Frequenze, di nuovo caos? - Corriere delle comunicazioni

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IL
FOCUS
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I nodi del 4G
DELLE
2
n°6. 7 aprile 2014
La prima questione sul tavolo è il destino
dei 700 MHz occupati dalla Tv mentre
il resto d’Europa li libera per il mobile
Frequenze, di nuovo caos?
► Torna l’emergenza spettro. Sassano: «Urgente pianificare le risorse per coordinarci
con i Paesi vicini. E in prospettiva è necessario liberare risorse per la banda larga mobile»
alessandrolongo
«V
edrete: nel corso di
quest’anno scoppierà di
nuovo il problema delle
frequenze. Dovremo ripianificarle per
coordinarci con i Paesi vicini e in prospettiva liberare risorse per la banda larga
mobile”. Antonio Sassano, docente
della Sapienza, torna a parlare di quello
che è sempre stato il suo pane quotidiano:
il piano frequenze e le scelte da fare perché
l’Italia faccia un utilizzo ottimale di una
risorsa scarsa e preziosa, lo spettro. Sono
due le questioni sul tavolo. La prima è il
destino della banda 700 MHz, adesso da
noi occupata dalla televisione e che nel
resto d’Europa e del mondo va sempre
più verso l’assegnazione alla banda larga
mobile (come indicato anche dagli organismi internazionali competenti, Itu e Commissione europea). La seconda riguarda
tutti quei piccoli grandi aggiustamenti
necessari, nello spettro, per dare alla banda
larga mobile risorse ora utilizzate poco o
male dagli attuali ufficiali assegnatari.
Il bisogno di ottimizzare l’uso dello
spettro è una delle indicazioni presenti
nel Rapporto Caio alla Presidenza del
Consiglio (del precedente Governo Letta).
Il rapporto, sulla scorta delle analisi della
Fondazione Ugo Bordoni (ministero
dello Sviluppo economico), a pagina 25
consiglia al Governo di approfittare di
questa spinta internazionale verso l’assegnazione di risorse alla banda larga
mobile. Priorità è assegnarle la banda
UHF L (1452-1492 MHz), che in Italia
non è assegnata e a livello internazionale è
destinata a “supplemental downlink”. Cioè
aiuterebbe gli operatori ad aumentare la
velocità di download su rete mobile. Nel
medio termine (2015-2020) il rapporto
consiglia di occuparsi invece di tre bande:
700 MHz, 2.3-2.4 GHz e 3.6-3.8 GHz. Il
nodo principale sono, di gran lunga, i 700
MHz, perché fortemente occupati dalla
Tv in Italia. Sono inoltre anche frequen-
Dal 2017 la «fame»
di nuova banda.
Ma un’altra asta
è difficilmente
sostenibile da parte
delle telco mobili
ze molto pregiate. Le migliori - quanto a
capacità di copertura territorialev- tra tutte
quelle assegnate finora alle reti mobili.
L’Italia potrebbe essere tentata di mettere la testa sotto la sabbia, per il nodo dei
700 MHz, un po’ come ha fatto per anni
per gli 800 MHz (liberati solo a fatica delle
tivù, per metterli poi all’asta del 4G).
Peccato che questa volta non lo possa
fare. Il motivo è semplice: “I Paesi confinanti hanno già deciso di adottare i 700
MHz per la banda larga mobile, dal 2015.
In alcune regioni, le nostre Tv dovranno
allora spegnere il segnale, per non cau-
sare forti interferenze alle reti mobili dei
Paesi vicini”, spiega Sassano. Le emittenti televisive hanno infatti una potenza
molto superiore rispetto alle antenne radiomobili. Invaderebbero quindi i Paesi
confinanti, disturbando le comunicazioni
mobili. In questo scenario, l’Italia sarebbe
sommersa dalle proteste internazionali
e comunque alla fine sarebbe costretta
a rimediare (com’è avvenuto con il De-
mezzo per risolvere la cosa, che i Governi
hanno totalmente ignorato negli anni precedenti, nonostante l’allarme lanciato da
Sassano già dopo il Wrc 2012, anche sul
nostro giornale. Già allora Sassano diceva
“abbiamo solo tre anni e sono pochissimi”.
Adesso si sono dimezzati. Sarà forse più
facile assegnare alle reti mobili porzioni
di 2.3-2.4 e 3.6-3.8 GHz, che in Italia sono
utilizzati solo in scenari particolari (ad
stinazione Italia, che destina 20 milioni
per risolvere interferenze tv con Malta,
Croazia e Slovenia).
Insomma, in una zona come il Mediterraneo non possono convivere reti
televisive e banda larga mobile sulle stesse
frequenze. Questa impostazione, per cui
i 700 MHz dovranno passare tutti alle
reti mobili, si è affermata durante la conferenza internazionale Itu Wrc 2012. La
prossima sarà a novembre 2015, quando
l’Italia come gli altri Paesi dovrà indicare il proprio piano di riallocazione dello
spettro. È un problema soprattutto per
l’Italia perché più degli altri ha una banda
700 MHz occupata dalle Tv; pesa anche la
vicinanza con il Nord Africa, che preme
per l’assegnazione di quelle frequenze
alla banda larga mobile.
Il nostro Paese subisce ora le conseguenze di non aver presenziato il Wrc
2012, dove altrimenti avrebbe potuto far
passare una roadmap più graduale per la
liberazione dei 700 MHz. “Adesso probabilmente è troppo tardi. Vincerà definitivamente la posizione che vuole dare i 700
MHz alle reti mobili tutti e subito”, dice
Sassano. Abbiamo insomma un anno e
esempio per ponti radio). Bisognerà però
accettare un cambio di paradigma, che
si sta affermando all’estero: il licensed
shared access, con cui le risorse spettrali
sono condivise tra diversi assegnatari, in
diverse zone. È una svolta culturale rispetto all’approccio dominante da sempre in
Italia. Dove chi ha ricevuto frequenze le
conserva per sempre e non deve rendere
conto a nessuno, anche se e utilizza poco
o per niente.
Gli operatori mobili non dovrebbero avere bisogno di nuove frequenze,
nell’immediato: ma solo dal 2017 circa.
Forse però vogliono solo prendere tempo
per paura di dover investire subito altri
milioni in un’asta. Anche a tal proposito,
il Governo dovrà decidere: fare un’altra
asta che massimizzi i ricavi per lo Stato
indebolendo la capacità degli operatori di
investire in reti e servizi? Oppure - come
suggerito da vari esperti- offrire le nuove
frequenze a titolo gratuito a mo’ di incentivo per l’innovazione? Su vari fronti, la
questione dello spettro, sollevata dallo
sviluppo tecnologico della banda larga
mobile, costringe l’Italia a maturare nelle
politiche digitali.