9 771591 042007 41209 Martedì 9 dicembre 2014 ANNO XLIX NUMERO 291 EURO 1,40* E Renzi lo copre Marino come Scajola L’ex ministro si dimise per la casa a sua insaputa. Il sindaco a sua insaputa si è invece fatto finanziare la campagna elettorale dal boss di Mafia capitale con cui brigavano uomini della sua giunta e a cui ha concesso favori. Perché il premier lo difende? VIENI A TROVARCI ANCHE SUL SITO di MAURIZIO BELPIETRO Bisogna dar atto a Matteo Renzi della rapidità con cui è intervenuto sul Pd romano. Appena saputo del coinvolgimento di alcuni esponenti del suo partito nello scandalo di Mafia Capitale, il presidente del Consiglio non ha esitato un istante a commissariare la federazione della città, nominando ai vertici del Pd capitolino il presidente del partito Matteo Orfini. Una scelta coraggiosa e un’assunzione di responsabilità che certo in politica non sono abituali, dato che quasi sempre, a sinistra come a destra, prevale la logica di appartenenza e dunque il riflesso condizionato di difesa dei propri esponenti, qualunque siano le accuse loro rivolte e qualunque siano le prove a loro carico. Ciò detto, riconosciute la rapidità e la determinazione con cui il premier si è mosso a proposito del suo partito, altrettanto non possiamo dire riguardo all’amministrazione della Capitale. Se da un lato è emerso il coinvolgimento di alcuni uomini di primo piano del Pd, tanto da giustificare il commissariamento degli organismi locali del partito, altrettanto è accaduto a esponenti della giunta Marino. Un assessore, un funzionario assai vicino al sindaco. (...) La Ue vuole una manovra, l’Ocse interventi sulle pensioni Regalo di Natale all’Italia: una stangata La Campana stonata: balle della renziana sui rapporti con Buzzi di SANDRO IACOMETTI a pagina 18 di MARCO GORRA a pagina 5 Intervista a Alemanno «Il mio solo errore: non cacciare i rossi» di T. MONTESANO a pagina 8 presenta esenta segue a pagina 3 Il marcio sta nelle Coop: un sistema da cambiare di FRANCO BECHIS Trentamila euro al sindaco di Roma, Ignazio Marino. Ventimila euro al suo Assessore alla Casa, Daniele Ozzimo. Circa ventimila euro ai candidati del Pd alla presidenza dei municipi di Roma alle ultime elezioni amministrative. Diecimila euro al Pd comitato cittadino di Roma. Diecimila euro a Domenico De Vincenzi,candidato sindaco del Pd a Guidonia,comune della cintura romana. E soldi anche al vicesindaco della giunta Marino, Luigi Nieri, che milita nel partito di Nichi Vendola (Sel). Solo nell’ultimo anno le due coop sociali (...) Da Oggi in edicola al prezzo di € 4,60 Ma petrolio e Expo possono dare le ali al nostro Pil di GIULIANO ZULIN E se l’Italia crescesse a fine 2015 del1,5-2%? Le stime del governo ipotizzano un +0,6%, Fmi e Commissione Ue sono ancora più pessimiste. Ma possiamo fidarci delle previsioni (...) segue a pagina 18 segue a pagina 7 Più il prezzo del quotidiano Quel tabù che la nostra cultura non riesce a concepire Finita la fuga della madre di Loris Ha ucciso il figlio o copre l’assassino? Veronica Panarello sotto torchio in Procura normalità fatta di addobbi nadi OTTAVIO CAPPELLANI Il reportage talizi, di alberi decorati, di carNel giorno dell’Immacolata, l’archetipo positivo della Madre per eccellenza,in un pomeriggio di festa inondato di luminarie, per le strade di un paese che tenta di aggrapparsi a una Ma la gestione del teatro è superba Lettera aperta al nipote di Agnelli Scala, il pagellone della prima Zero in regia, 5 in mondanità Caro Lapo, le dritte per evitare di farti ricattare ogni settimana di FILIPPO FACCI AVEVA 60 ANNI Allora: sul palco reale c'erano un magistrato e un avvocato, in platea dominava la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, sul palcoscenico c'era un'opera tedesca con una cantante travestita da uomo che ha baciato una donna, nel golfo mistico un'orchestra (...) segue a pagina 27 Mango muore sul palco cantando il suo più grande successo di IANNACCI e LABRANCA a pagina 26 di SELVAGGIA LUCARELLI Caro Lapo, siediti sul primo sgabello hi-tech in fibra di carbonio che trovi e facciamo un discorso, perché tu sei un ragazzo ingenuo e qualcuno deve pur spiegarti come gira il mondo. Lascia stare i moralisti, i soloni de noantri e pure i cazziatoni (...) * Con: "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 4" € 8,00; "PERCORSI CON LE CIASPOLE - VOL. 3" € 8,00. ta rossa e nastri dorati che avvolgono i regali, (...) segue a pagina 15 ALBERTO SAMONÀ a pagina 14 Sulle alture del Golan dove Israele affronta i suoi incubi ::: dall’inviato nel Golan FAUSTO CARIOTI Fa freddo, qualche chilometro più in là le cime sono coperte di neve. Dalla sommità delle alture delGolan, al confine con la Siria, i soldati (...) segue a pagina 13 segue a pagina 17 Prezzo all’estero: CH - Fr 3.30 / MC & F - € 2.20 2 PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale LA DELIBERA La delibera della giunta, firmata dal primo cittadino, dà in concessione la struttura per sei anni a partire da marzo (quindi è retrodatata) Regalo da 60mila euro al boss Marino inguaiato dalsuo vice Nieri, il braccio destro del primo cittadino con delega al patrimonio, conferma lo scoop di «Libero»: a ottobre il Comune fece a Buzzi un maxi-sconto sull’affitto ::: Ilcaso Balle pure sulla bici Per salvare Ignazio arriva lo spin doctor ::: FRANCESCO SPECCHIA ■■■ «Spin doctor» significa «specialista del colpo ad effetto». E, in effetti, fa un effetto terrificante constatare che in tutto ilcasino di nefandezze e delitti della «Mafia Capitale», la principale occupazione del Pd sia, come rivela il Corriere della Sera, in questo momento, quella di trovare alsindaco Ignazio Marino un spin doctor che gli restauri l’immagine. Che è un po’ come se a Hiroshima, allo sgancio della bomba, ci si preoccupasse delle grondaie. «Bisogna rifargli illook, magaria cominciare dalla barba...», sussurrano i consigliori del sindaco, come quando Rockfeller arruolò il pubblicitario Poison Ivy Lee per salvarsi dall’accusa di omicidio plurimo. Ma il problema di Marino non è la barba, è tutto il resto. Il sindaco di Roma ha una predisposizione psicologica, intima, a modificare la realtà. Tutta la realtà circostante per lui è materia plotiniana: un inanellarsi di promesse spezzate e piccole grandi bugie. L’ultima l’altro giorno: dopo aver promesso al prefetto di «non usare più la bici» per non incasinare la scorta, rieccolo, allegro, sulle due ruote pronto a cazzeggiare coi cronisti, «la mia scorta siete voi!». Prima ancora la storia di Buzzi, lo «sconosciuto» che gli pagò in parte la campagna elettorale; e, prima ancora ancora, la vicenda della Panda rossa in endemico divieto di sosta. E prima prima prima ancora la faccenda delle note spese doppie con dimissioni dall’università di Pittsburgh. Menzogne allo stato brado, puttanate elevate a refolo letterario spesso anche inutili. Per qualsiasi visagista d’immagine pubblica l’impresa di ristrutturare la reputazione di Marino, a questo punto, sarebbe eroica. Forse è per questo che, dopo il «no grazie» di Filippo Sensi e di Alessia Rotta, il Pd starebbe sulle tracce di un guru «esterno», tipo David Axelrod, ex di Obama assunto da Monti. Anche se con Monti, però, non andò benissimo... ::: BRUNELLA BOLLOLI ROMA ■■■ L’affitto stracciato a sua insaputa. Se il sindaco Ignazio Marino fatica a ricordare i dettagli dei suoi incontri con Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa “29 giugno” al centro dell’inchiesta sulla mafia capitale, il suo vice, LuigiNieri, ha ben presente i rapporti tra Comune e coop. È lo stesso Nieri, infatti, a confermare ciò che Libero ha rivelato giorni fa e cioè il prezzo di favore dell’immobile dato in locazione dal Campidoglio alla onlus di Buzzi, sodale di Massimo Carminati e ras degli appalti per le emergenze sociali.Marino,che ha dapprima perfino negato diconoscere Buzzi, salvo poi essere sbugiardato da foto e video, tace sul contratto agevolato stipulato tra la sua amministrazione e la coop. Una convenzione a sua insaputa, evidentemente, ma nota al vicesindaco. Ogni volta che si parla di Buzzi e dei suoi affari con il Comune,l’ex luminare deitrapiantisembra cadere delle nuvole e trincerarsi dietro «non so», «non conosco», «la mia giunta è sana», «cacceremo le mele marce», «combatteremo i cattivi». Troppo comodo così. A parte che l’inchiesta su quel«mondo di mezzo» colluso con delinquentoni e avanzi di galera ha lambito anche la sua squadra e ha portato alle dimissioni dell’assessore alla Casa Daniele Ozzimo, ex marito della deputata Pd responsabile di welfare Micaela Campana ora nota alle cronache per via di quell’sms in cui manda «un bacio al grande capo» Buzzi,ma poic’è dell’altro. E cioè, appunto, l’affitto scontato dell’80% per il quartier generale di Buzzi, la sede della holding di coop controllata dall’ex detenuto per omicidio colposo con gli anni diventato più potente di un assessore e forse pure più influente del sindaco stesso. Un «grande capo» non a caso.Dominus indiscusso del mondo delle cooperative con un intreccio di rapportiche andavano da Rifondazione comunista (oggi Sel) alla destra degli ex Nar come Carminati. In breve. Per il complesso immobiliare di via Pomona dove ha sede la “29 giugno”, il Comune di Roma, proprietario della struttura, incassa la cifra irrisoria di poco più di 1.200 euro al mese. Trattasi di area molto vasta, seppure periferica, comprendente 5 locali di mille metri quadrati coperti, nonché 2.456 scoperti, DUE RUOTE E MOLTE BUGIE A destra, Ignazio Marino in bici (non ha ancora smesso). A sinistra la visita alla coop rossa di Buzzi, nell’aprile 2013, e l’articolo di «Libero» di ieri [LaPresse] come recita la delibera 312 del 24 ottobre 2014, di cui Libero per primo ha dato notizia giorni fa. Cosa dice la delibera di giunta capitolina che reca la firma di Marino e Nieri? Che alla cooperativa sociale 29 giugno si dà in concessione per un periodo di sei anni, dal primo marzo 2014 (quindi è re- trodatata) «il compendio immobiliare sito tra via Pomona e via Marica». Il canone annuo è stato stabilito in euro 14.752,80 da versarsi in rate trimestrali anticipate di 3.688,20 l’una. Nella stessa delibera pubblica è anche riportato il valore di mercato dell’immobile in questione,come valutato da una perizia del 2013 del- l’ufficio stime del Dipartimento Patrimonio: circa 74mila euro l’anno, 6.200,00 al mese, ben di più dei 1.200 euro che la giunta Marino ha deciso con la sua delibera di ottobre in ragione delle finalità sociali della “29 giugno”. Insomma, il Comune per Buzzi ha applicato i saldi e sebbene Nieri insista nel dire che prima (con Alemanno) l’amministrazione capitolina non incassava un euro «mentre con noi è stato fissato il prezzo di mercato e calcolato poi lo sconto previsto per tutte le onlus assegnatarie di una concessione pubblica»,resta ildubbio su quanti altri affitti di favore ci siano a Roma a fronte di alloggi e case che, invece, per i comuni mortali, continuano a rappresentare un salasso.E poiMarino che dice di non conoscere Buzziè lo stesso che ha ricevuto dal re delle coop rosse 30mila euro per la sua campagna elettorale? Dov’è l’edificio della «29 giugno» Vicino alla sede della coop il set di Romanzo criminale ::: ROMA ■■■ Dove una volta c’erano le baracche di via Pomona oggi c’è un parco pubblico in passato oggetto di proteste da parte del comitato di quartiere. Troppo degrado, si lamentavano i cittadini, che in risposta all’inerzia del Comune hanno perfino organizzato pulizie spontanee. E dire che a due passi c’è il grande complesso della cooperativa “29 giugno”, la struttura madre del regno di Salvatore Buzzi, il boss degli appalti nel settore delle emergenze sociali: dai profughi ai senza casa, dai richiedenti asilo ai minori, agli ex carcerati in cerca di un modo per tornare a vivere. Il pasticciaccio brutto della mafia capitale rischia di rovinare la vita anche a loro: ai cir- La sede della Cooperativa 29 giugno, affittata a prezzo di favore: 1.229 euro mensili, a fronte di un valore di mercato di 6.147 euro ca mille lavoratori della “29 giugno” che poco o nulla potevano sapere dei traffici con Massimo Carminati e con gli altri personaggi della presunta cupola ora sotto accusa da parte della procura di Roma. Da fuori la cooperativa è una vasta area ai margini di una piccola traversa della più nota via di Pietralata, ma dentro c’è tutto un mondo. Oltre il cancello di ferro verde e il muro di cemento che divide la 29 giugno (il nome arriva dal giorno della nascita,il29 giugno 1985) dalloca- le centro anziani, si organizzano servizivari: dalportierato, all’accoglienza, alla manutenzione delverde pubblico, all’igiene ambientale. Quelliche in apparenza sembrano container, spesso con l’amianto sul tetto, sono in realtà uffici e luoghi dove almeno una volta i politici di centrosinistra si sono recati in campagna elettorale. E, del resto, se non si va a colpo sicuro, è difficile passare dalla coop 29 giugno: relegata in fondo a una stradina della periferia nord-est della Capitale. Una zona, quella di Pie- tralata, con gli anni diventata perfino trendy per via delle fabbriche dismesse riconvertite in discoteca o in locali per la Roma bene. Area di sottobosco, quasi al margine con la campagna, ottima per ambientare dei noir. Il caso vuole che alcune puntate della serie tv Romanzo Criminale, fiction violenta proprio sulla banda della Magliana (cioè gli amici di Carminati) siano state girate in quel quartiere. Ironia della sorte, a pochi metri dagliuffici della coop di Buzzi. B. B. PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ 3 @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale DOPPIA MISURA Matteo è intervenuto rapidamente per sostituire i vertici del partito a Roma. Ma quando sono stati coinvolti assessori e consiglieri non si è mosso Il Viminale: «Valuteremo il da farsi» Democratici in ginocchio da Alfano Slitta la decisione sullo scioglimento ::: ROMA ■■■ Ignazio Marino resiste, spalleggiato dal governo di Matteo Renzi. Al Prefetto di Roma, che continua a considerare tra le ipotesi sul campo quella dello scioglimento delconsiglio comunale della Capitale, hanno mandato segnali un po’ tutti i piddini, a partire dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti: «Sono valutazioni che spettano agli organi preposti, ma questo era l’obiettivo di chi si organizzava contro il suo arrivo in Campidoglio…». Idem David Sassoli: «Lasciando farebbe un regalo alle mafie». Intanto il primo cittadino si è messo altelefono ed ha guadagnato qualche settimana: «È evidente che il prefetto deve fare il suo lavoro; ho parlato con lui e anche con il ministro dell’Interno, Angelino Alfano», ha ammesso ieri il primo cittadino. «Sono felice se ci saranno approfondimenti», ha aggiunto. «Valuteremo il da farsi, ci sarà un giudizio tecnico», gli ha fatto eco il titolare del Viminale, leader Ncd, che segnala come sia emerso un «quadro» di responsabilità che si estende «anche alle due amministrazioni precedenti». Marino e il prefetto Giuseppe Pecoraro dovrebbero incontrarsi nuovamente oggi, ma, a quanto trapela, l’autorità che ha il potere di sciogliere il Comune in presenza di una «intrusione strutturale mafiosa» si prenderà qualche tempo per decidere. L’ex chirurgo, intanto, ha deciso di rifiutare la scorta: «Non mi sento in pericolo». «Non lasceremo la Capitale in mano ai ladri», assicura il premier, «Roma è troppo grande e bella per lasciarla a gentaccia là fuori». Vuole il voto Forza Italia, tanto che il Cavaliere ieri ha sentito al telefono i dirigenti romani e sta valutando di chiedere le dimissioni dei“suoi” consiglieri. «Il sindaco lasci che il nuovo Campidoglio sia eletto con voti non contaminati; il suo fallimento va ben oltre questa vicenda», sottolinea Mara Carfagna, portavoce dei deputati Fi. Maria Rosaria Rossi, senatrice e tesoriera azzurra, trae alcune conclusioni: «Le preferenze evidentemente non risolvono il problema di selezionare una classe dirigente degna», ha scritto in una nota, e, anzi, «preferenze e abolizione del finanziamento pubblico possono facilitare la corruzione». P.E.R. Basta difenderlo: Renzi cacci il sindaco Ignazio non capisce quel che succede attorno a lui. Come può rimanere al suo posto un politico al quale la coop di Mafia capitale ha finanziato la campagna elettorale, ottenendo in cambio un immobile in «regalo»? ::: segue dalla prima MAURIZIO BELPIETRO (...) Non parliamo di responsabilità penali, ma di contatti con un mondo poco trasparente, cui si aggiungono alcuni incontri con il vicesindaco. Perfino il primo cittadino non è risultato estraneo. La sua campagna elettorale (come quella del suo numero due) è stata in gran parte finanziata da quel Salvatore Buzzi che oggi è al centro delle accuse della Procura di Roma. In almeno un paio di occasioni Ignazio Marino ha incontrato il presidente della Coop 29 giugno e nonostante appena scoppiato lo scandalo il sindaco si fosse affrettato a negare di aver mai parlato con l’imprenditore sono state pubblicate delle fotografie che lo ritraggono in compagnia di Salvatore Buzzi (già questa bugia in altri è più civili Paesi sarebbe stata sufficiente a indurre qualsiasi uomo politico alle dimissioni). Oltre a ciò, come ha dimostrato il nostro Franco Bechis, il 24 ottobre scorso, cioè poco più di un mese prima che scattassero gli arresti, il Comune di Roma deliberò - la firma è di Ignazio Marino - di concedere alla cooperativa di Buzzi un immobile di proprietà del municipio ad un canone irrisorio, con uno sconto annuo di circa 60 mila euro. Di fronte a tutto ciò, al palese conflitto d’interessi del sindaco - finanziato da Buzzi e in seguito rivelatosi amministratore generoso nei confronti dello stesso Buzzi, ma con i soldi dei contribuenti - il buon senso avrebbe suggerito rapide dimissioni, ma come già è avvenuto in passato, ad esempio con la faccenda delle multe, «IL MAGLIONE ROSSO? È LA VICINANZA CON ORFINI...» Ma il premier blinda l’allegro chirurgo «Non lasciamo Roma in mano ai ladri» Sindaco Marino blindato: «Non lasceremo Roma in mano ai ladri, Roma è troppo grande e bella per lasciarla in quelle mani», ha detto ieri Matteo Renzi, parlando a “Factory 365”, la convention dei giovani del Pd. Il premier si è presentato con un maglioncino rosso sopra la classica camicia bianca. Ha spiegato anche il perché dell’insolito colore, chiamando in cau- sa il presidente del partito, da lui nominato commissario del Pd romano, l’ex dalemiano Orfini: «A stare accanto a lui accadono cose drammatiche», ha scherzato Renzi. Che ha anche difeso il suo ministro Giuliano Poletti, fotografato con Salvatore Buzzi, il manager delle coop rosse al centro dell’inchiesta romana: «Fare un “selfie” non è come prendere tangenti». [Ansa] il buon senso e il senso politico non paiono essere patrimonio di Ignazio Marino. Dunque, di fronte alla incomprensibile ostinazione del sindaco, alla mancanza di acume politico dell’allegro chirurgo, una domanda sorge spontanea: perché Renzi non decide di commissariare il consiglio comunale della Capitale? Pensa davvero di poter continuare a sostenere l’insostenibile e cioè che Marino sia una vittima delmalaffare nonostante Buzzi ne abbia finanziato la campagna elettorale e nonostante Marino abbia “regalato” a Buzzi un immobile del Comune? Che argine alla corruzione può rappresentare un tizio che si fa pagare metà campagna elettorale e che al corruttore dà un edificio pubblico al prezzo simbolico di 1.200 euro al mese? Attenzione, noinon sosteniamo che il sindaco di Roma sapesse o che sisia reso responsabile di reati. Lungi da noi l’intenzione: appurare colpe e violazioni del codice non è compito nostro ma dei pm. E però riconfermiamo il giudizio espresso in più occasioni: Marino è incapace di amministrare Roma, non solo crea più problemi di quanti ne risolva (basti pensare alla pedonalizzazione dei Fori), ma neppure si accorge di ciò che accade intorno a lui e nei suoi uffici. Essersi fatto pagare la campagna elettorale a sua insaputa da un ex omicida trasformato in ufficiale pagatore di una cricca di affaristi non è un’attenuante,ma un’aggravante, soprattutto se al finanziamento si aggiunge la concessione del megasconto su un immobile che la precedente giunta aveva negato. E perciò, se Renzi ha mandato a casa isuoi uomini per Mafia Capitale,davvero non si capisce come faccia a tenersi stretto un tipo come l'attuale sindaco della Capitale. Perché insiste a dare copertura a Ignazio Marino nonostante ormai l’allegro chirurgo si sia reso impresentabile? Crede davvero che basti far la guerra alla Cgil per spacciarsi per l’uomo nuovo? Sappia che ogni italiano negli scorsi anni è stato chiamato a pagare i debiti della città eterna, ma quanto ancora dovrà pagare per un disastro che in larga parte porta la firma del Pd? [email protected] @BelpietroTweet 4 PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale MESSAGGI CIFRATI In altri casi gli inquirenti ritengono che proprio il termine «appartamenti» possa indicare mazzette di rilevante consistenza «Appartamenti omaggio a due consiglieridel Pd» In un’intercettazione Buzzi accenna ad abitazioni che sarebbero state regalate da un costruttore romano a Pedetti e Nalli, esponenti progressisti in Campidoglio ::: ENRICO PAOLI ■■■ Ma poteva mancare il mattone, ovvero il vero «oro» di Roma, dall’inchiesta su mafia capitale? No,non poteva.Altrimenti non sarebbe stata un’inchiesta seria. E il mattone, tanto nelle carte della Procura quanto nei verbali del Ros dei Carabinieri, si manifesta sotto forma di «appartamenti». In almeno due casi si tratta di case vere, fisicamente esistenti, che sarebbero state «regalate» ad altrettanti consiglieri comunali. Si dice sarebbero, ovviamente, visto che l’inchiesta dovrà stabilire cos’è vero e cosa viene millantato. Partiamo dalle case vere. Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati e presidente della Cooperativa 29 giugno, in una intercettazione del marzo scorso insinua che un costruttore romano «ha regalato due appartamenti, uno a «Pierpaolo Pedetti (presidente della Commissione patrimonio del Comune di Roma Capitale, già indagato nell’inchiesta sui parcheggi, ndr) e l’altro «a Nalli (entrambi del Pd, ndr)». «E gli altri costruttori quanti ne hanno regalati», dice ancora Buzzi. Già quanti, visto che alcuni casi sarebbero state «accelerate» le pratiche più spinose. Alla domanda dovranno rispondere gli inquirenti. Ma nella capitale delle case sfitte, oltre 200mila quelle stimate, nella città di affittopoli, che sembra non voler morire, il ballo del mattone non finisce mai. Anche perché gli investigatori dei carabinieri del Ros (Reparto operativo speciale) del Lazio, al comando del colonnello Stefano Russo, hanno registrato «stretti legami» fra Enrico Puccini, stretto collaboratore dell’ex assessore Daniele Ozzimo, finito nel registro degli indagati,e ilconsigliere comunale Pedetti, ritenuto nell’incartamento investigativo «punto di riferimento per tutto ciò che concerne Patrimonio e politiche abitative e progetti speciali». Al politico sarebbero state date «utilità in cambio di favori elargiti». Insomma, un triangolo magico che aveva trovato nel mattone lo snodo di tutti gli affari. Stando alle ricostruzioni fatte dagli investigatori dentro al giro delle case ci sarebbe anche l’ex consigliere d’amministrazione di Atac Spa, Andrea Carlini, che chiede a Buzzi «di acquistargli un immobile in cambio di favori non meglio precisati». Rapporti tutti da chiarire, ovviamente, ma che danno la misura di come si muovesse la cupola della mafia romana.«Carlini aveva chie- ::: LA VICENDA CORRUZIONE L’inchiesta «Mafia capitale» ha rivelato l’esistenza di una lunghissima lista di beni e favori elargiti dalla «cupola», in un sistema trasversale alla politica: un mosaico di contanti e immobili L’operazione per ricostruire il libro nero delle tangenti della banda romana, destinate a manager di municipalizzate, funzionari e politici, viene portata avanti dai Ros. È emerso persino che, oltre a migliaia di euro e doni di lusso, siano stati resi disponibili anche appartamenti (ad esempio uno da 50 metri quadri per il valore di 130mila euro). sto a Buzzi di acquistare, in suo favore, un appartamento di 50 metriquadri», si legge nelle carte, «dalle parole riferite dallo stesso Buzzi, gli appartamenti in realtà si rivelavano due, pur non essendo chiaro se il secondo appartamento fosse destina- to a Pedetti. In altri casi, invece, si parla di «appartamenti» al posto di mazzette di rilevante consistenza. Insomma, un altro lemma del linguaggio in codice usato da Carminati e Buzzi nelle loro conversazioni con i politici do- Il manifesto elettorale di Pierpaolo Pedetti ve i termini più ricorrenti sono «caffè e cappuccini». Ed è attorno a questo dettaglio che sviluppa la vera domanda. Buzzi e Carminati su quanti consiglieri comunali potevano contare? C’è chi dice 15, chi 11. «Io arrivo in consiglio comunale», di- ce Buzzi «e tutti i consiglieri vengono da me».Dalle intercettazioni sono emersi contatti con Fabrizio Panecaldo del Pd, Giordano Tredicine del Pdl e Annamaria Cesaretti di Sel, il partito del vicensindaco Luigi Nieri. INDAGATO COLLABORATORE DELL’EX MINISTRO, LEI SMENTISCE C’è anche l’uomo della Kyenge Anche un collaboratore dell’ex ministro Cécile Kyenge risulterebbe indagato nell’inchiesta «Mafia capitale». L’uomo - del quale non è stato per ora divulgato il nominativo - sarebbe stato contattato dalla banda capeggiata dall’ex esponente dei Nar Massimo Carminati e dall’imprenditore Salvatore Buzzi. La Kyenge ha replicato alla notizia: «Nel corso del mio mandato non ho avuto “collaboratori” che figurano attualmente nel registro degli indagati». [Fotogramma] I CONSIGLIERI Gli investigatori dei carabinieri del Ros (Reparto operativo speciale) del Lazio, al comando del colonnello Stefano Russo hanno alzato il velo su aspetti molto particolari riguardo le modalità corruttive. Stando a quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati e presidente della Cooperativa 29 giugno, in una intercettazione del marzo scorso insinua che un costruttore romano «ha regalato due appartamenti, uno a «Pierpaolo Pedetti (presidente della Commissione patrimonio del Comune di Roma Capitale, già indagato nell’inchiesta sui parcheggi, ndr) e l’altro «a Nalli (entrambi del Partito democratico, ndr)». ■■■ I «ragazzi del coro» cantano tutti la stessa musica. Come se si fossero passatilo spartito. «Mai parlato con Salvatore Buzzi, mai conosciuto Massimo Carminati». L’unica variazione sul tema riguarda la nota finale: «Pronto a querelare». Già, perché tutti ora temono l’effetto ventilatore e quando le pale si mettono in moto meglio prevenire che curare. «Si esaltano notizie di carte che non hanno per la Procura rilievo nell’indagine», afferma l’eurodeputato Goffredo Bettini, «è il modo per salvare i corrotti e sporcare chi ha fatto della correttezza una ragione di vita». «Querelo chi dovesse affermare che ho compiuto pressioni o ingerenze per favorire la cooperativa 29 Giugno. Non so neanche cosa sia quell’appalto», chiosa l’ex guru del cosiddetto «modello Roma», quello che ha partorito le giunte Rutelli, Veltroni e Marino. E siccome il ventilatore sembra essersi orientato essenzialmente sul Pd, chiviene sfiorato reagisce. «No, mai conosciuto Buzzi e Carminati», dice Davide Sassoli, altro europarlamentare. Dall’informativa del Ros risulta che tra i candidati «preferiti» dai due malavitosici fosse anche l’ex conduttore televisivo. «Ma è come dire che uno tifa per la Fiorentina, o per la Roma o per la Lazio. Quello che sta venendo fuori è che chi aveva attività tangentiste o interesse negli appalti stava dentro quel sistema». Ecco, è proprio questo il punto: Buzzi e Carminati stavano dentro al si- Il socio di Buzzi: 5000 euro per la cena di Renzi Da Bettini a Veltroni e Orfini Schizzi di fango sul gotha dei dem FIGURE STORICHE Qui a sinistra, dall’alto in basso: Goffredo Bettini, 62 anni, attuale eurodeputato pd; Walter Veltroni, 59 anni, segretario del Pd dal 2007 al 2009; Matteo Orfini, 40 anni, deputato e presidente del Pd [Ansa] stema. «Il Pd sta cercando di affrontare un problema che ha avuto a Roma. Per quanto riguarda il nostro partito saremo durissimi, cercheremo di vedere quali sono i circoli finti, e se ci sono iscritti falsi», spiega il presidente del Pd e commissario di Roma, Matteo Orfini, «riusciremo a troncare la cancrena correntizia che ha ridotto così il partito». Ecco,se lo stesso commissario ammette che il problema è «dentro» al Pd significa che non è il ventilatore che sbaglia, ma coloro che negano l’evidenza. E avrà pure ragione Walter Veltroni quando si «autoassolve», però il «caso» resta eccome. Luca Odevaine, membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al Viminale ed ex vicecapo gabinetto del sindaco Veltroni, arrestato per corruzione aggravata, è stato il suo più stretto collaboratore in Campidoglio. Lo stesso personaggio si era mosso per un appalto nella sanità da un miliardo di euro da ottenere dalla Regione. Era il superaffare a cui aspirava il gruppo di Carminati, che attraverso Odevaine intendeva avvicinare Maurizio Venafro, capo di gabinetto del governatore Pd Nicola Zingaretti. Interessando anche Bettini, eurodeputato dem. «In qualità di capo di Gabinetto della Regione, non mi occupo di gare e quindi non vedo perché dovrei essere avvicinato», afferma Venafro, «e infatti nessuno l’ha fatto, né tantomeno Bettini, persona onesta,integerrima e di specchiata moralità». Ancor più netto Zingaretti. «È dura perché il quadro che emerge è davvero allarmante, ma non ci mettiamo paura», dice il governatore. «Non sappiamo se quello che emerge dipinge dei tangentari all’amatriciana o dei mafiosi», afferma Matteo Renzi, «lo dirà la magistratura ma noi non lasceremo la capitale in mano ai ladri». Intanto, ieri a Piazza Pulita nuove rivelazioni sulla cena di finanziamento delpremier. Stando alle parole di Claudio Bolla, il socio di Buzzi alla coop 29 giugno, non indagato, sarebbero stati diversi i membri della cooperativa seduti al tavolo del palazzo dei Congressi dell’Eur per Renzi,non solo ilboss Buzzi. Cifra versata in quell’occasione al Pd del premier: 5mila euro. E sempre Bolla ha detto:Buzzi e Alemanno sierano conosciuti in carcere anni fa. EN.PAO. PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ 5 @ commenta su www.liberoquotidiano.it SALUTO IMBARAZZANTE L’onorevole saluta l’indagato con un confidenziale «bacio grande capo». Lei replica: saluto così milioni di persone romanzo criminale Campana stonata: le bugie sugli sms La responsabile Welfare del Pd aveva detto di non aver presentato l’interrogazione parlamentare chiesta da Buzzi Ma le carte dei pm riportano un messaggino del suo assistente che la smentisce: è stato l’ufficio della Camera a rigettarla ::: MARCO GORRA ::: LA SCHEDA ■■■ La Campana suona per il Partito democratico. E non è proprio bella musica. Il caso della renzianissima deputata (è responsabile Welfare e Terzo settore nella segreteria del partito) Campana Micaela ha tutte le carte in regola per rappresentare per il nuovo Pd, quello fatto ad immagine e somiglianza del segretariopremier, un grattacapo mica da niente. La giovane parlamentare era inizialmente finita nel calderone dell’inchiesta sulla mafia a Roma in virtù di un sms inviato al dominus della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi con scritto «bacio grande capo». Da cui la ridda di ipotesi e maldicenze circa la familiarità della Campana stessa col ras degli appalti e la strenua difesa della parlamentare: «È un saluto che uso abitualmente». Fosse solo una questione di messaggini e di etichetta da usare nei medesimi, il problema in effetti quasi non si porrebbe. Il guaio è che dietro l’sms c’è una storia da cui la posizione della Campana rischia di uscire messa tutt’al- IL MESSAGGINO Polemiche ha provocato un sms, riportato nelle carte dell’inchiesta romana, inviato da Micaela Campana, deputata del Pd e componente nazionale del partito, a Salvatore Buzzi, fondatore della cooperativa “29 giugno” e accusato dalla Procura capitolina di essere, insieme con Angelo Carminati, ai vertici del sodalizio criminale che avrebbe monopolizzato affari e concessioni pubbliche a Roma. Il messaggino della Campana si concludeva con un saluto - «Bacio grande capo» - che può lasciar supporre una certa confidenza fra i due. La Campana ha negato, replicando che si tratta di un saluto da lei usato abitualmente. Micaela Campana, onorevole del Pd: 37 anni, è alla sua prima legislatura parlamentare [Ansa] tro che bene: la storia dell’interrogazione parlamentare pilotata per Buzzi. A mettere in fila i dettagli della vicenda ha provveduto Luca Sofri, direttore del Post. I fatti: Buzzi ha bisogno di fare pressione su una giudice del Tar che dovrà decidere in merito ad un ricorso contro un appalto assegnato ad una delle “sue” cooperative. Tra i vari fronti su cui l’uomo si attiva c’è quello del Pd cui - nella persona dell’onorevole Campana - si chiede di presentare un’interrogazione parlamentare in merito. Gli sforzi di Buzzi vanno a buon fine? La Campana giura di no: prima scrive su Facebook che «l’sms in questione, se letto nella sua interezza, e non nel solo stralcio maliziosamente riportato dai media, dimostra che non avrei mai presentato l’interrogazione richiesta dal Buzzi» e poi, intervistata da Repubblica, assicura di non averla presentata «perché L’INTERROGAZIONE In realtà più importante risulta essere l’oggetto dell’sms in questione. Buzzi aveva fatto pressioni affinché venisse presentata un’interrogazione parlamentare contro un giudice del Tar che aveva operato contro gli interessi della cooperativa. La Campana ha dichiarato di non aver presentato l’interrogazione in questione. Ma, a leggere altri messaggi inviati dal suo assistente, si evince che l’interrogazione è stata invece depositata, ma rigettata dall’ufficio della Camera perché ritenuta non congrua. non mi convinceva». Il problema è che le cose non sembrano stare così. Intanto per via di un altro sms finito agli atti, quello in cui il deputato dem Umberto Marroni dice a Buzzi che «ho parlato con Micaela, meniamo» e riguardo alla stesura del testo assicura che «la sta preparando Micaela». E si arriva al celebre sms della Campana a Buzzi, quello da leggere «nella sua interezza». Trascrizione letterale: «Parlato con segretario ministro. Miha buttato giu due righe per evitare il fatto che mi bloccano l’interrogazione perche non c’e ancora procedimento. Domani mattina ti chiamo e ti dico.Bacio grande capo». L’indomani a contattare Buzzi è l’assistente della Campana, che scrive il seguente messaggio: «Buongiorno Mica (Micaela, ndr) aveva depositato interrogazione, ma l’ufficio responsabile ce l’ha rigettata perché non era congrua essendo basata solo su articoli di giornali, ora l’ufficio ce la riscrive affinche non venga rigettata ma ci vorra qualche giorno». Un modo ben curioso per non essere convinti della bontà dell’interrogazione. 6 PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale NESSUNO ESCLUSO Le associazioni Lgbt milanesi dispongono di un immobile comunale da 4 milioni. I musulmani, invece, avranno due nuovi luoghi di culto Profughi, nomadi e moschee Cosìa Milano sifanno isoldi Con Pisapia il Terzo settore ha fatto affari d’oro con l’accoglienza: 1.400 posti letto da riempire, campi rom da gestire e alloggi da assegnare. E tra poco sarà inaugurato un intero palazzo per gli immigrati ::: MASSIMO COSTA ■■■ All’appello manca an- cora l’«Immigration center», ovvero il palazzo del Comune di Milano in pieno centro da trasformare nel polo dei servizi per glistranieri. Ricongiungimenti, corsi di italiano perstranieri,mostre e laboratori in una sede comunale da 900 metri quadri. Il fondo del ministero dell’Interno una dote da 700mila euro denominata «Portale dell’integrazione» - verrà trasformato nei prossimi mesi in un polo dove trasferire 30 dipendenti comunali. Nel frattempo, però, il fiume di denaro pubblico che scorre a Milano per i servizi dedicati a rom e immigrati continua a scorrere senza tregua. Esploso lo scandalo romano, l’assessore Pd alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino ha subito annunciato «verifiche e accertamenti» sugli stanziamenti alle onlus. Le ispezioni sono in corso, ma a Palazzo Marino si dicono tranquilli. Il pacchetto di fondi pubblici più cospicuo viene utilizzato da circa per accogliere gli immigrati che si qualificano come profughi: nell’ultimo anno, a Milano ne sono state accolte più di 50mila persone, in gran parte provenienti dalla Siria. Gli immigrati finiscono prima nel contestato hub della stazione Centrale, tra trolley e pendolari, e poi vengono dirottati nei posti letto delle associazioni che hanno stretto una convenzione con Palazzo Marino (la onlus «Fondazione Arca» e le realtà legate alla Diocesi come la Caritas Ambrosiana). Il rimborso quotidiano garantito dallo Stato è di 30 euro, il picco dei letti messi a disposizione dal Comune arriva a quota 1.400 (in questi giorni ne vengono occupati circa 600). Il conto finale per le casse del governo è salatissimo: oltre un milione di euro al mese nei momenti di massima affluenza, soldi che vengono girati dalla prefettura alle associazioni del Terzo settore. Poi c’è il capitolo dei campi rom: la giunta Pisapia ha costruito l’anno scorso un nuovo villaggio di container in via Lombroso (periferia Est della città) per ospitare fino a 150 persone. Il costo? Circa 600mila euro per i primi diciotto mesi di apertura tra noleggio dei prefabbricati e gestione della struttura. I soldi fanno parte dei 5,7 milioni di euro del vecchio «piano Maroni» per l’emergenza rom, un pacchetto di risorse non utilizzato dalla giunta Moratti e utilizzato adesso per alcuni progetti di integrazione. Dalle venti villette trilocali del campo di Muggiano agli appartamenti da reperire attraverso le onlus del Terzo settore e da girare alle famiglie nomadi in uscita dai campi. Non mancano, oviamente, nemmeno i fondi per la gestione degliinsediamentiautorizzati del Comune: tra il 2012 e il 2013 gli interventi di sostegno delle famiglie nomadi, dati in appalto a associazioni onlus e cooperative, Palazzo Marino ha speso 626mila euro. «La Moratti aveva speso più di noi, 2 milioni in 5 anni» ripete spesso Majorino. Era l’era degli sgomberi, della faticosa chiusura della maxifavela di Triboniano e dei fondi dati ai rom per tornare in Romania (fino a 15mila euro a famiglia). Anche il centrodestra, con l’ex assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli, aveva fatto ricorso al Terzo settore per gestire l’emergenza rom. Riccardo De Corato, ex vicesindaco Fdi con Albertini e Moratti, sostiene che le iniziative si siano moltiplicate con l’avvento della giunta Pisapia: «Noi i fondi del prefetto per i rom li utilizzavamo in gran parte per sgomberi e censimenti delle famiglie. Ora si costruiscono nuovi campi e si cercano case del privato sociale da assegnare ai rom. Senza contare glispazi dati alle associazioni amiche della sinistra». Le associazioni Lgbt, care alla maggioranza, hanno a disposizione spazi per incontri e conferenze all’interno della «Casa dei Diritti», ricavata all’interno di un lussuoso palazzo di via De Amicis a due passi dalla Basilica di Sant’Ambrogio. Un palazzo comunale, del valore potenziale di quasi 4 milioni di euro, destinato alla «lotta contro le discriminazioni». Tempo qualche mese e anche gli islamici non verranno discriminati: nei prossimi giorni verranno infatti messi a gara tre spazi del Comune di Milano per le «religioni non cristiane». I musulmani, secondo quanto deciso dalla giunta Pisapia, potranno agiudicarsi fino a due terreni per costruirci i nuovi luoghi di culto per i fedelidi Allah. L’affitto? Sarà scontato al 70% perché inserito nella categoria «concessione ai fini sociali e culturali». Scivolone arancione Il ras delle onlus governava Napoli Il Comune doveva 60 milioni al maxiconsorzio Gesco. E De Magistris cosa fa? Nomina in giunta il capo D’Angelo ::: PEPPE RINALDI ■■■ Non tutte le Cooperative portano a Roma.Anzi. Sostituisci “caciara” con “ammuina”, estremisti di destra con antichi e nuovi militanti di sinistra, pezzi di suburba ripulita e ripulenda con plebi di taglio secolare, il Campidoglio con Palazzo S.Giacomo, l’umanità dolente della cooperazione sociale, Ignazio Marino con Giggino De Magistris, il procuratore capo del più strategico ufficio giudiziario con l’omologo della più estesa procura d’Italia, ed ecco che - almeno teoricamente puoi sovrapporre l’inchiesta di Roma al manto geopolitico partenopeo. Sempre che le ipotesi romane resistano all’usura del timing processuale e mediatico. Da quando alla guida di Napoli c’è l’ex pm di Why Not, il sistema delle Coop gravitanti attorno alla cassa del Palazzo ha fatto un salto di qualità. Entrandoci con due piedi per volta. Anche a Napoli il servizio agli “ultimi” è business milionario: ras delle Coop sociali che governano bei soldini e bellissimi voti, rendite di posizione acquisite in anni di cortei per disoccupati organizzati, disperati veri accuditi a volte seriamente ma a volte no, ex detenuti o freschi di carcere recuperati o meno, disabili, ex tossicomani da salvare, rom impossibili da gestire, ragazze madri e immigrati, tanti, il piatto oggi prediletto, molti ospitati in alberghi che vantano crediti da troppi anni. Un circuito che chiama soldi su soldi: insomma, non c’è novità, il quadro è comune alle città italiane, è la parte meno succosa della mela mafiosa, quella - per così dire - lasciata al libero mercato di un’umanità differente, mezzo generone italiano e mezzo malaffare da strada con alcuni zeri sul conto corrente. Ovvio che, a volerli cercare, di reati in questo mondo ne trovi sempre:succede in quello normale, figurarsi qui, dove migliaia di persone vivono di diretta elargizione pubblica che qualcun altro medierà per te. Galline ed uova d’oro, un mondo storicamente pendente a sinistra. La differenza è che qui il sistema è entrato direttamente nelle stanze del potere, scatenando un gigantesco conflitto di interessi, prima sterilizzato dallo stesso sindaco, poi di nuovo rimesso in circolo. Parlare di Coop e Terzo settore a Napoli significa parlare del “Gesco”, maxi consorzio di Coop sociali, nato e pasciuto negli anni del centrosinistra del duo Bassolino&Iervolino, finanziato all’origine VOCE FUORI DAL CORO Turrini, Coop Adriatica: «Su Buzzinon sivigilò» «Bisogna fare autocritica. Se la procura è arrivata prima di noi, che abbiamo il dovere di vigilare, significa che c’è una sconfitta di cui tutti devono prendere atto». Adriano Turrini, alla guida di Coop Adriatica, una vera potenza nel settore alimentare e dei beni di consumo, sul QN rompe il muro di silenzio e prende di petto il caso di Salvatore Buzzi, che ha gettato fango sull’intero mondo della cooperazione rossa. Il capo della Coop 29 giugno, al centro dello scandalo di Mafia capitale, è arrivato fino al Consiglio di gestione del Consorzio Nazionale dei Servizi. E per Turrini «è vero, non doveva arrivare a quel livello. Dovevamo arrivare noi prima dei magistrati e impedirlo». Per l’uomo forte di Coop Adriatica «se vogliamo essere diversi, dobbiamo essere intransigenti». anche da Sviluppo Italia (poi uscita dal capitale) il cui capo è il battagliero Sergio D’Angelo. Come un Alemanno qualsiasi, pure Giggino s’è trovato dinanzi un leader locale, conosciuto e apprezzato on the road, a capo di una teoria di Coop che vantava (e,in parte, vanta) un credito da far tremare i polsi: 60milioni di euro per servizi non remunerati, una cifra blu. De Magistris quindi s’illumina e lo fa assessore al Welfare, affidando la responsabilità di enormi somme di danaro ad un soggetto creditore di analoghi importi. Ma nessuno ha avuto da ridire, la geografia a volte conta e i conflitti di interesse sono variabili giornalistiche. L’ex pm candida poi D’Angelo nella lista disastro di Ingroia al Senato, va come va e il re delle coop resta fuori, De Magistris s’è liberato di una rogna, di uno che, di suo, muove voti e persone. Invece è il contrario, perché la resistenza anti-arancioni degli scorsi mesi sarà ispirata proprio da D’Angelo e le rappresaglie si faranno fisiologia diuturna. Finché ritornerà la pace, tanto che -pare- in giunta dovrebbe entrare un uomo proprio di D’Angelo, questione di giorni. Artefice -il patron Gesco- anche dell’operazione di avvicinamento di Sel alla corte di Giggino, si parla di una lista alle Regionali in fase di ultimazione. Il tutto mentre certe carte in procura continuerebbero a camminare. Si tratta di un’indagine sul doppio mercato delle case popolari, tra camorra e anti-camorra, in cui gli stessi fedelissimi di D’Angelo lo tirerebbero dentro in faccende ancora alvaglio.Sitratta, ovviamente,di verificare tutto e non sembra che l’uomo delle Coop sia indagato, le millanterie sono una costante in certi contesti. Ora, togli un Buzzi e mettici un D’Angelo: e da Napoli in un attimo sei a Roma. Dipende dal punto in cui guardi. E da cosa vuoi vederci. PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ 7 @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale REGOLE DISTORTE Lo statuto delle onlus obbliga a reinvestire gli utili o ad accantonarli: invece, come ha fatto la 29 giugno, spesso vengono girati ai candidati Perché il sistema Coop-Pd è marcio «Mafia capitale» svela un malcostume diffuso in tutta Italia: le associazioni, invece di fare il bene dei membri, finanziano le campagne elettorali dei Dem. Renzi conosce bene questo conflitto di interessi, ma non lo rottama ::: segue dalla prima FRANCO BECHIS IMPRESE ROSSE In grande il ministro del Lavoro Poletti quando guidava Legacoop. A sinistra il sindaco di Milano Pisapia [LaP, Ftg] (...) di Salvatore Buzzi (la 29 giugno e il consorzio Eriches 29), il capo del business di Mafia Capitale secondo le indagini della procura di Roma, hanno versato al partito di Matteo Renzi e ai suoi principali esponenti nella capitale più di 100 mila euro. Nell’anno e mezzo le due cooperative hanno ricevuto assai più di quella somma dalla giunta capitolina grazie alla proroga di vecchi appalti in corso (la gestione delle aree verdi, la raccolta dei rifiuti, la gestione dei campi rom e dei centri di accoglienza per rifugiati), all’assegnazione di nuovi appalti o alla concessione di uno sconto di quasi 60 mila euro sul prezzo di affitto della sede sociale. Non stupisce: è chiaro che quando si finanzia qualcuno, c’è almeno la speranza di avere qualcosa in cambio. Se le commesse ricevute erano regolari e dovute, non c’è alcun reato. Solo malcostume: dal sindaco Marino in giù avrebbero dovuto evitare di deliberare appalti e commesse in favore dei loro finanziatori, perché il conflitto di interesse era lampante. Se quegli appalti erano regolari, il problema però sta proprio in quei finanziamenti. Con ipocrisia chi li ha ricevuti - iniziando proprio dal sindaco di Roma che ha infilato una mezza bugia dietro l’altra in questa vicenda- siè trincerato dietro al fatto che si trattava di «contributi regolarmente denunciati». Vero: non erano soldi in nero. Però quelli erano soldi che arrivavano da cooperative sociali, che non sono imprese come tutte le altre. Sono composte da soci speciali (in questo caso ex detenuti in cerca di un modo di tornare in società e lavorare), perfino da soci volontari che non vengono pagati per la loro attività. Hanno vantaggi fiscali e legislativi notevoli, come tutte le Cooperative italiane e quelle di carattere sociale ne hanno più di altre. In cambio hanno degli obblighi, ad iniziare dalle regole per la distribuzione degli utili. Debbono versare il 30% dei propri guadagni a riserva legale. Poi il 3% a fondi mutualistici. Il restante 67% può essere parzialmente distribuito ai socicooperatori sotto forma didividendo, parzialmente deve essere accantonato a riserva statutaria, in alcuni casi può essere utilizzato per l’acquisto di azioni proprie. Non c’è spazio per un finanziamento a un partito politico o a un singolo candidato alle elezioni. Quei 30 mila euro non potevano finire a Marino, e gli altri soldi non potevano andare nelle casse del Pd o a finanziare la campagna elettorale dei suoi candidati. Al di là delle regole, i percettori avrebbero dovuto rifiutare quei soldi: ogni euro intascato da Marino & c veniva infatti sottratto ai poveri ex dete- nuti. C’è anche una aggravante:al momento diquei finanziamenti la Cooperativa che elargiva queste somme ai vari capataz del Pd sosteneva di stare in bruttissime acque. Il sindaco di Roma lo sapeva benissimo. Tanto è che il 29 aprile del 2013 disse: «La cooperativa 29 giugno, che si occupa di dare una mano alle persone più deboli, ha denunciato con severità i tagli subiti dalla giunta Alemanno. Si trova in grande difficoltà e, mettendosi d’accordo con le banche, emetterà delle obbligazioni per potere finanziare la propria attività». In un sussulto di generosità tipico dei comizi durante la campagna elettorale, Marino promise: «Il primo stipendio da sindaco, quello di giugno 2013, lo investirò tutot in obbligazioni della cooperativa 29 giugno». Come andò a finire è storia: Marino il suo primo stipendio da sindaco se l’è messo in tasca. E ha portato via a quella Coop 10 mila euro direttamente e altri 20 mila dal Consorzio Eriches 29 controllato dalla 29 giugno, per pagarsi le spese della campagna elettorale. Il minimo che oggi si dovrebbe fare è restituire i 30 mila euro (Marino) e gli altri fondi percepiti (Pd di Renzi e candidati) agli ex detenuti che rischiano di finire per strada dopo l’inchiesta giudiziaria. Questo intreccio perverso CoopPd ha risvolti drammatici nel caso romano, ma esiste in tutta Italia. Per la loro natura mutualistica alle Coope- rative non dovrebbe essere permesso finanziare né partiti politici né singoli candidati. Hanno vantaggi normativi e fiscali che le distinguono da qualsiasi altro tipo di società. Finchè le regole concedono loro dei vantaggi, non si può sottrarre a vantaggio dell’interesse politico personale di qualche leader o forza le risorse che dovrebbero andare a riserva legale quando non distribuite fra i reali soci cooperatori. Non è un mistero che sia il Pd anche finanziariamente ad avere goduto i vantaggi economici di questa antica distorsione del mercato e delle regole. Sono state le Coop anche negli ultimi dieci anni il principale finanziatore del partito oggi guidato da Matteo Renzi sia a livello nazionale che a livello locale. Questo è stato e resta il conflitto di interessi più solido all’interno della sinistra italiana, su cui non c’è mai stato alcun tipo di svolta. Il coraggioso Renzi ha rottamato molto a sinistra, ma si è ben guardato dal toccare il cordone ombelicale del Pd con le Coop. Non ha cambiato nulla, mostrando come quel coraggio fosse soprattutto spot e leggenda. Ci si attendeva la rottamazione, ed è accaduto invece che Renzi prendesse il capo delle Cooperative rosse, Giuliano Poletti, dandogli uno dei ministeri chiave del suo esecutivo.Il suggello di una storia comunista da cui in realtà il premier non vuole staccare. 8 PRIMO PIANO __Martedì 9 dicembre 2014__ @ commenta su www.liberoquotidiano.it romanzo criminale DUBBI «Il protagonista della registrazione è Odevaine, l’ex braccio destro di Veltroni che io ho allontanato. Un personaggio non certo ben disposto nei miei confronti» LA PROCURA «L’ex sindaco non ha portato soldi all’estero» ::: TOMMASO MONTESANO ■■■ «Quante volte lo devo ripetere?». Gianni Alemanno è un uomo sotto assedio.Non bastava l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’inchiesta Mafia Capitale. Adesso dall’intercettazione di un colloquio tra Luca Odevaine, ex braccio destro di Walter Veltroni, Mario Schina (ex responsabile del decoro urbano di Roma) e l’imprenditore Sandro Coltellacci, saltano fuori anche quattro presunti viaggi in Argentina «con le valige piene de’soldi». L’ex sindaco di Roma, che nega contatti con colui che è ritenuto il capo della Cupola, Massimo Carminati («mai conosciuto»), ribatte: «In Argentina recentemente ci sono stato una sola volta». Per fare cosa? «Per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia». In che anno? «Era il Capodanno 2011-2012. Cisono andato con la mia famiglia e con una comitiva di amici,tra cuic’era anche un giornalista, il direttore della Notizia Gaetano Pedullà, che ha confermato che in quel viaggio non ci furono contatti strani. Del resto eravamo in mezzo ai ghiacciai». Prima ha detto «recentemente». Quindi è stato in Argentina altre volte? «Ci sono stato un’altra sola volta, vent’anni fa». Quanto durò il viaggio più recente? «Pochi giorni e sempre in Patagonia. Ricordo che dovetti tornare a Roma per un’emergenza comunale». Nella conversazione captata dai carabinieri del Ros, Odevaine fa riferimento ad un furto nella sua casa. «Un furto che io ho denunciato: è venuta a casa mia la Polizia a fare accertamenti e rilievi. Non capisco come possa uscire fuori questa cosa della mia mancata denuncia». Cosa le rubarono? «Nessuna carta. I ladri andarono diretti sul mio comodino e L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno [Ansa] «A Romahofattounsoloerrore Noncacciaretuttiicompagni» Alemanno: «Viaggi per trasportare denaro in Argentina? Falso, ci andai soltanto una volta a Capodanno del 2012 per vedere la Patagonia. Buzzi? È cresciuto con le giunte di sinistra» ::: LA SCHEDA L’ACCUSA Fra le carte dell’inchiesta «Mafia Capitale» compare anche l’intercettazione di una conversazione tra alcuni indagati, in particolare Luca Odevaine, Mario Schina e Sandro Coltellacci, in cui si afferma che l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno avrebbe compiuto quattro viaggi in Argentina con valigie piene di soldi, passando la frontiera attraverso «varchi riservati» LA SMENTITA «Non c’è un riscontro di trasferimenti di soldi da parte di Gianni Alemanno all’estero». La smentita è arrivata ieri da ambienti giudiziari romani, dopo alcune indiscrezioni pubblicate dal «Corriere della Sera» su quello di mia moglie, portarono via orologi e gioielli». Per la procura non c’è riscontro di «trasferimenti» di denaro all’estero da parte sua. Cos’altro le hanno detto gli inquirenti? «Nient’altro. Questo fatto non fa parte neanche dell’avviso di garanzia che ho ricevuto. Nelle migliaia di pagine dell’ordinanza, ce ne saranno tante di intercettazioni con millanterie su di me e la mia famiglia». E questa sui soldi in Argentina è una delle tante? «Il protagonista dell’intercettazione è Odevaine, l’ex braccio destro di Veltroni oggi arrestato, che io ho allontanato appena arrivato in Campidoglio. Un personaggio non certo ben di- sposto nei miei confronti». Odevaine tira fuori la storia del denaro in Argentina per vendicarsi? «Odevaine aveva due incarichi: vice capo di gabinetto di Veltronie,su proposta dell’allora sindaco, anche dirigente esterno del Campidoglio. La prima nomina era decaduta con l’addio di Veltroni; la seconda rimaneva. Ma io dopo qualche giorno lo allontanai. Stiamo anche parlando di una persona che modificò il suo cognome per cancellare il suo passato da pregiudicato. Come può un personaggio simile essere attendibile?». E lei? Dopo l’accusa della procura di Roma ad alcuni uomini del suo staff di essere Le carte dell’inchiesta Carminati vantava conoscenze perfino al Quirinale ::: RITA CAVALLARO ■■■ Mafia Capitale voleva allunga- re i tentacoli anche al Colle. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex Nar Massimo Carminati e il suo clan. A far riferimento a un incontro con una persona al Quirinale è l’uomo delle coop rosse Salvatore Buzzi, braccio imprenditoriale del cecato. Il suo consorzio Eriches 29, nel 2013, si era aggiudicato l’appalto per la gestione del Cara di Castelnuovo di Porto. La Prefettura di Roma,però, voleva integrazioni al progetto e giustificativi dettagliati dei costi. Il Nero e i suoi uomini temevano di perdere l’affare. E la mattina del 19 settembre il ras delle coop chiama Carminati, per informarlo «che sabato avrebbe incontrato una persona al Quirinale in relazione all'audizione in Prefettura sul Cara», si legge. Il clan ha bisogno di una pedina forte, perché Buzzi è convinto che la cooperativa Auxilium, una concorrente, «abbia l’appoggio del vice ministro dell’Interno Bubbico» per una comune origine lucana. Al Nero la questione non va giù: «Noi siamo diventati onesti e gli altri so' diventati disonesti». Nonostante Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto di Veltroni e membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al Viminale, sia riuscito a riferire al gruppo informazioni riservate dalla Prefettura, alla fine, dopo l’intervento del Tar del Lazio nel 2014, il clan perde l’affare. Erano molteplici, comunque, i contatti del cecato & Co con le istituzioni di primissimo piano. È sempre Odevaine, l’11 settembre di quell’anno, a chiamare Tiziano Zuccolo, camerlengo dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, per chiedergli «novità dal Vicariato» per un intervento sollecitato «in favore di una società riconducibile al gruppo Pulcini». Zuccolo risponde di aver «deciso di fare un passaggio alto, ma proprio alto». Insomma, Mafia Capitale è il filo nero che collega colletti bianchi, amministratori pubblici e famiglie criminali che si dividono la città. Emblematiche le intercettazioni per gli affari al campo rom di Castel Romano, la cui “vigi- «membri dell’organizzazione mafiosa» non ha niente da rimproverarsi? «Due cose non rifarei». E quali? «La prima: trascurare la composizione della squadra. Dovevo concentrare tutta la mia attenzione sulla scelta dei collaboratori». E il secondo errore? «Non aver agito in totale discontinuità con il passato. Salvatore Buzzi, il patron della Cooperativa 29 Giugno, io l’ho trovato ed è cresciuto sotto le amministrazioni di sinistra». Perché non l’ha allontanato? «Non volevo fare la figura del sindaco di destra che caccia tutti quelli di sinistra». ROMA «Non c’è un riscontro di trasferimenti di soldi da parte di Gianni Alemanno all’estero». La procura di Roma chiarisce la portata di quanto emerso dalle intercettazioni disposte dai carabinieri del Ros. Su quelle affermazioni di Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto di Walter Veltroni, a proposito di «quattro viaggi» dell’ex sindaco in Argentina, «con le valigie piene de’soldi», gli inquirenti non hanno trovato conferme. Le affermazioni di Odevaine, captate il 31 gennaio scorso, sono state passate al vaglio, ma l’esito è stato negativo. Nel senso che le verifiche hanno individuato il viaggio di Alemanno in Argentina, confermato anche dal diretto interessato, ma non il transito del denaro. Un nuovo filone d’indagine, invece, potrebbe riguardare l’ex capogruppo alla Regione Lazio di FI, Luca Gramazio, già indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, l’esponente di Fi - al telefono con Simone Foglio, consigliere municipale avrebbe assicurato il suo intervento per le Regionali: «Finite le operazioni di voto, le urne vanno in alcune sedi dove vengono contate. Non si tratta della classica operazione di controllo delle schede, quello c’abbiamo ancora tempo per fare gli inserimenti. Ce provo, se stiamo in tempo la metto». Secondo i Carabinieri, è evidente il tentativo di influire, alterando le schede regionali, «sul risultato elettorale». T.M. I MEDIATORI Sopra, il dirigente del Comune di Roma, Angelo Scozzafava; sotto, Luciano Casamonica [Ansa] lanza”, per evitare sommosse tra gli abitanti,viene affidata a Luciano Casamonica, il boss del clan degli zingari, per 20mila euro al mese. «Ma come mediatore t’eri portato sempre Massimo (Carminati, ndr), domanda Angelo Scozzafava, ex direttore del dipartimento Servizi sociali del Campidoglio sotto Alemanno, a Buzzi. «No, m’ero portato Casamonica Luciano», risponde. «Ah, va be, Lucianino è un grande mediatore», dice Scozzafava.Intanto oggi riprendono gli interrogatori degli arrestati ai domiciliari e nei prossimi giorni scatteranno nuove manette. Ora i Palazzi tremano.
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