, Lugli
Roberto, e la Vermont s.r.l., rappresentata dalla sua amministratrice unica, Zandrino
Graziella, per il prezzo di euro 280.000,00, prezzo che assume l'attore essere di gran
lunga inferiore al valore di mercato del bene all'epoca del trasferimento, atteso che il
cespite compravenduto avrebbe avuto un valore di mercato pari ad euro 1.853.600,00,
in quanto collocato in area edificabile nel Comune di Torino, in zona collinare di
particolare prestigio.
Al socio accomandatario ed amministratore della Cappuccina s.a.s., odierno convenuto,
viene dunque addebitato di aver violato gli obblighi su di lui incombenti, per avere
ceduto un bene, che rappresentava l'unico cespite della società, per un corrispettivo pari
ad 1/5 – 1/6 del suo valore effettivo, con conseguente pregiudizio patrimoniale della
società alienante.
Nel muovere tali censure alla condotta dell'amministratore, parte attrice evidenzia
altresì come il convenuto, Lugli Roberto, fosse anche socio della società acquirente,
Vermont S.r.l., di cui aveva in epoca precedente (v. doc. 5 parte attrice) trasferito
fiduciariamente le quote alla SER- FID Italiana Fiduciaria di Revisione S.p.A..
La circostanza dedotta, alla quale peraltro parte attrice non ricollega alcuna
conseguenza giuridica, che si traduca nella denunciata violazione di un obbligo di legge
da parte dell’amministratore, è del tutto irrilevante. Nella stipula dell’atto di
compravendita del 22/12/2006 Lugli Roberto è intervenuto esclusivamente nella veste
di amministratore della società Cappuccina s.a.s., mentre la società compratrice era
rappresentata da un diverso soggetto, sicché non è ravvisabile alcun conflitto di interessi
- che non viene infatti neppure esplicitato – risultando peraltro del tutto influente, in una
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situazione siffatta, chi fossero i soci della società di capitale acquirente dell’immobile.
6. Ciò premesso, quanto alla vicenda in fatto dedotta nel presente giudizio, occorre
interpretare e qualificare la domanda proposta da Lugli Franco.
Al riguardo le allegazioni contenute nell’atto di citazione non sono del tutto univoche,
tuttavia le argomentazioni in diritto esposte negli atti successivi (in particolare la
memoria ex art. 183, co. 6, n. 1, c.p.c. e la comparsa conclusionale), oltre che il tenore
della domanda formulata, non lasciano spazio a dubbi riguardo al fatto che l’attore
agisca nel presente giudizio per ottenere dal socio amministratore ed in favore della
società il risarcimento del danno da quella sopportato, in conseguenza dell’asserita
condotta di mala gestio.
Nell’atto di citazione viene infatti alternativamente prospettato come al socio delle
società di persone spetti il diritto di pretendere il ristoro del pregiudizio direttamente
ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o colposo degli amministratori - in
applicazione analogica dell'articolo 2395 c.c., nonché in base alle disposizioni generali
di cui all'articolo 2043 c.c. - quindi viene allegato che sia ipotizzabile da parte del
singolo socio di agire in sostituzione della società per chiedere il risarcimento del danno
subito dal patrimonio della società, secondo uno schema di legittimazione surrogatoria,
ovvero di legittimazione straordinaria ad agire.
Nella memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. viene esplicitato come l'attore
intenda agire “non uti singulis ma uti socius azionando in nome proprio l'interesse
sostanziale della società Cappuccina s.a.s. di Roberto Lugli & C. alla reintegrazione
del patrimonio sociale leso dalla mala gestio dell'amministratore", ed al riguardo viene
richiamata una pronuncia, resa in sede cautelare dal Tribunale di Napoli, con la quale è
stato ritenuto che nelle società di persone il singolo socio, ancorché privo del potere di
amministrazione e di rappresentanza, abbia la legittimazione attiva a proporre l'azione
sociale di cui all'art. 2260 c.c.
Analogamente nella comparsa conclusionale, ribadita tale impostazione, viene
affermata l'esistenza di una concorrente legittimazione attiva del singolo socio ad
esperire, ai sensi dell'art. 2260, comma 2, c.c. l'azione risarcitoria nei confronti
dell'amministratore, allorché i risultati di questa azione di responsabilità siano
suscettibili di andare a favore della società.
7. L'art. 2260, co. 2, c.c. prevede e disciplina la responsabilità contrattuale degli
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amministratori di società di persone nei confronti della società, tanto che, dopo avere al
primo comma precisato che i diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati
dalle norme sul mandato, al secondo comma prevede che: "Gli amministratori sono
solidalmente responsabili verso la società per l'adempimento degli obblighi ad essi
imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a
quelli che dimostrino di essere esenti da colpa."
Trattandosi di responsabilità che trova la sua fonte del rapporto contrattuale di mandato,
è evidente come il soggetto legittimato ad esercitare l’azione sia la società che di quel
rapporto contrattuale è parte.
Su tale qualificazione giuridica dell'azione prevista dall'art. 2260, comma 2, c.c. non vi
sono contrasti in giurisprudenza e neppure l'attore offre una diversa ricostruzione.
La giurisprudenza di legittimità si è ripetutamente espressa con riferimento all'art. 2260
c.c. (v. da ultimo Cass. 22/3/2011 n. 6558), precisando come la norma conceda alle
società di persone, quali enti muniti di autonoma soggettività e di un proprio
patrimonio, pur non dotato di autonomia patrimoniale perfetta, la facoltà di agire contro
gli amministratori per rivalersi del danno subito a causa del loro inadempimento ai
doveri fissati dalla legge o dall'atto costitutivo. Nel prendere poi in considerazione la
situazione del singolo socio la Suprema Corte ha tuttavia ritenuto che non sia escluso
"…in difetto di previsione derogativa, il diritto di ciascun socio di pretendere il ristoro
del pregiudizio direttamente ricevuto in dipendenza del comportamento doloso o
colposo degli amministratori medesimi, in applicazione analogica dell'art. 2395 c.c., e
in base alle disposizioni generali dell'art. 2043 c.c. (Cass. 10 marzo 1992 n. 2872;
Cass. 13 dicembre 1995 n. 12772).
Tuttavia l'azione individualmente concessa ai soci per il risarcimento dei danni loro
cagionati dagli atti dolosi o colposi degli amministratori, di natura extracontrattuale,
presuppone che i danni suddetti non siano solo il riflesso di quelli arrecati
eventualmente al patrimonio sociale, ma siano direttamente cagionati al socio come
conseguenza
immediata
del
comportamento
degli
amministratori…..che
tale
comportamento abbiano reso possibile violando i loro doveri…. (Cass. 3 agosto 1988
n. 4817; 2 giugno 1989 n. 2685; 7 settembre 1993 n. 9385; 28 maggio 2004 n. 10271).
Pertanto il diritto alla conservazione del patrimonio sociale spetta alla società e non al
socio come tale, il quale ha in materia un interesse, la cui eventuale lesione non può
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concretare quel danno diretto necessario per poter esperire l'azione individuale di
responsabilità contro gli amministratori.” (v. Cass. 25/7/2007 n. 16416).
Parte attrice pare condividere tale impostazione in diritto, quanto alla possibilità del
socio di agire direttamente solo per ottenere il ristoro dei danni diretti ed immediati, ed
ha chiarito - quanto meno nel corso del giudizio - come non agisca per ottenere il ristoro
di un danno siffatto, bensì per ottenere la reintegrazione del pregiudizio patrimoniale
subito dalla società, tanto che la domanda di condanna è formulata in favore della
Cappuccina s.a.s. (v. pag. 12 comparsa conclusionale: “..la somma che dovrà
corrispondere l’amministratore inadempiente non sarà percepita dal socio agente, ma
dalla società”) e per tale ragione l’ammontare del danno è quantificato nella differenza
tra quanto la società avrebbe dovuto asseritamente ottenere come corrispettivo della
compravendita e quanto dalla medesima effettivamente incassato.
8. Il passaggio ulteriore, che occorre compiere per valutare l’esistenza della
legittimazione attiva, concerne dunque la sussistenza del diritto dell’attore ad esercitare
nei confronti dell’amministratore, per conto ed in favore della società, l’azione sociale
di risarcimento dei danni.
La giurisprudenza di legittimità, con le pronunce già sopra richiamate (v. sul punto
Cass. 22/3/2011 n. 6558, laddove ha affermato che: "…il diritto alla realizzazione
dell'oggetto sociale ed alla conservazione del patrimonio sociale spetta alla società,
non al socio, il quale ha, in materia, un mero interesse, la cui eventuale lesione, anche
se determinata dalla pessima amministrazione della società e dalla violazione dei
doveri di amministrazione verso la società neppure può concretare quel danno diretto
necessario perché possa esperirsi l'azione individuale di responsabilità ex art. 2395 c.c.
ed è stata altresì negata l'ammissibilità dell'intervento adesivo del socio nel giudizio
promosso dalla società, nel caso di diminuzione del patrimonio sociale."), ed anche la
più recente giurisprudenza di merito (v. Trib. Milano 15/05/2009 m. 6590; Trib. Salerno
12/01/2011 n. 81) hanno ritenuto che la legittimazione a far valere in giudizio il diritto
al risarcimento dei danni cagionati al patrimonio sociale dagli amministratori spetti
esclusivamente alla società, in quanto titolare del diritto dedotto in giudizio come ente
munito di autonoma e distinta soggettività rispetto a quello dei soci e centro di
imputazione di interessi patrimoniali dell'impresa collettiva.
Il legislatore peraltro si è ben rappresentato, nell’ambito della disciplina dell’azione di
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responsabilità nei confronti degli amministratori, la possibilità dell’esercizio dell’azione
da parte del singolo socio in favore della società, e ciò ha fatto, in tema di società a
responsabilità limitata, al comma 3 dell'art. 2476 c.c., il quale dispone che l'azione di
responsabilità contro gli amministratori può essere promossa da ciascun socio e al
comma successivo, nel disciplinare gli effetti della eventuale condanna, ha previsto che:
"In caso di accoglimento della domanda la società, salvo il suo diritto di regresso nei
confronti degli amministratori, rimborsa agli attori le spese di giudizio e quelle da essi
sostenute per l'accertamento dei fatti."
Nell’ipotesi prevista è evidente pertanto come il singolo socio eserciti, per conto e
nell'interesse della società, l'azione di responsabilità, chiedendo il risarcimento dei
danni cagionati al patrimonio sociale, tanto che lo stesso art. 2476 c.c., al comma 6,
prevede distintamente la diversa azione esercitabile dal socio, qualora intenda agire per
il ristoro del danno da lui direttamente subito ("Le disposizioni dei precedenti commi
non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettanti al singolo socio o al terzo
che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.").
La disposizione sopra richiamata, introdotta con la riforma di cui al D.Lgs. n. 6/2003,
costituisce dunque chiara conferma di come solo un’espressa previsione normativa
possa consentire al socio di "sostituirsi" alla società nell'esercizio dell'azione di
responsabilità a quella spettante.
9. Consapevole di ciò parte attrice, nel tentativo di rinvenire il fondamento della sua
legittimazione, invoca un generale potere sostitutivo del socio, di cui non indica tuttavia
la fonte, al di là di limitarsi apoditticamente ad affermare che se tale possibilità è
prevista per una società di capitali dall’art. 2476 c.c., non vi sarebbe motivo per non
riconoscere tale possibilità nell’ambito di una società di persone (v. pagg. 7 e 8
comparsa conclusionale).
Al fine di affermare l’esistenza di una legittimazione concorrente del socio a nulla giova
peraltro il richiamo operato alla legittimazione straordinaria ad agire o alla
legittimazione surrogatoria.
Proprio il disposto dell’art. 81 c.p.c., che enuncia un principio di tassatività, quanto ai
casi in cui è consentito l’esercizio in nome proprio di un diritto altrui, vale a smentire
l’assunto attoreo, giacché alcuna specifica previsione in tale senso è rinvenibile nel
quadro normativo come sopra ricostruito.
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Analoghe considerazioni valgono riguardo al riferimento operato ad una legittimazione
surrogatoria.
L’art. 2900 c.c. non costituisce affatto – secondo quanto pare prospettare parte attrice l’espressione di un generale potere di sostituzione nell’esercizio di diritti altrui, bensì
rappresenta una delle ipotesi tassative in cui opera la sostituzione processuale di cui
all’art. 81 c.p.c.
L’azione surrogatoria, disciplinata dall’art. 2900 c.c., presuppone peraltro che colui, che
si sostituisce nell’esercizio di un diritto o un’azione altrui, sia titolare nei confronti di
questi di un credito ed agisca quindi per assicurare che siano soddisfatte o conservate le
sue ragioni, condizioni che sono del tutto carenti nella presente fattispecie.
L’attore non allega infatti di volersi sostituire alla Cappuccina s.a.s., nell’esercizio
dell’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, poiché titolare nei
confronti della società di un diritto di credito. Lugli Franco non deduce infatti di essere
titolare di un diritto di credito attuale nei confronti della Cappuccina s.a.s., per
assicurare il soddisfacimento del quale si renda necessario l’esercizio di un’azione, che
spetterebbe alla società nei confronti di un suo debitore.
Del resto l’attore, proprio esercitando i poteri che gli competono nella sua qualità di
socio, ben potrebbe assumere le iniziative necessarie a consentire alla società di
deliberare
la
proposizione
dell’azione
di
responsabilità
nei
confronti
dell’amministratore.
10. Per tutte le argomentazioni sin qui esposte, deve pertanto essere dichiarato il difetto
di legittimazione attiva di Lugli Franco a proporre l’azione sociale di responsabilità nei
confronti dell’amministratore della Cappuccina s.a.s., Lugli Roberto.
Le spese del giudizio seguono infine la soccombenza, non ravvisandosi alcuna delle
ragioni che, ex art. 92, co. 2, c.p.c., ne possono giustificare la compensazione,
considerata la sostanziale univocità dell’orientamento giurisprudenziale, che la presente
decisione ha condiviso.
La liquidazione dei compensi deve essere effettuata avendo riguardo ai parametri di cui
al DM 140/2012, che vengono tuttavia applicati nei valori minimi dello scaglione di
riferimento, tenuto conto delle limitate questioni di diritto trattate nel presente giudizio,
considerate sia le attività svolte nella fase di merito, che in quella cautelare (e quindi per
la fase di merito: € 2.500,00 per la fase di studio, € 1.800,00 per la fase introduttiva, €
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2.000,00 per la fase istruttoria - limitata al solo deposito delle memorie ex art. 183, co.
6, c.p.c, - € 3.500,00 per la fase decisoria; per la fase cautelare: € 2.000,00 per la fase di
studio, € 1.400,00 per quella introduttiva ed € 3.375,00 per quella decisoria).
P.Q.M.
Il Tribunale Ordinario di Torino - Sezione Prima Civile
respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione,
dichiara il difetto di legittimazione attiva di Lugli Franco a proporre nei confronti di
Lugli Roberto la domanda di risarcimento danni in favore della Cappuccina s.a.s. di
Lugli Roberto & C.;
condanna Lugli Franco a rifondere a Lugli Roberto le spese del presente giudizio, che si
liquidano, quanto al giudizio di merito, in complessivi € 9.800,00, a titolo di compensi,
e quanto alla fase cautelare in complessivi € 6.775,00, sempre a titolo di compensi, oltre
CPA, IVA, se dovuta, e successive occorrende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 17/6/2013.
Il Giudice est.
Dott.ssa Maria Gabriella Rigoletti
Il Presidente
Dott. Umberto Scotti
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