corrieredelmezzogiorno.it LUNEDÌ 20 OTTOBRE 2014 ANNO IX - N. 32 Distribuito con il Corriere della Sera - Non vendibile separatamente EUROSTAT AGRICOLTURA COMMERCIO Il Mezzogiorno insegue il Nord anche sul turismo La filiera di Armando raggiunge 9 regioni partendo dall’Irpinia Non solo Serpentone e Guida: a Napoli è allarme chiusure CARBONARA A PAGINA XI A PAGINA XV CASTELLANETA A PAGINA VIII CM Lo studio Excelsior 2014 Ecco la lista delle professioni per le quali le aziende non trovano disponibilità IL PUNTO Guardare al Jobs act più per la formazione che per l’articolo 18 DI EMANUELE IMPERIALI L’ aspro confronto in atto sull’articolo 18 riguarda solo marginalmente il Mezzogiorno, dove le imprese con più di 15 dipendenti sono circa 5.200, non raggiungendo neppure il 5% delle poco più di 105 mila mediograndi oggi attive in Italia. Se complessivamente i lavoratori occupati nel Mezzogiorno tutelati dall’articolo 18 sono 320 mila è grasso che cola. Non è un caso se al Sud, quando si volle imprimere una svolta in direzione dello sviluppo come 15 anni fa con lo snodo strategico del porto di Gioia Tauro, si stipulò un Contratto d’area che innovava fortemente in tema di flessibilità dell’utilizzo della manodopera e di retribuzione per i nuovi assunti. Con buona pace del totem ideologico costituito dall’articolo 18. Sugli altri punti della delega del Jobs act, invece, le misure che riguardano il Sud sono numerose e importanti: dall’abolizione dei contratti precari, diffusissimi nelle regioni meridionali, alla questione del demansionamento. Prendiamo il caso emblematico della contrattazione di secondo livello, che il governo Renzi col Jobs act estende, riducendo nel contempo il peso del contratto unico nazionale: è applicata solo nel 7,6% delle imprese industriali con più di venti dipendenti al Sud, con una copertura che non supera il 17,6% degli addetti, contro il 27% di quelle del Centro Nord, con una copertura pari al 53,6% degli addetti. Una delle novità del Jobs act, che rappresenta una svolta per il Mezzogiorno, da precisare e definire nei decreti delegati, è l’istituzione di un’Agenzia unica federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali. Rivedendo e rivoluzionando competenze tra loro diverse, in quanto attualmente le politiche per l’impiego sono materia regionale e i centri per l’impiego di competenza provinciale. Si tratta, cioè, di avviare una politica attiva del lavoro e della formazione, che finora in Italia è stata solo un vuoto simulacro. Questo sistema soffre, peraltro, di un forte divario territoriale tra Nord e Sud, i sistemi informativi del lavoro sono spesso differenti da regione a regione, l’incrocio tra domanda e offerta di occupazione è carente. Infatti i centri per l’impiego pubblici intermediano appena il 5% dei rapporti di lavoro, la stragrande maggioranza delle opportunità passa attraverso le agenzie private. Occupazione Il lavoro che c’è al Sud I 50 mestieri che nessuno vuole fare DI MICHELANGELO BORRILLO 1 C on un tasso di disoccupazione che al Sud supera il 20% ci sono 50 mestieri e professioni che al Mezzogiorno nessuno vuole fare. Posti per i quali domanda e offerta di lavoro non riescono a incontrarsi. In Puglia scarseggiano gli elettricisti, in Campania mancano i professionisti dell’informatica, in Sicilia i fisioterapisti, in Calabria i camerieri e in Basilicata gli esperti di beni culturali. E sono solo alcuni esempi. Perché secondo i dati Excelsior 2014 sono 10 le figure introvabili per ciascuna delle 5 regioni meridionali. Le richieste senza offerta Il rapporto I numeri di Bachelor Laureate meridionali con meno opportunità Poche occasioni, stipendi più bassi DI PAOLO GRASSI F anno più fatica a trovare un impiego e, quando ci riescono, sono spesso pagate meno degli uomini. Per le laureate la parità sembra essere un obiettivo ancora lontano. È quanto emerge dal III Rapporto Bachelor sui “Giovani in cammino tra università e carriera” che analizza aspirazioni, percezioni e offre una radiografia della situazione occupazionale, retributiva e contrattuale, a partire da un campione di 1.000 laureati italiani che vengono monitorati a distanza di 4 anni dal conseguimento della laurea. Un dossier che Bachelor ha integrato con tutti i dati relativi al Sud per Mezzogiorno Economia. A PAGINA II I casi ALLE PAGINE IV E V Affinita (Sapa): «Un anno di ricerca per un verniciatore» La storia La scelta dell’ad della Gts «Io, confindustriale restituirò subito il Tfr» DI PAOLA CACACE Più di un anno per trovare un verniciatore: l’esperienza della Sapa di Arpaia (Benevento). Muciaccia: «Sono soldi dei lavoratori» Alla Farmalabor: «Scuola a due passi e noi senza tecnici» DI VITO FATIGUSO F orse qualche mio collega di Confindustria storcerà il naso, ma la verità è che i soldi sono dei lavoratori e spetta a loro decidere come utilizzarli. Dall’inizio del prossimo anno i nostri dipendenti potranno scegliere se avere in busta paga il trattamento di fine rapporto e altri elementi accessori in busta paga. D’altronde in tutto il mondo funziona così». Alessio Muciaccia, amministratore delegato della Gts di Bari (società specializzata nella logistica intermodale) e presidente della sezione Trasporti di Confindustria Bari ha deciso: accoglie, in tema di crescita della busta paga, il Renzi-pensiero. DI FRANCESCO STRIPPOLI La Farmalabor di Canosa: «Un istituto diploma tecnici a due passi da noi, ma non ci ha mai inviato curricula». © RIPRODUZIONE RISERVATA A PAGINA III A PAGINA VII La start-up Al posto delle classiche spirali piene di snack e bibite i prodotti del brand desiderato Wib, il rivenditore «in scatola» è Made in Sicilia Dall’e-commerce al retail col distributore automatico «Warehouse in a box» P rendete il cellulare e connettetevi al distributore automatico più vicino. Scegliete i prodotti che volete e poi andate al distributore. Premete il touch screen e la spesa è fatta. È la nuova frontiera del commercio Made in Sicilia. È la Wib-machine, (Warehouse in a box), un distributore automatico smart che unisce l’e-commerce ai retail store dei grandi marchi. «La Wib — spiega Nino Lo Iacono, ceo della start-up palermitana — è modulabile così che ogni cliente possa far inserire al suo interno i propri prodotti creando un rivenditore in scatola». In poche parole Wib al posto delle classiche spirali piene di snack e bibite ha dei comparti adattabili al prodotto del brand che ha richiesto il distributore: cibo, ma anche accessori e prodotti di elettronica. Infinite possibilità per avere un proprio retail store aperto 24 ore su 24. Ecco che il consumatore, grazie a un’app, scopre quali distributori ci sono nella sua zona e può prenotare i prodotti via internet per poi ritirarli alla Wib. «Volevamo — spiega Lo Iacono — creare il negozio del futuro. Consentendo così ai nostri clienti, i marchi che vogliono la Wib di mettere un mini-store anche in punti ad alto transito: aeroporti, stazioni. Il tutto con un investimento minimo. Basta rivolgersi a noi e anche il più im- Il primo accordo L’esordio di una Wib stabile a Catania: intesa con Coop portante marchio della grande distribuzione può avere nel giro di 45 giorni la propria Wib, ovunque voglia in Italia e non solo». Infatti i 3 startupper di Wib, Lo Iacono, Marco Bicocchi Pichi e Francesco Patronaggio stanno già concludendo gli accordi con una serie di clienti di vario genere della Gdo. Il primo cliente, però, a installare una Wib in maniera stabile sarà la Coop. «A giorni ci sarà la prima Wib stabile a Catania. Ma è già stata prenotata la seconda, per un altro nostro cliente in Romania e abbiamo anche già preso contatti con marchi australiani e di altri Paesi». Che sia davvero il commercio del futuro? Ne sembrano convinti i tanti investitori che si sono interessati a Wib nel suo primo anno di vita. La start-up siciliana ha infatti raccolto oltre 750 mila euro tra fondi venture (in particolare di Vertis Sgr) e crowdfunding, ed è riuscita anche a conquistare l’Intel vincendo l’Intelligent Vending Competition del 2014. PA. CA. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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