La crisi europea come crisi di bilancia dei pagamenti: il ruolo di T2 Andrea Papetti 29 gennaio 2014 Oggi risulta chiaro che la crisi dell’eurozona è una crisi di bilancia dei pagamenti. Cioè risulta chiaro che dall’introduzione dell’euro a oggi si è attivato un processo di divergenza nella competitività relativa tra paesi in surplus e paesi in deficit all’interno dell’eurozona, riflesso in una persistente divergenza delle partite correnti di ciascuno stato membro. La Figura 1 mostra come ci sia stata una divergenza persistente e non temporanea, come si pensava. [Fig. 1 Partite correnti Centro/Periferia] Ci muoviamo in un contesto al quale non si è pensato per tempo, che cioè non è stato anticipato né sul piano della teoria né sul piano degli assetti istituzionali: gli architetti dell’Unione Monetaria hanno considerato il saldo estero di ciascuno stato membro all’interno dell’Unione come irrilevante, proprio come tra regioni in surplus e deficit all’interno di confini nazionali. Una volta adottato l’euro, le bilance dei pagamenti non contano. Perché si è pensato così? La risposta è che il framework teorico di riferimento sosteneva che, tolto il rischio di cambio e favorita l’integrazione finanziaria, l’indebitamento estero di ciascun paese sarebbe stato destinato per scopi produttivi, sicché i deficit delle partite correnti avrebbero rappresentato una situazione temporanea di un processo di convergenza reso possibile dalla mobilità dei capitali. Che le cose non siano andate così, è oggi evidente. Gli afflussi di capitale nei paesi in deficit sono avvenuti principalmente nella forma di investimenti volatili, di breve periodo: soprattutto investimenti di portafoglio e prestiti interbancari. E proprio perché non legati da una relazione di lungo periodo, tali afflussi di capitali sono ad un certo punto terminati, in modo violento: parliamo dei c.d. “sudden stops” negli afflussi di capitale nei paesi in deficit. Sono ben visibili nella Figura 2 dove ho considerato la bilancia dei pagamenti dell’Italia, ma l’andamento non è molto differente per gli altri periferici. [Fig. 2 Italia: Conto finanziario vs conto finanziario privato] Come vedete, prima di luglio 2011 i capitali privati (linea blu) erano affluiti abbondantemente in Italia, tanto da colmare interamente il fabbisogno finanziario dell’Italia (rappresentato dalla linea rossa: il conto finanziario dell’Italia). Dopo luglio 2011 invece, l’Italia ha registrato una repentina “fuga di capitali”. Tuttavia, gli inflows totali (linea rossa) hanno continuato a crescere stabilmente. Come è stato colmato quell’evidente gap? La risposta è che quel gap è stato interamente colmato da afflussi di denaro provenienti dalla BCE attraverso operazioni di rifinanziamento (MRO, LTRO). 1 Il punto da sottolineare in questa sede è che la BCE non solo ha colmato quel gap ma lo ha fatto finanziando il repentino deflusso di capitali che lo ha creato. Perché lo ha dovuto fare ? Per assicurare che un euro in uno stato membro sia uguale a un euro in ogni altra parte dell’Unione. Ossia per mantenere la fungibilità dell’euro tra paesi garantendo che ciascuno possa muovere a piacimento i propri capitali. Tale finanziamento della BCE risulta chiaro se si confronta il ricorso del settore bancario italiano alle operazioni di rifinanziamento della BCE (linea blu in Figura 3), registrato dalla Banca d’Italia, con i saldi T2 della stessa Banca d’Italia (linea rossa), i quali registrano al netto qualsiasi tipo di movimento di capitali da o verso l’Italia all’interno dell’eurozona. Il Fatto che la linea rossa assuma valori positivi significa che c’è stato un deflusso netto di capitali dall’Italia. [Fig. 3 Italia: operazioni di rifinanziamento vs passività T2] Come vedete, dopo l’arresto improvviso intorno a luglio 2011, le due curve si sovrappongono quasi esattamente. Ciò può esser ben spiegato con la nostra ipotesi: il denaro della BCE è stato creato ad hoc per finanziare deflussi di capitale dall’Italia. I dati dicono che tali deflussi sono per la maggior parte dovuti al rimborso di crediti interbancari dei paesi in surplus, e all’acquisto di asset dei paesi in surplus, soprattutto titoli del debito pubblico nazionale detenuti all’estero. Di conseguenza, i paesi in surplus hanno richiesto sempre meno denaro alla BCE (linea grigia, pannello 1) mentre quelli in deficit ne hanno chiesto sempre di più (linea verde). Ciò è avvenuto a fronte di un ingente aumento delle attività T2 (linea rossa, pannello 2), come vedete qui in Figura 4 per la Germania [Fig. 4 Germania: operazioni di rifinanziamento vs passività T2] Ora però si tratta di riconoscere un fatto cruciale. I saldi T2 entrano nella bilancia dei pagamenti proprio come se fossero riserve di valuta estera in un regime di cambi fissi: Tuttavia, la differenza, tutt’altro che trascurabile, con il modello tradizionale è 1) che oggi nella zona euro non esistono diverse valute da tenere a riserva per preservare il cambio e 2) che, soprattutto, che la BCE può creare ex nihilo le “riserve” che servono per assecondare gli squilibri. Ogniqualvolta un paese ha uno squilibrio della bilancia dei pagamenti all’interno dell’eurozona, la BCE interviene creando riserve ad hoc (i.e. “moneta di banca centrale”) che poi si riflettono sui saldi TARGET2 che ciascuna banca centrale nazionale registra nel proprio bilancio. La Figura 5 vi mostra questa relazione contabile per l’Italia. In giallo avete la prima componente (le partite correnti), in rosso e in rosa la seconda componente (il conto finanziario privato e pubblico), in blu la terza componente (i saldi T2), in bianco la quarta (errori e omissioni). [Fig. 5 Italia: scomposizione bilancia dei pagamenti] 2 Come vedete, a partire dall’estate 2011, l’unica voce dal lato degli inflows è data proprio dai saldi T2. Il fatto che la BCE sia intervenuta per assecondare i movimenti di capitale all’interno dell’eurozona, ha preservato l’integrità dell’euro, o la sua fungibilità come si suole dire, senza però indurre alcuna simmetria negli aggiustamenti degli squilibri fra paesi membri, anzi rafforzando la dissimmetria. Ciò ha avuto necessariamente degli effetti sui tassi d’interesse, nella forma di una crescita degli spread sui titoli di stato che si è poi tradotta in differenziali nella struttura dei tassi per gli altri settori dell’economia. Se è vero che a partire da settembre 2012, dopo il discorso di Draghi del “whatever it takes” con seguente adozione delle OMT (Outright Monetary Transactions), i saldi T2 tra Centro e Periferia hanno ricominciato a equilibrarsi (come si vede in Figura 6), con l’effetto di una riduzione degli spread sui titoli pubblici, la cosa più preoccupante però è la seguente: continuano a prevalere forti spread in riferimento al finanziamento delle economie reali. In Figura 7 riporto i tassi di prestito per imprese che operano in Francia, Germania, Italia e Spagna. E’ chiaro che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è alterato. [Fig. 6 Saldi T2 Centro/Periferia prima e dopo discorso di Draghi] [Fig. 7 Monetary Financial Institution interest rates on loans to non-financial corporations] Il quadro risulta poi ancora più preoccupante se si considera che recentemente è stato stimato (dal think tank Bruegel) che l’applicazione della Taylor rule richiederebbe tassi negativi per i periferici (-15% per la Grecia!), laddove per Austria, Germania e Lussemburgo richiederebbe un tasso di circa il 4%. Per completare il quadro della crisi europea come crisi di bilancia dei pagamenti in relazione a T2 vi riporto nelle Figure 8 e 9 la scomposizione della bilancia dei pagamenti per i principali paesi europei. In quest’ottica i paesi periferici hanno storie abbastanza simili. Ancora una volta risulta chiaro come il corrispettivo dei saldi T2 non siano tanto le partite correnti quanto piuttosto movimenti speculativi di capitali nella forma di investimenti di portafoglio e prestiti interbancari. [Fig. 8 Bilancia dei pagamenti dei paesi periferici: PIIGS] [Fig. 9 Bilancia dei pagamenti di Germania e Lussemburgo] Questo è il quadro della crisi europea così come emerge sotto la lente di T2. Questo quadro va completato con l’analisi degli indici di competitività e produttività dei paesi europei che, come abbiamo visto nell’intervento precedente quantificano ancora meglio la spaccatura interna dell’eurozona. 3 È importante distinguere competitività e produttività. Lo dico perché i due concetti tendono a essere confusi nel dibattito quotidiano. Non è detto che chi è più produttivo sia anche più competitivo e viceversa. Qui la distinzione mi serve per ricordare che guardando a T2, si vede che a prescindere dalla produttività, i paesi in surplus, destinatari netti di moneta di banca centrale, godono di un indebito vantaggio competitivo garantitogli da un “meccanismo ufficiale” che offre loro non solo un mercato di sbocco per i propri beni e servizi, ma anche un basso costo del capitale e la riduzione del rischio creditizio per i privati (e anche per il settore pubblico). Sottolineo che un paese con un saldo T2 positivo, un paese del Centro, ha ricevuto più denaro dagli altri paesi membri di quanto non abbia speso verso di loro, beneficiando delle iniezioni di liquidità della BCE che gli hanno permesso di riscuotere il pagamento di crediti privati nei confronti della Periferia, sui quali altrimenti avrebbe registrato perdite. E il rischio di deterioramento di questi crediti è ora assunto in solido dal sistema europeo delle banche centrali. Sicché, qualora ci fossero perdite sottostanti ai saldi T2 ciascun paese concorrerebbe in proporzione alla propria quota di partecipazione nel capitale della BCE. Infine, all’origine della divergenza odierna c’è proprio il fatto che questi paesi in surplus, con un saldo T2 positivo, non utilizzano il proprio potere d’acquisto che si è originato proprio grazie a T2. Alla luce di questo quadro, vorrei infine presentarvi quelli che mi sembrano essere i pregi e i difetti di T2. Pregi: - T2 è un sistema di pagamento molto efficiente che consente di effettuare e regolare transazioni intra-europee in moneta di banca centrale, con finalità immediata. In sostanza, T2 è una camera di compensazione che collega tutte le BCN nell’eurozona, in cui saldi appaiono in contabilità come in un modello ideale di Clearing Union à la Keynes. - In T2 la creazione e la distruzione monetarie da parte della BCE avvengono in contemporanea all’esecuzione di una transazione intra-europea da parte di una banca privata; Difetti - T2 permette di procrastinare indefinitamente il riequilibrio reale e finanziario. Questo perché, mentre è possibile una creazione di base monetaria ad hoc per finanziare i paesi in deficit, non c’è alcun incentivo per i paesi in surplus a “spendere” i propri crediti - Non esiste alcun meccanismo di aggiustamento simmetrico tra paesi in surplus/deficit che riconosca la solidarietà implicita nel funzionamento di T2. (Come ho detto prima, i crediti T2 sono garantiti in solido da tutti i paesi dell’eurozona); - T2 ha finanziato prevalentemente transazioni di natura speculativa (investimenti di portafoglio) e prestiti interbancari e non transazioni commerciali (partite correnti); - I saldi T2 non sono riconosciuti per quello che sono. Essi infatti, per come vengono originati, non sono veri e propri crediti/debiti, nel senso che non implicano alcun diritto a essere “pagati” né alcun dovere di “pagare”. 4 Gli attivi e i passivi di T2 dovrebbero, per come sono generati, essere considerati piuttosto come diritti-doveri di “spendere” nel caso di un attivo e diritti-doveri di “vendere” nel caso di un passivo. Ma questa ultima osservazione mi porta alla domanda seguente: come sfruttare i pregi di T2, correggendone i difetti? Alla luce dell’analisi che vi ho presentato ci sono almeno tre obiettivi per una riforma dell’architettura monetaria europea: 1. Ristabilire il meccanismo di trasmissione della politica monetaria della BCE; 2. Istituire una struttura monetaria che permetta un equilibrio delle bilance dei pagamenti interno all’UEM1; 3. Evitare che episodi di sudden stops possano ripetersi. E tali obiettivi potrebbero essere così declinati nello specifico: Fare in modo che la creazione monetaria per mezzo delle operazioni di rifinanziamento della BCE sottostante ai saldi Target finanzi prevalentemente transazioni commerciali e investimenti diretti; fare in modo che ciò induca la corretta allocazione dei capitali in ragione della sostenibilità del saldo estero di ciascun paese. Noi abbiamo provato a pensare a una riforma con tali obiettivi. Ve ne parlerà Fantacci nel prossimo intervento. Fantacci, nel prossimo intervento, proverà a dare una risposta presentando la nostra proposta di riforma. 5
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