N° 24 Novembre-Dicembre 2014 - Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO - Edizioni Catering srl – Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) - contiene I.P. - costo copia euro 3,50 www.ristorazionecatering.it Ristorazione Catering & Bruno Piraccini la fiducia si guadagna, non si chiede MAESTRI CIBO GIUSTO PECCATI DI GOLA Aimo e Nadia Una contagiosa umanità Cioccolato, che passione Tradizionale o moderno? Sempre panettone MENÙ Componi il tuo menù sommario Pag. 7 • Protagonisti la fiducia si guadagna, non si chiede Conversazione con Bruno Piraccini e Daniele Lambertini di Orogel di Luigi Franchi Pag. 15 • fuori casa La rivoluzione bio di Mariangela Molinari valledoro, 60 anni di bell’impresa di Roberto Martinelli Pag. 20 • Opinioni a confronto Roberto Brioschi, restaurant manager Derby Grill Marco Merighi, maître e sommelier Il Don Giovanni Sandra Longinotti, giornalista e food stylist Pag. 22 • Maestri Aimo e nadia moroni una contagiosa umanità di Luigi Franchi Pag. 26 • Cibo giusto cioccolato che passione di Luca Bonacini Perchè utilizzare Componi il tuo menù? • • • Per risparmiare tempo. Per poter tradurre il tuo menù in inglese, spagnolo, francese, tedesco e russo. Per essere ispirati dalle sempre più numerose ricette disponibili. Pag. 28 • Peccati di gola tradizionale o moderno, sempre panettone di Marina Caccialanza Pag. 31 • A PROPOSITO DI... etichettatura, nuove norme comunitarie di Antonio Longo Pag. 34 • Meglio Prenotare Da Cesare, bottega e ristorante Da Mimmo Pag. 36 • Rist’ho expoaccoglienza di Mariangela Molinari Pag. 48 • Distribuzione RZ service, continuità di servizio e puntualità nelle consegne di Guido Parri Pag. 51 • Private Label zampone e cotechino, salumi che fanno la storia di Guido Parri Pag. 54 • Logistica il grossista moderno di Mariangela Molinari Registrati e personalizza il tuo menù in pochi passi su www.unileverfoodsolutions.it Pag. 64 • Buon bere chicchi di cultura di Alessandra Locatelli Pag. 67 • Case history Pag. 18 • SALA E CUCINA tutto bene? di Luigi Franchi Uno strumento gratuito per comporre e tradurre facilmente il tuo menù Pag. 61 • etichetta wapple, aperitivo o da tutto pasto? di Mario Zuffada l’arte culinaria di wiberg di Roberto Martinelli due tigli, azienda dinamica al servizio della ristorazione di Eugenio Negri zarpellon: innovare nel solco della tradizione di Valentino Serra Pag. 64 • COSA SUCCEDE ROLLI ALIMENTARI DEMETRA KOCH OLEIFICIO ZUCCHI CALLIPO AGUGIARO & FIGNA formec biffi RUBRICHE il tuo Pag. 5 • Editoriale di Roberto Martinelli Pag. 11 • opinione di Mauro Entradi Pag. 13 • Professione cuoco di Roberto Carcangiu Pag. 39 • NOI DI SALA di Giuseppe Palmieri Pag. 41 • Matita Rossa di Giuseppe Schipano Pag. 43 • Analisi di Mauro Lamparelli Pag. 45 • MANGIARE SICURO di Valentina Gradone Pag. 57 • Consulenza di Alberto Fugagnoli Pag. 59 • Perbacco di Giuseppe Vaccarini Pag. 80 • Libri per voi di Luca Galavotti ristorazione&catering 3 novembre/dicembre duemila14 www.le5stagioni.it EDITORIALE di Roberto Martinelli direttore responsabile Una sola idea ma chiara L il meglio o niente... AgugiAro&FignA Molini è l’unico molino italiano A produrre il lievito MAdre disidrAtAto per pizzA. il lievito madre in polvere naturkraft, frutto del Centro di ricerca&sviluppo dell’azienda: •mantienetuttalacaricaenzimaticaoriginaledel lievitomadrefresco,indispensabilepergarantireladigeribilità •aggiuntoallatradizionalericettad’impastonemigliora croccantezza, fragranza e sapore. SEGUI “LE 5 STAGIONI” SU FACEBOOK Le 5 Stagioni- Via monte nero, 111 35010 curtarolo (PD) Tel.+39049.9624611Fax+39049.9624627mail:[email protected] a legge è stata scritta ma le idee per come applicarla non sembrano ancora chiare. La legge diventata famosa col nome salvifico di “Sblocca Italia”, approvata in parlamento con un voto di fiducia che tristemente verrà ricordato perché sui banchi del governo alcuni parlamentari dell’opposizione si sono coricati per protesta con le mani sporche d’inchiostro, contiene un articolo che interessa la produzione agroalimentare italiana. Il punto è questo. “Sblocca Italia” è un testo di oltre 330 pagine (!), all’articolo 30, Capo VII si fa riferimento alla “Promozione straordinaria del Made in Italy con misure per l’attrazione degli investimenti” . In particolare al comma 2 lettera “e”, si specifica in modo molto circostanziato che detta legge intende attivare la ”realizzazione di un segno distintivo unico – così esplicita il testo - per le produzioni agricole e agroalimentari al fine di favorire la promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015”. Se non interpretiamo male, il governo e nella fattispecie i Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche agricole, sono tenuti a concertarsi tra loro per la realizzazione, l’uso e la promozione di un “segno distintivo” , ovvero di un marchio per di più “unico” che identifichi e valorizzi il Made in Italy. L’intenzione del governo è ambiziosa sulla carta ma si smonta purtroppo nella pratica. A dimostrarlo allo stesso ministro Martina in un dibattito pubblico appena tre giorni dopo l’approvazione della legge, sono stati, se pur da posizioni quasi opposte, un influente rappresentante degli agricoltori e un esponente dell’industria alimentare. Il rischio in effetti è di aggiungere confusione ai tanti marchi oggi esistenti sui prodotti agricoli ed alimentari italiani. Benchè il “logo” non verrà riportato sulle etichette, come ha ribadito lo stesso ministro, rimane aperta la distinzione dei prodotti interamente coltivati sul nostro territorio da quelli lavorati in Italia ma le cui materie prime provengono dall’estero. Se si pensa che in certi settori come nella pasta di semola si importa il 70% del grano duro trasformato, il problema non è di semplice soluzione e un “marchio Italia” in questo settore farebbe più male che bene. Quindi se il governo vuole creare un marchio per identificare e valorizzare il “brand” Made in Italy per combattere il falso italiano venduto all’estero, occorrerebbe almeno non commettere gli errori del passato, perché purtroppo qualcosa di simile l’abbiamo già visto con la società Buonitalia SpA, lanciata con sfarzo se non ricordiamo male nel 2007, entrata in seguito sotto le competenze di Paolo De Castro quando era ministro delle politiche agricole e portata poi miseramente al fallimento con 50 milioni di euro di debiti nel 2010 con Luca Zaia sempre a capo di quel ministero. Ma ci sarebbero altri casi poco edificanti da ricordare, purtroppo occorrerebbe andare oltre nel tempo e menzionare progetti creati per promuovere il Made in Italy agroalimentare o il nostro turismo all’estero ma sempre con scarsi risultati. È di queste settimane la notizia delle dimissioni del direttore del portale Italia.it, il sito che dovrebbe promuovere l’Italia turistica nel mondo proprio a pochi mesi dall’Expo. Non è bello vedere da una parte progetti per rilanciare l’Italia e dall’altra bloccare senza motivo quello che sembra funzionare. In questo modo si dà un’idea dell’Italia che non convince. A volte per cambiare potrebbe bastare anche una sola idea ma chiara. ristorazione&catering 5 novembre/dicembre duemila14 La fiducia protagonisti si guadagna, non si chiede Orogel, un gruppo interamente italiano, si racconta. Conversazione con Bruno Piraccini, amministratore delegato, e Daniele Lambertini, direttore commerciale food service Ogni piatto ha il brodo che si merita. e c s e P di Luigi Franchi e arn C le ta e g Ve O rogel, con le sue tre divisioni – surgelati, fresco e confetture - nasce da una piccola cooperativa di produttori di ortofrutta, alla fine del 1967, che avvertirono la necessità di allearsi, in un territorio, la Romagna, dove la voglia di stare insieme ne rappresenta uno dei tratti distintivi. Una storia, rimasta in ogni evoluzione sempre interamente italiana, che ci viene raccontata da Bruno Piraccini, amministratore delegato di Orogel. “Da questa piccola cooperativa ne ebbero origine altre quattro, tutte con una matrice indipendente, frutto della necessità assoluta di fare impresa. Nel 1969, il raggruppamento delle cooperative dà vita al consorzio Fruttadoro a cui vengono demandati compiti di consulenza finanziaria e amministrativa, oltre all’attività di acquisti e vendite collettive. Nei primi anni ’70 la difficoltà di assorbimento da parte del mercato di enormi partite di verdura, la cui destinazione poteva essere solo quella del macero, ci spinse ad analizzare nuove soluzioni. Nasce in questo modo la scelta di entrare nel mondo della surgelazione, allora agli albori in Italia ma con grandi potenzialità di sviluppo, testimoniate dai mercati internazionali”. Fu così che, il 2 giugno 1975, in occasione della Festa della Repubblica, il ministro dell’agricoltura Giovanni Marcora posa la prima pietra del nuovo stabilimento Orogel. Per saperne di più vieni sul nostro sito: www.ufs.com ristorazione&catering 7 novembre/dicembre duemila14 Come nasce il nome attribuito ad un marchio, oggi tra i più noti nell’agroalimentare italiano? “Non volevamo un nome troppo identificato con il prodotto, ma che nel suo acronimo racchiudesse due concetti: la qualità e la tipologia di produzione”. Una scelta che si è dunque rivelata vincente… “Nel processo di crescita il consorzio Fruttadoro è diventato la holding del gruppo, con diverse società dirette e in partecipazione. Il sistema genera un fatturato complessivo pari a 340 milioni di euro (179 milioni il surgelato e 167 milioni il fresco); 2.532 dipendenti e 1.819 soci agricoltori, 12 stabilimenti produttivi e 18 centri di ritiro, 88.900 tonnellate di prodotto surgelato (di cui 27.780 nel canale Food Service) e116.200 tonnellate di fresco; 12.300 coltivati interamente in Italia e, soprattutto, 11 milioni di italiani che hanno fatto almeno un acquisto nell’arco dell’ultimo anno. Accanto a questo una serie di società partecipate, tra le quali ne ricordo una con posizione di leader nel settore vivaistico, specializzata nella produzione di piante con la tecnica della moltiplicazione in vitro. Inoltre siamo partner in diverse realtà del settore energia, in particolare del biogas, attraverso cui riutilizziamo i sottoprodotti vegetali derivanti dal processo agroalimentare per produrre energia” Un’azienda a spreco zero… “Esattamente. Noi sosteniamo che la nostra attività nel surgelato ha un elevato livello di sostenibilità, a cominciare dai disciplinari di produzione integrata e biologica, a cui si attengono i nostri duemila soci agricoltori. Le tecniche di agricoltura sostenibile vengono attuate attraverso una produzione programmata senza forzature, seguendo semplicemente il ritmo delle stagioni, con un sistema di irrigazione a goccia che elimina lo sperpero d’acqua. Il tutto su estensioni agricole esclusivamente in Italia, accanto alle quali sono sorti gli stabilimenti di trasformazione che consentono la surgelazione immediata dei raccolti. Infine sostenibilità nei trasporti, perché gli scarti restano sui luoghi, e sostenibilità nelle fabbriche grazie alla cogenerazione energetica che ci consente produzione e utilizzo di energia in loco”. Quali sono stati i punti di svolta più significativi nella vostra storia? “Individuerei tre fasi importanti. Nei primissimi anni, dove fu adottata la scelta di produrre a marchio nostro, Orogel, che ci permise di penetrare nella distribuzione. La seconda negli anni ‘90 quando, da una ricerca di mercato, fu chiaro che nel settore c’era spazio solo per una marca leader o co-leader: la scelta, per noi che eravamo ancora una piccola realtà, era quella di produrre per conto terzi o conquistare la posizione di leader. Eravamo quarti e la scelta, ambiziosa e coraggiosa, divenne quella di puntare ad una dimensione di leader, facendo scelte molto precise in termini di innovazione. Il primo successo è stato il Cubello, uno spinacio surgelato e porzionato. A cui seguì il Minestrone Leggerezza, infine Verdurì, una gamma di passati di verdura in gocce. Una politica di innovazione che partiva dalla naturalità dei prodotti, lasciando spazio alle ricettazioni personalizzate. Infine la svolta attuale, verso prodotti che abbiano caratteristiche di gusto e bontà, ma anche funzione di prevenzione e tutela della salute, sostenendo progetti di ricerca di diversi enti, tra cui gli istituti per la ricerca sui tumori”. Orogel è diventata la prima azienda italiana nei surgelati vegetali e la seconda azienda di marca nel mercato del sottozero. Come si mantiene una posizione di leadership? “Investendo ogni anno il 10% del fatturato in ricerca e sviluppo. Successivamente investendo sull’obiettivo della salubrità, orientando le produzioni verso precise caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Uno degli esempi di maggior successo sono le nostre referenze ricettate di qualità che raggiungono l’obiettivo di aumentare le proprietà nutrizionali e vitaminiche dei singoli ortaggi, come nel caso del nostro minestrone con 18 verdure, dove ogni singolo componente ha una cottura separata che risolve il problema della corretta masticazione, condizione primaria di un modello corretto di nutrizione”. A che livello è la percezione di questi elementi di valore da parte del consumatore e del professionista della ristorazione? “Oggi è molto aumentata la consapevolezza da parte del ristoratore rispetto all’utilizzo dei prodotti surgelati e del valore del freddo come miglior tecnica di conservazione. Va comunque approfondita l’azione di informazione. Noi lo facciamo tramite il Team Chef che spiega ricettazioni, food cost, opportunità di un prodotto anti-spreco, comprese le confezioni compostabili e riciclabili. Questi sono grandi vantaggi per il ristoratore, a cui va aggiunta la flessibilità di utilizzo. Stiamo crescendo nella ristorazione e nella gastronomia di qualità, oltre al mondo catering”. Nel corso dell’intervista si inserisce la riflessione di Daniele Lambertini, direttore commerciale di Orogel Food Service, che raffigura un cambiamento nei consumi dove cresce la tendenza verso una cucina più attenta alla salute, con una costante crescita del biologico, e orientata a nuove soluzioni di servizio come quelle che il surgelato riesce ad offrire. “Questi cambiamenti ci confortano nella nostra convinzione del buono per natura. Negli ultimi tempi abbiamo dato vita ad una nuova linea di vegetali Bio dedicata al food service, caratterizzata da confezioni realizzate con un esclusivo materiale compostabile. Unitamente a questa linea, stiamo inserendo sul mercato nuove refe- ristorazione&catering 8 novembre/dicembre duemila14 renze come il cous cous con verdure, le polpettine di soia, i burger agli spinaci e ai vegetali grigliati; oltre ad altre novità come la cipolla rossa di tropea, i fagiolini alla paesana, le melanzane a fette pastellate e a rondelle panate”. Gli elementi che Daniele Lambertini ha sintetizzato si ritrovano tutti nelle nuove confezioni con cui Orogel si è presentata al canale Food Service all’inizio dell’anno. Il packaging di ogni prodotto è stato ridisegnato con l’inserimento di un QR code che consente, tramite smartphone, di accedere direttamente ad una serie di informazioni di filiera: scoprire le zone di coltivazione, le caratteristiche degli ingredienti, i suggerimenti per il loro migliore utilizzo e alcune ricette elaborate dal Team Chef del gruppo. Sul retro della confezione è invece indicata la provenienza del prodotto, nella sua totalità italiano, e una tabella nutrizionale che offre informazioni chiare. Infine l’informazione, importantissima, su modalità e tempi di cottura. Una confezione che racconta è sufficiente a comunicare con l’operatore? “Agevola tantissimo il nostro compito e focalizza le specificità della nostra azienda e dei nostri prodotti. Ma ovviamente non è sufficiente. – conferma Daniele Lambertini – Oggi è cambiato il modello di comunicazione e si sta incentrando sulle relazioni tra gli operatori. Noi abbiamo da tempo anticipato questa tendenza, dando vita ad una serie di iniziative quali: la formazione alla forza vendita dei distributori; la creazione di un Team Chef che, oltre ad essere parte integrante nel processo di creazione di nuove referenze, si sposta ovunque vengano richieste dimostrazioni per l’utilizzo dei nostri prodotti. Ma soprattutto vogliamo cambiare la strategia nell’annosa vicenda dell’asterisco nei menu che indica i prodotti surgelati, trasformandolo in un simbolo di qualità degli alimenti surgelati, convinti come siamo che questo processo resti una delle maggiori garanzie di conservazione delle caratteristiche organolettiche delle materie prime. Gli chef devono essere sicuri che scegliere Orogel è una garanzia di qualità e noi vogliamo soddisfare questo bisogno”. Una strategia e una crescita il cui presupposto risiede nella fidelizzazione. All’amministratore delegato Bruno Piraccini poniamo un’ultima domanda: il senso di appartenenza ad un gruppo come il vostro, come si conquista e si mantiene? “Attraverso un processo di coesione a tutti livelli. La dirigenza del gruppo, per scelta, è nata e cresciuta dentro l’azienda. La gara non era e non è primeggiare, ma essere portatori di risultati per l’azienda. Peri soci agricoltori valgono azioni di supporto agronomico, ma altrettanto la garanzia e la puntualità nei pagamenti, unita all’incentivazione di premi di produzione legati a parametri qualitativi. Per quanto riguarda gli oltre duemila dipendenti, li sentiamo tutti molto legati all’azienda e questo ci permette di vivere uno stato di grazia che però va costantemente alimentato. Noi lo facciamo con azioni di sostegno verso le situazioni di difficoltà temporanea in cui può capitare di trovarsi, con la formazione dedicata all’inserimento di lavoratori immigrati, che rappresentano il 10% della forza lavoro. Abbiamo attivato progetti finalizzati alla realizzazione di social housing, asili nido e strutture ricreative per l’infanzia, insieme agli aiuti per l’acquisto dei libri scolastici. Qui c’è una rete di protezione per soci e dipendenti su cui chiunque può fare affidamento. In particolare c’è una cosa non comune: la trasparenza del network e i valori di onestà e rispetto che ci identificano, come sostiene sempre l’avvocato Antonelli, tra i fondatori del nostro sistema: la fiducia si guadagna, non si chiede”. ristorazione&catering 9 novembre/dicembre duemila14 in apertura: Bruno Piraccini, AD Orogel in alto a sinistra: Daniele Lambertini, direttore commerciale Orogel Food Service sopra: Team Chef Orogel OPINIONE di Mauro Entradi consulente di mercato food service A proposito di prezzi d’acquisto troppo cari PErChè SIAmO l’unico molino che macina 10000 q.li al giorno in 5 sezioni differenti con una macinazione lenta e lunga, mantenendo così intatta l’integrità degli amidi senza stressare il chicco. Abbiamo anche specializzato le sezioni per i grani più duri e le sezioni per i grani più teneri che maciniamo singolarmente per rispettare l’unicità di ogni prodotto. PErChè SIAmO l’unico molino che dispone di 3 tecnici - dimostratori che fanno parte del nostro team. Sono risorse interne della famiglia “le 5 Stagioni” che, affiancati a collaboratori esterni, hanno contribuito negli anni ad arricchire il nostro patrimonio di conoscenze così da poterlo trasmettere al cliente. PErChè SIAmO stati il primo molino italiano ad aver ideato una linea di farine dedicata al mondo della pizza, l’unico che produce nei propri stabilimenti un lievito madre essiccato in polvere specifico per pizza. PErChè SIAmO l’unico molino che da sempre investe in Ricerca e Sviluppo creando nuovi prodotti che hanno segnato il mondo della pizza. PEr IL rESTO SIAmO COmE GLI ALTrI ... POrTE APErTE PEr FArVI TOCCArE CON mANO LA NOSTrA rEALTA'. SEGUI “LE 5 STAGIONI” SU FACEBOOK Le 5 Stagioni- Via Monte Nero, 111 35010 Curtarolo (PD) Tel. +39 049.9624611 Fax +39 049.9624627 mail:[email protected] www.le5stagioni.it Ultimamente, dialogando con titolari di ristoranti abbastanza affermati e cercando informazioni sulle loro abitudini di acquisto, mi sono sentito dire: “comunque, qualsiasi sia l’operatore cui ci rivolgiamo, aziende del food service che praticano il delivery o Cash & Carry, paghiamo i prodotti troppo cari”! Ovviamente il raffronto più frequente va ai prezzi praticati dalle strutture della moderna distribuzione al consumatore finale e in particolare modo dagli ipermercati. Io vorrei ricordare a tutti gli operatori dell’ho.re.ca. i quali oggi acquistano, dati alla mano, da almeno 5-6 fonti i prodotti che gli necessitano e che nella media nazionale, che il fatturato in acquisto annuo da un singolo distributore, non supera i 10.000 euro. Ma la stragrande maggioranza degli stessi acquista dal singolo operatore meno di 5.000 euro all’anno. In cambio ottiene: • un servizio di selezione di prodotti adatti per le proprie esigenze, che non corrispondono propriamente a quelle di un qualsiasi consumatore; • una visita di un venditore con il quale analizzare i propri bisogni ed avere risposte adeguate; • un servizio puntuale di consegna anche più volte la settimana; • dilazioni di pagamento. Se vogliamo fare un paragone, una famiglia media che acquista 100 euro la settimana da un ipermercato, va a prendersi i prodotti direttamente, dedicando mediamente fra tempi di percorrenza e di permanenza circa due ore e paga il prodotto per contante. Il ristoratore potrà obbiettare, e in taluni casi con ragionevolezza, che non sempre il servizio tanto decantato sia tale e questo è sicuramente motivo perché l’impresa di distribuzione del food service si adoperi per migliorarne l’efficacia. Convengo però che ci siano ristoratori bravi che, oltre ad un servizio efficace, si aspettino e abbiano diritto a condizioni economiche di acquisto più vantaggiose. Bisogna però avere ben presente che se i prezzi possono sembrare alti è anche perché i costi complessivi per dare un servizio sono elevati. Uno dei motivi per cui è costoso erogare servizi è determinato dal fatto che esiste in Italia una rete di operatori dell’ho.re.ca. troppo inflazionata, con molti operatori non adeguati e complessivamente con un fatturato procapite mediamente molto più basso, se lo si paragona con quanto si riscontra negli altri paesi europei, in primis Francia e Regno Unito. L’operatore che esprime basso fatturato, a volte per la sua inadeguatezza, finisce per rivolgere impropriamente le proprie attenzioni solo ai prezzi di acquisto delle materie prime oggetto del proprio lavoro, alimentari e bevande ed è poco orientato a migliorare il servizio nei confronti del consumatore finale. Frequentemente si assiste al default degli stessi e i costi di queste inadempienze finiscono per ricadere sui migliori, su quelli che sono in grado di gestire ottimamente la propria attività e di rispettare i loro impegni di pagamento. Torno inevitabilmente sempre sullo stesso argomento: chi rappresenta gli operatori della ristorazione commerciale deve avviare un’azione che miri a sostenere e far crescere il livello della categoria, evitando una difesa d’ufficio generalizzata di tutti quanti. È altrettanto necessario un richiamo alle organizzazioni commerciali distributive del settore: occorre che selezionino la propria clientela, investendo sugli operatori più adeguati. Non è più possibile sostenere una attività di servizio rivolta verso operatori che acquistano meno di quanto acquista un nucleo famigliare! Se ciò non avverrà si troverà a dover recuperare gli alti costi complessivi della propria attività facendoli ricadere anche sugli operatori finali più meritevoli, ai quali non resterà che sostenere che i prezzi di acquisto sono comunque alti! ristorazione&catering 11 novembre/dicembre duemila14 professione cuoco di Roberto Carcangiu presidente Associazione Professionale Cuochi Italiani Rivoglio il Signor Cameriere P ur essendo uno chef, posso dire senza paura di essere smentito, di aver imparato molto dai maÎtre (40 anni fa erano solo nei grandi alberghi o sulle navi, adesso le cose sono con mio grande piacere cambiate) che hanno attraversato la mia vita professionale. Sicuramente uno degli errori più grandi commessi nel settore negli ultimi decenni a tutti i livelli, è stato quello di aver praticamente cancellato la figura del maÎtre o direttore di sala o Cameriere (non lo scrivo a caso con la maiuscola). Non ci si è resi conto del reale valore professionale del Cameriere o Cameriera che sia, all’interno dell’azienda. Il suo lavoro non consisteva solo nel portare al tavolo il supercallifragilisticospiranitoso, piatto mega preparato dal signor Chef dio nostro, ma in tutta una serie di skill che compongono quella stupenda parola chiamata ospitalità. Il Signor Cameriere o Cameriera, che noi per primi abbiamo relegato al compito di ‘portapiatti’, magari non a parole sicuramente nei fatti, necessita di una professionalità molto articolata e soprattutto di caratteristiche che tutto sommato possono essere assolutamente inesistenti in un cuoco. Per lui potremmo dire che l’unica cosa che conta veramente, perché di valore assoluto, è che sappia deliziarci con la sua cucina. Il cameriere oltre a conoscere i piatti, per tecnica di esecuzione e gusto,deve saper consigliare al meglio orientandoci verso quelle che sono le necessità produttive della cucina. Deve conoscere profondamente l’animo umano, per poter usare tutte quelle leve che servono a far si che la nostra esperienza all’interno dell’azienda sia sempre piacevole. Non dimentichiamoci mai, che per tutti, noi compresi, un’esperienza totalizzante, quando non è solo legata al mero consumo del cibo, ci fa dire “siamo stati proprio bene“. Potremmo finire qui queste righe invece voglio continuare a descrivere questo Signor Cameriere: parla almeno una lingua oltre all’italiano. Sa stare sul tavolo senza essere visto o peggio ancora essere invadente. Non decanta la lista dei vini a memoria secondo la guida del momento, ma cerca di mediare fra il bisogno del piatto di essere accompagnato nel miglior modo e il nostro personale palato, senza per questo farci sentire incapaci o peggio ancora poveri perché non beviamo la bottiglia di cui lui ha in definitiva scelto prezzo e caratteristiche. Ha sempre un profumo lieve e gradevole. Abbigliamento in tono con il locale, ma smart e attuale (basta giacche nere e camice bianco ghiaccio lise con papillon o cravatte di dubbio colore solo perché è la divisa tradizionale) fresco e assolutamente su misura. Ovvero elegante. Sente a pelle il cliente e sa cosa è giusto fare per lui, facendolo passare indenne attraverso le mille necessità aziendali; siano esse legate alla cucina piuttosto che alla cantina o di altra natura. È piacevole alla conversazione perché ha una cultura generale di buon livello (cultura e non studio), curata/o nella sua persona, mai fuori luogo nelle esternazioni. Cosi come lo chef deve, nel pieno senso del termine sapere, dove è prima di capire cosa cucinare. Il buon cameriere deve avere consapevolezza di dove è, ma soprattutto con chi è per sapere come essere. Il buon Cameriere è per me come il buon chef: non ha assolutamente sesso, ovvero la professionalità deve avere regole e valori assolutamente uguali per entrambe senza distinzioni di sorta (già il dover chiamare con il femminile o maschile mi infastidisce). Insomma un perfetto direttore vendite! ristorazione&catering 13 novembre/dicembre duemila14 La rivoluzione bio FUORI CASA Cresce il consumo degli alimenti biologici, ricercati sempre più spesso pure sulle tavole dei ristoranti di Mariangela Molinari I dati parlano chiaro. E, una volta tanto, sono confortanti. Anche nel nostro Paese il biologico cresce, miete consensi e si diffonde tra le famiglie, tanto che nel 2014, in base alle rilevazioni di Nomisma, è salita al 59% la percentuale dei consumatori che scelgono questo tipo di alimenti. E se tra gli scaffali della GDO l’‘organic’ ha registrato un +17,3% a valore solo nei primi cinque mesi dell’anno, la ristorazione non è da meno. In base agli ultimi dati forniti da Biobank, infatti, i 182 ristoranti bio che si contavano nel 2004 sono diventati 350 nel 2013. Dal canto loro, le 608 mense scolastiche che dieci anni fa servivano prodotti biologici hanno raggiunto lo scorso anno quota 1.236, e sono 1,2 milioni i pasti realizzati con prodotti di questo tipo serviti giornalmente a scuola, in particolare negli asili nido; mentre il 23% delle mense dichiara di utilizzare almeno un 70% di prodotti bio. Con questo trend, stabile e costante, anche le prospettive future sono più che rosee. ristorazione&catering 15 novembre/dicembre duemila14 Da quando Foppa ha iniziato a distribuire anche referenze di questo tipo, circa cinque anni fa, il loro numero è progressivamente cresciuto, pur continuando a coprire una fetta di fatturato ancora molto limitata. “Se il prodotto è bio – nota Foppa – dispone di un argomento in più per la vendita, ma non viene scelto solo in virtù di questo: non mi vengono espressamente richiesti prodotti biologici, ma buoni”. Il grossista sta pensando di introdurre a breve anche tè e infusi organici ma, ci tiene a precisare, “Se lo faremo sarà in primo luogo per la loro qualità. Non è detto, infatti, che questa sia automaticamente elevata solo perché il prodotto è biologico”. Un concetto declinabile in numerosi format Che il biologico possa trovate ampio spazio nel fuori casa e nelle declinazioni più varie è sotto gli occhi di tutti: dall’uso di prodotti organici (spesso debitamente segnalati in menu) da parte di locali tradizionali a formule che, strizzando l’occhio alla cucina vegetariana, sposano un approccio green e sostenibile in ogni aspetto della gestione, fino ad arrivare ai ristoranti stellati e agli hotel. Qualche esempio? Uno per tutti: il Bio Hotel Elite di Levico Terme, in Trentino, con cucina biologica e dotato di certificazione Bios. Senza poi scomodare il ristorante gastronomico Elsa del Monte-Carlo Beach a Montecarlo, 100% biologico, con tanto di certificazione e stella Michelin, regno dello chef Paolo Sari, a Milano L’Erba Brusca si è dotato persino di un proprio orto, da cui provengono le verdure e le erbe aromatiche utilizzate in cucina, mentre lo scorso giugno nel centro storico di Parma ha aperto i battenti Mangia la foglia bio, un’ecogastronomia vegetariana e vegana, secondo la sua stessa definizione, che propone ‘una cucina per vivere meglio’. Nato dall’incontro di Lorenza Allari (laureata in scienze forestali), Carla Soffritti (comunicatrice con la passione per tutto ciò che è green), Patrizia Ziveri (agronoma nonché cuoca creativa e insegnante di cucina naturale) e Pietro Tambini (ristoratore attento e curioso), il locale è aperto dalla mattina al pomeriggio inoltrato e spesso anche alla sera, per corsi di cucina naturale. “Utilizziamo solo materie prime biologiche – spiega Patrizia Ziveri – escludendo ogni prodotto di origine animale, ma definire la nostra cucina ‘vegana’ è riduttivo, perché ciò che ci preme è soprattutto proporre piatti leggeri e gustosi, che contribuiscano al benessere dei clienti”. Il locale è attrezzato anche per le consegne a domicilio (effettuate in bicicletta e particolarmente richieste per la cena), e in pausa pranzo è frequentato da una clientela trasversale: dagli studenti universitari all’impiegato che vuole mangiare qualcosa di sano e gustoso senza appesantirsi; dal vegetariano convinto all’incallito onnivoro che prova qualcosa di diverso e finisce, non di rado, per diventare un habitué. “Uno dei nostri punti di forza è l’ampia scelta. – osserva Patrizia – Il menu comprende almeno cinque primi (riso rosso o venere con verdure, crema di zucchine, orzo o farro con verdure e crema di zucca e zenzero, tortino di miglio e zucca, cous cous, fusilli di kamut alla carbonara vegan, ecc.), variati in base alle verdure di stagione reperite; quindi un paio di piatti di legumi (molto gettonati il burger di lenticchie rosse e le polpettine di legumi in casseruola), contorni e, infine, i dolci, per la preparazione dei quali sostituiamo lo zucchero con il malto. Il nostro cavallo di battaglia sono i ‘biscotti del buonumore’, con fiocchi d’avena, mandorle e cioccolato”. Frutta e verdura sono acquistate al banco del biologico al mercato ortofrutticolo cittadino o al Podere Stuard, un’azienda agraria sperimentale del parmense; per il resto, invece, presso diversi distributori sono scelte le più affidabili marche bio certificate. Il grossista mette in guardia: bio sì, ma di qualità E, di fatto, anche loro, i distributori e grossisti più attenti alle esigenze espresse dal mercato, non possono che organizzarsi per inserire nella propria offerta linee biologiche. “Al momento contiamo circa una trentina di articoli bio. – afferma Peter Foppa, titolare dell’omonima azienda altoatesina che da oltre 50 anni si occupa della fornitura di generi alimentari a esercizi gastronomici e alla ristorazione – Si tratta in prevalenza di latticini e formaggi acquistati da piccoli produttori locali. Devo dire, però, che la loro vendita non è tanto trainata dal fatto che sono biologici, quanto, in prima battuta, dalla loro qualità”. ristorazione&catering 16 novembre/dicembre duemila14 E Canuti affronta il segmento con una linea dedicata A credere nelle possibilità del bio sono sempre più spesso anche i produttori. Canuti Tradizione Italiana, per esempio, storica azienda riminese produttrice di pasta fresca surgelata, ha appena fatto il suo ingresso in questo segmento grazie alla nuova linea ‘Biospeciali’, costituita inizialmente da referenze realizzate con quattro farine speciali: integrale, di grano saraceno, di farro e di grano khorasan Kamut. “Un’azienda come la nostra che produce pasta fresca da oltre 60 anni, – afferma l’amministratore delegato e direttore commerciale Denis Cecchetti – deve porsi obiettivi di innovazione in linea con i tempi. Proporre paste biologiche con farine speciali coniuga l’attenzione crescente nostra e del mercato verso prodotti ad alto valore nutrizionale, gustosi e salutari”. Le quattro farine speciali, capaci di interpretare contenuti diversi in quanto a fibre, proteine, sali minerali, ecc., sono intese dall’azienda quali ‘ambasciatrici’ delle altre referenze, anche ripiene, che nei prossimi mesi andranno via via a implementare la gamma. “Coerenti con il nostro ruolo di trend setter, – continua Cecchetti – abbiamo interpretato alcuni segnali che arrivano dal retail e le domande espresse dai nostri clienti in oltre 30 Paesi, valutando che i tempi fossero maturi per approcciare questo segmento, al momento non ancora battutissimo da chi si rivolge alla ristorazione professionale. Ci affacciamo al biologico, dunque, con la consapevolezza che il mondo sta cambiando e che sempre più persone, anche al ristorante, apprezzano DOP, presidi Slow Food, prodotti a km 0, ricercando un gusto che significhi anche benessere”. Ma quali vantaggi potranno trarre i ristoratori dall’utilizzo di questi prodotti? “Il primo beneficio consiste nell’offrire alla clientela qualcosa che questa sta cercando. – sostiene Cecchetti – Il secondo è il messaggio lanciato: una premura e attenzione non solo dal punto di vista sensoriale ma anche del benessere della persona. Del resto ci sono segnali che una serie di operatori del fuori casa, indipendentemente dalla tipologia dei loro locali, stanno cogliendo, convinti che non si tratti di una moda passeggera ma di una profonda esigenza. Noi, semplicemente, facciamo la nostra parte, fornendo un prodotto fresco, surgelato, certificato secondo gli standard di sicurezza più alti del settore. In tutto questo, continueremo a contare su quei grossisti, partner storicamente importanti, che abbiano come noi la capacità di credere a uno scenario che ormai non è più una visione ma una realtà”. ristorazione&catering 17 novembre/dicembre duemila14 SALA E CUCINA Tutto bene? prima e nei ristoranti poi. E pensare che ciò che resta a lungo di veramente memorabile nel ricordo di una sosta al ristorante è proprio il servizio, nel bene e nel male: la bella conversazione che un maÎtre o un cameriere riescono ad instaurare, il dettagliato racconto del piatto tramite la storia delle materie prime, dei luoghi e dei produttori, il riconoscimento delle abitudini e dei gusti del commensale. Tutti elementi per i quali, ne siamo certi, ognuno di noi sarebbe disposto a spendere di più, partendo dalla convinzione che dietro ad un bravo cameriere deve per forza esserci un bravo cuoco. Perché? Per l’assunto che di bravi camerieri ce ne sono sempre meno in giro e i grandi chef patron li cercano come il buon pane. Il buon esempio della Capanna di Eraclio È il caso di Maurizio De Marzo, cameriere della Capanna di Eraclio, il ristorante di Maria Grazia e Pier Luigi Soncini a Codigoro (FE), con loro da nove anni: “Sono arrivato qui da Torino e non me ne sono più andato. L’atmosfera del luogo, la semplicità con cui viene trattata la materia prima, il calore comunitario che si respira in questa bella famiglia soddisfano in tutto la mia professione e non posso far altro che dare il mio contributo al successo del ristorante”. Sentirlo raccontare in sala la storia delle moeche o del lungo tempo che ci vuole per pulire una granseola, uno dei piatti simbolo della famiglia Soncini, rende a quel cibo tutto il suo valore e assolve al compito di promotore culturale di un luogo e di un prodotto, auspicato da Davide Rampello sulle pagine del numero scorso di questa rivista. Perché sta esattamente qui la moderna chiave di lettura dei protagonisti di una sala di un ristorante dove non si va più per abbuffarsi. Al ristorante si cerca rifugio: si va per stare bene a tutto tondo, per iniziare un viaggio alla scoperta di un territorio, per imparare una storia. di Luigi Franchi ...E a furia di risposte fasulle o convenzionali a quel “tutto bene?” il ristoratore si chiederà, all’improvviso, perché calano gli avventori V i imploriamo: non chiedete più “tutto bene?” al cliente del ristorante, se quella è l’unica forma di dialogo. Falsifica l’approccio, demotiva la possibile conversazione, banalizza il lavoro di tutta la squadra di un locale. Purtroppo è una prassi diffusa, probabilmente cresciuta di pari passo con l’avvento della porzionatura dei piatti in cucina, iniziata a metà degli anni ’80 in Francia e dilagata in Italia fino a mortificare la figura del cameriere di cui si è poi cercato di resuscitare in vari modi – emblematico l’ultimo tentativo, quello di un concorso per cambiare nome alla professione, vinto da un giovane studente dell’alberghiero, Paolo Artibani, che ideò il termine ‘convivier’ – l’appeal alla professione, ma con scarsissimo successo e senza intraprendere l’unica strada: affermare l’orgoglio della professione nelle scuole ristorazione&catering 18 novembre/dicembre duemila14 C’è un’altra domanda? E tutto questo non può essere riassunto con un “tutto bene?” ad ogni fine portata e ancora al momento del conto. No, non va tutto bene e, spesso, non ci va neppure di spiegare il perché! Per il semplice motivo che è talmente arido e distaccato un rapporto che si trincera dietro a quella domanda che l’unica soluzione è non tornare più. E a furia di risposte fasulle o convenzionali a quel “tutto bene?” il ristoratore si chiederà, all’improvviso, perché calano gli avventori. Basta poco, non costa molto di più, in termini di assunzione, motivare un cameriere fornendo gli strumenti giusti del saperci fare. Ci sono esempi straordinari di sale italiane dove al posto di quella domanda o al posto dell’uscita dello chef, a volte non indispensabile quando non sa parlare (quante volte ci è capitato un dialogo ai limiti dell’imbarazzante), si trovano camerieri giovani, italiani e non, dedicare anche un semplice sincero sorriso a distanza, un segno di attenzione che non ha eguali, che guardano senza essere visti pronti ad intervenire al minimo bisogno, che si muovono a testa alta tra i tavoli evitando il disperato e mortificante tentativo di richiamare l’attenzione da parte del cliente. Non è che questi camerieri costano di più, sono semplicemente più motivati, anche dalla passione che ci mette il titolare nel fare bene il proprio mestiere. L’Oste e il Sacrestano A proposito di proprietari, ci sono luoghi che fungono da esempio per una qualità dell’accoglienza in cui il “tutto bene?” è bandito dal decalogo. Uno di questi è in Sicilia, precisamente a Licata: l’osteria L’Oste e il Sacrestano, che ha compiuto pochi giorni fa i dieci anni di vita. A fondarla sono stati Beppe Bonsignore e sua moglie Chiara: siciliani trapiantati a Firenze che, ad un certo punto, non hanno resistito al richiamo della propria terra e hanno mollato un lavoro a tempo indeterminato per aprire il loro locale D.O.S. a denominazione di origine siciliana. Lui in cucina, lei in sala, entrambi attenti ad ogni dettaglio. “In osteria sono quello che si diverte e si arrabbia di più, quello col magone prima di ogni cena. Sono l’oste, colui che parla col commensale prima e durante la cena, cercando di trasmettergli la mia filosofia, guidandolo in un viaggio: la mia visione della Sicilia” confessa Beppe, mentre Chiara “è una guida e una compagna di tavolo ideale, colei che riesce a rendere tutto perfetto, esaudisce e capisce i tuoi desideri prima che tu li esprima. Con garbo, mai invadente. Una splendida padrona di casa” ci confida un cliente che, come noi, non sopporta la tristezza di quel terribile “tutto bene?”. ristorazione&catering 19 novembre/dicembre duemila14 opinioni a confronto Roberto Brioschi restaurant manager Derby Grill, Monza “ Marco Merighi maître e sommelier Il Don Giovanni, Ferrara Quando accogliamo un cliente nel nostro ristorante, indossiamo il nostro abito migliore: il sorriso”. Risponde così Roberto Brioschi, restaurant manager del Derby Grill di Monza, all’interno dell’Hotel de la Ville, quando gli si chiede quale sia il segreto di tanto successo. “L’impronta del nostro lavoro è stata data dall’esperienza dei fratelli Nardi, albergatori alla quarta generazione che hanno oltretutto studiato all’École Hôtelière di Losanna. I principi che stanno alla base della nostra quotidianità sono educazione e gentilezza” continua Brioschi. “L’attenzione di tutto il personale di sala è rivolta al cliente dal momento in cui entra nel locale, rispettando le sacre regole del buon servizio. Ma ciò che più ci sta a cuore sono le sue aspettative, che noi cerchiamo non solo di soddisfare ma soprattutto di anticipare”. Chi lavora in sala deve sì avere una profonda conoscenza del prodotto, per poter rispondere a eventuali richieste dell’ospite, ma deve prima di tutto mettere in campo la propria sensibilità, al fine di creare quella perfetta empatia che condurrà il cliente a tornare. “Ciò non è sempre facile… la professionalità si acquisisce studiando ma soprattutto con l’esperienza. Ogni volta che un nuovo membro si aggrega allo staff, organizziamo corsi di formazione in cui spieghiamo quali sono le principali ‘regole non scritte’ da applicare” conclude Roberto Brioschi. “È fondamentale, però, non dimenticarsi del sorriso. Con quello non si sbaglia mai”. S ono un privilegiato, sono emiliano-romagnolo ho l’ospitalità nel sangue. Essere ospitali è un’attitudine, fa parte di un retaggio culturale. Possedere quest’attitudine per coloro che lavorano nel comparto dell’ospitalità è quasi sicuramente una condizione sine qua non, ma non è l’unica.. L’ospitalità è una gran cosa, l’ospitalità applicata alla ristorazione è un’altra cosa. Come in tutti gli aspetti qualitativi della vita servono cuore e ragione. Essere consapevoli e riuscire con garbo a comunicarlo sono alla base di chi, come un bravo cameriere, è chiamato ad offrire un servizio di ospitalità, ispirare fiducia con cortesia e professionalità. Ho bandito nel mio locale l’interrogativo “tutto bene?” Se siamo dei veri professionisti dobbiamo essere i primi a sapere che sta andando tutto bene. L’ambiente, servizi igienici inclusi, è accogliente e pulito, l’accoglienza è stata rapida e gradevole, tutto ciò che viene servito è di buona qualità? Certo che in quel momento per quel che ci riguarda va tutto bene! Tutto bene significa che non siamo sicuri di tutto ciò, ci mettiamo in giudizio del cliente, che se in quella giornata e nella sua vita non va tutto bene non ne siamo noi i responsabili. Se non lo è, vorrà dire che con quella persona ci metteremo più ragione che cuore e forse chissà che non riusciremo ad aprire una piccola breccia nel suo di cuore, in fondo non siamo chiamati a salvare la vita di nessuno, ma ad allettarla si! Sandra Longinotti giornalista pubblicista e food stylist Q uando da bambina i miei genitori mi portavano al ristorante “lo spettacolo” era in sala. L’accoglienza, il racconto del menu, il taglio degli arrosti e dei bolliti al carrello, le cotture alla lampada facevano parte della piacevolezza del pranzo, e la scelta del ristorante teneva conto più o meno consapevolmente del desiderio di ripetere quell’esperienza, certamente per tornare ad assaporare quella cucina, ma anche a farsi un po’ ammaliare da quel maestro di sala che sapeva metterti a tuo agio. È in parte quello che a fine settembre mi sono ritrovata a valutare come giurata alla finale di “Protagonisti della Sala”, una bellissima sfida fra maestri di sala organizzata da Marchesi Antinori (www.antinori.it) e JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe jre.it) per premiare proprio quel savoir-faire che veicola e valorizza l’impegno di chi lavora in cucina. Di personale di sala preparato adesso c’è grandissima necessità, per formarlo stanno nascendo nuove scuole, mentre alcuni professionisti della ristorazione, preoccupati di non riuscire a trovare persone motivate, hanno deciso di andare oltre la selezione: mi è piaciuta molto l’iniziativa di Giovanni Fiorin, Managing Director di Food. Different e noto startupper del settore, che a settembre ha organizzato un Open Campus gratuito di 4 giorni per una quarantina di giovani con lo scopo di assumere 6 camerieri, dopo aver fatto capire cosa c’è realmente dietro l’operatività di un ristorante. ristorazione&catering 20 novembre/dicembre duemila14 MAESTRI una contagiosa umanità Aimo e Nadia Moroni La dialettica è sempre stato uno dei fattori più importanti della nostra storia di Luigi Franchi O gni giornalista ha la sua enciclopedia di riferimento e per noi, che scriviamo di enogastronomia, la più importante rimane la Grande enciclopedia di gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti, oppure il piacere di trascorrere alcune ore con Aimo Moroni, sua moglie Nadia e sua figlia Stefania, nel loro “negozio”, come lo chiama il fondatore de Il luogo di Aimo e Nadia, in quella Via Montecuccoli 6 di Milano dove, da più di cinquant’anni si celebra l’amore in tutte le sue espressioni: per la cucina, per l’arte, per il buon gusto e tra loro due, Aimo e Nadia, ormai indissolubilmente legati anche nella comune pronuncia. Da cosa deriva questo piacere? Dall’enorme conoscenza che la famiglia Moroni mette a disposizione, in fatto di cucina e di insegnamento, e dalla contagiosa umanità che tutti e tre riescono a trasmettere. Risiede in questo il segreto che ha contribuito a formare la grande famiglia dei Moroni boy’s: a cominciare dagli eredi di un patrimonio culturale e gastronomico che riescono ad accrescere con intelligenza e passione. Stiamo parlando dei due chef che continuano la cucina di Aimo e Nadia: Alessandro Negrini e Fabio Pisani, insieme al maÎtre Nicola Dell’Agnolo. A loro si aggiungono – solo per citare i più famosi - l’ar- ristorazione&catering 22 novembre/dicembre duemila14 cinoto pasticcere Gianluca Fusto; il pastry-chef Galileo Reposo, oggi al ristorante Vun del Park Hyatt Hotel; Gian Domenico Melandri, che lo ha visto executive chef all’Armani Hotel di Milano; Andrea Galli, chef che ha portato al successo il ristorante Emilia e Carlo a Milano; Giuliano Baldessari, braccio destro di Alajmo, oggi chef patron dell’Aqua Crua di Barbarano; Federico Graziani, miglior sommelier d’Italia nel 1998, anni in cui era regista di sala da Aimo e Nadia, che oggi produce un suo vino a Castiglione di Sicilia; Fabio Scarpitti, che oggi gestisce la sua enoteca Spazio Scarpitti a Milano; Francesco Brussolo, il primo sommelier nel locale, in anni in cui questa figura in Italia era merce rara. E poi lei, Stefania Moroni, alla guida de Il Luogo di Aimo e Nadia, riportato alle due meritatissime stelle, che ha saputo affrontare e vincere con una grandissima dose di coraggio quell’insidioso confine che passa tra il costante confronto e il nuovo, mantenendo intatto il valore di uno dei più straordinari patrimoni di cultura gastronomica che l’Italia possiede. Di Aimo e Nadia si sono scritti fiumi di parole riguardanti la loro storia che non serve ripetere qui per l’ennesima volta, i loro curriculum e riconoscimenti sono talmente vasti che non basterebbero le pagine a loro dedicate in questo spazio. Li sintetizziamo in alcuni brandelli di una lunga e bella lettera che scrisse a loro un importante imprenditore italiano e cliente abituale del ristorante: “Aimo Moroni è completamente privo della fibra della cattiveria… Non amare quest’uomo equivale a dimettersi dalla razza umana… Aimo, come tutti i poeti, è destinato a dare”. La conversazione che segue non è altro che una semplice conferma di questo. Parlando con Aimo, Nadia e Stefania Moroni Come è cambiata la ristorazione a Milano? Aimo: “Gastronomicamente moltissimo. Dal mio arrivo, nel 1946, Milano viveva una condizione di semplice tradizione, dal risotto alla busecca, i cosiddetti piatti poveri, ma qui voglio fare una precisazione: non esiste una cucina ricca o povera, esiste la buona cucina. Con gli anni ho vissuto la ristorazione in tutti i suoi aspetti: dal lavare i piatti, nel 1946, per sopravvivere fino a trascorrere, per il resto della mia vita, sette giorni su sette in cucina. Per diverso tempo la ristorazione a Milano è stata oggetto di molta troppa ripetitività, pur con un’elevata qualità della materia prima che rispettava la stagionalità, cosa che è venuta a mancare. L’arrivo di prodotti da diverse parti del mondo, negli anni Ottanta, ha causato sì una diversificazione però con interpretazioni spesso sbagliate: basti pensare al significato che in Italia è stato attribuito alla nouvelle cuisine, ben diverso dal pensiero del suo fondatore, Paul Bocuse, che la considerava la più autentica espressione della cucina del mercato. Quella a cui Nadia e io ci siamo attenuti per tutta la nostra vita. È stato il mercato a decidere per noi e, ogni giorno, in base a ciò che trovavo, cambiavo il menu, con buona disperazione di Nadia e Stefania. E mi piace affermare con forza che non ho mai scimmiottato una ricetta di altri perché poteva avere successo ”. Stefania: “Non è tanto copiare, ma mettersi in gioco fino in fondo e trovare dentro di sé la propria fonte d’ispirazione”. Che ruolo ha un mercato? C’è un metodo per fare la spesa? Aimo: “Cercare, guardare, toccare, annusare. L’ho fatto per tutti questi anni, alzandomi ogni mattina all’alba. Dal macellaio ho cominciato a capire le razze, i tagli, gli utilizzi: ad esempio mi raccontava che le carni piemontesi giovani sono il massimo per il crudo o le brevi cotture, mentre quelle più vecchie, che costano magari meno, sono preferibili per le lunghe cotture. Andare a fare la spesa al mattino è come guardare un puzzle di colori, sentire i profumi, riconoscerli giorno dopo giorno. Significa avere a disposizione l’Italia nella sua biodiversità, nei suoi territori e nelle sue persone migliori”. Cos’è per voi il rispetto per il cibo? Aimo: “Il ricordo emozionale di quello che vedo, che preparo, che mangio. Di fronte alla qualità io non riesco a trattenermi e, per tutti questi anni, il mio fine non era il cassetto ma il cliente soddisfatto. Per fare grande cucina ci vuole conoscenza e voglia di metterci l’anima e il tempo necessario. Non si può affermare un grande cuoco se il suo lavoro non parte da una grande materia prima, che va rispettata facendo in modo che tutti gli altri ingredienti contribuiscano ad esaltare quello principale attorno a cui ruota il piatto”. Nadia: “Una volta mi è stata fatta una domanda: se suo marito non avesse fatto il cuoco cosa poteva fare. Null’altro risposi: per lui fare il cuoco è una missione, è metterci l’anima, è la sua modalità di dialogo”. Stefania: “Il cibo per Aimo è stato un mezzo per ristorazione&catering 23 novembre/dicembre duemila14 i ragazzi che sono passati di qua, oltre a quello che era l’insegnamento e il lavoro, c’era qualcosa di personale e familiare. L’insegnamento di Nadia era obbligare ad assaggiare per raggiungere il risultato che lei voleva”. Stefania: “Secondo me, tutte le persone hanno trovato qui un luogo dove si sta bene. È un clima creato qui dentro: Nadia è un’insegnante magnifica, verso cui o soccombi o impari tantissimo. Aimo è uno che invece racconta moltissimo, trasferisce conoscenza. Ma entrambi hanno soprattutto sempre affermato il valore della persona, esortando tutti a misurarsi con sé stessi, prima che con le tecniche”. Come avete affrontato il passaggio generazionale tra di mi diceva del suo sogno di avere un locale tutto suo, con bella gente competente di cibo. A lui piaceva questo perché, quando il cliente era a tavola, a lui piaceva parlare, conoscere, intrecciare un dialogo che portava a diventare amici”. Cosa ritenete di aver insegnato? Aimo: “La cucina vuol dire amore, passione, impegno, conoscenza. Fare buona cucina vuol dire avere tutte queste prerogative per costruirsi una buona reputazione. A tutti voi, sapendo che questo è forse il problema di più difficile soluzione dell’impresa italiana? Aimo e Nadia: “Per noi è stata la gioia più grande sapere che questo luogo continuava con nostra figlia ed è solo lei che può rispondere nel modo giusto”. Stefania: “Io lavoro con loro dal 1986, mi sono misurata sia in cucina sia in sala. Non volevo fare questo mestiere e, all’inizio, mi sono detta che ci dovevo comunque provare perché il loro modo di fare questo mestiere era innova- ristorazione&catering 24 novembre/dicembre duemila14 tivo. Facendolo ho preso atto di cosa mi interessava: stare con le persone. Ma anche capire che la cucina, fatta in un certo modo, ha un altissimo valore culturale. Da qui l’idea di unirla con l’arte, anche se questo, negli anni scorsi, ha significato subire forti critiche. Ma come, scrivevano, cosa c’entrano le performance artistiche con la cucina di Aimo e Nadia?! In tutto questo i miei genitori hanno creduto in questo progetto che portava una nuova stratificazione culturale. Non esisteva la formula ideale per un passaggio: io me lo sono inventato mettendomi a cercare i collaboratori, gli stessi che, in gran parte sono ancora con noi. In Fabio e Alessandro ho trovato le persone giuste con cui portare avanti, insieme a Nicola, il nostro progetto. Il motivo? La dialettica che è sempre stata uno dei fattori più importanti di questa storia”. Cosa serve oggi ad un giovane che vuole vincere la sfida nella ristorazione? Aimo: “Durante una lezione che ho tenuto al Master della Cucina Italiana di Alajmo ho chiesto ai ragazzi: quando avete scelto questo indirizzo è perché vi piaceva o per la una scorciatoia dal mondo della scuola? Siete consapevoli e disposti a rinunciare alla discoteca, al divertimento nel weekend, per stare in sala e in cucina? Sappiate che questo mestiere va amato in modo totale e se ci riuscirete ad amarlo, un giorno mi ringrazierete perché vi darà grandi soddisfazioni”. Nessuno meglio di Aimo, di Nadia e di Stefania è testimone di questa verità, dimostrata con l’etica quotidiana del fare e della condivisione ristorazione&catering 25 novembre/dicembre duemila14 AD Padovani L. il linguaggio. Poco tempo fa mio padre mi disse: ora che sono a casa a volte non so cosa pensare. Non cosa fare ovviamente, la sua vita è molto piena, ma proprio il venir meno di un’abitudine che lo ha accompagnato per tutti questi anni: andare alla scoperta di un prodotto e il rispetto massimo per le persone e per i territori. Partire dal rispetto per il cibo, per la provenienza è stato ed è per lui il modo per mettersi in dialogo”. Cosa voleva dire rischiare di essere imprenditori in quegli anni? Nadia: “investire tutto, ogni giorno, ogni volta. Dando tutto con la speranza di poter raggiungere un risultato. Aimo CIBO GIUSTO Cioccolato che passione Lo si consuma in tutti i modi e anche la ristorazione ne è attratta di Luca Bonacini Un mare di buon cioccolato sembra aver invaso il nostro Paese, a pochi giorni dalla conclusione della 21° edizione di Eurochocolate, il prezioso ingrediente dimostra, se ce ne fosse bisogno, di godere di buona salute e di poter conquistare tutti i potenziali mercati. Il grande appuntamento di Eurochocolate, che porta ogni anno una media di 800.000 visitatori, è tra i più importanti dell’universo cioccolato in Italia, e si chiude con un positivo incremento nel trend dei visitatori e delle vendite, totalizzando 5.000 referenze presentate da 80 aziende provenienti da 15 Paesi diversi, 56 eventi dipanati nei dieci giorni della kermes, 466.000 utenti raggiunti dai post e 5.000 tweet. Il consumo di cioccolato in Italia Se il consumo annuo di cioccolato pro capite di Germania e Nord Europa si attesta sui 10 kg prevalentemente al latte, l’Italia è ben lontana con i suoi 3,4 kg, in massima parte fondente, suddivisi fra autoconsumo e comparto professionale, ma si registra comunque una sempre crescente esigenza di qualità da parte del consumatore, pur ristorazione&catering 26 novembre/dicembre duemila14 registrando una sostanziale flessione nei consumi. Come evolve il settore? Lo abbiamo chiesto a Fabio Pian, responsabile commerciale di Icam, azienda primaria del comparto: “Malgrado il mercato stia vivendo un momento di stasi, registriamo un positivo fermento, e un’attenzione particolare al biologico e ai prodotti naturali, verso i quali ci siamo rivolti già da alcuni anni, capitalizzando i risultati di una efficace programmazione. Non basta avere un eccezionale prodotto, occorre valorizzarlo e saperlo spiegare al cliente, un’approfondita conoscenza del prodotto da parte dei nostri commerciali diventa un valore, saper consigliare quale cioccolato abbinare a un piatto di pesce, di carni bianche, o di limone e capperi, caratterizza una proposta commerciale completa, occorre puntare sulla formazione della forza vendita che deve sempre di più essere formata da tecnici in grado di consigliare al meglio gli operatori. Per noi è una costante, l’addestramento e la formazione della forza vendita sono al primo posto.” Aldo Scaglia della cioccolateria Falicetto di Piacenza, originario del Piemonte ma emiliano per amore, ha fatto della sua bottega un luogo di culto per il cioccolato, da lui si trovano praline artigianali di eccezionale bontà, alcune di esse brevettate, come il “Piacerino”, un cioccolatino che riporta ai tradizionali croccantini piacentini del 1300. A lui abbiamo chiesto, come reagisce il mercato alle novità? “Il costante confronto a cui si sottopone chi vuole continuare nella ricerca, porta noi artigiani a continui momenti di incontro, ben vengano dunque manifestazioni come Eurochocolate e ancor meglio Ciocc in bo, occasioni attraverso le quali intessere relazioni fra colleghi e scambiarci opinioni condividendo i saperi, poi quando si torna a casa si sperimenta e nel silenzio del laboratorio, magari a negozio chiuso, nascono idee e nuovi progetti. Il fondente è sempre il cioccolato più richiesto e le novità che si propongono, anche molto particolari incuriosiscono e vengono acquistate, ma resistono i classici che vanno per la maggiore, come il gianduiotto, la nocciola, la mandorla, che rimangono sempre i più gettonati”. Anche al ristorante si predilige il cioccolato Anche l’universo della ristorazione ha da tempo scoperto il cioccolato, facendone un tassello focale dell’offerta, pur senza esagerare. Il siciliano Rino Duca, prima di essere chef ha coltivato per anni la passione per la cucina, mettendola a disposizione degli altri con progetti nel sociale, ora dopo un percorso professionale di conoscenza attraverso semplici trattorie e ristoranti tristellati, e aver appreso le tecniche tradizionali e quelle innovative, è arrivato ad aprire il suo ristorante l’Osteria Grano di Pepe a Ravarino (MO), un vero laboratorio del gusto, dove propone una cucina siciliana reinterpretata. Che importanza riveste nel suo ristorante il cioccolato? “Nei ristoranti ad alto tasso di creatività ultimamente prevale l’utilizzo delle erbe e degli ortaggi, nelle carte dei dessert difficilmente si vedono più di un paio di piatti con il cioccolato, che però non può mai mancare, ad esempio nel mio locale propongo il cannolo siciliano con una piccola parte di cioccolato, utilizziamo di più il fondente ma deve essere di qualità, io preferisco Valrhona e Domori”. Anche le boutique del cioccolato sono un’interessante realtà in crescita, come ci conferma Gabriele Mezzaqui del laboratorio artigianale i Sapori del Borgo Antico, e titolare del temporary Emozioni di cioccolato a Pavullo (MO): “la tendenza va verso il cioccolato in abbinamento a prodotti salutari come le bacche di goji o stevia, ma attraggono sempre le varie percentuali di fondente, con un aumento del consumo di cioccolato con percentuali di cacao importanti ossia 75%, 80% o addirittura massa di cacao. La prossima sfida è la ristorazione, occorre puntare sulla formazione del personale e sull’uso del cioccolato nella realizzazione di dolci importanti, stiamo istituendo a questo proposito un’accademia del cioccolato rivolta agli operatori del settore ristorazione”. ristorazione&catering 27 novembre/dicembre duemila14 all’inizio del pasto invece che alla fine, per esempio, realizzato con meno percentuale di zucchero. Si nota una tendenza diffusa a produrre panettone ‘biologico’: nel senso che la maggior parte degli ingredienti lo sono, anche se è impossibile attribuire un certificato bio al prodotto finito perché contiene ingredienti che biologici non possono essere, come lo zucchero. È possibile sostituirlo col miele ma anche riuscendo a non farlo collassare in lavorazione il gusto ne rimane penalizzato. Un’alternativa resta il panettone farcito con creme, ricetta appannaggio quasi esclusivo dell’industria per motivi di conservazione: una crema artigianale morbida deve contenere molte parti di acqua libera e difficilmente può avere una shelf life di 60 giorni. Ritengo che sia una tendenza destinata a esaurirsi nel giro di un paio d’anni”. peccati di gola Tradizionale o moderno, sempre panettone di Marina Caccialanza P oco importa che la ricetta del “pan del Toni” sia nata per caso, dall’intraprendenza di un garzone di cucina (Toni) alla corte di Ludovico il Moro la notte di Natale. Da quel momento è diventato il dolce delle feste natalizie in continua rivalità con l’altrettanto famoso pandoro, tanto da dare origine a vere e proprie fazioni. Il panettone resta uno dei dolci più apprezzati e conosciuti come ci conferma Paolo Isolati, direttore marketing Gruppo Bauli: “Il mercato del pandoro e del panettone in Italia ha forti radici legate alla tradizione e i valori delle festività si traducono in prodotti unici attraverso i quali il consumatore ricerca qualità e gratificazione in un momento carico di magia. Il prodotto di marca racchiude tutti questi valori e in questo senso non crediamo alla destagionalizzazione del prodotto. La continua ricerca dell’eccellenza di un leader del merca- to come Bauli dà le garanzie al consumatore di trovare un prodotto di marca che è il risultato di una filiera di produzione attenta e scrupolosa che comprende la cura del lievito madre, ingredienti di qualità e tecnologia all’avanguardia”. A livello artigianale il panettone sta perdendo quell’identità festiva e invernale che l’ha da sempre caratterizzato per raggiungere le tavole degli italiani in diversi momenti dell’anno; la sua ricetta si è arricchita di varianti e nuovi ingredienti. Tradizione e qualità innanzi tutto “Il panettone tradizionale sarà sempre padrone incontrastato delle feste – spiega da Roma Attilio Servi dell’omonima pasticceria – per chi ama la tradizione. Per quelli che sono pronti a provare gusti nuovi può essere proposto in maniera alternativa: in abbinamento a un piatto salato ristorazione&catering 28 novembre/dicembre duemila14 * scopri di più..... Le ricette del panettone sul nostro sito www.ristorazionecatering.it Il nuovo panettone guarda alla salute Crede in una pasticceria naturale e sana Claudio Gatti della Pasticceria Tabiano: “Oggi si tende a produrre una linea di panettoni con meno grassi e meno zuccheri: una ricetta alleggerita. È impensabile continuare a produrre dolci che contengano 700/800 g di burro per chilo di farina. Anche gli zuccheri devono essere diminuiti e soprattutto bisogna scegliere zuccheri integrali o di canna. Occorre lavorare molto sulla selezione delle farine per arrivare a un prodotto finito il più possibile naturale perché il cliente oggi cerca prodotti semplici e digeribili. Naturalmente, si possono arricchire le ricette tradizionali con ottimi canditi o ingredienti freschi come la zucca o la crema di mandarino, ma non si deve mai trascurare la scelta accurata di ingredienti di alta qualità”. Innovazione e creatività al femminile Per Anna Sartori, pasticcera in quel di Erba (CO) esistono due tipi di consumo differenti: quello legato al Natale quando quasi tutti prediligono il panettone tradizionale e quello del resto dell’anno. “Stiamo studiando nuovi abbi- namenti di gusto, per adattare il panettone alle diverse occasioni, come il panettone estivo con le pere sciroppate che, a differenza dei canditi, calorici e asciutti, offrono una buona idratazione al dolce rendendolo più leggero e adatto al clima caldo. Cerchiamo di seguire il principio che il nostro fisico cerca quello di cui ha bisogno: un prodotto calorico d’inverno, fresco in primavera (come il gelato) e leggero d’estate. Con questa filosofia in mente possiamo spaziare con le idee e creare nuove ricette che possano essere identificate con differenti occasioni di consumo. Quest’anno proporrò una pasta lievitata con anice stellato, cacao e mela: un nuovo panettone per Natale”. Si rivelano, dunque, particolarmente creative le donne in pasticceria. Come Anna Chiavazzo che a Casapulle (CE) ha pensato di produrre un panettone nel quale ha sostituito il burro con panna di latte di bufala. “È stata una sfida attraverso la quale ho voluto legare un dolce conosciuto a livello nazionale con un prodotto tipico della mia terra, il latte di bufala, del quale normalmente non si utilizza la panna. Un casaro l’ha realizzata apposta per il mio laboratorio, con una massa grassa del 40% per essere in linea col disciplinare del panettone. Si ottiene un prodotto finito con una consistenza molto particolare, pastosa, setosa, diversa dal classico panettone ma proprio per questo invitante. La panna di bufala funge anche da esaltatore degli aromi e dei sapori e migliora la percezione degli altri ingredienti, che possono variare a piacere: cubetti di arancia, mele e cannella, misto di spezie o pomodorini canditi”. ristorazione&catering 29 novembre/dicembre duemila14 PIZZERIA FARINE SPECIALI Molino Spadoni presenta un’ampia gamma di farine di grano tenero speciali per pizza, che si contraddistinguono per l’allegro Pulcinella sulla confezione. Una linea di farine in grado di offrire ogni possibilità all’estro artigiano dei maestri pizzaioli per realizzare pizze classiche o al taglio, soffici oppure croccanti che si contraddistinguono per equlibrio, lavorabilità ed estendibilità della pasta e facilità d’impiego. ETICHETTATURA Nuove norme comunitarie dei prodotti alimentari Il 13 dicembre diventa operativo il regolamento comunitario di Antonio Longo i anche Disponibilni da 5 Kg: le confezio tiche , Pra Comodevenienti! e Con A proposito di... N ormativa europea sull’etichettatura dei prodotti alimentari: importanti novità in arrivo. Dal prossimo 13 dicembre entreranno, infatti, in vigore numerose prescrizioni contenute nel Regolamento n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alle informazioni sugli alimenti da fornire ai consumatori. Provvedimento che, modificando o abrogando precedenti regolamenti e direttive comunitarie, operando, in particolare, una fusione della direttiva 2000/13/CE relativa all’etichettatura dei prodotti alimentari e della direttiva 90/496/CEE relativa all’etichettatura nutrizionale, si pone il principale obiettivo di rendere obbligatorie, ed immediatamente applicabili in tutti gli Stati membri, le norme sull’etichettatura dei prodotti alimentari affinché il consumatore possa ricevere informazioni essenziali, leggibili e comprensibili al fine di effettuare acquisti maggiormente consapevoli. Il Regolamento, applicabile agli operatori di tutta la filiera alimentare, compresi gli alimenti forniti dalle collettività e quelli destinati alla fornitura delle collettività, rafforza, in particolare, la protezione contro gli allergeni. Principi generali. Le norme sanciscono che l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti non devono indurre il consumatore in errore sulle caratteristiche, sulle proprietà o sugli effetti; si vieta, inoltre, di attribuire ad un prodotto alimentare la proprietà di prevenire, trattare o guarire una malattia umana, fatta eccezione per le acque naturali minerali e gli alimenti destinati ad un particolare utilizzo nutrizionale, per i quali esistono disposizioni specifiche. A chi sono rivolte le norme? L’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è colui con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’UE, l’importatore. Quando si tratta di alimenti preimballati, le informazioni obbligatorie devono comparire sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta ristorazione&catering 31 novembre/dicembre duemila14 STANCO DEI SOLITI CUBETTI? DA OGGI LA TUA FANTASIA NON HA PIÙ LIMITI Modalità di preparazione: mentre nelle ipotesi di alimenti non preimballati le informazioni devono essere trasmesse all’operatore che riceve tali prodotti affinché sia quest’ultimo che possa fornirle al consumatore finale. Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del prossimo 13 dicembre, anche se in difformità rispetto ai criteri e ai requisiti stabiliti dal nuovo Regolamento, potranno comunque essere commercializzati sino all’esaurimento delle scorte disponibili. Indicazioni obbligatorie. Le indicazioni obbligatorie devono essere facilmente comprensibili e visibili, chiaramente leggibili ed eventualmente indelebili. Esse riguardano la denominazione, l’elenco degli ingredienti, le sostanze che provocano allergie o intolleranze, la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti; e ancora, la quantità netta dell’alimento, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego, il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore o dell’importatore; inoltre, il paese d’origine o il luogo di provenienza, le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento; infine, per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo; una dichiarazione nutrizionale, quest’ultima obbligatoria a partire dal 13 dicembre 2016. Le indicazioni obbligatorie riguardanti la denominazione, la quantità netta e il titolo alcolometrico volumico effettivo devono apparire nello stesso campo visivo. Tali informazioni vanno inserite utilizzando una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori ed eventualmente in più lingue. Informazioni facoltative. Anche le informazioni fornite su base volontaria non devono indurre in errore il consumatore, né essere ambigue o confuse; devono, in ogni caso, basarsi su dati scientifici pertinenti. Inoltre, le informazioni volontarie non possono occupare lo spazio destinato alle informazioni obbligatorie. LE 4 REGOLE DA SEGUIRE PER UN RISULTATO ECCEZIONALE! Grandi Panieri presenta la linea di verdure surgelate “Foglia a Foglia”. Agrifood Abruzzo-Covalpa è stata la prima azienda italiana a produrre con questo innovativo metodo, che permette di mantenere intatte le foglie delle verdure e preservare le qualità del prodotto fresco. Foglia a Foglia garantisce alta qualità delle materie prime e provenienza era chiusa e controllata. 100% italiana, certificata da una filiera La gamma comprende un assortimento t completo: l t SPINACI BIETE ERBETTE BIETE A COSTE CICORIA CIME DI RAPA/FRIARIELLI 1 FAI RINVENIRE VERZA I risultati migliori per conservare tutta la qualità di Foglia a Foglia si ottengono con la cottura a vapore (6 minuti). Quando prepari piccole quantità puoi utilizzare il microonde (bastano solo 2 minuti a 750W) oppure la padella, utilizzando 1 cm di acqua da eliminare a fine cottura (4 minuti per lato). 2 CONDISCI Perfora leggeremente la porzione in modo che il condimento penetri all’interno;; spennella con un’emulsione di olio, limone e sale o con un condimento a piacere. e. 3 GUARNISCI risci. Crea un contorno fantasioso guarnendo la porzione con gli ingredienti che preferisci. 4 SERVI Ecco un suggerimento di come puoi servire un contorno di sicuro successo: Spinaci Foglia a Foglia e pomodori glassati al forno (15 minuti a 120°C) con crema di formaggio aromatizzata al timo e salsa al formaggio sul piatto. ristorazione&catering 32 novembre/dicembre duemila14 AGRIFOOD ABRUZZO S.r.l. Sede: Via San Bernardino, 196 - 25018 Montichiari (BS) - Tel. 030 99 815 30 Fax 030 99 815 20 – email: [email protected] - www.agrifood.it - Stabilimento: Borgo Strada 14 - 67043 Celano (AQ) DA MIMMO Bergamo meglio prenotare Via B. Colleoni, 17 - Tel. 035 237480 www.ristorantemimmo.com Testi di Luigi Franchi Via Umberto I, 9 - Tel. 0173 520147 www.cesaregiaccone.it Chissà cosa penserebbe Leo Longanesi nel vedere l’evoluzione del perentorio consiglio che, nel 1956, diede a Mimmo Amaddeo, pizzaiolo in quel di Milano, di cui adorava la bravura nel preparare la pizza. “Bergamo è una buona piazza, vai!”, disse il celebre editore e il pizzaiolo concluse l’accordo. “due milioni e mezzo subito e 50.000 lire al mese” ricorda Mimmo “per un locale a Bergamo Alta, dove siamo tuttora”. Quel tuttora è diventato negli anni uno degli indirizzi più sicuri per mangiar bene a Bergamo; non solo come pizzeria ma come locale multitasking, per usare un espressione di tendenza. Oggi nel locale lavorano Roberto e Massimo Amaddeo, due dei sette figli di Mimmo, che hanno improntato Da Mimmo ristorante con pizza DOC, questo il nome, a luogo di freschezza, accessibilità per tutti e felicità. “Siamo uno dei posti più grandi della città, con oltre 200 coperti, dove mi piace dire che ogni giorno si riparte da zero: sempre nuovi clienti, sempre piatti ispirati dalla fantasia che solo la stagionalità sa esprimere. Un luogo dove il prezzo deve “Il mio amico incisore Gianni Gallo, quando decisi di aprire il ristorante, mi disse che dovevo assolutamente conoscere Cesare Pillon, un giornalista che avrebbe compreso la mia scelta”. Comincia così la conversazione con Cesare Giaccone, patron del ristorante e bottega che porta il suo nome, nel corso di un memorabile pranzo organizzato da Aldo Nenzi, giornalista gourmet, per festeggiare proprio Cesare Pillon. “Ci siamo conosciuti alla fine degli anni Settanta – racconta uno stupito, per la sorpresa della festa, Cesare Pillon – e, da allora, non ho mai perso occasione di venire a trovarlo, perché è veramente un gran piacere sedersi alla sua tavola”. Alzi la mano, dunque, chi non conosce Cesare Giaccone e cercheremo di dar loro soddisfazione. Il suo locale si trova ad Albaretto della Torre, in piena Alta Langa, piccolissimo comune di 265 abitanti che risiedono sul fil di costa tra il Belbo e il Tanaro, i cui antenati probabilmente erano brandalucioni, ossia soldati dell’esercito personale di Branda de Lucioni, autoproclamatosi nel 1799 “comandante della massa Cristiana” contro gli occupanti francesi. Cesare è andato e tornato da Albaretto più e più volte e ascoltare il racconto delle sue avventure americane da solo varrebbe il viaggio. Ma è la sua cucina, la sua arte da autodidatta (come ama definirsi) che si esplica anche nella carta del menu pollockiano con cui ci ha accolto, la sua modestia che conquistano chiunque transiti (venendo praticamente apposta) dalle parti di Albaretto della Torre. La sua cucina altro non è che sfrenata curiosità per il buono delle materie prime: tartufo a non finire, celeberrimo capretto, verdure autentiche con cui ha composto il memorabile pranzo che, va detto in maniera chiara, qui non è eccezione ma regola quotidiana. Inoltre è produttore di aceto di vino, in ogni modo e misura, con ogni vitigno e legno: sopra al ristorante c’è la sua bottaia. contribuire anche alla felicità delle persone, quindi accessibile a tutti” racconta Roberto. Se a questo unisci le storie di cui è ricco questo luogo – “sotto il forno della pizza ci abbiamo dormito per un anno, quando siamo arrivati qui” – e che Mimmo ha trascritto in un paio di quaderni dati alle stampe per i propri clienti, il risultato è garantito. “Per noi il cibo è sempre stato questo: storia, economia, turismo e cultura” continua Roberto “che però parte sempre dalla centralità del prodotto, della materia prima che deve essere di assoluta qualità. Solo così si riesce nel mestiere di fare cose buone”. Basta scorrere il menu, per averne conferma: Parmigiana di melanzane della Signora Lina, Linguine al pesce spada fresco e capperi con gratinata di pane alle acciughe, Polenta con uovo, Stracchino all’Antica delle Valli Orobiche e tartufo nero orobico, Tagliatelle alla crema di zucca con fresco di capra e polvere di rosmarino, Baccalà mantecato con polenta, Faraona disossata con tartufo nero orobico e salsa di uva fragola. E poi c’è la proposta della Qualità Vicina, giusto per cambiare l’abusato Km zero. E qualità, per la grande famiglia Amaddeo, è pensare al lungo periodo, come testimonia il disegno di un bambino di sei anni che, armato dei pastelli messi sempre a disposizione al tavolo del locale, ha scritto “Da Mimmo, il ristorante più intelligente che c’è”. Da Cesare, bottega e ristorante Albaretto della Torre (CN) ristorazione&catering 34 novembre/dicembre duemila14 sitatori stranieri, però, pare interessato a prolungare la visita. Dai trend della domanda, oltre a Milano e Lombardia le mete più papabili sarebbero Liguria, Piemonte ed Emilia-Romagna. Al di là dei numeri, comunque, un fatto è certo: il turista Expo sarà consapevole, informato ed evoluto e, soprattutto, sarà in viaggio con la famiglia, più che per affari. L’avvertimento, dunque, è chiaro: da parte degli operatori dell’ospitalità è vietato ogni tipo di improvvisazione. rist’ho expoaccoglienza di Mariangela Molinari Nuovi format di accoglienza in vista di Expo 2015 I nutile dirlo: le aspettative riposte in Expo Milano 2015 sono elevate. Quasi tutti i settori, infatti, si attendono dalla manifestazione ricadute positive e, possibilmente, durature. Del resto, con 21-24 milioni di visitatori nazionali e internazionali attesi nei sei mesi dell’evento (per il 30% circa stranieri), i benefici economici stimati per il territorio superano i 34 miliardi di euro. Ognuno avanza le sue previsioni, ma è chiaro che tra aumento dei consumi, incoming ed eredità lasciata in termini di nuove imprese, l’impatto maggiore di Expo 2015 si dovrà, in particolare, ai flussi turistici. Secondo quanto diffuso dalla Camera di Commercio di Milano alla presentazione di Bit 2015, la Borsa internazionale del Turismo che si terrà nel capoluogo lombardo il prossimo febbraio, la ricaduta su questo settore in particolare è stimata in 3,9 miliardi di euro. Ma il tempo dei pronostici sta volgendo al termine, mentre parte il conto alla rovescia in vista dell’apertura dei battenti, come dimostrano le grandi manovre che hanno preso il via sul fronte dell’accoglienza. In prima linea troviamo Explora, il tourism board ufficiale di Expo Milano 2015, attiva già dallo scorso anno per mettere in contatto nel modo più efficace domanda e offerta, anche grazie a Wonderful Expo 2015, il brand promo-commerciale che offre ai tour operator italiani e stranieri concreti strumenti. Tra ristorazione&catering 36 novembre/dicembre duemila14 questi figurano i ‘Club di Prodotto’, reti di impresa che selezionano strutture e operatori in base alle loro caratteristiche, raggruppando l’offerta turistica dei diversi territori secondo specifiche tematiche, in un’ottica sia B2B che B2C. ‘International Hospitality’, per esempio, unisce servizi e strutture dedicate a chi proviene da Paesi extraeuropei; ‘Città del Gusto’ promuove, invece, le migliori food destination del Bel Paese, mentre ‘Hotel di Charme’ raccoglie le strutture di lusso e design. L’identitkit del turista expo Ma è possibile tracciare un profilo del visitatore di Expo 2015? In quanto alla sua provenienza, le previsioni tracciate da Explora parlano di 3,3-4,4 milioni di visitatori in arrivo dall’Europa, e di 2,7-3-6 milioni da Australia, Brasile, Cina, Canada, India, Giappone, Russia, Corea del Sud, Usa e Uae. L’affluenza più significativa dovrebbe verificarsi nei mesi iniziali della manifestazione (maggio-giugno) e in quello conclusivo (ottobre), con un picco dei visitatori italiani a giugno e settembre, un boom di presenze di quelli europei a giugno-luglio e di quelli extraeuropei a luglio e agosto. In quanto ai tempi di permanenza, i turisti dovrebbero trascorrere in Italia da quattro a sei giorni (uno a Expo, un paio a Milano e il restante in qualche altra città). Il 40% circa dei vi- Così il settore si (ri)organizza Il settore della ricezione intanto si organizza, tra nuove aperture, ristrutturazioni e un generale dinamismo delle compagnie alberghiere, che hanno eletto Milano a location in cui sperimentare nuovi format. Qualche esempio? La francese Seh (Société Européenne d’Hôtellerie, primo gruppo alberghiero cooperativo multimarchio in Europa) ha concluso una nuova affiliazione, la prima per il capoluogo lombardo, per il marchio Qualys-Hotel: l’Hotel Nasco, strategicamente posizionato sulla direttrice della fiera e a breve distanza dal centro. A 600 metri dall’aeroporto di Linate, invece, lo scorso agosto ha aperto i battenti Espressohotel, il primo social hotel italiano, frutto di una riqualificazione condotta con particolare attenzione alla sostenibilità. Il risultato: 110 camere di design dotate di letti king size, tv a 40’’, doccia XXL e connessione wifi ultraveloce. Al check in il cliente riceve un ‘EspressoPad’ e, grazie alla bacheca studiata ad hoc per l’hotel, può condividere le proprie attività leisure o di lavoro anche con gli altri ospiti. Nei prossimi mesi l’offerta della struttura si arricchirà di un ristorante e un wellness center. Da Linate a Malpensa, dove è stato da poco inaugurato il primo albergo europeo firmato Moxy Hotels, il brand di Marriott International creato in partnership con Nordic Hospitality e Inter Hospitality Holding (costola immobiliare di Ikea) e posizionato in concorrenza con la fascia economy. L’hotel, il primo presente al Terminal 2 dell’hub milanese, è l’apripista di altri cinque che vedranno la luce in Europa nel corso del prossimo anno, tutti situati nelle vicinanze di aeroporti o stazioni ferroviarie, e frutto di un nuovo concept pensato per i viaggiatori di nuova generazione, sempre connessi a Internet e social network. Relax e attenzione per l’aspetto social e digitale paiono, del resto, i due cardini con cui l’offerta si va ristrutturando in vista dell’appuntamento clou del 2015. Senza dimenticare la proposta enogastronomica. Le strategie di UNA Hotels & Resorts Anche UNA Hotels & Resorts si sta preparando all’evento con importanti investimenti nel restyling delle strutture milanesi. “Negli ultimi due anni abbiamo rinnovato completamente l’UNA Hotels Scandinavia, a due passi da Fiera Milano City, e i centralissimi UNA Hotels Mediterraneo e UNA Hotel Century. – spiega il direttore commerciale Angelo La Riccia – In quest’ultimo, in particolare, abbiamo utilizzato materiali e soluzioni tecnologiche innovative all’insegna della sostenibilità, in linea, quindi, con il tema conduttore di Expo 2015. In generale, abbiamo riprogettato le camere in un’ottica di ospitalità 100% italiana (qualità dei materiali, design degli ristorazione&catering 37 novembre/dicembre duemila14 arredi e armonia degli spazi), per rendere piacevole e rilassante la permanenza, e a tutto questo si è sommata la preparazione e formazione continua del personale, per garantire un servizio che supporti l’ospite in ogni aspetto, anche con informazioni utili e aggiornate sulla logistica, i trasporti e gli eventi che interesseranno in quei mesi la città. Inoltre, abbiamo stretto un’importante partnership con Explora”. Oltre a un pacchetto pensato ad hoc per Expo 2015, con tariffe vantaggiose nelle strutture milanesi, la compagnia ha messo a punto iniziative per incentivare i visitatori a spostarsi in altre città. La partnership con Trenitalia, per esempio, permette di avere sconti sui biglietti de Le Frecce, mentre quella con Alitalia di accumulare miglia con soggiorni nelle strutture UNA Hotels. La promozione ‘Trip in Italy’, poi, garantisce a chi prenota a Milano uno sconto del 15% su un soggiorno in un qualsiasi altro albergo della compagnia, e sono diversi i pacchetti che prevedono in omaggio biglietti ATM o abbonamenti giornalieri a BikeMi, per spostarsi in bicicletta in città, o ingressi alle mostre d’arte. In coerenza con il tema della manifestazione, inoltre, parte importante dell’offerta sarà il food, con un focus particolare sulla colazione: un breakfast 100% Italian style e accompagnato da piatti tipici (e affiancato in ogni caso da menu internazionali, salati e senza glutine). Non per niente il claim della campagna promozionale recita ‘Feel the Italian Passion’. Attenzione alle politiche di prezzo Ma quali saranno, indipendentemente dal format di accoglienza offerto, i principi ai quali l’ospitalità dovrà attenersi? LIFE_ristorazione catering_200x145_pag_tracc.pdf 1 15/10/14 Secondo quanto emerso dal recente forum Innovation for Tomorrow, organizzato a Milano da Carlson Wagonlit Travel, società specializzata nella gestione dei viaggi d’affari, meeting ed eventi, non c’è ormai differenza tra chi viaggia per turismo o per business. L’ospite di un albergo è in primo luogo una persona, ed è partendo da questo concetto che occorre ripensare l’accoglienza, all’insegna della ‘customer intimacy’: una reale vicinanza ai bisogni dell’ospite che, stando ai risultati delle analisi condotte da Res Hospitalty Business Developers, si traduce in gentilezza del personale, un’adeguata offerta alimentare, attenta alle più diverse esigenze, validi collegamenti a Internet e, ovviamente, un buon rapporto qualità/prezzo. E proprio sul tema dei prezzi si può aprire un nuovo capitolo: alzarli durante i sei mesi della manifestazione, come qualcuno ha già maldestramente provato a fare, sarebbe un’azione poco accorta. Non per niente, su questo fronte è scesa in campo la stessa Explora, con Expo Hotel price transparency: uno strumento basato su diverse analisi, grazie al quale sarà indicata una forchetta di prezzi praticabili e gli eventuali aumenti massimi accettabili. Il tutto segnalato sulla piattaforma di Explora wonderfulexpo2015.info. 17:32 ristorazione&catering 38 novembre/dicembre duemila14 NOI DI sala di Giuseppe Palmieri Associazione Noi di Sala Tutti per uno uno per tutti L ’Italia è un Paese in cui è davvero difficile fare gruppo e tenere insieme le fila. Perché non possono coesistere in maniera costruttiva modelli diversi? Perché ci si deve sentire costantemente in battaglia invece che in sana competizione? Lo spirito di collaborazione, di unità e l’associativismo, non fanno parte del nostro DNA: non rientrano nei parametri di un popolo che al contrario è condannato al Campanile. Ricordo una vacanza in famiglia sul lago Trasimeno; avevo 6 o 7 anni e mi fulminò un cartello stradale che indicava le rocche di “beccati questo e beccati quest’altro”. Mio padre incuriosito si informò e mi spiegò che era la storia di due piccoli borghi medioevali l’uno di fronte all’altro e della convivenza di due signorotti che regolarmente si lanciavano di tutto da un possedimento all’altro. Capite che il nostro approccio alle relazioni sociali e professionali viene da lontano. Ho compreso il valore del nostro progetto di comunicare la Sala e la Cantina, e siamo determinati a infrangere il sistema dell’eterna rivalità: a favore di un gruppo che deve e può farcela. Ci vuole evidentemente maniacalità e determinazione. Dobbiamo continuare a stare insieme in un Paese che si divide tutti i giorni. Lanci uno spunto e una riflessione ed è inquietante il piglio di coloro che reagiscono come se qualcuno volesse attaccarli. Ma attaccare chi? Ma attaccare cosa? Il nostro ambiente sta diventando il palcoscenico in cui tutti vogliamo quel maledetto quarto d’ora di notorietà? E la passione e la dedizione per un movimento slow e in linea con il basso profilo? Non vogliamo perdere di vista il senso di normalità. Il successo personale e professionale arriva se riesci a vivere tutto ciò con i piedi per terra e la testa tra le nuvole. Oggi più che mai è necessario recuperare il clima giusto e quella spensieratezza di chi fa quello che fa, perché gli piace e si diverte. Abbiamo il dovere di sostenere i più giovani che non devono avere nessuna fretta. Non c’è bisogno di eroi o di superstar. Rischiamo di essere travolti dal suono delle sirene, dobbiamo resistere e continuare un percorso fatto di basso profilo e altissime prestazioni. Sento la necessità e ho voglia di condividere questo sfogo. Sono giovane ma è da tanto che faccio il mio amato mestiere: lo trovo straordinario. Arrivare a casa stanco è la norma per una donna e un uomo di Sala&Cantina. Stanco ma felice: talvolta è un vero privilegio. Siamo gente abituata a dare il massimo sotto pressione. Ci hanno proiettato tra le pagine di una rivista o negli scatti di un post. Beh, io comincio a sentire l’esigenza di ritornare nel mio ambiente naturale: tra i tavoli dell’Osteria Francescana, che ci fanno sentire ogni giorno i protagonisti di una storia fantastica. Io faccio un passo indietro, perché voglio dare il buon esempio e sono sicuro che è la strada per poter fare un passo avanti domani. C’è un progetto che si chiama Futuro e che appartiene a tutti noi ed è dedicato a dei perfetti sconosciuti: gli italiani di Sala&Cantina che verranno. È l’unica cosa che conta. Tutti per uno uno per tutti. ristorazione&catering 39 novembre/dicembre duemila14 MATITA ROSSA di Giuseppe Schipano direttore scuola alberghiera e di ristorazione di Serramazzoni Expo cap. III “L’attacco dei cloni” E LIV OLA A S VA ETÀ DI O RI OLA A S VA 100% UN E LIV LI ITA AN O ETÀ DI O RI N SEN O OLA A S VA TA ORIAL S E 100% UN LI ITA AN O E LIV ETÀ DI O RI UN LI ITA AN TA ORIAL S N SEN O 100% E O Frantoio, Nocellara, Ogliarola: ecco i nuovi alleati di valore di chi, ogni giorno, si misura con la creatività in cucina. Sono gli oli extravergini di oliva in purezza della nuova linea Monocultivar di Olitalia: ottenuti dalla spremitura di una sola varietà di olive, con garanzia di totale tracciabilità della filiera. 100% italiane, le Monocultivar di Olitalia sono state scelte in quanto espressione di tre tipicità organolettiche del nostro Paese. N SEN O E TA Oequilibrio IA Dalla predominanza del fruttato, alle note di piccante e amaro, sino a giungere ad un sostanziale di tali elementi: SR L questi i sentori caratteristici dei tre oli. Ecco i dettagli che possono fare di una preparazione, una creazione di sapore. Consigliato dall’Associazione Professionale Cuochi Italiani Sotto assedio. Il mondo della ristorazione è sotto assedio. Si sono già aperte numerose brecce nelle diroccate mura e le certezze, un tempo solide, vacillano. Chi sono gli invasori? Per primi vennero loro, gli accademici. Professionisti di altri settori (ambito umanistico compreso), resi forti e spavaldi da una superiore consapevolezza culturale e stilistica. Veri e propri pionieri di questo attacco annunciato, intravvidero le potenzialità di un sistema ancora antico, bisognoso di “svecchiamento”, ripiegato su stesso. Intervennero sul lato estetico della ristorazione, cambiando cifra stilistica, sottraendo piuttosto che aggiungendo, semplificando piuttosto che complicando. Le possibilità, anche economiche, di questa operazione divennero note ad altri, e la piccola breccia si trasformò ben presto in un varco per tutti i curiosi. Venne così il tempo degli scienziati, orde di chimici, alimentaristi e nutrizionisti si riversarono all’interno della roccaforte... e fu la fine. Oppure l’inizio. Historia docet. La storia insegna che, nel corso dei secoli, molte civiltà nacquero a scapito di altre; alcune si assestarono in territori vergini ed inesplorati, altre distrussero o sottomisero intere popolazioni prima di costruire la propria. L’invasione violenta è sempre da condannare, poiché porta alla distruzione di un intero patrimonio culturale, tuttavia vi sono invasioni “intelligenti”, vera e propria rarità, il cui scopo non è quello di annullare, ma di conoscere. Il mio piccolo ed epico racconto non è la storia di una guerra tra vincitori e vinti, ma la cronaca di un incontro tra mondi diversi che non hanno, apparentemente, nulla in comune. Si tratta di una storia al passato (recente) nel cui futuro stiamo noi, ora, transitando. Se qualcuno, pochi anni fa, mi avesse chiesto se saremmo stati in grado di dare un apporto innovativo ed essenziale ad una Esposizione universale a tema food, avrei risposto “assolutamente no”. No, perché eravamo ancorati ad un modo antico di fare ristorazione. No, perché la formazione seguiva a ruota questa triste obsolescenza. No, perché ogni tipo di contaminazione con altri ambiti non veniva accolta, se non da pochi, criticati profeti. No, perché pur avendo la fortuna di possedere vere eccellenze nel capo delle materie prime, non sapevamo valorizzarle e farle diventare veri e propri must della dieta moderna. Di anni ne sono trascorsi davvero pochi, ma qualcosa è cambiato. Io mi occupo di formazione, ed i primi cambiamenti li ho notati proprio qui, dove mi trovo. Siamo riusciti a sconfiggere l’eterno pregiudizio che legava la formazione professionale alla mancanza di aspettative e di ambizione; siamo riusciti far penetrare la vitalità e la freschezza dei nostri allievi nel vecchiume di certe materie. E per una volta c’è stata cooperazione. Il settore professionale ha svoltato lungo la nostra direzione, comprendendo l’esigenza di personale preparato e qualificato. Qualcuno storce ancora il naso quando un nutrizionista incontra uno chef o quando un alimentarista siede in cattedra, altri addirittura sorridono nello scoprire che un collega, laureato, ha guadagnato una stella. Io non rido e, a chi mi fa la stessa domanda, rispondo: sì, siamo in grado di affrontare Expo. ristorazione&catering 41 novembre/dicembre duemila14 analisi Vera frutta in vero sciroppo di frutta La frutta sciroppata Naturera è un alimento dolce a base di frutta intera (altamente selezionati e raccolti a media maturazione, i frutti di bosco, le amarene e i lamponi, vengono lasciati in parte interi e in parte frullati). Pronti per gli utilizzi e gli abbinamenti più raffinati e fantasiosi, sono ideali per guarnire e farcire torte, dessert, gelati, mousse, ma anche carne e formaggi. oli t t a r Ba 80 g da 8 circa Resaporz. 30 General Fruit S.r.l. - Via Torquato Tasso, 8/10 - 24060 Credaro (BG) - Italia Tel. +39.035.92.70.30 - Fax. +39.035.92.94.70 - e-mail: [email protected] www.generalfruit.com di Mauro Lamparelli direttore di TradeLab www.tradelab.it Si sa, in tempi non facili bisogna reinventarsi! L o sanno bene i gestori dei punti di consumo del mercato fuori casa che, in presenza di un mercato flat/in leggero calo negli ultimi due anni, hanno sviluppato una serie di azioni con l’obiettivo di aumentare il numero di clienti, incrementare lo scontrino medio e ottimizzare i propri costi fissi (gli spazi, il personale…) Ma quali sono state le azioni intraprese in tale senso nei vari canali del fuori casa? Iniziando dai bar diurni, basta pensare all’incremento dell’offerta di giochi (gratta e vinci, slot machine…) e servizi (ricariche, pagamenti…) con l’obiettivo di sviluppare maggior traffico (e sperando di fare anche cross selling!); alla maggiore attenzione al food, specie nel momento della pausa pranzo, per innalzare lo scontrino medio e all’aumento del numero di posti a sedere, spesso con la creazione di dehors. Nella stessa logica sono da considerare i vari eventi/aperitivi/serate a tema organizzati nei ristoranti per attirare, specie in settimana, più clienti e nondimeno la proposta a pranzo di menù snelli (piatti unici, combinazioni di primo/secondo + contorno/dessert) per attrarre il popolo dei lavoratori e “sfruttare” la capacità produttiva non solo a cena… Questi fenomeni li ritroviamo anche nel mondo dei locali serali, su cui mi concentrerò maggiormente, i quali, complice la riduzione delle vendite di superalcolici, hanno messo in atto un processo di trasformazione che ha visto nell’ampliamento dell’offerta di food e ristorazione la maggiore leva di crescita del fatturato. Un percorso attivato su tre fronti: l’ampliamento dell’offerta, non più solo nelle grandi città, dell’aperitivo lungo o apericena, l’introduzione di un vero e proprio menù per la cena, l’apertura nell’occasione del pranzo trasformandosi così da locali prettamente serali a locali multifunzionali. Ma vediamo qualche numero tratto dall’analisi sul mondo degli Evening & Night che TradeLab ha realizzato l’estate scorsa. Iniziamo con l’aperitivo. A partire dalle 18.30, tutti i giorni ben 8.500 locali e pub aprono il sipario su questa occasione di consumo sempre più radicata nelle abitudini del consumatore più o meno giovane. Naturalmente ci sono ancora tanti locali che mettono sul banco olive, noccioline e patatine da sgranocchiare bevendo un aperitivo monodose o un bicchiere di vino per pochi euro. Ormai però quasi il 50% dei locali prepara un ricco buffet di piatti caldi e appetizer e “trattiene” i clienti per circa due ore sorseggiando cocktails e spendendo non meno di 5 euro. Ma non basta la quantità, gli assidui frequentatori dell’aperitivo lungo citano la qualità del cibo offerto nel buffet tra i primi motivi di scelta del locale. Circa il 70% degli Evening & Night Bar lavora nell’occasione della cena che, grazie a uno scontrino medio quattro volte superiore alla media degli scontrini delle occasioni serali, contribuisce per oltre il 40% al fatturato con un picco che nei pub sfiora il 60%. Parlando invece del pranzo, circa la metà dei locali sono aperti in questa occasione di consumo e un quarto organizza anche il brunch domenicale. Sommando poi pranzo + cena, i locali serali attirano in queste due occasioni circa il 20% della clientela totale entrando così in concorrenza diretta con il mondo della ristorazione “classica”. Questi trend legati al food non sono da sottovalutare e anzi diventano opportunità da cogliere, sia per le aziende produttrici, sia per i grossisti specializzati in questo comparto. Come? Da un lato intercettando le nuove esigenze di clienti bar e ristoranti e proponendo loro un’offerta differenziata in linea con le scelte di sviluppo che stanno attuando nel tentativo di reinventarsi. Dall’altro considerando i locali “superhoreca” come un target potenziale su cui puntare per ampliare il proprio parco clienti. ristorazione&catering 43 novembre/dicembre duemila14 MANGIARE SICURO di Valentina Gradone nustrizionista di Unilever Food Solutions Il glutammato monosodico tra miti e realtà L a maggior parte delle informazioni sul glutammato monosodico sono negative, molto spesso addirittura allarmanti: si è letto che è il responsabile della famigerata sindrome da ristorante cinese, che la sua assunzione può scatenare emicrania, che è implicato nella comparsa di violente allergie, per citare solo alcuni dei disturbi che sarebbero correlati all’assunzione di questa sostanza. Ma quanto c’è di vero in queste informazioni? Poco, pochissimo, praticamente nulla. Il glutammato monosodico è il sale sodico dell’acido glutammico, un amminoacido naturalmente presente in molti alimenti. Oltre a essere il componente di moltissime proteine, svolge, nel nostro organismo, molte funzioni fondamentali. Una tra tutte: dal momento che è il più importante e diffuso neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale, l’acido glutammico permette la trasmissione degli impulsi da una cellula all’altra. Insomma, è un elemento di cui il nostro corpo non potrebbe fare a meno. Dal punto di vista alimentare, grazie alla sua capacità di esaltare la sapidità degli alimenti, il glutammato è largamente impiegato dall’industria per la preparazione di dadi da brodo, condimenti, sughi, cibi in scatola, spezie e molti altri prodotti confezionati: viene considerato una sostanza sicura (l’Unione Europea lo ha classificato come un additivo alimentare, contraddistinguendolo con la sigla E621) e aggiunto nella preparazione di una grande quantità di cibi per conferire loro un sapore migliore, più deciso: infatti, proprio come il cloruro di sodio, comune- mente conosciuto come sale da cucina, è in grado di incrementare il gusto del piatto. Nulla di pericoloso quindi: anzi, può permettere di ridurre il consumo di sale! Una notizia ancora più rassicurante sulla sua innocuità è che il glutammato è presente naturalmente in alcuni alimenti: si trova in elevate quantità in particolare nei pomodori, nel parmigiano, nei piselli, nel pollame. Anche se alcune persone dichiarano di essere sensibili al glutammato monosodico, la scienza la pensa diversamente: non vi sono evidenze cliniche che dimostrino un collegamento diretto tra il glutammato e gli effetti collaterali segnalati. Le prime smentite arrivarono già 40 anni fa ma non sono riuscite a scalfire la cattiva fama che questa sostanza si era ingiustamente conquistata. La sindrome da ristorante cinese è sempre rimasta una macchia indelebile, nonostante nessuno si chiedesse come mai, allora, nei paesi asiatici non ci fosse una costante epidemia di mal di testa… Tuttavia, negli ultimi anni, nonostante la non pericolosità del glutammato monosodico, per far fronte all’esigenza dei consumatori sempre più attenti alle etichette e desiderosi di comprare cibi dagli ingredienti sempre più “puliti”, sugli scaffali dei supermercati sono comparsi numerosi prodotti che riportano la dicitura “senza glutammato monosodico”: lo sostituiscono con aromi o altre sostanze, garantendo prodotti molto appetibili, e forniscono ai consumatori un messaggio rassicurante. Detto ciò si può concludere che la scelta spetta al consumatore: sia che acquisti un prodotto con glutammato, sia che ne acquisti uno che ne è privo, il palato non ci rimetterà! ristorazione&catering 45 novembre/dicembre duemila14 ALIMENTARIA NORD OVEST CENTER CATERING PREGIS SPA distribuzione RZ Service RZ Service Via G. Pastore, 5 Nigoline di Corte Franca (BS) Tel. 030 9826391 www.rzservice.it continuità di servizio e puntualità nelle consegne di Guido Parri L a Franciacorta è una zona collinare situata tra Brescia e la parte meridionale del Lago di Iseo, nota a livello internazionale per la sua vocazione vitivinicola da cui nasce l’omonima DOCG Franciacorta. Un territorio che, grazie al vino, sta acquisendo anche una propria vocazione turistica. In questo territorio si forma l’esperienza professionale di Riccardo Zuccali, dapprima titolare di pubblici esercizi e, dal 2005, imprenditore nel canale ho.re.ca. con l’insegna RZ Service, azienda di distribuzione attiva nelle province di Brescia e Bergamo. “La conoscenza del settore mi ha favorito nella scelta di intraprendere questo percorso – racconta Riccardo Zuccali – prima come rappresentante di salumi, poi come distributore in proprio, insieme a mia moglie Roberta”. La decisione viene maturata nel 2005, con l’insediamento in un capannone a Nigoline di Corte Franca, nel cuore della Franciacorta, ma la specializzazione, contrariamente ad un territorio ad elevata concentrazione vinicola, non è nel beverage bensì nel food e nel segmento degli accessori per igiene e pulizia del pubblico esercizio: “Di Franciacorta vendo esclusivamente il marchio La Torre, perché trattasi di amici di famiglia. La mia esperienza nasce nel settore del fresco e si è ampliata, poco alla volta, a tutto il mondo food” spiega Zuccali. Oggi l’azienda accoglie, in un magazzino di 2.000 metri quadrati, circa 1.200 referenze con l’obiettivo di raggiungere in poco tempo un assortimento completo. Lo scorso anno è stata introdotta la carne e l’intenzione è quella di lavorare sulle principali referenze con diverse opzioni di marca e di prezzo. Il magazzino ospita tre celle per il gelo e tre per il fresco: “Il prodotto surgelato sta assumendo una dimensione rilevante sul fatturato, pari al 30%, grazie all’elevato grado di servizio e di qualità che il comparto è in grado di offrire. Riduzione degli sprechi, unita alla costante reperibilità, e possibilità infinite di ricettazione sono i plus che consentono di contenere i costi in un momento di crisi come quello attuale”. Un segmento importante, dunque, che contribuisce al conseguimento dell’ottimo risultato di RZ Service, con una crescita annua del 15%. Le motivazioni per il successo In un momento come quello attuale, dove la crisi sta tagliando i consumi, quello di RZ Service può diventare una ristorazione&catering 48 novembre/dicembre duemila14 case study. “Nessun segreto – confida Zuccali – semplicemente una scelta: quella di credere e praticare la qualità nei prodotti e nel servizio. Scelgo direttamente i prodotti che voglio commercializzare, li proviamo, ne verifichiamo il giudizio con un panel di clienti e poi li mettiamo in catalogo, garantendo la costanza nella fornitura. Cerchiamo inoltre di superare la pura logica del prezzo, puntando sulla qualità del prodotto e l’importanza del foodcost”. Per quanto riguarda il servizio, invece, in RZ Service operano sei agenti monomandatari che, sette giorni su sette, visitano gli oltre 700 clienti nel territorio bresciano e bergamasco. Gli ordini, trasmessi tramite computer, vengono evasi nell’arco delle 24 ore, con una particolare attenzione anche alle piccole quantità. “Sono finiti i tempi delle grandi scorte di magazzino, i locali sono sempre più funzionali allo spazio per la clientela, con la riduzione dell’area magazzino. – commenta il titolare di RZ Service – Il piccolo ordine incide anche sulla modalità di pagamento che diventa sostenibile, evitando insolvenze e criticità”. A questo proposito, RZ Service ha fatto la scelta di selezionare in maniera rigorosa la propria clientela: “Pochi anni fa, nel punto più critico della crisi economica e in concomitanza con l’introduzione dell’art. 62, abbiamo deciso di chiudere i rapporti insolventi che, per la nostra forza vendita, significavano un enorme spreco di tempo nel recupero crediti. Ora la nuova clientela, nella prima fase, paga alla consegna o all’ordine successivo. Questo ci offre un buon margine di serenità nell’affrontare quotidianamente il lavoro” spiega Zuccali. Sempre in termini di servizio un’altra scelta è quella di lavorare a stretto contatto con le aziende fornitrici: “Spesso un loro promoter esce in affiancamento al nostro agente, per spiegare i plus della marca o le nuove referenze. Altrettanto svolgiamo dei meeting in azienda tra la nostra forza vendita e il commerciale dei nostri fornitori. La formazione è un valore strategico a cui crediamo molto e ne misuriamo tangibilmente i risultati”. Non ultimo, ogni due anni, RZ Service organizza una tre giorni di fiera per i propri clienti che possono conoscere i prodotti, sperimentarne l’utilizzo in cucina, capirne il food cost. Il prossimo appuntamento è in programma dal 16 al 18 marzo 2015. L’ingresso in Cateringross L’azienda lo scorso anno è entrata a far parte di Cateringross con una motivazione molto precisa, come ci racconta Riccardo Zuccali: “Questo è un settore che sta rapidamente cambiando e solo attraverso una forte aggregazione potrà continuare ad essere competitivo. Inoltre far parte di un grande gruppo vuol dire avere la possibilità di confrontarsi sulle problematiche, capirne la soluzione adottata da altri, scambiarsi informazioni sulle tendenze di mercato. Tutte buone pratiche che favoriscono la crescita aziendale”. Parlando di innovazione, in azienda è stato potenziato il sito internet che consente di ordinare online. “Una scelta necessaria per stare al passo con i tempi, anche se nel food resiste ancora l’abitudine al rapporto diretto, per vedere le caratteristiche del prodotto. Almeno per le prime volte, fino a che non si è conquistata la fiducia del cliente”. Una fiducia che in RZ Service è costituita da serietà, continuità di servizio, puntualità nelle consegne. Sette giorni su sette. ristorazione&catering 49 novembre/dicembre duemila14 Zampone e Cotechino private label Salumi che fanno la storia Le due nuove referenze di Salumi Reali del gruppo Cateringross di Guido Parri Il Cotechino e lo Zampone sono prodotti che vivono decisamente all’insegna della stagionalità; il loro consumo, specialmente per lo zampone, si concentra prevalentemente nel periodo natalizio e la conferma ci viene da Davide Reciputi, buyer di Cateringross, mentre presenta le caratteristiche dei due prodotti rientrati nella gamma di proposte a marchio privato – Salumi Reali - del gruppo distributivo: “Il periodo di consumo va da novembre a gennaio, in funzione delle festività natalizie e delle grandi tradizioni di pranzi a base di maiale che perdurano nella campagne emiliane, in concomitanza con Sant’Antonio, patrono degli animali. L’altro aspetto che connota i due insaccati è la forte connotazione territoriale che ne delimita i consumi”. Stiamo parlando infatti di due prodotti estremamente regionalizzati, la cui conoscenza gastronomica è confinata in Emilia-Romagna, Lombardia, basso Veneto e il nord di Marche. Nonostante ciò Cateringross, in un’ottica di assortimento completo per i propri associati e la loro clientela, ha deciso di ristorazione&catering 51 novembre/dicembre duemila14 reintrodurre, con un nuovo packaging e un nuovo fornitore, i due prodotti simbolo della salumeria padana. “Li proponiamo nel classico formato: 500 grammi per il Cotechino e 900 grammi per lo zampone. – illustra Reciputi – Entrambi in una confezione sottovuoto e astucciata, la cui vendita non è a peso ma in termini numerici. Abbiamo scelto, come partner produttivo, il leader del settore: i Grandi Salumifici Italiani. Questo rappresenta, per noi, un forte elemento di garanzia in termini di qualità, certificazione, puntualità nelle consegne”. La selezione dei due prodotti è orientata verso una gamma di fascia alta, convinti che questo, unito al marchio privato che sta sempre più penetrando nel canale ho.re.ca. rappresenti un ulteriore elemento di esclusività. “Non abbiamo ovviamente definito una ricettazione particolare, sempre più difficile sia per i costi sia per l’individuazione di un gusto condiviso dal mercato, anche perché la professionalità del marchio leader con cui abbiamo avviato il rapporto ci fa stare tranquilli sul piano qualitativo” conferma il buyer di Cateringross. Un po’ di storia di Zampone e Cotechino Lo Zampone avrebbe fatto la sua apparizione nel 1511 a Mirandola, in provincia di Modena, all’epoca in cui la città venne assediata dalle milizie di Papa Giulio II. In quell’occasione i mirandolesi si sarebbero ingegnati per evitare che i maiali cadessero nelle mani degli invasori, macellandoli ed insaccandone le carni macinate nella cotenna, dando così origine al Cotechino, e successivamente nelle zampe, decretando la nascita dello Zampone. Fu poi l’originalità della forma a rendere l’insaccato famoso nei secoli successivi fino alla contemporaneità. Verso la fine del ‘700 nell’immaginario gastronomico collettivo lo Zampone sostituì (insieme all’altrettanto famoso Cotechino) la salsiccia gialla che rese celebre Modena già nel Ri- nascimento. Nel 1800 consacrò il successo su larga scala del prodotto, come testimoniano gli scritti del gastronomo romano Vincenzo Agnoletti e le numerose testimonianze letterarie. Emile Zola ammoniva ad esempio “se volete allegria, mangiate modenese, lo zampone dà gioia ad un animo triste”. Il Cotechino viene invece considerato il padre di tutti gli insaccati. Era già famoso all’epoca dei primi Stati Italiani come una delle più tipiche e prelibate preparazioni gastronomiche emiliane. Nel Ducato di Milano si parlava del “coteghin” fatto a Modena, che si è poi diffuso in tutte le regioni dell’Italia centro-settentrionale. Il compositore Gioacchino Rossini scriveva al signor Bellentani, uno dei pionieri della produzione su larga scala del Cotechino Modena, “Vorrei quattro Zamponi e quattro Cotechini, il tutto della più delicata qualità”. Le caratteristiche organolettiche Lo Zampone è ottenuto da carni di suino sapientemente selezionate unite a cotenna, secondo i dettami dell’antica ricetta. Il macinato può essere delicatamente aromatizzato con pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano e vino. L’impasto così ottenuto viene poi insaccato in un involucro naturale, rappresentato dalla pelle della zampa anteriore del maiale, legata all’estremità superiore, come vuole la tradizione. Il Cotechino è costituito da parti nobili del maiale e cotenna, come prescrive la tradizione. Le carni vengono macinate e delicatamente insaporite con spezie ed erbe aromatiche (chiodi di garofano, pepe, noce moscata, cannella e vino) e in seguito insaccato in budelli. Il prodotto precotto a marchio Salumi Reali è confezionato in buste ermetiche e sottoposto a trattamento termico ad elevate temperature per un tempo sufficiente a garantirne la stabilità organolettica. ristorazione&catering 52 novembre/dicembre duemila14 logistica Il GROSSISTA moderno La figura del distributore assume un’importanza basilare. Come ci mostrano queste esperienze di Mariangela Molinari P uò l’efficienza e l’esperienza di un distributore spingere in misura significativa le vendite di determinate linee di prodotto? E come può affiancarsi in questo al produttore? La risposta al primo quesito è senza dubbio sì. Quella al secondo giunge da diverse esperienze che presentano, invariabilmente, una sola morale: per essere proficua, la collaborazione tra produttori e grossisti va intesa come partnership a tutti gli effetti. Una case history esemplificativa è fornita a tal proposito da Italcatering e dalla linea ‘Il seme di Nalà’, che, come spiega il titolare dell’azienda nonché presidente di Edizioni Catering Sergio Esposito, “è un marchio creato da un paio di anni per firmare una selezione dei migliori prodotti tipici del territorio campano: dolciumi, vini, olio, sottoli e sottaceti, pasta, salumi, ecc.”. In questo caso, dunque, il distributore si assume la responsabilità della scelta delle nicchie più valide e vi appone il suo marchietto (tra l’altro acronimo dei nomi dei componenti della famiglia Esposito), facendosi garante della loro qualità presso la clientela cui sono destinate: le gastronomie, i negozi di specialità e i ristoranti con un menu improntato alle tipicità del territorio. Così il distributore valorizza le nicchie del territorio “Il locale può utilizzare i prodotti nelle proprie cucine e metterli in vendita in appositi corner. – sottolinea Sergio Esposito – L’avventore, quindi, può acquistare gli ingredienti con cui sono stati preparati i piatti degustati, per provare a utilizzarli anche a casa. E in tal modo ristoratore e grossista si trovano uniti nella promozione e vendita di produzioni regionali con tutte le carte in regola per stare sul mercato”. Al momento la linea, in costante aggiornamento, conta circa 200 referenze. Forte di questa esperienza, Esposito lancia un chiaro messaggio: “Oggi per promuovere il sell-out dei prodotti è indispensabile farli testare a chi li utilizzerà. In questo la figura del grossista si dimostra imprescindibile. Anche per i piccoli produttori di specialità”. Quanto la visione di Sergio Esposito sia corretta lo dimostra pure l’esperienza di Alpi, il distributore di Livigno con un assortimento a 360 gradi ma un occhio di riguardo per i prodotti del territorio, essendo concessionario unico della Latteria di Livigno e avendo scelto di distribuire solo i salumi e i formaggi della zona. “Da subito – ricorda Thommy Cantoni, socio amministratore dell’azienda – siamo stati scelti come unico interlocutore per i prodotti del luogo. I piccoli produttori, quindi, non devono più occuparsi della vendita, ma hanno la garanzia di una distribuzione capillare in tutto il nostro territorio, sia nei punti vendita che nei ristoranti. Inoltre, grazie a un sistema informatizzato che stiamo ultimando, possiamo garantire la perfetta tracciabilità della filiera”. Il punto di vista dell’industria Che i produttori possano contare su un ruolo più strategico dei distributori è confermato da Unilever. “Negli ultimi ristorazione&catering 54 novembre/dicembre duemila14 due anni abbiamo potenziato la nostra struttura di vendita per offrire maggiore capillarità e presenza sul territorio, essere più vicini alle esigenze del mercato e proporre prodotti e soluzioni per i professionisti. – afferma Roberta Galante, responsabile nazionale grossisti e cash & carry – Considerata la nostra storia, sappiamo bene qual è l’equilibrio da trovare per avere un cliente soddisfatto e un operatore vincente”. La multinazionale ha avviato una serie di iniziative dedicate proprio ai rivenditori. Tra queste, ‘Professione Cuoco’ mette a disposizione di chef e distributori una serie di seminari tenuti nei Centri di Eccellenza Unilever da docenti esperti, per approfondire tematiche specifiche e ampliare le competenze. “Le attività sono ancora in corso ma siamo già molto soddisfatti dei risultati, – nota Galante – considerata l’affluenza di oltre 3mila operatori e rivenditori nelle 100 date proposte”. Molte delle stesse attività organizzate presso i punti vendita, inoltre, sono in collaborazione con i grossisti, in particolare nella fase di lancio di nuove referenze. “Cerchiamo di lavorare per generare più domanda ma anche più cultura culinaria, – spiega Galante – mettendo al servizio del grossista la nostra competenza e offrendo le migliori soluzioni per ampliare il business. Quest’anno, per esempio, è stata introdotta la linea Knorr Ridotti di Brodo, estremamente versatili e utilizzabili sia a caldo che a freddo in ogni momento della preparazione. Proprio per il loro elevato contenuto innovativo, i distributori giocano un ruolo significativo nel determinarne il successo”. Come può essere ripensato, allora, il rapporto con il distributore, per agevolare l’affermazione sul mercato di determinate linee? “L’ideale è identificare il giusto operatore per fornire i prodotti adeguati, che permettano di soddisfare i bisogni del consumatore finale. – sostiene Galante – Le collaborazioni più significative ci hanno permesso di profilare meglio il target degli operatori e individuare la migliore proposta che consenta di incrementare sia il sell-in che il sell-out. Oggi non possiamo più parlare solo di prodotti o prezzi, ma di un’offerta a 360 gradi in collaborazione tra azienda e distribuzione: una partnership che dovrà sempre più essere il viatico per la generazione di domanda, così da cogliere tutte le sfide e le opportunità di business dei prossimi anni”. ristorazione&catering 55 novembre/dicembre duemila14 consulenza di Alberto Fugagnoli avvocato dello studio legale Avv. Gaetano Forte Grandi affari! Jungheinrich JungSTARs. LA RESPONSABILITà DEL VENDITORE NELLA VENDITA CON TRASPORTO Carrelli usati a 4 stelle. L Transpallet elettrici a timone da 16/18/20 q.li Elevatori frontali a 3 ruote traz. post. e ant. da 10 a 20 q.li Elevatori frontali diesel da 16 a 90 q.li a partire da a partire da a partire da € 3.300,– € 9.200,– € 12.500,– Elevatori elettrici a timone da 10 a 16 q.li Elevatori frontali a 4 ruote da 16 a 50 q.li Elevatori a montante retrattile da 10 a 25 q.li a partire da a partire da a partire da € 5.300,– € 13.500,– € 14.500,– Vendita - Noleggio - Assistenza carrelli nuovi Scaffalature industriali - Magazzini automatici www.jungheinrich.it 800 368485 a vendita con trasporto è quel tipo di vendita in cui le parti concordano che il bene oggetto del contratto venga trasportato da un luogo (quello in cui si trova al momento della conclusione) ad un altro (quello di destinazione). In particolare, la vendita con spedizione si concretizza nel momento in cui le parti convengono che la consegna al compratore si realizzi con la consegna del bene al vettore. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la consegna si realizza con la effettiva attribuzione del bene all’acquirente, mentre il rischio del trasporto sarebbe a carico del compratore, fermo restando la responsabilità del venditore per la scelta del vettore e le istruzioni impartitegli, nonché per l’integrità della merce al momento della consegna al vettore. Un problema interpretativo che ha sempre impegnato dottrina e giurisprudenza è quello di stabilire se l’apposizione della clausola “franco partenza”, appartenente alla tipologia di clausole che spesso viene utilizzata dalla parti contraenti per ripartire le spese della spedizione, (“franco partenza”, “franco banchina”, “franco azione arrivo” …), sia in grado di incidere sulla responsabilità del venditore per vizi e difetti della merce riscontrati al momento della consegna. In passato l’orientamento era quello di negare che l’apposizione di siffatta clausola potesse provocare l’effetto di liberare il venditore dall’obbligo di garantire l’integrità della merce fino al luogo di consegna, ma solamente a liberarlo dall’obbligo di consegna. Di recente, la Cassazione civile, con sentenza n. 25423 del 12 novembre 2013, ha modificato tale orientamento, affermando che l’inserimento della clausola “franco partenza” nel contratto di vendita con trasporto farebbe venir meno la responsabilità del venditore per i vizi riscontrati sulle cose trasportate all’atto della consegna al compratore. Il venditore sarebbe quindi tenuto solamente a garantire l’integrità della merce al momento della rimessione al vettore, ma non ad assicurare l’assenza di vizi o difetti alla consegna al compratore. La Suprema Corte ha adottato tale soluzione richiamando la disciplina vigente in materia di responsabilità del produttore contenuta negli artt. 118 e 119 del Codice del Consumo, in base alla quale, il produttore è esonerato da responsabilità se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva al momento della messa in circolazione del bene. La vendita con clausola “franco partenza” determinerebbe quindi l’obbligo di garantire l’integrità della merce al momento della consegna al vettore, individuando questo momento come quello della “messa in circolazione del bene” (come confermato, in riferimento proprio al contratto di trasporto, dal succitato art. 119). In forza di tale nuovo orientamento della Cassazione, l’inserimento in un contratto di vendita con trasporto della clausola “franco partenza” determinerebbe quindi la parziale esclusione della garanzia per i vizi della cosa venduta, la quale sarebbe invocabile nei confronti del venditore solamente in riferimento a quelli esistenti al momento della consegna della cosa stessa al vettore, ma non per quelli riscontrati nel momento in cui la merce giunge a destinazione presso il compratore. Il venditore in tal caso non è tenuto a garantire che la merce giunga integra a destinazione, continuando a rispondere della sua integrità al momento della consegna al vettore. ristorazione&catering 57 novembre/dicembre duemila14 RISTORANTI PIZZERIE PERBACCO di Giuseppe Vaccarini presidente Associazione della Sommellerie Professionale Italiana EXPO 2015 e il vino E BAR e PANINOTECHE MENSE xpo 2015, il tema è quello del cibo e quindi un’occasione irrinunciabile per promuovere le buone pratiche agroalimentari italiane e perché, allora, non anche il vino? Expo 2015 è un’Esposizione Universale, quindi sarà una delle tante e ricorrenti manifestazioni universali che sono state organizzate dalla metà del sec. XIX fino ai giorni nostri, grandi fiere mondiali fatte non solo per vendere, ma anche per mettere in mostra invenzioni e progressi raggiunti come la Torre Eiffel che venne creata per l’esposizione universale di Parigi del 1889. La prima esposizione universale fu quella di Londra del 1851 a cui seguì quella di storica memoria della prima classificazione dei vini di Bordeaux, e la prossima sarà nel 2015, ci sono più di 150 anni di storia. Ma Expo non sarà la prima esposizione universale che si tiene a Milano, in realtà la prima esposizione universale della città è stata quella del 1906 che ha lasciato in eredità i bei padiglioni delle vecchia fiera. Si parlerà di cibo, di alimentazione e delle risorse del pianeta con una previsione di più di 20 milioni di visitatori. Ogni paese del mondo parteciperà con un suo padiglione, mentre la struttura della fiera rimarrà, finita l’esposizione, a futura memoria, si spera quindi bella e in armonia con l’ambiente. Insomma una grande occasione per l’Italia per promuoversi anche al di fuori della sede espositiva, magari in eventi collaterali, con tour organizzati, con visite guidate. Il legame tra cibo e bevande è così immediato che non si può immaginare momento migliore per promuove- re anche il vino italiano che, per altro, gode di grande fama presso tutto il pubblico che sarà presente ad Expo. Un’occasione quindi che deve essere sfruttata, che deve, gioco forza, diventare una risorsa dalle mille e più ricadute positive. Quale opportunità migliore che avere così tanti ospiti e poter fare gli onori di casa con una platea così ampia e così potenzialmente interessata? Si spera che i produttori italiani di vino sappiano cogliere e sfruttare al massimo le potenzialità di questo enorme appuntamento, magari anche in anticipo, organizzando, ad es., dei tour di visite, promuovendo il loro vino accanto al cibo che durante l’esposizione ha già il suo posto d’onore, parlando o pubblicizzando i loro vini sulle riviste che circoleranno durante l’evento, organizzando dei concorsi insieme ai produttori stranieri ospiti di Expo, concorsi per valorizzare i prodotti più interessanti, ma anche le pratiche produttive più rispettose dell’ambiente e delle sue risorse come per altro suggerito dallo stesso tema dell’esposizione, magari cogliendo questa occasione anche per creare delle sinergie e delle utili alleanze, eventualmente spendibili anche in futuro. Occorrerà darsi da fare, promuovendo insieme al vino anche i territori e partecipando al dibattito che sarà promosso all’interno della manifestazione, non dimenticando che il vino oltre che prodotto è cultura e appunto territorio e risorse. E trattandosi di un evento dove si è sempre giocato sulla spettacolarità e la creatività perché non creare un evento altrettanto spettacolare anche tra i produttori di vino? Le risorse ci sono, ora occorre spingere sull’acceleratore. ristorazione&catering 59 novembre/dicembre duemila14 ETICHETTA WAPPLE aperitivo o da tutto pasto? G di Mario Zuffada esperto sensoriale Come dar valore al mercato delle mele rande debutto al Salone Internazionale del Gusto a Torino per Wapple. Il Consorzio Ortofrutticolo di Belfiore, dopo aver lanciato sul mercato lo scorso 1° ottobre questa bollicina a base di mela di Belfiore e vino ottenuto da uva garganega tipica delle zone veronesi, ha sollevato non pochi interrogativi nel mondo vitivinicolo, presentando un prodotto che rispecchiasse nella sua tonalità la qualità, i profumi e i sapori del territorio in cui è prodotto. Antonello Marconi Presidente COB (Consorzio Ortofrutticolo Belfiore) ha creduto fermamente in questa innovativa bevanda, sinonimo di qualità e territorialità, che potesse sempre di più far parlare della mela, in particolar modo quella di Belfiore considerata da sempre un farmaco della natura, capace di far fronte a numerose problematiche “Una mela al giorno…. Allunga la vita!” è quanto ha affermato Daniele Banfi, giornalista nel campo della salute e della sanità, le mele sono una riserva naturale di antiossidanti come recita il vecchio proverbio “Una mela al giorno toglie il medico di torno!”. Ricche di molecole antiossidanti le mele rappre- ristorazione&catering 61 novembre/dicembre duemila14 AD: [email protected] sentano uno dei frutti più importanti e indispensabili per il nostro organismo. Assemblare l’anima della mela con succo d’uva garganega è stato un connubio perfetto, Wapple è una bevanda leggermente alcolica - 8% vol. a base di vino e succo di mela - da bere fredda come aperitivo o da abbinare a qualsiasi piatto, capace di soddisfare anche i palati più esigenti, dando modo a tutti magari di berne anche un bicchiere in più, grazie al suo basso tenore alcolico. Il Consorzio Ortofrutticolo do Belfiore ha creduto molto in questo progetto, questa bevanda aromatizzata a base di vino vuole diventare un prodotto per tutti, giovani, donne, uomini o persone che gradualmente cominciano a bere bevande leggermente alcoliche, profumate e non stucchevoli. Versato nel bicchiere sembra una bollicina qualunque, il colore è giallo verdolino classica tonalità che si riscontra nei vini bianchi leggeri, freschi e di conseguenza molto giovani. In bocca non serve a dire che la mela prevale, note minerali leggermente laccate lasciano tracce sul palato fruttate e persistenti. Sapido al punto giusto è un connubio perfetto data la sua bassa, naturale e voluta gradazione alcolica, pronta a soddisfare qualsiasi palato. Potrebbe diventare l’alternativa a molti drink del bere miscelato, aggiungendo magari del vermouth o i soliti aperitivi. Se stappate la bottiglia cercate di finirla, è un prodotto naturale e una volta aperto potrebbe sgasarsi e ossidarsi rapidamente. Quando scegli Kv Nordic, il salmone dei grandi chef, ti regali un momento di salmone senza pari. Perché è selezionato tra i migliori salmoni delle acque di Norvegia, Scozia, Irlanda e Canada. Perchè affumicato con legni pregiati, come vuole la migliore tradizione. Perché la storia di ogni esemplare è unica, preziosa e interamente tracciata. ADV GONNELLI&ASSOCIATI Diventa Fan di Eurofood Una sinfonia di prelibatezze ristorazione&catering 62 novembre/dicembre duemila14 BERNARDINI GASTONE SRL - CENAIA CRESPINA (PISA) - TEL. 050 644100 WWW.BERNARDINIGASTONE.IT Eurofood s.p.a. Via P. Tacito, 12 - 20094 Corsico (MI) Italy Tel. +39.0244876 [email protected] www.eurofood.it Chicchi BUON BERE di cultura di Alessandra Locatelli Qualità in tazza e fattore umano: gli ingredienti vincenti del caffè italiano M entre leggete questo articolo, probabilmente si sta bevendo caffè nei pressi della Luna. È la sfida vinta di Lavazza grazie alla partnership con la società Argotec e l’Agenzia spaziale italiana, dalla quale è nata IssPresso, la prima macchina espresso a capsule capace di lavorare nello spazio che l’astronauta Samantha Cristoforetti sta utilizzando in questi giorni sulla sua navicella Iss. Azzardo, certo, da leggere però in ottica antropologica, come risposta ad una esigenza dell’uomo, quella del “suo” rito quotidiano, in qualunque luogo si trovi: non solo, in occasione del recente Salone del Gusto di Torino, Giuseppe Lavazza, vicepresidente dell’azienda di famiglia, ha evidenziato gli high concepts con cui arrivare a ristorazione&catering 64 novembre/dicembre duemila14 Expo 2015: difesa della sostenibilità e massima qualità. ¡Tierra! è allora il caffè proveniente da coltivazioni 100% sostenibili, e Kafa è la mono-origine 100% arabica dell’Etiopia, mentre Pourover Coffee e Cold Brew Coffee sono due nuovi metodi di preparazione del caffè, basati su tecniche e gestualità che il barista deve essere preparato a reiterare. Se Lavazza va nello spazio, Illy salpa verso il mare aperto: Illycaffè e Costa Crociere hanno infatti siglato un accordo in base al quale illy sarà il caffè espresso servito a bordo di tutte le 16 navi della flotta. Giovanni Loser, General Manager di Illycaffè, ha commentato: “Illy svolge con grande passione il proprio ruolo di ambasciatore internazionale dello stile vita italiano, ragione per cui crediamo fortemente nelle potenzialità del settore dei viaggi e del turismo”. Le preparazioni sono state sviluppate appositamente per Costa in collaborazione con l’Università del Caffè illy, che da 15 anni si occupa di promuovere e diffondere la cultura del caffè espresso di qualità nel mondo. Come si evolve il mercato del caffè Spazio, mare… ma il mondo del caffè ha un mercato con i piedi decisamente per terra: secondo i dati di NPD Group/ Crest Italy aggiornati a marzo 2014, il consumo di caffè fuori casa è cresciuto del 3% in totale, con una quota legata alla fascia mattutina del + 58%, a tutto vantaggio del business del breakfast. Quasi la metà dei consumatori beve almeno 3-4 caffè al giorno per concedersi un piacere dei sensi, 7000 sono gli addetti del comparto e oltre 700 le torrefazioni italiane. “6 miliardi di tazzine all’anno per un fatturato in euro pressoché equivalente: è questo il dato espresso recentemente dalla Fipe che dimostra l’importanza del caffè al bar. – ci spiega Luigi Odello, Segretario Generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano – L’unico modo per difenderlo è garantire la soddisfazione del consumatore”. Posto allora che se si parla di “espresso a regola d’arte”, stiamo considerando 7 g di caffè macinato erogato per 25 secondi al fine di ottenere 25 ml di prodotto in tazza, cosa fa la differenza? Dopo la qualità del prodotto, il fattore umano. “In circa tre lustri abbiamo formato tra i 1.000 e i 1.500 baristi, perché consideriamo fondamentale il ruolo del preparatore. – continua Odello – Sostanzialmente il livello di piacere riscontrato dal cliente del bar è dovuto alla persona che è responsabile della scelta della miscela, della gestione delle attrezzature e del servizio. La parte tecnica può essere trasmessa solo se dall’altra parte c’è passione e motivazione ad apprendere”. La cultura di un buon caffè Fabio Spada è con Cristina Bowerman il proprietario di Romeo Chef and Baker, il bistrot romano che dalle 9 del mattino saluta i clienti con l’Haiti Komet Extra Superiore: “Abbiamo scelto di avere una sola, grande miscela, o meglio un mono-origine, scelta a mano della torrefazione Giamaica Caffè di Verona, più nota come la torrefazione di Gianni Frasi, un grandissimo selezionatore e artigiano del caffè che non a caso adesso collabora anche con i fratelli Alajmo nella loro nuova avventura parigina, il Caffè Stern. È stato lo stesso Gianni Frasi a formare i nostri baristi affinché il caffè sia sempre servito al meglio, e abbiamo un responsabile che si preoccupa di istruire gli eventuali nuovi arrivi. Teniamo inoltre costantemente sotto controllo i valori dell’acqua e la grammatura del caffè.” Ad Argenta, su quella piazza che vide nascere la cucina creativa italiana con il Trigabolo e la premiata Pasticceria di Mauro Gualandi, Vincenzo Fontana ha aperto – in continuità con i suoi predecessori – il ristorante e caffetteria Io e Vince: “A prescindere dalla marca, una buona miscela deve avere una tostatura uniforme, color tonaca di frate più scura al sud, sempre più chiara salendo verso il nord Italia. Nella tazzina avremo una crema densa, una tessitura superficiale, uniforme nel colore testa di moro, nocciola. Una eccessiva estrazione conferirà macchie biancastre alla superficie, una estrazione insufficiente ne romperà la tessitura”. Come si diffonde allora la cultura di un buon caffè? “Parlando con il cliente, e sapendo quel che si dice. Personalmente, ho fatto tanta gavetta, ho avuto buoni maestri e fatto molta ricerca. A chi inizia oggi consiglio di seguire un buon corso, improvvisare è dannoso”. ristorazione&catering 65 novembre/dicembre duemila14 VALLEDORO, case history 60 anni di bell’impresa Una esplosione di bontà Boschetti Atelier, le confetture dal sapore unico e intenso grazie al metodo di lavorazione artigianale, nell’elegante confezione in vetro da 28g. I l 2014 sta per terminare e tra le tante iniziative di quest’anno che hanno arricchito l’agenda degli appuntamenti, una la vogliamo ricordare con particolare piacere. Non si tratta di una fiera internazionale di settore o di un convegno di luminari, ma di una celebrazione per ricordare sessant’anni di un’azienda. Una delle tante che rendono attivo il nostro Paese nonostante la crisi e le difficoltà del momento. Una celebrazione tenutasi senza troppo sfarzo ma non per questo meno ricca di contenuti e curiosità. Per la verità chi ha pensato al programma ha avuto l’ottima idea di non fare tutto in un giorno, che probabilmente sarebbe e na l gia i t r a o ne i z a r lavo Boschetti Mousse di frutta, senza zuccheri aggiunti. Un trionfo di natura e gusto. costato anche meno in termini economici e fatiche, ma di certo non avrebbe coinvolto tante persone e generato tante riflessioni. Organizzare più eventi per incontrare clienti, fornitori, colleghi imprenditori, uomini delle istituzioni, del mondo religioso e soprattutto cittadini e studenti. Appuntamenti di confronto e di ascolto dove al centro c’è sempre stata l’impresa e intorno ogni aspetto della vita lavorativa, sociale e politica. L’azienda che ha saputo mettere assieme tutto questo è la Valledoro. Produttori di grissini e di altri prodotti da forno, l’azienda bresciana nota da decenni per i suoi “Bibì Bibò” ricordaBoschetti Alimentare S.p.A. Boschetti Alimentare spa Via Fontanelle, 11 - 37055 Albaro di Ronco all’Adige (VR - Italy) Tel. +39 045 6624000 - Fax. +39 045 6624001 Via Fontanelle, 11 - 37055 Albaro di Ronco all‘Adige (VR) Tel. 045 6624000 - Fax. 045 6684001 www.boschetti.biz - [email protected] di Roberto Martinelli ti da generazioni di bambini che amavano inzupparli nel latte, o per gli “Zulù”, grissini arricchiti di cioccolato, buoni e premiati come il più innovativo prodotto dolciario in una recente edizione dell’Anuga in Germania. L’occasione di ricordare in più eventi la vita della famiglia Zubani e i suoi sessant’anni da imprenditori, è stato un motivo per festeggiare come una famiglia di imprenditori può guidare un’azienda secondo sani e profondi principi umani e solidali, come purtroppo non se ne vedono più tante. Attualmente l’azienda ha al vertice il dott. Giorgio, figlio dei fondatori, Ferruccio Zubani e la moglie Rina Consoli, figure centrali in azienda per decenni fino alla loro scomparsa. La Valledoro oggi è un’azienda florida e in continua crescita, ha visto nell’ultimo decennio continui ampliamenti e nuovi sbocchi commerciali in Italia quanto all’estero esportando in Canada, Giappone, Brasile e in tutta Europa. Valledoro con le sue giornate celebrative ha voluto confrontarsi con i grandi temi dell’attualità coinvolgendo la cittadinanza locale, quasi a voler testimoniare che una impresa nel contesto urbanistico non è soltanto uno scarno opificio con macchine e scatole, ma è vita e vuole essere confronto tra persone. In uno di quei momenti c’eravamo anche noi per ascoltare le esperienze di chi vive il difficile rapporto tra impresa e istituzioni. Invitato d’eccezione, Benhur Tondini, in veste di imprenditore della distribuzione food service, ma anche ricco dell’esperienza acquisita come sindaco di Cavriana. Sono stati sei gli appuntamenti celebrati in Valledoro, uno per tutti ricordiamo quello dedicato alla lotta alla criminalità e al recupero dei beni confiscati alle mafie condotto dal direttore della Procura della Repubblica e della DDA di Brescia, Giuseppe Giuffrida. Questo di Valledoro è stato secondo noi un bell’esempio di come l’impresa può essere fonte di ricchezza per chi ci lavora, ma anche la testimonianza che “è ancora possibile – come ha detto il suo titolare, Giorgio Zubani – gestire le aziende onorando il dovere al lavoro, promuovendo responsabilmente il bene comune dell’uomo, della famiglia e della società”. ristorazione&catering 67 novembre/dicembre duemila14 Valledoro Via E. Galvaligi, 7 25136 Brescia Tel. 030 2000794 www.valledorospa.it case history L’arte culinaria di Wiberg di Roberto Martinelli 400 spezie una volta selezionate vengono conferite nei cinque stabilimenti sparsi per il mondo (quello storico a Salisburgo, nel modernissimo di Freilassing in Germania, quello di Istanbul e negli altri due in Canada e Stati Uniti), analizzate in laboratorio per una verifica di conformità, di nuovo poi controllate con procedimenti tecnici e meccanici prima di essere stoccate o miscelate e dar vita a nuove miscele di spezie confezionate e poi vendute in oltre 80 paesi al mondo. “L’85% dei 140 milioni di euro “ Stretti sentieri partono alle pendici dei monti Akaishi, le Alpi del Sud del Giappone, a 1.500 metri sopra il livello del mare, cresce il Fiore di pepe Sansho, specie della nobile famiglia del Pepe di Sichuan…”. “Sferzata da venti taglienti il nostro viaggio approda nel Mare del Nord scandinavo, tra le coste dell’Islanda e della Norvegia, qui ha origine Nordic Flair, miscela di spezie scandinava, dall’effetto rinfrescante…”. A leggerlo sembra un magnifico catalogo di un tour operator che fa viaggiare il lettore con la sua fantasia in ogni angolo del mondo. Invece sono alcune righe di un testo prese dall’ultimo depliant della linea di erbe e spezie di “Exquisite” Wiberg, la più nota azienda austriaca produttrice di spezie, nota anche in Italia nel canale della ristorazione. Nell’universo delle materie prime usate in cucina quello delle spezie e delle erbe, è per molti considerato tra i più affascinanti e variegati. Vuoi per la vastità delle specie disponibili, vuoi per l’enciclopedica cultura che occorre possedere per poterle distinguere, scegliere e dosare. La Wiberg da sempre ha saputo dimostrare che in cucina l’arricchimento apportato dalle spezie non è scontato, ma il miglior sapore è sempre frutto dalla migliore qualità. Fin dal 1947, anno della sua costituzione, questa azienda salisburghese manda in giro per il mondo personale esperto e motivato alla ricerca dei migliori raccolti e della più alta qualità. Oggi Wiberg vanta fornitori provenienti da circa 70 paesi, e proprio la ricerca delle zone più vocate, come la selezione delle produzioni migliori e dei fornitori più affidabili, costituiscono garanzia di qualità e affidabilità che Wiiberg riesce a trasmettere ai suoi clienti. Le ristorazione&catering 68 novembre/dicembre duemila14 in alto a destra: Marcus Winkler titolare Wiberg di fatturato - ci dice Marcus Winkler, amministratore e proprietario di Wiberg nonché terzogenito del fondatore - va all’estero con un 70% dell’intera produzione ancora destinata al mercato industriale della trasformazione delle carni, mentre il rimanente 30% va all’arte culinaria”. Il signor Winkler ci tiene a chiamarla “arte culinaria” e non semplicemente “mercato della ristorazione” come usiamo noi, perché in Wiberg esiste una fortissima attenzione al mondo culinario, tanto è vero che nello stabili- mento di Salisburgo, recentemente ristrutturato, è nata la Wiberg Academy, un vero centro di ricerca e sperimentazione con diversi laboratori dove si fa formazione e aggiornamento sia per giovani allievi delle scuole professionali, sia per i clienti Wiberg che arrivano non solo dall’Austria o dalla Germania che vogliono perfezionare le loro tecniche per meglio utilizzare le spezie in cucina. Training professionali, seminari, workshop, prove in cucina realizzati dentro uno stabilimento di produzione a diretto contatto con operai dell’azienda, ma soprattutto col management della Wiberg, che sono prima di tutto esperti e appassionati ricercatori, raffinati selezionatori e maestri di cucina. Un fatto straordinario che il patrimonio aziendale fatto di uomini e competenze venga messo a disposizione a chi farà uso dei prodotti a marchio Wiberg. Nella sede salisburghese arrivano ogni anno circa duemila richieste di sviluppo e sono circa 500 i nuovi articoli collaudati nei laboratori dell’azienda. L’immagine che se ne trae da questa realtà, non è delle solite che importano zenzero dall’India, origano dalla Sicilia o sale dall’Himalaya a tonnellate, per metterlo in scatole per facilitarne l’uso domestico, ma ben altro e molto di più che ancora altri concorrenti non fanno. Un’azienda orientata alle necessità dei clienti per dare risposte alle cucine più diverse ed esigenti, offrendo prodotti innovativi per offrire vantaggi, creatività e innovazione. ristorazione&catering 69 novembre/dicembre duemila14 Wiberg Adolf-Schemel-Straße 9 Salisburgo (Austria) Tel. +43 662 63820 www.wiberg.eu CASE HISTORY due tigli azienda dinamica al servizio della ristorazione Servizio e prodotti adatti ad un nuovo modello di consumo del vino di Eugenio Negri I l servizio per il cliente è l’elemento cardine della filosofia commerciale della divisione Horeca Due Tigli, azienda di proprietà del Gruppo Cevico, Società Cooperativa Agricola dell’Emilia Romagna con oltre 5.000 viticoltori associati, tra le aziende leader in Italia nella produzione e vendita di vino. Il Gruppo ha, infatti, una quota di mercato del 2,5% nella produzione di vino in Italia. Due Tigli si presenta come partner specializzato affidabile, con un’offerta di prodotti ricca e variegata, proponendo vini D.O.C., I.G.T. e vini comuni in diversi formati e con diversi tipi di pack: bottiglia, bag in box, fusto, brik. L’azienda dispone di due importanti stabilimenti di imbottigliamento e confezionamento in grado di produrre vini fermi, vini frizzanti e, con un nuovissimo impianto, anche vini spumanti extra-dry, dolci e brut.Oltre alle produzioni enologiche proprie della regione di provenienza che vanno dal Sangiovese, Lambrusco, Trebbiano, Pignoletto e altri vini emiliano romagnoli, Due Tigli è distributore di vini provenienti da diverse regioni vocate. Infatti, l’azienda ha selezionato partner fornitori e cantine associate in grado di offrire i vini più ricercati dal consumato- re, dai vini trentini Mueller-Thurgau e Gewuerztraminer, ai veneti Prosecco Treviso e Valdobbiadene Prosecco Superiore, i toscani Chianti Classico, Chianti, Vernaccia di San Gimignano e gli umbri Sagrantino di Montefalco, Montefalco Rosso, Grechetto. Diversi sono così i marchi commercializzati, ognuno con un carattere proprio che lo lega alle proprie origini, tutti destinati in esclusiva ai distributori del canale Horeca: Masselina, dalle tenuta omonima, i vini romagnoli della Romandiola, antico nome della Romagna, gli spumanti Vollì, e ancora Tenuta del Monte, Cavalieri Reali, Selva Masacci, Brusa, Colle del Gelso e Le Pergole. ‘Non solo vino’ può essere un claim appropriato, infatti, Due Tigli distribuisce i prodotti di una distilleria artigianale recentemente acquisita dal Gruppo, la Sprint Distillery. La gamma proposta va dai liquori tradizionali come grappa, nocino, gin, liquori da pasticceria e da bar, fino a liquori innovativi e unici, orientati ad un consumo moderno, come le creme di liquore D&D alla banana, melone, pistacchio, menta, nocciola, agrumi e caffè. La gamma di prodotti dell’azienda, in un’ottica di servizio, è realizzata per semplificare l’attività di acquisto dei clienti e consentire di operare con successo in un mercato in continua evoluzione nella distribuzione di Bevande. L’azienda è produttrice anche di diversi vini a marca privata, di indiscutibile qualità e convenienza, che consentano di proporsi in ogni periodo dell’anno a prezzi competitivi. ristorazione&catering 70 novembre/dicembre duemila14 Come affrontare il mercato Il mercato vede una contrazione dei consumi e un aumento della complessità, con repentine variazioni delle modalità di consumo e con l’affacciarsi di nuove mode tese a sperimentare nuove proposte, ma sempre alla ricerca di garanzia sulla qualità dei prodotti. In questo contesto, i distributori diventano un riferimento fondamentale per Due Tigli, nell’ottica di garantire affidabilità e certezza, un raccordo con il mercato che richiede l’ottimizzazione degli stock, una maggiore frequenza delle consegne e sicurezza nei pagamenti per la sostenibilità del sistema, a tutela di tutti gli operatori. Nella ristorazione si sta affermando un modello di consumo con quantità sempre più contenute, ma con la ricerca di proposte particolari, con vini dal carattere distintivo, molto legati al territorio di provenienza, ed emerge l’interesse per l’identità dell’azienda produttrice. Per questo segmento del mercato ho.re.ca., Due Tigli propone così vini tipici, prodotti da aziende del territorio, creando una gamma in grado di soddisfare le esigenze dei ristoratori. Su tutto il territorio, a fianco alle tradizionali enoteche, sta crescendo la presenza di wine-bar moderni e innovativi, che fanno dell’aperitivo e della degustazione un momento di socializzazione e di scoperta di sapori nuovi e freschi, dove la proposta è orientata, principalmente, sul segmento sparkling, ovvero sui vini bianchi frizzanti e vini spumanti bianchi e, in alcune occasioni, vini spumanti rosati. Diventa indispensabile rispondere alle richieste del mercato, ma anche anticipare le tendenze di consumo, e Due Tigli si propone come azienda dinamica che porta sul mercato nuovi prodotti, con packaging innovativi caratterizzati da freschezza, modernità e facilità d’uso, con grande contenuto di servizio. ristorazione&catering 71 novembre/dicembre duemila14 Due Tigli S.p.A. Via Seganti 73/p 47121 FORLI’ (FC) – ITALIA Tel. 0543473300 [email protected] www.gruppocevico.com ZARPELLON: case history innovare nel solco della tradizione di Valentino Serra L ’azienda Zarpellon, fondata nel 1935 ai piedi delle Prealpi venete, è un’importante realtà operante nel settore lattiero caseario. La società si qualifica per la produzione di formaggi tipici locali e nazionali come Grana Padano, Parmigiano Reggiano e burro. Con 150 dipendenti, 22.000 metri quadri di superficie coperta e un fatturato di 170 milioni di euro annuo, oggi Zarpellon rappresenta un punto di riferimento internazionale per la produzione, il confezionamento e la commercializzazione di burro e formaggi. La produzione La società possiede vari siti produttivi. Presso il Caseificio di Camisano Vicentino (VI) sono concentrate le produzioni di burro e Grana Padano. Di quest’ultimo, vero fiore all’occhiello dell’azienda, vengono prodotte 85.000 forme l’anno. Nel Caseificio di Busseto (PR), invece, Zarpellon ha avviato la produzione di Parmigiano Reggiano, di cui vengono realizzate circa 20.000 forme l’anno. Sede A Romano D’Ezzelino (VI), si trova la sede dell’azienda. É qui che vengono attuate tutte le operazioni di preparazione, taglio e packaging dei vari articoli, attraverso l’utilizzo di macchinari e di impianti estremamente all’avanguardia. Queste sofisticate attrezzature consentono di limitare al minimo indispensabile la manipolazione dei formaggi lavorati e confezionati, per garantire la massima igiene. I magazzini Sempre a Romano D’Ezzelino si trova anche il magazzino di stagionatura del Grana Padano, che vanta una capienza di 45.000 forme, per 4.000 metri quadrati di superficie. L’ambiente è ben coibentato e dotato dei moderni sistemi di controllo della ventilazione, della temperatura e dell’umidità. La struttura di Romano D’Ezzelino si completa con il magazzino di spedizione e ricezione della merce. Un azienda in continuo sviluppo L’azienda si mette in luce anche per la continua ricerca di crescita e sviluppo che si è concretizzata nel corso del 2012 con la messa in opera del nuovo impianto di burrificazione presso il Caseificio di Camisano Vicentino e con l’avvio nel 2013 della nuova sala confezione nel caseificio di Busseto. ristorazione&catering 73 novembre/dicembre duemila14 Zarpellon Via S.G.B. De La Salle, 6 36060 Romano d’Ezzelino (Vi) Tel. 0424 3993 www.zarpellon.it COSA SUCCEDE COSA SUCCEDE Paren, filiera certificata L Koch da 35 anni nel rispetto della qualità e della tradizione a Industrie Rolli ha sviluppato la più ampia gamma di vegetali surgelati, al naturale e grigliati, volta a rispondere alle pressanti esigenze sia del consumatore domestico che dell’utenza professionale più esigente. La produzione Paren, certificata dall’ente certificatore CSQA, garantisce: • La provenienza da “coltivazione a Lotta Integrata”. Questo metodo limita l’uso di prodotti chimici attraverso l’impiego di pratiche agricole “naturali” più rispettose dell’ambiente al fine di ottenere un prodotto finito senza tracce di residui di fitofarmaci; • il controllo diretto di tutta la filiera produttiva: dalla fornitura dei semi, alla raccolta con macchinari di proprietà, alla selezione e surgelazione e confezionamento; • la provenienza nazionale della materia prima Per saperne di più: www.rolli.it I nuovi Ragù Demetra N ovità in casa Demetra con l’arrivo per la stagione autunnale di 2 nuovi ragù per arricchire l’offerta dei propri menu: Ragù di Speck -Ragù rosso con Speck (18%) e carne di bovino. Ragù di Carne Salada (carne tipica trentina ottenuta da carne bovina magrissima, arricchita di sale e spezie e lasciata riposare per 2-3 settimane prima di essere consumata). Il Ragù di carne salada Demetra ha una leggera presenza di pomodoro che rende il gusto ricco ed armonioso. Quest’ultimo prodotto è certificato senza glutine. Entrambi i prodotti sfruttano la collaborazione tra l’azienda valtellinese e il Salumificio Val Rendena per l’approvvigionamento della carne salada e dello speck, quest’ultimo è noto per la qualità dei prodotti oltre che ad essere locato nella zona di origine della carne salada. Tale indicazione è riportata anche nel logo in etichetta. L’utilizzo ideale dei nuovi ragù è come condimento per primi piatti di pasta o gnocchi, per la farcitura di pizze e bruschette o per arricchire una tradizionale polenta. Per saperne di più: www.demetrafood.it ristorazione&catering 74 novembre/dicembre duemila14 K och è un’azienda leader nella produzione di prodotti surgelati, come ad esempio gnocchi di patate, pasta sfoglia e per lasagne. Grazie alla sua dinamicità continua a progredire seguendo le indicazioni dei consumatori e assecondandoli nei gusti e nei sapori con prodotti di alta qualità inserendo nuovi prodotti nel già vasto assortimento. Oggi l’azienda ha voluto valorizzare uno dei prodotti simbolo dell’Alto Adige: i Canederli. Un prodotto della tradizione locale realizzato seguendo la classica ricetta che si tramanda da generazioni e utilizzando esclusivamente prodotti del territorio, un prodotto che si può avvalere del marchio di Qualità dell’Alto Adige. Una grande soddisfazione per un’azienda che può portare sul mercato europeo la tradizione locale con un prodotto di altissima qualità garantito anche dal Marchio di Qualità dell’Alto Adige conosciuto in tutto il mondo per la tutela e la valorizzazione di tanti prodotti. Koch è un’azienda di grande tradizione che continua la sua attività nell’innovazione tecnologica, nella ricerca di nuovi prodotti e nell’ampliamento di nuovi mercati senza perdere mai di vista il rapporto umano ed il valore sociale. Per saperne di più: www.kochbz.it Oleificio Zucchi amplia l’offerta per l’Horeca O leificio Zucchi, specialista nella fornitura e nella produzione di oli di oliva e oli di semi, ha recentemente ampliato la sua offerta assortimentale a marchio Zucchi con una serie di referenze pensate per il canale Horeca, che includono formati da tavola e da cucina. La gamma prevede sia prodotti di qualità da portare in tavola, come l’extra vergine Dolce Fruttato e 100% italiano, anche bio, sia prodotti eccellenti pensati per essere utilizzati in cucina, grazie ai formati da 5 litri in PET o alle latte da 3 e 5 litri. Tra le nuove referenze, oltre all’extra vergine Dolce Fruttato, gli evo 100% italiani, convenzionale e biologico. Completano l’offerta gli oli extra vergini aromatizzati a spezie ed erbe, - da provare il condimento aromatizzato all’arancia con una tartare di tonno o con del salmone, al cranberry con la carne di bufala e la selvaggina, al tartufo per dare sapore a un risotto, al pesto su una semplice caprese - gli oli di semi “speciali” – zucca, sesamo, avocado – e gli aceti, di vino, mele e balsamico di Modena IGP. L’ampliamento assortimentale è parte del progetto di rilancio del marchio “Zucchi”, che si è concretizzato nel restyling del logo e del packaging, con l’obiettivo di poter soddisfare le esigenze degli chef e dei consumatori del settore hospitality, in tutto il mondo. Per saperne di più: www.zucchi.com ristorazione&catering 75 novembre/dicembre duemila14 COSA SUCCEDE C A&F M Y CM MY CY CMY Storie di Farina in cucina K Callipo, 100 anni di qualità D a oltre un secolo al servizio della tradizione e della qualità. Questa è la storia della Giacinto Callipo Conserve Alimentari fondata nel 1913 a Pizzo (VV) ed oggi guidata dalla quarta generazione della famiglia. Da allora la Callipo non ha mai abbandonato il territorio di origine, la Calabria, e ancora oggi è una delle poche aziende ad effettuare la lavorazione, in tutte le sue fasi, esclusivamente in Italia nello stabilimento di Maierato (VV). Utilizza principalmente la specie yellowfin, nota per la struttura muscolare più compatta rispetto alle altre specie di tonno e per il colore rosa uniforme, e svolge un ciclo di lavorazione giornaliero unico, combinando la tradizione artigianale con l’utilizzo di macchinari altamente tecnologici. La qualità dei suoi prodotti è dunque la naturale conseguenza di un’attenzione che comincia dalla selezione delle materie prime, la scelta dei tranci migliori, la cottura a vapore sino al confezionamento, ancora manuale per alcuni formati. Infine la stagionatura, che l’azienda prolunga per diversi mesi prima della distribuzione, affinché il sapore intenso del tonno possa amalgamarsi con quello più delicato dell’olio di oliva. Per una ristorazione da veri gourmet la Callipo propone i Filetti ed i Tranci di Tonno, disponibili nei formati 1700g, 2400g e 4000g, ancora oggi inscatolati a mano seguendo rigide norme di igiene e sicurezza alimentare. I filetti di Ventresca Callipo, invece, ottenuti dai fasci muscolari ventrali, la parte più pregiata del tonno, sono l’ideale per preparazioni raffinate e ricercate (disponibili nel formato da 1750g). Per saperne di più: www.callipo.com Agugiaro & Figna presenta la nuova linea per il mondo dell’ho.re.ca. O gni cucina racconta una storia. Rievoca aneddoti e parla di passioni, per il cibo, per la tavola, per i sapori. Storie fatte di tradizione e di rinnovamento. Agugiaro & Figna ha voluto firmare queste storie con la qualità dei suoi prodotti, per permettere a chiunque ne avesse una da raccontare, di farlo con il proprio stile, ma sempre con competenza e professionalità. Nasce così A&F Storie di Farina in cucina, la nuova linea che il gruppo molitorio ha voluto dedicare ai professionisti della ristorazione che con creatività potranno usufruire di una gamma di prodotti ideali in ogni ambito culinario. Lo stile minimale e i colori pastello delle nuove referenze mettono in risalto l’anima del progetto, mentre la semplicità della grafica rievoca il vissuto della marca e lo valorizza. Agugiaro & Figna ha presentato il 24 Novembre 2014 presso la Città del Gusto di Roma la nuova linea pensata interamente per il mondo ho.re.ca. Non esiste tradizione senza innovazione. Le due storiche famiglie di antica memoria molitoria, hanno per questo voluto incoronare la solida unione sancita più di 10 anni fa, con il nuovo brand, innovativo nei prodotti ed originale nel packaging. Il gruppo, grazie al know how maturato dalla lunga esperienza nel settore e ad una visione aperta all’esigenze di mercato, ha unito il meglio delle sue linee, per creare un unico brand di farine e semilavorati che si affacciasse al mondo della cucina professionale con il precipuo scopo di abbracciarlo in toto. Tutto quello che il conoscitore della ristorazione avrebbe sempre desiderato nella propria cucina. Una gamma di prodotti versatili che possano soddisfare con competenza tutte le richieste di produzioni, dolci o salate, in cui uno chef voglia sbizzarrirsi e cimentarsi. Le singole linee, declinate in più referenze specifiche e de- dicate alla pasta, pizza e frittura, così come all’arte della panificazione e della pasticceria, sono state messe a punto dal centro Ricerca&Sviluppo del gruppo. Sempre per il nuovo marchio, sono in programma anche una linea per il senza glutine ed una farina di mais per polenta. A chi vorrà avvalersi della garanzia Agugiaro & Figna per farne vessillo di eccellenza nel proprio lavoro, A&F Storie di Farina in cucina darà il massimo del sostegno, non solo materialmente fornendo come sempre un prodotto di qualità, ma anche con dimostrazioni e corsi formativi. Perché esserci, vuol dire esserci sempre. Per saperne di più: www.agugiarofigna.com ristorazione&catering 77 novembre/dicembre duemila14 COSA SUCCEDE COSA SUCCEDE BArilla I buoni risultati di Formec Biffi La pasta buona che fa bene anche al pianeta L’impegno di creare ogni giorno prodotti buoni per le persone L a storia di Formec è nota ai tanti operatori che ogni giorno si ritrovano tra le mani un prodotto con il marchio Gaia nel canale ho.re.ca. e col marchio Biffi nel retail. Fondata negli anni ’60 da Pietro Casella, la storia dell’azienda è ricca di ricerca, innovazione e servizio alle varie categorie del mondo alimentare, con una particola attenzione alla qualità delle materie prime, ai processi produttivi e una visione etica di fare impresa che mette al primo posto l’uomo e l’ambiente. Il 2014 è stato un anno in cui la crescita in Formec non si è fermata, complice l’ottima performance del 2013 che ha visto l’azienda chiudere l’anno con un fatturato di 80 milioni, pari ad una crescita del 7%. 29 linee di produzione ad elevata automazione, una produzione just in time, 470 ricette, 1600 referenze commercializzate, più di 200 milioni di pezzi prodotti nell’anno: sono i numeri che fanno di Formec Biffi l’azienda leader di mercato in Italia per salse e sughi delle private label. Forte la presenza nel mercato dei consumi fuori casa, con la una nuova linea di condimenti e l’implementazione di nuove referenze nel comparto sughi freschi, in particolare nel campo delle salse vegetali. Altrettanto significativi sono i risultati ottenuti con la produzione di salse e affini senza conservanti, ogm free a filiera controllata, light e sempre più Bio, nel principio etico che connota questa azienda. Per saperne di più: www.formec.it I l claim scelto per riassumere il proprio modo di fare impresa la dice già lunga sugli obiettivi che l’azienda si è posta: “Buono per Te, Buono per il Pianeta”. E, di fatti, per il canale Foodservice in particolare, Barilla, leader mondiale nel mercato della pasta ed europeo in quello dei sughi pronti, si è posta il fine di proporre e promuovere prodotti per una ristorazione che possa definirsi non solo di elevata qualità ma anche sostenibile. Un esempio concreto è fornito dalla Pasta Selezione Oro Chef, la linea riservata a questo canale distributivo, per la quale è stato calcolato l’impatto ambientale generato dall’intero percorso, dalla produzione fino alla tavola del ristorante, rendicontandolo e certificandolo per mezzo della Dichiarazione Ambientale di Prodotto, validata secondo i requisiti del sistema internazionale EPD (Environmental Product Declaration). Si tratta di una misurazione particolare, condotta in base alla metodologia del ciclo di vita LCA (Life Cycle Assesment), che va a considerare l’impronta ambientale del prodotto lungo l’intera filiera, dalla coltivazione delle materie prime fino alla cottura, e dalla quale è emerso un esito soddisfacente e incoraggiante: l’emissione di soli 810 g di CO2eq per ogni chilo di pasta Selezione Oro Chef nel consumo locale, pari a meno di 70 g di CO2eq per ogni porzione raccomandata (vale a dire 85 grammi di pasta secca). Selezione Oro Chef, però, non è stato l’unico brand aziendale sottoposto all’analisi. Anche la pasta di semola Barilla FoodService da 5 chili, infatti, ha conosciuto un aggiornamento per quanto riguarda la Dichiarazione Ambientale di Prodotto EPD, con risultati, pure in que- Artigiani dei Sapori sto caso, più che positivi: dalla riduzione della quantità di risorse idriche impiegate, a un’ulteriore diminuzione di oltre il 10% di CO2eq emessa in atmosfera per ogni chilo di pasta utilizzata nella ristorazione italiana rispetto al 2013: dati che sono, tra l’altro, puntualmente riportati, documentati e quindi a disposizione di tutti sul sito www.environdec.com. “L’impegno di creare ogni giorno prodotti buoni per le persone e contemporaneamente anche per il pianeta fa parte della mission stessa del Gruppo Barilla – ribadisce Marco Gandolfi, marketing senior manager Out of Home della società – e la Dichiarazione Ambientale di prodotto EPD credo sia un elemento distintivo rilevante e contemporaneamente di creazione di valore per il mercato business-to-business dei prodotti per la ristorazione”. Per saperne di più: www.barillaffodservice.it ristorazione&catering 78 novembre/dicembre duemila14 La proposta di uno specialista ad una rete di distributori qualificati sull’intero territorio nazionale. I PRECOTTI LA COPPA DI TESTA GLI ARROSTI ITALIANI I FRESCHI I SECONDI DI CARNE Piatti pronti in formato Horeca, sia monoporzione che multiporzione ALTRE SPECIALITÀ SALUMIFICIOVECCHI s.r.l. ristorazione&catering 79 novembre/dicembre duemila14 via Gualinga, 20/A/B - 41051 Castelnuovo Rangone, Modena, Italy - Tel. (0039) 059 535.319. www.salumificiovecchi.it libri per voi di Luca Galavotti 002/2013 D E Natale con Gordon 50 superalimenti Gordon Ramsay Guido Tommasi Editore Pag. 144 2014 - euro 20,00 www.guidotommasi.it AA.VV. Gribaudo Editore Pag. 144 2014 - euro 11,90 www.gribaudo.it i Gordon Ramsay si sa praticamente tutto e non voglio aggiungere assolutamente nulla, visto l’avvicinarsi del Natale perché non regalarsi questo bel libro dove l’esperto chef stravolge completamente le ricette della tradizione con un menù totalmente rivoluzionato. E così, dopo un primo, inevitabile smarrimento di fronte a piatti in cui non vi riconoscete se siete legati alla tradizione, i vostri cari e tutti i vostri amici resteranno strabiliati, oltre che ampiamente soddisfatti. A voi decidere se svelare o meno il segreto del vostro nuovo Natale. BTCH13E cco un valido aiuto che l’editore Gribaudo ha pubblicato di recente, questo libro o meglio guida con cui potremo approfondire pregi e virtù di 50 super alimenti che la natura ci ha messo a disposizione e per conoscerne il loro utilizzo in cucina. Sono tutti di facile reperimento e ottimi da gustare. Ricette e consigli utili per cucinare questi cibi che favoriscono il benessere e adottare così un’alimentazione sana, bilanciata, per meglio andare incontro alle esigenze di una clientela sempre più attenta alla propria salute. L a Quinoa è una pianta erbacea della famiglia degli spinaci e delle barbabietole ma dotata di semi, definita anche pseudo cereale è ricca di proteine e ha un alto valore energetico, di facile digeribilità e molto versatile in cucina tanto da essere utilizzata in tantissime preparazioni dal pane, come contorno fino alla produzione di bevande. Si coltiva in prevalenza nelle Ande centrali tra Perù e Bolivia. La Quinoa a cui Slow Food e FAO hanno dedicato questo libro, non è solo un pianta per la produzione di cibo per le popolazioni che la coltivano, ma rappresenta anche la cultura e la storia di un popolo che rischierebbe di essere dimenticata ma che al contrario deve essere valorizzata e fatta conoscere al resto del mondo. Nel libro una serie di domande frequenti per sciogliere ogni dubbio e riuscire a sfruttare tutte le proprietà della quinoa in cucina. In chiusura le ricette dei cuochi di Terra Madre e di Pietro Leeman, Enrico Crippa, Antonello Colonna, Mauro Colagreco, Alice Waters e José Andrés. La Quinoa in cucina AA.VV. Slow Food Editore Pag. 96 2014 - euro 7,90 euro www.slowfood.it ristorazione&catering 80 novembre/dicembre duemila14 Approved Event Ristorazione Catering abbiamo scritto di: Agugiaro & Figna www.agugiarofigna.com Roberto e Massimo Amaddeo, Da Mimmo www.ristorantemimmo.com Barilla www.barillafoodservice.it Biobank www.biobank.it Bio Hotel Elite www.biohotelelite.it Beppe e Chiara Bonsignore, L’Oste e il Sagrestano www.losteeilsagrestano.it Roberto Brioschi, Ristorante Derby Grill Hotel de la ville www.derbygrill.it Callipo www.callipo.com Thommy Cantoni, Alpi www.alpicarni.it Denis Cecchetti, Canuti www.canuti.com Anna Chiavazzo, Il Giardino di Ginevra www.ilgiardinodiginevra.it Demetra www.demetrafood.it Rino Duca, Ristorante Il Grano di Pepe www.ilgranodipepe.it Sergio Esposito, Italcatering www.italcateringsas.it Explora www.exploratourism.it Expo 2015 www.expo2015.org Vincenzo Fontana, Io e Vince www.facebook.com/ioevince Peter Foppa, Foppa food service www.foppa.com Roberta Galante, Unilever www.unilever.it Claudio Gatti, Pasticceria Tabiano www.pasticceriatabiano.it Cesare Giaccone, Da Cesare www.cesaregiaccone.it Grandi Salumifici Italiani www.grandisalumificiitaliani.it Gribaudo www.gribaudo.it Koch www.kochbz.it Industrie Rolli www.rolli.it Paolo Isolati, Gruppo Bauli www.bauli.it Davide Lambertini, Orogel www.orogel.it Angelo La Riccia, UNA Hotels www.unahotels.it Giuseppe Lavazza, Lavazza www.lavazza.it Sandra Longinotti www.blog.sandralonginotti.it Giovanni Loser, Illy www.illy.com Antonello Marconi, Consorzio Ortofrutticolo di Belfiore Maurizio Martina, Ministero delle Politiche Agricole www.politicheagricole.it Marco Merighi, Ristorante Il Don Giovanni www.ildongiovanni.it Gabriele Mezzaqui, I sapori del borgo antico Aimo, Nadia e Stefania Moroni, Il Luogo di Aimo e Nadia www.aimoenadia.com NPD Group/Crest Italy www.npdgroup.it Nomisma www.nomisma.it Luigi Odello, Istituto Nazionale Espresso Italiano www.espressoitaliano.org Oleificio Zucchi www.zucchi.com Fabio Pian, Icam www.icamcioccolato.it Bruno Piraccini, Orogel www.orogel.it Gordon Ramsay, Guido Tommasi Editore www.guidotommasi.it Davide Reciputi, Cateringross www.cateringross.com Paolo Sari, Ristorante Elsa www.paolosari.com Anna Sartori, Pasticceria Sartori www.pasticceriasartori.it Aldo Scaglia, Falicetto www.piacerino.it Attilio Servi, Pasticceria Servi www.attilioservi.it Slow Food Editore www.slowfood.it Fabio Spada, Romeo Chef and Baker www.romeo.roma.it Maria Grazia e Pier Luigi Soncini, La Capanna di Eraclio Tre Spade www.trespade.it Marcus Winkler, Wiberg www.wiberg.eu Zarpellon www.zarpellon.it Patrizia Ziveri, Mangia la foglia bio www.mangialafogliabio.com Giorgio e Ferruccio Zubani, Valledoro spa www.valledorospa.it Riccardo Zuccali, RZ Service www.rzservice.it N° 24 Novembre-Dicembre 2014 - Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO - Edizioni Catering srl – Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) - contiene I.P. - costo copia euro 3,50 www.ristorazionecatering.it & Bruno Piraccini la fiducia si guadagna, non si chiede MAESTRI CIBO GIUSTO PECCATI DI GOLA Aimo e Nadia Una contagiosa umanità Cioccolato, che passione Tradizionale o moderno? Sempre panettone N° 24 NOVEMBRE-DICEMBRE 2014 Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO autorizz. del Tribunale di Bologna n. 6126 del 25/07/1992 EDITORE Edizioni Catering srl Presidente: Sergio Esposito Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051/751087 – Fax 051/751011 [email protected] – www.ristorazionecatering.it DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Martinelli [email protected] CAPOREDATTORE Luigi Franchi [email protected] NOVIT C A M Y CM MY REDAZIONE E COLLABORATORI Luca Bonacini, Marina Caccialanza, Roberto Carcangiu, Massimo Di Cintio, Mauro Entradi, Alberto Fugagnoli, Luca Galavotti, Valentina Gradone, Cristina La Corte, Mauro Lamparelli, Alessandra Locatelli, Antonio Longo, Lucilla Meneghelli, Mariangela Molinari, Aldo Palaoro, Giuseppe Palmieri, Guido Parri, Giuseppe Schipano, Roger Sesto, Giuseppe Vaccarini, Mario Zuffada CY CMY K FOTOGRAFIE Piu’ che paste, nuove idee da far fruttare. Archivio Barilla, Archivio Edizioni Catering, Archivio Orogel, Pasticceria Falicetto, Canuti, Mangia la foglia bio, Francesca Brambilla, Serena Serrani, F. Bolis, S. Barbagallo, Ivano Zinelli PUBBLICITà Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051/751087 – Fax 051/751011 [email protected] www.ristorazionecatering.it PROGETTO GRAFICO Alessandra Mancin - www.mancin.it STAMPA Tenetevi pronti a scatenare la vostra creatività con le paste ripiene di frutta Laboratorio Tortellini! Gli inediti Panzerotti con ricotta e agrumi sono la novità Surgital che si aggiunge ai Fiocchi formaggio e pere e alle Margherite alla mela, tre prodotti unici nel panorama della pasta fresca surgelata, dedicati a chi cerca di offrire sempre menù nuovi e originali. COPTIP industrie grafiche - Via Gran Bretagna 50 41122 Modena - Tel 059 312500 - Fax 059 312252 La pasta incontra la frutta: ne p enserete delle belle. Iscriviti gratuitamente alla newsletter del giornale online www.ristorazionecatering.it Ristoranti, trattorie e pizzerie 12.300 – Bar, pub e birrerie 4.400 Hotel 3.700 – Grossisti e distributori f&b 2.650 Consorzi e associazioni di categoria 600 Costo copia: 3,50 euro – abbonamento annuo 21,00 euro Per abbonarsi : Tel. 051 753620 [email protected] ristorazione&catering 82 novembre/dicembre duemila14 smeraldiniemenazzi.it TIRATURA E DISTRIBUZIONE - 23.000 copie Laboratorio Tortellini è un marchio L’Italiana preferita dallo chef. SURGITAL S.p.A. - Lavezzola (Ra) - Emilia Romagna - Italia - +39 0545 80328 - [email protected] - www.surgital.com Da trent’anni lavoriamo per far crescere la ristorazione italiana, per offrire prodotti di qualità e per fornire servizi sempre puntuali. per aver creduto in noi. La prima rete distributiva italiana nel foodservice Via M. Margotti, 8 - 40033 Casalecchio di Reno - Bologna -Tel 051/6167417/482 - www.cateringross.com
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