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lunedì ore 22.15 (replica martedì ore 13.10)
LA 2 DOC
Il piacere del documentario
A cura di Bruno Bergomi
7.4.2014
La democrazia non va in onda
di Yorgos Avgeropoulos (51’05”’ 16:9)
L’11 giugno del 2013, il Governo greco annuncia senza
preavviso la chiusura della ERT, l’azienda
radiotelevisiva di Stato. Quella stessa sera, dopo 75
anni di trasmissioni, le frequenze vengono interrotte.
Schermi neri e radio mute scioccano la popolazione e
scatenano un’ondata di reazioni internazionali. Il
documentario racconta gli eventi di quei giorni
surreali e drammatici: la ribellione dei dipendenti
decisi a continuare il lavoro, l’evacuazione degli stabili
da parte della polizia anti-sommossa, senza dimenticare le implicazioni politiche e finanziarie
del black-out forzato. La decisione di chiudere veniva giustificata come una delle misure di
risparmio per sanare la disastrosa situazione economica in cui versava la nazione. In realtà
ha favorito un consorzio televisivo privato assicurando al contempo al Governo il controllo
politico dei mass media poco prima che la Grecia assumesse la presidenza dell’ EU. Il
documentario mette in rilievo l’incerto futuro dei network statali e dunque del servizio
pubblico democratico e indipendente.
Un riparo dalla strada (Uruguay)
di Luca Trovellesi Cesana (30’01” 16:9)
La vibrante testimonianza di Padre Mateo Mendez ci
porta nel cuore del progetto Minga. A Las Piedras,
Uruguay, offre un'alternativa ai tanti ragazzi che
incontra lungo le sue strade, in situazione di degrado
e abbandono. Come Esteban, che dopo un'infanzia
segnata dalla droga e dalle dure regole della strada,
è riuscito a riscattarsi. Ha iniziato a studiare e oggi,
diventato maggiorenne, andrà a vivere in un
appartamento donatogli da Minga.
Conosciamo anche i volontari di Capitanes de la Arena, che a Montevideo hanno creato una
casa famiglia “a porta aperta” per i tanti adolescenti che abbandonano la propria casa per
fuggire da situazioni di abuso, violenza, degrado. Qui, trovano una ragione per vivere.
14.4.2014
Jacqueline Veuve
di Emmanuelle de Riedmatten (29’ 16:9)
“Che si tratti del cerchio ristretto della propria famiglia o di
quello allargato della cultura alpina, di un’indagine sociale su
un mercato di villaggio o della pratica vitivinicola che oscilla
tra l’artigianale e l’industriale, Veuve ha dato forma a una
singolare visione della Svizzera capace di rispecchiarsi
naturalmente in un pubblico, che l’ha seguita passo dopo
passo, fino a farne una della figure più note e amate”. Scriveva
così nell’agosto 2013 Carlo Chatrian, direttore artistico del
Festival di Locarno, ricordando la figura della cineasta romanda Jacqueline Veuve,
scomparsa qualche mese prima. Questa straordinaria donna, alla quale il cinema svizzero
deve molto, è anche legata al Festival di Locarno dove, nel 1978, ha esordito con il suo primo
lungometraggio. Nella sua lunga carriera Veuve ha firmato una sessantina di opere tra cui
una trentina documentari. In questo primo omaggio, realizzato dopo la sua scomparsa, la
regista Emmanuelle de Riedmatten ha colto l’occasione per mettere in luce l’importante
contributo di Jacqueline Veuve al cinema svizzero e mondiale.
Non c’era nessuna signora a quel tavolo: il cinema di Cecilia Mangini
di Davide Barletti e Lorenzo Conte (65’58” 16:9)
È il racconto di una vita dedicata al cinema e per il cinema. È
la storia di Cecilia Mangini, documentarista, fotografa,
intellettuale che ha raccontato con i suoi film 40 anni di storia
italiana. Testarda e anticonformista, la regista pugliese ha
mostrato un’Italia diversa da quella dei racconti ufficiali. Il
documentario ci propone le immagini di un’Italia solo
apparentemente lontana nel tempo, quella del nascente
boom economico, con le sue lacerazioni, i suoi drammi e la
sua vitalità ma anche il racconto di un mondo contadino e arcaico che scompare, incapace di
resistere all’avanzata del progresso. Cecilia Mangini (Mola di Bari, 1927) esordisce nel 1958
con Ignoti alla città e successivamente firma capolavori come Stendalì-suonano ancora
(1960), La canta delle marane (1960), All’armi siam fascisti (1961) -con Lino Del Frà e Lino
Miccichè-, Essere donne (1964). Intensa e proficua è stata la collaborazione con Pierpaolo
Pasolini il quale ha firmato i testi di molti suoi lavori. Ha diretto oltre 40 documentari,
realizzato reportages fotografici, firmato sceneggiature di film. Attualmente vive a Roma.
21.4.2014
Un fiume d’amore
di Agnes Sós (67’21” 16:9)
Amore e passione riempiono i pensieri degli abitanti di
un villaggio della Transilvania. In questa remota località,
il tempo sembra essersi fermato. Sebbene la maggior
parte della popolazione sia anziana, qui i cuori sono
rimasti giovani e vitali. Feri ad esempio ha superato gli
ottanta anni ma da inguaribile romantico continua a
corteggiare le 25 vedove del paese anche se afferma che
solo due o tre valgano davvero lo sforzo. Di fronte alla
videocamera le donne parlano apertamente dei loro
sogni più segreti. Questi racconti tragicomici dimostrano che amore e corteggiamento
prosperano ancora tra le viuzze del paesino avvolto in un’atmosfera magica e surreale, la
passione resiste tenace all’inesorabile scorrere del tempo.
28.4.2014
La Deutsche Vita
di Alessandro Cassigoli (52’ 16:9)
Un viaggio agro-dolce, che si snoda tra i ricordi di vita
legati alla patria lasciata sette anni prima (l'Italia) e le
nuove abitudini di una Deutsche Vita in Germania,
paese d'approdo e di residenza. A sette anni dalla
decisione di partire per l'estero, Alessandro è in piena
crisi d'identità. E così, per meglio capire il proprio
percorso, intraprende un viaggio per le strade di
Berlino alla ricerca di italiani con i quali confrontarsi.
Dove comprano la pasta e i pomodori pelati? Come
sono sopravvissuti ad anni di rigore, grigiore e caffé annacquato? Come hanno retto ai
nuovi ritmi della Deutsche Vita? Cosa li ha spinti a partire? e cosa a restare? Una serie di
incontri a tratti tragicomici, a volte esilaranti. Alessandro realizzerà che la parabola della
piccola ed eroica comunità italo-berlinese ricalca la stessa di molte altre sparse nel mondo,
non senza sorprese però!
La macchina della solidarietà
di Paolo Barberi e Riccardo Russo (30’ 16:9)
Nel 2012, dopo un decennio di carestie causate
dalla mancanza di piogge, le nazioni del Sahel
sono state colpite di nuovo da una terribile siccità
che avrebbe potuto mettere in serio pericolo la
sopravvivenza di 15 milioni di persone distribuite
tra Niger, Chad, Burkina Faso e Mali. Ma per la
prima volta, nuovi sistemi di prevenzione, uniti a
una collaborazione efficiente tra governi locali e
organizzazioni internazionali, hanno permesso il lancio di una gigantesca quanto efficace
operazione umanitaria. L’intervento, finanziato dall’Unione Europea e coordinato sul campo
dal Programma Alimentare Mondiale, (WFP in inglese), non ha avuto per unico scopo quello
di scongiurare la fame a breve termine. Era infatti importante garantire alle nazioni toccate
dal disastro una capacità di recupero locale, indipendente e duratura. Il documentario cerca
di porre nuove domande in merito alle relazioni tra nazioni industrializzate e paesi in via di
sviluppo attraverso il racconto dei protagonisti di questa immensa “catena umana”, le
interviste raccolgono le impressioni sia dei beneficiari dell’aiuto sia dei collaboratori della
cosiddetta “macchina della solidarietà”.
5.5.2014
Il grande bugiardo
di Samantha Grant (76’ 16:9)
In Svizzera è molto probabile che nessuno sappia
chi sia Jayson Blair, ma negli Stati Uniti è
considerato il più famoso e sfacciato plagiario dei
nostri tempi. Blair infatti è l’uomo responsabile del
gigantesco scandalo che ha minato la credibilità
del New York Times e quella di tutto il mondo del
giornalismo. Nel 2003, Blair venne scoperto in
flagrante delitto, da anni copiava senza alcun
ritegno il lavoro di altri reporter utilizzandolo per i propri articoli e non contento aggiungeva
dettagli falsi. L’anno prima che Blair venisse accusato di plagio, il New York Times aveva
vinto ben 7 Premi Pulitzer - il massimo riconoscimento letterario degli Stati Uniti..
Una beffa terribile soprattutto per il grande quotidiano.
La stampa scandalistica non si è lasciata sfuggire il ghiotto boccone anche perché il
colpevole era un afro-americano, aspetto razziale enfatizzato ad hoc, insieme a una marea
di sordidi particolari sulla sua persona. In questo documentario, l’intera vicenda - una vera e
propria “soap-opera”fatta di inganni, abuso di droghe, razzismo, malattie mentali e lotta per
il potere - viene raccontata in prima persona dal protagonista.
12.5.2014
La bambina delle stelle
di Hugo Latulippe (82’ 16:9)
Alphée è una bimba di cinque anni portatrice di una rarissima e
incurabile malattia genetica che ne ostacola, ritardandolo, il suo
sviluppo. Di fronte ai pronostici pessimistici dei medici e all'ipotesi di
collocarla in un istituto specializzato, i genitori decidono di giocare il
tutto per tutto e di trasferirsi per un anno in Europa stabilendosi nel
villaggio d'origine della mamma. Qui, lontano dalla frenesia
cittadina, avranno il tempo di consacrarsi esclusivamente alla
piccola Alphée. Una scommessa vinta: giorno dopo giorno, sotto lo
sguardo paziente e intenerito dei genitori e del fratellino, Alphée
sboccia come i fiori delle montagne che la circondano tanto da
essere accolta nella piccola scuola del villaggio. Una favola dei
giorni nostri raccontata in prima persona e con tenera
partecipazione dal papà, il regista Hugo Latulippe.
19.5.2014
Waste Land - L’arte del riciclo
di Lucy Walker (99’10” 16:9)
Il fotografo di fama mondiale Vik Muniz dalla sua casa
di Brooklyn, ritorna al nativo Brasile e alla discarica più
grande del mondo. Sull’arco di alcuni anni a “Jardim
Gramacho”, nella periferia di Rio de Janeiro, Muniz
segue questa terra desolata. Inizia a ritrarre attraverso
la fotografia un gruppo di “catadores”, uomini, donne
e ragazzini che ogni giorno scalano montagne di rifiuti
e frugano tra l’immondizia alla ricerca di materiali
riciclabili da poter vendere o barattare. Il celebre
artista brasiliano viene colpito dalla “forza” di questa popolazione e lascia che l’idea iniziale
si trasformi in un progetto “umanitario” che coinvolga i “catadores” stessi. La regista inglese
Lucy Walker documenta l’evoluzione di questa “performance” degli “abitanti di Jardim
Gramacho che, con le proprie mani, hanno creato un’opera d’arte dai rifiuti che loro stessi
hanno raccolto. Lo scorso anno, la discarica più grande del mondo, dopo innumerevoli ritardi
e polemiche, è stata definitivamente chiusa.
26.5.2014
Il mercato della fame
di Yves Billy e Sylvain Roumette (80’ 16:9)
Ogni giorno vengono al mondo oltre 200 mila nuove
bocche da sfamare e più di un miliardo di esseri umani
patisce la fame. Le terre coltivabili ormai valgono
quanto l’oro e i prodotti agricoli sono preziosi come il
petrolio. Di recente, lo sviluppo delle ricerche
scientifiche sulla nutrizione ha cambiato in maniera
radicale i paradigmi dell’aiuto alimentare. Gli studiosi
hanno dimostrato che la quantità conta meno della
qualità degli alimenti. L’India ad esempio è la maggior
esportatrice di grano del mondo, ma è anche una delle nazioni maggiormente colpite dalla
malnutrizione. I grandi gruppi alimentari vogliono sfruttare l’enorme potenziale del mercato
della fame, costituito da un miliardo di persone. Non a caso sono già presenti con le loro
filiali in Africa, Asia e America del Sud. In gioco, oltre agli immensi interessi finanziari, c’è la
sicurezza alimentare dei paesi poveri e la loro stabilità politica minacciata dall’esplosione
demografica, da un processo accelerato di urbanizzazione e dalle conseguenze spesso
catastrofiche dei cambiamenti climatici.
2.6.2014
Il mito Maracanã
di Gerhard Schick (90’ 16:9)
Per molti decenni è stato lo stadio più grande del
mondo. Qui sono nate leggende dello sport come Pelé
e Ronaldo, sono avvenuti drammi e si sono organizzate
feste. Grandi star come Frank Sinatra, Tina Turner e
Madonna hanno tenuto qui colossali concerti davanti a
più di 180.000 spettatori. Papa Giovanni Paolo II vi ha
celebrato la più grande messa su territorio
latinoamericano. L'Estádio Mário Filho, comunemente
chiamato Maracanã rappresenta il sogno di
raggiungere l'Olimpo. Tutto comincia il 16 luglio del 1950. Il Brasile aspetta febbricitante
l'ultima partita dei mondiali al Maracanã nessuno dubita che il paese ospitante riuscirà a
battere il modesto Uruguay. I giornali sono stati stampati, la festa per la vittoria è stata
organizzata. Ma è proprio allora che accade ciò che nessuno si aspettava. Alcides Ghiggia
segna il gol della vittoria - per l'Uruguay! Tutto il paese è sotto shock, tre spettatori muoiono
d'infarto, un quarto si butta dalla tribuna. I mondiali persi nel proprio paese; un trauma che
ancora oggi è ben presente nell'anima calcistica dei brasiliani. Per i mondiali del 2014 e per i
giochi olimpici del 2016, il mondo sarà di nuovo ospite del Brasile. Lo stadio viene restaurato
con grandi spese per offrire uno scenario degno agli spettacoli che verranno. Il quartiere del
Maracanã ospita la più antica favela del mondo, i suoi abitanti hanno una visione molto
personale dei lavori di restauro e di pulizia del leggendario tempio delle emozioni... Il
Maracanã è simbolo di un paese in cui le cose orribili e quelle belle sono vicine tra loro come
da quasi nessun'altra parte nel mondo e dove per un tempo che non va oltre le due
settimane si accendono i sogni di migliaia di persone in tutto il mondo.