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Martedì 9 dicembre 2014
ANNO XLIX NUMERO 291 EURO 1,40*
E Renzi lo copre
Marino come Scajola
L’ex ministro si dimise per la casa a sua insaputa. Il sindaco a sua insaputa si è invece fatto finanziare la campagna elettorale
dal boss di Mafia capitale con cui brigavano uomini della sua giunta e a cui ha concesso favori. Perché il premier lo difende?
VIENI A TROVARCI ANCHE SUL SITO
di MAURIZIO BELPIETRO
Bisogna dar atto a Matteo Renzi della
rapidità con cui è intervenuto sul Pd romano. Appena saputo del coinvolgimento di alcuni esponenti del suo partito nello scandalo di Mafia Capitale, il
presidente del Consiglio non ha esitato
un istante a commissariare la federazione della città, nominando ai vertici del
Pd capitolino il presidente del partito
Matteo Orfini. Una scelta coraggiosa e
un’assunzione di responsabilità che certo in politica non sono abituali, dato che
quasi sempre, a sinistra come a destra,
prevale la logica di appartenenza e dunque il riflesso condizionato di difesa dei
propri esponenti, qualunque siano le accuse loro rivolte e qualunque siano le
prove a loro carico.
Ciò detto, riconosciute la rapidità e la
determinazione con cui il premier si è
mosso a proposito del suo partito, altrettanto non possiamo dire riguardo all’amministrazione della Capitale. Se da
un lato è emerso il coinvolgimento di
alcuni uomini di primo piano del Pd,
tanto da giustificare il commissariamento degli organismi locali del partito, altrettanto è accaduto a esponenti della
giunta Marino. Un assessore, un funzionario assai vicino al sindaco. (...)
La Ue vuole una manovra, l’Ocse interventi sulle pensioni
Regalo di Natale all’Italia: una stangata
La Campana stonata:
balle della renziana
sui rapporti con Buzzi
di SANDRO IACOMETTI a pagina 18
di MARCO GORRA a pagina 5
Intervista a Alemanno
«Il mio solo errore:
non cacciare i rossi»
di T. MONTESANO a pagina 8
presenta
esenta
segue a pagina 3
Il marcio sta nelle Coop:
un sistema da cambiare
di FRANCO BECHIS
Trentamila euro al sindaco di Roma,
Ignazio Marino. Ventimila euro al suo
Assessore alla Casa, Daniele Ozzimo.
Circa ventimila euro ai candidati del Pd
alla presidenza dei municipi di Roma alle ultime elezioni amministrative. Diecimila euro al Pd comitato cittadino di Roma. Diecimila euro a Domenico De Vincenzi,candidato sindaco del Pd a Guidonia,comune della cintura romana. E soldi anche al vicesindaco della giunta Marino, Luigi Nieri, che milita nel partito di
Nichi Vendola (Sel). Solo nell’ultimo anno le due coop sociali (...)
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Ma petrolio e Expo
possono dare
le ali al nostro Pil
di GIULIANO ZULIN
E se l’Italia crescesse a fine 2015 del1,5-2%? Le stime del governo ipotizzano un +0,6%, Fmi e Commissione Ue sono ancora più pessimiste. Ma
possiamo fidarci delle
previsioni (...)
segue a pagina 18
segue a pagina 7
Più il prezzo del quotidiano
Quel tabù che la nostra cultura non riesce a concepire
Finita la fuga della madre di Loris
Ha ucciso il figlio o copre l’assassino? Veronica Panarello sotto torchio in Procura
normalità fatta di addobbi nadi OTTAVIO CAPPELLANI
Il reportage
talizi, di alberi decorati, di carNel giorno dell’Immacolata,
l’archetipo positivo della Madre per eccellenza,in un pomeriggio di festa inondato di luminarie, per le strade di un paese
che tenta di aggrapparsi a una
Ma la gestione del teatro è superba
Lettera aperta al nipote di Agnelli
Scala, il pagellone della prima
Zero in regia, 5 in mondanità
Caro Lapo, le dritte per evitare
di farti ricattare ogni settimana
di FILIPPO FACCI
AVEVA 60 ANNI
Allora: sul palco reale c'erano un
magistrato e un avvocato, in platea
dominava la direttrice del Fondo
Monetario Internazionale, sul palcoscenico c'era un'opera tedesca
con una cantante travestita da uomo che ha baciato una donna, nel
golfo mistico un'orchestra (...)
segue a pagina 27
Mango muore sul palco
cantando il suo
più grande successo
di IANNACCI e LABRANCA
a pagina 26
di SELVAGGIA LUCARELLI
Caro Lapo,
siediti sul primo sgabello hi-tech
in fibra di carbonio che trovi e facciamo un discorso, perché tu sei un
ragazzo ingenuo e qualcuno deve
pur spiegarti come gira il mondo.
Lascia stare i moralisti, i soloni de
noantri e pure i cazziatoni (...)
* Con: "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 4" € 8,00; "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 3" € 8,00.
ta rossa e nastri dorati che avvolgono i regali, (...)
segue a pagina 15
ALBERTO SAMONÀ
a pagina 14
Sulle alture del Golan
dove Israele
affronta i suoi incubi
::: dall’inviato nel Golan
FAUSTO CARIOTI
Fa freddo, qualche chilometro più in là le cime sono coperte di neve. Dalla sommità
delle alture delGolan, al confine con la Siria, i soldati (...)
segue a pagina 13
segue a pagina 17
Prezzo all’estero: CH - Fr 3.30 / MC & F - € 2.20
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romanzo criminale
LA DELIBERA La delibera della giunta, firmata dal
primo cittadino, dà in concessione la struttura per sei
anni a partire da marzo (quindi è retrodatata)
Regalo da 60mila euro al boss
Marino inguaiato dalsuo vice
Nieri, il braccio destro del primo cittadino con delega al patrimonio, conferma
lo scoop di «Libero»: a ottobre il Comune fece a Buzzi un maxi-sconto sull’affitto
:::
Ilcaso
Balle pure sulla bici
Per salvare Ignazio
arriva lo spin doctor
::: FRANCESCO SPECCHIA
■■■ «Spin doctor» significa
«specialista del colpo ad effetto». E, in effetti, fa un effetto terrificante constatare che
in tutto ilcasino di nefandezze e delitti della «Mafia Capitale», la principale occupazione del Pd sia, come rivela
il Corriere della Sera, in questo momento, quella di trovare alsindaco Ignazio Marino un spin doctor che gli restauri l’immagine.
Che è un po’ come se a Hiroshima, allo sgancio della
bomba, ci si preoccupasse
delle grondaie. «Bisogna rifargli illook, magaria cominciare dalla barba...», sussurrano i consigliori del sindaco, come quando Rockfeller
arruolò il pubblicitario Poison Ivy Lee per salvarsi dall’accusa di omicidio plurimo. Ma il problema di Marino non è la barba, è tutto il
resto. Il sindaco di Roma ha
una predisposizione psicologica, intima, a modificare la
realtà. Tutta la realtà circostante per lui è materia plotiniana: un inanellarsi di promesse spezzate e piccole
grandi bugie. L’ultima l’altro
giorno: dopo aver promesso
al prefetto di «non usare più
la bici» per non incasinare la
scorta, rieccolo, allegro, sulle due ruote pronto a cazzeggiare coi cronisti, «la mia
scorta siete voi!». Prima ancora la storia di Buzzi, lo
«sconosciuto» che gli pagò
in parte la campagna elettorale; e, prima ancora ancora,
la vicenda della Panda rossa
in endemico divieto di sosta.
E prima prima prima ancora la faccenda delle note spese doppie con dimissioni
dall’università di Pittsburgh.
Menzogne allo stato brado,
puttanate elevate a refolo letterario spesso anche inutili.
Per qualsiasi visagista d’immagine pubblica l’impresa
di ristrutturare la reputazione di Marino, a questo punto, sarebbe eroica. Forse è
per questo che, dopo il «no
grazie» di Filippo Sensi e di
Alessia Rotta, il Pd starebbe
sulle tracce di un guru «esterno», tipo David Axelrod, ex
di Obama assunto da Monti. Anche se con Monti, però,
non andò benissimo...
::: BRUNELLA BOLLOLI
ROMA
■■■ L’affitto stracciato a sua
insaputa. Se il sindaco Ignazio Marino fatica a ricordare i
dettagli dei suoi incontri con
Salvatore Buzzi, presidente
della cooperativa “29 giugno”
al centro dell’inchiesta sulla
mafia capitale, il suo vice, LuigiNieri, ha ben presente i rapporti tra Comune e coop. È lo
stesso Nieri, infatti, a confermare ciò che Libero ha rivelato giorni fa e cioè il prezzo di
favore dell’immobile dato in
locazione dal Campidoglio alla onlus di Buzzi, sodale di
Massimo Carminati e ras degli appalti per le emergenze
sociali.Marino,che ha dapprima perfino negato diconoscere Buzzi, salvo poi essere sbugiardato da foto e video, tace
sul contratto agevolato stipulato tra la sua amministrazione e la coop. Una convenzione a sua insaputa, evidentemente, ma nota al vicesindaco. Ogni volta che si parla di
Buzzi e dei suoi affari con il
Comune,l’ex luminare deitrapiantisembra cadere delle nuvole e trincerarsi dietro «non
so», «non conosco», «la mia
giunta è sana», «cacceremo le
mele marce», «combatteremo i cattivi». Troppo comodo
così. A parte che l’inchiesta su
quel«mondo di mezzo» colluso con delinquentoni e avanzi di galera ha lambito anche
la sua squadra e ha portato alle dimissioni dell’assessore alla Casa Daniele Ozzimo, ex
marito della deputata Pd responsabile di welfare Micaela
Campana ora nota alle cronache per via di quell’sms in cui
manda «un bacio al grande
capo» Buzzi,ma poic’è dell’altro. E cioè, appunto, l’affitto
scontato dell’80% per il quartier generale di Buzzi, la sede
della holding di coop controllata dall’ex detenuto per omicidio colposo con gli anni diventato più potente di un assessore e forse pure più influente del sindaco stesso. Un
«grande capo» non a caso.Dominus indiscusso del mondo
delle cooperative con un intreccio di rapportiche andavano da Rifondazione comunista (oggi Sel) alla destra degli
ex Nar come Carminati.
In breve. Per il complesso
immobiliare di via Pomona
dove ha sede la “29 giugno”, il
Comune di Roma, proprietario della struttura, incassa la
cifra irrisoria di poco più di
1.200 euro al mese. Trattasi di
area molto vasta, seppure periferica, comprendente 5 locali di mille metri quadrati coperti, nonché 2.456 scoperti,
DUE RUOTE E MOLTE BUGIE
A destra, Ignazio Marino in bici (non ha
ancora smesso). A sinistra la visita alla
coop rossa di Buzzi, nell’aprile 2013, e
l’articolo di «Libero» di ieri [LaPresse]
come recita la delibera 312
del 24 ottobre 2014, di cui Libero per primo ha dato notizia giorni fa.
Cosa dice la delibera di
giunta capitolina che reca la
firma di Marino e Nieri? Che
alla cooperativa sociale 29 giugno si dà in concessione per
un periodo di sei anni, dal primo marzo 2014 (quindi è re-
trodatata) «il compendio immobiliare sito tra via Pomona
e via Marica». Il canone annuo è stato stabilito in euro
14.752,80 da versarsi in rate trimestrali anticipate di 3.688,20
l’una. Nella stessa delibera
pubblica è anche riportato il
valore di mercato dell’immobile in questione,come valutato da una perizia del 2013 del-
l’ufficio stime del Dipartimento Patrimonio: circa 74mila
euro l’anno, 6.200,00 al mese,
ben di più dei 1.200 euro che
la giunta Marino ha deciso
con la sua delibera di ottobre
in ragione delle finalità sociali
della “29 giugno”. Insomma,
il Comune per Buzzi ha applicato i saldi e sebbene Nieri insista nel dire che prima (con
Alemanno) l’amministrazione capitolina non incassava
un euro «mentre con noi è stato fissato il prezzo di mercato
e calcolato poi lo sconto previsto per tutte le onlus assegnatarie di una concessione pubblica»,resta ildubbio su quanti altri affitti di favore ci siano a
Roma a fronte di alloggi e case che, invece, per i comuni
mortali, continuano a rappresentare un salasso.E poiMarino che dice di non conoscere
Buzziè lo stesso che ha ricevuto dal re delle coop rosse
30mila euro per la sua campagna elettorale?
Dov’è l’edificio della «29 giugno»
Vicino alla sede della coop
il set di Romanzo criminale
::: ROMA
■■■ Dove una volta c’erano le baracche di via Pomona oggi c’è un parco pubblico in passato oggetto di proteste da parte del comitato
di quartiere. Troppo degrado, si lamentavano i cittadini, che in risposta all’inerzia
del Comune hanno perfino
organizzato pulizie spontanee. E dire che a due passi
c’è il grande complesso della cooperativa “29 giugno”,
la struttura madre del regno
di Salvatore Buzzi, il boss degli appalti nel settore delle
emergenze sociali: dai profughi ai senza casa, dai richiedenti asilo ai minori, agli ex
carcerati in cerca di un modo per tornare a vivere. Il pasticciaccio brutto della mafia capitale rischia di rovinare la vita anche a loro: ai cir-
La sede della
Cooperativa 29
giugno, affittata a
prezzo di favore:
1.229 euro mensili,
a fronte di un
valore di mercato
di 6.147 euro
ca mille lavoratori della “29
giugno” che poco o nulla potevano sapere dei traffici con
Massimo Carminati e con
gli altri personaggi della presunta cupola ora sotto accusa da parte della procura di
Roma.
Da fuori la cooperativa è
una vasta area ai margini di
una piccola traversa della
più nota via di Pietralata, ma
dentro c’è tutto un mondo.
Oltre il cancello di ferro verde e il muro di cemento che
divide la 29 giugno (il nome
arriva dal giorno della nascita,il29 giugno 1985) dalloca-
le centro anziani, si organizzano servizivari: dalportierato, all’accoglienza, alla manutenzione delverde pubblico, all’igiene ambientale.
Quelliche in apparenza sembrano container, spesso con
l’amianto sul tetto, sono in
realtà uffici e luoghi dove almeno una volta i politici di
centrosinistra si sono recati
in campagna elettorale. E,
del resto, se non si va a colpo
sicuro, è difficile passare dalla coop 29 giugno: relegata
in fondo a una stradina della
periferia nord-est della Capitale. Una zona, quella di Pie-
tralata, con gli anni diventata perfino trendy per via delle fabbriche dismesse riconvertite in discoteca o in locali
per la Roma bene. Area di
sottobosco, quasi al margine con la campagna, ottima
per ambientare dei noir. Il
caso vuole che alcune puntate della serie tv Romanzo Criminale, fiction violenta proprio sulla banda della Magliana (cioè gli amici di Carminati) siano state girate in
quel quartiere. Ironia della
sorte, a pochi metri dagliuffici della coop di Buzzi.
B. B.
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romanzo criminale
DOPPIA MISURA Matteo è intervenuto rapidamente
per sostituire i vertici del partito a Roma. Ma quando
sono stati coinvolti assessori e consiglieri non si è mosso
Il Viminale: «Valuteremo il da farsi»
Democratici in ginocchio da Alfano
Slitta la decisione sullo scioglimento
::: ROMA
■■■ Ignazio Marino resiste, spalleggiato dal governo di Matteo Renzi. Al
Prefetto di Roma, che continua a considerare tra le ipotesi sul campo quella
dello scioglimento delconsiglio comunale della Capitale, hanno mandato
segnali un po’ tutti i piddini, a partire
dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti: «Sono valutazioni che spettano agli organi preposti, ma questo era
l’obiettivo di chi si organizzava contro
il suo arrivo in Campidoglio…». Idem
David Sassoli: «Lasciando farebbe un
regalo alle mafie». Intanto il primo cittadino si è messo altelefono ed ha guadagnato qualche settimana: «È evidente che il prefetto deve fare il suo lavoro; ho parlato con lui e anche con il
ministro dell’Interno, Angelino Alfano», ha ammesso ieri il primo cittadino. «Sono felice se ci saranno approfondimenti», ha aggiunto. «Valuteremo il da farsi, ci sarà un giudizio tecnico», gli ha fatto eco il titolare del Viminale, leader Ncd, che segnala come
sia emerso un «quadro» di responsabilità che si estende «anche alle due amministrazioni precedenti». Marino e il
prefetto Giuseppe Pecoraro dovrebbero incontrarsi nuovamente oggi, ma, a
quanto trapela, l’autorità che ha il potere di sciogliere il Comune in presenza di una «intrusione strutturale mafiosa» si prenderà qualche tempo per decidere. L’ex chirurgo, intanto, ha deciso di rifiutare la scorta: «Non mi sento
in pericolo». «Non lasceremo la Capitale in mano ai ladri», assicura il premier, «Roma è troppo grande e bella
per lasciarla a gentaccia là fuori».
Vuole il voto Forza Italia, tanto che
il Cavaliere ieri ha sentito al telefono i
dirigenti romani e sta valutando di
chiedere le dimissioni dei“suoi” consiglieri. «Il sindaco lasci che il nuovo
Campidoglio sia eletto con voti non
contaminati; il suo fallimento va ben
oltre questa vicenda», sottolinea Mara
Carfagna, portavoce dei deputati Fi.
Maria Rosaria Rossi, senatrice e tesoriera azzurra, trae alcune conclusioni:
«Le preferenze evidentemente non risolvono il problema di selezionare
una classe dirigente degna», ha scritto
in una nota, e, anzi, «preferenze e abolizione del finanziamento pubblico
possono facilitare la corruzione».
P.E.R.
Basta difenderlo: Renzi cacci il sindaco
Ignazio non capisce quel che succede attorno a lui. Come può rimanere al suo posto un politico al quale
la coop di Mafia capitale ha finanziato la campagna elettorale, ottenendo in cambio un immobile in «regalo»?
::: segue dalla prima
MAURIZIO BELPIETRO
(...) Non parliamo di responsabilità
penali, ma di contatti con un mondo
poco trasparente, cui si aggiungono
alcuni incontri con il vicesindaco.
Perfino il primo cittadino non è risultato estraneo. La sua campagna elettorale (come quella del suo numero
due) è stata in gran parte finanziata
da quel Salvatore Buzzi che oggi è al
centro delle accuse della Procura di
Roma. In almeno un paio di occasioni Ignazio Marino ha incontrato il
presidente della Coop 29 giugno e nonostante appena scoppiato lo scandalo il sindaco si fosse affrettato a negare di aver mai parlato con l’imprenditore sono state pubblicate delle fotografie che lo ritraggono in compagnia di Salvatore Buzzi (già questa bugia in altri è più civili Paesi sarebbe
stata sufficiente a indurre qualsiasi
uomo politico alle dimissioni). Oltre
a ciò, come ha dimostrato il nostro
Franco Bechis, il 24 ottobre scorso,
cioè poco più di un mese prima che
scattassero gli arresti, il Comune di
Roma deliberò - la firma è di Ignazio
Marino - di concedere alla cooperativa di Buzzi un immobile di proprietà
del municipio ad un canone irrisorio,
con uno sconto annuo di circa 60 mila euro.
Di fronte a tutto ciò, al palese conflitto d’interessi del sindaco - finanziato da Buzzi e in seguito rivelatosi amministratore generoso nei confronti
dello stesso Buzzi, ma con i soldi dei
contribuenti - il buon senso avrebbe
suggerito rapide dimissioni, ma come già è avvenuto in passato, ad
esempio con la faccenda delle multe,
«IL MAGLIONE ROSSO? È LA VICINANZA CON ORFINI...»
Ma il premier blinda l’allegro chirurgo
«Non lasciamo Roma in mano ai ladri»
Sindaco Marino blindato:
«Non lasceremo Roma in mano ai ladri, Roma è troppo
grande e bella per lasciarla in
quelle mani», ha detto ieri
Matteo Renzi, parlando a
“Factory 365”, la convention
dei giovani del Pd. Il premier
si è presentato con un maglioncino rosso sopra la classica camicia bianca. Ha spiegato anche il perché dell’insolito colore, chiamando in cau-
sa il presidente del partito, da
lui nominato commissario
del Pd romano, l’ex dalemiano Orfini: «A stare accanto a
lui accadono cose drammatiche», ha scherzato Renzi. Che
ha anche difeso il suo ministro Giuliano Poletti, fotografato con Salvatore Buzzi, il manager delle coop rosse al centro dell’inchiesta romana:
«Fare un “selfie” non è come
prendere tangenti». [Ansa]
il buon senso e il senso politico non
paiono essere patrimonio di Ignazio
Marino.
Dunque, di fronte alla incomprensibile ostinazione del sindaco, alla
mancanza di acume politico dell’allegro chirurgo, una domanda sorge
spontanea: perché Renzi non decide
di commissariare il consiglio comunale della Capitale? Pensa davvero di
poter continuare a sostenere l’insostenibile e cioè che Marino sia una
vittima delmalaffare nonostante Buzzi ne abbia finanziato la campagna
elettorale e nonostante Marino abbia
“regalato” a Buzzi un immobile del
Comune? Che argine alla corruzione
può rappresentare un tizio che si fa
pagare metà campagna elettorale e
che al corruttore dà un edificio pubblico al prezzo simbolico di 1.200 euro al mese? Attenzione, noinon sosteniamo che il sindaco di Roma sapesse o che sisia reso responsabile di reati. Lungi da noi l’intenzione: appurare colpe e violazioni del codice non è
compito nostro ma dei pm. E però
riconfermiamo il giudizio espresso in
più occasioni: Marino è incapace di
amministrare Roma, non solo crea
più problemi di quanti ne risolva (basti pensare alla pedonalizzazione dei
Fori), ma neppure si accorge di ciò
che accade intorno a lui e nei suoi
uffici. Essersi fatto pagare la campagna elettorale a sua insaputa da un ex
omicida trasformato in ufficiale pagatore di una cricca di affaristi non è
un’attenuante,ma un’aggravante, soprattutto se al finanziamento si aggiunge la concessione del megasconto su un immobile che la precedente
giunta aveva negato.
E perciò, se Renzi ha mandato a casa
isuoi uomini per Mafia Capitale,davvero non si capisce come faccia a tenersi
stretto un tipo come l'attuale sindaco
della Capitale. Perché insiste a dare copertura a Ignazio Marino nonostante
ormai l’allegro chirurgo si sia reso impresentabile? Crede davvero che basti
far la guerra alla Cgil per spacciarsi per
l’uomo nuovo? Sappia che ogni italiano negli scorsi anni è stato chiamato a
pagare i debiti della città eterna, ma
quanto ancora dovrà pagare per un disastro che in larga parte porta la firma
del Pd?
[email protected]
@BelpietroTweet
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romanzo criminale
MESSAGGI CIFRATI In altri casi gli inquirenti
ritengono che proprio il termine «appartamenti»
possa indicare mazzette di rilevante consistenza
«Appartamenti omaggio
a due consiglieridel Pd»
In un’intercettazione Buzzi accenna ad abitazioni che sarebbero state regalate
da un costruttore romano a Pedetti e Nalli, esponenti progressisti in Campidoglio
::: ENRICO PAOLI
■■■ Ma poteva mancare il
mattone, ovvero il vero «oro»
di Roma, dall’inchiesta su mafia capitale? No,non poteva.Altrimenti non sarebbe stata
un’inchiesta seria. E il mattone, tanto nelle carte della Procura quanto nei verbali del Ros
dei Carabinieri, si manifesta
sotto forma di «appartamenti».
In almeno due casi si tratta di
case vere, fisicamente esistenti,
che sarebbero state «regalate»
ad altrettanti consiglieri comunali. Si dice sarebbero, ovviamente, visto che l’inchiesta dovrà stabilire cos’è vero e cosa
viene millantato.
Partiamo dalle case vere. Salvatore Buzzi, braccio destro di
Massimo Carminati e presidente della Cooperativa 29 giugno,
in una intercettazione del marzo scorso insinua che un costruttore romano «ha regalato
due appartamenti, uno a «Pierpaolo Pedetti (presidente della
Commissione patrimonio del
Comune di Roma Capitale, già
indagato nell’inchiesta sui parcheggi, ndr) e l’altro «a Nalli
(entrambi del Pd, ndr)». «E gli
altri costruttori quanti ne hanno regalati», dice ancora Buzzi.
Già quanti, visto che alcuni casi sarebbero state «accelerate»
le pratiche più spinose. Alla domanda dovranno rispondere
gli inquirenti. Ma nella capitale
delle case sfitte, oltre 200mila
quelle stimate, nella città di affittopoli, che sembra non voler
morire, il ballo del mattone
non finisce mai. Anche perché
gli investigatori dei carabinieri
del Ros (Reparto operativo speciale) del Lazio, al comando
del colonnello Stefano Russo,
hanno registrato «stretti legami» fra Enrico Puccini, stretto
collaboratore dell’ex assessore
Daniele Ozzimo, finito nel registro degli indagati,e ilconsigliere comunale Pedetti, ritenuto
nell’incartamento investigativo «punto di riferimento per
tutto ciò che concerne Patrimonio e politiche abitative e progetti speciali». Al politico sarebbero state date «utilità in cambio di favori elargiti». Insomma, un triangolo magico che
aveva trovato nel mattone lo
snodo di tutti gli affari.
Stando alle ricostruzioni fatte dagli investigatori dentro al
giro delle case ci sarebbe anche l’ex consigliere d’amministrazione di Atac Spa, Andrea
Carlini, che chiede a Buzzi «di
acquistargli un immobile in
cambio di favori non meglio
precisati». Rapporti tutti da
chiarire, ovviamente, ma che
danno la misura di come si
muovesse la cupola della mafia romana.«Carlini aveva chie-
::: LA VICENDA
CORRUZIONE
L’inchiesta «Mafia capitale»
ha rivelato l’esistenza di una
lunghissima lista di beni e favori elargiti dalla «cupola», in
un sistema trasversale alla politica: un mosaico di contanti e
immobili L’operazione per ricostruire il libro nero delle tangenti della banda romana, destinate a manager di municipalizzate, funzionari e politici,
viene portata avanti dai Ros. È
emerso persino che, oltre a migliaia di euro e doni di lusso,
siano stati resi disponibili anche appartamenti (ad esempio
uno da 50 metri quadri per il
valore di 130mila euro).
sto a Buzzi di acquistare, in suo
favore, un appartamento di 50
metriquadri», si legge nelle carte, «dalle parole riferite dallo
stesso Buzzi, gli appartamenti
in realtà si rivelavano due, pur
non essendo chiaro se il secondo appartamento fosse destina-
to a Pedetti.
In altri casi, invece, si parla di
«appartamenti» al posto di
mazzette di rilevante consistenza. Insomma, un altro lemma
del linguaggio in codice usato
da Carminati e Buzzi nelle loro
conversazioni con i politici do-
Il manifesto elettorale di Pierpaolo Pedetti
ve i termini più ricorrenti sono
«caffè e cappuccini». Ed è attorno a questo dettaglio che sviluppa la vera domanda. Buzzi
e Carminati su quanti consiglieri comunali potevano contare?
C’è chi dice 15, chi 11. «Io arrivo in consiglio comunale», di-
ce Buzzi «e tutti i consiglieri
vengono da me».Dalle intercettazioni sono emersi contatti
con Fabrizio Panecaldo del Pd,
Giordano Tredicine del Pdl e
Annamaria Cesaretti di Sel, il
partito del vicensindaco Luigi
Nieri.
INDAGATO COLLABORATORE DELL’EX MINISTRO, LEI SMENTISCE
C’è anche l’uomo
della Kyenge
Anche un collaboratore dell’ex ministro Cécile Kyenge risulterebbe
indagato nell’inchiesta
«Mafia capitale». L’uomo - del quale non è stato per ora divulgato il
nominativo - sarebbe
stato contattato dalla
banda capeggiata dall’ex esponente dei Nar
Massimo Carminati e
dall’imprenditore Salvatore Buzzi. La Kyenge ha replicato alla notizia: «Nel corso del mio
mandato non ho avuto
“collaboratori” che figurano attualmente nel
registro degli indagati».
[Fotogramma]
I CONSIGLIERI
Gli investigatori dei carabinieri del Ros (Reparto operativo
speciale) del Lazio, al comando del colonnello Stefano Russo hanno alzato il velo su
aspetti molto particolari riguardo le modalità corruttive.
Stando a quanto emerge dalle
carte dell’inchiesta, Salvatore
Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati e presidente della Cooperativa 29 giugno, in
una intercettazione del marzo
scorso insinua che un costruttore romano «ha regalato due
appartamenti, uno a «Pierpaolo Pedetti (presidente della
Commissione patrimonio del
Comune di Roma Capitale,
già indagato nell’inchiesta sui
parcheggi, ndr) e l’altro «a Nalli (entrambi del Partito democratico, ndr)».
■■■ I «ragazzi del coro» cantano tutti
la stessa musica. Come se si fossero
passatilo spartito. «Mai parlato con Salvatore Buzzi, mai conosciuto Massimo
Carminati». L’unica variazione sul tema riguarda la nota finale: «Pronto a
querelare». Già, perché tutti ora temono l’effetto ventilatore e quando le pale
si mettono in moto meglio prevenire
che curare. «Si esaltano notizie di carte
che non hanno per la Procura rilievo
nell’indagine», afferma l’eurodeputato
Goffredo Bettini, «è il modo per salvare
i corrotti e sporcare chi ha fatto della
correttezza una ragione di vita». «Querelo chi dovesse affermare che ho compiuto pressioni o ingerenze per favorire la cooperativa 29 Giugno. Non so neanche cosa sia quell’appalto», chiosa
l’ex guru del cosiddetto «modello Roma», quello che ha partorito le giunte
Rutelli, Veltroni e Marino.
E siccome il ventilatore sembra essersi orientato essenzialmente sul Pd,
chiviene sfiorato reagisce. «No, mai conosciuto Buzzi e Carminati», dice Davide Sassoli, altro europarlamentare.
Dall’informativa del Ros risulta che tra
i candidati «preferiti» dai due malavitosici fosse anche l’ex conduttore televisivo. «Ma è come dire che uno tifa per la
Fiorentina, o per la Roma o per la Lazio. Quello che sta venendo fuori è che
chi aveva attività tangentiste o interesse negli appalti stava dentro quel sistema». Ecco, è proprio questo il punto:
Buzzi e Carminati stavano dentro al si-
Il socio di Buzzi: 5000 euro per la cena di Renzi
Da Bettini a Veltroni e Orfini
Schizzi di fango sul gotha dei dem
FIGURE STORICHE
Qui a sinistra, dall’alto in basso:
Goffredo Bettini, 62 anni, attuale
eurodeputato pd; Walter Veltroni,
59 anni, segretario del Pd dal 2007
al 2009; Matteo Orfini, 40 anni,
deputato e presidente del Pd [Ansa]
stema. «Il Pd sta cercando di affrontare
un problema che ha avuto a Roma. Per
quanto riguarda il nostro partito saremo durissimi, cercheremo di vedere
quali sono i circoli finti, e se ci sono
iscritti falsi», spiega il presidente del Pd
e commissario di Roma, Matteo Orfini,
«riusciremo a troncare la cancrena correntizia che ha ridotto così il partito».
Ecco,se lo stesso commissario ammette che il problema è «dentro» al Pd significa che non è il ventilatore che sbaglia, ma coloro che negano l’evidenza.
E avrà pure ragione Walter Veltroni
quando si «autoassolve», però il «caso»
resta eccome. Luca Odevaine, membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al
Viminale ed ex vicecapo gabinetto del
sindaco Veltroni, arrestato per corruzione aggravata, è stato il suo più stretto collaboratore in Campidoglio. Lo
stesso personaggio si era mosso per un
appalto nella sanità da un miliardo di
euro da ottenere dalla Regione. Era il
superaffare a cui aspirava il gruppo di
Carminati, che attraverso Odevaine intendeva avvicinare Maurizio Venafro,
capo di gabinetto del governatore Pd
Nicola Zingaretti. Interessando anche
Bettini, eurodeputato dem. «In qualità
di capo di Gabinetto della Regione,
non mi occupo di gare e quindi non
vedo perché dovrei essere avvicinato»,
afferma Venafro, «e infatti nessuno l’ha
fatto, né tantomeno Bettini, persona
onesta,integerrima e di specchiata moralità». Ancor più netto Zingaretti. «È
dura perché il quadro che emerge è
davvero allarmante, ma non ci mettiamo paura», dice il governatore. «Non
sappiamo se quello che emerge dipinge dei tangentari all’amatriciana o dei
mafiosi», afferma Matteo Renzi, «lo dirà la magistratura ma noi non lasceremo la capitale in mano ai ladri».
Intanto, ieri a Piazza Pulita nuove
rivelazioni sulla cena di finanziamento
delpremier. Stando alle parole di Claudio Bolla, il socio di Buzzi alla coop 29
giugno, non indagato, sarebbero stati
diversi i membri della cooperativa seduti al tavolo del palazzo dei Congressi
dell’Eur per Renzi,non solo ilboss Buzzi. Cifra versata in quell’occasione al
Pd del premier: 5mila euro. E sempre
Bolla ha detto:Buzzi e Alemanno sierano conosciuti in carcere anni fa.
EN.PAO.
PRIMO PIANO
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SALUTO IMBARAZZANTE L’onorevole saluta
l’indagato con un confidenziale «bacio grande capo».
Lei replica: saluto così milioni di persone
romanzo criminale
Campana stonata: le bugie sugli sms
La responsabile Welfare del Pd aveva detto di non aver presentato l’interrogazione parlamentare chiesta da Buzzi
Ma le carte dei pm riportano un messaggino del suo assistente che la smentisce: è stato l’ufficio della Camera a rigettarla
::: MARCO GORRA
::: LA SCHEDA
■■■ La Campana suona per
il Partito democratico. E non
è proprio bella musica. Il caso
della renzianissima deputata
(è responsabile Welfare e Terzo settore nella segreteria del
partito) Campana Micaela
ha tutte le carte in regola per
rappresentare per il nuovo
Pd, quello fatto ad immagine
e somiglianza del segretariopremier, un grattacapo mica
da niente.
La giovane parlamentare
era inizialmente finita nel calderone dell’inchiesta sulla
mafia a Roma in virtù di un
sms inviato al dominus della
cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi con scritto «bacio
grande capo». Da cui la ridda
di ipotesi e maldicenze circa
la familiarità della Campana
stessa col ras degli appalti e la
strenua difesa della parlamentare: «È un saluto che
uso abitualmente».
Fosse solo una questione
di messaggini e di etichetta
da usare nei medesimi, il problema in effetti quasi non si
porrebbe. Il guaio è che dietro l’sms c’è una storia da cui
la posizione della Campana
rischia di uscire messa tutt’al-
IL MESSAGGINO
Polemiche ha provocato un
sms, riportato nelle carte dell’inchiesta romana, inviato da
Micaela Campana, deputata
del Pd e componente nazionale del partito, a Salvatore Buzzi, fondatore della cooperativa
“29 giugno” e accusato dalla
Procura capitolina di essere, insieme con Angelo Carminati,
ai vertici del sodalizio criminale che avrebbe monopolizzato
affari e concessioni pubbliche
a Roma. Il messaggino della
Campana si concludeva con
un saluto - «Bacio grande capo» - che può lasciar supporre
una certa confidenza fra i due.
La Campana ha negato, replicando che si tratta di un saluto
da lei usato abitualmente.
Micaela Campana, onorevole del Pd: 37 anni, è alla sua prima legislatura parlamentare [Ansa]
tro che bene: la storia dell’interrogazione parlamentare pilotata per Buzzi.
A mettere in fila i dettagli
della vicenda ha provveduto
Luca Sofri, direttore del Post.
I fatti: Buzzi ha bisogno di fare pressione su una giudice
del Tar che dovrà decidere in
merito ad un ricorso contro
un appalto assegnato ad una
delle “sue” cooperative. Tra i
vari fronti su cui l’uomo si attiva c’è quello del Pd cui - nella
persona dell’onorevole Campana - si chiede di presentare
un’interrogazione parlamentare in merito. Gli sforzi di
Buzzi vanno a buon fine? La
Campana giura di no: prima
scrive su Facebook che «l’sms in questione, se letto nella sua interezza, e non nel solo stralcio maliziosamente riportato dai media, dimostra
che non avrei mai presentato
l’interrogazione richiesta dal
Buzzi» e poi, intervistata da
Repubblica, assicura di non
averla presentata «perché
L’INTERROGAZIONE
In realtà più importante risulta
essere l’oggetto dell’sms in
questione. Buzzi aveva fatto
pressioni affinché venisse presentata un’interrogazione parlamentare contro un giudice
del Tar che aveva operato contro gli interessi della cooperativa. La Campana ha dichiarato
di non aver presentato l’interrogazione in questione. Ma, a
leggere altri messaggi inviati
dal suo assistente, si evince
che l’interrogazione è stata invece depositata, ma rigettata
dall’ufficio della Camera perché ritenuta non congrua.
non mi convinceva».
Il problema è che le cose
non sembrano stare così. Intanto per via di un altro sms
finito agli atti, quello in cui il
deputato dem Umberto Marroni dice a Buzzi che «ho parlato con Micaela, meniamo»
e riguardo alla stesura del testo assicura che «la sta preparando Micaela». E si arriva al
celebre sms della Campana a
Buzzi, quello da leggere «nella sua interezza». Trascrizione letterale: «Parlato con segretario ministro. Miha buttato giu due righe per evitare il
fatto che mi bloccano l’interrogazione perche non c’e ancora procedimento. Domani
mattina ti chiamo e ti dico.Bacio grande capo». L’indomani a contattare Buzzi è l’assistente della Campana, che
scrive il seguente messaggio:
«Buongiorno Mica (Micaela,
ndr) aveva depositato interrogazione, ma l’ufficio responsabile ce l’ha rigettata perché
non era congrua essendo basata solo su articoli di giornali, ora l’ufficio ce la riscrive affinche non venga rigettata
ma ci vorra qualche giorno».
Un modo ben curioso per
non essere convinti della bontà dell’interrogazione.
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romanzo criminale
NESSUNO ESCLUSO Le associazioni Lgbt milanesi
dispongono di un immobile comunale da 4 milioni.
I musulmani, invece, avranno due nuovi luoghi di culto
Profughi, nomadi e moschee
Cosìa Milano sifanno isoldi
Con Pisapia il Terzo settore ha fatto affari d’oro con l’accoglienza: 1.400 posti letto da riempire, campi
rom da gestire e alloggi da assegnare. E tra poco sarà inaugurato un intero palazzo per gli immigrati
::: MASSIMO COSTA
■■■ All’appello manca an-
cora l’«Immigration center»,
ovvero il palazzo del Comune di Milano in pieno centro
da trasformare nel polo dei
servizi per glistranieri. Ricongiungimenti, corsi di italiano
perstranieri,mostre e laboratori in una sede comunale
da 900 metri quadri. Il fondo
del ministero dell’Interno una dote da 700mila euro denominata «Portale dell’integrazione» - verrà trasformato nei prossimi mesi in un
polo dove trasferire 30 dipendenti comunali.
Nel frattempo, però, il fiume di denaro pubblico che
scorre a Milano per i servizi
dedicati a rom e immigrati
continua a scorrere senza tregua. Esploso lo scandalo romano, l’assessore Pd alle Politiche sociali Pierfrancesco
Majorino ha subito annunciato «verifiche e accertamenti» sugli stanziamenti alle onlus. Le ispezioni sono in
corso, ma a Palazzo Marino
si dicono tranquilli. Il pacchetto di fondi pubblici più
cospicuo viene utilizzato da
circa per accogliere gli immigrati che si qualificano come
profughi: nell’ultimo anno, a
Milano ne sono state accolte
più di 50mila persone, in
gran parte provenienti dalla
Siria. Gli immigrati finiscono
prima nel contestato hub
della stazione Centrale, tra
trolley e pendolari, e poi vengono dirottati nei posti letto
delle associazioni che hanno stretto una convenzione
con Palazzo Marino (la
onlus «Fondazione Arca» e
le realtà legate alla Diocesi
come la Caritas Ambrosiana).
Il rimborso quotidiano garantito dallo Stato è di 30 euro, il picco dei letti messi a
disposizione dal Comune arriva a quota 1.400 (in questi
giorni ne vengono occupati
circa 600). Il conto finale per
le casse del governo è salatissimo: oltre un milione di euro al mese nei momenti di
massima affluenza, soldi
che vengono girati dalla prefettura alle associazioni del
Terzo settore. Poi c’è il capitolo dei campi rom: la giunta
Pisapia ha costruito l’anno
scorso un nuovo villaggio di
container in via Lombroso
(periferia Est della città) per
ospitare fino a 150 persone.
Il costo? Circa 600mila euro
per i primi diciotto mesi di
apertura tra noleggio dei prefabbricati e gestione della
struttura. I soldi fanno parte
dei 5,7 milioni di euro del
vecchio «piano Maroni» per
l’emergenza rom, un pacchetto di risorse non utilizzato dalla giunta Moratti e utilizzato adesso per alcuni progetti di integrazione. Dalle
venti villette trilocali del campo di Muggiano agli appartamenti da reperire attraverso
le onlus del Terzo settore e
da girare alle famiglie nomadi in uscita dai campi. Non
mancano, oviamente, nemmeno i fondi per la gestione
degliinsediamentiautorizzati del Comune: tra il 2012 e il
2013 gli interventi di sostegno delle famiglie nomadi,
dati in appalto a associazioni
onlus e cooperative, Palazzo
Marino ha speso 626mila euro. «La Moratti aveva speso
più di noi, 2 milioni in 5 anni» ripete spesso Majorino.
Era l’era degli sgomberi, della faticosa chiusura della maxifavela di Triboniano e dei
fondi dati ai rom per tornare
in Romania (fino a 15mila
euro a famiglia). Anche il
centrodestra, con l’ex assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli, aveva fatto ricorso al Terzo settore per gestire l’emergenza rom. Riccardo De Corato, ex vicesindaco Fdi con Albertini e Moratti, sostiene che le iniziative si siano moltiplicate con
l’avvento della giunta Pisapia: «Noi i fondi del prefetto
per i rom li utilizzavamo in
gran parte per sgomberi e
censimenti delle famiglie.
Ora si costruiscono nuovi
campi e si cercano case del
privato sociale da assegnare
ai rom. Senza contare glispazi dati alle associazioni amiche della sinistra».
Le associazioni Lgbt, care
alla maggioranza, hanno a
disposizione spazi per incontri e conferenze all’interno
della «Casa dei Diritti», ricavata all’interno di un lussuoso palazzo di via De Amicis a
due passi dalla Basilica di
Sant’Ambrogio. Un palazzo
comunale, del valore potenziale di quasi 4 milioni di euro, destinato alla «lotta contro le discriminazioni».
Tempo qualche mese e anche gli islamici non verranno discriminati: nei prossimi
giorni verranno infatti messi
a gara tre spazi del Comune
di Milano per le «religioni
non cristiane». I musulmani,
secondo quanto deciso dalla
giunta Pisapia, potranno
agiudicarsi fino a due terreni
per costruirci i nuovi luoghi
di culto per i fedelidi Allah.
L’affitto? Sarà scontato al
70% perché inserito nella categoria «concessione ai fini
sociali e culturali».
Scivolone arancione
Il ras delle onlus governava Napoli
Il Comune doveva 60 milioni al maxiconsorzio Gesco. E De Magistris cosa fa? Nomina in giunta il capo D’Angelo
::: PEPPE RINALDI
■■■ Non tutte le Cooperative portano a
Roma.Anzi. Sostituisci “caciara” con “ammuina”, estremisti di destra con antichi e
nuovi militanti di sinistra, pezzi di suburba ripulita e ripulenda con plebi di taglio
secolare, il Campidoglio con Palazzo
S.Giacomo, l’umanità dolente della cooperazione sociale, Ignazio Marino con
Giggino De Magistris, il procuratore capo
del più strategico ufficio giudiziario con
l’omologo della più estesa procura d’Italia, ed ecco che - almeno teoricamente puoi sovrapporre l’inchiesta di Roma al
manto geopolitico partenopeo. Sempre
che le ipotesi romane resistano all’usura
del timing processuale e mediatico. Da
quando alla guida di Napoli c’è l’ex pm di
Why Not, il sistema delle Coop gravitanti
attorno alla cassa del Palazzo ha fatto un
salto di qualità. Entrandoci con due piedi
per volta.
Anche a Napoli il servizio agli “ultimi”
è business milionario: ras delle Coop sociali che governano bei soldini e bellissimi voti, rendite di posizione acquisite in
anni di cortei per disoccupati organizzati,
disperati veri accuditi a volte seriamente
ma a volte no, ex detenuti o freschi di carcere recuperati o meno, disabili, ex tossicomani da salvare, rom impossibili da gestire, ragazze madri e immigrati, tanti, il
piatto oggi prediletto, molti ospitati in alberghi che vantano crediti da troppi anni.
Un circuito che chiama soldi su soldi: insomma, non c’è novità, il quadro è comune alle città italiane, è la parte meno succosa della mela mafiosa, quella - per così
dire - lasciata al libero mercato di
un’umanità differente, mezzo generone
italiano e mezzo malaffare da strada con
alcuni zeri sul conto corrente. Ovvio che,
a volerli cercare, di reati in questo mondo
ne trovi sempre:succede in quello normale, figurarsi qui, dove migliaia di persone
vivono di diretta elargizione pubblica che
qualcun altro medierà per te. Galline ed
uova d’oro, un mondo storicamente pendente a sinistra. La differenza è che qui il
sistema è entrato direttamente nelle stanze del potere, scatenando un gigantesco
conflitto di interessi, prima sterilizzato dallo stesso sindaco, poi di nuovo rimesso in
circolo. Parlare di Coop e Terzo settore a
Napoli significa parlare del “Gesco”, maxi
consorzio di Coop sociali, nato e pasciuto
negli anni del centrosinistra del duo Bassolino&Iervolino, finanziato all’origine
VOCE FUORI DAL CORO
Turrini, Coop Adriatica:
«Su Buzzinon sivigilò»
«Bisogna fare autocritica. Se la
procura è arrivata prima di noi,
che abbiamo il dovere di vigilare,
significa che c’è una sconfitta di
cui tutti devono prendere atto».
Adriano Turrini, alla guida di Coop Adriatica, una vera potenza
nel settore alimentare e dei beni
di consumo, sul QN rompe il muro di silenzio e prende di petto il
caso di Salvatore Buzzi, che ha
gettato fango sull’intero mondo
della cooperazione rossa. Il capo
della Coop 29 giugno, al centro
dello scandalo di Mafia capitale, è
arrivato fino al Consiglio di gestione del Consorzio Nazionale dei
Servizi. E per Turrini «è vero, non
doveva arrivare a quel livello. Dovevamo arrivare noi prima dei
magistrati e impedirlo». Per l’uomo forte di Coop Adriatica «se vogliamo essere diversi, dobbiamo
essere intransigenti».
anche da Sviluppo Italia (poi uscita dal
capitale) il cui capo è il battagliero Sergio
D’Angelo.
Come un Alemanno qualsiasi, pure
Giggino s’è trovato dinanzi un leader locale, conosciuto e apprezzato on the road, a
capo di una teoria di Coop che vantava
(e,in parte, vanta) un credito da far tremare i polsi: 60milioni di euro per servizi non
remunerati, una cifra blu. De Magistris
quindi s’illumina e lo fa assessore al Welfare, affidando la responsabilità di enormi somme di danaro ad un soggetto creditore di analoghi importi. Ma nessuno
ha avuto da ridire, la geografia a volte conta e i conflitti di interesse sono variabili
giornalistiche.
L’ex pm candida poi D’Angelo nella lista disastro di Ingroia al Senato, va come
va e il re delle coop resta fuori, De Magistris s’è liberato di una rogna, di uno che,
di suo, muove voti e persone. Invece è il
contrario, perché la resistenza anti-arancioni degli scorsi mesi sarà ispirata proprio da D’Angelo e le rappresaglie si faranno fisiologia diuturna. Finché ritornerà la
pace, tanto che -pare- in giunta dovrebbe
entrare un uomo proprio di D’Angelo,
questione di giorni. Artefice -il patron Gesco- anche dell’operazione di avvicinamento di Sel alla corte di Giggino, si parla
di una lista alle Regionali in fase di ultimazione. Il tutto mentre certe carte in procura continuerebbero a camminare. Si tratta di un’indagine sul doppio mercato delle case popolari, tra camorra e anti-camorra, in cui gli stessi fedelissimi di D’Angelo lo tirerebbero dentro in faccende ancora alvaglio.Sitratta, ovviamente,di verificare tutto e non sembra che l’uomo delle Coop sia indagato, le millanterie sono
una costante in certi contesti. Ora, togli
un Buzzi e mettici un D’Angelo: e da Napoli in un attimo sei a Roma. Dipende dal
punto in cui guardi. E da cosa vuoi vederci.
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romanzo criminale
REGOLE DISTORTE Lo statuto delle onlus obbliga
a reinvestire gli utili o ad accantonarli: invece, come
ha fatto la 29 giugno, spesso vengono girati ai candidati
Perché il sistema Coop-Pd è marcio
«Mafia capitale» svela un malcostume diffuso in tutta Italia: le associazioni, invece di fare il bene dei membri,
finanziano le campagne elettorali dei Dem. Renzi conosce bene questo conflitto di interessi, ma non lo rottama
::: segue dalla prima
FRANCO BECHIS
IMPRESE ROSSE
In grande il ministro
del Lavoro Poletti
quando guidava
Legacoop. A sinistra
il sindaco di Milano
Pisapia [LaP, Ftg]
(...) di Salvatore Buzzi (la 29 giugno e
il consorzio Eriches 29), il capo del
business di Mafia Capitale secondo
le indagini della procura di Roma,
hanno versato al partito di Matteo
Renzi e ai suoi principali esponenti
nella capitale più di 100 mila euro.
Nell’anno e mezzo le due cooperative hanno ricevuto assai più di quella
somma dalla giunta capitolina grazie
alla proroga di vecchi appalti in corso (la gestione delle aree verdi, la raccolta dei rifiuti, la gestione dei campi
rom e dei centri di accoglienza per
rifugiati), all’assegnazione di nuovi
appalti o alla concessione di uno
sconto di quasi 60 mila euro sul prezzo di affitto della sede sociale. Non
stupisce: è chiaro che quando si finanzia qualcuno, c’è almeno la speranza di avere qualcosa in cambio.
Se le commesse ricevute erano regolari e dovute, non c’è alcun reato. Solo malcostume: dal sindaco Marino
in giù avrebbero dovuto evitare di deliberare appalti e commesse in favore dei loro finanziatori, perché il conflitto di interesse era lampante. Se
quegli appalti erano regolari, il problema però sta proprio in quei finanziamenti. Con ipocrisia chi li ha ricevuti - iniziando proprio dal sindaco
di Roma che ha infilato una mezza
bugia dietro l’altra in questa vicenda-
siè trincerato dietro al fatto che si trattava di «contributi regolarmente denunciati». Vero: non erano soldi in
nero. Però quelli erano soldi che arrivavano da cooperative sociali, che
non sono imprese come tutte le altre.
Sono composte da soci speciali (in
questo caso ex detenuti in cerca di
un modo di tornare in società e lavorare), perfino da soci volontari che
non vengono pagati per la loro attività. Hanno vantaggi fiscali e legislativi
notevoli, come tutte le Cooperative
italiane e quelle di carattere sociale
ne hanno più di altre. In cambio hanno degli obblighi, ad iniziare dalle regole per la distribuzione degli utili.
Debbono versare il 30% dei propri
guadagni a riserva legale. Poi il 3% a
fondi mutualistici. Il restante 67%
può essere parzialmente distribuito
ai socicooperatori sotto forma didividendo, parzialmente deve essere accantonato a riserva statutaria, in alcuni casi può essere utilizzato per l’acquisto di azioni proprie. Non c’è spazio per un finanziamento a un partito politico o a un singolo candidato
alle elezioni. Quei 30 mila euro non
potevano finire a Marino, e gli altri
soldi non potevano andare nelle casse del Pd o a finanziare la campagna
elettorale dei suoi candidati.
Al di là delle regole, i percettori
avrebbero dovuto rifiutare quei soldi:
ogni euro intascato da Marino & c veniva infatti sottratto ai poveri ex dete-
nuti. C’è anche una aggravante:al momento diquei finanziamenti la Cooperativa che elargiva queste somme ai
vari capataz del Pd sosteneva di stare
in bruttissime acque. Il sindaco di Roma lo sapeva benissimo. Tanto è che
il 29 aprile del 2013 disse: «La cooperativa 29 giugno, che si occupa di dare
una mano alle persone più deboli, ha
denunciato con severità i tagli subiti
dalla giunta Alemanno. Si trova in
grande difficoltà e, mettendosi d’accordo con le banche, emetterà delle
obbligazioni per potere finanziare la
propria attività». In un sussulto di generosità tipico dei comizi durante la
campagna elettorale, Marino promise: «Il primo stipendio da sindaco,
quello di giugno 2013, lo investirò tutot in obbligazioni della cooperativa
29 giugno». Come andò a finire è storia: Marino il suo primo stipendio da
sindaco se l’è messo in tasca. E ha portato via a quella Coop 10 mila euro direttamente e altri 20 mila dal Consorzio Eriches 29 controllato dalla 29 giugno, per pagarsi le spese della campagna elettorale. Il minimo che oggi si
dovrebbe fare è restituire i 30 mila euro (Marino) e gli altri fondi percepiti
(Pd di Renzi e candidati) agli ex detenuti che rischiano di finire per strada
dopo l’inchiesta giudiziaria.
Questo intreccio perverso CoopPd ha risvolti drammatici nel caso romano, ma esiste in tutta Italia. Per la
loro natura mutualistica alle Coope-
rative non dovrebbe essere permesso finanziare né partiti politici né singoli candidati. Hanno vantaggi normativi e fiscali che le distinguono da
qualsiasi altro tipo di società. Finchè
le regole concedono loro dei vantaggi, non si può sottrarre a vantaggio
dell’interesse politico personale di
qualche leader o forza le risorse che
dovrebbero andare a riserva legale
quando non distribuite fra i reali soci
cooperatori. Non è un mistero che
sia il Pd anche finanziariamente ad
avere goduto i vantaggi economici di
questa antica distorsione del mercato e delle regole. Sono state le Coop
anche negli ultimi dieci anni il principale finanziatore del partito oggi guidato da Matteo Renzi sia a livello nazionale che a livello locale. Questo è
stato e resta il conflitto di interessi più
solido all’interno della sinistra italiana, su cui non c’è mai stato alcun tipo di svolta. Il coraggioso Renzi ha
rottamato molto a sinistra, ma si è
ben guardato dal toccare il cordone
ombelicale del Pd con le Coop. Non
ha cambiato nulla, mostrando come
quel coraggio fosse soprattutto spot e
leggenda. Ci si attendeva la rottamazione, ed è accaduto invece che Renzi prendesse il capo delle Cooperative rosse, Giuliano Poletti, dandogli
uno dei ministeri chiave del suo esecutivo.Il suggello di una storia comunista da cui in realtà il premier non
vuole staccare.
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__Martedì 9 dicembre 2014__
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romanzo criminale
DUBBI «Il protagonista della registrazione è Odevaine,
l’ex braccio destro di Veltroni che io ho allontanato. Un
personaggio non certo ben disposto nei miei confronti»
LA PROCURA
«L’ex sindaco
non ha portato
soldi all’estero»
::: TOMMASO MONTESANO
■■■ «Quante volte lo devo ripetere?». Gianni Alemanno è
un uomo sotto assedio.Non bastava l’accusa di associazione a
delinquere di stampo mafioso
nell’inchiesta Mafia Capitale.
Adesso dall’intercettazione di
un colloquio tra Luca Odevaine, ex braccio destro di Walter
Veltroni, Mario Schina (ex responsabile del decoro urbano
di Roma) e l’imprenditore Sandro Coltellacci, saltano fuori anche quattro presunti viaggi in
Argentina «con le valige piene
de’soldi». L’ex sindaco di Roma, che nega contatti con colui
che è ritenuto il capo della Cupola, Massimo Carminati
(«mai conosciuto»), ribatte: «In
Argentina recentemente ci sono stato una sola volta».
Per fare cosa?
«Per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia».
In che anno?
«Era il Capodanno 2011-2012.
Cisono andato con la mia famiglia e con una comitiva di amici,tra cuic’era anche un giornalista, il direttore della Notizia
Gaetano Pedullà, che ha confermato che in quel viaggio
non ci furono contatti strani.
Del resto eravamo in mezzo ai
ghiacciai».
Prima ha detto «recentemente». Quindi è stato in Argentina altre volte?
«Ci sono stato un’altra sola volta, vent’anni fa».
Quanto durò il viaggio più
recente?
«Pochi giorni e sempre in Patagonia. Ricordo che dovetti tornare a Roma per un’emergenza comunale».
Nella conversazione captata dai carabinieri del Ros,
Odevaine fa riferimento ad
un furto nella sua casa.
«Un furto che io ho denunciato: è venuta a casa mia la Polizia a fare accertamenti e rilievi.
Non capisco come possa uscire fuori questa cosa della mia
mancata denuncia».
Cosa le rubarono?
«Nessuna carta. I ladri andarono diretti sul mio comodino e
L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno [Ansa]
«A Romahofattounsoloerrore
Noncacciaretuttiicompagni»
Alemanno: «Viaggi per trasportare denaro in Argentina? Falso, ci andai soltanto una volta
a Capodanno del 2012 per vedere la Patagonia. Buzzi? È cresciuto con le giunte di sinistra»
::: LA SCHEDA
L’ACCUSA
Fra le carte dell’inchiesta «Mafia Capitale» compare anche
l’intercettazione di una conversazione tra alcuni indagati, in
particolare Luca Odevaine,
Mario Schina e Sandro Coltellacci, in cui si afferma che l’ex
sindaco di Roma Gianni Alemanno avrebbe compiuto
quattro viaggi in Argentina
con valigie piene di soldi, passando la frontiera attraverso
«varchi riservati»
LA SMENTITA
«Non c’è un riscontro di trasferimenti di soldi da parte di
Gianni Alemanno all’estero».
La smentita è arrivata ieri da
ambienti giudiziari romani, dopo alcune indiscrezioni pubblicate dal «Corriere della Sera»
su quello di mia moglie, portarono via orologi e gioielli».
Per la procura non c’è riscontro di «trasferimenti» di
denaro all’estero da parte
sua. Cos’altro le hanno detto
gli inquirenti?
«Nient’altro. Questo fatto non
fa parte neanche dell’avviso di
garanzia che ho ricevuto. Nelle
migliaia di pagine dell’ordinanza, ce ne saranno tante di intercettazioni con millanterie su di
me e la mia famiglia».
E questa sui soldi in Argentina è una delle tante?
«Il protagonista dell’intercettazione è Odevaine, l’ex braccio
destro di Veltroni oggi arrestato, che io ho allontanato appena arrivato in Campidoglio. Un
personaggio non certo ben di-
sposto nei miei confronti».
Odevaine tira fuori la storia del denaro in Argentina
per vendicarsi?
«Odevaine aveva due incarichi: vice capo di gabinetto di
Veltronie,su proposta dell’allora sindaco, anche dirigente
esterno del Campidoglio. La
prima nomina era decaduta
con l’addio di Veltroni; la seconda rimaneva. Ma io dopo
qualche giorno lo allontanai.
Stiamo anche parlando di una
persona che modificò il suo cognome per cancellare il suo
passato da pregiudicato. Come può un personaggio simile
essere attendibile?».
E lei? Dopo l’accusa della
procura di Roma ad alcuni
uomini del suo staff di essere
Le carte dell’inchiesta
Carminati vantava conoscenze perfino al Quirinale
::: RITA CAVALLARO
■■■ Mafia Capitale voleva allunga-
re i tentacoli anche al Colle. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta
che ha portato in carcere l’ex Nar
Massimo Carminati e il suo clan. A
far riferimento a un incontro con
una persona al Quirinale è l’uomo
delle coop rosse Salvatore Buzzi,
braccio imprenditoriale del cecato.
Il suo consorzio Eriches 29, nel
2013, si era aggiudicato l’appalto
per la gestione del Cara di Castelnuovo di Porto. La Prefettura di Roma,però, voleva integrazioni al progetto e giustificativi dettagliati dei costi. Il Nero e i suoi uomini temevano di perdere l’affare. E la mattina
del 19 settembre il ras delle coop
chiama Carminati, per informarlo
«che sabato avrebbe incontrato
una persona al Quirinale in relazione all'audizione in Prefettura sul Cara», si legge. Il clan ha bisogno di
una pedina forte, perché Buzzi è
convinto che la cooperativa Auxilium, una concorrente, «abbia l’appoggio del vice ministro dell’Interno Bubbico» per una comune origine lucana. Al Nero la questione non
va giù: «Noi siamo diventati onesti e
gli altri so' diventati disonesti». Nonostante Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto di Veltroni e membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al Viminale, sia riuscito a riferire al
gruppo informazioni riservate dalla
Prefettura, alla fine, dopo l’intervento del Tar del Lazio nel 2014, il clan
perde l’affare. Erano molteplici, comunque, i contatti del cecato & Co
con le istituzioni di primissimo piano. È sempre Odevaine, l’11 settembre di quell’anno, a chiamare Tiziano Zuccolo, camerlengo dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, per chiedergli «novità dal Vicariato» per un intervento sollecitato «in favore di
una società riconducibile al gruppo
Pulcini». Zuccolo risponde di aver
«deciso di fare un passaggio alto,
ma proprio alto». Insomma, Mafia
Capitale è il filo nero che collega colletti bianchi, amministratori pubblici e famiglie criminali che si dividono la città. Emblematiche le intercettazioni per gli affari al campo
rom di Castel Romano, la cui “vigi-
«membri dell’organizzazione mafiosa» non ha niente
da rimproverarsi?
«Due cose non rifarei».
E quali?
«La prima: trascurare la composizione della squadra. Dovevo concentrare tutta la mia attenzione sulla scelta dei collaboratori».
E il secondo errore?
«Non aver agito in totale
discontinuità con il passato.
Salvatore Buzzi, il patron della
Cooperativa 29 Giugno, io l’ho
trovato ed è cresciuto sotto le
amministrazioni di sinistra».
Perché non l’ha allontanato?
«Non volevo fare la figura del
sindaco di destra che caccia tutti quelli di sinistra».
ROMA «Non c’è un riscontro di trasferimenti di soldi da parte di Gianni Alemanno all’estero». La procura di Roma chiarisce la
portata di quanto emerso
dalle intercettazioni disposte dai carabinieri del
Ros. Su quelle affermazioni di Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto di
Walter Veltroni, a proposito di «quattro viaggi» dell’ex sindaco in Argentina,
«con le valigie piene de’soldi», gli inquirenti non
hanno trovato conferme.
Le affermazioni di Odevaine, captate il 31 gennaio
scorso, sono state passate
al vaglio, ma l’esito è stato
negativo. Nel senso che le
verifiche hanno individuato il viaggio di Alemanno
in Argentina, confermato
anche dal diretto interessato, ma non il transito
del denaro.
Un nuovo filone d’indagine, invece, potrebbe riguardare l’ex capogruppo
alla Regione Lazio di FI,
Luca Gramazio, già indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni,
l’esponente di Fi - al telefono con Simone Foglio,
consigliere municipale avrebbe assicurato il suo
intervento per le Regionali: «Finite le operazioni di
voto, le urne vanno in alcune sedi dove vengono
contate. Non si tratta della classica operazione di
controllo delle schede,
quello c’abbiamo ancora
tempo per fare gli inserimenti. Ce provo, se stiamo in tempo la metto». Secondo i Carabinieri, è evidente il tentativo di influire, alterando le schede regionali, «sul risultato elettorale».
T.M.
I MEDIATORI
Sopra, il dirigente del Comune di
Roma, Angelo Scozzafava; sotto,
Luciano Casamonica [Ansa]
lanza”, per evitare sommosse tra gli
abitanti,viene affidata a Luciano Casamonica, il boss del clan degli zingari, per 20mila euro al mese. «Ma
come mediatore t’eri portato sempre Massimo (Carminati, ndr), domanda Angelo Scozzafava, ex direttore del dipartimento Servizi sociali
del Campidoglio sotto Alemanno, a
Buzzi. «No, m’ero portato Casamonica Luciano», risponde. «Ah, va be,
Lucianino è un grande mediatore»,
dice Scozzafava.Intanto oggi riprendono gli interrogatori degli arrestati
ai domiciliari e nei prossimi giorni
scatteranno nuove manette. Ora i
Palazzi tremano.