I NUOVI CRITICI - Aracne editrice

I NUOVI CRITICI

I NUOVI CRITICI
La collana intende ospitare le opere di critici esordienti, non accademici, che si esercitano quotidianamente nella lettura di opere
letterarie e poetiche sia italiane che straniere, nell’analisi cinematografica di film noti e meno noti, nell’interpretazione delle opere
d’arte del presente e del passato, nell’attenta fruizione di opere teatrali sia sperimentali che classiche. Una critica di chi legge, interpreta
e decifra giorno dopo giorno, con gli occhi ben aperti sul mondo.
Edvige Gioia
Il mondo decadente del Gattopardo
Sicilia, sicilianità e storia d’Italia
nel romanzo e nel film
Copyright © MMXIV
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
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I edizione: marzo 
Alla Sicilia
che è nel mio cuore
Indice

Prefazione

Capitolo I
Il quadro storico

Capitolo II
Il romanzo

Capitolo III
Le letture critiche

Capitolo IV
Dal romanzo al film

Capitolo V
Il film di Visconti

Capitolo VI
Appendice

Bibliografia

Prefazione
A più di cinquant’anni dalla sua travagliata pubblicazione,
Il Gattopardo, il celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, richiama ancora fortemente il nostro interesse, anche
alla luce del grande successo che in questo mezzo secolo ha suscitato nel pubblico dei lettori di tutto il mondo,
nonostante le riserve con cui fu accolto al momento della
sua pubblicazione. Di qui il desiderio di una rivisitazione
culturale e interpretativa del romanzo alla luce dei grandi
cambiamenti e delle novità del terzo millennio. Tutti gli
anni trascorsi dalla data di pubblicazione sono stati utili
a farci riflettere sulle qualità narrative del romanzo e sul
fatto che gli eventi narrati non si riferiscono solo al ristretto
ambito siciliano, ma a tutta l’Italia. Infatti, come sostiene
Melo Freni, il “paese Sicilia”, o più esattamente la siciliana
Palermo, è diventato una metafora del mondo, con i suoi
cent’anni non tanto di solitudine quanto di illusioni . Il
romanzo fu presentato alla casa editrice Mondadori perché fosse inserito nella collana “Medusa per gli Italiani”,
almeno queste erano le aspettative dell’autore che purtroppo andarono deluse. Anche le case editrici Einaudi e
Longanesi mostrarono molte perplessità. La responsabilità
di questo rifiuto viene attribuito ad Elio Vittorini, allora
consulente narrativo per la Mondadori. In effetti Vittorini,
che rappresentava l’Italia letteraria dopo la Resistenza, non
. M. Freni, Leggere il Gattopardo, Dario Flaccovio Editore, Palermo
, pag.


Prefazione
poteva condividere un romanzo in cui era rappresentato
l’immobilismo della storia e che quindi etichettava come
un libro reazionario. Sembra che a Vittorini abbiano dato
fastidio anche le pagine sulla morte contenute nel romanzo, con la sua descrizione attraverso la figura della bella
donna con la veletta sugli occhi, che il principe vide alla
stazione ferroviaria di Catania. Vittorini giudicò la descrizione della morte come scontata, vecchia e patetica, ma
nel suo giudizio c’è il limite culturale e psicologico di una
società che rifiutava di soffermarsi sul tema della morte.
Fortunatamente il dattiloscritto del romanzo capitò tra
le mani di Elena Croce, la figlia del grande filosofo, che
lo segnalò a Giorgio Bassani, da poco direttore editoriale
della narrativa Feltrinelli. Così il romanzo fu pubblicato
nel , un anno dopo la morte dell’autore: aveva appena
avuto il tempo di ricopiare a mano tutto il libro, quando
si manifestarono i sintomi della malattia che lo portò in
breve tempo alla tomba. Il romanzo, come abbiamo detto,
apparve nell’autunno del ’ e la correttezza dell’edizione
non fu messa in dubbio fino al , quando Carlo Muscetta annunziò di aver riscontrato centinaia di divergenze,
alcune anche cospicue, tra il manoscritto e il testo stampato. Si pose così, come scrive Gioacchino Lanza Tomasi ,
nella sua premessa alla nuova edizione del Gattopardo,
un problema concernente tanto l’autenticità dell’edizione Bassani, quanto l’autorità delle diverse fonti. In effetti,
esistono tre stesure del Gattopardo, una prima stesura a
mano raccolta in più quaderni (/), una stesura divisa in sei parti, battuta a macchina da Francesco Orlando
e corretta dall’autore (), e una ricopiatura autografa
. G. Lanza Tomasi, Premessa alla nuova edizione de Il Gattopardo, di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Feltrinelli, Milano 
Prefazione

in otto parti del , recante sul frontespizio Il Gattopardo (completo). La prima edizione del romanzo, l’edizione
Feltrinelli del , è basata sui dattiloscritti, ad eccezione
delle vacanze di padre Pirrone che si trovano nel manoscritto che fu comunque dato a Bassani che se ne servì per
ritoccare le bozze delle sette parti già composte e come
fonte esclusiva per la parte quinta. Lanza Tomasi, alla fine di un lungo excursus, conclude che le divergenze tra
il manoscritto del ’ e l’edizione curata da Bassani sono
moltissime, ma, tranne una trentina, veramente irrilevanti. Il romanzo Il Gattopardo rientra nel filone dei romanzi
autobiografici, oltre che in quello del romanzo storico,
anche se lo scrittore narra la storia di un suo antenato, il
bisnonno Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa,
vissuto negli anni cruciali del Risorgimento. C’è nell’autobiografismo il desiderio forte di lasciare un segno, una
memoria di sé, una testimonianza di ciò che si è visto e
si è vissuto. Oggi c’è dell’autobiografismo anche dietro
una vicenda non autobiografica, in cui l’autore si identifica
comunque nel personaggio della storia che racconta. Ma
il romanzo Il Gattopardo rientra, secondo Ludovico Fulci ,
oltre che nel filone autobiografico, anche nella tipologia
dei testamenti spirituali, con il suo senso di morte diffuso,
continua allusione all’ormai prossimo destino dello scrittore. È come se in punto di morte Giuseppe Tomasi di
Lampedusa abbia voluto indossare un abito da cerimonia,
anzi una maschera mortuaria che è quella del suo antenato: in questo modo l’esperienza della morte che si avvicina
viene vissuta come un’esperienza in qualche modo già consumata e, per questo motivo, meno traumatica e dolorosa.
. L. Fulci, Rivivere da Gattopardo, Armando Siciliano Editore, Messina


Prefazione
Vestire dunque i panni di un antenato è come porsi sotto
la tutela di un genitore che ci aiuti a compiere il grande
passo, secondo un rituale diffuso in tutte le religioni che
legano alla morte il culto degli avi.
In effetti l’autore si riferisce alla memoria di un passato
altrui custodito gelosamente nelle sue abitudini quotidiane, memoria che aveva messo profonde radici nella sua
vita e nel suo mondo culturale. Troviamo molti spunti
del romanzo nel primo tentativo letterario di Tomasi di
Lampedusa, I luoghi della mia prima infanzia, del , che
si ispira al mondo delle sue origini, della sua memoria
privata, della sua casa, che sono alla base dell’universo narrativo successivo. Il mondo dei Gattopardi, splendidamente descritto nel volume La Sicilia al tempo dei Gattopardi ,
scritto da Gérard Gefen e illustrato dalle bellissime fotografie di Jean–Bernard Naudin, ci riporta a quell’epoca,
caratterizzata dal fasto e da abitudini di vita ormai codificate. Nonostante la confisca dei beni ecclesiastici di cui
godevano i cadetti delle famiglie nobili, e l’ascesa degli
avvocati e dei commercianti, la nobiltà, pur rassegnata alla
perdita del suo potere spirituale e temporale, non rinunciò
al suo fasto e alle sue costose ritualità. Tra la classe dei
Gattopardi siciliani e le altre aristocrazie europee, esistevano certamente delle somiglianze, anche se la raffinatezza
quasi eccessiva che ne caratterizza gli ultimi bagliori è un
fenomeno particolarmente siciliano. Proprio questo crepuscolo che durò fino alla prima guerra mondiale, è stato
descritto, con nitida precisione, da Tomasi di Lampedusa
che ha saputo dare ai suoi personaggi l’umanità, le debo. G. Gefen, J. B. Naudin, L. Fasoli, F. Calefati di Canalotti, La Sicilia
al tempo dei Gattopardi, Vita quotidiana di un’aristocrazia, Edizioni GBM,
Messina 
Prefazione

lezze, i contrasti e le contraddizioni che li rendono così
veri. Sempre su questo mondo che sta giungendo alla sua
fine abbiamo un’altra opera autobiografica, oltre a quella
già citata dello scrittore, e cioè le memorie di Fulco di Santostefano della Cerda, duca di Verdura, scritte in inglese,
successivamente riscritte dall’autore in lingua madre e poi
tradotte e adattate in francese da Edmond Charles–Roux
con il titolo Une enfance sicilienne
I tempi di stesura dicono che Il Gattopardo non venne
scritto di getto e non c’è da meravigliarsi in quanto l’ispirazione, quando è profonda, dura a lungo, può avere
una prolungata incubazione e attraversare fasi ricorrenti. Il
protagonista è lo stesso autore e questo rappresenta un sovrappiù autobiografico che contraddistingue il romanzo,
facendone un caso a parte, un romanzo atipico, quasi inclassificabile. Il Gattopardo si presenta così come un’opera
di grande poesia, rivelandosi nel contempo un miracolo
di seduzione per l’atmosfera, gli ambienti, i personaggi
che sono entrati nell’immaginario collettivo; anche alcuni
giudizi storico–politici continuano ad affascinare, contribuendo ad amplificare il suo successo e a spiegare la realtà
politica attuale.
Se pensiamo alle condizioni dello scrittore nel dopoguerra, ci rendiamo conto che si sentiva veramente l’ultimo di un casato: il palazzo di famiglia distrutto dai bombardamenti, le ristrettezze economiche, la mancanza di
un figlio, tutto gli fa percepire in modo netto il proprio
destino. Si aggiunga a questo la coscienza ancora incerta del proprio talento, perché a sessant’anni ancora non
aveva concluso niente, le liti familiari per la divisione del. E. Charles–Roux, Fulco di Verdura, Une enfance sicilienne, Le livre
de poche, Parigi .

Prefazione
l’eredità del bisnonno astronomo, la sensazione della fine
della sua epoca e della sua famiglia. Proprio in questo
consiste l’originalità del romanzo, quella che lo rende un
caso eccezionale nel panorama dei romanzi storici, cioè il
ripensamento dell’ultimo superstite di un casato destinato
a scomparire per sempre.
C’è poi nel romanzo il tema, molto sentito e rappresentato, del passaggio dalla società feudale a quella capitalistica, cambiamento veramente epocale in Sicilia, dove
il possesso e contemporaneamente il senso della sua precarietà sono strettamente legati alla fugacità della vita e
alla morte che azzera ogni dislivello sociale. Non si può
non pensare a Mastro don Gesualdo di Verga , che sicuramente è stato uno dei punti di riferimento dell’opera di
Tomasi. La “roba”, la proprietà intesa come una forma di
privilegio, viene considerata come una dote iniziale, il cui
errato investimento può produrre effetti catastrofici sia a
livello personale che nelle vicende collettive. Si inserisce
in questo contesto una nuova sensibilità che fa ritenere
importanti non solo le radici nobiliari, quanto piuttosto il
merito personale, gli ideali e i sentimenti eletti che possono valere più di un nome e di una tradizione. Questo ci
pare essere il mondo morale in cui si muove il Principe di
Salina.
Un altro siciliano, Luigi Pirandello, aveva narrato i fasti
e le sventure del principe Laurentano e della sua famiglia
in un grande romanzo, I vecchi e i giovani , pubblicato nel
. A. Vitiello, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Sellerio Editore, Palermo
, Pagg. –
. G. Verga, Mastro don Gesualdo, Einaudi Tascabili Classici, Torino

. L. Fulci, Op. cit., pagg. –
. L. Pirandello, I vecchi e i giovani, BUR Grandi Romanzi Rizzoli,
Prefazione

, ma la cui versione definitiva è del , e sicuramente
Tomasi, uomo di lettere e cugino del poeta Lucio Piccolo,
conosceva bene anche quest’opera.
Il romanzo, dopo la faticosa fase della pubblicazione,
ricevette il premio Strega nel , divenendo il primo
best–seller italiano con oltre . copie vendute. Nel
 fu trasformato nel film omonimo di Luchino Visconti.
Il titolo del romanzo ha la sua origine nello stemma di
famiglia dei Tomasi, ed è così commentato nel romanzo
stesso: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci
sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti,
Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il
sale della terra” . Avendo scritto il romanzo a quasi un
secolo dagli accadimenti narrati, Tomasi Di Lampedusa
ha potuto far parlare il principe Fabrizio con una lucida
cognizione di causa e imprimere così alla vicenda della sua
famiglia il respiro della grande storia. Quello che ci interessa indagare, in questo saggio, è il romanzo con la sua
incredibile capacità narrativa, la sua sicilianità e al tempo
stesso modernità e con la sua visione disincantata e decadente della vita, ed il percorso che dal romanzo porta allo
splendido film realizzato da Luchino Visconti nel ; sarà
effettuata un’analisi accurata del romanzo e del film, utilizzando soprattutto la chiave psicologica, secondo i canoni
della Psicologia dell’Arte e della Letteratura, codificati dai
proff. Antonio Fusco e Rosella Tomassoni dell’Università
di Cassino.
È inoltre importante sottolineare che, nonostante siano
Bologna 
. G. Tomasi di Lampedusa, IL Gattopardo, Feltrinelli, Milano ,
pag.
. A. Fusco, R. Tomassoni, Creatività nella psicologia letteraria,
drammatica e filmica, Franco Angeli Editori, Milano 

Il mondo decadente del Gattopardo
ormai passati cinquant’anni dall’uscita del film di Visconti,
la sua visione è ancora estremamente interessante e fortemente evocativa del clima e del messaggio del romanzo
pur essendo nello stesso tempo originale e questo testimonia il fatto che, oltre al romanzo, anche il film ebbe una
sua autonomia stilistica e narrativa, attraverso l’uso geniale
del mezzo cinematografico.
Capitolo I
Il quadro storico
Giovanni Fattori, Garibaldi a Palermo,
Il quadro storico in cui si colloca il romanzo è quello
della fine del Regno delle due Sicilie e dell’inizio dello stato
italiano unitario. La Sicilia diventa il punto di osservazione
di ciò che accade in Italia: dalla spedizione dei Mille nel
 al ritorno di Garibaldi in Sicilia nel  nel tentativo,
non riuscito, di realizzare, con la presa di Roma, difesa
dalle truppe francesi di Napoleone III°, l’unità d’Italia,
fino alla costituzione del nuovo stato unitario.
La storia, la grande storia, viene raccontata dal punto di
vista del principe di Salina, protagonista del romanzo, e nel


Il mondo decadente del Gattopardo
contempo rappresentante dell’aristocrazia siciliana che è
vista come una classe sociale in declino di fronte all’ascesa
della nuova classe, la borghesia terriera, costituita dagli ex
contadini destinati a diventare i nuovi padroni.
Secondo Ludovico Fulci , Il Gattopardo, più che un romanzo storico, si può definire un romanzo storiografico,
cioè un romanzo che denuncia dall’interno le ingenuità
del romanzo storico: denuncia cioè un approccio diretto
alla vicenda, un porsi di fronte alla storia assunta come
“realtà”, in un atteggiamento già reso vacillante da correnti
di pensiero come il decadentismo e il surrealismo che ne
avevano evidenziato l’eccessiva semplicità e ingenuità. Già
all’epoca di Tomasi di Lampedusa, la realtà era una nozione molto più complessa e multiforme rispetto ad uno
sfondo sul quale si compie la vicenda del protagonista. Nel
Gattopardo infatti la realtà acquista una nuova malleabilità, una nuova precarietà e fuggevolezza; è una realtà che,
pur essendo storica, non perde la sua dimensione di fatto
narrativo, dove la storia entra a far parte dei fatti narrati
e non ne costituisce solo lo sfondo convenzionale. Di qui
la natura di romanzo storiografico che presenta l’opera
che si interroga sulla storia e le sue logiche antitetiche con
ironia e con intelligenza.
Il romanzo racconta quindi la storia di un grande cambiamento, di una trasformazione politica e sociale che,
nell’arco di un decennio, vide l’Italia diventare una nazione e riunificare la maggior parte del suo territorio. Cambiava tutto, anche se molti storici, come l’inglese Denis
Mark Smith , scrivevano che i nuovi parlamentari, senza
distinzioni di colore politico, si adoperavano, invece che
. L. Fulci, Op. cit., pag.
. D. M. Smith, Storia d’Italia dal  al , Laterza, Bari 